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Riassunto dei capitoli da 1 a 10 della Nascita della tragedia di Nietzsche, Appunti di Estetica

Riassunto dettagliato e completo dei capitoli della Nascita della tragedia di Nietzsche richiesti per l'esame di Estetica del Prof. Cattaneo (da 1 a 10).

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 12/07/2023

tenten00
tenten00 🇮🇹

4.7

(9)

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Scarica Riassunto dei capitoli da 1 a 10 della Nascita della tragedia di Nietzsche e più Appunti in PDF di Estetica solo su Docsity! LA NASCITA DELLA TRAGEDIA CAPITOLO 1: Introduzione dei concetti di apollineo e dionisiaco. Apollineo: stato fisiologico del sogno; l’attività plasmatrice di quest’ultimo rende gli oggetti della realtà più manifesti, cosa che avviene anche nella scultura e nella poesia; Nietzsche afferma infatti che le arti rendono la vita possibile e degna di essere vissuta ; L’uomo filosofico ha la percezione di trovarsi nell’apparenza e non nella realtà e che dunque quest’ultima sia in realtà al di sotto della nostra apparente realtà. Apollo impone agli uomini la misura e il senso del limite (caratteristiche peculiari del popolo greco), senza le quali il sogno acquisirebbe un effetto patologico, verrebbe confuso con la realtà, potrebbe dunque realizzarsi ciò che in Schopenhauer succedeva all’uomo imprigionato nel velo di Maia. Apollo è la rappresentazione divina del Principium Individuationis ovvero di quell’insieme di convenzioni e determinazioni che delineano il singolo all’interno della molteplicità e gli permettono di costruire una realtà che abbia dei punti di riferimento. L’uomo siede quietamente in mezzo ad un mondo di tormenti poggiando su esso, così come un navigante siede su una fragile imbarcazione nel mare in tempesta. Quando questa struttura si lacera possiamo gettare uno sguardo sull’essenza del dionisiaco: l’uomo percepisce un senso di orrore in quanto dimentica la propria identità, ma anche di meraviglia poiché sperimenta l’unità della natura, nonché l’esistenza di un principio di vita che lo porta al di fuori di se (estasi)—>questo è il sentimento del dionisiaco in cui l’uomo non è più artista, bensì opera d’arte; nel dionisiaco ci si sente come se il velo di Maia si fosse squarciato. CAPITOLO 2: I riti orgiastici greci si distinguono dalla barbarie di quelli stranieri poiché qui alla lussuria, all’eccesso e alla crudeltà intrinseche al culto di Dioniso si oppone l’integrità di Apollo. Si ha dunque una conciliazione tra Dioniso e Apollo che consiste nel momento più importante della storia del culto greco. Negli esaltati dionisiaci i dolori risvegliano il piacere. La musica cambia radicalmente rispetto a quella apollinea (architettura dorica in suoni), nel ditirambo dionisiaco vi è infatti una violenza travolgente del suono e la musica risulta arricchita in ritmica, dinamismo e armonia. CAPITOLO 3: Da Apollo nasce il regno olimpico, per questo motivo Apollo può dunque esserne considerato il padre. Questo mondo nasce secondo Nietzsche da un’esigenza fondamentale dell’uomo dovuta alla conoscenza da parte dei greci (unici nella capacità di soffrire) dell’orrore dell’esistenza testimoniata dalla saggezza del Sileno. Nietzsche confuta quindi la visione Winkelmanniana del mondo greco. I greci sono dunque considerati da N unici nella capacità di soffrire (a differenza della visione che se ne aveva nel classicismo—>popolo inconsapevole e giovane). Per rendere la vita desiderabile essa è dunque trasfigurata nel mondo luminoso degli dei (specchio trasfigurante), dove ogni suo aspetto è celebrato e divinizzato. Per celebrare la volontà, per far sì che essa rinneghi il proprio dolore, è necessario che le sue creature si vedano trasfigurate in una sfera di superiore bellezza e perfezione, quella degli dei. Da qui si può dunque comprendere la visione di Nietzsche (vede positivamente antropomorfismo perché gli dei non alienano l’uomo, non impongono un dover essere, ma giustificano la vita dell’uomo in quanto tale, vivendola essi stessi) riguardo l’antropomorfismo greco, la quale è profondamente differente da quella classica (dei sono prodotto dell’ingenuità dell’uomo nella misura in cui l’uomo pensando a qualcosa di elevato gli attribuisce i propri tratti come farebbero buoi e cavalli—>Senofane) CAPITOLO 4: Nietzsche sottolinea come il sogno sia messo in discussione rispetto alla veglia e di conseguenza viene messa in discussione la realtà stessa. In questo capitolo Nietzsche introduce e spiega il concetto di Metaphysische Annahme: l’Ur-Eine, eternamente sofferente e contraddittorio, si redime nell’apparenza che gli uomini, in essa irretiti, considerano realtà. Essendo dunque la realtà stessa apparenza, di conseguenza ora il sogno diventa apparenza di secondo grado. Il dionisiaco è lo sfondo scuro su cui si stagliano le forme apollinee; i due principi sono interdipendenti: la dismisura e la misura, il buio e la luce. Grazie al dionisiaco l’uomo scopre che in lui sotto alla bellezza e alla misura c’è la sofferenza e conoscenza. La storia è una successione della supremazia di questi istinti, che superano il proprio antagonismo nella tragedia. CAPITOLO 5: Omero e Archiloco. Artista oggettivo e soggettivo. Archiloco, in quanto primo artista soggettivo, non può essere considerato artista se non presenta anche una componente oggettiva. Archiloco (soggettivo) inizialmente è l’artista dionisiaco identificato con l’Ur-Eine e riproduce l’immagine dell’Ur-Eine in musica che sotto l’influsso apollineo diventa immagine; ciò che alla fine vede è una scena onirica che rappresenta il dolore originario e il piacere originario dell’apparenza. Tra di esse dunque il lirico, in quanto medium che dà voce alla volontà, scorge se stesso dall’esterno, come non-genio tra gli uomini; in questo senso egli è artista ed opera d’arte contemporaneamente. Solo ora dunque l’artista può dire “io” senza intaccare lo stato d’animo disinteressato con il quale è necessario approcciarsi all’arte. Giustificazione estetica: Noi dunque siamo solo proiezioni artistiche, siamo opere d’arte ma non sappiamo di esserlo, la nostra esistenza e il mondo sono giustificati solamente in quanto fenomeni estetici. Fa eccezione solamente il genio artistico, il quale ha un ruolo di secundus artifex, prolunga l’azione dell’artista originario, è soggetto e oggetto contemporaneamente ed è a conoscenza del carattere illusorio della realtà (come Archiloco). CAPITOLO 6: Archiloco introduce il canto popolare, la cui forma strofica testimonia come il linguaggio tenda all’estremo per imitare la musica, nella letteratura; si distinguono dunque due filoni all’interno della storia della lingua greca: uno in cui la lingua imita l’apparenza e uno in cui la lingua imita la musica. La musica non può essere volontà ma appare come tale e il poeta tenta di tradurla in immagini. Il linguaggio non può esprimere il nucleo più profondo della musica, la quale sta al di sopra e precede ogni apparenza, è nel cuore stesso dell’Ur-Eine; il linguaggio resta dunque in contatto esteriore con la musica, non va in profondità. CAPITOLO 7: La nascita della tragedia è da ricercare nel coro tragico (dramma originario). Esso non rappresenta né la legge morale, né lo spettatore ideale come sosteneva Schlegel; il perfetto spettatore non può essere inconsapevole di trovarsi di fronte ad un’opera d’arte, deve percepirla esteticamente per trarne beneficio, e non come realtà. Inoltre sarebbe, secondo Nietzsche, una contraddizione porre all’origine della tragedia il solo pubblico. Nietzsche si trova invece in accordo con Schiller: il coro ed i finti esseri naturali che lo compongono vanno a costruire un finto stato di natura su cui è allestita la tragedia, una barriera che ne custodisce la dimensione ideale e la separa totalmente dalla realtà. Nietzsche introduce il concetto di consolazione metafisica: attraverso la musica e il coro dei satiri diventiamo consapevoli dell’unità, potenza e gioia della vita nella sua essenza al di là del principium individuationis; L’uomo dionisiaco viene qui paragonato ad Amleto poiché entrambi hanno conosciuto la realtà e detestano l’agire all’interno di essa poiché non può cambiare le cose. Nietzsche afferma infatti che “la conoscenza uccide l’agire”, per poter agire bisogna essere avvolti dal velo dell’illusione. Ora, in queste circostanze, l’uomo vede la verità, capisce il motto del Sileno perché vede solo l’aspetto terrificante dell’essere; viene dunque preso dal disgusto, poi subentra l’arte che muta gli aspetti terrificanti dell’esistenza in rappresentazioni con cui è possibile vivere: il comico e il
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