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Caratteristiche e tipologie di regimi non democratici: autoritarismo e totalitarismo, Sintesi del corso di Relazioni Internazionali

Comparative PoliticsTotalitarianismPolitical SystemsAuthoritarianism

Le caratteristiche e le tipologie di regimi non democratici, con particolare riferimento all'autoritarismo e al totalitarismo. Il testo sviluppa la definizione di Juan Linz e aggiunge una quinta dimensione relativa ai connotati strutturali del regime. Vengono discusse le differenze tra pluralismo sociale e politico, la presenza o assenza di ideologia, il grado di intensità ideologica e il suo impatto sulla mobilitazione politica. Inoltre, vengono analizzate le strutture dei regimi autoritari, con particolare riferimento ai partiti e al ruolo dei militari.

Cosa imparerai

  • Come si differenziano i regimi autoritari con pluralismo sociale rispetto a quelli con pluralismo politico?
  • Che caratteristiche ha Juan Linz assegnato ai regimi autoritari?
  • Come influisce l'ideologia sui livelli di mobilitazione politica in un regime autoritario?

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 23/01/2022

Sofhia1998
Sofhia1998 🇮🇹

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Scarica Caratteristiche e tipologie di regimi non democratici: autoritarismo e totalitarismo e più Sintesi del corso in PDF di Relazioni Internazionali solo su Docsity! Capitolo IV I REGIMI NON DEMOCRATICI 1. Premessa Un modo per comprendere meglio il significato di democrazia è quello di effettuare un analisi al contrario ossia definire i connotati dei regimi non democratici contemporanei. I regimi non democratici possono essere distinti in varie tipologie tra cui gli autoritarismi, i totalitarismi, i regimi sultanistici e i regimi post-totalitari proposti da Linz e Stepan. A queste quattro tipologie si aggiungono poi i sistemi ibridi i quali costituiscono una realtà stabile nel panorama politico contemporaneo. Prima di effettuare l’analisi l’autore ricorda che le classificazioni e le tipologie sono semplificazioni della realtà e che quasi sempre i casi empirici non sono puri ma presentano caratteri misti. 2. Gli autoritarismi La definizione di Linz Nonostante le varie ondate di democratizzazione i regimi non democratici rappresentano ancora la maggioranza ossia sono il 54% del totale secondo un analisi del 2015 di Freedom House. Il regime non democratico assume nella maggior parte dei casi le caratteristiche di un regime autoritario la cui definizione viene data da Juan Linz: “sono autoritari tutti quei regimi politici con pluralismo politico limitato non responsabile, senza la guida di un’ideologia elaborata, ma con mentalità caratteristiche, senza un estesa e intensa mobilitazione politica salvo che in alcuni momenti del duo sviluppo, e nei quali un leader o talvolta un ristretto gruppo dirigente esercita il potere entro limiti formalmente mal definiti ma in realtà abbastanza prevedibili” Linz sviluppa la sua definizione quindi attorno quattro dimensioni: 1. Pluralismo 2. Ideologia 3. Mobilitazione 4. Caratteri della leadership A queste dimensioni occorre aggiungere una quinta relativa ai connotati strutturali del regime prendendo in esame le caratteristiche del pluralismo interno all’autoritarismo. Le tipologie di pluralismo possono essere due: A. Pluralismo sociale a influenza politica indiretta: all’interno di questo scenario esistono dei gruppi che appaiono in grado di veicolare i valori e gli interessi nel sistema politico senza incorrere nelle sanzioni previste contro coloro che esprimono un aperto dissenso politico. L’aspetto interessante di questo fenomeno sono le ragioni che spingono il regime alla tolleranza nei confronti di certi gruppi sociali. I regimi autoritari con pluralismo sociale si caratterizzano per la forte contrapposizione con i regimi totalitari i quali tendono ad assumere dinamiche anti pluralistiche e a distruggere ogni forma di opposizione B. Pluralismo politico limitato: questi scenari secondo Linz appaiono meno frequentemente in una condizione di normalità autoritaria mentre risultano molto più probabili in situazioni di crisi o transizione nelle quali la capacità del regime di controllare la società civile si riduce e possono verificarsi eventuali aperture di liberalizzazione. In questa situazione è possibile si verifichi lo sviluppo di forme embrionali di pluralismo politico per esempio nella forma di partiti o sindacati che operano in una semi legalità tollerata dal regime Per quanto riguarda il carattere ideologico dei regimi autoritari essi non manifestano la stessa intensità ideologica dei totalitarismo, punte elevate di intensità ideologica sono possibili solo nelle primissime fasi di vita del regime le quali sono destinate poi ad attenuarsi in breve tempo. Linz nell’analizzare il carattere ideologico dei regimi non democratici afferma che esiste una sostanziale distinzione tra due elementi fondamentali della psicologia del regime ossia afferma l’esistenza dell’ideologia, saldamente modellata ed utopistica, e della mentalità, informe e più prossima alla realtà. I regimi autoritari possono mostrare vari livelli e combinazioni di ideologia e mentalità:  In uno scenario autoritario è possibile la presenza di un ideologia senza il suo polo estremo (fascismo italiano)  In alcuni casi si ha una totale assenza di ideologia (regime militare cileno dopo il 1973) A sua volta il grado di intensità ideologica influisce sui livelli di mobilitazione politica sia all’interno del potere politico sia all’interno della società civile. In un regime autoritario i caratteri della mobilitazione sono direttamente proporzionali all’intensità ideologica; si possono trovare regimi autoritari caratterizzati da forme di mobilitazione moderata (regime iraniano post rivoluzione 79) o da una situazione di completa smobilitazione (spagna franchista). L’ideologia inoltre ha un importante impatto sulle modalità di esercizio del potere ossia sulla capacità del regime di condizionare o meno la società civile e l’autonomia dei sottostimi sociali. Le dimensioni strutturali degli autoritarismi Per quanto riguarda i partiti i regimi autoritari possono essere: 1. monopartitici: Huntington propose la distinzione tra monopartitismi o forti: rappresenta la struttura rivoluzionaria che prosegue l’azione di smantellamento delle strutture tradizionali e della società nell’ottica di una perpetuazione della rivoluzione o deboli: adempie alle funzioni digestione e conservazione del potere in genere in un contesto di mobilitazione decrescente se non addirittura di smobilitazione Il partito nel regime autoritario può nascere contemporaneamente al regime oppure essere preesistente 2. a partito egemone: Sartori sottolinea la differenza tra variante ideologica e variante pragmatica 3. senza partito: ogni distinzione dipende dalla fisionomia e dai caratteri di coalizione e della struttura del potere al vertice che sostituisce il partito tra cui leadership militare, personale, élite religiosa o élite civile Una dimensione ulteriore per l’analisi della struttura dei regimi autoritari oltre alla presenza dei partiti è data dal ruolo svolto nei regimi dai militari. I regimi militari sono regimi caratterizzati per la forte influenza, diretta o indiretta, delle forze armate nella vita del paese i quali si legittimano attraverso una mentalità fondata sui principi di lotta alla corruzione, di ripristino dell’ordine e di difesa dei valori nazionali e patriottici. Di solito il coinvolgimento dei militari nella vita politica è di breve durata in quanto il loro controllo è finalizzato al perseguimento di obiettivi specifici il che rappresenta un forte elemento di fragilità. Il colpo di stato è la modalità con cui i militari prendono potere; si tratta di una presa di potere con la forza resa possibile dall’organizzazione capillare sul territorio o dalla detenzione del monopolio degli strumenti coercitivi. Da un colpo di stato ne deriva almeno un cambiamento nella species del regime ma non necessariamente nel genus del regime in quanto è possibile che un colpo di stato sostituisca ad un regime autoritario un altro regime autoritario. Come distinguere tra gli autoritarismi Nel 1975 Linz aveva individuato alcuni sottotipi di regime autoritario in base alle loro caratteristiche: 1. Burocratico-militari: sono dominati da una coalizione di militari e burocrati, sono fortemente ideologizzati e mirano ad impedire ogni forma di partecipazione autonoma delle masse ai processi politici w smobilitare eventuali strutture politiche ereditate da regimi precedenti 2. Regimi di statalismo organico: sono realtà in cui si è cercato di superare l’assetto burocratico militare realizzando una partecipazione e una mobilitazione attraverso strutture organiche valorizzando l’appartenenza degli individui a organizzazioni sociali primarie come la fabbrica o le associazioni 3. Regimi di mobilitazione in società post-democratiche: fanno riferimento a quei regimi autoritari che si sono formati a seguito di una rottura netta con a precedente autorità tradizionale 4. Regimi di mobilitazione post-indipendenza: si sono sviluppati nelle aree liberate dal colonialismo. Sono regimi nazionalisti, fondati su una forte spinta di mobilitazione iniziale, basati su una leadership carismatica, tendenzialmente monopartitici e diffusi soprattutto nell’africa nera e nel Maghreb. Sono stati spesso resi possibili da un basso livello di sviluppo economico e da una società prevalentemente rurale ed ugualitaria 5. Democrazie raziali e etniche: possono anche essere definite come democrazie oligarchiche nelle quali l’esercizio del potere di basa sulla definizione minima di democrazia (capitolo 5) che comprende una ristretta minoranza della popolazione. Nonostante questo regime venga detto democratico le profonde divisioni e differenze interne alla società portano all’impossibilità di un’evoluzione verso una democrazia inclusiva 6. Contesti e regimi politici imperfetti e pre-totalitari: configurano situazioni nelle quali sono presenti rivelanti fattori politici, sociali e culturali favorevoli a un esito totalitario tra le quali la presenza di un partito di tendenze totalitarie che persegue un ideologia utopica e che non è riuscito del tutto a consolidare il proprio potere 7. Autoritari post-totalitari: costituiscono il sottotipo che Linz elabora sulla base delle vicende che caratterizzano l’area dell’est Europa dopo la morte di Stalin e la successiva destalinnazione Tutti questi sottotipi hanno il merito di mettere in rilievo aspetti cruciali che sottolineano le differenze sostanziali tra gli autoritarismi del Novecento. I criteri attraverso i quali si differenzia all’interno della tipologia autoritaria possono essere molti e alcuni di questi sono già contenuti nella definizione di autoritarismo dello stesso Linz ossia l’intensità ideologica, la mobilitazione e il grado di pluralismo politico. Ulteriore elemento è quello del ruolo dei militari e dell’organizzazione partitica. Ulteriori criteri possono riguardare, le origini, i caratteri del Quali sono le ragioni che spiegano l’affermarsi del post-totalitarismo? Tale esito può essere il frutto di una scelta deliberata dalle élites oppure una conquista di alcuni gruppi della società civile oppure ancora essere frutto di una vera e propria decadenza del regime autoritario in base ai casi. 5. I regimi sultanistici Il concetto di sultanismo è introdotto da Max Weber che lo mette in stretta relazione con il patrimonialismo: è detto sultanistico un potere patrimoniale che per il tipo di amministrazione si muove prevalentemente nella sfera dell’arbitrio svincolato dalla tradizione quindi al di fuori di ogni forma di autorità tradizionale e di potere legale o razionale. I regimi sultanistici sono diversi dai regimi autoritari in quanto nei secondi l’istituzionalizzazione del regime, la rule of law e la prevedibilità dell’esercizio del potere sono maggiori. Essi si differenziano anche dai regimi totalitari in quanto che l’ideologia è molto meno rilevante e incisiva sulla società del regime sultanistico. Nonostante queste differenze presentano qualche analogia con il totalitarismo nella tendenza ad alimentare il culto del capo, nello scarso grado di istituzionalizzazione del regime, nella presenza di forme di mobilitazione e in una certa imprevedibilità nell’esercizio del potere da parte del leader. Nello specifico però nel sultanismo l’autorità del leader è alimentata da forme personali di patronage più che da ideologie e mentalità; nel sistema politico e in quello amministrativo predominano le relazioni di lealtà e dipendenza. In questo sistema si presentano estremizzazioni del potere personale che presentano caratteri patrimonialisti e dinastici: la leadership è esercitata su base personale elargendo favori fornendosi anche di un reclutamento limitato ai componenti del clan familiare, dei collaboratori e i membri della sua cerchia e laddove è possibile la successione del leader è assicurata su basi dinastiche come in molti stati arabi o nell’Iran degli scià. L’ideologia quando è presente è del tutto subordinata alle rielaborazioni e reinterpretazioni del leader finalizzate all’esaltazione del suo potere. La stessa cosa accade per le strutture del regime e per la mobilitazione le quali sono finalizzate al raggiungimento degli obiettivi del leader. Lo stato, il partito e la società politica sono nelle mani del leader che esercita il potere senza alcun vincolo e sulla base di un assoluta discrezionalità. Per queste motivazioni è corretto affermare che nei regimi sultanistici si realizza una funzione tra regime e stato. Recentemente si è discusso se il sultanismo possa essere configurato come un regime non democratico a sé stante oppure se sia solo una degenerazione di altri regimi in quanto alcuni casi empirici contemporanei hanno dimostrato di avere origini molto varie e presentano anche caratteri strutturali e culturali differenti (Corea del Nord di Kim Il Sung, Romania di Ceauçescu, le Filippine di Ferdinando Marco etc.) 6. I regimi ibridi Tra i regimi democratici e quelli non democratici le differenze non sono sempre nette e definite ma tra le due categorie di regime una zona grigia nella quale sono collocati i regimi in cui convivono caratteri democratici e caratteri autoritari. Degli 86 stati che tra il 1974 e il 2004 avviano una fase di democratizzazione dovuta alla terza ondata solo 41 riescono a dare vita a democrazie consolidate o in via di consolidamento. Negli altri casi si hanno due tipi di esiti: 1. Una regressione verso un regime non democratico dopo un breve intermezzo che conteneva i segnali concreti in una direzione democratica 2. L’insaturazione di un regime in cui convincono elementi di democrazia con caratteri autoritari come risultato di una sorta di ibridazione del regime oppure di un percorso di democratizzazione mai terminato Gli stati che hanno intrapreso la seconda strada sono detti “stati parzialmente liberi” e secondo la definizione di Freedom House costituiscono oggi il 28% del totale degli stati ossia 55 su 195. I problemi teorici La crescita di questa categoria di regimi ibridi pone qualche problema teorico; - Oltre a ribaltare la concezione secondo cui la democrazia si sia ormai affermata contribuisce anche a creare una categoria che ribalta la tradizionale dicotomia che vede i regimi solo come democratici o non democratici. Date le caratteristiche specifiche di ciascun regime ibrido la loro definizione è per forza molto generale ed include tutti quei regimi in cui istituzioni e procedure autoritarie convivono con istituzioni e procedure democratiche e nei quali viene soddisfatta qualche forma di democrazia elettorale. - Sorgono inoltre interrogativi di natura classificatoria; questi regimi devono essere considerati come regimi di transizione? Sono classificabili in una categoria a parte o sono sempre destinati ad evolversi? La questione è concentrata sulla domanda che riguarda se si tratti di regimi democratici incompleti oppure di regimi stabili - Un ulteriore questione riguarda le ragioni che ostacolano il percorso dei regimi verso la democratizzazione La terminologia e la questione elettorale Inoltre vi è la questione della terminologia: le denominazioni di questi regimi sono variati molte volte nel corso del tempo, essi sono stati chiamati a partire da Finer nel 1970 quasi democrazie, democrazie illiberali, democrazie elettorali, pseudo-democrazie, autoritarismo competitivo, democrazie distorte, autoritarismi elettorali o democrazie deficitarie. Un termine rilevante che è possibile individuare come aggettivo nelle varie definizioni di sistema ibrido è “elettorale”. Ma è utile rilevare la presenza di processi elettorali che non sono del tutto democratici? Occorre valutare se e quanto e elezioni rappresentino effettivamente un’opportunità di libertà e scelta oppure se sono solo uno strumento utile al governo autoritario. La linea di demarcazione è quella che divide le cosiddette democrazie liberali dagli autoritarismi elettorali: nel primo termine viene utilizzato anche da freedom house per designare quegli stati in cui si hanno elezioni sostanzialmente libere ma si distinguono dalla democrazia liberale in quanto mancano di libertà civili e tutela dei diritti umani, mentre il secondo è inserito ancora in un contesto di autoritarismo e la presenza di elezioni non sono totalmente libere ma sono spesso controllate e manipolate per raggiungere gli obiettivi del governo. In conclusione oltre alle democrazie vere e proprie e ai regimi non democratici che non contemplano alcuna elezione esistono tre possibili scenari: 1. Democrazie elettorali con elezioni che soddisfano i requisiti democratici ma con ancora forti carenze sul piano delle libertà e dei diritti 2. Autoritarismi elettorali nei quali le elezioni costituiscono il risultato di un processo di liberalizzazione del regime con la presenza di un pluralismo politico limitato ma dove sono ancora assenti i requisiti di competizione e correttezza democratici 3. Regimi non democratici nei quali il rito elettorale è privo di qualsiasi forma di competitività ed è controllato in tutte le sue fasi e rappresenta una semplice pratica di controllo sociale e auto-legittimazione Il primo gruppo di paesi è sicuramente parte dei regimi ibridi mentre il secondo può rientrarvi quando appare evidente che le elezione vanno sempre più sfuggendo al controllo autoritario e acquistano caratteri di competitività Conclusione A prescindere dalle denominazioni questi regimi: - Non sono democrazie in quanto non soddisfano tutti i requisiti minimi di democrazia - In quanto sono caratterizzati da un cambiamento che parte dall’autoritarismo e sviluppa verso una democrazia o viceversa siamo spesso portati a considerarlo come un regime in transizione lasciando in sospeso la sua classificazione. In questa prospettiva si tenta attraverso le analisi di misurare e monitorare i cambiamenti in coso senza darne una definizione definitiva Le due prospettive conducono a impostazioni teoriche diverse. Con la prima è possibile identificare i regimi come ibridi abbastanza prossimi alla democrazia anche se non soddisfano i requisiti minimi e non sembrano avere soluzioni democratiche possibili a breve termine. Con la seconda prospettiva i regimi in oggetto sono regimi che si trovano in mezzo ad una transizione politica e la collocazione tipologica rimane sospesa. Scegliere una delle due prospettive implica anche decidere quando è che un regime di transizione cessa di essere tale e quindi spetta all’osservatore empirico cogliere i segnali in questo senso. Tabella 4.3 I regimi politici contemporanei Totalitarismo Autoritarismo Post totalitarismo Sultanismo Regimi ibridi Leadership Forte con alimentazione dl carisma e culto della personalità Forte/debole Debole Forte fondata sull’alimentazion e del carisma e il culto del potere personale, del clan familiare e dei collaboratori Forte/debole Struttura del regime Partito unico forte e rivoluzionario; stato subordinato al partito; una duplicazione degli organi Partito unico debole egemone o assente; potere militare o in mano a gruppi civili; stato forte e accentrato Partito unico in via di indebolimento; strutture totalitarie ancora presenti ma in disattivazione Può esserci un partito unico come strumento del leader; tendenza alla funzione tra stato e regime Processi elettorali parzialmente competitivi; pluralismo politico; carenza di diritti Ideologia o mentalità dominante Ideologia rivoluzionaria pervasiva; indottrinamento allargato Mentalità predominanti; fasi ideologiche possibili solo nella formazione Ideologia debole con poco richiamo emotivo e culturale Ideologia quasi mai elaborata e subordinata alle rielaborazioni del leader Assente Pluralismo politico Assente Debole e possibile; pluralismo sociale ed influenza politica indirette Pluralismo istituzionale; debole e in crescita solo nelle fasi di crisi Assente o di facciata Presente con limitazioni Mobilitazion e Forte, a ondate e finalizzata alla trasformazione accelerata senza badare ai costi; presenza di terrore Debole o addirittura presenza di smobilitazione Rituale e priva di spinte di carattere rivoluzionario Forte o debole a seconda dei casi ma finalizzata agli obiettivi del capo Debole ma con possibilità di ampia partecipazione Modalità di esercizio del potere Potere illimitati all’élite e generalmente imprevedibile Limiti possibili nelle norme scritte, nelle tradizioni e generalmente prevedibile Prevedibilità in crescita Potere illimitato del capo e dell’élite; generalmente imprevedibile Esercizio del potere largamente prevedibile
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