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Riassunto de 'L'Italia che legge' di Giovanni Solimene, Sintesi del corso di Archivistica

Riassunto completo de 'L'Italia che legge' di Giovanni Solimene

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012
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Caricato il 19/12/2012

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Scarica Riassunto de 'L'Italia che legge' di Giovanni Solimene e più Sintesi del corso in PDF di Archivistica solo su Docsity! L’ITALIA CHE LEGGE 1. Libri e lettura Ogni anno vengono pubblicate in Italia circa 60.000 edizioni librarie, stampate in circa 250 milioni di copie, con una tiratura media inferiore alle 5.000 unità. Ciò risponde a un tentativo degli editori di stimolare la domanda immettendo sul mercato un numero maggiore di novità, riducendo però in questo modo il mercato potenziale di ciascun titolo. Quasi due terzi dei titoli pubblicati (62%) sono opere in prima edizione. Il genere più rappresentato è quello letterario, con un 15% formato da libri di narrativa moderna e contemporanea, mentre nel campo della saggistica le punte più elevate riguardano i settori delle opere religiose e giuridiche, che superano ognuna il 6%. Circa il 20% della produzione editoriale italiana è costituito da traduzioni da altre lingue (di cui la metà dall’inglese). Per dimensioni l’industria editoriale italiana si colloca al settimo-ottavo posto al mondo e al quarto- quinto in Europa. Modesto, anche se in leggera crescita, l’export di libri italiani: questo dato riflette la scarsa conoscenza della lingua italiana all’estero e la debole diffusione di libri italiani nelle librerie straniere. L’industria del libro è fortemente concentrata nelle regioni dell’Italia settentrionale, dove viene pubblicato oltre l’80% dei libri: circa il 55% nella sola Lombardia, dove operano oltre 500 editori. La produzione libraria lombarda copre tutti i settori dell’editoria e vede Milano al primo posto per la pubblicazione di testi scolastici e di libri per adulti e ragazzi. In cima alla graduatoria delle case editrici compare il Gruppo Mondadori (29%), seguito da altri tre gruppi editoriali lombardi: gruppo Rizzoli (13,6%), gruppo Longanesi (8,2%) e Feltrinelli (3,8%). Insieme all’unico grosso editore non milanese, Giunti, i primi quattro gruppi editoriali italiani coprono il 60% del mercato internazionale. I piccoli editori sono fortemente penalizzati sul versante finanziario e comunicativo, ma essenzialmente incontrano insormontabili difficoltà dal punto di vista della logistica, della promozione e della distribuzione, non riuscendo a raggiungere i canali di vendita. 1.1. Chi legge e chi no Un primo dato ci dice che tra gli italiani con un’età superiore ai 6 anni troviamo quasi 31 milioni di persone che non leggono e poco più di 25 milioni di persone che hanno letto almeno un libro nel corso dell’ultimo anno. Questo dato riguarda solo la lettura nel tempo libero e, se volessimo aggiungervi la lettura per motivi professionali o legati allo studio, arriveremmo a superare ma non di molto una quota pari alla metà della popolazione, e arriveremmo poco sotto al 63% se includessimo anche i libri scolastici. I lettori, a volte, si accostano alla lettura perché trainati da un bel film ispirato a un romanzo di successo, oppure perché attratti da un fenomeno mediatico o da un super best seller. Si rischia, però, di dimenticare il dato principale e confermato in modo duraturo, e cioè che la quota dei lettori si è mossa assai poco negli ultimi dieci o quindici anni. Eppure, nello stesso periodo il numero di italiani in possesso di una laurea o di un diploma è cresciuto molto. È assai più ampia la quota di lettori deboli e instabili, che da un anno all’altro può mutare atteggiamento, abbandonando la lettura e facendo oscillare il dato complessivo. La situazione di lieve crescita, invece, viene dopo un notevole incremento nei decenni precedenti, contrassegnati in modo deciso dalla crescita economica e dall’aumento della scolarità. Questi dati complessivi contengono, però, al loro interno, situazioni assai diverse. Gli indici di lettura sono molto differenti nei due sessi, nelle varie fasce d’età e nelle diverse aree geografiche (leggono di più le donne degli uomini, di più i ragazzi degli anziani, di più i residenti al Nord di quelli al Sud). La curva della lettura è decrescente in base all’età, ma si muove a ritmi molto differenti in base al genere: tra le femmine troviamo percentuali di circa il 70% per tutta l’adolescenza e coloro che non praticano la lettura cominciano a prevalere solo dopo i 60 anni, mentre fra i maschi il sorpasso per merito dei non lettori avviene molto prima, già verso i 15 anni. Fino al 1973 gli uomini leggevano più delle donne. Oggi, il dato delle femmine è più elevato rispetto ai maschi in tutte le fasce d’età. Le percentuali dei lettori abituali divengono costantemente più basse anche via via che si scende lungo la penisola: nelle regioni settentrionali il dato medio sfiora il 52%; al sud le quote sono sempre inferiori al 40% con l’eccezione della Sardegna, che si avvicina alla realtà percepita nell’Italia centrale, dove si registra un 46,9% di lettori. 1.2. Leggere poco, leggere tanto Molto diversificata anche l’intensità nella pratica della lettura. Dobbiamo distinguere fra almeno due gruppi: quello più numeroso, equivalente a quasi la metà dei 25 milioni di lettori, e che possiamo definire come “lettori deboli”, che leggono da uno a tre libri in un anno, e sul versante opposto quello dei “lettori forti”, che ne leggono almeno uno al mese, sono circa 4 milioni e da soli assorbono metà delle vendite, garantendo la continuità dell’industria editoriale. Le dimensioni del nostro mercato librario, quindi, non dipendono tanto dal numero di lettori, quanto dalla composizione di questo gruppo di lettori. La quota di lettori forti è più elevata tra le donne, mentre sono gli uomini ad avere il primato fra i lettori deboli. Quasi il 45% di questi sono lettori deboli, il 40% circa sono lettori medi e i lettori forti superano di poco il 15%. Differenti, e meno lusinghieri, i dati relativi alla lettura “per dovere”, che complessivamente tocca il 10% degli italiani, dove vediamo che i lettori forti sono di meno, mentre abbondano i lettori deboli, a testimonianza che il rapporto col libro diviene episodico quando non è sostenuto da una motivazione personale forte come la passione per la lettura. Anche i dati tra chi pratica la lettura per “piacere” sono sorprendenti: l’80,6% dei laureati legge nel tempo libero, a fronte del 28,4% di coloro che hanno la licenza elementare, compresi quindi gli studenti delle scuole medie. L’Istat ha individuato, da qualche anno, una terza categoria, formata da circa 7 milioni di italiani (10%), definiti lettori “inconsapevoli” o “morbidi”: si tratta di persone, spesso con basso livello di istruzione, che dichiarano di non essere lettori ma che, dalle risposte date a successive richieste dell’intervistatore, risultano aver letto alcuni tipi di libri. Tale categoria accomuna gli utilizzatori di guide turistiche e di libri di cucina, bricolage e hobbistica con i lettori di gialli, fantascienza, romanzi rosa e libri supereconomici, che invece andrebbero considerati lettori a tutti gli effetti. L’Istat include tra i lettori inconsapevoli anche quanti hanno scaricato contenuti editoriali in formato digitale da Internet e che non si autodefiniscono lettori: si tratta di un numero in forte crescita e che nel futuro rappresenterà una quota sempre più significativa. Interessante anche la distinzione che queste persone fanno tra la lettura veicolata dell’oggetto-libro e l’uso di altri strumenti come il computer che, anche quando viene utilizzato per studiare e per leggere, viene percepito come qualcosa di diverso. Al momento, questa accezione più ampia del concetto di “lettore”, comprendente quindi chi legge nel tempo libero, i lettori per motivi professionali e scolastici e anche i lettori inconsapevoli, farebbe salire a oltre il 60% della popolazione italiana dai 6 anni in su la percentuale di chi si accosta ai libri almeno una volta nel corso dell’anno. Nella cosiddetta “lettura allargata” dobbiamo includere anche quella di quotidiani e riviste, arrivando così a circa l’80% degli italiani. Nel 2009 il 56,2% degli italiani ha letto un quotidiano almeno una volta a settimana, e il 40% almeno cinque giorni a settimana. A differenza della lettura dei libri, quella dei giornali è un’attività praticata maggiormente dalle persone di sesso maschile (62,1%) rispetto a quelle di sesso femminile (50,6%). Anche la lettura dei giornali ha subito un fortissimo incremento nel ventennio 1965-1984, rallentando notevolmente nel periodo successivo e subendo una forte contrazione negli ultimi anni. La crisi complessiva del settore è accompagnata da un preoccupante calo dei ricavi pubblicitari, pari al 22,5%. Negli anni passati il fenomeno della free press ha provocato un calo del numero dei lettori della stampa a pagamento, con il conseguente aumento degli amanti delle testate gratuite (circa 6 milioni). Inutile dire che anche la free press ha risentito pesantemente del calo degli investimenti pubblicitari provocato dalla crisi economica. libero, su temi di attualità, su salute e animali; libri rosa; fantascienza, horror e fantasy; saggistica. I lettori “inconsapevoli” privilegiano i libri per la casa, poi i libri su hobby e tempo libero. Il genere poliziesco e le edizioni economiche, così come le guide turistiche, hanno essenzialmente un pubblico di laureati. In molti casi, il confine tra lettori deboli e lettori inconsapevoli è incerto e la differenza è prevalentemente di natura psicologica, essendo fondata solo sul modo in cui l’intervistato si autodefinisce. Curiosando ancora un po’ fra i dati, vediamo che il pubblico si distribuisce in modo diseguale tra i vari generi editoriali. I lettori di narrativa sono oltre 12 milioni e mezzo: il 58% sono donne e il 42% uomini. I dati fra i lettori dei due sessi sono quasi identici fino ai 10 anni e dopo i 75, mentre nella fascia compresa tra i 20 e i 24 anni, oltre il 60% delle ragazze dichiara di aver letto questo genere di libri, a fronte del 37% dei coetanei di sesso maschile. Il 65% dei laureati legge un romanzo, contro il 44% di coloro che sono in possesso della licenza elementare. Rispetto ai libri di autori italiani, il profilo dei lettori di narrativa straniera risulta in crescita, ma più selezionato: più concentrati nelle regioni dell’Italia settentrionale. Abbastanza stabile nel tempo il numero di coloro che si accostano ai testi italiani. I romanzi rosa hanno oltre 3 milioni di lettrici, con un grado di istruzione medio-basso e una maggiore diffusione nelle regioni meridionali. I dati non cambiano di molto col passaggio da una fascia d’età all’altra. L’interesse per le storie d’amore a lieto fine viene percepito come “piacere di leggere”. Per quanto riguarda i libri non scolastici per bambini e ragazzi, i dati, rilevati solo tra chi ha più di 6 anni, ci parlano di oltre 4 milioni di persone, con percentuali di 78% nella fascia d’età 6-10, che si dimezza nella fascia d’età successiva (11-14), scendendo al 36,5%. Costante lo scarto fra i due sessi, a vantaggio delle femmine. L’utilizzo di questa tipologia di libri si lega anche ai temi della genitorialità: più della metà dei bambini dai 3 ai 10 anni ha almeno un genitore che gli legge fiabe o storie per una o più volte a settimana. Le mamme si dedicano a questa attività in misura doppia di quanto non lo facciano i papà, ma molto meno rispetto alle mamme di altri paesi. Vi è stata nel recente passato una notevole crescita della produzione per ragazzi, con un arricchimento qualitativo e quantitativo, che ha provocato un incremento delle vendite. L’editoria italiana per ragazzi equivale però a meno della metà di quella spagnola e a un quinto di quella francese. Un particolare genere di libri per ragazzi e adolescenti è quello etichettato come horror e fantasy, che ha oltre 2 milioni e mezzo di lettori, concentrati fra gli 11 e i 19 anni, con un più elevato livello di apprezzamento fra i maschi rispetto alle femmine. Nella lettura dei fumetti non si rilevano apprezzabili differenze fra i due sessi, anzi si nota anche qui una certa prevalenza dei maschi. Il pubblico è formato da oltre 3 milioni e mezzo di lettori, alcuni dei quali arrivano all’età di 34 anni. Tra le preferenze dei giovani, ai primi posti, troviamo romanzi, gialli, thriller, horror e, in misura minore, la fantascienza: le ragazze leggono romanzi in misura quasi tripla rispetto ai loro coetanei di sesso maschile, e viceversa il genere horror è molto più amato dai maschi. Ai giovani si deve anche il forte successo che negli ultimi anni ha arriso ai libri umoristici, mentre l’interesse verso la saggistica è molto debole, con la sola prevedibile eccezione dei libri sulle problematiche giovanili e sui fenomeni sociali legati a questa determinata fascia d’età: l’interesse per queste opere è più forte nelle ragazze, in particolare fra 15 e 20 anni. Quasi il 12% degli italiani e il 27,2% dei lettori si interessano di “libri per la casa”, che includono sia letture tipicamente femminili (cucina, cucito, maglia), sia gusti in prevalenza maschili (bricolage). Questo pubblico è formato in gran parte da adulti compresi fra i 25 e i 70 anni, con una forte distanza tra donne e uomini nella fascia d’età 45-64. Assimilabile in qualche modo a questo genere di lettura è quello delle guide turistiche. Si tratta di un settore in forte crescita nell’ultimo decennio, sia per produzione che per vendite, spesso collegato ad altri generi affini. In questo caso, il livello di reddito e il titolo di studio incidono molto: le percentuali del nord-est e del nord-ovest sono quasi doppie rispetto a quelle del sud e delle isole. Contano meno le differenze di genere, anzi dopo i 35 anni le percentuali d’uso sono più elevate tra i maschi. Dei circa 9 milioni di italiani che consultano guide turistiche, solo i due terzi sono lettori. 1.5. Comprare libri Comprare un libro non vuol dire necessariamente leggerlo, o viceversa. Un’interessante indagine, condotta da Ipsos, evidenzia che il campione di intervistati era composto da un 60% di non lettori e non acquirenti di libri, da un 29% di lettori acquirenti, da un 9% di lettori non acquirenti e da un 2% di acquirenti non lettori. Il lettore è solitamente un lettore e un acquirente “multicanale”, nel senso che si serve di diverse fonti per rifornirsi dei libri da leggere. Il 18,4% ha detto di averlo già in casa, il 17,4% lo ha acquistato in libreria, il 16,3% lo ha ricevuto in regalo, il 12,7% se lo è fatto prestare da un amico o un parente, l’11,8% lo ha comprato in un centro commerciale, il 6,9% lo ha acquistato in abbinamento a un giornale, il 5,4% lo ha preso in prestito da una biblioteca, il 2,2% lo ha preso in edicola. Dal 2007 in poi l’e-commerce dei libri e di altri prodotti di intrattenimento è cresciuto al ritmo del 20% all’anno, ma siamo ancora a livelli pari a un decimo di quanto si vende nel Regno Unito o a un terzo rispetto alla Francia. Sarà utile anche notare che le modalità per leggere un libro senza acquistarlo coprono il 47,4% dei casi. Leggere un libro ricevuto in regalo è, ovviamente, la pratica più diffusa tra bambini e ragazzi che, però, come gli anziani, utilizzano molto anche le altre forme non onerose di acquisizione dei libri. L’acquisto in libreria o in edicola è invece un atto prevalentemente maschile; l’acquisto in libreria è molto più diffuso tra i laureati; al prestito da amici o in biblioteca ricorre in prevalenza chi ha pochi libri in casa. L’uso delle librerie è più frequente nelle grandi aree metropolitane e nei comuni con più di 50.000 abitanti. Tutte le forme non onerose per procurarsi libri sono maggiormente diffusi tra i lettori deboli, che acquistano in libreria solo il 12% dei libri letti. Tra i lettori forti e fortissimi l’acquisto, che avviene in una libreria (27%) molto più spesso che in un centro commerciale (10%), è la forma utilizzata per procurarsi più della metà dei libri. Sempre tra i lettori forti troviamo anche la più elevata frequenza d’uso del prestito bibliotecario. Si è molto discusso sul ruolo di un fenomeno di enorme successo negli anni scorsi: ci riferiamo ai cosiddetti “collaterali”, libri distribuiti in allegato a quotidiani e periodici, a prezzi molto bassi. Le tirature medie, nel 2002-2003, superavano il mezzo milione di copie a settimana: un’enormità, se si considera che in Italia un libro viene ritenuto un best seller quando raggiunge le 200.000 copie. Il prezzo e la capillare distribuzione nelle edicole furono i principali fattori di successo di quell’iniziativa. Il gruppo editoriale Espresso-Repubblica è stato quello che ha ottenuto i maggiori ricavi da questa iniziativa. Parallelamente al successo di questi volumi, in Italia il numero dei lettori è cresciuto di quasi 2 milioni. Considerando il numero di volumi venduti insieme ai quotidiani, se questi libri fossero andati tutti nelle mani di nuovi lettori la percentuale di lettori corrisponderebbe oggi a circa il 52% degli italiani. Poiché non è così, si può ipotizzare che essi siano stati in gran parte acquistati da chi era già lettore e già si procurava i libri attraverso altri canali. Un minimo di riequilibrio interno al bacino dei lettori si è però avuto: i lettori di questi libri, ad esempio, sono in maggior misura residenti nel Mezzogiorno. Come per le vendite abbinate ai quotidiani, anche in altri casi si è puntato molto su una politica di prezzi bassi, attraverso la pubblicazione di collane supereconomiche. I lettori di queste edizioni sono oltre 8 milioni e mezzo, ma i dati ci dicono che il prezzo ridotto attrae maggiormente chi ha già un rapporto stabile con la lettura. La scelta del luogo in cui acquistare testimonia a volte anche gli stili di vita, le motivazioni e le preferenze del pubblico. Non a caso, sono proprio i lettori deboli a rivolgersi alla grande distribuzione. Chi compra libri si rivolge prevalentemente alle circa 2.000 librerie presenti sul territorio, e in misura molto minore alla grande distribuzione e alle librerie online. Le interviste effettuate tra i lettori confermano che la libreria rimane il canale maggiormente utilizzato per procurarsi i libri da leggere. Anche in questo caso emergono forti squilibri territoriali: il più elevato numero di lettori che utilizza questo canale è riscontrabile tra i residenti del Lazio, in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Toscana, mentre agli ultimi posti troviamo la Puglia, il Molise e la Sardegna. I clienti delle librerie sono persone colte, hanno condizioni socioeconomiche e tipi di occupazione medio-alta. Un po’ diverso il pubblico dei centri commerciali e della grande distribuzione: qui prevale un pubblico femminile e giovanile, e anche per questo il numero di clienti con la licenza media e superiore è più elevato di quello dei laureati. Aumentano le librerie di catena, quasi sempre legate ai grossi gruppi editoriali e della distribuzione libraria, che traggono vantaggio dalle logiche di network e franchising. Nell’arco dell’ultimo biennio i punti vendita che compongono le catene di librerie si sono triplicati, a discapito delle librerie a gestione familiare. Vengono sperimentati nuovi format di libreria, che sempre più spesso assumono l’aspetto di un megastore e affiancano la vendita di libri a quella di oggetti tecnologici e multimediali. Anche per le librerie si pone un problema di dimensioni, che hanno un’immediata ricaduta sulle vendite: le novità vengono “bruciate” nel giro di pochi mesi e diviene spesso impossibile reperire un volume edito solo qualche anno prima, a meno che non sia un best o un long seller. È ovvio che le librerie puntino sulle novità editoriali che, se esposte adeguatamente, possono stimolare gli acquirenti. Le vendite attraverso la grande distribuzione hanno subito invece una battuta d’arresto, mentre è in forte crescita l’interessante fenomeno delle stazioni ferroviarie: la libreria della stazione Termini di Roma è al primo posto nella classifica nazionale per vendite e fatturato. Le librerie online fanno registrare trend di crescita notevoli, per numero, per servizi offerti e per libri venduti. In crescita, sia pur lieve, anche la vendita dei libri in edicola, proseguita anche dopo che si è drasticamente ridotto il fenomeno dei “collaterali”. Le classifiche dei libri più venduti, a volte non del tutto attendibili a livello generale, sono facilmente accessibili e sono sicuramente utili per conoscere le preferenze dei lettori più motivati. 1.6. Andare in biblioteca Con il 5,4% la biblioteca figurava nel 2006 al settimo posto nella graduatoria dei diversi canali di acquisizione del libro. Il calo che si è registrato è il risultato di una forte e preoccupante contrazione verificatasi nel pubblico giovanile. Per cui l’ipotesi secondo cui il futuro delle biblioteche siano gli anziani è più plausibile, se teniamo conto non solo del fatto che essi saranno sempre più numerosi e disporranno di molto tempo libero, ma che negli anziani di oggi e di domani il livello di istruzione è più elevato che nelle generazioni precedenti. Per quanto riguarda l’uso delle biblioteche, vi è un’evidente correlazione fra la distribuzione territoriale di queste strutture e l’uso che ne fanno i lettori, abituali e no. In una regione densamente popolata come la Puglia, troviamo solo 676 biblioteche, una ogni 6.233 cittadini, mentre in una realtà territoriale di dimensioni simili, come l’Emilia-Romagna, le biblioteche sono 1.396, una ogni 3.154 abitanti. Questi confronti intendono fotografare una realtà in cui sono manifestamente diseguali le opportunità che ciascun cittadino ha di incontrare nel corso della propria vita l’offerta di un servizio bibliotecario, e non deve sorprendere se ciò si traduce in un minor utilizzo delle biblioteche e, più in generale, in tassi di lettura molto più bassi. Se volessimo tener conto della consistenza delle raccolte, emergerebbe un divario ancora maggiore tra nord e sud. Quasi la metà delle biblioteche italiane e gran parte di quelle meridionali possiede meno di 5.000 volumi. Una biblioteca incapace di rappresentare con la propria offerta libraria la ricchezza e l’articolazione della produzione editoriale non è in grado di esercitare alcun appeal sul pubblico dei suoi utenti potenziali. Non deve sorprendere, quindi, se metà delle biblioteche italiane effettua meno di 100 prestiti al mese. Il divario tra nord e sud è aumentato dopo il 1972, da quando cioè le competenze in materia di biblioteche pubbliche di base sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario. Un ulteriore allargamento della forbice si è prodotto in questi ultimi anni di tagli alla spesa pubblica, dove le amministrazioni meno motivate hanno falcidiato i bilanci delle biblioteche in misura molto maggiore di quanto non sia avvenuto in quei territori dove il servizio bibliotecario è più radicato. Ma le biblioteche di base non sono le sole a soffrire per questa penuria di risorse. Nell’arco dell’ultimo quinquennio il budget delle 46 biblioteche statali dipendenti dal Ministero per Beni e le I lettori sono per lo più concentrati nelle regioni settentrionali e centrali e nei grandi centri urbani; le percentuali più alte di lettori le troviamo nelle fasce più giovani, sotto i 34 anni, ma le quote maggiori di lettori si riscontrano tra le persone di 65-74 anni; si tratta di individui con una disponibilità di risorse economiche e culturali piuttosto ampia; essi si caratterizzano per una certa attrazione per l’innovazione e presentano una buona propensione alla leadership e al successo; i loro obiettivi nella vita sono innanzitutto il miglioramento culturale e professionale, ma desiderano anche divertirsi; chi legge, guarda la televisione meno della media, se è giovane; è nella media, nel caso degli adulti; il possesso e l’uso degli apparati tecnologici è superiore alla media, ma non tra i più anziani. I lettori forti sono concentrati al nord e nei grandi centri urbani; la componente femminile è sopra la media; sono distribuiti su diverse fasce d’età e si concentrano in particolare fra i 55 e i 74 anni. Nei giovani fino a 24 anni troviamo la più alta propensione alla lettura ma anche tanti lettori deboli, mentre con l’età adulta la propensione alla lettura si abbassa ma cresce il numero di libri letti da chi si dichiara lettore. I lettori medi, invece, si collocano nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 54 anni. Il livello di reddito e lo status sociale dei lettori forti sono elevati. Più attivi politicamente, si preoccupano maggiormente dell’efficienza dei servizi. Sono molto soddisfatti della propria vita, in numerosi ambiti e presentano una buona sensibilità per i temi dell’ambiente. I lettori forti acquistano il doppio di libri rispetto al totale, di tutti i generi e attraverso tutti i canali; leggono poco i quotidiani sportivi, mentre per i quotidiani d’informazione, finanziari e gratuiti, essi sono in linea o leggermente al di sopra della media; per l’ascolto di tv e radio, i lettori forti sono in linea col totale dei lettori; rispetto alla media, c’è una maggiore propensione per La7; il cinema, invece, è frequentato più assiduamente rispetto alla media; l’utilizzo del personal computer è più accentuato, mentre l’utilizzo di console per videogiochi risulta sotto la media. I lettori medi si concentrano maggiormente nelle fasce d’età adulte e meno in quella dei giovanissimi. Hanno reddito e status elevatissimi; interessi e stili di vita ancora più innovativi dei lettori forti. Nei loro ideali la famiglia occupa un posto di rilievo. I lettori deboli, in gran parte giovani e giovanissimi, sono quelli che a volte abbandonano la lettura nei periodi di recessione o in assenza di forti stimoli; hanno una maggiore propensione al divertimento; tra di loro vi è meno interesse per la partecipazione politica, mentre tendenzialmente più sentita è la preoccupazione per la lotta al crimine; hanno interessi meno pronunciati per uno specifico genere letterario; in loro la lettura dei quotidiani d’informazione e finanziari è più contenuta, mentre è più elevata quella dei quotidiani sportivi; l’ascolto elevato della televisione è in media, mentre è meno intensa la frequenza del cinema; la partecipazione ai diversi eventi culturali è sopra la media; l’uso di Internet e la frequenza di collegamento sono sopra la media; il possesso e l’utilizzo personale di console per videogiochi è più accentuato. Possiamo dunque dire che all’interno dei confini nazionali la lettura sembrerebbe essere, anche se con qualche contraddizione, un consumo tipico della “società del benessere”, intendendo con questa espressione non solo i livelli di reddito, bensì le condizioni socioeconomiche complessive. Non è così in altri paesi, dove la lettura è molto diffusa anche in strati della popolazione socialmente ed economicamente più svantaggiati. C’è una correlazione tra il livello di benessere e gli indici di lettura. Le due cose vanno di pari passo perché il senso critico e gli stimoli che la lettura offre sono di aiuto per il miglioramento della convivenza civile. 2.2. Le motivazioni Tra le motivazioni che spingono i lettori a leggere un libro, troviamo al primo posto, col 69% delle preferenze, l’interesse per il genere e per l’argomento trattato. Solo a notevole distanza, con il 41% delle risposte, troviamo la fedeltà nei confronti di un autore. Questo fenomeno si ripete per tutte le fasce d’età e per tutti i generi, ma in alcuni casi incide in misura ancora maggiore che sulla media delle scelte. Su questo fenomeno, inoltre, incidono in modo evidente alcune strategie di politica editoriale, che tendono a puntare su autori “seriali” di best seller, o su nomi e personaggi televisivi e del mondo dello spettacolo o dello sport. Seguono altri fattori di scelta, come il passaparola fra amici e conoscenti, la lettura di recensioni sui giornali o in siti web, la visione/ascolto di programmi radiotelevisivi, la visione di un film ispirato a quel determinato libro. Non risultano determinanti attività di promozione e marketing, come la vendita a prezzo scontato (11%), l’esposizione nel punto vendita (10%), la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie (8%), le schede di presentazione presenti sui siti degli editori (2%). Molto basse le percentuali di risposta relative all’aver sentito parlare di un libro in fiere e festival (8%) o sui blog (2%), a conferma che si tratta di luoghi fisici e virtuali frequentati da una nicchia di pubblico. La presenza di un libro nelle classifiche dei più venduti viene indicata tra le principali motivazioni con una percentuale del 7%. Per quanto siano in aumento le motivazioni riconducibili al ruolo che la rete e i social network ricoprono nella promozione dei contenuti culturali, è interessante rilevare che le fonti online vengono indicate con una percentuale del 12% rispetto alla vendita di cd musicali, con una percentuale dell’11% per la vendita dei dvd cinematografici e con un più basso 8% per la vendita dei libri. Invece, tra i giovani contattati durante un’inchiesta sul rapporto tra lettura e multimedialità è emerso che la principale fonte da cui i giovani ricavano l’informazione sull’esistenza del libro che poi leggeranno è Internet. 2.3. E i non lettori? Sono oltre 20 milioni gli italiani che non hanno alcun rapporto con i libri, e più di 11 milioni le persone che non leggono niente di niente, neppure un giornale o un rotocalco. I non lettori “assoluti” sono soprattutto uomini e adulti. Molto forte è l’effetto che il titolo di studio posseduto riveste sui livelli di lettura. Parimenti, pesano molto anche le differenze territoriali: impressionante il dato che si ricava tra le persone di sesso maschile residenti nelle regioni meridionali, di cui il 51,4% non ha avuto nessun tipo di rapporto col libro. Oltre la metà dei residenti in Sicilia dichiara di non aver letto, né nel tempo libero, né per motivi professionali o scolastici, né di aver avuto tra le mani alcun altro genere di libri. Viceversa, le più basse percentuali di non lettori le troviamo in Trentino-Alto Adige. L’analisi delle motivazioni evidenzia varie forme di disinteresse: noia, mancanza di tempo e preferenza di altri svaghi o di altre forme di comunicazione. Va detto che le motivazioni riconducibili al disinteresse prevalgono nei giovani, mentre a parlare di mancanza di tempo sono essenzialmente le persone in età lavorativa. Solo lo 0,7% dei non lettori indica l’assenza di biblioteche come causa delle proprie scelte, e lo 0,8% fa riferimento alla mancanza di librerie e di edicole vicino casa. Un altro elemento oggettivo possiamo rintracciarlo nelle risposte di chi ha detto di non leggere per motivi di vista o di salute legati all’età anziana (14,5%). Tra gli anziani, troviamo anche le persone con un più basso livello di istruzione; la percentuale di lettori anziani è di poco superiore al 20%. Attualmente, questo dato è condizionato dal tasso di scolarizzazione degli over 65 e che si andrà riassorbendo a mano a mano che invecchieranno le generazioni più istruite, ma va considerando che difficilmente l’abitudine alla lettura si acquisisce in età avanzata, per cui è arduo prevedere che gli adulti di oggi leggeranno in età avanzata, se non sono stati lettori abituali nei decenni precedenti. Legato a queste considerazioni è anche il fatto che un 4,2% dice di non leggere perché i libri sono scritti in modo difficile: evidentemente, la perdita dell’abitudine a leggere causa molteplici difficoltà fino a provocare un vero e proprio analfabetismo di ritorno. Un 8,3% afferma addirittura di non saper leggere o di leggere male. Da un’interessante ricerca Ipsos, che ha cercato di indagare sul valore che attualmente viene attribuito a un libro, si evince che leggere è un modo per sottrarre tempo ad altre attività più importanti (33%) o più divertenti (16%), oppure viene considerato uno spreco di tempo (12%). Nel 20% delle risposte compare la motivazione che la lettura è pesante e ricorda i tempi in cui si andava a scuola; seguono la lettura faticosa per motivi di vista (21%), la difficoltà (14%) e la noia (15%). Il 34% degli italiani dichiara di poter senza problemi fare a meno di leggere libri e il 15% circa di poter non leggere i quotidiani o seguire i telegiornali. Mentre i comportamenti degli adulti in questo campo appaiono piuttosto stabili, molto forti sono le oscillazioni tra i giovani. Accanto ai non lettori, possiamo esaminare il fenomeno dei lettori deboli, che sono soprattutto maschi (48,1%), molto giovani o molto anziani, con un’istruzione e un’occupazione di livello inferiore, residenti in prevalenza nelle regioni meridionali. Si direbbe che la lettura viene comunemente associata a valori positivi. Ma questo atteggiamento, anche se tiepidamente favorevole, non si traduce in atti conseguenti e non si spinge fino al punto di accostarsi al libro. 2.4. Fattori che influenzano i comportamenti di lettura I comportamenti di lettura sono fortemente condizionati da numerosi fattori di natura ambientale, culturale e sociale. Non è semplice, però, identificare le interazioni tra questi diversi fattori senza rischiare di cadere in un piatto determinismo. Più facile, forse, individuare le cause della non lettura. I due fattori che influenzano maggiormente la lettura sono il grado di istruzione e il livello socio- economico, non tanto perché l’acquisto di libri sia particolarmente oneroso, ma perché, non essendo il libro un bene di prima necessità, ad esso ci si accosta solo dopo che sono state soddisfatte altre esigenze. In molti casi, la disponibilità di reddito ha origine anche da una condizione professionale gratificante e da un elevato livello d’istruzione. Gli esperti ritengono che l’aumento della quota di lettori che si è avuta negli ultimi quindici anni sia in gran parte legata all’incremento del numero di italiani che hanno conseguito un diploma di scuola superiore o una laurea. Deve preoccupare, però, il fatto che l’aumento dei lettori sia più lento e più debole dell’incremento del numero dei laureati e diplomati. Un aumento del livello medio d’istruzione ha senz’altro un impatto sulla diffusione della lettura, ma evidentemente non basta. Altrimenti non si spiegherebbe lo scollamento che in Italia continua a manifestarsi tra l’aumento della scolarizzazione e i livelli di lettura nel tempo libero. A ogni modo, il possesso di un titolo di studio influisce fortemente sulla lettura nel tempo libero: i laureati leggono più del doppio di chi possiede solo la licenza media. Mentre i laureati risultano un po’ sbilanciati verso il profilo del lettore forte, più equilibrata sembra l’intensità di lettura dei diplomati, di cui però il 40% non legge affatto. Il gap dell’Italia rispetto ad altri paesi si spiega anche col fatto che da noi solo il 51,3% delle persone di 25-64 anni è in possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Un altro dato su cui meditare riguarda la variazione della quota di lettori a seconda del titolo di studio nel decennio che va dalla metà degli anni Novanta alla metà della prima decade del nuovo secolo: gli incrementi più forti si registrano nella popolazione con studi medio-bassi e non fra i laureati. Si direbbe che questo dato conferma che al termine degli studi si manifesta una certa disaffezione nei confronti della lettura. Ma anche le caratteristiche e le dimensioni del luogo di residenza incidono non poco: rispetto alla media, nei grossi centri abitati è più elevata la quota dei lettori e, fra questi, i lettori forti. Viceversa, nei comuni di dimensioni minori il rapporto col libro e più rarefatto e di conseguenza si riduce l’intensità di lettura. Un altro influente elemento di contesto è l’ambiente in cui ci si forma. Il titolo di studio e i comportamenti di lettura dei genitori contribuiscono a determinare, fin dai primi anni di vita, la probabilità che un bambino diventa lettore: tra i ragazzi di 11-14 anni legge solo il 42,3% dei figli di non lettori, rispetto all’82,5% dei figli di lettori abituali. Da queste abitudini familiari dipende anche l’esistenza di libri in casa: in oltre la metà delle case dei laureati sono presenti più di 500 libri. A questi condizionamenti casalinghi si affiancano poi quelli dovuti agli altri ambienti in cui i ragazzi vivono. Anche il tipo di istituto superiore frequentato ha un’incidenza sull’atteggiamento che i giovani matureranno nei confronti della lettura. La scelta della scuola è in parte dettata dalle condizioni sociali ed economiche della famiglia di appartenenza e anche questa considerazione aiuta a comprendere i motivi per i quali gli studenti del liceo classico, in confronto degli studenti degli istituti tecnici, leggono il triplo. 2.5. Rapporto con gli altri consumi culturali presentano differenti coefficienti di difficoltà, a seconda delle condizioni economiche, sociali, culturali, territoriali, e così via. Ma è possibile anche ridiventare lettori. Dopo i 14 anni, l’interesse per la lettura si affievolisce fino a ridursi a livelli molto bassi. Questa situazione potrà modificarsi con gradualità in modo naturale, a mano a mano che invecchieranno le generazioni più acculturate. Ma bisogna agire anche in maniera più incisiva nel settore dell’educazione permanente e dell’aggiornamento delle competenze professionali. La vera sfida delle attività di promozione consiste nel dare ai giovani adulti e a chi è pienamente adulto valide ragioni per riavvicinarsi al libro e alla cultura scritta. 3.2. Ai miei tempi si leggeva di più Inaspettatamente, i dati ci dicono che i figli leggono più dei genitori: sia pure lentamente, il numero di persone che leggono e di libri letti cresce costantemente, così come ogni generazione legge di più di quella che l’ha preceduta, anche a causa dell’aumento della scolarizzazione. Quello giovanile è un pubblico che non tradisce, qualunque sia la proposta che si rivolge a questo segmento della popolazione: i ragazzi fanno di tutto e spesso fanno molte cose contemporaneamente, consumano voracemente libri, spettacoli, musica, tecnologie e altre proposte di consumi culturali. Solo per i concerti di musica classica gli spettatori giovani sono al di sotto della media della popolazione. Leggermente inferiore alla media anche l’ascolto della radio. Non sempre la lettura viene praticata in alternativa ad altre attività: oltre la metà ascolta musica mentre legge; molti ragazzi, inoltre, tengono il computer acceso costantemente, qualunque siano le altre attività che stanno svolgendo. Possiamo parlare di una “generazione multitasking”. Al di là dei luoghi comuni sui consumi culturali delle nuove generazioni, possiamo rilevare che i giovani leggono più degli adulti e che la quota dei lettori fra i ragazzi è oggi più elevata di quanto non lo fosse quindici anni fa, quando ancora non si era verificata una massiccia diffusione di Internet, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici. Fino ai 13 anni i ragazzi subiscono il traino della serialità e si orientano spesso su libri che vedono come protagonista lo stesso personaggio, che hanno la stessa ambientazione, organizzati in serie o collane. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, le dimensioni del libro non costituiscono un criterio di scelta: tuttavia, dopo i 14 anni, i maschi tendono a privilegiare per lo più letture leggere, come il genere comico; sempre tra i ragazzi si riscontra anche un certo “disordine” nelle abitudini di lettura. Nelle giovani generazioni, che mostrano la più elevata propensione a leggere almeno un libro all’anno, si annidano tanti lettori deboli, che leggono pochi libri. Abbiamo anche fra i ragazzi e gli adolescenti alcuni lettori a intermittenza (il caso dei libri di Harry Potter è significativo). Gli squilibri territoriali trovano conferma anche tra i giovani lettori, sia per quantità che per intensità: infatti, essi sono molto più numerosi nel centro-nord, dove superano il 60%, che al sud, dove sono meno del 45% e dove leggono molto meno libri in un anno. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad alcuni cambiamenti, che un po’ semplicisticamente vengono etichettati come un “effetto sostituzione” di Internet rispetto al libro. Nei primi anni del nuovo millennio, tra i giovani, l’uso del personal computer è passato da percentuali intorno al 50% a percentuali che superano i tre quarti del totale, ed è contemporaneamente cresciuta anche la lettura nel tempo libero, passando al 56,6%. Va detto che è diminuito in misura notevole il numero di giovani che legge soltanto, mentre è aumentata la quota di chi svolge entrambe le attività; una parte di giovani che non facevano nulla sono poi diventati utilizzatori esclusivi del pc. Quindi, bisognerebbe parlare di un effetto aggiuntivo, e si può dire che abbiamo di fronte un gruppo di ragazzi curiosi e interessati a molte forme di comunicazione, con una “dieta mediatica” ricca e assortita, e un altro gruppo di ragazzi più svogliati, dediti alla “monocultura” del computer. Uno studio condotto in Gran Bretagna nel 2008 ha posto in evidenza come le strategie di ricerca al computer dei ragazzini e degli studenti universitari siano praticamente identiche e sempre molto elementari: la comodità del copia e incolla spegne qualsiasi curiosità e impigrisce i giovani. Ma questo rischio non riguarda soltanto i più giovani: a volte perfino i ricercatori, malgrado gli atenei mettano a loro disposizione costosissime banche dati, si appiattiscono su questi stessi comportamenti, rinunciando in partenza alle sofisticate opportunità di reperimento dell’informazione di cui potrebbero usufruire. Ormai, le esigenze di rapidità e la volontà di utilizzare solo strumenti di facile impiego riducono la disponibilità a sacrificare tempo ed energie per effettuare una ricerca un po’ più approfondita. Ma il pericolo è ancora maggiore e contiene sfumature non sempre percepibili con immediatezza. 3.3. Internet sta soppiantando la carta stampata Quando sulla scena dei mezzi di comunicazione compare un nuovo attore, si assiste spesso al rischio che l’ultimo arrivato si sostituisca ai suoi predecessori. Trascorso un po’ di tempo dalla fragorosa entrata in campo del nuovo mezzo, si crea un nuovo assetto in cui i vari media si affiancano e imparano a convivere. Ciò vale anche all’interno delle tecnologie digitali, dove certe innovazioni in apparenza dirompenti si rivelano poi sopravvalutate. Si è poi visto che la multimedialità è una plurimedialità, per cui si continuano a usare dispositivi differenti, tutti basati su microprocessori, per trattare le diverse tipologie di documenti e oggetti digitali. L’errore che a volte si commette è di considerare Internet un oggetto o uno strumento di competizione con altri. Internet, al contrario, è un ambiente, un insieme di strumenti, uno spazio digitale e di comunicazione che mette a disposizione varie opportunità. Internet non è altro che la componente digitale della vita, dell’economia, della società, della cultura. La progressiva e massiva diffusione di Internet nelle case degli italiani a partire dai primi anni Duemila ha prodotto un inevitabile calo nell’uso della radio e della televisione, nella lettura dei giornali e della carta stampata nelle sue varie forme, ma ha anche fatto accostare al mondo dell’informazione, della comunicazione e della cultura in genere una quantità di persone che prima ne erano lontane. L’uso del computer si può considerare come un indicatore di vivacità intellettuale: infatti, il tasso di lettura più elevato nelle persone comprese fra i 6 e i 24 anni si registra proprio tra coloro che usano il pc e hanno una moderata “esposizione” alla tv. Le persone realmente svantaggiate e a rischio di emarginazione sono, invece, quelle che non usano il computer e Internet, tra le quali il livello di lettura è pari alla metà di quello registrato fra gli utilizzatori dei mezzi informatici. Altre volte, invece, si possono stabilire utili sinergie: tra i giovani, Internet viene indicata nel 40% dei casi come la principale fonte da cui si è appreso dell’esistenza dell’ultimo libro letto. Un altro fenomeno interessante è il grosso successo di alcuni blog in cui si discute di libri e letteratura. In media il 17,7% degli italiani usa quotidianamente Internet per motivi legati allo studio: tra i laureati la quota è del 46,5% e tra i diplomati del 32,5%. Con la diffusione delle connessioni a Internet in oltre la metà delle abitazioni, ormai l’uso domestico delle fonti online ha surclassato quello dai luoghi di studio e di lavoro. Il numero di ragazzi compreso fra 14 e 24 anni che si collega a Internet da casa è pari a quasi il doppio di chi lo fa da scuola o dalle università. Tuttavia, gli studenti delle superiori, malgrado facciano ampio uso dei motori di ricerca e dei materiali scaricati dalla rete, continuano a ritenere il libro di testo la fonte di riferimento principale per prepararsi a sostenere un’interrogazione. In certi ambiti il trasferimento del libro tipografico a quello elettronico è avvenuto abbastanza presto. I generi editoriali che per primi sono emigrati verso l’elettronico sono stati i libri da consultare e non da leggere, come le enciclopedie, le bibliografie, i dizionari e altre opere a testo discontinuo, non lineare. Ciò è avvenuto perché era più facile e meno costoso aggiornare periodicamente questi strumenti. Prodotti più sofisticati e pienamente multimediali hanno poi cominciato ad adottare l’ipertestualità e l’interattività, combinando insieme testi scritti, suoni, immagini in movimento. Con la diffusione della rete e l’espansione del pubblico dei navigatori, la quasi totalità di questi prodotti editoriali offline si è trasferita su Internet, ma le loro caratteristiche sono rimaste di fatto immutate, dal punto di vista concettuale. Attualmente è in crescita, ma non tumultuosa, il mercato di prodotti editoriali su cd-rom e dvd, mentre tra il 2003 e il 2008 si è pressoché raddoppiato il fatturato dell’editoria elettronica nel settore di banche dati e servizi Internet. 3.4. Gli e-book sostituiranno i libri Malgrado si possa dire che l’e-book stia cominciando a diffondersi solo ora, questa nuova forma di libro ha già una storia abbastanza lunga. Anche se il termine e-book viene utilizzato a volte per connotare la versione digitale del testo di un libro e altre volte per connotare il dispositivo utilizzato per visualizzare e leggere questi testi, questa espressione sembra appropriata solo per riferirsi all’insieme delle due cose, cioè a un oggetto di dimensioni, peso e portabilità paragonabili a un libro a stampa, ma che abbia al posto delle pagine uno schermo su cui leggere un testo organizzato in forma di libro e con l’aspetto di un testo a stampa. La scarsa diffusione che questa tecnologia ha avuto è dovuta principalmente al costo elevato, alla scarsa usabilità dei dispositivi di lettura e all’estrema ristrettezza dell’offerta editoriale. Spendere centinaia o migliaia di dollari per acquistare un hardware dedicato, che faceva molte meno cose di un banale computer portatile, non era conveniente. Gli scettici sostengono, non del tutto a torto, che in realtà il mancato (o ritardato) successo dell’e-book dipenda invece dal fatto che la tecnologia del libro cartaceo è difficilmente imitabile dal punto di vista esperienziale e ancor più difficilmente superabile dal punto di vista ergonomico. Negli ultimi tempi ci sono state però trasformazioni di grande rilevanza. La svolta è dovuta in primo luogo alla tecnologia dell’e-paper e dell’e-ink: carta e inchiostro elettronico che hanno rivoluzionato gli schermi e che consentono una lunghissima durata delle batterie. A ciò vanno aggiunte alcune caratteristiche che questi strumenti hanno imitato da “alcuni cugini”, come i tablet pc, i palmari e gli stessi notebook. Oggetti come l’iPad della Apple sono ricchi di funzioni e semplici da usare. Nel mercato statunitense già dal 2008 il numero dei libri offerti on demand ha sorpassato quello dei libri in print. Spariranno i costi di magazzino e quelli della gestione fisica dei volumi, e anche quelli delle copie invendute da mandare al macero, per cui si prevede che potranno essere venduti a un prezzo pari alla metà di quelli dell’equivalente edizione cartacea. Qualcosa comincia a muoversi anche sul mercato italiano e centinaia di editori cominciano a vendere gli e-book dai loro siti. Per il momento, essi utilizzano nel 60% dei casi il formato pdf di Adobe. Nulla di paragonabile al mercato americano, dove le vendite sono passate da un milione e mezzo di dollari del 2002 ai 91 milioni di dollari del 2010. Come già è prevedibile da qualche anno, il mercato diventerà assai più dinamico a mano a mano che si moltiplicheranno i dispositivi in commercio e i formati saranno meno vincolanti. Tuttavia, per funzioni e per target, è probabile che l’e-book per molto tempo avrà un suo mercato parallelo e solo in parte concorrente a quello del libro cartaceo. I suoi primi e più forti utilizzatori saranno con ogni probabilità di due tipi: una quota di lettori forti, che vorranno sperimentare anche questa nuova modalità di lettura, e gli appassionati di elettronica, incuriositi da un nuovo gadget. L’utilizzo prevalente sarà nell’ambito dello studio e della lettura “funzionale”. Potrà accadere che i possessori di questi dispositivi di lettura ne estendano l’uso anche ad altre forme di lettura, come quella dei quotidiani e delle riviste. Il libro elettronico sarà sempre più interattivo e multimediale, integrando il testo scritto con suoni, immagini e animazioni. Per il pubblico adulto e per i lettori abituali la lettura è legata anche a una serie di circostanze di contorno per le quali si può immaginare che la pratica della lettura resterà collegata al libro. Altra cosa, invece, è ciò che potrà accadere in chi è oggi bambino e nelle generazioni future, che cresceranno in un mondo in cui forse l’e-book sarà una realtà consolidata. Cambierà forse il concetto stesso di collezione libraria e di biblioteca, che non sarà più la biblioteca pubblica e neppure quella domestica, ma sarà personale, riferita a un singolo individuo. Possiamo immaginare che i vecchi libri di carta saranno destinati forse a essere ignorati da queste nuove generazioni, anche se continueranno a esistere. A causa del calo della domanda, forse se ne produrranno di meno, e solo per un’élite di appassionati. per quest’ultima, l’acquisto riguarda essenzialmente le novità librarie, mentre molti cittadini si rivolgono alle biblioteche per la consultazione o il prestito di titoli esauriti, fuori commercio o di difficile reperimento. Più in generale, bisognerebbe riflettere sull’applicabilità al mercato del libro del teorema secondo il quale chi non è interessato a possedere un oggetto ritiene il noleggio o il prestito un valido sostituto dell’acquisto. In questa riflessione dovrebbe rientrare anche l’annoso problema della pirateria, che in questo caso si identificherebbe con le fotocopie: si fotocopia, spesso abusivamente, solo il manuale “usa e getta”, l’articolo di una rivista, un testo di “consumo” o che si è costretti a leggere, ma per il quale non si prova un reale interesse. E ancora, biblioteche e librerie pescano spesso in ambiti differenti: le librerie hanno bisogno di agire su grandi bacini di clientela potenziale, mentre le biblioteche sono diffuse in modo capillare sul territorio e operano spesso in piccoli comuni dove non esiste alcuna possibilità di acquistare un libro. A parte queste considerazioni, va detto che in molti casi la biblioteca è una vetrina per i prodotti editoriali, è un luogo in cui stimolare gli interessi e le curiosità dei lettori, è un servizio che consente di accostarsi al libro. Le biblioteche “allevano” e non sottraggono clienti alle librerie. 4. Le politiche di promozione Ogni anno vengono organizzate da soggetti pubblici come scuole e biblioteche, o realtà imprenditoriali come case editrici e librerie, ma anche da istituzioni culturali di altro tipo e associazioni di volontariato, numerose iniziative per promuovere il libro e la lettura: malgrado questa etichettatura comune, non sempre le finalità sono propriamente identiche. Talvolta gli interessi possono perfino entrare in conflitto. Ma c’è un interesse comune, all’interno del quale ciascun soggetto potrà poi perseguire i propri specifici obiettivi: una politica di promozione del libro e della lettura può dirsi efficace solo se riesce ad allargare in modo significativo e durevole le basi sociali della lettura. 4.1. A chi tanto e a chi niente Per quanto possa sembrare banale, si può dire che la migliore promozione della lettura è dare la possibilità di leggere: sono ancora troppi gli italiani che vivono in località prive di una libreria e di una biblioteca. La presenza delle librerie risulta squilibrata tra nord e sud e tra aree metropolitane e piccoli centri. Una campagna promozionale organizzata da un editore o da una catena di librerie raggiunge in modo diseguale i cittadini italiani e anche lo stimolo che può venire dalla lettura di una recensione su un quotidiano o dalla presenza di un autore in una trasmissione televisiva può non produrre effetti se i destinatari di questi messaggi non hanno poi la possibilità di procurarsi il libro che desidererebbero leggere. Quello odierno è un analfabetismo di ritorno o funzionale, che si manifesta nell’incapacità per il 70% degli italiani, malgrado la conquista di un titolo di studio, di orientarsi con dimestichezza nelle diverse situazioni della vita quotidiana, a causa di un’insufficiente capacità di usare le abilità di lettura, scrittura e calcolo. Quindi, esiste una dimensione infrastrutturale del problema, che va affrontata con decisione. I poteri pubblici devono favorire un riequilibrio nella distribuzione della rete dei servizi bibliotecari sul territorio, potenziare le strutture bibliotecarie nelle scuole e nelle università, creare occasioni di maggiore familiarità col libro. Va reso merito a quanti organizzano attività di promozione del libro, come presentazioni e incontri con l’autore, dibattiti e altre iniziative che ricorrono a formule più originali o di spettacolarizzazione della lettura. Dal punto di vista della promozione della lettura vera e propria, è però lecito avere qualche dubbio sulla reale efficacia di molte di queste iniziative, che finiscono col raggiungere in prevalenza chi è già interessato al tema della lettura o all’argomento specificamente affrontato. 4.2. Il popolo dei festival Si è parlato molto dello strepitoso successo riscosso dai festival, uno su tutti il Festivaletteratura che si tiene a Mantova dal 1997. Nel giro di pochi anni ne sono stati impiantati moltissimi e tutti, anche se dedicati a temi che apparentemente non dovrebbero richiamare un pubblico di massa, raggiungono vette inaspettate di partecipazione. L’Italia vanta ormai il primato europeo circa il numero di festival, di ogni dimensione e su tutti i temi, da quelli più consolidati a quelli emergenti. La formula si contraddistingue per il valore “esperienziale” che riesce a dare e per il modo trasversale di fare cultura, mettendo a contatto personalità di rilievo internazionale, addetti ai lavori e un vasto pubblico di semplici appassionati e curiosi. Il riferimento non va solo a Mantova, ma anche a Trento, dove si tiene il Festival dell’Economia, a Modena, sede del Festival della Filosofia, e a tanti altri centri, anche piccoli come Gavoi, Sarzana o Seneghe. Non esistono fonti di dati affidabili e sufficientemente ampie per poter sviluppare una riflessione organica sulla ricaduta che queste manifestazioni hanno sugli indici di lettura. Tuttavia, il caso del Piemonte è davvero significativo. Tutto è iniziato nel 1988, quando venne istituito il Salone del Libro di Torino. Ciò che colpì, già nelle prime edizioni, fu l’elevatissimo numero di visitatori “normali”. Più della metà dei frequentatori sono lettori forti e fortissimi: il 26,3% dei visitatori legge oltre 30 libri all’anno, il 31,4% ne legge da 13 a 30, il 24,8% ne legge da 7 a 12, e via così, fino a un modestissimo 0,5% di non lettori. Accanto a questa manifestazione, sono nate in Piemonte altre iniziative minori, come “Scrittori in Città” a Cuneo, o “I luoghi delle parole” a Gassino Torinese, “Piemonte Noir” a Orta, e altre iniziative analoghe a Verbania, Asti, Biella. Queste iniziative riescono a raggiungere un pubblico più eterogeneo: i lettori deboli e medi arrivano a costituire dal 30 al 60% del pubblico. Questi visitatori percepiscono il festival come un’occasione per scoprire nuovi autori o generi (48%) o nuovi editori (53%). Ebbene, oggi il Piemonte è una delle regioni italiane in cui si legge di più: sono oltre 2 milioni, più della metà dei residenti, le persone che leggono almeno un libro all’anno. Altre iniziative hanno invece un impatto minore ma un raggio d’azione più vasto, come “Ottobre piovono libri”, la manifestazione voluta dal ministero per i Beni e per le Attività Culturali in collaborazione con Regioni, Province e Comuni e che nell’arco di un mese organizza tante iniziative promozionali. Un’interessante ricerca rivela che i frequentatori di queste manifestazioni sono nella stragrande maggioranza persone prevalentemente abbastanza giovani (30-40 anni), per un 60% fatto di donne e un 35% composto da studenti, impiegati, insegnanti e liberi professionisti. Il dato, però, sul quale principalmente bisognerebbe riflettere è che i frequentatori di queste iniziative già in precedenza avevano consolidate abitudini di lettura. 4.3. I media e la lettura Tra le fonti informative che il pubblico utilizza per venire a conoscenza di un libro, i media non figurano ai primissimi posti: nel 20% dei casi si arriva a scegliere un libro sulla base di recensioni lette su riviste e giornali e in misura leggermente inferiore (18%) sulla base di interviste e presentazioni ascoltate da un’emittente televisiva o radiofonica. Si tratta, comunque, di valori in crescita, dovuti forse al maggiore spazio che alcuni quotidiani stanno dedicando ai libri. Andata ormai in soffitta la “terza pagina” (spazio dedicato alla cultura) le formule utilizzate sulla carta stampata per parlare di libri sono varie: si va dalla recensione critica vera e propria, alla nota breve, all’intervista con l’autore. Dalla capacità con cui l’ufficio stampa di una casa editrice riesce a trovare spazio per i propri libri dipende l’attenzione che i giornali dedicano ai diversi titoli. Scarsissimo lo spazio dedicato a piccole sigle editoriali e difficile anche che un autore poco noto riesca a farsi recensire dalle testate più importanti. Alcuni generi editoriali, ad esempio la letteratura per ragazzi, risultano particolarmente trascurati. Alcuni quotidiani con un orientamento culturale o ideologico molto marcato, come “Avvenire”, dedicano una speciale attenzione a generi e tematiche di particolare interesse per i loro lettori. Editori, autori e operatori del libro in genere si lamentano molto dello spazio ridotto che radio e televisione dedicano ai libri, di cui a volte si parla solo in orari notturni o in contenitori con ascolti bassissimi. Almeno al servizio pubblico si potrebbe chiedere un maggiore impegno. Significativo il contributo che in termini di marketing viene da alcune trasmissioni: più contenuto l’impatto dei passaggi televisivi o radiofonici all’interno di trasmissioni specificamente dedicate ai libri, mentre l’eco di trasmissioni generaliste, come “Che tempo che fa” (su Rai 3) è fortissimo. Quest’ultimo è uno dei pochissimi casi in cui i libri riescono ad andare in onda in prima serata, nei momenti di maggiore ascolto: il mattino dopo, qualcuno entrerà in negozio per acquistarli. Annunci e campagne pubblicitarie hanno una funzione informativa e aiutano quindi a conoscere l’esistenza di un libro, ma non incidono in misura determinante sui comportamenti d’acquisto. È verosimile ritenere che anche campagne istituzionali, come quella del Presidente del Consiglio dei Ministri “Passaparola, leggere è il cibo della mente”, non abbiano prodotto effetti significativi. 4.4. I premi letterari fanno vendere? Una forma, seppure indiretta, di promozione della lettura è costituita dai premi letterari. Non tutti i numerosissimi premi letterari italiani hanno lo stesso impatto mediatico e pubblicitario. Se osserviamo alcuni dati relativi al più importante e prestigioso premio italiano, il Premio Strega, possiamo constatare che la ricaduta sul mercato editoriale è notevole e l’accelerazione alle vendite e sensibile. Quest’effetto è in parte dovuto al fatto che il premio viene assegnato all’inizio dell’estate, quando si decide quali libri acquistare e portare in vacanza, e che la serata finale è accompagnata da una diretta televisiva e da molti articoli pubblicati sulla stampa quotidiana. Per tutti questi motivi, un libro che possa essere esposto in vetrina con la fascetta “Vincitore del Premio Strega” colpisce l’attenzione dei frequentatori delle librerie molto più degli altri. Le classifiche di vendita ci dicono, inoltre, che quindici giorni dopo l’assegnazione del Premio Strega 2009, i cinque libri finalisti erano tutti nei primi 25 posti, per cui anche gli autori che entrano nella classifica, senza vincere, si avvalgono della notorietà fornita dal premio. Minore il traino esercitato da altri premi: alcuni tra i libri più venduti degli ultimi anni, premiati con il Viareggio, hanno fatto registrare un andamento delle vendite che non sembra essersi avvantaggiato del riconoscimento ottenuto col premio. 4.5. Le politiche pubbliche per il libro e la lettura A inizio 2010 è stato presentato il Centro per il libro e la lettura, costituito dopo una lunga gestazione seguita alla firma nel 2006 di un protocollo d’intesa da parte di diverse istituzioni e associazioni professionali. Compiti del Centro sono la promozione di politiche di diffusione del libro, della cultura e degli autori italiani in Italia e all’estero; il sostegno a iniziative di diffusione del libro e della lettura promosse da biblioteche, scuole e istituzioni pubbliche e private; la realizzazione di campagne informative e progetti di sensibilizzazione; la presenza a manifestazioni, fiere ed eventi nazionali e internazionali; lo svolgimento di attività di studio e ricerca. La struttura operativa prevede un Consiglio scientifico, formato da membri esterni e che elabora le linee di attività del Centro; il Consiglio di amministrazione, con una composizione mista, che ha il compito di deliberare il programma di attività del Centro e di adottare le linee di ricerca e gli indirizzi tecnici; un Osservatorio del libro e della lettura, formato da 16 componenti di cui 15 esterni, che elabora studi sulla diffusione della lettura in Italia, sull’andamento della produzione e delle vendite di prodotti editoriali, sui comportamenti d’acquisto. Il primo obiettivo che il centro ha individuato è quello di portare nell’arco di un decennio al 10% il numero di lettori abituali fra gli adulti, portandoli dagli odierni 4 fino a 5 milioni. A questo obiettivo si accompagna, in seconda battuta, quello di far arrivare al 50% il numero complessivo degli italiani che legge almeno un libro in un anno. Per raggiungere questi obiettivi, il metodo che il Centro dichiara di voler seguire è quello di una forte collaborazione a livello provinciale con gli enti locali, il mondo della scuola, gli editori e i
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