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RIASSUNTO DANIMARCA, Sintesi del corso di Storia Politica Sociale Contemporanea

RIASSUNTO LIBRO DANIMARCA STORIA POLITCA CONTEMPORANEA

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 31/08/2021

MarcoBelli7
MarcoBelli7 🇮🇹

4.5

(24)

17 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO DANIMARCA e più Sintesi del corso in PDF di Storia Politica Sociale Contemporanea solo su Docsity! CAPITOLO 1 Il Novecento in Danimarca si basa su una serie di mutamenti importantissimi che trasformano soprattutto la società e l’economi agricola; questi mutamenti coinvolgono aspetti culturali profondi come il luteranismo. Un ruolo centrale è occupato dai ‘movimenti popolari’ che scaturirono a partire dal 1850 circa da una spontanea mobilitazione delle masse popolari intorno a temi di impegno morale, religioso e culturale che divenne poi anche sociale e politico. Il Movimento operaio e quello dei contadini più poveri si unirono in un’alleanza politico-sociale. Un nuovo luteranesimo. Con il Settecento il luteranesimo nordico e germanico era entrato in una fase nuova, dal 1660 la monarchia si era liberata dal controllo costituzionale dell’alta nobiltà. La visione sociale prevalente si era estrinsecata in quella che in danese era detta ‘hustavle’ ovvero la raffigurazione (obbligatoria in ogni casa danese) di una suddivisione della società fissa e gerarchica, a livello religioso e sociale, l'innovazione che la Riforma di Wittemberg aveva introdotto con il ‘libero esame delle Scritture” e il ‘sacerdozio universale’ dei fedeli era rimasta sul piano potenziale, ma con il pietismo qualcosa cominciò a mutare. La hustavle rappresentava la società nel modo fisso per cui l'ordine sacerdotale era responsabile dell’evangelizzazione e della fede degli altri due ordini, quello delle autorità e quello del popolo. La prima epoca della Riforma si era soprattutto concentrata sui conflitti con le altre religioni e su quelli fra Stato e Chiesa, secondo la hustavle il re aveva la supremazia legislativa su ogni altro ordine terreno, ma doveva proteggere la Chiesa ed esporsi alla sua predicazione perché su di lui comunque Dio governava come su qualunque altro fedele. Il pietismo rappresentò una seconda fase in cui potè emergere più fortemente l’attenzione non solo per le coscienze delle autorità, ma anche per quelle del popolo. | padri del pietismo tedesco diffusero la convinzione che soprattutto la lettura e lo studio attivo dei testi andavano diffusi per garantire una fede fondata su molto altro che sul battesimo, ma anche i sentimenti e le opere andavano promosse. La stessa formazione dei sacerdoti luterani mutò, infatti lo studio ‘dotto’ ed ‘erudito’ dei testi lasciò spazio alla capacità di coinvolgere con l’opera della predicazione la coscienza del singolo suddito, del singolo contadino. In Danimarca fu soprattutto grazie all'opera del vescovo Erik Pontoppidan che avvenne il mutamento, per il quale la Chiesa ricevette la piena collaborazione dello Stato. Nel 1735 fu introdotto [0obbligo di celebrare le feste comandate in Chiesa e l’anno seguente quello di celebrare, dopo opportuno e prolungato catechismo, la Konfirmation ovvero una sorta di cresima assai più importante in quanto nei paesi luterani non è prevista la ‘prima comunione”. Egli introdusse una fase puritana del luteranesimo nordico, perché il laicato doveva mostrare una vera conversione, per poi essere utile nelle comunità di credenti, in cui accanto allo studio continuo e personale della Bibbia si praticava l'esortazione reciproca alla vita morale. Ci furono anche altre riforme, la maggiore fu l’obbligo dal 1739 di erigere, a spese delle singole comunità, scuole di base ovunque; i latifondisti locali dovevano contribuire assicurando il lavoro contadino per costruirle e mantenerle. | programmi scolastici prevedevano insegnamenti gratuiti, come la lettura e la religione, e a pagamento, come la scrittura e l’aritmetica. Il clero era responsabile per la coscienza sia del re, sia del suddito, e se il re doveva secondo coscienza adoperare la propria sovranità assoluta per facilitare quest’opera del clero, il singolo capo-famiglia aveva a sua volta un compito analogo. La hustavle prevedeva infatti che egli provvedesse alla pietas e alla pratica delle Scritture in famiglia, Provvedere alla pietas significava che nel laicato, specialmente in quello adulto e maschile, venisse interiorizzato un dovere e quindi che venisse stabilizzato un ordine sociale. Le riforme agrarie fra XVIII E XIX secolo. Il massimo di oppressione per le classi contadine si era raggiunto dopo un periodo di relativa liberalizzazione; gli obblighi di permanenza a vita nel feudo di residenza erano stati aboliti grazie alla forza acquisita dalla monarchia sulla nobiltà, in seguito all’introduzione dell’assolutismo nel 1660. Nel 1733 essi però erano stati reintrodotti per ragioni economiche, il regime di maggiore libertà concesso ai contadini aveva consentito a questi di rifiutare la coltivazione di fondi particolarmente improduttivi opponendosi al volere dei nobili latifondisti, ma in un periodo di esportazioni agricole calanti era impossibile ai signori feudali garantire ai contadini una divisione del prodotto capace di far loro coltivare i campi meno fertili, ciò aveva provocato una certa emigrazione verso le città. Da una parte c'erano sempre meno campi coltivati, dall'altra la mancanza di manodopera conduceva a poter sfruttare sempre meno le corvèes servili sulla parte dominicale del feudo da cui la nobiltà latifondista traeva il massimo del guadagno. Per un certo periodo, le necessità della monarchia e della nobiltà avevano quindi ricominciato a coincidere. Dopo la ‘rifeudalizzazione’ del 1733 la produzione riprese a crescere. | contadini vincolati ai terreni dei feudi lo erano anche a prestare giornate di servitù lavorativa nei campi principali dei signori, ma vista la crescente dinamica dei prezzi, erano sempre meno disposti a sottomettersi perché ogni giornata passata a lavorare per il padrone li privava di forza lavoro da dedicare ai propri campi e quindi alla porzione di prodotti che essi potevano allocare sul mercato. Le nuove condizioni in realtà fecero regredire la tendenza alla proprietà contadina indipendente, perché sempre meno coltivatori riuscivano a maturare le condizioni per riscattarsi il vincolo feudale. L’anno 1788 fu il vero spartiacque, in cui venne abolito il cosiddetto stavnsband (residenza forzata) che privò il latifondo nobiliare di un potere costrittivo che giungeva fino alle più feroci angherie fisiche. Le riforme intraprese nel 1788 furono completate fra il 1835 e il 1850, a partire da quest'epoca anche quei contadini che erano costretti a rimanere dove vigeva la servitù feudale, poterono liberarsi dall’obbligo al lavoro servile. Bastava che un terzo dei soggetti presenti nel feudo lo richiedesse. Per la prima volta nel 1835, i contadini poterono partecipare con una propria rappresentanza autonoma agli Stai Generali, cosa che poneva la Danimarca alla apri con gli altri paesi nordici. La seconda innovazione è relativa all'istituto di credito regio che permetteva almeno agli strati contadini più agiati di guardare realisticamente ad un futuro da proprietari. Ci sono poi le regolamentazioni relative alla razionalizzazione delle proprietà che passavano dallo stato feudale alla proprietà ordinaria, esse favorivano scambi di apprezzamenti in modo da renderli comunicanti fra di loro e facilitare gli spostamenti e il lavoro; tutto ciò condusse all'eliminazione delle terre a coltivazione comune tipiche dell’epoca feudale. Nelle categorie meno favorite rientravano sia i coltivatori, proprietari di una casa e pochissimo terreno, sia i braccianti veri e propri. La riforma delle istituzioni politiche. E’ importante evidenziare che alle assemblee cetuali si giunse perché il monarca danese aveva obblighi in quanto anche principe dei ducati germanici Slesvig e questi movimenti popolari la religione era molto importante, ma vissuta come momento di maggiore aggregazione e autonomia. Nel 1741 era stato proclamato il Konventikeplakat ovvero un provvedimento che concedeva la facoltà di riunione religiosa privata, ma solo alla presenza o con l’autorizzazione del prete locale. Nel 1839 questa proibizione era stata abolita. La gran parte dei revival religiosi e spirituali rimasero dunque all’interno della Chiesa di Stato, a cominciare dal principale ovvero il complesso movimento di Grundtvig, esso per la verità non fu solo religioso ma anche culturale. Quest'ultimo e i suoi collaboratori costruirono ovunque le Folkehojskoler ovvero le Scuole del popolo, esse dovevano fornire motivazioni e suggestioni culturali, non programmi di studio ministeriali, né titoli e conoscenze accademiche, infatti dovevano essere libere, aperte specialmente ai giovani di ambo i sessi fra i 18 e i 22 anni. Al centro di tutto stava la cosiddetta ‘parola parlata’; ciò intendeva esortare l’individuo a vivere direttamente la propria cultura, diventando parte attiva del popolo, non più suddito. Un altro grande movimento di origine religiosa fu quello di Indre Missione ovvero di Missione Interna che è l’attività di conversione non fra i pagani ma fra i battezzati del proprio paese (esso esiste ancora). Centrale per esso è la conversione, il rinnovamento spirituale che deve avere conseguenze visibili, si impegnò da subito con iniziative che potremmo definire di ‘welfare comunitario’ ovvero autonome rispetto alle istituzioni pubbliche. Essi attaccavano il volontariato puramente filantropico perché c’era bisogno di un’ispirazione religiosa sia nel volontariato che nell’assistito. Ben presto i preti nelle parrocchie vennero affiancati da ‘consigli di parrocchia’ eletti dai fedeli a suffragio universale, il movimento operaio stipulò alleanze locali con Indre Mission e anche la Chiesa di Stato si organizzò in ambito sociale. Il volontariato religioso voleva combattere la prostituzione e i gruppi militanti davanti ai bordelli, la sessualità extramatrimoniale, il gioco d’azzardo, i divertimenti e l'alcolismo. Rispetto all’alcolismo in Danimarca non erano prevalenti i movimenti popolari impegnati in questo campo come ad esempio in Svezia e in altri paesi nordici. Nella Danimarca del XIX invece le classi contadine erano in ascesa, il popolo e i suoi movimenti acquisirono il senso della propria forza e autonomia. Ampiamente comune a tutti gli stati nordici fu la sostanza dei movimenti popolari: l'addestramento alla democrazia del popolo e della sua classe dirigente avveniva in autonomia e in contesti pubblici prima del trionfo dei partiti organizzati e prima che il suffragio universale e la prassi della democrazia parlamentare fossero introdotte. E’ il caso delle donne, è anche per loro che venne richiesto il suffragio universale per ambo i sessi e che fu concesso alla fine della prima guerra mondiale. L’ultima fase dell’emancipazione contadina: l’alleanza operai-husmeendi. Gli husmeend e i braccianti erano rimasti indietro sia per ragioni di maturazione storica differita della loro causa, sia per la natura particolare della loro posizione sociale, i loro pieno accoglimento nella democrazia danese si incrociò con quello della classe operaia, salariata industriale ed urbana. Essi si organizzarono in associazioni specificamente proprie a cominciare dal 1896 e compresero bene che i propri interessi erano diversi da quelli dei contadini medi e della grande proprietà. Chiunque avesse fra i 25 e i 50 anni poteva avere finanziato il 90% dell’investimento per una piccola proprietà rurale. Ciò significava una casa con terra intorno fino ad un limite contenuto e con la possibilità di mantenere un piccolo quantitativo di bestiame. Nel 1904 furono create associazioni di capitale pronte a destinare l’acquisto di terre sul mercato. CAPITOLO 3 La fine dello Stato dinastico e la nuova realtà. Il 1864 è l’anno in cui l’helstat ovvero ‘lo Stato intero’ in cui si sommano i confini dinastici e quelli ‘naturali’, viene per sempre ridimensionato dalla potenza prussiana; questa infliggendo una sconfitta militare ai danesi si assicuro lo Slesvig-Holsten. Lo Slesvig-Holsten ormai non rappresentava più da tempo un importante centro di ricchezza o di dinamismo per il resto del paese, poiché la sua proiezione economica era diretta verso il Mondo germanico. Per questo, anche la sua partecipazione alla ricchezza fiscale danese era più che controbilanciata dalla scarsa lealtà mostrata da quelle regioni proprio durante la guerra contro la superpotenza prussiana. Proprio la grandissima forza militare e demografica dell’attacco prussiano aveva dimostrato che anche come cuscinetto capace di rallentare l'avanzata di eserciti nemici da sud, i piccoli territori tedeschi della corona danese non erano stati affatto in grado di svolgere il proprio dovere. Lo stesso era accaduto durante la fase danese della guerra dei Trent'anni. La realtà danese, dopo l’inglobamento di tanti piccoli stati nelle nuove nazioni politiche di Italia e Germania, era ormai quella di Stato demograficamente più piccolo dell'Europa occidentale. La prossimità prussiano- tedesca aveva continuato ad incombere sui danesi. Mentre la crescita demografico-territoriale dei grandi paesi europei ormai, per l’effetto congiunto delle unificazioni, di progressi tecnici e di quelli scientifici, producevano squilibrio quantitativo notevole tra grandi e piccole realtà: il 1864 il 1914 la Danimarca crebbe notevolmente . Il regno danese non poteva contare, a differenza di altri, nè su un forte mercato interno, nè su una capacità militare e colonialistica sorretta da un ciclo produttivo fatto di materie prime e sbocchi assicurati di prodotti finiti. La Florida esportazione, contribuiva ad aumentare la ricchezza per abitante in modo più soddisfacente che altrove, ma certo non controbilanciava del tutto le armi colonialisti e protezionistiche grandi paesi potevano usare per sviluppare le proprie industrie. Queste ultime erano necessarie per costruire anche un apparato militare- industriale che ormai necessitava grandi e continui investimenti militari. Il ridimensionato stato danese non poteva che rinunciare ad ogni proiezione coloniale proprio quando invece tutti gli altri facevano il contrario e scelse di mantenere solo i possedimenti nord atlantici: isole Faer Oer, Islanda e Groenlandia. La rinuncia di confronto militare o coloniale riguardava la Danimarca e poi anche gli altri Stati nordici. Da tutte queste premesse si sviluppava l’idea di innalzare il livello concorrenziale dell’export piuttosto che di un protezionismo impossibile. La Danimarca dovette riconvertire le proprie esportazioni, tale trasformazione fu specialmente necessaria che persino il consolidato mercato di sbocco britannico divenne meno accessibile. Le ragioni della neutralità. | decenni che concludono il secolo XIX e conducono alla prima guerra mondiale pongono la situazione già strategica danese in modo da dipendere strettamente dai rapporti fra Gran Bretagna, Francia, la Germania e la Russia riguardo al Sund. Finché la situazione fra russi e tedeschi era tranquilla anche i britannici si manteneva a distanza e per la Danimarca non c’erano difficoltà. Man mano però che gli zar si erano avvicinati a Francia e Regno Unito, i tedeschi venivano colti dall’ansia di una guerra su due fronti e i rischi di un coinvolgimento danesi in caso di guerra intorno alle sue acque erano altissimi. Fra il XIX e il XX secolo le differenze fra Svezia e Danimarca permanevano; gli svedesi in quanti esportatori di metalli coltivavano buoni rapporti con la Germania e la sua imponente ascesa militar-industriale. AI contrario i trattati della restaurazione post-napoleonica avevano privato il regno svedese del suo tradizionale cuscinetto di sicurezza verso est, perché la Finlandia era stata data alla Russia in cambio della Norvegia, che era stata tolta ai danesi in favore della Svezia. | due colossi della regione, premevano quindi inversamente sui due maggiori Stati nordici: per Copenaghen era soprattutto la Russia a prevenire una possibile espansione tedesca nello Jutland, per Stoccolma viceversa la Germania preveniva l'espansione a ovest degli Czar. Ambedue i regni nordici avevano un forte interesse alla prevenzione e regolazione dei conflitti. Tuttavia tale atteggiamento divenne anche una scelta di bilancio pubblico e di politica economica pienamente coerente . Per alcuni decenni fra il XIX e il XX secolo , le destre nazional-liberali e conservatrici svedesi avevano ,con l'accordo sostanziale delle case regnanti ,conservato una tendenza più militarista, che per i motivi appena detti diveniva necessariamente pro- tedesca e anti-russa. Con il tempo grazie all'accordo fra radical-liberali e socialdemocratici decollarono in ambo i paesi le tesi più neutraliste favorevoli a ridurre le spese militari e il protezionismo. Con l’ascesa liberale-progressista al governo di Stoccolma e l'aumento dell’influenza radicali e socialdemocratica a Copenaghen, la sintonia fra i due Stati puntò a rinforzare le sedi della mediazione e del diritto internazionale. Tuttavia a Londra, nell’alternanza di governo, i conservatori (tories) erano concentrati sull’impero e i liberali sulla politica interna, insomma si sottovalutavano questioni di piccoli territori come lo Slesvig-Holsten e le minoranze danefosone in Germania. Tuttavia, per la potenza britannica era critico il decollo militar-industriale tedesco, il che faceva sentire più interessanti i danesi. Per Berlino, infatti, dominare l'agricoltura danese in caso di conflitto rivestiva importanza strategica. Quanto agli altri paesi europei più meridionali, per la politica estera danese avevano importanza relativa, con la parziale eccezione della Francia. Dopo l’umiliante sconfitta patita dai francesi nel 1870, con il revanscismo sull’Alsazia-Lorena essi potevano identificarsi con la questione dello Slesvig-Holsten. Negli ultimi decenni del XIX secolo la Francia si sforzò di costruire ottimi rapporti con i russi ed in questo contesto la Danimarca poteva svolgere un ruolo per contribuire a comprimere l'espansione della Germania. Nel 1891 la flotta francese visitò amichevolmente i porti danesi, ma ben presto Copenaghen si sfilò da questi piani. La sicurezza del paese esigeva una condotta equilibrata: era positivo se gli accordi fra potenze avverse alla Germania erano in grado di bilanciare la crescente potenza tedesca, ma allo stesso tempo la Danimarca doveva giovarsene senza divenirne parte attiva, per non provocare la Germania, il cui attacco avrebbe potuto essere così immediato e senza ostacoli da precedere qualunque reazione di altre nazioni amiche. Dopo che, nei primi anni del XX secolo, i trattati fra Francia e Russia e l'accordo fra Regno Unito e Russia confermarono un’intesa fra potenze rivali di Berlino che garantiva l’equilibrio nella regione, la Danimarca aveva sempre meno ragione di esporsi. Economia, sicurezza e strategia. L'interesse britannico all'indipendenza danese derivava dall’approvvigionamento alimentare. Tale relazione era stata costruita nel tempo in cui l’agricoltura del regno nordico aveva ampliato capacità produttive e competitive, la produzione agricola andò oltre il raddoppio. In Danimarca, in generale, lo sviluppo nordico avvenne in decenni successivi e dipende totalmente dal modello sociale adottato negli anni 1980 in poi. | mercati britannici e tedeschi erano vitali per l'economia danese. La loro prossimità geografica era molto vantaggiosa, ma in tutto ciò esistevano anche potenziali sollecitò immediatamente la capacità decisionale del ministero danese riguardo all’arcipelago posto all'imbocco del baltico: i tedeschi minarono immediatamente lo stretto fra le due isole danesi di Langeland e Lolland e invitarono Copenaghen ad eseguire loro stessi, con imparzialità verso ambedue i contendenti, un’analoga azione nello Storebett, il braccio di mare, leggermente più a nord, che separa la Selandia dalla Fionia. Dopo varie consultazioni fra governo e opposizione si decise di effettuare l'operazione. Maggioranza ed opposizione partivano da due punti di vista diversi: per i liberal-conservatori maggioritari nella Camera alta Landsting, la più grande minaccia era rappresentata dalla reazione britannica, che avrebbe potuto ripercuotersi sulle esportazioni agricole danesi. Per Radicali e socialdemocratici la maggiore minaccia era rappresentata dalla reazione tedesca. L'idea che il grosso della partita bellica si giocasse non nel Baltico ma su altri fronti fondamentali, salvaguardò la sovranità neutrale danese durante il conflitto. Ne uscirono consolidate le ipotesi di stato-nazione socio-culturale, più che nazionalistico-militare, sostenute dai Radicali e Socialdemocratici. CAPITOLO 4 Fra il XIX e il XX secolo erano state costruite sostanzialmente due tipologie di welfare: da una parte le istituzioni eredi dell’assolutismo monarchico, residuali e modeste, per i ceti marginali, incapaci di cavarsela da soli. Si trattava di misure concepite come sostegno (aiuti comunali) e per assicurarsi che ne beneficiassero solo i bisognosi infliggevano agli aspiranti non solo la provvedi mezzi, ma anche la perdita di diritti basilari di cittadinanza. Il fine era anche diffondere una cultura dell’autosufficienza responsabile fra i lavoratori ed evitare la troppa burocrazia centrale. | liberali danesi e nordici erano diffidenti verso il potere pubblico, ed erano in ciò diversi dalla destra tedesca: favorivano istituzioni di welfare costruite dall’associazionismo libero, nato dai movimenti popolari di fine Ottocento. Le casse di assistenza erano dirette proprio a queste necessità e a simili situazioni di bisogno (sostenute anche dalle finanze dello Stato). Le istituzioni del tutto pubbliche e comunali avrebbero rappresentato il secondo pilastro, mirante a riempire tutti i vuoti lasciati dal primo. Negli anni 1920 l’egemonia socio-politica non era ancora favorevole a tanto mutamento, e anzi il decennio vide affermarsi in questo campo l’azione contraria dei liberal- conservatori, a fronte di cui risalivano le incertezze ideologiche e programmatiche della socialdemocrazia. Ma anche la socialdemocrazia si era dimostrata incapace di distaccarsi dalla politica liberale di ripianamento del deficit egemone a quel tempo. Lo stesso welfare state era concepito come Duun modo per radicare, spesso nei comuni rossi e nelle categorie sindacali, il consenso operaio e sindacale.nel 1929 gli equilibri politico-ideologici interni al paese e ai social democratici avevano preso a mutare. La socialdemocrazia giunge al potere per la prima volta in modo stabile e consuma cultura di governo che cambierà per rispondere alla profonda crisi economica e sociale in atto. Nemmeno la riforma del 1932-1933 fu una rivoluzione universalistica di welfare. Dopo che nel 1926 le destre avevano riconquistato la guida del governo il primo ministro Mygdal abolì il Ministero degli Affari Sociali. Per quanto nella campagna elettorale del 1929 le sinistre dichiarassero di volere invertire tale tendenza, li ostacolava la maggioranza avversa. A cambiare le cose fu il fatto che, con l’evidenziarsi della grande crisi, anche la base sociale di piccola proprietà agricola dei liberal-agrari cominciò a temere il disagio sociale. La crisi colpiva fortemente le finanze dei comuni rurali, che dovevano far fronte con le proprie risorse alla disoccupazione crescente. Per valutare appieno l’impatto delle grandi riforme sociali degli anni 1932-33 bisogna rendersi conto che era diffusissima la resistenza a contattare gli uffici per l'assistenza sociale perché ciò era motivo di stigmatizzazione. Solo con il governo liberal-conservatore del 1926 le spese sociali furono ridimensionate. Le destre sostenevano la necessità di adeguare verso il basso il potere d’acquisto di trattamenti pensionistici e di disoccupazione. L'esito dei tagli operati dai liberal-conservatori nel 1926-28 aveva sospinto la percentuale di assicurati giù fino ad un 30% dei potenziali fruitori. 11 29 settembre del 1929, in una conferenza dal titolo “per la gioventù e il progresso sociale”, Steincke pose in modo nuovo il problema del rapporto fra movimento operaio organizzato e i movimenti popolari religiosi. Egli aveva constatato che i cristiani, indignati contro il socialismo, infondo lo sostengono con la dottrina dell’amore per il prossimo. Occorreva tuttavia innanzitutto riformulare la funzione della Parola: non elemento che dissolve la questione sociale tramite la conversione dei più puri, ma organizzazione sociale, da cui un possibile incontro con la dimensione politica. Anche rinunciando al nesso fra Parola e salvezza e poi fra salvezza e uscita dalla povertà, la Parola efficacemente predicata poteva comunque divenire motivazione per i risvegliati nel lavoro sociale. Il compromesso e la riforma avvenivano nella salvaguardia del proprio riferimento sociale. Il partito socialdemocratico avrebbe così, da allora, assicurato co-finanziamenti pubblici crescenti al “sistema Ghent” che diveniva inclusivo, ma rimaneva un'istituzione volontaria e sindacale, non pubblica. La vittoria delle classi e dei partiti favorevoli alla tenuta diptere d’acquisto e prestazioni sociali il grande potenziamento delle assicurazioni sociali, rinsaldarono il livello dei salari e dei diritti di cui poteva godere il lavoro dipendente. Tale modello esigeva un equilibrio tra export e domanda interna ma si tratta di tendenze consolidatesi solo nel lungo periodo. Anche per questo il welfare in via di costruzione contribuì a rendere la grande depressione del 1930 meno profonda nei paesi nordici (la Danimarca fu colpita più dagli effetti della Prima Guerra mondiale che dalla grande depressione). Il primo fattore da prendere in considerazione è il mutato atteggiamento nei riguardi delle parità monetarie con l’oro. Dopo un breve abbandono, subito dopo la Prima Guerra mondiale, le autorità danesi ritornarono all’ortodossia monetaria che aveva come parametro i dati fissati nel 1870. Le riforme sociali furono parte di una strategia di reflazione che cominciò con l'abbandono della parità monetaria ristabilita al principio degli anni ’20. Ciò avvenne nel 1931: questo condusse al deprezzamento della Corona e a una ripresa delle esportazioni ma anche a una maggiore circolazione monetaria. La Danimarca, come tutti paesi nordici, vantava una percentuale di commercio estero sul Pil molto superiore alla media. Va rilevato, fra i fattori di crescita alla base delle ricette attuate in questi anni, il sostegno verso i prodotti e i prezzi agricoli. La ripresa di un settore prevalente in Danimarca come quello agricolo, ebbe poi effetti importanti sulla domanda complessiva. Ciò che si osserva è che viene salvaguardata la capacità di consumo aggregato interno, e ciò con particolare attenzione verso i redditi da lavoro e da welfare, vero verso la stabilizzazione automatica nella crisi. La Germania nel 1930 accrebbe i dazi sul bestiame vivo e nel 1932 raddoppiò quelli sul burro tanto da tagliare fuori 4/5 dell’import danese. Visto che il corso protezionistico tedesco si confermava e anzi si inaspriva, il partito Sinistra accettò una regolazione dei flussi commerciali con l’estero. Tale regolazione avvenne per via di gestione dei flussi valutari, che indirettamente a loro volta potevano poi determinare le scelte produttive e relative al mercato del lavoro. Si intendeva in tal modo essere sicuri di recuperare almeno buona parte della caduta di esportazione agricola avvenuta a causa del protezionismo tedesco. Il risultato delle misure prese (maggiore welfare, maggiore occupazione, maggiore disponibilità di fattori produttivi industriali) assieme a tassi di sconto in decrescita, fu che la domanda di prodotti industriali crebbe. | rappresentanti degli esportatori agricoli avrebbero come è ovvio preferito disporre liberamente della valuta da essi ottenuta per le merci collocate all’estero e ciò per evidenti interessi. Stauning però tenne duro, e per ben due volte, nel 1932 e poi ne 1935, andò alle elezioni difendendo la sua politica di regolazione complessiva. Tuttavia vennero in quegli anni poste le premesse per uno sviluppo delle forze produttive capace di sfruttare potenzialità nuove. CAPITOLO 5 Estremismi e tradizionalismi. Nielsen intorno al 1900 aveva inaugurato una crociata contro la modernità avanzante e la democrazia parlamentare come suo corrispettivo politico. Egli si definiva un ‘moderno reazionario’ il cui compito era di modernizzare quel campo reazionario che la cultura del radicalismo liberal-democratico e il cambiamento del sistema politico del 1901 avevano posto ai margini. Lui era intensamente nazionalista e sostenitore di una forte difesa militare, redigeva attacchi antisemiti all’indirizzo di Brandes e respingeva il diritto delle donne all’eguaglianza politica e sociale. Il suo messaggio neoconservatore ispirava ancora i giovani della destra, che negli anni del primo conflitto mondiale si raccoglievano in organizzazioni come la Destra Giovanile, Corpo dei tiratori universitari e la Giovane Danimarca. In questi circoli e in un certo numero di riviste dalla vita breve fu gettato il fondamento di una rigenerazione del conservatorismo militare da cui poi fra le due guerre si diramarono sia, l'entusiasmo filofascista, sia il neoconservatorismo democratico. L’ascesa al potere di Mussolini fu accolta con una certa simpatia negli ambienti di destra danesi, si guardava a lui come a una sana reazione contro un sistema parlamentare inefficiente e dedito al compromesso; l’uomo forte, che metteva un freno al socialismo e che costringeva le grandi organizzazioni sindacali in un sistema corporativo sotto la guida ferma dello Stato. Ma è tipico della Danimarca che l'entusiasmo per il fascismo e poi per il nazismo, sia rimasto contenuto, infatti nessuno di questi movimenti ottenne mai un’adesione di massa, la Danimarca era il paese con più organizzazioni naziste e fasciste, ma con il numero più basso di nazisti e fascisti. Durante il periodo delle due grandi guerre vi era una critica diffusa della democrazia parlamentare. Fra gli accademici, i funzionari, i portavoce della piccola borghesia nonché presso alcune singole personalità di rilievo come Bukh e Munk il sistema politico veniva criticato a causa della sua poca efficienza, le discussioni senza fine, i compromessi che parevano soluzioni a metà, lo strapotere delle grandi organizzazioni e l'egoismo partitico e la poco concretezza nella risoluzione di problemi pratici. Nel 1930 vi è un evento prossimo ad un movimento di massa antidemocratico ovvero la ‘Concentrazione dei coltivatori’, questa organizzazione formulò un’aspra critica del sistema, inteso come sindacati, governi socialdemocratico-radicali e parlamentarismo. Settori del movimento simpatizzavano il contro alcune sue parti, fare diversamente veniva considerato un attentato allo Stato e al sistema democratico. | più ritennero si trattasse di un tentativo tattico per premere sul governo, ma Stauning interpretò la situazione diversamente e intuì la possibilità di abbattere il governo, convinse in segreto il gruppo socialdemocratico a votare contro la finanziaria e informò i leader del partito radicale della propria decisione. Il voto del 21 marzo si svolse in maniera drammatica, i conservatori confermarono la propria decisione, i Radicali invece decisero di astenersi; solo i 45 deputati del partito di Sinistra votarono la finanziaria. Infine vi era così una maggioranza solida per un nuovo governo socialdemocratico-radicale. Nell'aprile 1929 i due partiti formarono una coalizione con Stauning come presidente del consiglio e Munch del partito radicale come ministro degli esteri. In questi anni il governo mostrò una inusuale stabilità, coesione interna e volontà di raggiungere compromessi con una serie di ampie riforme in molte aree sociali. Le molte sfide esterne contribuirono a rafforzare il governo sia all’interno sia in rapporto alla popolazione. L'accordo di Kanslergade fu raggiunto il 30 gennaio 1933 e conteneva provvedimenti fiscali per l’agricoltura, aiuti per gruppi di lavoratori socialmente disagiati e un impegno a realizzare le grandi riforme sociali che il vero e proprio teorico ed architetto del welfare danese aveva preparato da anni La democrazia parlamentare danese provò la propria capacità di sopravvivenza e quella di trovare soluzioni durevoli trasversali a grandi contrapposizioni di carattere politico-ideologico e sociale. In quel decennio l’attacco più ampio e profondo alle dittature e in difesa delle democrazie fu formulato nel 1933 dal filologo classico e parlamentare socialdemocratico Frisch. Lui pubblicò Pest over Europa. Bolschevisme-Fascime-Nazisme. ovvero Peste sull'Europa. Bolscevismo-Fascismo- Nazismo. L’opera conteneva un’analisi delle tre forme dittatoriali, dalla loro origine al loro concreto esercizio del potere. Le divisioni nel movimento operaio avevano avuto un grande ruolo, poiché, mentre socialdemocratici e comunisti si combattevano, i nuovi partiti di massa fascisti/nazisti crescevano come espressione del nazionalismo radicale, i cui veri argomenti erano pistole, manganelli ecc. Quest'opera viene pensata come una sorta di avvertimento per i socialdemocratici nordici affinché non commettessero gli stessi errori di quelli tedeschi durante l'avanzata del nazismo. | socialdemocratici tedeschi erano stati travolti da un movimento di massa violento. Ciò che serviva fare ora era utilizzare la larga base sociale del movimento operaio per combattere ogni tentativo di introdurre dittature o metodi violenti, questa infatti fu la linea nella politica degli anni ’30. Venne introdotto un divieto contro le uniformi e contro la fabbricazione e la vendita di armi, nel luglio 1935 la Concentrazione dei Coltivatori mobilitò circo 40000 contadini per sollecitare il re a garantire ai contadini gli stessi diritti degli altri settori economici. In tutti gli Stati si accentuò negli anni 30 la tendenza ad un maggiore intervento pubblico in tutti gli ambiti della vita sociale, fu così che anche in Danimarca, dove il potere dello stato, con l'approvazione da parte di più o meno tutti i partiti e le classi sociali, intervenne volta per volta per alleggerire gli effetti della crisi economica e per proibire o sgonfiare i conflitti sul lavoro o per inaugurare lavori pubblici, con grandi progetti infrastrutturali. Questi interventi avvenivano in collaborazione stretta con grandi protagonisti del mondo produttivo e con i sindacati, da cui si prelevavano anche le competenze tecniche. Emerse la figura di ‘ingegnere sociale’ ovvero accademici ed esperti che collaborarono con lo Stato come consiglieri e pianificatori all’interno sia del settore economico sia del settore sociale. Un altro problema che preoccupava tutti i partiti era la posizione del Landsting, specie dopo che la maggioranza nel 1936 era cambiata in favore dei due partiti di governo. Peri liberal-conservatori esso aveva assolto la funzione di garanzia; dai partiti di centro-sinistra era indicato come freno alle riforme, ma anche come una scusa per ritardi e mancanze, oppure come bersaglio contro l'opposizione di centro-destra. Nel 1934 il governo avanzò una proposta di revisione costituzionale in cui il punto più importante era l’abolizione del Landsting, a riguardo si intendeva insediare una commissione per la riforma con funzione consultive ma non decisionali; la proposta suscitò scambi di opinione molto aspri. | liberali non volevano riforme costituzionali e i conservatori erano profondamente divisi. Nella commissione costituzionale istituita nel 1937 si giunse l’anno seguente ad un accordo fra i partiti di governo e l’ala del partito conservatore vicina a Moller riguardo ad un’ampia riforma della Costituzione. Il parlamento unificato avrebbe dovuto avere 210 membri, di cui 174 eletti in base al sistema fino ad allora in vigore. Per il futuro sulla base di voti espressi si sarebbero dovuti assegnare 34 seggi alle liste nazionali dei partiti, le quali non potevano contenere persone già candidate nei collegi locali. In aggiunta il Lagting, Parlamento locale delle isole Faer, avrebbe nominato un suo rappresentante al Parlamento di Copenaghen, il quale sarebbe diviso in un Rigsting (assemblea del regno) inclusiva di 34 deputati provenienti dalle liste nazionali dei partiti, del rappresentate delle isole Faer e di 35 membri indicati nel senso dei 174 già eletti. | rimanenti 140 avrebbero continuato a costituire il Folketing. La proposta rappresentava un compromesso finalizzato a unificare le proposte die partiti di governo per una sola Camera legislativa con il bicameralismo dell’opposizione. L'età del voto venne abbassata dai 25 ai 23 anni. Il partito conservatore si divise e ci fu la formazione di un’organizzazione detta ‘Cooperazione nazionale’ e al Landsting solo 4 deputati votarono a favore e 10 contro. Ciò che attrasse maggiormente l’attenzione fu che alle elezioni, la socialdemocrazia dopo decenni in avanzata perse voti e seggi. Dopo la sconfitta Moller rimise il proprio mandato di leader dei conservatori, l’altro grande sconfitto, lo Stauning, rimase al suo posto di presidente del consiglio, ma al congresso seguente si fece sostituire alla guida della Socialdemocrazia da Hansen. Ci fu una quasi totale eliminazione del liberismo puro. Nel periodo fra le due guerre vi fu crisi in Danimarca e nell’area nordica, vi fu disagio sociale e contrasti politici aspri, ci fu critica del sistema democratico, ma ciò scosse solo marginalmente l’appoggio di massa goduto dall'ordine sociale e dal sistema politico vigente. CAPITOLO 6 OCCUPAZIONE TEDESCA ED ISTITUZIONI DEMOCRATICHE Il 9 aprile 1940 le truppe tedesche attaccarono la Danimarca: se la Danimarca non si fosse opposta la Germania avrebbe rispettato l'indipendenza politica del paese. La Danimarca accettò e quindi continuarono a condurre un’occupazione pacifica. Il 10 aprile alcuni rappresentanti liberali e conservatori fecero ingresso nel governo in qualità di ministri senza portafoglio e formarono la Commissione parlamentare di collaborazione. La commissione aveva spirito unitario e forte appoggio nella popolazione. Da giugno venne formato un governo di unità nazionale formato dai quattro “vecchi partiti”. Nei primi mesi dell’occupazione bontà la paura diffusa che i tedeschi avrebbero instaurato un governo nazista, come poi sarebbe accaduto in Norvegia. Così la autorità occupanti preferivano collaborare con quelle che erano sempre state le forze portanti della società danese. Nell'autunno 1940 si registrò sulla stampa nazionalista e su parte di quella conservatrice una massiccia campagna contraria al sistema parlamentare. Fra urti spiccò l'intervento presso il sovrano da parte di alcuni imprenditori di stampo nazionalista, decisi a convincerlo a nominare un “governo apolitico”. Si pensava che un simile governo sarebbe stato rispettato dai tedeschi ottenendo | simpatie degli inglesi. Mentre la pressione sul complesso sistema politico sembrava svanire, l'interesse dei nazisti si spostò su alcuni singoli personaggi di rilievo della scena politica. 11 22 giugno | truppe tedesche attaccarono l'unione sovietica e quella stessa mattina i tedeschi pretesero che i comunisti di spicco fossero internati. Stauning si piegò alle pretese dei tedeschi e ordinò l’arresto. Circa 100 comunisti furono internati. 1121 agosto il Parlamento votò una legge che ampliava la possibilità di arresto di alcune persone di cui si ritenesse “che volessero partecipare a ad attività comuniste”. Dopo essere stati posti fuori legge i comunisti presero a costruire una rete illegale, e divennero una forza guida del movimento di resistenza fra il 41/42. Nel ’41 si trattò della partecipazione dell’alleanza dell’asse, dell’introduzione della pena di morte e di una legislazione speciale riguardo gli ebrei. Le elezioni di Folketing nel ’43 furono l’ultima manifestazione di accettazione popolare alla politica di collaborazione con gli occupanti. L'appello dei partiti a seguire l'unione nazionale venne ascoltato in quanto si registrò la più alta partecipazione elettorale (89,5%). Venne introdotta nei mesi seguenti all'invasione un’ampia legislazione per regolare l'economia e i rapporti vigenti sul mercato del lavoro, fra cui il divieto di sciopero. Ciò provocò uno spostamento di potere a favore dei partiti liberalconservatori. L'elezione non aveva rafforzato il governo e si poteva notare un generale indebolimento dell’autorità di chi rappresentava le istituzioni. Tutto questo confluì nella “rivolta d’agosto”, in cui scioperi e disordini, spesso organizzati dai comunisti in clandestinità, prese via e cominciò a pesare sui rapporti già critici tra governo e occupanti. 11 28 agosto da Berlino arrivò un ultimatum con la richiesta dell’introduzione dello stato d’eccezione, divieto di riunione. Sia il governo sia la Commissione capirono che si era giunti ad un punto di rottura e quindi risposero negativamente all’ultimatum. In risposta i tedeschi dichiararono lo stato d’eccezione, disarmarono l’esercito e internarono una certa quantità di ostaggi. La Commissione faceva da ponte fra gli esecutivi precedenti e la amministrazione semi-governativa dei capi-dipartimento. Non c’erano più dubbi che le forze di occupazione detenevano il potere nel paese, esercitando brutalità. Nel ’44 la polizia fu messa fuori gioco dai nazisti e tutto l'ordine pubblico cadde nelle mani dei tedeschi. Il 16 settembre del ’43 le organizzazioni di resistenza fondarono il Consiglio di liberazione danese. In risposta si costituì una forma di nazionalismo organico che, per quanto non direttamente fascista seguiva la stessa suggestione. Solo dopo Buhl (indicato da Stauning morente) si era nel ’42 interrotta la legittimità riconosciuta dalla popolazione. L'occupazione tedesca iniziò il 9 aprile del 1940. La scelta di Stauning fu quella di dichiarare in tutte le sedi che ogni resistenza sarebbe stata priva di senso. AI momento dell’invasione Munch era Ministro degli Esteri, ed offrì le dimissioni riconoscendo di non aver saputo salvaguardare il paese dall’invasione. A causa dei grandi disaccordi storici e politici, specialmente fra Retsforbund e Radicali, molti si attendevano scontri violenti all’interno dell’esecutivo, ma la collaborazione di governo risultò piuttosto liscia. Accanto alla crescita economica e alla costruzione del welfare uno degli impegni portati a termine da questo governo fu la riforma della scuola. Nel 1960 venne varata la Campagna contro le armi nucleari che si svolgeva contro la presenza di armi atomiche sul suolo danese. Sebbene con il supporto di tecnici visionari come Steincke, le grandi riforme del 1932-33 e le ricette per uscire dalla grande depressione erano state soprattutto frutto di soluzione dettate dalla necessità di rappresentanza sociale dei ceti ancora poveri. Intanto, il ricambio al vertice ministeriale socialdemocratico fu in questi anni assai intenso e anche per questo vennero creati nuovi ministeri come quello per gli Affari culturali ricoperto con molta visibilità da Julius Bomholt. Il lavoro di questo governo fu caratterizzato da notevoli scontri con il centro-destra da un lato e con i socialisti dall’altro. Nel 1962 fu istituito il Consiglio dell'Economia con alla guida tre economisti che presto il nome di saggi. Le prime linee guida riguardarono la cosiddetta “soluzione complessiva” del 1963. In questa soluzione complessiva rientrava la gestione concentrata dei redditi. Al contempo fu incrementato il sostegno all’agricoltura, e venne introdotta una quota di risparmio obbligatorio per i lavoratori dipendenti. A seguito di un referendum vi era un complesso di leggi fondare e il governo ne uscì sconfitto lecchi proposte vennero in larga maggioranza respinte. Nonostante la sua condizione di debolezza parlamentare, il governo realizzò una serie di convergenze, specie nell’area fiscale, furono prese decisioni di principio riguardo all’introduzione dell'imposta alla fonte e all'abolizione delle norme riguardanti le esenzioni. Ma fu l'accordo in materia immobiliare del gennaio 1966 a provocare grandi rivolgimenti nei rapporti parlamentari. Esso prevedeva una forte liberalizzazione del mercato con aumenti dei fitti, possibilità di acquistare proprietà in condomini destinati alla locazione, ma legando contemporaneamente al reddito le quote da pagare per l'assicurazione sull’abitazione. Il risultato immediato fu l’esplosione di violente proteste da parte degli affittuari e una seria penalizzazione dei partiti protagonisti. Mentre i Radicali avanzavano, gli altri partiti scendevano in basso. Con pochi aggiustamenti ministeriali il governo fu varato. Krag, nonostante fosse tutt'altro che filo-comunista, si alleò senza problemi alla nuova alleanza con Mosca. Ad ogni modo, la collaborazione fu tempestosa, con una crescente insofferenza per i compromessi cui era necessario adattarsi. Il processo di avvicinamento degli anni precedenti venne concretizzato da un governo V- K-R, ovvero con l’aggiunta dei Radicali alla consolidata alleanza fa liberali di Venstre/ Sinistra e conservatori. Questo governo realizzò una serie di significative riforme di cui molte erano state approntate sotto i governi socialdemocratici precedenti. Nella sfera pubblica furono sopratutto due le riforme atte ad attrarre ‘attenzione e a suscitare dibattiti: la liberalizzazione delle immagini pornografiche nel 1969 e l’introduzione della libera interruzione della gravidanza 1970. In risposta nel 1970 fu fondato il partito Cristiano Democratico. Negli anni fra 1968 e 1971 i danesi constatato che l’ondata di movimenti giovanili, studenteschi e antiautoritari stavano incidente notevolmente nella vita di molti. Il sistema educativo fu progressivamente democratizzato. tuttavia, la questione incomparabilmente maggiore fu la possibile adesione alla Cee. L'appartenenza ad un accordo di libero commercio europeo rappresentava per la Danimarca un problema ormai di lunga data. Tutti gli antieuropeisti nel 1972 si unirono al Movimento popolare contro la Cee, che nel corso della campagna referendaria batte con molta forza sul tasto dei pericoli corsi dal welfare, dall’indipendenza nazionale e dal modello nordico di democrazia. | sostenitori dell’entrata nella Cee invece portavano argomenti relativi soprattutto ai vantaggi economici e al fatto che questi avrebbero reso possibile innalzare il livello di welfare. La Cee garantiva una dinamicità molto maggiore. Il dibattito e il referendum spaccarono in due il paese. La vittoria referendari portò alle dimissioni di Otto Krag. CAPITOLO 7 A cominciare dalla fine del XIX secolo avveniva in Danimarca un’ascesa molto cospicua di produttività agricola fino agli 1950-1960 circa, in cui avvenne un mutamento di direzione. Al momento in cui presero a funzionare gli accordi di liberalizzazione del commercio e il Mec, le esportazioni agricole danesi vennero penalizzare. Per questo il governo adottò una maggiore liberalizzazione delle manifatture e la convertibilità in moneta. Grazie a ciò fu anche possibile innescare un grande e decisivo decollo industriale: a) l'acquisto di tecnologie che da qualche anno era reperibili con più facilità e a prezzi convenienti; b) essendo una parte notevole della manodopera impiegata nell’agricoltura, il suo passaggio all’industria con paghe maggiori avvenne con esiti inflativi sensibili. Inoltre a tutto questo si aggiunse la stabilizzazione dei fattori di domanda. Fino a questo momento la mancanza di una visione più ampia e di lungo periodo aveva offerto solo effimere politiche espansive, che poi di fronte alle conseguenze espansionistiche venivano revocate in un andamento stop-and-go che aggiungeva incertezza ad incertezza. Con Kampmann raggiungeva il suo apice anche in Danimarca una tradizione di intellettuali-politici, soprattutto versati nelle scienze economico-sociali. Ad ogni modo, il risultato delle scelte compiute dai giovani guidati da nuove logiche fu che fra il 1957 e il 1960 la produzione industriale crebbe di circa il 30% e l'occupazione aumentò del 20%. I salari dei settori più esposti alla concorrenza internazionale dovevano essere relativamente alti, per incoraggiare investimenti e strategie di competizione non basate sul costo del lavoro. Sarebbe però stato sempre più possibile mantenere maggiori servizi anche per i lavoratori meno remunerati. Tuttavia questo equilibrio progressivo tra salari dei settori dinamici e salari dei settori protetti si rivelerà meno conseguentemente praticabile in Danimarca rispetto, per esempio, alla vicina Svezia. La progressione impressionante della spesa pubblica e del welfare non generava solo consenso, ma anche culture politiche contrarie. Gli anni Settanta sono ambivalenti poiché da un lato esplode l’insofferenza antifiscale, dall’altro si completa la parte più universalistica del welfare: la riforma sanitaria (1973) e i redditi di disoccupazione con più bassi importi per i non assicurati nelle casse “Ghent”. Come in Svezia, anche in Danimarca nei primi anni Settanta, l’effetto combinato delle conquiste raggiunte e della crisi incombente portò al movimento dei lavoratori, con una proposta di legge parlamentare resa nota nel 1978, a porre il problema di quella che venne presentata apertamente come “democrazia economica”. La democrazia economica comporta l'acquisizione da parte del lavoratore di precisi titoli di comproprietà come premessa della loro capacità di cogestire l'economia. l’avvento della maggioranza borghese, che regnerà per un decennio (1982-1993), avvierà gradualmente a risoluzione la questione del bilancio pubblico, erodendo solo marginalmente il welfare state. Fra le discontinuità nelle nuove politiche si può ravvisare, fino a circa il 1986, una continuità con il passato riguardante la marcata alternanza fra brevi periodi di forte crescita e periodi molto stagnanti. Emergono anche delle differenze contestuali e concettuali fra i diversi periodi che ora possiamo delineare. Nel 1960 aveva preso piede una strategia espansiva della spesa pubblica finalizzata alla costruzione di una capacità industriale che era rimasta attardata: aggiungeva alla domanda interna a quella estera agricola tradizionale allo scopo di realizzare il pieno utilizzo di disponibilità elevate di tecnologia, manodopera, bassi costi delle materie prime poiché partiva da livelli bassissimi. Negli anni 1970, viceversa, agli effetti positivi di tale politica se ne sommano di negativi: inflazione e bilancia dei pagamenti fuori controllo dipendono dal venir meno di uno dei fattori di crescita del periodo del boom, cioè del prezzo contenuto e stabile del petrolio. la bilancia dei pagamenti sarebbe tornata in deficit permanente nei primi anni del governo liberal-conservatore post-1982, un deficit battuto sostanzialmente in modo permanente solo grazie alla novità del petrolio del mare del nord. Secondo l'economista Jespersen i problemi di bilancio e di debito pubblico acuitisi in modo nettissimo fra il 1972 e il 1982 si dovettero proprio al funzionamento degli stabilizzatori automatici in presenza di una crisi mondiale e non ad una particolare incuria. Ad ogni modo le coalizioni borghesi nel 1982, sostituirono quelle incentrate sulla social democrazia, indirizzando la propria azione sul lato dell'offerta e della capacità produttiva ma, come abbiamo visto, senza davvero attaccare frontalmente il welfare quanto stava avvenendo in area anglosassone. Nella seconda metà degli anni 80 si determinò dunque un insieme di risultati positivi e negativi. Tra i positivi: il deficit di bilancia dei pagamenti dal suo massimo del 1986 (36,3 miliardi di corone) raggiunse un attivo di 9,3 miliardi di corone nel 1990. La politica di rafforzamento della capacità produttiva e competitiva proseguì ma operando una svolta. Il nuovo governo non tornò alla vecchia politica di stop-go. Ma da altri punti di vista il governo di Rasmussen operò un taglio netto con i governi borghesi del decennio precedente e si riavvicinò ai socialdemocratici modernizzatori di vari decenni prima. Stavolta però il welfare sarebbe stato concepito come una sorta di infrastruttura della crescita molto più strettamente intrecciata alle politiche dirette al lato dell’offerta. Leader socialdemocratici di primissimo livello erano per risolvere la questione della disoccupazione di lungo periodo con misure basate sulla creazione di lavoro nel terzo settore, ovvero “un luogo fra privato e pubblico in cui creare posti di lavoro”. Con il cambiamento alla guida della socialdemocrazia, tali riflessioni avrebbero costituito la base di riforme che semplicisticamente sono state dette”flexicurity”.
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