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Piero della Francesca e Antonello da Messina: Opere e influenze - Prof. Terzaghi, Schemi e mappe concettuali di Storia dell'Arte Moderna

Una serie di opere di piero della francesca e antonello da messina, due artisti del rinascimento italiano, e fornisce informazioni sui loro stili, le loro influenze e le loro opere più importanti. Il documento include una descrizione di affreschi, dipinti su tavola e sculture, come la madonna di senigallia di piero della francesca e la crocifissione di antonello da messina. Vengono inoltre fornite informazioni sui luoghi in cui queste opere sono esposte, come il uffizi a firenze e il museo civico di padova.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 10/03/2024

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Scarica Piero della Francesca e Antonello da Messina: Opere e influenze - Prof. Terzaghi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! DIFFUSIONE DEL RINASCIMENTO IN ITALIA  ROMA MODERNA BEATO ANGELICO  chiamato a Roma da papa Eugenio IV. CAPPELLA NICCOLINA, commissionata da papa Niccolò V, unica opera superstite dell’attività dell’Angelico a Roma: le STORIE DEI SANTI STEFANO E LORENZO. La Cappella si trova nel Palazzo Apostolico. Nella narrazione delle vicende dei due diaconi e protomartiri, la scena in cui LORENZO È CONSACRATO DIACONO DA SISTO II, sembra ritrarre uno dei consueti momenti di quel rituale liturgico e di corte. Circondato dai suoi dignitari, il pontefice compie un rito di consacrazione, entro il vasto spazio di una chiesa eretta su solide colonne, disposte a sostenere una possente parete architravata, secondo la tipica tipologia delle basiliche paleocristiane. Il papa del III secolo è ritratto con le sembianze di Niccolò V. In uno spazio unico si mette in scena una duplice sequenza: a sinistra i soldati si apprestano a scardinare il bel portale rinascimentale del palazzo, a destra, nel cortile interno, il papa cerca di mettere in salvo le ricchezze della Chiesa, porgendole a Lorenzo; tra queste appaiono abbaglianti gli argenti, in virtù di una luce netta che risplende sull’intero episodio. TEMPIO MALATESTIANO, Alberti, Rimini. Edificio voluto da Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini. L’esterno della chiesa richiama alla mente le forme di un tempio antico. All’interno l’ampia navata è affiancata da sei grandi cappelle gotiche. Troviamo sulle pareti degli affreschi di Piero della Francesca. Esterno: involucro di marmo bianco spartito da colonne e archi a tutto sesto, presentando al centro della facciata un portale sormontato da un motivo che richiama la romana decorazione a marmi policromi (amata da Piero della Francesca) attraverso l’accostamento di lastre riquadrate di porfido rosso, verde e altri marmi di spoglio. La parte alta del prospetto non è finita. SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA DI FRONTE A SAN SIGISMONDO, Piero della Francesca, affresco, Rimini, Tempio Malatestiano. Affresco esposto attualmente nel transetto della chiesa, Piero della Francesca fu chiamato a dipingere una scena di corte, ambientata nello spazio prospettico di un’aula chiusa da una coppia di lesene architravate all’antica e ornate di festoni. Sigismondo spicca al centro nel netto profilo. Alle sue spalle sono sdraiati due aristocratici levrieri, uno bianco e uno nero, mentre sulla sinistra si erge di tre quarti, seduto su uno scranno, un san Sigismondo del Lussemburgo. Invenzione dell’oculo prospettico aperto sulla destra: illusione di una finestra su Castel Sismondo, la residenza fortificata malatestiana. Nella parte inferiore dell’affresco una scritta lacunosa contiene il nome di Piero e la data 1451, facendo di questo dipinto la più antica opera documentata dell’artista, della quale si conosce la destinazione. In origine l’immagine fu affrescata all’interno della piccola sagrestia che divide le prime due cappelle del Tempio, subito sopra la porta d’ingresso. La scena di corte fu probabilmente pensata per stare al centro della prima cappella del Tempio, dedicata a San Sigismondo. Lì avrebbe avuto anche più senso l’oculo prospettico perché Castel Sismondo è da quel lato della chiesa. LEON BATTISTA ALBERTI E FIRENZE FACCIATA SANTA MARIA NOVELLA, Alberti, completata 1470. Commissionata dal mercante Giovanni Rucellai. La chiesa è medievale-domenicana. La facciata era già stata avviata nel secolo precedente con un rivestimento di marmi bianchi e verdi ispirati ai motivi decorativi del Romanico fiorentino. Sotto il timpano il committente fece mettere il suo nome. Lo spirito classicista erompe dalla cornice del portale principale, dalle 4 colonne dell’ordine inferiore e dal formato del timpano, che è ornato, come la sottostante parete, da motivi geometrici e decorativi suggestionati dagli edifici del Romanico fiorentino. Nella facciata  volontà di riconoscere un pieno valore al lessico architettonico della tradizione medievale fiorentina. Volute di raccordo tra la zona inferiore e l’attico della facciata  mascherare la differenza di altezza tra la navata centrale e le laterali. PALAZZO RUCELLAI, Alberti, 1455-65. Intervento su edificio preesistente. Prospetto del palazzo  suddiviso in 3 piani e coronato da un ampio cornicione. Al piano terra sporge con un sedile, pensato come uno spazio di collegamento e dialogo tra la dimora privata e la città. Il bugnato è piatto e uniforme. Alberti adotta una soluzione archeologica per la scansione dei livelli, scegliendo di recuperare gli ordini vitruviani dell’antica architettura romana. Le finestre sono bifore con arco a tutto sesto, inquadrate da lesene decorate da peducci (capitelli incassati al muro che sostengono un arco o una volta). La forma di quest’ultimi varia dal basso verso l’alto: al piano terra abbiamo l’ordine dorico, al primo piano quello ionico e al secondo quello corinzio (secondo il modello del Colosseo). PADOVA: DONATELLO, SQUARCIONE E MANTEGNA GATTAMELATA, Donatello, 1443-53, bronzo, Padova, sagrato della Basilica di Sant’Antonio. (Anche il piedistallo è di Donatello). Il maestro si trasferì a Padova nel 1443 per ritrarre Erasmo da Narni detto il Gattamelata (capitano dell’esercito della Serenissima). A volere la colossale statua furono gli eredi del condottiero, con il consenso della Repubblica di Venezia. Ispirazione all’antichità  personale e intelligente rilettura del “Marco Aurelio” (oggi in Campidoglio). Il nudo e fremente destriero incede possente con l’anteriore sinistro, poggiato su di una sfera per evitare problemi di statica; il severo condottiero, protetto da una leggera ed elegante armatura, alza la destra a ostentare il bastone del comando come un imperatore. ALTARE DI SANT’ANTONIO, (Madonna col Bambino e i santi Francesco e Antonio da Padova), Donatello, 1446-50, bronzo, Padova, Basilica di Sant’Antonio, altare maggiore. Questo complesso nel corso dei secoli ha perso il suo aspetto originale. Nel montaggio attuale, che risale alla fine dell’Ottocento, le statue appaiono prive dell’imponente cornice architettonica che le inquadrava, e in alto si staglia un Crocifisso in bronzo che Donatello aveva eseguito per un altro luogo della Basilica. Sull’altare si innalzano 7 statue a tutto tondo: al centro, su di un trono all’antica decorato lateralmente da sfingi, siede la Madonna col Bambino; la affiancano in piedi 3 francescani e un terzetto di santi venerati a Padova. Sono figure monumentali e valorose, che si ergono con sicurezza nello spazio, attraverso una materia plasmata per essere animata nelle sue plurime sfaccettature dalla luce; una materia che in certi punti del panneggio tende ad aderire e a evidenziare gli arti e le anatomie sottostanti, quasi il tessuto fosse bagnato. Sul fronte e sul retro dell’alto zoccolo dell’imponente altare si riconoscono, in un duplice registro, 22 rilievi (la maggior parte in bronzo): vi sono i 4 simboli degli Evangelisti, una serie di 12 angioletti, una Pietà, una scena della Deposizione (unico scomparto scolpito in pietra) e 4 Storie di Sant’Antonio da Padova che occupano il registro superiore e si distinguono perché eseguiti con la tecnica dello stiacciato e per la razionale tridimensionalità prospettica. MIRACOLO DELLA MULA, Donatello, bronzo con dorature (dettaglio dell’altare). In questo episodio l’animale si inginocchia miracolosamente per ricevere il sacramento del santo a sconfiggere i dubbi dell’eresia, è ambientato nell’immensa scenografia architettonica di una sorta di basilica antica, tripartita in tre ampie volte a botte. I personaggi sono agitati e, pur muovendosi entro uno spazio enorme, risaltano di una voluminosa monumentalità: Donatello li ha ritratti da sotto in su, tenendo conto dell’altezza cui i rilievi erano destinati. FRANCESCO SQUARCIONE  il principale pittore di Padova. Formò nella sua bottega 137 allievi, tra cui Mantegna. Nel 1449 dipinse il pavimento ligneo dell’altare di Donatello. POLITTICO DE LAZARA (San Girolamo e i santi Lucia, Giovanni Battista, Antonio Abate e Giustina), Squarcione, 1449-52, tempera e oro su tavola, da Santa Maria del Carmine, ora a Padova nel Museo Civico. Compiuto per la Cappella De Lazara, il formato del polittico è ancora gotico, ma lo scomparto centrale accoglie un San Girolamo seduto in uno stravagante studio, la cui parete si rompe a mostrare uno sfondo di cielo e di paesaggio. I 4 santi che lo accompagnano nelle tavole laterali si innalzano su di un fondo dorato, ma sono pesanti come sculture tridimensionali, tanto da essere disposti su appositi basamenti. Si riconosce il carattere donatelliano nelle espressioni vivaci dei protagonisti e il Sant’Antonio Abate giunge addirittura a mostrarci le spalle, in una posa veramente eccentrica. MADONNA DE LAZARA (con Bambino), Squarcione, ante 1452, tempera su tavola, Berlino, Gemaldegalerie. Appartenuta in passato alla famiglia De Lazara. La Vergine non ci guarda negli occhi (dettaglio “eccentrico”), ma è presentata di profilo; il Bambino è palesemente ispirato agli spiritelli donatelliani e spunta da un davanzale collocato in primo piano a dare il senso di uno spazio reale e prospettico; lo sfondo è quello di un cielo vero e nebuloso. Novità toscane: festone di frutta in alto, la comparsa di un inaspettato candeliere e il brano di natura morta in primo piano. ANDREA MANTEGNA NELLA CAPPELLA OVETARI Allievo e figlio adottivo di Squarcione, nel 1448 fu coinvolto nella decorazione della cappella. Il progetto prevedeva la pittura di un ciclo di STORIE DEI SANTI GIACOMO E CRISTOFORO. In origine la commissione era condivisa con altri 3 pittori (Giovanni d’Alemagna, Vivarini e Pizzolo). MARTIRIO DI SAN CRISTOFORO E TRASPORTO DEL SUO CORPO, Mantegna, 1453-57, affresco, Padova, chiesa degli Eremitani. Quando vennero a mancare i collaboratori di Mantegna (che avevano dipinto alcuni affreschi nella zona superiore della parete destra), quest’ultimo divenne “capocantiere” ed eseguì la maggior parte del ciclo, ovvero tutte le STORIE DI SAN GIACOMO della parete sinistra, il registro inferiore della parete destra con il MARTIRIO DI SAN CRISTOFORO E IL TRASPORTO DEL SUO CORPO e l’ASSUNZIONE DELLA VERGINE nell’abside. Quest’ultimi due affreschi si salvarono dai bombardamenti angloamericani del 1944 (che distrussero la cappella) perché fin dalla metà del 1800 erano stati staccati per motivi di cattivo stato di conservazione. La figura di Cristoforo nell’episodio del martirio a sinistra è quasi completamente perduta, mentre quella a destra circa il trasporto domina la scena ed è spartita da una colonna scanalata in un ambiente unitario, che alterna il geometrico reticolato prospettico di una rustica pergola di viti con una veduta urbana, dominata da edifici all’antica. Le figure tendono ad essere scorciate di sotto in su, così da amplificarne l’aspetto monumentale (CFR. Donatello nelle STORIE DI SAN GIACOMO). PALA DI SAN ZENO (Madonna col Bambino e i santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Zeno, Benedetto, Lorenzo e Gregorio), Andrea Mantegna, 1457-59, tempera e oro su tavola, Verona, San Zeno. Nella sua bottega padovana lavora ad una monumentale ancona (tavola d’altare) per la chiesa di San Zeno a Verona. Voluta dall’abate Gregorio Correr, risiede ancora nella chiesa romanica veronese, riecheggiando il linguaggio prospettico e variopinto degli affreschi Ovetari. (Reminiscenze donatelliane). Il quadriportico è costruito attraverso l’interagire tra la fastosa cornice lignea e l’architettura illusionistica di gusto antiquario, dipinta in prospettiva e aperta sul fondo a mostrare il cielo. In questo spazio unificato si ergono le figure statuarie della Madonna col Bambino e di otto santi, accompagnate da alcuni spiritelli: figure dallo spudorato carattere donatelliano, nella fierezza di certi volti, nella difficoltà di alcuni scorci, nell’aspetto turgido e metallico delle vesti. VOLTA CON BUSTI DI CESARI E OCULO PROSPETTICO, 1465-74, Mantegna, affresco, Mantova, Castello San Giorgio (Camera degli Sposi). Finge con la pittura una serie di elementi architettonici e una fastosa sequenza di busti di Cesari clipeati (cioè inseriti entro un cerchio, che richiama la forma di un clipeo, ovvero di uno scudo rotondo) come se fossero scolpiti in rilievo. I medaglioni con gli imperatori, ognuno identificato da una scritta, fanno da contorno all’idea di sfondare il centro del soffitto con un oculo prospettico aperto sul cielo (quasi omaggio al Pantheon) dal quale si affacciano alcuni spiritelli. CFR. con la piccola finestra di P. della Francesca nel Tempio Malatestiano. CRISTO MORTO, Mantegna, 1475-80, tempera su tela, Milano, Pinacoteca di Brera. È dipinta su tela e non su tavola: cosa inconsueta per il 1400. Il soggetto è un compianto sul Cristo morto, ma i dolenti si fanno di lato, ridotti a teste piangenti. Il corpo nudo di Gesù, poggiato sulla dura pietra dell’unzione, monopolizza la scena; il sudario dalle pieghe metalliche cala dal bacino poco sopra le caviglie  attento studio dell’anatomia. L’atmosfera è cupa, i colori sono spenti, l’effetto è scultoreo, e la scelta di farci osservare il cadavere dal basso esalta le qualità del pittore. NAPOLI CAPITALE ARAGONESE  COLANTONIO E ANTONELLO DA MESSINA Presenza fiamminga a Napoli molto importante. SAN FRANCESCO CONSEGNA LA REGOLA e SAN GIROLAMO NELLO STUDIO (PALA DI SAN LORENZO MAGGIORE), Colantonio, 1445- 50, tempera grassa e oro su tavola, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte. Pala per la chiesa francescana, composta da due tavole. Questo è l’episodio soprastante, dove San Francesco consegna la regola ai principali esponenti del suo ordine, spartiti ai suoi piedi tra uomini e donne. Girolamo era vissuto molti secoli prima di San Francesco, ma qui appare in vesti francescane. Il più importante predicatore francescano del 1400, Bernardino da Siena (il frate calvo con l’aureola che si riconosce nel dipinto), aveva riconosciuto l’enorme valore degli scritti di Girolamo per una migliore comprensione delle Sacre Scritture  la pala pare riflettere simile pensiero. Persiste la predilezione per l’oro e manca una minima concezione tridimensionale dello spazio  le figure dei francescani sembrano galleggiare sul pavimento scosceso. I loro panneggi sono nordici, mentre i volti hanno un’aria catalana. San Girolamo è effigiato col fedele leone in uno studiolo, pieno di libri riprodotti con grande attenzione al dato reale  familiarità con le novità di van Eyck. I libri sullo scaffale sono quasi identici a quelli del pittore Barthelemy d’Eyck nel TRITTICO DELL’ANNUNCIAZIONE. I due si erano conosciuti quando il pittore nordico era venuto a Napoli. Colantonio aveva come allievo ANTONELLO DA MESSINA  Vasari ci dice che grazie a lui si è portata in Italia la maniera di dipingere ad olio come i pittori fiamminghi. CROCIFISSIONE, Antonello da Messina, 1460, olio su tavola, Sibiu (Romania). Una delle opere più antiche che si assegna ad Antonello. Guarda ai modelli della pittura fiamminga, ma nello sfondo di paesaggio propone una veduta molto familiare al pittore  immagine dello Stretto di Messina, con la falce del porto siciliano più vicina a noi e, in lontananza nel mare, le isole Eolie. Antonello preferisce una veduta distesa e dilatata della marina rispetto ai paesaggi minuziosi fiamminghi. Allo stesso modo dei pittori fiamminghi fu uno specialista del genere del ritratto. RITRATTO D’UOMO, Antonello da Messina, 1460-70, olio su tavola, Cefalù, Museo Mandralisca. Il messinese fu il primo italiano ad adottare nei suoi ritratti la luce fiamminga e la tecnica ad olio, e anche la disposizione del personaggio di tre quarti su fondo scuro. Sorriso enigmatico. POLITTICO DI SAN GREGORIO, Madonna col Bambino e i santi Gregorio e Benedetto e (nelle cuspidi) l’ANNUNCIAZIONE, Messina, 1473, tempera grassa e oro su tavola. Influenza della pittura di Piero soprattutto nell’ultimo decennio di attività di Antonello  consapevolezza spaziale e tridimensionale. Il polittico è corredato nel piedistallo da un cartellino dipinto con fiamminga sapienza illusionistica, per apporre la firma e attestare l’anno di esecuzione. Nella pala, giunta fino a noi senza l’elemento centrale di coronamento e la ricca cornice gotica, Antonello crea uno spazio unificato, nonostante l’astratto oro nel fondo. È uno spazio eseguito tramite il basamento del trono della Vergine col Figlio, che si estende anche negli scomparti laterali e al centro del quale pende un verissimo rosario. Affianco a Maria, alludono alla profondità dello spazio pure le forme volumetriche dei santi Gregorio (sinistra) e Benedetto (destra), effigiati per rendere onore rispettivamente al titolare della chiesa e dell’ordine cui la stessa badessa (per cui il polittico era stato eseguito) apparteneva; i due santi pongono un piede in bilico sul gradino, a renderne la materiale consistenza verso lo spettatore. ANNUNCIAZIONE, Antonello da Messina, dalla chiesa dell’Annunciata a Palazzolo Acreide, 1474, olio su tavola trasportata su tela, Siracusa, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo. Ripropone nelle figure della Vergine e dell’Angelo quasi gli stessi modelli delle cuspidi del polittico, qui inseriti in un interno domestico. Campeggiano sul fondo scuro della parete, confinante con altri vani illuminati da finestre aperte, in lontananza, su di una verdeggiante campagna. È una descrizione della casa di Nazareth in cui Maria ricevette l’annuncio di Gabriele: grande resa tridimensionale con la luce (fiamminga). In primo piano abbiamo la colonna solida, che scandisce la scena e la correda di una cornice architettonica. SAN GIROLAMO NELLO STUDIO, Antonello da Messina, National Gallery. Lasciò questa piccola tavola a Venezia. Lo raffigurò come se fosse un umanista del 1400 seduto di fronte alla sua scrivania e in mezzo ai suoi libri. La scena si volge al di là di una sorta di finestra illusionistica, che ha le forme di un arco gotico catalano. Sono di gusto catalano anche le maioliche del pavimento, che seguono un ordinatissimo ordito spaziale. L’intera composizione è sorretta da una rigorosa prospettiva italiana, evidente nella costruzione tridimensionale del palchetto in cui siede la solida figura del santo e nella fuga prospettica della galleria in cui passeggia il leone. I paesaggi aldilà delle finestre sul fondo, l’architettura gotica della grande aula con i pilastri e la volta a crociera, il particolare uso della luce e la minuziosa cura per i dettagli (attenta descrizione degli oggetti) parlano un linguaggio nordico. RITRATTO DI GIOVANE CON VESTE ROSSA (sinistra, Antonello da Messina), 1474, olio su tavola, Berlino. A destra con lo stesso titolo quello di Bellini, 1480, olio su tavola, Berlino. Messina: giovane rappresentato di tre quarti su fondo scuro, corredato in basso dal solito cartellino con la firma e la data. Giovanni usa l’identico schema, adottando la posa di tre quarti. VERGINE ANNUNCIATA, Antonello da Messina, 1475, olio su tavola, Palermo. Fa l’effetto di un ritratto, che emerge dal fondo scuro di radice fiamminga con una concretezza tutta italiana. Al di sotto del suo solido velo, ella guarda umilmente verso di noi, a cercare l’Angelo che l’ha distolta dalla lettura: il libro è aperto sul leggio, posto di spigolo e accuratamente delineato dalla luce, a dare il senso di uno spazio tridimensionale. SAN SEBASTIANO, Antonello da Messina, dalla chiesa di San Giuliano a Venezia, 1476, olio su tavola trasportata su tela, Desdra (Germania). Si vuole che sia stato un laterale di un trittico nella chiesa di San Giuliano a Venezia. Qui Antonello appare più italiano che mai. Comignoli tipicamente veneziani degli edifici; perfetta scansione spaziale; plasticismo di un nudo che ricorda le figure di Piero della Francesca. La profondità del palcoscenico in cui Sebastiano subisce il martirio delle frecce è enfatizzata dalle linee prospettiche della pavimentazione, degli arditi scorci del frammento di colonna in primo piano e dell’uomo sdraiato sulla sinistra  aggiornamento sull’affresco di Mantegna nella Cappella Ovetari a Padova. PALA DI PESARO, INCORONAZIONE DELLA VERGINE E I SANTI PAOLO, PIETRO, GIROLAMO E FRANCESCO, Bellini, 1473-75, olio su tavola, scomparto centrale, Pesaro, Museo Civico. Dipinta per la chiesa di San Francesco, mostra l’episodio dell’Incoronazione della Vergine con 4 santi: un soggetto che nella tradizione veneziana era associato alla forma del polittico gotico  Giovanni lo interpreta invece in maniera nuova. I santi si raccolgono di fianco al Cristo e alla Vergine (e non negli scomparti laterali) nell’unica scena di una tavola quadrata, delimitata da una cornice intagliata, in cui risaltano le storie della predella e le piccole figure di santi nei pilastrini laterali; sul coronamento era una PIETA’ che ora si trova nei Musei Vaticani. La pittura ad olio stempera ogni durezza, rendendo le carni dolci e accostanti. Rigorosa razionalità prospettica del pavimento e del trono, decorato con motivi di gusto antiquario, e che nella spalliera si apre inaspettatamente a mostrare un quadro nel quadro: un’inedita veduta di paese, sovrastata da un castello  esplorare con il pannello il paesaggio naturale. BARTOLOMEO COLLEONI, Verrocchio, 1480-96, bronzo e pietra nel basamento, Venezia, campo Santi Giovanni e Paolo. Monumento equestre CFR. Gattamelata di Donatello. Alla morte del Verrocchio il lavoro non era finito, e fu compiuto in seguito da Alessandro Leopardi. Accentua la resa espressiva del volto del condottiero, e il dinamismo del destriero, che qui si erge su tre zampe, alzando l’anteriore destro nel vigoroso incedere, laddove l’equino donatelliano poggiava tre zampe a terra e una sulla sfera.
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