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Riassunto de Il mondo in questione, Jedlowski, Sintesi del corso di Sociologia

Sintesi del libro di testo “Il mondo in questione. Introduzione alla storia del pensiero sociologico” di Paolo Jedlowski

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

Caricato il 29/02/2024

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giulia-avalle-1 🇮🇹

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Scarica Riassunto de Il mondo in questione, Jedlowski e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Premessa La sociologia è un insieme di discorsi e pratiche di ricerca che hanno per oggetto le relazioni e le istituzioni umane. In altre parole, è la disciplina che si occupa della dimensione sociale della vita umana, con il fine di promuovere e rinnovare l’autocomprensione della società. 1. LE ORIGINI DEL PENSIERO SOCIOLOGICO Dipingiamo innanzitutto il quadro storico che ha permesso la nascita del pensiero sociologico e del mondo moderno così come lo conosciamo: - Rivoluzione industriale, il processo di industrializzazione che ha dato origine alle prime città e al modo capitalistico di produzione - Rivoluzione francese, con la delegittimazione del potere feudale e la formazione di un nuovo tipo di potere, fondato sul consenso della società civile a leggi razionalmente stabilite e sull’obbedienza a governanti liberamente eletti. Tutti godono di uguali diritti, e in quanto cittadini di uno Stato hanno il diritto di partecipare al governo attraverso l’elezione dei propri rappresentanti Importante menzionare inoltre l’Illuminismo, che ha fornito un’importante critica dell’ordine feudale successivamente distrutto e per cui nulla è legittimo se non ciò che è motivato razionalmente. Montesquieu inizia un discorso comparativo, osservando la varietà delle istituzioni umane cercando di spiegarne la relatività > base del pensiero sociologico Un altro movimento decisivo nelle origini della sociologia è l’empirismo inglese: la realtà umana si risolve in un sistema di credenze, di abitudini, di gusti e di regole morali dove non vi è spazio per l’autorità della religione, né per alcuna credenza prestabilita. Ferguson sostiene il mondo sociale come prodotto dell’attività degli uomini, in un modo che non corrisponde al disegno individuale di nessuno, bensì al risultato dell’interazione di tutti. Ma se la società non sta assieme in virtù del disegno di qualcuno, come fa ad apparire come un insieme regolato? Grazie al mercato. Esponente principale di questo pensiero è Smith, la sua idea si fonda sulla divisione del lavoro (grado di specializzazione in una determinata attività) che stabilisce la ricchezza di una nazione. Più aumenta la divisione del lavoro però, più aumenta anche la dipendenza di ciascuno rispetto agli altri membri della società: se ciascuno produce solo un tipo di beni, sarà costretto a scambiare almeno parte di ciò che produce con ciò che producono gli altri. Come si realizzano questi scambi? Il mercato è l’istituzione che regola tutto ciò attraverso meccanismi di domanda e offerta, che stabiliscono poi i prezzi di un bene. Ex. se molti producono scarpe e solo pochi il pane, allora le scarpe saranno abbondanti > poco richieste > prezzo basso; il pane sarà scarso > molto richiesto > crescita del prezzo, con uno spostamento dei produttori verso la produzione del pane, con un conseguente mutamento di prezzi Questo concetto è rilevante per la sociologia per quanto riguarda la divisione del lavoro nella vita sociale e l’individuazione dell’istituzione mercato che autoregola la società al di là della volontà dei singoli. 1 2. SOCIOLOGIA E POSITIVISMO Come abbiamo già affermato, l’origine del pensiero sociologico è collegabile a diversi fenomeni economici, politici e culturali che hanno caratterizzato il XVIII secolo. Il primo è legato alla diffusione della produzione industriale: nuovi luoghi di lavoro, nuovi strumenti di produzione, nuovi soggetti sociali, nuovi materiali, nuove fonti di energia, nuovi mezzi di trasporto e nuovi mezzi di comunicazione. Il quadro politico è colpito dalle guerre napoleoniche e lo sviluppo degli ideali della Rivoluzione francese, con la nascita conseguente delle prime monarchie costituzionali e nuovi Stati a seguito di rivendicazioni nazionalistiche. Contemporaneamente nascono però anche lotte di classe che rappresentano una minaccia per l’ordine e l’armonia all’interno della società. Sul piano culturale, si parla di Positivismo: regna un atteggiamento scientista, prevalentemente laico e orientato al progresso, grazie agli interventi della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche. La parola “sociologia” viene utilizzata per la prima volta da Comte. La sua idea fondamentale è che la conoscenza umana, così come la storia dell’uomo, può essere scomposta in tre stadi, la cui successione è intesa come una legge naturale: 1) stadio teologico, i fenomeni vengono spiegati attraverso nozioni magiche e religiose 2) stadio metafisico, si fa uso di concetti astratti, speculazioni filosofiche per fornire spiegazioni 3) stadio positivo, si delinea il sapere scientifico basato sulla ricerca di fatti. Scienziati e tecnici saranno l’élite dominante > tendenza tecnocratica Comte delinea i contorni di quella che a suo parere deve essere la sociologia: una fisica sociale, una scienza modellata sulle scienze naturali, intesa a rilevare i “fatti” e riconoscere “leggi”. Egli distingue inoltre: - statica sociale, branca della sociologia che si occupa del modo in cui le società si autoregolano - dinamica sociale, branca che studia il mutamento Nella fase finale del suo pensiero, Comte ritorna sulla questione della religione, trattandola come un elemento fondamentale dell’integrazione della società e proponendosi come il sacerdote di una “religione positiva”, fondata sul culto dell’umanità. Possiamo ritenere Tocqueville un osservatore dell’epoca tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Si interessa soprattutto del concetto di democrazia e di uguaglianza delle opportunità: nella modernità gli uomini diventano sempre più liberi, fautori del proprio destino all’interno di un sistema di leggi che garantisce in linea di principio l’uguaglianza di tutti. Fra i prezzi dell’uguaglianza vi sono però il declino del concetto di onore, una diffusa mediocrità e un eccessivo individualismo. La democrazia rischia inoltre di diventare una “dittatura della maggioranza”, portando alla subordinazione di tutte le minoranze. Tocqueville si concentra molto anche sull’importanza del commercio, la formazione di una nuova “aristocrazia” basata sul capitale e sulle peculiarità che caratterizzano il sistema politico americano: la presenza di un presidente come esecutivo potente, unito a una forte 2 Il plusvalore ha origine in un pluslavoro: un lavoro che l’operaio svolge in aggiunta a quanto sarebbe bastato a pareggiare i conti con quello che il capitalista ha speso assumendolo/acquistando tutto ciò che è necessario produrre. Il pluslavoro diventa poi profitto, qualcosa che è proprietà del capitalista che nasce dunque dallo sfruttamento dell’operaio: egli è pagato con un salario che garantisce solamente la sua sussistenza, mentre il lavoro che realizza per il capitalista genera un valore superiore a quello corrispondente il suo salario. Marx parla anche del concetto di classe: insieme di individui che si trovano nella stessa posizione all’interno dei rapporti di produzione tipici di un modo di produzione dato. Ogni società è sempre stata caratterizzata dalla presenza di classi con interessi diversi che entrano in conflitto tra di loro. Lo stesso vale per la società capitalistica, composta da: - borghesia > capitalisti, proprietari dei mezzi di produzione, cui interesse è quello di sfruttare la forza-lavoro dei proletari - proletariato > lavoratori salariati che sono costretti a vendere la propria forza-lavoro, cui interesse è quello di liberarsi dallo sfruttamento Gli interessi della borghesia sono legati ad un’ideologia che giustifica i rapporti esistenti e presenta il capitalismo come il rappresentante degli interessi universali dell’umanità; gli interessi del proletariato sono raramente chiari alla stessa classe operaia, che deve acquisire coscienza di classe tramite il passaggio da classe in sé a classe per sé. Questo passaggio si produce nel corso delle lotte che gli operai intraprendono contro i capitalisti e attraverso lo sviluppo di forme di organizzazione entro cui gli operai stessi abbiano modo di elaborare la propria visione antagonista a quella dell’ideologia. L’interesse del capitalista, come abbiamo visto, è quello di massimizzare il suo profitto > aumentare il più possibile la quota di pluslavoro, in due modi: 1) allungando la giornata lavorativa dei lavoratori salariati. Tentativo durante le prime fasi della rivoluzione industriali che ha generato l’opposizione da parte dei lavoratori 2) rendendo il loro lavoro più produttivo. Tentativo ben riuscito: organizzazione del lavoro di fabbrica più efficiente attraverso l’introduzione delle macchine, che a parità di tempo impiegato permettono la produzione di un numero maggiore di merci e un aumento del pluslavoro In questo modo i capitalisti accrescono il proprio potere, ma nel contempo la classe operaia diventa più numerosa e sempre più povera, diviene inoltre sempre più consapevole della propria forza e del proprio ruolo nella produzione e può organizzarsi per rivoluzionare i rapporti sociali esistenti. L’obiettivo è una società senza più classi e senza proprietà privata, fondata sull’uguaglianza e la giustizia. Ci sono due osservazioni da fare sul pensiero di Marx: 1) la prima riguarda il problema delle cosiddette classi intermedie. Innanzitutto, vi è la presenza di una terza classe definita parassitaria e collegata alla rendita, ovvero quella dei proprietari terrieri, che vive di una parte dei proventi derivanti dallo sfruttamento della classe operaia. Lo studioso sa della presenza di divisioni all’interno della società, ma al momento dello scontro auspica una polarizzazione di tutti gli strati della popolazione in due grandi schieramenti. Lo sviluppo del capitalismo ha effettivamente ridotto a operai/impiegati stipendiati gran parte della popolazione ma ha anche generato una crescita quantitativa di tecnici, funzionari pubblici, addetti al 5 commercio, ecc. che non si sono mai fusi con la classe operaia e hanno sviluppato forme di coscienza particolari > classi medie 2) la seconda osservazione è legata alla “coscienza di classe” e alla questione della “falsa coscienza”. Nel corso del Novecento, si ha assistito alla progressiva sparizione della volontà rivoluzionaria fra i membri della classe operaia, con la concessione di diversi privilegi (ex. aumenti salariali, servizi pubblici) all’interno delle società più ricche, trasformando in sfruttati le masse dei lavoratori del Terzo mondo. Affrontiamo ora il tema dell’eredità marxiana. In Russia Lenin con i bolscevichi, sviluppa una versione del marxismo concentrata sulla creazione di un partito rivoluzionario disciplinato capace di guidare la classe operaia e i suoi alleati verso la conquista del potere > marxismo trasformato in una dottrina basata sulla volontà politica e sulla leadership del partito come fattori cruciali del mutamento sociale. La rivoluzione russa che porta al potere i bolscevichi nel 1917 modifica ulteriormente la situazione, trasformando il leninismo in un’ideologia ufficiale che legittima la “dittatura del proletariato”. Nel frattempo in Germania, il Partito socialdemocratico auspica una versione del marxismo meno radicale di quella russa, ma viene fortemente indebolito dalla guerra e dalle insurrezioni rivoluzionarie nel 1918-19. Negli anni tra le due guerre, il marxismo nella cultura europea inizia ad essere associato al marxismo sovietco, che diventa una dottrina strettamente finalizzata alla legittimazione delle élite che avevano conquistato il potere. Stalin dà inizio a una dittatura caratterizzata dalla repressione di ogni critica interna, affiancata dall’industrializzazione forzata e la collettivizzazione dell’agricoltura; la pianificazione centralizzata dell’economia porta presto a una burocratizzazione onnipervasiva della società con la formazione di una classe di funzionari pubblici legati al partito molto potenti. In Cina, si sviluppa una versione maoista del marxismo, caratterizzata dall’importanza attribuita al ruolo dei contadini ma che si distanzia dalla versione sovietica per la presenza di elementi appartenenti alla cultura tradizionale cinese. In Europa nascono diverse forme di marxismo, tra cui il “marxismo occidentale” tra gli anni ‘20/’30 con autori come Gramsci, Lefebvre, caratterizzati da una lettura hegeliana di Marx. 4. EMILE DURKHEIM Durkheim utilizza la morale come sentimento di unione e solidarietà tra i membri della società. Una morale è un insieme di valori e di credenze che si esprimono in norme alle quali ciascun membro della società è vincolato. Tali vincoli agiscono: - dall’esterno, nel senso che infrangere una norma provoca reazioni che puniscono chi lo fa - dall’interno, nel senso che l’individuo interiorizza le norme e ciò lo spinge a rispettarle Le norme possono essere esplicite o implicite (ex. quelle che regolano il costume quotidiano), e sono per Durkheim dei fatti sociali. Questi ultimi sono dei fenomeni che si presentano normalmente all’interno della società e si impongono ai singoli come qualcosa che proviene dal di fuori, e contemporaneamente li attraversano nei loro modi di sentire, di pensare, di comportarsi. Devono essere trattati “come se fossero cose”, hanno una sorta di esistenza 6 indipendente e autonoma, che non si spiega a partire dalle coscienze e dalle azioni degli individui. Ex. il linguaggio: ciascun individuo lo dà per scontato, un modo di fare consolidato che allo stesso tempo attraversa ognuno di noi, il nostro modo di pensare è forgiato proprio dalla possibilità che il linguaggio ci offre La società è dunque da considerare una realtà sui generis, di tipo particolare e superiore alla vita dei suoi membri, che si impone ai suoi membri attraverso le norme morali, i costumi, le credenze religiose, i riti, ecc. Poiché la società si esprime in fatti sociali, la sociologia è la scienza che studia l’insieme dei fatti sociali, spiegando le funzioni che ogni fenomeno svolge all’interno della società stessa > approccio funzionalista, la spiegazione è possibile solo dopo aver esaminato i nessi causali che legano il fenomeno considerato ad altri fenomeni precedenti nel tempo Non bisogna però pensare che la funzione corrisponda all’idea che ogni fenomeno sociale debba coincidere necessariamente con qualche “fine” prestabilito”. Ex. devianza, comportamenti percepiti come anormali che si discostano quindi dalla norma, come il crimine. Nel momento in cui il crimine viene punito, esso svolge la funzione di rinsaldare la coscienza collettiva, ciò permette alla società di riaffermare le sue regole, rese visibili proprio nel momento in cui si punisce chi non vi si conforma. La funzione è quindi un risultato non intenzionale di una pratica sociale. D’altro canto, la devianza può anche portare alla sperimentazione di nuove norme morali. Durkheim riconosce due tipi diversi di società: 1) società semplici: basate su una bassa divisione del lavoro, le attività sono poco differenziate fra loro > solidarietà meccanica, si presenta tra individui strettamente uniti gli uni agli altri da vincoli quotidiani; le coscienze degli individui tendono a differenziarsi scarsamente le une dalle altre, la coscienza collettiva tende a “ricoprire” la coscienza individuale, la pensano tutti allo stesso modo e non vi è tolleranza per comportamenti o punti di vista diversi 2) società complesse: corrispondono alle nazioni moderne caratterizzate da un’ampia e articolata divisione del lavoro e da istituzioni intermedie (ex. famiglia, raggruppamenti professionali…) > solidarietà organica, gli individui hanno fra loro grandi differenze ma devono cooperare per la vita dell’insieme sociale da cui tutti dipendono; i membri della società svolgono mansioni differenziate, vi è un’individualizzazione delle coscienze Nelle società complesse è però meno forte la tenuta delle norme che dovrebbero valere per tutti indistintamente, accrescendo il rischio di anomia. Essa è propriamente l’assenza di norme morali condivisi, l’incapacità della società di vincolare a sé i suoi membri, di garantire la loro adesione a un medesimo e condiviso ordine di valori, di credenze, di aspettative > sviluppo eccezionale della divisione del lavoro, a cui non ha ancora fatto seguito uno sviluppo adeguato delle norme morali I conflitti tra le classi sono per Durkheim delle vere e proprie patologie, disturbi che devono essere curati. La cura per l’anomia è il corporativismo, consiste nello sviluppo di associazioni intermedie tra i singoli e la società basate sull’associazione professionale. Più in generale, si desidera un potenziamento dei processi educativi, con lo sviluppo coerente e diffuso di un sistema morale da imporre a tutti i membri della società. 7 L’economia si è sviluppata attraverso una centralizzazione crescente della regolamentazione e del coordinamento delle diverse attività, dando vita alla burocratizzazione della vita sociale; nascono i regimi parlamentari, si verifica un ampliamento progressivo del diritto al voto e fanno la loro comparsa i partiti della classe operaia per l’ottenimento di condizioni di vita migliori. Nella seconda metà del XIX secolo inizia poi l’età dell’imperialismo, in cui l’Europa tenta di ottenere il controllo di Africa, Asia e Oceania. Le colonie forniscono contributi preziosi a livello di materie prime, mercati, manodopera e armate. Ci troviamo dunque in un clima di euforia dettato da uno sviluppo senza precedenti, accompagnato dall’idea di essere parte di una civiltà superiore a quella di ogni altro popolo della Terra. La guerra del 1914-18 rappresenterà però un grosso trauma molto difficile da elaborare su tutti i fronti. Nietzsche verso la fine dell’Ottocento, elabora un’importante critica nei confronti della civilizzazione occidentale che avrà eco a lungo nelle scienze sociali. Innanzitutto, introduce la nozione di volontà: energia vitale elementare e primigenia, vista come “volontà di potenza”, tensione all’affermazione della vita in se stessa e senza freni di sorta. Nietzsche critica infatti il mascheramento da parte della civiltà occidentale di tale volontà primigenia. In particolare parla della morale cristiana, responsabile della diffusione di una cultura di “schiavi” che privilegia le pseudovirtù dell’umiltà e dell’obbedienza, imprigiona gli slanci creativi degli individui, nega la vita e promuove un camuffamento della realtà fondamentale dei conflitti e della volontà di potenza. Anche lui parla di secolarizzazione e disincanto, riferendosi alla “morte di Dio”: la fine dell’idea che vi sia un fondamento trascendente per i valori a cui gli uomini possono ispirarsi. Riconoscere che tale fondamento non esiste corrisponde ad un’immensa assunzione di responsabilità; l’uomo che si assumerà questa responsabilità non è ancora nato, si tratterà dell’oltreuomo, uomo del futuro capace di definire il suo destino senza ipocrisie e senza falsi fondamenti ideologici. Dopo l’unificazione della Germania nel 1871, segue un processo di industrializzazione molto veloce che comporta diversi mutamenti con conseguenti critiche da parte degli studiosi tedeschi della modernità, del capitalismo e sentimenti di nostalgia nei confronti delle forme sociali preesistenti. Ricordiamo in particolare Tonnies, con i concetti di “comunità” e “società”, modelli di organizzazione sociale che ricordano molto la distinzione durkheimiana tra società semplici e società complesse: - comunità (Gemeinschaft), un gruppo stabile nello spazio e nel tempo in cui gli individui hanno rapporti personali e diretti, è caratterizzata da tradizioni fortemente radicate a cui sono legati con sentimenti di lealtà e appartenenza; elevato grado di chiusura verso l’esterno e staticità delle norme. Ex. famiglia, qualcosa che è dato, di cui facciamo parte naturalmente - società (Gesellschaft), è una forma di associazione più vasta della comunità con ampie possibilità di movimento, caratterizzata da rapporti impersonali mediati dall’adesione razionale a delle regole statuite, dalla subordinazione ad istituzioni regolamentate e dall’utilizzo di mezzi di scambio astratti (ex. denaro) 10 Nella comunità la vita economica conosce divisione del lavoro e scambi di prodotti e di servizi, ma il mercato non è la forma principale della regolazione di questi scambi, condotti invece in base alla reciprocità/forme di redistribuzione. La diffusione del denaro come mezzo generalizzato degli scambi è tipica della società. Per Simmel il pensiero umano opera sempre e comunque per astrazioni che analizziamo in base ad una certa prospettiva. La società è quindi un oggetto del pensiero che emerge considerando insiemi di individui da una certa distanza; la prospettiva ci permette di osservare che gli uomini stanno fra loro in relazioni di reciprocità, agiscono dunque gli uni sugli altri. La reciprocità delle influenze è il concetto fondamentale del pensiero di Simmel: ogni fenomeno è connesso con innumerevoli altri in un’infinita rete di causazioni, ma ciascuno retroagisce anche su quelli che appaiono essere la causa. Oggetto della sociologia sono dunque le forme delle relazioni di influenza reciproca che sussistono tra gli uomini, la società emerge solo e nella misura in cui più individui entrano in azione reciproca. A questi concetti si affianca la nozione di sociazione, il processo attraverso cui una forma di azioni reciproche si consolida nel tempo. Ci sono innumerevoli azioni reciproche (salutarsi, giocare, pranzare insieme…), la società in senso proprio è il risultato di una certa sedimentazione nel tempo di alcune forme di azione reciproca. I suoi testi analizzano inoltre la forma che le interazioni assumono all’interno di costellazioni storiche e culturali, ovvero ciò che si ripete nonostante la molteplicità e la variabilità degli eventi concreti. La vita è rappresentata come un fluire incessante e una produzione di forme (di relazione, istituzioni, simboli, idee, prodotti della vita economica ed opere artistiche = cultura). La vita scavalca le forme, eppure solo attraverso la determinazione di esse è possibile coglierla; in tutto questo vi è però una “tragedia”: essa può essere compresa ed espressa solo sulla base di simboli, categorie e raffigurazioni che però, al tempo stesso, rappresentano anche una fissazione della vita stessa, una sua riduzione. Simmel si concentra anche sull’esperienza metropolitana, che corrisponde ad un’intensificazione della vita nervosa, l’accumularsi di immagini cangianti, i ritmi veloci che creano condizioni psicologiche particolari e il dominio dell’intelletto, la parte meno sensibile della psiche e il più lontano dagli strati profondi della personalità. Esso è distinto dalla ragione: quest’ultima è un principio che dà ordine alle conoscenze empiriche in base a domande che riguardano il loro “senso”, e che non rinuncia al confronto con i sentimenti e con le domande ultime sulla vita e il valore; l’intelletto è invece una facoltà logico-combinatoria orientata alla calcolabilità, prescinde dalle differenze qualitative tra i fenomeni e fugge da ogni giudizio di valore. E’ per questo che la metropoli è la sede privilegiata per lo sviluppo dell'economia monetaria. Con l’avvento dell’intelletto e lo sviluppo della metropoli, si crea una forma di esperienza peculiare caratterizzata dall’indifferenza, un sistema di relazioni sociali contraddistinte da un grande grado di anonimità, insieme allo sviluppo della puntualità come virtù pubblica e un rigido controllo dei ritmi e del rispetto degli orari da parte di ciascuno. Vi è un tentativo di contrastare l’indebolimento del rapporto tra azioni ed emozioni tramite lo sviluppo di industrie di intrattenimento come il cinema, con la possibilità di emozionarsi senza agire. 11 La metropoli è anche la sede dell’individualità per eccellenza, il luogo dove è massima la libertà di movimento e di espressione del singolo, che non si mostra affatto come sentimento di benessere: ciascuno è sempre meno autosufficiente, e cresce la dipendenza di alle istituzioni, tecniche e apparati. A tal proposito, Simmel distingue: - spirito oggettivo: cultura oggettivata nei prodotti dell’uomo. Ex. cultura nelle enciclopedie e biblioteche, cultura incorporata nelle realizzazioni della tecnica, nella rete elettrica che permette la vita in una città, nei macchinari di una fabbrica - spirito soggettivo: si manifesta nella cultura di un soggetto, ciò che quest’ultimo sa per averlo imparato, vissuto o elaborato personalmente La “tragedia” della modernità sta nella sproporzione tra questi due poli dello spirito: le cose diventano più “colte” ma gli uomini lo sono sempre meno, cioè la società moderna dispone di un sapere che sovrasta le capacità di elaborazione di ogni singolo individuo. Simmel riconosce, più avanti, l’esistenza di un dissidio tra l’individuo e la collettività. Da un lato ogni collettività si impone al singolo chiedendogli di coordinarsi con gli altri e di adempiere certi compiti necessari per la sopravvivenza della società nel suo insieme; dall’altro, l’individuo può tuttavia ritenere che il suo fine non sia quello di cooperare alla sopravvivenza della società/benessere generale, ma quello di sviluppare se stesso e di realizzare degli obiettivi che non hanno niente a che vedere con ciò che la società potrebbe aspettarsi da lui > enfatizzazione dell’unicità di ogni individuo e la sua responsabilità personale nella definizione del proprio destino e la realizzazione di sé Egli osserva inoltre che il concetto di individuo ha significati differenti nel corso dei secoli: - Settecento: individui rappresentati nell’uguaglianza naturale di tutti gli uomini, stessi diritti e doveri - Ottocento: gli uomini sono uguali dal punto di vista del diritto, ma per quanto riguarda la loro interiorità, sono dissimili. Compito etico di ciascuno di esprimere e realizzare la propria unicità Secondo questi ragionamenti, viene coniata l’espressione di individualismo qualitativo (o individualismo delle differenze) Infine, un altro tema che viene trattato è quello della moda: la costruzione di una “personalità” tende a volte a svuotarsi di senso e ridursi ad una mera collezione arbitraria di segni esteriori. Nella moda ci sono due spinte contraddittorie: - distinzione, esigenza di differenziarsi e affermare la nostra singolarità rispetto agli altri - imitazione, bisogno di affermare la nostra partecipazione ad una cerchia sociale che riconosciamo autorevole in fatto di stile Imitando la moda dei gruppi dotati di prestigio maggiore, chi è più basso nella scala della società può far mostra di appartenervi, ma la diffusione della moda stessa finirà per rendere inutile il tentativo di utilizzarla per acquistare distinzione: il processo continuerà così all’infinito. 6. MAX WEBER Per Weber la sociologia è una scienza comprendente, il cui primo obiettivo è quello di comprendere e interpretare l’agire sociale, ovvero un agire dotato di senso. 12 3) razional-legale: l’obbedienza è prestata a delle leggi impersonali che valgono per tutti in modo uguale, prodotte in modo razionale sulla base di una discussione formalmente pacifica. Essa favorisce un mutamento sociale continuo e regolato. Ad ogni forma di potere legittimo corrispondono forme tipiche di apparati amministrativi. Osserviamo la forma tipica di apparato amministrativo connessa al potere razional-legale: la burocrazia. Con questa parola ci rivolgiamo ad una cooperazione tra un grande numero di individui, i funzionari, che svolgono dei compiti amministrativi sulla base di procedure standardizzate e obbedendo a un’autorità impersonale. La burocrazia dello Stato moderno si fonda su questi principi: - l’esistenza di servizi/competenze definiti da leggi e regolamenti - gerarchia delle funzioni - separazione tra la funzione e l’uomo che la svolge - reclutamento dei funzionari sulla base di una formazione specifica/esami - retribuzione tramite salario erogato dallo Stato La burocrazia presenta però anche degli svantaggi. In quanto basata sulla spersonalizzazione, essa favorisce la deresponsabilizzazione dei singoli funzionari e, in quanto fondata sul rispetto di procedure standardizzate, sfavorisce l’innovazione. Infine, i corpi amministrativi burocratizzati possono sviluppare propri interessi particolaristici. Per Weber, inoltre, in ogni società umana coesistono diversi ordinamenti: - ordinamento economico: centrale qui è la nozione di classe, un insieme di individui che condivide possibilità analoghe di procurarsi dei beni economici. Essa si definisce specificamente in relazione al mercato, tipicamente gli individui che appartengono alla medesima classe hanno interessi economici simili - ordinamento culturale: la stratificazione si esprime attraverso i ceti, insieme di individui che condividono un certo “status” riconosciuto socialmente - ordinamento politico: apparati politici e amministrativi di un gruppo sociale, nelle cariche che vi si possono ricoprire Abbiamo precedentemente parlato del processo di razionalizzazione tipico della vita moderna, basato su un crescente predominio della fiducia nel fatto che “tutte le cose possano essere dominate dalla ragione”. Questa fiducia comporta un disincanto nel mondo, viene progressivamente espulso dall’atteggiamento fondamentale degli uomini ogni riferimento a spiegazioni e a comportamenti magici, animistici o religiosi. Si parla anche di paradosso della modernità: l’idea che la ragione possa dominare ogni cosa è essa stessa una fiducia non giustificata razionalmente. 7. LE ORIGINI DELLA SOCIOLOGIA AMERICANA La società nordamericana a partire dall’ultimo decennio del XIX secolo subisce mutamenti molto intensi, a partire dall’immigrazione che genera differenze di lingua, tradizioni e costumi con conseguenti problemi di integrazione. L’industrializzazione si sviluppa a ritmi altrettanto elevati, il capitalismo si sviluppa in modo molto dinamico unito però a crescenti disuguaglianze; il tutto non dà vita a lotte di classe, a causa della difficoltà di consolidare una solidarietà duratura tra lavoratori di differenti provenienze e anche dell’assenza di 15 tensioni/diffuso consenso sociale. Questi temi sono ampiamente affrontati dalla prima più grande scuola di sociologia americana: la scuola di Chicago. Parliamo innanzitutto di Thomas: con Il contadino polacco in Europa e in America, tratta delle condizioni degli immigrati polacchi a Chicago e dà inizio a quelli che saranno poi chiamati i metodi qualitativi della ricerca sociologica (in questo caso ci riferiamo allo studio della corrispondenza degli immigrati polacchi a Chicago e della ricostruzione della loro storia di vita). Secondo questo autore, la sociologia deve necessariamente tener conto del significato che gli attori attribuiscono al proprio comportamento e alle situazioni in cui si trovano > teorema di Thomas, “se gli uomini definiscono reale una situazione, essa è reale nelle sue conseguenze”: se certe dicerie si diffondono, le loro conseguenze sono reali, qualunque sia la veridicità delle dicerie in se stesse. Ex. le “streghe” possono pure non esistere, ma le conseguenze di questa definizione della realtà sono reali, in quanto delle donne sono state bruciate sul rogo Dunque, la definizione di una situazione che gli attori forniscono è essenziale per comprendere il loro atteggiamento e la loro condotta. Dopo Thomas, con Park, si forma una vera e propria scuola concentrata sulla ricerca empirica e l’osservazione partecipante, la parziale immersione del ricercatore per un lungo periodo di tempo nella vita del gruppo che studia. L’oggetto unificante delle ricerche di questi sociologi è la città. Per comprendere l’essenza della città moderna, dobbiamo parlare di mobilità: si intende sia lo spostamento geografico/sociale, sia anche la vivacità “spirituale” che consegue all’esposizione a stimoli numerosi e vari. Mobilità significa esposizione a qualcosa di nuovo, e dunque apertura: più si è mobili, più si è inclini al mutamento, che riguarda anche i propri quadri di riferimento cognitivi o i propri stessi valori. La maggiore mobilità può comportare sia un maggior sviluppo delle facoltà individuali che una maggiore disorganizzazione sociale. Durkheim intendeva questo concetto con il termine “anomia”; Park sostiene invece un’incapacità dell’ambiente sociale di fornire agli individui risorse per soddisfare i propri bisogni. Uno dei concetti più tipici di Park è quello di distanza sociale: il sentimento dei membri di un gruppo di essere distinti ed estranei rispetto ai membri di un altro. Essa tende ad esprimersi in termini di distanza territoriale, con la formazione di “aree naturali”, aree geografiche nelle quali la popolazione di una città tende a distribuirsi. Ex. Stati Uniti, con Little Italies, Chinatowns, ghetti neri Mead è ritenuto il padre dell’interazionismo simbolico e creatore di un pensiero basato sulla formazione del sé: qualcosa che emerge e si realizza nel corso dell’interazione sociale. Il “sé” è il soggetto umano nella misura in cui diventa oggetto a se stesso, cioè in cui si offre a un’attività autoriflessiva. Specifica dell’essere umano è anche un’altra caratteristica: il linguaggio. Esso è un insieme strutturato di segni condiviso da più soggetti, ed è la condizione perché emerga un sé, dunque una condizione sociale. L’individuo è sociale nella misura in cui ha un sé, la cui forma è resa possibile dalla sua immersione in un linguaggio comune. 16 La socializzazione è il processo attraverso cui ciascuno di noi, a partire dalla prima infanzia, si confronta dapprima con il “me” che emerge nei discorsi degli altri, e interiorizza poi questo “me” come una descrizione di sé. Attraverso la somma di tutti gli altri che parlano di “me”, il soggetto può giungere a quello della personalità organizzata attorno alla propria singolarità. 8. LA SOCIOLOGIA IN ITALIA AGLI INIZI DEL XX SECOLO In Italia la sociologia inizia a svilupparsi negli ultimi decenni dell’Ottocento con le inchieste sociali e il pensiero positivista, trattando i problemi dell’industrializzazione e quelli posti dalla costruzione di uno Stato unitario. Essa si arresta negli anni venti, per una serie di motivi: - piano civile e politico: ascesa del fascismo - piano culturale: influenza di Croce, ostile alla sociologia ritenuta una “pseudoscienza” Pareto propone una sociologia che va a spiegare ciò che l’economia non riesce ad afferrare. L’economia si occupa di azioni “logiche”, la vita degli uomini è ricca tuttavia di azioni che non sono logiche: passioni, sentimenti, abitudini e paure, non comprensibili dunque in termini unicamente economici. L’aspetto fondamentale del suo pensiero è l’utilizzo della nozione di sistema: il mondo sociale è pensato come un insieme di elementi interdipendenti tra loro (pensiero che sarà ripreso anche da Parsons). Più nota è tuttavia l’idea dei residui e delle derivazioni. I residui sono ciò che Pareto scorge di fondamentale nell’uomo: ciò che rimane una volta che viene scomposto il comportamento degli uomini nelle sue componenti elementari, ne esistono di sei tipi: - istinto alla combinazione - persistenza degli aggregati - bisogno di manifestare i sentimenti - socialità - integrità della persona - residuo della sessualità Gli uomini tendono inoltre ad autoingannarsi, hanno una tendenza a dare una “vernice logica” alle proprie azioni, producendo giustificazioni pseudorazionali che prendono il nome di derivazioni. Una derivazione è un sistema di rappresentazioni mentali (ex. ideologia, religione, programma politico) che occulta gli impulsi fondamentali e propone una legittimazione del comportamento in termini che appaiono logici, senza esserlo in realtà. Elite è un termine francese utilizzato in sociologia per indicare un gruppo in grado di esercitare un controllo/influenza sulla società nel suo insieme, oggetto di riflessione del pensiero sociologico italiano nei primi anni del secolo, che prevede una critica del funzionamento reale delle democrazie. Parliamo delle teorie delle élite, cercando di dimostrare come a governare siano sempre delle piccole minoranze, coloro che sono ritenuti “più atti” a governare e i cui interessi siano più consoni a sviluppare il benessere della società. Questo quadro teorico è molto simile alla “legge di ferro dell’oligarchia” di Michels: ogni organizzazione complessa come quella di un 17 Tutto ciò tenta di dimostrare che gli uomini non sono totalmente razionali, la ragione occupa solo una piccola parte nelle vicende degli uomini. Essi sono infatti attraversati da tensioni irrazionali e tendono a autoingannarsi. Wittgenstein svolge una serie di ricerche sul linguaggio e utilizza la nozione di gioco linguistico: quando parliamo, seguiamo delle regole allo stesso modo in cui le seguiamo quando ci impegniamo in un gioco. Le seguiamo, ma allo stesso tempo possiamo anche sospenderle, mentre altri possono anche decidere di giocare ad altri giochi. Ciò che ha senso in un sistema di regole non ha necessariamente senso in un altro. Sul piano del linguaggio, ciò significa che non è semplice (a volte anche impossibile) trasferire ciò che si può dire entro un determinato gioco linguistico all’interno di un gioco diverso. Riconosciamo due conseguenze a questo tipo di pensiero: 1) la lingua è lo strumento di cui gli uomini si servono per intendersi tra loro in relazione alle attività in cui sono coinvolti, viene utilizzata per esprimersi e allo stesso tempo è mezzo di interpretazione. E’ la nostra risorsa per comunicare, ma è anche il limite che definisce le nostre possibilità di farlo 2) solo chi è all’interno di un gioco linguistico è in grado di cogliere il senso delle azioni che fa chi lo gioca. L’esito cui conduce questa conseguenza può consistere in un relativismo radicale, secondo cui ogni gioco linguistico e ogni cultura è incomparabile con ogni altro; in forma più debole, si può intendere tutto ciò come un invito a rivendicare la pari dignità di ogni gioco linguistico e di ogni cultura Spostiamoci a Budapest e parliamo ora di Mannheim, che formula una sociologia della conoscenza. Il problema cruciale di cui si occupa è quello del relativismo e della varietà di usi, costumi, lingue, religioni e visioni del mondo presenti tra gli uomini; egli riflette infatti sulla compresenza in una medesima società di visioni politiche concorrenti fra loro, affiancando al concetto marxiano di ideologia quello di utopia: visione del mondo tipica di coloro che, impegnati nella lotta per rovesciare i rapporti esistenti, non riescono a scorgere nella realtà se non gli elementi che vogliono negare. Anche in questo caso si tratta di una parziale “deformazione” della realtà. Mannheim propone di utilizzare il termine “ideologia” per intendere che ogni individuo, in quanto appartenente a un gruppo sociale determinato, tende a concepire la realtà secondo un punto di vista che esprime gli interessi, la cultura, la sensibilità e le peculiari capacità di quello stesso gruppo. L’appartenenza a una nazione, un gruppo etnico o a una generazione può essere altrettanto determinante. Il modo in cui ciascuno di noi vede la realtà è dunque connesso alla nostra situazione esistenziale > relazionismo, relazione originaria che lega ogni prodotto della cultura all’esistenza concreta e determinata in cui sono posti i soggetti E’ particolarmente importante nel suo pensiero anche il ruolo degli intellettuali e il loro orientamento avalutativo, che favorisce un confronto disinteressato tra le diverse prospettive con idee concorrenti tra loro. Il concetto di intellettuale in questo caso deriva da Weber ma anche dallo straniero di Simmel, che può raggiungere l’oggettività grazie alla pluralità delle sue appartenenze. 20 10. LA SCUOLA DI FRANCOFORTE La scuola di Francoforte è composta da un gruppo di studiosi uniti dall’intento di promuovere un rinnovamento della ricerca sociale marxista, tenendo conto delle trasformazioni più recenti del capitalismo e delle nuove contraddizioni emerse nella Germania della Repubblica di Weimar. Si tratta di una revisione del marxismo rivalutandone le origini nel pensiero hegeliano e integrandovi diversi elementi della psicoanalisi freudiana, favorendo la nascita di una teoria critica della società. Marx è il primo dei grandi riferimenti della scuola di Francoforte. Quest’ultima analizza la rinuncia alla vocazione rivoluzionaria da parte della classe operaia nella situazione postbellica degli anni venti. Gli studiosi ripropongono una lettura di Marx fortemente hegeliana opponendosi alla riduzione economicistica del suo pensiero e auspicano una rivoluzione totale, non solo quindi nell’ambito della politica e della sfera di produzione. La prima integrazione del pensiero di Freud proviene da Fromm, per spiegare i processi di socializzazione dell’individuo e analizzando la famiglia come il luogo dove questi impara ad “adattarsi”. La famiglia nell’epoca del tardo capitalismo tende a indebolire la sua capacità di formare individui autoresponsabili e a favorire la genesi di persone dotate di un carattere autoritario. Si cerca dunque di capire questo tipo di costituzione psicologica, pronto ad accettare regimi autoritari e favorito dalle forme di socializzazione caratteristiche della società di massa, alla ricerca di un “capro espiatorio”: tendenza a scaricare la “colpa” del disagio che si avverte su gruppi minoritari e impotenti, come le minoranze etniche. Chi è caratterizzato da questa personalità evita di affrontare i propri problemi e contemporaneamente scarica l’aggressività che il disagio genera in lui > meccanismi inconsci Freud inoltre osserva che il progresso della civilizzazione ha comportato un forte controllo degli impulsi libidici, per permettere un crescente controllo degli uomini sulla natura. Con il capitalismo tuttavia, lo sviluppo delle forze produttive è tale da permettere di ridurre questo controllo e lasciare spazio allo sviluppo di un’umanità capace di entrare con la natura in un rapporto non solo antagonistico, ma “conciliato” > edonismo Marcuse parla di una desublimazione repressiva. La “sublimazione” è per Freud il processo con cui l’uomo devia la pulsione sessuale dalla sua meta originaria e la trasforma in energia creatrice di cultura. Parlare di desublimazione repressiva significa riferirsi a un accesso legittimato della sessualità che non corrisponde a nulla di creativo, bensì allo sviluppo di una logica della “prestazione” che riproduce anche in campo sessuale la morale repressiva (dominante). Come abbiamo già visto, la razionalizzazione rappresenta uno sviluppo dell’intelletto, cioè della capacità di commisurare logicamente i mezzi ai fini, di calcolare in modo adeguato i costi e i benefici di ogni singola azione. Il processo descritto da Weber viene compreso dalla scuola di Francoforte come una riduzione della ragione a intelletto: gli uomini moderni sono sempre più capaci di eseguire calcoli tecnici, ma sempre meno capaci di esercitare quelle facoltà critiche in cui si dispiega la ragione propriamente detta. Il nucleo di questo processo viene individuato nel passaggio dall’Illuminismo al positivismo, si distinguono i pionieri della società borghese che utilizzano la ragione come strumento per diffondere libertà, 21 uguaglianza e tolleranza; mentre nel positivismo la ragione viene adattata sul modello della ricerca scientifica e utilizzata per la descrizione dei fatti > la ragione diventa mero intelletto La scuola di Francoforte critica anche l’Illuminismo. Il primo aspetto di questa critica corrisponde a una rivalutazione della validità del pensiero magico e religioso: in questo pensiero si conserva il riconoscimento di qualcosa che il pensiero razionalistico tende a non riconoscere più, ovvero che non tutto è dominabile con la ragione. Il secondo aspetto corrisponde al riconoscimento di un nesso inestricabile tra la ragione con la logica del dominio. Per spiegarci meglio, iniziamo col dire che con la parola “Illuminismo” in questo contesto intendiamo la denominazione di tutta la civiltà occidentale basata sul padroneggiamento del mondo: si tratta di comprenderlo per dominarlo, per piegare la natura alle manipolazioni dell’uomo; al tempo stesso però l’uomo tende a estraniarsi dalla natura stessa, il pensiero razionale si separa dalla natura e vi si contrappone. La ragione comprende il mondo solo al prezzo di trasformarlo in un oggetto di dominio > visione negativa del razionale, per cui ogni progetto dettato dalla ragione sembra condannato di principio allo scacco o ha dei costi tali da invalidare ogni beneficio. Questo non vuol dire che bisogna sostituire l’Illuminismo con l’irrazionalità, bensì è necessario accompagnarlo da una critica che ne mostri l’unilateralità e le contraddizioni. Questa critica continua ad essere razionale, ma si tratta di una razionalità che evita di feticizzare se stessa ed è consapevole della permanente possibilità di ricadere nella barbarie, perché permane in noi il ricordo di qualcosa che resiste alla razionalizzazione e all’adattamento (ricordo del desiderio della felicità). L’aspirazione alla felicità è anche ciò a cui si riferisce l’industria culturale, che corrisponde all’amministrazione dello svago: fornisce ai lavoratori una compensazione temporanea per i sacrifici cui si sottopongono. Nella scuola di Chicago inizia a manifestarsi un interesse per la stampa e in generale per i mezzi di comunicazione, che diventa centrale nella scuola di Francoforte. L’industria culturale porta la cultura alle masse, che genera uno svuotamento della nozione stessa di “cultura” e un progetto di manipolazione. Si tratta di un luogo di intrattenimento che promuove l’adattamento di ciascuno all’ordine sociale esistente e manipola il pubblico con messaggi unidirezionali (comunicazione di massa). La comunicazione di massa è analoga alla produzione di massa: i prodotti vengono standardizzati e, come tutte le merci finiscono per somigliarsi l’una all’altra nella misura in cui sono equivalenti al denaro, così tutti i programmi forniti dall’industria della cultura tendono a uniformarsi. Il cuore della comunicazione è rappresentato dalla pubblicità, che funge da invito all’acquisto. In questo processo, la cultura perde il suo significato e si riduce a merce. Benjamin parla di crisi dell’esperienza, con la perdita dell’”aura” di unicità dell’opera d’arte che consegue alla possibilità della sua riproduzione. Ex. la fotografia e il magnetofono permettono a ciascuno di ammirare un dipinto/ascoltare una sinfonia senza spostarsi da casa Egli si ricollega inoltre al tema dell’”intellettualizzazione” e di “sterilizzazione”, come se ci limitassimo ai segni di ciò che potrebbe essere vissuto senza viverlo davvero. La qualità dei vissuti diversi, le emozioni, le risonanze o gli apprendimenti che essi potrebbero generare, sono annullati o resi uniformi in una generale atrofia della sensibilità. 22 oppure ancora la “sociologia critica” di Mills, che tratta dei nuovi ceti medi in America e si sofferma anche sul dominio di una élite ristretta di persone che operano nei settori della politica, dell’industria e delle forze armate, nonostante l’apparente mobilità sociale della società americana. Ma a dominare la sociologia americana degli anni ‘30-’60 è Parsons, padre dello struttural-funzionalismo. La struttura è l’insieme delle relazioni che collegano fra loro i diversi elementi della società, il significato dei singoli elementi non è comprensibile, bisogna osservare il tutto nel suo insieme. L’azione viene considerata come l’unità elementare di cui si occupa la sociologia. La descrizione di ogni azione richiede che si individuino un attore, un fine, una situazione e un orientamento normativo. Le norme collegano la personalità di ogni individuo all’insieme sociale di cui è parte, in quanto ognuno di noi agisce in base a un insieme di regole di origine sociale, a loro volta solidali con un insieme di valori e di credenze (=cultura). Parsons distingue quindi: - persona - sistema sociale - cultura Perché un sistema sociale funzioni in modo coerente è necessario che i suoi membri siano dotati di personalità che abbiano fatto proprie le norme in cui si esprime una cultura comune. Ogni sistema deve essere in grado, inoltre, di svolgere almeno quattro funzioni: - adattamento all’ambiente - definizione dei propri obiettivi - conservazione della propria organizzazione - integrazione delle proprie parti Nel caso del sistema sociale, ognuna di queste funzioni è svolta da un sottosistema specifico: l’adattamento all’ambiente è compito del sottosistema economico; la definizione degli obiettivi del sottosistema politico; la trasmissione e la conservazione dei modelli di organizzazione dal sottosistema educativo; l’integrazione delle varie parti del sistema/controllo dei suoi membri sono compito del sottosistema giuridico > SISTEMA AGIL, requisiti funzionali del sistema sociale Il sistema, come abbiamo detto, funziona grazie alle norme che vengono interiorizzate dagli individui. Questo procedimento fa parte del processo di socializzazione che si realizza soprattutto nella prima infanzia, grazie alla famiglia. La famiglia è un’istituzione cruciale del sottosistema educativo. Nelle società premoderne, essa svolgeva anche funzioni assistenziali, religiose e soprattutto economiche; con l’evoluzione delle società le istituzioni sono state oggetto di differenziazione e specializzazione. La famiglia perde alcune funzioni tradizionali e diventa un’agenzia di socializzazione dei bambini e di stabilizzazione della personalità degli adulti; si trasforma inoltre in una famiglia “nucleare” composta solo dalla coppia di genitori e dai figli, con la suddivisione dei ruoli dell’uomo e della donna: alla moglie/madre spetta il ruolo di casalinga e di “leader espressiva” e dirige la dimensione affettiva; al marito/padre spetta il ruolo di breadwinner e di leader strumentale > ruoli complementari, uno non può esistere senza l’altro 25 Parsons ha anche rielaborato un gran numero di termini sociologici: - norme: sono delle prescrizioni e chi non vi si adegua è sottoposto a sanzioni - valori: sono ciò a cui le norme si ispirano, sono atteggiamenti culturali degli orientamenti diffusi che definiscono gli scopi da raggiungere e i mezzi da utilizzare - ruoli: insiemi di comportamenti regolati da norme, attraverso cui l’individuo interagisce con gli altri. Ciascun individuo svolge una pluralità di ruoli, l’insieme dei ruoli principali di una persona gli conferisce il suo status, ovvero la posizione che egli occupa all’interno della società - istituzioni: sottounità del sistema sociale. Ex. famiglia, scuola - socializzazione: processo con cui l’individuo interiorizza valori e norme, diventando capace di svolgere i ruoli che le istituzioni gli richiedono e di accedere così al proprio status Parsons individua alcuni parametri di cui possiamo servirci per distinguere società e culture diverse, chiamati variabili strutturali: - universalismo e particolarismo. Se l’attore sociale decide di giudicare un oggetto fisico o sociale partendo da criteri generali, opta per l’universalismo. Se invece considera l’oggetto solamente attraverso criteri che si applicano unicamente a quest’oggetto e a condizioni particolari, opta per il particolarismo - ascrizione e acquisizione. Rimanda all’importanza che attribuiamo, nel nostro comportamento nei confronti di una persona, ai tratti che la caratterizzano per nascita (ex. colore della pelle) o a ciò che essa è stata/capace di realizzare (ex. status professionale) - orientamento agli interessi collettivi e orientamento agli interessi privati. Ex. un medico è orientato verso interessi collettivi, mentre un imprenditore lo è verso il proprio interesse privato - neutralità affettiva e affettività. La prima è scelta se l’attore mette da parte i suoi sentimenti. Ex. rapporti di lavoro; la seconda nei contesti amicali e familiari - specificità e diffusione. L’attore può rapportarsi agli altri considerandone solo gli aspetti specifici o si può orientare agli altri in maniera globale, considerando la persona nel suo complesso. Ex. maniera specifica: commesso con cliente; maniera diffusa: madre con figlio Le società moderne sono sono caratterizzati da tipi di azione orientati in senso universalistico e ispirati al principio dell’acquisizione; le società tradizionali tendono invece a presentare tipi di azione particolaristici e orientati a prendere in considerazione soprattutto gli elementi ascrittivi di ogni persona. Parsons pone inoltre l’evoluzione della società su una serie di livelli, universali nel senso che riguardano tutte le società ed evolutivi, nel senso che promuovono un adattamento all’ambiente migliore di quello precedente. 1) primo livello, società primitive: sono “universali evolutivi” lo sviluppo del linguaggio, della religione, della parentela e della tecnologia 2) secondo livello, rivoluzione neolitica: sono “universali evolutivi” lo sviluppo di un sistema di stratificazione sociale e quello di un sistema specificamente deputato alla legittimazione dell’assetto politico 26 3) terzo livello, con quattro nuovi “universali evolutivi”: lo sviluppo della burocrazia, del mercato, di norme universalistiche generalizzate e della democrazia. Questi ultimi due corrispondono alla formazione della società moderna La sociologia di Parsons è stata sottoposta a notevoli critiche. Quelle principali riguardano i limiti del suo funzionalismo: concentrandosi su ciò che è funzionale al sistema, egli si vieta di comprendere i conflitti sociali; non è reso comprensibile cosa per Parsons generi e faccia mutare i valori; quanto alla teoria dei sistemi, Parsons non tematizza il rapporto tra osservatore e osservato. Molti contestano l’immagine di famiglia da lui proposta. La chiusura del nucleo dei genitori e figli rispetto al resto della parentela è rara, il fatto che la famiglia abbia perso molte funzioni economiche è vero ma non significa che le abbia integralmente perdute né che le perderà in futuro, inoltre nella sua visione vi è una subordinazione di fatto della donna. Le famiglie nel mondo sono varie e in costante mutamento, Parsons descrive unicamente la famiglia nordamericana, bianca, anglosassone e di ceto medio; ma non descrive neppure la realtà di questa famiglia bensì la sua immagine ideale. Infine, Parsons dice di richiamarsi a Weber per quanto riguarda il concetto di “azione”, ma per quest’ultimo l’azione è un comportamento dotato di senso il cui problema cruciale è quello di interpretarlo, mentre Parsons intende descrivere l’azione scomponendola nei suoi elementi. L’azione di Weber è una condotta, un insieme composito di atti in cui elemento finalistico e riflessivo non è necessariamente presente. Nel secondo dopoguerra iniziano i processi di acquisizione dell’indipendenza/decolonizzazione in Africa e in Asia, nel mentre persiste la competizione tra USA e URSS per attrarre nuovi paesi nella propria orbita. In questo periodo nasce l’espressione “Terzo mondo”, per indicare l’insieme dei paesi che non appartengono all’area dei paesi occidentali economicamente avanzati e neanche all’area sovietica. In questo contesto si sviluppano le teorie della modernizzazione, che si pongono il problema di aiutare tali paesi a entrare nell’orbita dello sviluppo occidentale, tramite un modello di sviluppo graduale e non rivoluzionario fondato sulla fiducia nei caratteri universali del progetto occidentale. La modernità è costituita da industrialismo, democratizzazione della vita politica, razionalizzazione, secolarizzazione e individualismo. Queste teorie implicano il presupposto che i rapporti fra i paesi sviluppati e quelli che si avviano con lo sviluppo siano infallibilmente positivi, e che i secondi abbiano in linea di principio le stesse opportunità di quelli che si sono sviluppati per primi. Si fa strada l’idea che l’integrazione dei paesi “in via di sviluppo” nel mercato mondiale comporti una distorsione: i paesi sviluppati esportano infatti manufatti industriali, e gli altri materiali grezzi, ma i prezzi sono determinati dei primi che hanno maggiore potere contrattuale. Inoltre, la produzione di materie prime comporta un basso sviluppo delle tecnologie e pochi effetti sull’economia restante > la specializzazione in questo tipo di produzione non promuove la modernizzazione complessiva A ciò si aggiunge che gli investimenti di imprese di paesi sviluppati nel Terzo mondo provoca il drenaggio di gran parte dei profitti a vantaggio dei primi, e lo stesso avviene attraverso il meccanismo dei prestiti internazionali. 27 persone/di situazioni”. I “tipi” sono delle rappresentazioni della realtà che consentono l’interazione sociale. La vita di ciascuno di noi è fatta in buona parte di routine, di corsi d’azione abitualizzati sui quali non ci fermiamo a riflettere, e costruire tipi di cose che accadono significa facilitarne il riconoscimento e permettere alle routine di procedere senza intoppi. Secondo Schutz inoltre, noi viviamo in diverse realtà. La realtà per eccellenza è quella “dei sensi o delle cose fisiche”, cioè la vita quotidiana, il nostro ambiente ordinario. Ogni ordine di realtà ha le proprie caratteristiche, ma la caratteristica della vita quotidiana è questa: agiamo dando per scontato, sospendiamo il dubbio che le cose possano essere diverse da come ci appaiono in relazione alle nostre routine; se dovessimo interrogarci su tutto quello che facciamo, l’esercizio delle nostre attività quotidiane sarebbe impossibile. Il pensiero in cui siamo immersi nel quotidiano è il senso comune, il pensiero dell’ovvio: ciò che ci permette di vivere senza farsi domande non strettamente necessarie alla continuità della nostra esistenza, dando per scontate le tipizzazioni di cui facciamo uso. Esso funziona solo perché condiviso, è un sistema di credenze ed è quello che ciascuno crede che tutti gli altri credano. Un accordo implicito che si basa in parte sulla tradizione di ogni gruppo sociale e in parte è costantemente riprodotto e confermato dall’attività di ciascuno. I due continuatori più noti dell’opera di Schutz sono Berger e Luckmann, molto conosciuta è la loro opera La realtà come costruzione sociale, cui argomentazione comporta due momenti distinti: 1) si vede come la realtà sia prodotta dagli individui in relazione tra loro come una realtà oggettiva 2) si vede come questa realtà sia interiorizzata soggettivamente dagli stessi individui Da un lato vi è un’analisi dei processi di oggettivazione, dall’altro quella dei processi di soggettivazione. I due spiegano questi concetti tramite una storia esemplare. Immaginiamo un “primo uomo” solo in un certo ambiente che deve risolvere dei problemi per garantire la propria sopravvivenza: procurarsi il cibo, proteggersi. Le soluzioni a questi problemi diventeranno modi tipici di comportarsi e quindi abitudini, comportamenti semi-automatici > primo passo del processo di oggettivazione, il comportamento soggettivo si solidifica Immaginiamo ora che il primo uomo ne incontri un secondo. Il comportamento dell’altro gli apparirà problematico e dovrà essere interpretato; l’interpretazione permetterà di stabilire una comunicazione e i due uomini impareranno a tipizzarsi reciprocamente in modo da interagire in modo efficace > secondo passo del processo di oggettificazione Dopo un certo tempo, compare un terzo personaggio. Anche lui avrà problemi di comunicazione e di interpretazione: potrà però basarsi sul fatto che i due hanno già consolidato una struttura di interazioni fra loro, che gli apparirà come qualcosa di già dato > le routine diventano delle istituzioni, qualcosa di esistente di per sé e questo è il terzo passaggio dell’oggettivazione Quando le strutture sociali vengono prese davvero per esistenti di per sé e quindi autonome e immutabili, si trapassa nella reificazione e nell’oblio delle sue origini. 30 Nel momento in cui veniamo al mondo, tutti noi siamo nella situazione di quel terzo individuo che abbiamo immaginato, e dobbiamo imparare come comportarci a partire da un mondo già istituzionalizzato. La socializzazione primaria consiste nell’acquisizione del senso comune, modi ovvi per l’interpretazione della realtà e come muoverci al suo interno; la socializzazione secondaria permette l’ingresso in mondi sociali specifici e circoscritti. La realtà sociale, anche se sembra dotata di un’esistenza propria, è una costruzione sociale e in quanto tale si riproduce solamente nel momento in cui ciascuno di noi impara ad attribuirle lo stesso senso che le attribuiscono gli altri. Essendo la realtà una costruzione sociale, tutto ciò che è stato istituzionalizzato può sempre essere deistituzionalizzato. Ciò avviene attraverso movimenti sociali che avvertono il bisogno di interpretare il mondo in un modo diverso; questo ricorda la concezione di carisma di Weber e l’effervescenza collettiva di Durkheim. Esiste anche un’altra strada che conduce al mutamento, che comporta il confronto e l’intreccio di tradizioni diverse: il soggetto moderno è sottoposto a molteplici socializzazioni secondarie che permettono costruzioni della realtà sempre nuove. Garfinkel è il padre dell’etnometodologia, lo studio dei metodi con i quali i soggetti, situati in contesti culturali di volta in volta diversi, danno senso alla propria esperienza e cooperano alla costruzione dell’universo sociale in cui interagiscono. E’ dunque lo studio dei modi nei quali si organizza la conoscenza che i soggetti adoperano nel corso delle proprie attività. Schutz parla della sospensione del dubbio, ma se il dubbio è “sospeso” significa che da qualche parte esso esiste. Garfinkel cerca infatti di dimostrare come esso sia sempre in agguato e di analizzare in quali modi esso è di volta in volta concretamente nascosto. Per questo studioso le norme non esistono: è la ricorrenza di nostri accordi a generare l’apparenza di norme consolidate; anche quando esistono norme esplicite, la loro applicazione comporta sempre delle “istruzioni per l’uso” che variano a seconda dei diversi. Infatti, le regole, anche quando sembrano dichiarate senza alcuna possibile ambiguità, vanno sapute usare e ciò varia da contesto a contesto. Diciamo che però la realtà e le sue norme apparenti sono una costruzione che si riproduce costantemente, ma in modo precario. Il compito dell'etnometodologia è la descrizione dei modi in cui questa costruzione è riprodotta. Parliamo ora dell’interazionismo simbolico di Mead, un approccio teorico che si concentra sull’interazione e sul suo carattere simbolicamente mediato. Si tratta di un approccio simile a quello fenomenologico e etnometodologico, ma si concentra maggiormente sui processi di formazione dell’identità degli individui. L’identità è il prodotto di un processo autoriflessivo nel quale il soggetto si confronta con le definizioni di se stesso che trova presente nei discorsi degli altri, che interiorizza ed elabora. Le parole che usiamo quotidianamente danno forma alla nostra realtà e influenzano la percezione che abbiamo di noi stessi e del nostro comportamento. Mead introduce infatti la teoria dell’etichettamento, utilizzata soprattutto negli studi sulla devianza. L’idea chiave è che la devianza è data da un processo di interpretazione di determinati comportamenti: sono considerati devianti coloro che sono posti ai margini della società perché si ritiene che il loro comportamento offenda le regole basilari della vita in 31 comune sono considerati devianti coloro che sono posti ai margini della società perché si ritiene che loro comportamento offenda le regole basilari della vita in comune. Ex. drogati, vagabondi, ladri.. Si tratta dunque di un’interpretazione del comportamento più del comportamento in se stesso. il furto è di regola sanzionato, ma vi è chi a volte ha pensato che “rubare i ricchi per dare ai poveri” non sia da riprovare. Questo discorso ha almeno due implicazioni: - il processo di costruzione sociale della realtà va inteso come un processo di interpretazione della realtà stessa, che ha degli aspetti conflittuali che mettono in gioco il potere che i diversi soggetti hanno di imporre la propria interpretazione. In ogni società esistono istituzioni specifiche dotate del potere di attribuire etichette che trasformano concretamente la vita di un uomo. Ex. polizia, sistema giudiziario…Ma è anche una risorsa distribuita in gradi diversi ai membri della società. Ex. pettegolezzo - l’etichetta è anche una proiezione di un’aspettativa. Ex. chi è stato giudicato colpevole di un reato in passato, e sia stato dunque già etichettato come un “criminale”, sarà il primo ad essere sospettato quando si verificheranno nuovi reati. L’etichetta dà origine ad un sistema di aspettative nei suoi confronti: egli è e sarà per tutti colui che viene detto che sia. Essa viene interiorizzata e di conseguenza diventa veritiera: se vengo etichettato come criminale sono spinto a comportarmi di conseguenza. Goffman ha invece un approccio definito “drammaturgico”: il teatro è per lui una metafora che permette di capire come ciascuno di noi agisce nella vita quotidiana. Nel teatro esistono: - ribalta, dove l’attore recita la parte davanti al pubblico e cerca di suscitare determinate impressioni - retroscena, l’attore abbandona il personaggio che recita sul palco, parla con il regista, ecc. Lo stesso vale per le interazioni: l’individuo cerca di sostenere un ruolo, di suscitare negli altri un atteggiamento favorevole nei suoi confronti; ma esiste anche il retroscena, ovvero la sfera privata, i momenti di abbandono, quelli in cui dimentichiamo lo sforzo di presentarci in pubblico o prepariamo le nostre nuove performance. Quotidianamente produciamo un frame, siamo impegnati a incorniciare e reincorniciare le situazioni in cui siamo coinvolti, definendo “di che cosa si tratta” e ritagliando dunque, dai contesti in cui ci troviamo, gli elementi che intendiamo considerare come significativi. I messaggi attraverso cui ci intendiamo a proposito del frame delle situazioni sono dei metamessaggi: fanno parte della comunicazione non verbale e implicita che intendiamo affiancandoli a elementi del testo esplicito di ciò che comunichiamo. Il centro dell’attenzione di Goffman è l’interazione sociale, soprattutto quella faccia a faccia tra due o più persone. Le interazioni possiedono una logica propria che implica una certa ripetitività o addirittura elementi di ritualità. Ex. di rituale, i modi con cui ci salutiamo o quelli con cui apriamo una conversazione, si tratta di forme di azione standardizzate e diverse per ogni cultura Rilevante è anche la sua ricerca empirica sugli ospedali psichiatrici, individuando il manicomio come istituzione totale: chi è internato è segregato dal resto del mondo e la sua 32 convivenza e di lavoro. Parliamo di un tentativo collettivo di cambiare il mondo sociale e di costruire un nuovo senso di appartenenza globale. Importanti sono innanzitutto i movimenti delle donne che sanciscono l’inizio del neofemminismo con conseguenti successi nella sfera politica e modificazioni nella condizione materiale delle donne, nei loro diritti e nella percezione della propria identità, che hanno contribuito a trasformare i contesti in cui si sono trovate a vivere le generazioni successive. Iniziano così gli women studies, che hanno rivoluzionato la sociologia della famiglia, hanno promosso una viva attenzione per la quotidianità e hanno sviluppato metodi di indagine adatti a cogliere la soggettività delle persone. Uno dei metodi per disegnare un profilo della sociologia più recente è quello di indicare innanzitutto due poli estremi: 1) individualismo metodologico, le correnti che si ispirano a questo pensiero hanno almeno due versioni: - la prima si è diffusa soprattutto negli Stati Uniti, ovvero la teoria della scelta razionale. L’idea basilare è che la realtà sociale sia composta dall’aggregazione di azioni individuali, che si intrecciano tra loro con esiti spesso imprevedibili e che sono dipendenti da decisioni che i soggetti compiono per il conseguimento di certi fini. Si tratta quindi della massimizzazione di un’”utilità”, tramite un calcolo benefici-costi. Queste idee rimandano alle opere di Skinner secondo cui l’essere umano è mosso dalla ricerca del proprio utile e reagisce a ogni stimolo dell’ambiente in base alle ricompense che ottiene. Il comportamento confermato da ripetute ricompense tende a stabilizzarsi, mentre quello a cui non corrisponde un beneficio viene abbandonato. Questa teoria non tiene conto però dei fattori extrarazionali che influenzano l’individuo (ex. sentimenti) e soprattutto non spiega come i fini vengano scelti: la formazione delle preferenze non può essere spiegata come effetto di una scelta razionale, ma ha a che fare con risorse culturali, orientamenti etici ed estetici, idee sviluppate in base alla propria cerchia sociale, e ancora con l’autorappresentazione di sé. - la seconda versione può essere semplificata dalle posizioni di Boudon, in cui il presupposto della razionalità si riduce all’idea che ciascuno ha delle “buone ragioni” per fare quello che fa. Tali ragioni possono essere di tipi diversi: si può trattare effettivamente della massimizzazione di un’utilità/di conseguire un certo risultato, o ancora dell’adesione a una norma, di essere fedele ad un certo ideale, ecc. L’individualismo si riduce così semplicemente a una questione di metodo, non tenendo conto che spesso i risultati finali non corrispondono alle intenzioni degli attori coinvolti > effetti perversi, ovvero imprevisti o addirittura contrari alle intenzioni iniziali 2) approccio sistemico, il rappresentante più noto è Luhmann, la cui teoria può essere considerata un raffinamento della prospettiva di Parsons, in quanto riprende il concetto di sistema ma lo articola presentando tre nozioni: mondo, ambiente e sistema. Il “mondo” è l’insieme di tutto ciò che esiste, dei modi in cui può essere compreso e delle possibilità che offre all’azione; al suo interno, la costituzione di un “sistema” consiste nella selezione di alcune di queste possibilità che servono per costituire l’”ambiente” > meccanismo di riduzione della complessità del mondo 35 Esistono anche delle posizioni che si collocano più o meno a mezza strada fra i due poli citati, parliamo in particolare di: 1) Giddens. Egli presenta una teoria della strutturazione, la cui idea chiave è che le forme della vita sociale sono sia qualcosa che si impone agli individui come un dato, sia qualcosa che gli individui costruiscono agendo. Il punto di giunzione fra le strutture e l’azione sono le pratiche: forme di condotta parzialmente routinizzate attraverso cui gli individui riproducono costantemente gli assetti istituzionali in cui sono collocati. Questi assetti sono da un lato dei vincoli dell’azione, e dall’altro anche risorse grazie a cui si dispiega l’agire (dualità della struttura). Ex. un ponte o un muro, sono collocati in un certo posto sulla base di determinate caratteristiche/esigenze specifiche. Il muro protegge una proprietà, sostiene qualcosa, difende dalle intemperie, ma limita anche lo sguardo e impedisce il passaggio. Ciò per dire che le strutture possono assumere forme diverse, ma una volta che esistono diventano condizione dei gesti successivi: risorse che organizzano l’azione e l’interazione, ma anche vincoli. Gli esseri umani sono dotati di intelligenza e di capacità riflessiva, in contrasto con la visione di “falsa coscienza” o delle “funzioni” che i sistemi svolgono indipendentemente dalla coscienza che ne hanno i soggetti. Spesso però essi generano conseguenze inintenzionali, ciò dipende da molti fattori: il soggetto può non essere totalmente trasparente a se stesso (esiste l’inconscio e la possibilità di autoingannarsi), la conoscenza dei contesti in cui si agisce raramente è perfetta, e ancora le conseguenze delle azioni di ognuno si combinano con quelle degli altri. Importante è inoltre la sua idea di modernità radicale: alla fine del XX secolo, la modernità sembra entrare in una fase di radicalizzazione delle sue premesse, con la scoperta che la fiducia nella razionalità è per l’appunto fiducia, una credenza extra-razionale e quindi difficilmente si può pensare a un dominio esaustivo della ragione sulla natura e sulle vicende umane; una serie di conseguenze inintenzionali per di più rendono dubbia l’idea stessa di progresso, con la produzione di nuovi rischi definiti artificiali prodotti dagli stessi meccanismi che hanno fin qui garantito il progresso e che rendono la sopravvivenza della nostra specie non scontata. Si tratta di effetti dello sviluppo che non controlliamo e che non conosciamo nella loro portata. A tale incertezza rispondiamo quotidianamente proiettando fiducia nei confronti degli “esperti” che governano la nostra esistenza ma anche con un aumento della riflessività, la capacità dunque di ponderare le nostre scelte e di assumercene la responsabilità. 2) Bourdieu. Egli suggerisce l’esistenza di tipi diversi di capitale: - economico - culturale: si riferisce all’educazione familiare, all’istruzione e alle credenziali educative di cui un soggetto è in possesso - sociale: corrisponde alle relazioni di cui un soggetto dispone L’effettiva collocazione di una persona nella stratificazione sociale dipende dalla miscela di questi capitali. La nozione di capitale ha una dimensione simbolica, da collegare con l’idea di campo. Esso è caratterizzato da certe posizioni reciproche, certe pratiche, certe regole e certi rapporti di forza. Ci sono numerosi campi nella vita sociale, ognuno caratterizzato da una parziale autonomia e ciascuno di essi dà forma a un particolare tipo di capitale. 36 Si tratta di un’idea dalle molte conseguenze: - spinge a pensare in termine strettamente relazionali: le caratteristiche di ogni attore sociale, le sue strategie, le sue chances dipendono dal campo entro cui la sua azione si situa - si pone il problema del coordinamento fra i campi: il “campo dei campi” è costituito dallo Stato, che stabilisce le regole che devono valere in ogni altro campo - la scienza stessa è un campo fra gli altri, la comprensione delle sue caratteristiche è essenziale per un corretto lavoro scientifico Tornando al concetto di campo, va osservato che la permanenza entro determinati campi della vita sociale genera nei soggetti particolari tipi di habitus. L’habitus è un modo di porsi nei confronti del mondo, il versante sociale di quello che chiamiamo il “carattere” o la “personalità” di qualcuno, che rende prevedibile ciò che il soggetto farà, dal momento che corrisponde a una certa comprensione di come vede il mondo, però ciò non vuol dire che si possa essere sicuri esattamente di quel che farà. L’habitus è un atteggiamento che il soggetto sviluppa adeguandosi ai campi in cui è immerso: può mutare nel tempo e può dar luogo a comportamenti variabili, si lega infatti alla nozione di campo e a quella di pratica. La pratica è la manifestazione di ciò che Bourdieu chiama “senso pratico”. Si tratta di modi di fare a cui è legata una certa comprensione della realtà. Bourdieu svolge anche una serie di ricerche sui consumi (gusti musicali, preferenze alimentari, arredamento) dei diversi gruppi sociali all’interno della società. I risultati evidenziano una differenziazione del gusto sulla base dell’appartenenza dei soggetti a classi diverse e, all’interno della medesima classe, a ceti diversi. Le preferenze di gusto e le scelte di consumo in cui queste corrispondono non si limitano a “esprimere” certe posizioni sociali, ma contribuiscono ad articolarle e, a volte, anche a crearle. L’affermazione dei gusti risponde infatti a un’esigenza di distinzione, la creazione della propria identità distinta da quella degli altri. Il marketing e la pubblicità studiano proprio i potenziali consumatori ed enfatizzano il carattere simbolico dei prodotti, in modo tale che consumarli sia sulla soddisfazione di una sorta di sogno occhi aperti. Al “valore d’uso” e al “valore di scambio” si aggiunge anche un terzo valore: quello simbolico, che rappresenta uno status, una relazione, o il richiamo a un mito cui viene associato. Gli oggetti servono per mediare le proprie interazioni e per marcare tanto le proprie differenze quanto le proprie appartenenze. Orientamenti analoghi a Giddens e Bourdieu possono essere rivisti nei cosiddetti cultural studies. La cultura è intesa come qualcosa di indissolubilmente intrecciato con le pratiche degli attori sociali e si riproduce nella vita dei soggetti concreti, e da questi viene costantemente riformulata e innovata. La cultura è quindi il patrimonio di ogni gruppo sociale. Il Center for Contemporary Cultural Studies viene fondato nel 1964 a Birmingham, per studiare la cultura come il mondo in cui diamo forma alle nostre esperienze e alle nostre pratiche. Si privilegiano le tecniche di osservazione partecipante o il resoconto etnografico, e ci si concentra sul ruolo dei media nella vita quotidiana e sugli stili di consumo che ad essi sono associati. 37
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