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Riassunto D'Intino Alfieri e Leopardi la dissoluzione dell'autobiografia, Appunti di Letteratura Italiana

Riassunto D'Intino Alfieri e Leopardi la dissoluzione dell'autobiografia, esame 12 CFU sulle scritture dell'io

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 29/09/2019

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Bacchae 🇮🇹

4.3

(28)

9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto D'Intino Alfieri e Leopardi la dissoluzione dell'autobiografia e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Autobiografia Alfieri e Leopardi 1 Da Alfieri a Leopardi. La dissoluzione dell’autobiografia D’Intino Riassunto 1. Dalla Vita alle Memorie: la lingua La Vita di Alfieri ha esercitato indubbiamente un’influenza decisiva sugli scritti autobiografici leopardiani, in particolare sulle Memorie del primo amore, evidente sul piano linguistico (1) e tematico (2), che tuttavia non arriva a produrre una discendenza letteraria. (1) Di derivazione alfieriana sono: • Numerosissimi superlativi; bizzarre e forzate combinazioni aggettivo-avverbiali di modo superlativo (es. solo solissimo; tenerissimo; teneramente) che sono indizio dello sforzo di esprimersi in una lingua morta (in quanto esclusivamente letteraria) • Frequenti diminutivi, cui Leopardi attribuisce una miscela di ironia e leggiadria e con cui è espressa la tonalità mista delle Memorie, al contempo sentimentale e ironica. • Alcuni vocaboli ricorrenti (es. benigna) e interessanti calchi (es romanzeria, derivato da romanzo, probabilmente modellato sull’alfieriano tedescheria). • Alcune combinazioni di termini: isfogo del mio cuore, queste ciarle etc. • Ricorrenza di certi campi metaforici, in particolare quello alimentare (assimilazione del cibo, desiderio alimentare, digestione: ruminare, ingoiare etc) e quello igneo (lume che rischia di spegnersi, favilluzza, fiamma) (2) L’influsso lessicale è traccia di un’impronta più profonda e duratura1, che investe il terreno delle immagini, dei temi, della poetica e delle strutture immaginarie: • Desiderio di gloria • Condizione inquieta e malinconica • Rapporto malinconia-musica • Motivo dell’abbandono degli studi a causa della passione amorosa Leopardi finisce di leggere la Vita nel novembre 1817, nel mese successivo scrive le Memorie del primo amore → coincidenza non casuale, la visita di Geltrude Cassi è felice occasione che permette di coagulare ingredienti forse altrimenti destinati a non incontrarsi mai. MA a livello più generale non è così semplice da stabilire il rapporto tra Alfieri e Leopardi autobiografi. L’influenza alfieriana è più sotterranea, non riguarda il genere letterario, perché per forma, struttura e finalità le Memorie sono lontanissime dal modello della Vita. Oltretutto le Memorie sono un frammento, incompiuto e mai pubblicato in vita → testimonianza di un fallimento perché Leopardi si rende conto subito dell’inadeguatezza del modello alfieriano. 1 testimoniata dal sonetto Letta la Vita dell’Alfieri scritta da esso. Autobiografia Alfieri e Leopardi 2 2. Dalla Vita alle Memorie: struttura, genere, poetica Leopardi non riprende da Alfieri il genere dell’autobiografia, cioè un progetto di racconto retrospettivo di tutta la propria vita fino a quel momento, anche perché soltanto diciannovenne e perché la sua vita non è affatto ricca di avvenimenti esterni da raccontare. Invece adotta una scrittura genericamente intimistico-diaristica (peraltro poco tradizionale nella cultura italiana) e seleziona soltanto il tema erotico: sviluppa suggestioni presenti, ma non sviluppate, in un episodio del testo alfieriano, cioè il cosiddetto “primo amoruccio”, peraltro citato anche nello Zibaldone: Era questa Signorina, una brunetta piena di brio, e di una certa protervia che mi facea grandissima forza. I sintomi di quella passione, di cui ho provato dappoi per altri oggetti così lungamente tutte le vicende, si manifestarono in me allora nel seguente modo. Una malinconia profonda e ostinata: un ricercar sempre l’oggetto amato, e trovatolo appena, sfuggirlo: un non saper che le dire, se a caso mi ritrovava alcuni pochi momenti […] ma alquanto in disparte con essa; un correre poi dei giorni interi, (dopo che si ritornò di villa) in ogni angolo della Città, per vederla passare in tale o tal via, nelle passeggiate pubbliche del Valentino e Cittadella: un non poterla neppure udir nominare, non che parlar mai di essa; (II, 10): Da questo episodio sono ricavati gli snodi fondamentali del pur esile intreccio, i tratti dei personaggi e alcune indicazioni estetico-filosofiche destinate a ripercuotersi sulla struttura stessa del diario. ֍ caratterizzazione dell’amata: Alfieri parla di una bellezza bruna ed energica, dotata di una certa protervia → Leopardi riprende questa protervia che investe in modo inquietante sia il fisico che il morale dell’amata cugina 26enne Geltrude Cassi Lazzari (“alta e membruta”), ben lontana dall’ideale femminile della tradizione lirica. È probabile che senza l’autorevole precedente alfieriano Leopardi non avrebbe operato una scelta così anticonformistica. Il brano alfieriano stimola il primo impulso alla successive riflessioni zibaldoniane a proposito della grazia posseduta da persone in qualche modo difettose, della relatività del bello e sulla possibilità di ammettere il vero, dunque anche il brutto, in poesia. Questo primo impulso si arricchisce di letture teoriche quali il trattato sul sublime di Burke e Montesquieu intorno al 1820. ֍ “metodo” e intento dell’opera: Alfieri accenna sinteticamente al metodo di descrivere analiticamente i “sintomi2 di quella passione”. Nell’Introduzione Alfieri aveva espresso l’intento di presentare la propria vita allo scopo di “studiare l’uomo in genere”. → termine sintomo ritorna nelle Memorie, ripresa lessicale che segnala la volontà di imitare l’attitudine obiettivante o “scientifica” alfieriana. Le Memorie hanno un duplice scopo: • Alleggiamento: “per isfogo del cuor mio”, dare sollievo alla pena amorosa. • Analisi sull’uomo: “per conoscere me medesimo e le passioni”. Quindi giungere dall’individuo particolare alla conoscenza di leggi più generali. Questo intento è segnalato soprattutto dal ricorrere del verbo-chiave speculare. 2 Questo termine medico rimanda alla tradizione di autobiografia medica antica (cfr. altro saggio), di cui però a quel tempo Leopardi non era a conoscenza. Autobiografia Alfieri e Leopardi 5 perché in un appunto Leopardi scrive “malattia di 5 anni o 6. mortale” e nella Vita Alfieri parla di una malattia all’età di 5 anni che quasi lo condusse alla morte. • Motivo del suicidio: differenza con Goethe e Foscolo, Leopardi attribuisce al protagonista solo l’intenzione, e non l’atto, di togliersi la vita5 → nella Vita Alfieri narra due tentativi falliti di suicidio. In altri passi si ha la sensazione che Leopardi abbia isolato il singolo ricordo proprio sollecitato dalla memoria di un analogo episodio alfieriano: ֍ “mio amore per la Broglio moncanatesi”: appunto di Leopardi che si riferisce alla piccola cugina Giulia, figlia del conte Xaverio Broglio d’Ajano entrana in monastero nel 1803 → sovrapposizione con la Giulia alfieriana, sorella molto amata che entra in monastero6. ֍ “prima lettura di Omero e primo sonetto”: anche Alfieri racconta la stesura del primo sonetto (II, 5), segnalando gli autori che lo avevano ispirato. Allo stesso modo Leopardi si propone di spiegare la genesi del suo primo testo poetico (La morte di Ettore, 1809) con la lettura omerica che lo aveva preceduto. ֍ appunto della “prima gita in teatro”: probabilmente un melodramma, perché il protagonista è accompagnato dalla “Donna Marianna” (Maria Mattei Antici), appassionata di opera, inoltre nell’appunto poco prima scrive “effetti della musica in me sentita nel giardino, aria cantata da qualche opera”). ֍ iniziazione teatrale: i numerosi cenni al teatro nella Vita abbozzata lasciano pensare che in un eventuale romanzo grande spazio sarebbe stato dedicato all’ iniziazione teatrale del protagonista. La Vita alfieriana è l’unico testo noto a Leopardi di una tradizione autobiografica preromantica e romantica7che faceva dell’esperienza musicale e teatrale uno dei cardini dell’educazione. ֍ insistenza sugli effetti dei suoni della musica: si trovava già nelle Memorie (cfr. par. 18). In queste numerose annotazioni v’è traccia di una qualche sollecitazione alfieriana, data la presenza già nella Vita di alcuni motivi specifici: • Rapporto musica-memoria: • Preferenza per le voci femminili • “Divina musica” in Alfieri sembra annunciare la dimensione religioso-metafisica di uno degli appunti-chiave della Vita abbozzata, il celebre brano sul “principio del mondo”. • Stretto legame tra l’emozione musicale e l’ispirazione poetica, presente in entrambi, ma Leopardi sottolinea la sproporzione tra l’ineffabile sensazione musicale e l’inadeguatezza del linguaggio La Vita di Alfieri lascia molte tracce, sia perché Leopardi lo ama molto, sia perché è in cerca di modelli prosastici che nella tradizione italiana erano allora quasi del tutto assenti. Il titolo provvisorio (Vita di Silvio [o Lorenzo] Sarno) segnala il proposito di raccontare l’intero percorso biografico del protagonista, e in questo senso questo nuovo scritto si presta meglio delle Memorie a una possibile imitazione della Vita8. MA la Vita abbozzata ha una struttura e una scrittura lontanissima dal modello alfieriano e dalla sua impostazione obiettivante, sembra piuttosto orientata verso il 5 Questa differenza mi pare sia evidenziata anche dall’indecisione sul nome (Silvio o Lorenzo), perché l’amico-editore Lorenzo Alderani è per molti aspetti è l’alter ego di Jacopo che invece sopravvive al suicidio. 6 NB è una pratica comune nelle famiglie nobili del tempo, tanto da essere topos letterario, cfr. la Ameliè di Chateaubriand. 7 Wackenroder, Stendhal, Goethe del Wilhem Meister etc. 8 Il 1819 è l’anno della “mutazione totale”: una grave crisi che potrebbe aver scatenato una più forte pulsione autobiografica di tipo retrospettivo. NB Leopardi parla di “mutazione totale” nello Zibaldone, Conversione dal bello al vero, cioè dalla letteratura alla filosofia, iniziando a maturare un pessimismo prima storico e poi cosmico. Autobiografia Alfieri e Leopardi 6 modello (discontinuo e finzionale) del Werther e dell’Ortis, con un conseguente recupero del poetico. 4. Salto VS viaggio, visione VS vista: una poetica antinarrativa Nella Vita abbozzata Leopardi ha maturato una poetica dello scacco, dunque è ormai proiettato verso nuovi orizzonti poetici e formali, ed è evidente che nel suo rifiuto della linearità analitica il riferimento da cui prende le distanze sia Alfieri, come si vede in particolare nel desiderio di viaggiare e nella passione erotica. Il desiderio di viaggiare è un motivo centrale della Vita abbozzata, probabilmente legato alla genesi stessa del testo, che è concepito, contestualmente o in alternativa, alla progettata fuga da Recanati. Anche in Alfieri vi è il desiderio di fuggire dal proprio paese d’origine. Nella Vita, subito dopo il “primo amoruccio”, Alfieri parla della “frenetica voglia di viaggiare” scaturito dalla conversazione con alcuni forestieri, ma in generale le prime tre epoche delineano un giovane di “irrequieta indole” in preda a una “brama di veder cose nuove”, e per il quale “l’andare era sempre il massimo dei piaceri; e lo stare, il massimo degli sforzi”. Addirittura Leopardi riprende l’idea del passaporto falso proprio da Alfieri, che racconta di aver fatto lo stesso. Nelle prime tre epoche della Vita vi un’equivalenza di desiderio erotico e desiderio esotico, i quali si configurano come promessa di una rottura dell’orizzonte di realtà: l’inquietudine erotica trova sfogo e sostituzione nell’impulso al viaggiare, e viceversa. Stessa ottica già nelle Memorie che si aprono proprio col desiderio di “conversare con donne avvenenti”. L’impulso alla narrazione diaristica veniva dunque da un’ansia di novità, da una proiezione immaginativa che tendeva a superare i confini del noto e a ricercare l’ignoto. Nella Vita abbozzata ritorna quest’ansia di novità, declinata non più solo come desiderio erotico ma – in base alla cornice della progettata fuga da Recanati – anche come desiderio di viaggiare: la ricerca dell’ignoto nell’amore e nel viaggio è come un salto capace di rendere all’improvviso sconosciuto ciò che si vede tutti i giorni: “L’innamorarsi se non è per salto è almeno rapidiss. E impercettib. Voi avrete veduto quello stesso oggetto per molto tempo forse con piacere ma indifferentem. Ec. All’improvviso vi diventa tenero e sacro” (par.76)9→ desiderio erotico/esotico di Alfieri, la cui ripresa è sottolineata anche dalla ripresa lessicale del campo-chiave della smania, che nelle Memorie descrive la condizione specifica dell’innamorato ed è il segno di un’inquietudine profonda, derivata dalla modificazione straniante cui l’immaginazione sottopone la realtà. Gli appunti sui possibili amori del progettato romanzo indicano tutti la soluzione infelice della morte precoce dell’amata (eccetto la Brini, donna felice e serena che però è a suo modo irraggiungibile, “instabile come un’ape”) → nella Vita abbozzata, l’amore, come il paese lontano vagheggiato nei progetti di fuga, è irraggiungibile → il desiderio esotico (come quello erotico) implica un fallimento (perché quando si varca l’orizzonte lo si scopre deludente rispetto alle aspettative), quindi è necessariamente malinconico10: il desiderio del viaggio, come dell’amore, è destinato alla scontentezza per la sproporzione tra il desiderio e la realtà. 9 Nella Vita abbozzata la donna non è realmente forestiera (come nelle Memorie) ma una donna nota, la dirimpettaia Teresa, che diviene oggetto di una trasfigurazione che la rende oggetto d’amore e dunque estranea. NB passaggio all’estetica romantica degli “oggetti comuni” 10 Bello il paragrafo 27: “mio desiderio di vedere il mondo nonostante che ne conosca perfettamente il vuoto”. Autobiografia Alfieri e Leopardi 7 Conseguenze estetiche: Leopardi nella Vita abbozzata rifiuta la narrazione quale strumento di ricostruzione autobiografica, preferendo fissare la proiezione immaginaria del passato in rapidi, frammentari appunti discontinui, a fronte della consapevolezza di una continuità necessariamente deludente. La stesura dell’Infinito (1819) scaturisce da questa riflessione: è inutile spingersi verso l’ignoto, perché il percorso reale verso l’oggetto del desiderio può solo impoverire l’immaginazione e azzerare la potenza espressiva del linguaggio. Analogie con Alfieri: il nucleo di questo tipo di poetica era già in potenza nella Vita (nelle prime tre epoche) ma viene ricusato. Nel suo frenetico viaggiare, Alfieri alla fine è sempre insoddisfatto “sul totale già molto raffreddato nella smania di veder cose nuove; tutte sempre trovandole di gran lunga inferiori, non che agli enti immaginar) ch’io mi era andati creando nella fantasia, ma agli stessi oggetti”11 (III, 5). NB questo meccanismo risaliva già a Rousseau, che nelle Confessioni scrive di rimanere deluso alla vista di Parigi e conclude che questo meccanismo generale è dovuto all’immaginazione che suscita aspettative troppo alte perché la realtà possa eguagliarle (MA non si sa se Leopardi avesse letto il testo rousseauiano). Prima della Virilità, la Vita è un reticolo di percorsi che conducono a oggetti immaginari, ognuno dei quali, una volta raggiunto, non può che rivelarsi insufficiente. Differenze: l’aspetto potenzialmente originale delle prime tre epoche viene appiattito dalla coerenza teleologica del modello autobiografico tradizionale della conversione: l’inquietudine giovanile è incanalata nell’operosa produttività dello scrittore adulto, finalmente pago di sé. Anche le prime tre epoche hanno però aspetti insoddisfacenti. Alfieri usa il procedimento narrativo dell’avvicinamento, cioè di un passaggio dalla visione immaginativa alla vista della realtà: la narrazione lenta e analitica alfieriana conduce a una verifica degli oggetti immaginari e dunque sempre a uno scacco12. Nella Vita il brano sull’arrivo Lisbona13 mostra tutto ciò, ma vi è anche il tema della ispirazione poetica quale rapimento estatico, motivo cui di solito segue la difficoltà di esprimere concretamente l’esperienza del sublime14, come nel brano su Marsiglia, fonte più immediata dell’Infinito leopardiano: Mi era venuto trovato un luoghetto graziosissimo ad una certa punta di terra posta a man dritta fuori del porto, dove sedendomi su la rena con le spalle addossate a uno scoglio ben altetto che mi toglieva ogni vista della terra da tergo, innanzi ed intorno a me non vedeva altro che mare e cielo; e così fra quelle due immensità abbellite anche molto dai raggi del Sole che si tuffava nell’onde, io mi passava un’ora di delizie fantasticando; e quivi avrei composte molte poesie, se iò avessi saputo scrivere o in rima o in prosa in una lingua qual che si fosse. 11 Il passo è in riferimento a Parigi, come quello di Rousseau, dunque probabilmente quest’ultimo è la fonte di Alfieri. 12 Poche città continuano a rimanere positive per Alfieri, come Genova, città della memoria e dell’immaginazione, associata al ricordo di Torino nella Vita (forse ciò si potrebbe spiegare in termini leopardiani come ripercussione o riflesso di una “immagine antica”, cioè di una felice impressione infantile 13 “Lo spettacolo di quella città la quale a chi vi approda, come io, da oltre il Tago, si presenta in aspetto teatrale e magnifico quasi. quanto quello di Genova, con maggiore estensione e varietà, mi rapì veramente, massime in una certa distanza. La maraviglia poi e il diletto andavano scemando all’approssimar della ripa, e intieramente poi mi si trasmutavano in oggetto di tristezza e squallore” (III, 12). 14 In Leopardi si ritrova ad esempio in A Silvia: “Lingua mortal non dice /Quel c’io sentiva in seno).
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