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riassunto da "Il cricco di Teodoro", Schemi e mappe concettuali di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Riassunto su i principali artisti, e relative opere, del primo rinascimento in Italia (livello liceale)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 19/12/2023

giacomo-galvani
giacomo-galvani 🇮🇹

4 documenti

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Scarica riassunto da "Il cricco di Teodoro" e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! IL PRIMO RINASCIMENTO IN ITALIA BRUNELLESCHI (Firenze, 1377-1446) Appassionato fin da adolescente alle scienze esatte (come narra il biografo Manetti), egli prediligeva il disegno, la pittura, la scultura e l’architettura. Inizia la propria attività artistica in qualità di orafo e si afferma nel 1401 al concorso per la Porta Nord del battistero fiorentino, per poi dedicarsi completamente all’architettura. Fondamentali poi i due soggiorni di studio a Roma (il primo con Donatello, tra l’altro) dove acquisisce una profonda conoscenza dell’architettura degli Antichi. Cupola di Santa Maria del Fiore La costruzione tenne occupato B. tutta la sua vita, ci vollero infatti ben sedici anni (1420-1436); per far edificare la sua lanterna B. dovette vincere un altro concorso: alla sua morte, però, la lanterna era ancora in costruzione. Il concorso per la cupola, bandito nel 1418 dalla potente Arte della Lana, richiedeva il progetto di una cupola che tra diametro interno e spessore del tamburo era di 92 braccia fiorentine (54 metri). Brunelleschi propose di costruire una cupola autoportante, cioè capace di sostenersi (reggersi) da sé durante la costruzione, senza armature provvisorie di legno (utilizzate solo centine mobili).A Filippo venne dato per compagno nell’impresa Lorenzo Ghiberti ma questi, già dal 1423, non ebbe più una parte di rilievo nella costruzione (B. è il primo “moderno architetto”). La cupola si erge su un tamburo ottagonale forato da otto grandi finestre circolari (oculi) che danno luce all’interno; sul ripiano ottogonale che si trova in cima è posta una leggera lanterna cuspidata stretta da otto contrafforti a volute. La cupola ha una sagoma gotica perchè la sezione è a sesto acuto: ciò deriva sia da ragioni tecniche (verticalizzare la spinta laterale) sia dalla volontà di armonizzarla con l’edifcio gotico di Arnolfo di Cambio. La grande struttura della cupola è costituita da due calotte distinte, una interna (più spessa) e l’altra esterna, divise da un’intercapedine, cioè uno spazio che rende possibile la presenza di scale e corridoi percorrendo i quali si giunge sino al piano della lanterna. Le due calotte sono collegate da otto grandi costoloni d’angolo, i soli che si vedono anche all’esterno perchè rivestiti di marmo bianco, e da sedici costole intermedie. La cupola fiorentina, contrariamente a quanto avviene per le volte gotiche, è costruita tirando su contemporaneamente e con omogeneità costruttiva tutte le parti, strettamente connesse le une alle altre e tutte portanti. La possibilità di costruire l’immensa mole di mattoni è dovuta a due fattori: - muratura a spinapesce (nella calotta interna), che consiste nel disporre dei ricorsi di mattoni verticalmente, di seguito ad altri collocati di piatto: in tal modo l’intera doppia cupola è attraversata da un insieme di “eliche murarie” che stringono la muratura raccogliendosi alla base della lanterna; - cupola di rotazione (arco ruotato attorno al proprio asse) non volta a padiglione, infatti i mattoni non sono disposti su piani orizzontali, ma risultano inclinati verso i loro centri di curvatura e giacciono su superfici coniche (i mattoni di ciascuna vela risultano infatti tutti inclinati seconda una curva che ha il massimo della sua concavità proprio nel centro di ogni vela) Il linguaggio Brunelleschiano Mentre si occupava della celebre cupola fiorentina, B. venne consultato per opere militari e civili anche da alcune corti dell’Italia Settentrionale. L’architettura si svolge sempre alla luce della ricerca e della sperimentazione, e si serve di forme geometriche semplici. Il linguaggio brunelleschiano si caratterizza per la ripresa della sintassi classica che si basa: - sugli ordini architettonici; - sull’arco a sesto acuto. Solitamente Filippo ricorre ai capitelli corinzi e a colonne dal fusto liscio (cfr. architettura romana del Pantheon). Le paraste (o le lesene, che hanno solo scopo decorativo) sono sempre scanalate e le scanalature sono sei. Spedale degli Innocenti (dal 1419) Nello Spedale venivano accolti i bambini abbandonati dalle ragazze-madri. Si articola attorno ad un chiostro centrale che è affiancato dalla chiesa e dal dormitorio. La fabbrica si innalza su un ripiano a cui si sale per mezzo di nove gradini. Nove sono anche le arcate, le campate coperte da volte a vela, le finestre di forma classica. All’estremità della fabbrica ci sono le paraste, affiancate da colonne libere (cfr. Trinità di Masaccio) che sostengono la trabeazione. La facciata a portico è un tema medievale ma Brunelleschi la organizza in senso rinascimentale attraverso l’uso di un modulo basato sul quadrato che dà unità e proporzione alle parti. L’intercolumnio è pari all’altezza delle colonne: ciò significa che ogni campata è un cubo coperto da una volta a vela. Sagrestia Vecchia di San Lorenzo (ca 1422-1428) L’incarico venne dato da Giovanni di Aderardo de’ Medici, padre di Cosimo il Vecchio. Negli intendimenti del committente il nuovo edificio avrebbe dovuto servire anche da cappella funeraria di famiglia (Giovanni di Bicci e la moglie Piccarda ivi riposano). Alla Sagrestia Vecchia si accede dal braccio sinistro del transetto della Basilica di San Lorenzo. L’ambiente è composto da uno spazio pressoché cubico al quale è sovrapposta una cupola emisferica ombrelliforme affiancata, all’imposta, da dodici finestre circolari. Sul lato opposto all’ingresso si apre la scarsella (abside) con una cupoletta afferscata a imitazione di un cielo stellato recante le raffigurazioni dello zodiaco. Ai lati della scarsella ci sono due porte, sorrette da paraste (a fusto liscio con capitello ionico), con un proprio timpano e architrave (ricorda tempio). Tutte le pareti della Sagrestia sono scandite dalle paraste (ad angolo retto o filiformi), dalle trabeazioni e dagli archi in pietra serena (grigio-azzurrini) che risaltano contro il bianco dell’intonaco nudo (non decorato). La trabeazione, con la cornice decorata da cherubini rossi e blu, corre senza interruzione in ambedue gli ambienti che pure hanno piano di calpestio e altezza diversi. Un modulo quadrato determina tutti i rapporti tra le parti; la purezza del razionalismo brunelleschiano raggiunge qui il suo massimo livello. Cappella de’ Pazzi (1430-1461, Brunelleschi e continuatori) Costruita all’interno del chiostro della Basilica di Santa Croce, su commissione di Andrea de’ Pazzi, rivela una ricerca spaziale e planimetrica interpretabile come meditazione sulla Sagrestia Vecchia, sulla quale si modella complicandone la geometria. Evidentemente essa fu costruita in gran parte dopo la morte di Brunelleschi, ma, forse, su un progetto risalente agli anni Venti. San Giovanni Battista (ca 1417-1418, Museo di Orsanmichele) Per la prima volta Donatello si cimenta con la fusione in bronzo di una statua tuttotondo di dimensioni imponenti; la figura ha una postura morbida e armoniosa e ricorda i modelli classici. Il banchetto di Erode (1423-1427, fonte battesimale del Battistero di San Giovanni a Siena) Qui si narra della decapitazione del Battista da parte del tetrarca della Galilea su richiesta di Salomè, figlia di Erodiade (l’amante di Erode). Donatello deve inserire nel piccolo spazio del fonte battesimale di Siena una storia complessa e articolata in diversi momenti cronologici. Raggiunge questo scopo con la prospettiva e lo stiacciato. L’ambiente classico con archi a tutto sesto riprende la domus romana. Il tempo della storia è costruito mediante lo spazio: una serie di muri scandiscono i vani ma anche il susseguirsi degli episodi. Si parte dalla decapitazione del Battista, già avennuta nella cella più distante, alla galleria intermedia con i musici, alla scena finale del banchetto in primo piano. La prospettiva della scena è calcolata in modo tale che il punto di vista dello spettatore sembra essere all’interno della sala, e si ha l’impressione di partecipare al dramma. Tutto avviene in una profondità reale di 7,5 cm. David (1435-1440, Museo Nazionale del Bargello) Intorno al 1452 Donatello scolpisce una delle opere più famose del Rinascimento, il David. Si tratta di un’opera in bronzo, alta 1,58; probabilmente la prima statua di nudo del Rinascimento (nudo che nel Medioevo era simbolo di peccato). L’eroe è nudo perché difeso soltanto dalla propria virtù morale. E come la nudità, sono classici anche il recupero della ponderazione policletea e la levigata luminosità delle superfici (il corpo viene modellato dalla luce). Il corpo dell’esile figura è sbilanciato e snodato a serpentina, con una gamba piegata e l’altra tesa a reggere il peso. La spada esagerata forma una diagonale esterna che sbilancia la composizione: è troppo grande e pesante per la sottile e sciolta figura adolescenziale. Questo voluto squilibrio compositivo suscita il senso di oscillazione e instabilità che percorre tutto il corpo, accentuato dai giochi di luce e ombra riflessi sulla superficie metallica e molto levigata e sui muscoli appena indicati. La storia del pastorello Davide che, armato di una semplice fionda, uccide Golia, il temibile gigante dei Filistei in guerra con il popolo di Israele, è uno degli episodi più famosi della Bibbia. Simbolo della fede e del coraggio che trionfano sulla bruta violenza, la vicenda ha ispirato numerosi capolavori artistici. La storia di Davide e Golia è narrata nella Bibbia. Si svolge intorno al 1000 a.C. e ha come sfondo la guerra tra i Filistei e il popolo di Israele guidato dal re Saul. È un momento critico per gli Ebrei: l'esercito dei Filistei sembra avere la meglio grazie alla presenza tra le sue schiere del terribile gigante Golia, alto tre metri, armato di una corazza di quaranta chili e di una lancia con una punta del peso di cinque chili. Davide si offre di andare a combattere contro Golia, e per convincere il sovrano del proprio valore gli narra come, pascolando le greggi del padre, spesso ha dovuto affrontare e uccidere orsi e leoni. Così come Dio l'aveva salvato in quelle occasioni, lo avrebbe protetto anche da Golia. Colpito dall'audacia del giovanetto, Saul gli dà un elmo di bronzo, una corazza e una spada. Ma Davide, impacciato dalle armi alle quali non è abituato, le depone e sceglie da un torrente cinque sassi ben lisci; poi, con la fionda in mano, si fa incontro a Golia e lo incita spavaldo a misurarsi con lui. Anticipando il gigante tira fuori fulmineo un sasso dalla bisaccia e lo scaglia con forza contro la fronte di Golia, che stramazza al suolo. Infine corre accanto al filisteo, gli sfila la spada dal fianco e lo uccide, tagliandogli la testa. Il capo mozzato di Golia sarà portato in trionfo a Gerusalemme. Alcune anomalie come il copricapo inghirlandato e i calzari, l’assenza della fionda e della ferita mortale sulla fronte del nemico hanno portato alcuni studiosi all’ipotesi che non si tratti di David ma di Mercurio, uccisore di Argo, secondo il mito divulgato da Ovidio nelle Metamorfosi. Maddalena penitente (1453-1455) Donatello abolisce ogni riferimento alla statuaria classica e concentra le proprie energie nella direzione di una profonda e partecipata analisi psicologica del personaggio. La donna appare non solo sfigurata nel fisico, ma anche fortemente dilaniata nell’anima. Il legno è un materiale umile e al tempo stesso vivo, nel quale lo scalpello sembra scavare ombre e luci, come drammatiche ferite di un corpo. MASACCIO (Firenze, 1401-1428) Cappella Brancacci (1424-1428, Chiesa del Carmine di Firenze) Il ciclo narra Storie di San Pietro, precedute, negli stipiti d’ingresso, a destra dal Peccato originale e a sinistra dalla Cacciata dei progenitori. Il ciclo viene eseguito in stretta collaborazione con Masolino e Filippino Lippi. Notevole è l’impianto prospettico dei grandi affreschi. In particolare, nel Tributo, c’è una precisa costruzione della profondità spaziale definita sullo sfondo da una natura severa e plastica (una sorta di moderna traduzione di Giotto). Ogni personaggio occupa un posto ben preciso e definibile ed è individuato psicologicamente. Le aureole partecipano alla prospettiva spaziale. I tre momenti della narrazione sono compresenti come a voler cogliere il fatto nella sua totalità e sintesi. Ogni dettaglio costruttivo è stato eliminato pur di raggiungere l’unità concettuale voluta. Sullo stipite d’ingresso si trova la Cacciata dei Progenitori dal Paradiso terrestre; essi sono appena usciti dalla porta dell’Eden, investiti dalla luce. Adamo si scopre il volto, cosciente della colpa, Eva si copre i genitali e grida di dolore. Un angelo esprime con il gesto della mano l’inesorabilità dell’ordine divino. L’intensa commozione dei personaggi è controllata dal chiaro riferimento ad esempi classici. Sant’Anna Metterza (1424-1425, Galleria degli Uffizi) La Vergine è seduta su un trono con il Bambino tra le braccia. Sant’Anna invece è dietro di lei e poggia la mano destra sulla spalla della Vergine. Due angeli in basso agitano un turibolo mentre altri due scostano le cortine di lato e uno le solleva in alto. L’opera si può considerare una Maestà in trono, come descritta in tanti dipinti religiosi del Rinascimento. Sant’Anna assume il termine che appartiene al dialetto toscano del Duecento, di ‘Metterza’. Letteralmente si può tradurre in lingua italiana come “mi è terza” e descrive la posizione assunta da Anna nel dipinto L’anziana Santa infatti è collocata in terzo piano in quanto, madre di Maria e progenitrice di Gesù. Secondo questo modello iconografico, la figura di sant’Anna, nonostante si trovi in terzo piano, acquista maggiore evidenza. Sant’Anna è accompagnata da un’aureola più grande e stende la mano per proteggere Gesù. Questo dipinto realizzato in collaborazione tra Masolino e il suo allievo più giovane Masaccio rappresenta una diversa e netta concezione della rappresentazione della realtà. La leggenda racconta che Masolino avvelenò Masaccio sentendosi minacciato dalla sua bravura. Masaccio fu un innovatore e introdusse un netto chiaroscuro nelle tre figure, che dipinge rendendole maggiormente solide e realistiche. Masolino invece fu un artista ancora legato alla concezione dello spazio del gotico Fiorentino. Il modellato del corpo di Gesù Bambino sembra essere ispirato invece alle statue della classicità. Lo spazio concepito da Masaccio è già di tipo brunelleschiano sebbene persistono ancora delle attenzioni ai ritmi lineari. Infatti la profondità si percepisce attraverso il basamento del trono. La Madonna è contenuta in un blocco piramidale molto pesante visivamente; sii tratta, comunque, di una composizione fortemente centrale che si riflette lungo l’asse che unisce il centro del basamento del trono che viene verso lo spettatore, il volto della Madonna, il volto di Sant’Anna e l’angelo reggicortina in alto. Trinità (1425-1428, Basilica di Santa Maria Novella) Con quest’opera nasce la pittura rinascimentale, infatti lo spazio è descritto mediante l’uso di una solida prospettiva geometrica, le figure sono rese volumetriche dal chiaroscuro e le fisionomie diventano reali ed espressive. Il contenuto simbolico ed educativo spiega ai cristiani come arrivare alla vita eterna. La narrazione parte dal basso, dallo scheletro appoggiato sul sarcofago. Questo scheletro che rappresenta la morte dalla quale ci si può salvare elevandosi verso Dio Padre. Infatti è attraverso la preghiera simboleggiata dai committenti che si ottiene la fede necessaria per conquistare la vita eterna. Maria indica con la mano il Figlio cioè colui che ha tracciato la via da seguire. Attraverso l’esempio di Cristo e lo Spirito Santo si giunge così a Dio padre che concede la salvezza. La figura umana viene rappresentata all’interno di uno spazio in modo credibile e realistico. I personaggi e le architetture sono uniformati alle leggi della prospettiva elaborata da Filippo Brunelleschi. Inoltre l’intera scena è illuminata con la stessa fonte luminosa in modo coerente. Con questa sapiente illuminazione Masaccio riuscì a costruire una rappresentazione tridimensionale e a far sembrare la scena una continuazione dello spazio reale. Inoltre i personaggi indossano pesanti mantelli panneggiati con potenti effetti di chiaroscuro che rendono tridimensionali e volumetrici i personaggi. BEATO ANGELICO (1400-1455) Annunciazione (1425-1426, Museo del Prado) Il pannello centrale mostra l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria sotto un portico. Da sinistra scende un raggio di luce divina che, attraverso la colomba dello Spirito Santo, illumina la Vergine, che si piega accettando remissivamente il suo incarico. Maria è seduta su un seggio coperto da un ricco drappo che funge anche da tappeto, ed ha sulle ginocchia un libro aperto, simbolo delle Scritture che si avverano. A sinistra, è raffigurata la scena della cacciata dal Paradiso di Adamo ed Eva: la loro presenza sottolinea il ciclo della dannazione (e salvezza) dell’umanità. Adamo ed Eva sono collocati in una giardino fiorito che allude alla verginità di Maria, popolato da una moltitudine di piante dipinte con grande cura dei dettagli. Tra le specie legate a valori simbolici si riconoscono la palma, che ricorda il futuro martirio di Cristo, e le rose rosse, che richiamano il sangue della Passione di Cristo. La predella ha scene della vita della Vergine. Beato Angelico dedicò il suo lavoro esclusivamente a soggetti religiosi poiché intendeva l'arte come un aspetto della devozione religiosa. Era particolarmente meticoloso nei dettagli e nella qualità della raffigurazione della natura, degli oggetti e dei ritratti. Nel suo stile, Fra Angelico fonde lo stile italiano tardo gotico con la nuova lingua del Rinascimento. Ne è un esempio la profondità spaziale dell'architettura, che, pur in linea con la raccomandazione di Brunelleschi di occupare il centro di un palcoscenico quadrato e disadorno, mostra tuttavia alcuni degli elementi presenti nelle prime opere di Angelico. L'effetto di insieme è quello di una descrizione vivida e preziosa realizzata con grande cura dei dettagli e con l’impiego di colori brillanti e freddi, quasi cristallizzati, nelle armonie cangianti degli azzurri e dei rosa. Deposizione di Cristo (1430-1432, Museo Nazionale di San Marco a Firenze)
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