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La Penetrazione dell'Inghilterra nella Cultura Europea: La Filosofia e la Letteratura - Pr, Sintesi del corso di Letteratura Francese

Come l'inghilterra, attraverso la sua potenza economica e culturale, influenzò la francia e l'europa durante il xvii e xviii secolo. Si tratta di una avventura culturale che portò all'arrivo di nuovi intermediari, traduttori e filosofi, come pierre coste e john locke, e alla diffusione della filosofia inglese in europa. La francia accolse e divulgò il pensiero inglese presso italiani, spagnoli e portoghesi. La differenza tra le sensibilità inglese e francese si manifestò in letteratura, con autori come prevost e richardson, e la funzione guida intellettuale passò dalla francia all'inghilterra.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 25/06/2021

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eleonora-gaglione 🇮🇹

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Scarica La Penetrazione dell'Inghilterra nella Cultura Europea: La Filosofia e la Letteratura - Pr e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! HAZARD- LA CRISI DELLA CONOSCENZA EUROPEA CAP.1- DALLA STABILITA AL MOVIMENTO L’aspirazione dell’epoca classica consiste nell’evitare ogni cambiamento, le curiosità del viaggiatore vengono interpretate come pericolose. Dopo il Rinascimento e dopo la Riforma è venuta l’epoca del raccoglimento. Si ha paura dello spazio che contiene in sé sorprese e se fosse possibile si vorrebbe fermare il tempo: questa è la sensazione che si ha entrando a Versailles. Questa tregua che permetteva di trovare la felicità nell’appagamento verrà però rotta negli anni successivi: vedendo svilupparsi la passione per i viaggi ci accorgiamo di un mutamento in questo paradigma. Dagli anni di Boileau e Racine che non si spostarono mai si passò a Voltaire, Montesquieu e Rousseau decisamente più erranti. Verso la fine del XVII Italiani, Francesi e tedeschi ripresero a viaggiare, si recano a visitare gli studiosi di tutti i luoghi. Per gli inglesi viaggiare era il complemento della loro educazione- il Grand Tour. I filosofi viaggiavano non per meditare in pace ma per vedere le curiosità del mondo come Locke e Leibniz. Il genere della relazione di viaggio trionfava, poteva essere una relazione, uno studio scientifico o un romanzo, la stessa passione che lo faceva prosperare favoriva ugualmente l’industria di itinerari e guide. L’Europa non cessava di scoprire il mondo e il Seicento proseguiva l’opera lasciata in eredità dal Cinquecento, si fece largo l’idea che l’esplorazione era destinata a promuovere una nuova concezione delle cose e questo principio si affermò ancora più velocemente quando gli Olandesi organizzando il commercio con le Indie descrissero anche le meraviglie che vi ritrovavano. Si moltiplica così una produzione che va fino all’eccesso. I religiosi delle missioni all’estero, soprattutto i gesuiti, raccontano la conversione degli infedeli. È un segno dei tempi la partenza di quei protestanti esuli che lasciarono Amsterdam nel 1690 e lasciarono l’Europa. Tutte le idee vitali- proprietà, libertà, giustizia- vennero rimesse in discussione dall’esempio dei paesi lontani perché alle opinioni tradizionali si potè opporre fatti di esperienza (cfr Bayle). Di tutti gli insegnamenti nuovi dati dallo spazio, il più nuovo fu forse quello della relatività. Concetti creduti fino ad allora trascendenti apparvero relativi alla diversità dei luoghi, pratiche credute fondate sulla ragione si rivelarono solo consuetudini. In Europa arrivarono quegli Stranieri- Simbolo con le loro usanze originali e si imposero all’attenzione di tutti e diedero risposte differenti a seconda della loro provenienza. Gli Americani ritenuti dei selvaggi tout- court venivano presi a modello dell’uomo nel suo stato pre sociale, a loro è collegato il mito del buon selvaggio, fu il barone di Laohtan a descrivere la loro condizione secondo questa idea: i civilizzati sono i veri barbari. Accanto al buon Selvaggio, rivendica il suo posto il Saggio Egiziano- l’Egitto offriva l’immagine di un popolo serio con una perfetta civiltà, in particolare sono stati i Capuccini a raccontare l’Egitto. L’Arabo maomettano non sembrava destinato alla stessa fortuna dell’egiziano poiché contro di lui da sempre vigeva un pregiudizio. In questi anni però si giunse a una miglior conoscenza della civiltà orientale e da allora si vide l’Arabia con occhi nuovi e ci si è resi conto della loro civiltà ammirevole e furono loro a salvare la cultura dopo che la barabarie invase il mondo. Nel 1708 Simon Ockely nega la superiorità dell’Occidente sull’oriente nel suo libro. Nella letteratura europea gioca un ruolo fondamentale lo straniero che visitando le città occidentali rimette in discussione i presupposti su cui sono fondate e di cui si gloriano. Inizialmente sembrava che questo ruolo l’avesse intrapreso il turco ma fu poi il persiano a popolare le pagine grazie al successo dell’opera di Chardin che descrisse la Persia e di Montesquieu. Per poco a questa turba variopinta non si aggiunse il Siamese visti gli scambi che si registrarono per la volontà di Luigi XIV di commerciare con il Siam. In questa geografia delle idee nessun paese conta come la Cina: i dotti Gesuiti che erano riusciti a conquistare a Pechino la stima dell’imperatore si impegnavano a dimostrare come la filosofia cinese fosse vicina al cristianesimo. Nel 1697 i Gesuiti pubblicarono la lor grande opera, Confucio, il filosofo dei Cinesi convinti che dalle somiglianze avrebbero potuto convertire questo popolo. Il loro tentativo però fallì anche per i rimproveri costanti degli altri ordini che li accusavano di indulgenza. In questi anni popolano il panorama culturale relazioni di viaggi vere o fittizie in cui la ricetta è sempre la stessa: si comincia con la storia di un manoscritto ritrovato misteriosamente che racconta l’avventura di un eroe che è approdato in una terra sconosciuta di preferenza australe. Viene descritto poi un paese sconosciuto ai geografi. L’essenziale sta nel trasportarsi in una terra immaginaria e nel prender in esame lo stato del vecchio continente. Quel che colpisce in tali romanzi è la volontà di distruzione: non c’è tradizione che non venga contestata. Poi un salto di immaginazione riconduce in piena avventura. Quel che colpisce è la mentalità geometrica: regolare ogni cosa e ordinarla secondo il numero e la misura, tale desiderio ossessiona gli autori. Per mezzo delle cifre si pensa di poter dimostrare qualsiasi cosa, persino l’impossibilità della resurrezione dei corpi. Questi libri dove si trovano molte stupidaggini preannunciano Swift, Voltaire e Rousseau. Viaggiare significava confrontare tra loro costumi, idee, filosofie; acquisire il senso del relativo e leggere i racconti significava evadere, passare dalla stabilità spirituale al movimento. Fu una delle ragioni per le quali la vecchia Europa provò un profondo mutamento. CAP III: DAL MEZZOGIORNO AL NORD Al tempo l’Europa appariva compiuta e ciascuno dei popoli aveva caratteristiche note. Quando i letterati andavano in cerca di un determinato carattere, le nazionalità offrivano loro un comodo repertorio fatto di idee e pregiudizi fissi (cfr Defoe). A fine 600 però le frontiere diventano instabili per le guerre incessanti e cambiano anche le forze intellettuali d’Europa. L’egemonia intellettuale era sempre stata esercitata dal mondo latino, l’Italia l’aveva esercitata nell’età della Rinascita, poi la Spagna aveva avuto il suo secolo d’oro e infine la Francia; l’idea che i barbari del nord potessero rivaleggiare con loro era fuori discussione. Negli ultimi trent’anni del 600 la Spagna perde la sua egemonia. Il prestigio italiano non era più legato al mondo delle lettere ed agiva ormai all’esterno solo col ricordo di Roma. In questo panorama emerge quindi la Francia e per quarant’anni almeno spetta a lei dirigere la politica europea; essa costruisce un sistema di cui Versailles è il centro. In Francia si danno convegno gli stranieri di qualità che vi affluiscono per educarsi nelle Accademie o perfezionarsi a Corte. Parigi per tale affluenza occupa il primo posto tra le città. Pascal, Descartes, Corneille, Racine, Moliere e La fontaine sono gli astri di questo successo. Il francese tende allora a diventare lingua universale al posto del latino e per l’aristocrazia intellettuale d’Europa le traduzioni non servono più. Il francese è l’unica lingua al mondo a possedere un’istituzione statale, l’Accademie Franciase per sorvegliare su di essa. Poco tempo dopo che la Francia ha instaurato questo impero, appare un rivale e, cosa inaudita, è una potenza del Nord. L’Inghilterra combatteva anzitutto la politica francese: non voleva lasciare alla Francia né il mare né il continente e lottava anche contro il suo principio di autorità, fondamento del potere regale. Un duello si era scatenato tra Luigi XIV e Guglielmo d’Orange che detronizzò Giacomo II che Luigi prese sotto la sua protezione ospitandolo. All’inizio quel popolo così tenace non sembrava molto dotato per le lettere ma ben presto si dovette riconoscere agli Inglesi il privilegio di saper pensare e in questo appariva manifesta l’opposizione: in Francia l’arte del vivere in società, le belle maniere, la raffinatezza spirituale; in Inghilterra invece la forza individuale, la profondità e la libera riflessione. Con Locke elaborava una nuova filosofia, con Newton compiva una rivoluzione nella scienza. Gli Inglesi osarono poi rivendicare col tempo anche la gloria delle lettere e da quel momento l’impero intellettuale si divise; essi sentivano talmente tanto la loro ricchezza che colmavano di onori i loro scrittori e scienziati. Nel 1712 la Francia non avrebbe potuto paragonarsi alla sua vicina per qualità e produzioni; il Nord si contrapponeva così al Mezzogiorno. Quando nel 1714 la casa di Hannover cinse la corona inglese, i due paesi Inghilterra e Germania si ritrovarono uniti dalla politica e dalla comune protesta contro il papismo romano. L’effetto inglese sul territorio tedesco fu quello di staccarlo dal modello francese. successivamente l’influsso inglese raggiunse anche i paesi del Mezzogiorno, la diffusione però rischiava di essere lenta a causa della non conoscenza della lingua inglese. Fu una prodigiosa avventura ad accelerare la penetrazione dell’influsso inglese e a creare schiere di traduttori: la revoca dell’editto di Nantes portò in Inghilterra pastori protestanti che divennero interpreti del pensiero inglese, l’Inghilterra si dotò così di intermediari che diffusero le sue opere. Si tocca il culmine Nonostante già nel Seicento la borghesia avesse raggiunto una sua importanza, la cultura artistica rimase esclusiva della nobiltà di corte. La nobiltà stessa dovette far propri certi aspetti della borghesia per formare così un ceto intellettualmente omogeneo, questo avvenne solo quando essa entrò negli affari. (nobiltà arroccata nei suoi privilegi in Francia VS nobiltà che fa affari con la borghesia in Inghilterra). l’antica aristocrazia di corte non dava luogo a un vero e proprio pubblico letterario: essa si limitava a provvedere agli scrittori più per moda che per un reale interesse. Lo sviluppo del nuovo pubblico è favorito in primo luogo dai periodici, la grande invenzione del secolo, la borghesia compie su di essi la sua educazione letteraria e mondana. La mentalità fredda e la scettica superiorità dell’aristocratico non scompaiono da un giorno all’altro e in letteratura si mantiene a lungo il gusto classicheggiante. La graduale scomparsa di questi intellettuali rientra in una fase successiva dove si compie la completa emancipazione borghese in letteratura. Opere come il Tatler di Steele e lo Spectator di Addison (giornali- 1709) crearono un collegamento tra il dotto e il lettore comune- sono una letteratura non aulica, realmente popolare. I giornali inoltre sono una diretta conseguenza della nuova posizione sociale dello scrittore: egli, dopo la Gloriosa Rivoluzione non trova più appoggio a corte. La parte dei protettori delle lettere passa ai partiti politici, Tories e Whings che non possono rinunciare alla letteratura come arma di propaganda. Gli scrittori non hanno ancora fonti sicure di guadagno al di fuori della propaganda politica (cfr Defoe- whig e Swift- tory). Il fatto che davanti all’intellettuale non stia più una forza sola ma due partiti diversi lo rende in un certo modo più indipendente. Grazie a Defoe la borghesia vedrà la sua voce in letteratura nel Robinson. Con lo sviluppo della letteratura di propaganda si trasforma radicalmente la posizione economica dell’intellettuale e agli occhi del pubblico cresce il suo valore morale in virtù degli alti uffici e dei premi che gli vengono concess i. Questi scrittori però vengono remunerati solo in virtù dei loro servigi politici e non per le loro qualità letterarie. Governo e partiti si pongono nello stesso ruolo che un tempo aveva la corte, resta però il fatto che gli onori concessi agli scrittori sono maggiori di quelli di un tempo. Questa situazione di apogeo per gli scrittori cessa con il ministero di Walpole (1721)- con l’avvento del potere dei whig si creano le condizioni per cui gli intellettuali diventano inutili al potere essendo l’egemonia del governo così solida. In queste condizioni, con la sicurezza economica per il letterato tramonta anche la dignità riconosciutagli. Per fortuna il mecenatismo privato non cessa così all’improvviso come quello politico. In questa fase di passaggio dalla propaganda politica alla libera professione, pochi scrittori fanno a meno di un appoggio privato. Il mecenatismo cessa dopo la metà del secolo e verso il 1780 non c’è più scrittore che conti su appoggi privati: il numero di letterati che vivono della loro penna aumenta sempre più e al mecenate subentra l’editore. La funzione dell’editoria come mediatrice tra autore e pubblico comincia quando il gusto borghese si viene emancipando dai canoni aristocratici, solo allora si sviluppa una vita letteraria in senso moderno. Solo ora il prodotto letterario diventa merce il cui valore dipende dalla richiesta del libero mercato. Con la conquista dell’indipendenza economica il prestigio dello scrittore sale ad un’altezza finora ignota. Solo ora nasce l’ideale della personalità creatrice, del genio artistico. Il soggettivismo diventa un’arma contro la concorrenza e quello dei poeti preromantici è almeno in parte una conseguenza del crescente numero di scrittori. Finora la classe media si sforzava di far proprio il linguaggio artistico dei ceti superiori, ora invece vuole imporre le proprie concezioni e parlare la sua lingua: essa non sarà più la semplice negazione dell’intellettualismo aristocratico ma il linguaggio della sensibilità. la rivolta del sentimento contro il freddo intelletto rientra come l’insorgere del genio, nell’ideologia dei ceti ambiziosi avversi allo spirito conservatore. Questo nuovo stile si fa strada in quanto si rivolge a un pubblico nuovo, non bisogna però dimenticare che anche l’aristocrazia contribuì in modo determinante a preparare la rivoluzione aderendo alle idee illuministe. Per l’origine il romanticismo è un fenomeno inglese come anche la borghesia moderna che in Inghilterra crea per la prima volta un’espressione letteraria indipendente, le opere di Sterne, Richardson e Fielding sono l’espressione letteraria dell’individualismo. Alla fine della contesa con la Francia, l’Inghilterra è la prima potenza mondiale e le tecniche della rivoluzione industriale gli consentono di mantenere questa egemonia. La rivoluzione industriale rende il distacco tra capitale e lavoro incolmabile; solo adesso scompare realmente il Medioevo e i metodi di produzione tradizionali, con la grande industria organizzata secondo i criteri di razionalità si apre l’età moderna nel vero senso della parola. Sorge da qui una nuova struttura sociale con un nuovo ceto capitalistico e un nuovo ceto medio urbano e una nuova classe di lavoratori. Il livellamento è spaventoso e la vita appare sconvolta. Una prima forma di sconvolgimento è data dall’urbanesimo: si spopola il villaggio e la città si riempie. La principale fonte di ricchezza era stata fino ad allora la proprietà terriera. Da questo quadro sociale emerge l’idealizzazione del lavoro come forza etica e in questa ideologia rientra anche l’idea di libertà: per il rischio connaturato alla sua attività, l’industriale deve godere di perfetta libertà di azione- ideologia del liberismo (laissez- faire) che trionfa sull’antica legislazione mercantilistica, con questo principio comincia l’economia moderna. Con la concentrazione sempre crescente della ricchezza e con gli investimenti industriali comincia il grande capitalismo. Il lavoro viene esaltata come forza etica ma il culto di cui lo si fa oggetto alla fine è la trasfigurazione della brama di successo. Per questa fede nell’economia era necessario tutto l’ottimismo illuministico, appena cominciò a languire, divenne sempre più difficile identificare la libertà economica con l’interesse generale. Il liberismo si traduce in letteratura con la necessità sentita dall’autore di affermare la sua personalità e in questo, sta anche una lotta contro il meccanismo del livellamento della vita proprio dell’economia abbandonata a sé stessa. Il romanticismo partendo da questo palesa il suo carattere polemico facendo dell’individualismo il suo programma. L’individualismo e personalità forti c’erano sempre stati nel mondo occidentale ma solo nel XVIII l’individualismo diventa una forma di protesta contro la civiltà. Come l’individualismo anche il sentimentalismo serve come mezzo per le classi medie per esprimere la loro indipendenza dall’aristocrazia: si affermano i propri sentimenti non perché a d’un tratto sino diventati più forti ma in quanto rappresentano un atteggiamento opposto al contegno aristocratico. Il sentimentalismo che all’inizio era espressione della coscienza di classe della borghesia si sviluppa poi il un culto della sensibilità che sempre meno ha a che vedere con lo spirito anti aristocratico- si raggiunge così un vero virtuosismo sentimentale. L’austerità del costume è per la borghesia, come l’individualismo e il sentimentalismo, un’arma contro la mentalità di corte: si tratta di una protesta contro la frivolezza di una classe di cui altri ne devono fare le spese, il pubblico adesso desidera l’esaltazione della virtù e la condanna del vizio. (INDIVIDUALISMO- SENTIMENTALISMO- AUSTERITA DEL COSTUME: mentalità borghese). Queste tendenze connaturate nella mentalità borghese diedero effetti letterari completamente diversi nella letteratura preromantica da quella romantica. Gli esponenti del movimento romantico non appartengono più ai medesimi ceti che nella prima metà del secolo fornivano il contingente borghese al lettorato- si fanno ora avanti ceti più umili che hanno meno ragioni di ottimismo della borghesia(cfr Rousseau), l’euforia ottimistica ristagna e alla fine si volatilizza. Nei primi cinquant’anni del secolo la letteratura borghese aveva ancora un carattere pratico e realistico ma dopo la metà del secolo ci accorgiamo che i suoi obiettivi sono di evasione- si cerca di evadere dal rigore della ragione, queste tendenze si avvertono nella letteratura inglese anche prima di Rousseau. È sempre stata presente anche nel letterato preromantico il soggetto della natura la cui nostalgia aveva un carattere più morale che estetico; nel romanticismo però essa occupa uno spazio assai maggiore. Per un movimento storico-stilistico come il romanticismo è quasi impossibile determinare l’inizio, si colgono espressioni romantiche fin dal Seicento; tuttavia è impossibile parlare di romanticismo in senso proprio prima di Richardson, egli è il primo a presentare tutti i tratti spiccatamente romantici. Egli per primo mise al centro l’uomo delle classi medie con la sua vita privata, le sue sono storie di borghesi comuni, egli è anche il primo che crei tipi non più esattamente definibili. Il romanzo famigliare e di costume ha principalmente un fine didattico che è indice di un nuovo puritanesimo delle classi borghesi. La borghesia si riconobbe in questi romanzi e da qui sviluppò nuovi canoni estetici improntati sulla sensibilità. come il soggettivismo così anche la morale di R è estranea all’alta società, le sue raccomandazioni che indicano al borghese la via del successo sono un’etica opposta a quella del nobile. Con la ricerca dell’immediatezza psicologica cambiano tutti i rapporti tradizionali tra autore, protagonista e lettore. Il lettore diventa un confidente che identificandosi nell’eroe elimina i limiti tra finzione e realtà- sorge un’intimità finora ignota tra pubblico ed eroi dei romanzi; gli eroi prima di questo periodo si muovevano in scenari completamente diversi da quelli della vita reale del borghese e non c’era un contatto diretto col lettore. Le tendenze romantiche che vediamo in Richardson trovano in Europa una formulazione generale in Rousseau.le nazioni dell’Europa Occidentale però erano così ancorate alle idee illuministe che la tendenza sentimentale incontrò subito un’opposizione, Rousseau nell’affrontare i problemi del tempo, era assai più spregiudicato: il sentimentalismo che in Richardson non si poneva mai in antitesi con il razionalismo illuministico, assunse in Rousseau il carattere di un’aperta ribellione. Con il suo primitivismo come lotta all’ineguaglianza portata dalla civiltà, egli è il primo ad essere cosciente del disagio di esser civili. La sua vera originalità consiste nella tesi mostruosa per l’illuminismo che l’uomo civile è un fenomeno di degenerazione. I ceti più bassi di cui Rousseau si fa interprete non ritenevano più possibile combattere le convenzioni della cultura aulica con i mezzi dell’illuminismo. Il naturalismo di Rousseau è la negazione di tutto ciò che per Voltaire era la quintessenza della civiltà. Nasce con Rousseau quell’idea di letteratura come esperienza e confessione; prima di lui il poeta parlava solo indirettamente di sé. il suo influsso è stato vastissimo e profondo- con lui per la prima volta giunge nella letteratura la voce degli strati più bassi della civiltà. Tra Rousseau e i suoi avversari esistono non solo diversità di opinioni ma vitali contrasti di classe- nell’opposizione di Voltaire oltre ad esserci la protesta del ricco borghese c’è anche la reazione del pensatore oggettivo di fronte all’irrazionale che Rousseau aveva introdotto e minacciava di distruggere l’illuminismo.. DUFLOS- LE AVVENTURE DI SOPHIE CAP1 Ci fu un’epoca in cui la filosofia e il romanzo non abitavano in due mondi separati. La filosofia all’epoca era ritenuta inferiore rispetto alla teologia ed essa cercava un altro pubblico al di fuori delle università. Allo stesso tempo, il romanzo che non era stato mai teorizzato e quindi non aveva regole fisse cercava di acquisire un po’ di serietà. Esso si presentava come lo spazio dove una conoscenza basata sull’esperienza poteva aver luogo. Da queste premesse ne deriva la moda della filosofia nei romanzi. La loro unione si verificò solo in questo secolo e ha prodotto opere interessanti sia per la filosofia che per la letteratura. È in effetti una caratteristica tipica della letteratura del 18 secolo la presenza abbondante della filosofia che può entrare nelle opere secondo modalità diverse. In primo luogo essa si manifesta per la presenza di personaggi filosofi che possono essere ridicoli (Panglos) o seri, possono essere descritti alla terza persona (Jaques) o essere loro stessi i narratori (Cleveland). La presenza della filosofia nei romanzi può anche risolversi con l’introduzione di questioni filosofiche attraverso passaggi argomentativi. Infine i titoli stessi delle opere ci simboleggiano questa unione. Questa dimensione inedita trasforma il romanzo che diventa un luogo dove si possono trattare questioni filosofiche: rende un’esperienza di pensiero qualche cosa che può essere raccontato per il piacere. Le parti finzionali possono costituire delle buone illustrazioni del pensiero filosofico STORIA, NARRATOLOGIA, FILOSOFIA: Nel XVIII secolo il romanzo non era stato ancora codificato da una regola generale, la nostra norma attuale per questo genere deriva dalle opere di Balzac- Flaubert e Zola ma a quel tempo non esisteva ancora. Lo stesso termine non aveva un impiego specifico. Il lettore è in presenza di un genere che si sta ancora definendo i cui contenuti sono indefiniti e quindi potenzialmente infiniti. Il narratore nel XVIII secolo non esita ad avvicinarsi a tutte le questioni del momento, molte delle quali erano oggetto di dibattito di tutto il pubblico che leggeva- il romanzo era un luogo propizio dove evocare tutte le controversie attuali. La mancanza di un modello antico a differenza dei generi nobili (tragedia, epica) rende il genere più disprezzato: il suo lettorato, principalmente femminile e senza educazione, era giudicato allo stesso modo. Questo disprezzo che assicura al romanzo la sua grande libertà formale, tende a sparire alla fine del secolo perché gli autori hanno preso coscienza della dignità del genere e la rivendicano nelle loro opere: il romanzo comincia perciò a includere non solo delle avventure incredibili e delle storie d’amore ma anche dei discorsi argomentativi. Il XVIII secolo è un momento senza equivalenti nella storia del romanzo la cui proclamazione della sua dignità artistica passa attraverso la filosofia. Il XVIII secolo è anche un momento
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