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Riassunto del Cinquecento (Storia moderna), Schemi e mappe concettuali di Storia Moderna

Riassunto del Cinquecento (Storia moderna)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 13/04/2022

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Scarica Riassunto del Cinquecento (Storia moderna) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! FORMAZIONE DELLO STATO MODERNO 1. La guerra come movente di modernizzazione. 2. Creazione di un apparato fiscale, burocratico, diplomatico, militare 3. Nascita del sistema dei consigli del re (polisinodale) 4. Creazione di una nuova gerarchia sociale 5. Conservazione di una multiformità di istituzioni politiche, giuridiche, fiscali 6. Ma: sovrano come principio unitario dello Stato, fonte della giustizia, del diritto, della legittimazione dei privilegi nobiliari. Concezione sacrale del sovrano (due corpi del re). 7. Rafforzamento del potere regio nel demanio. 8. Rafforzamento del legame con le Chiese locali. 9. Espansione territoriale 10.Formazione degli Stati nazionali (in Italia regionali). 11.Stato pontificio: potenza temporale (e, per Prodi, modello dello Stato moderno). MONARCHIE E IMPERI TRA XV E XVI SECOLO I REGNI DI FRANCIA, SPAGNA, INGHILTERRA E L’IMPERO GERMANICO LA FRANCIA  Accentramento del potere regio nelle mani del governo regio In Francia sotto Carlo VIII (1483-1498) e i suoi successori Luigi XII (1498-1515) e Francesco I (1515-1547) continuò la tendenza all'accentramento del potere nelle mani del re e dei collaboratori da lui scelti che già si era affermata sotto Carlo VII e Luigi XI. Si rafforzò l'amministrazione finanziaria, imperniata sull’esazione della taglia1 e sulla suddivisione del paese in circoscrizioni fiscali dette generalites (1542). Crebbe l'autorità del Consiglio del re, mentre si riunirono con sempre minore frequenza gli Stati Generali.  La vendita delle cariche pubbliche. Nobiltà “di toga” e “di spada”. Si affermarono in ambito giudiziario l'azione del Gran Consiglio e quella dei Parlamenti, tribunali d'appello eretti a Parigi e nei principali centri provinciali formati da giuristi di origine borghese. Questi funzionari e magistrati regi vennero reclutati in misura crescente attraverso il meccanismo della vendita delle cariche pubbliche, che venne riconosciuto ufficialmente nel 1522. Per questo via da un lato lo Stato acquisiva introiti 1 Un’imposta sui redditi da cui erano esenti la nobiltà e il clero. supplementari, dall’altro si costituiva un ceto di officiers (funzionari) numeroso e potente. Le cariche più elevate conferivano la nobiltà ai loro titolari e pertanto i vertici di questo ceto formarono una nobiltà detta di toga (rivale della più antica nobiltà di spada) che col tempo acquisì la possibilità di trasmettere per via ereditaria la carica.  Privilegi della Chiesa gallicana e il concordato di Bologna. Nei confronti del papato furono fatti valere i privilegi della chiesa gallicana già sanciti nella Prammatica sanzione del 1438. Nel 1516 Francesco I stipulò con Papa Leone X un concordato a Bologna: veniva lasciata cadere l’affermazione della superiorità del Concilio sul pontefice, ma in cambio il re di Francia si vedeva riconoscere il diritto di nomina a tutti i vescovati e gli arcivescovati, alle abbazie e ai priorati nel proprio territorio.  La persistenza di poteri locali. Non dobbiamo tuttavia pensare che la monarchia francese esercitasse già intorno al 1500 un'autorità assoluta e uniforme su tutto il territorio nazionale: i grandi feudatari mantenevano un considerevole potere locale, accresciuto in alcuni casi dal titolo di governatori conferito loro dal re. La legislazione regia regolava solo alcune materie, mentre per il resto vigeva un diritto consuetudinario diverso da luogo a luogo o ci si appellava (soprattutto nel sud) al diritto romano. LA SPAGNA  Il regno congiunto di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona In Spagna il matrimonio di Isabella di Castiglia con Ferdinando D'Aragona (1469) preparò, senza che i due regni venissero uniti, il regno congiunto dei due sovrani, che ebbe inizio nel 1479 dopo un periodo di difficoltà e di guerre civili.  La Santa Hermandad, i corregidores e il limitato potere delle Cortes castigliane. L’anarchia feudale e il banditismo vennero efficacemente repressi con la riorganizzazione della Santa Hermandad, una confederazione di città che svolgeva compiti di polizia. L'amministrazione delle città venne posta sotto tutela con la nomina di funzionari regi detti corregidores. Le Cortes furono convocate di rado e indotte senza troppa fatica ad approvare le richieste finanziarie della corona, le quali, inizialmente composto da tutti e tre gli ordini (clero, nobiltà, terzo stato), furono progressivamente chiamate sostanzialmente alla sola ratifica di alcune imposte indirette, e pertanto videro la partecipazione delle sole rappresentanze del Terzo Stato (le oligarchie urbane).  La sottomissione della nobiltà. Gli ordini militari. La sottomissione della nobiltà fu agevolata della politica di concessioni e di favori fatta da Ferdinando, che, oltre a farsi proclamare gran maestro dei potenti ordini militari di Santiago, Calatrava e Alcántara, ottenne anche dal papa la facoltà di conferire i seggi episcopali e gli altri benefici ecclesiastici.  La Mesta. Sul piano economico la corporazione degli allevatori di pecore, la Mesta, controllata dalla grande aristocrazia, godette della protezione regia anche a danno degli interessi dell'agricoltura.  I letrados. Nel Consiglio reale, più tardi chiamato Consiglio di Castiglia furono in compenso nominati soprattutto giuristi di ordine borghese (letrados). Protagoniste delle battaglie europee saranno d’ora in poi prima di tutto le fanterie che comportò il declino della cavalleria pesante, elemento centrale della guerra nell’età feudale.  La fama di invincibilità dei fanti svizzeri. I fanti svizzeri costituivano una parte rilevante dell’esercito di Carlo VIII; la loro reputazione di invincibilità fu infranta solo a Melegnano nel 1515; i segreti della forza di questi combattenti stava soprattutto nel tipo di formazione in cui si schieravano in campo (un quadrato di 6000 uomini).  I tercios spagnoli. Ad essi si contrappose uno schieramento più flessibile, guidato dal generale spagnolo Gonzalo Fernandez, formato da 3000 uomini.  La cavalleria come arma ausiliaria. La cavalleria conservò la sua importanza come arma ausiliaria, per le scorrerie nel campo nemico e per l’inseguimento.  Evoluzione dell’arte militare e mutamento della società e dello Stato. Questa evoluzione dell'arte militare si può considerare insieme causa ed effetto di più profondi mutamenti della società e dello Stato.  Guerra, potenza finanziaria dello Stato e ruolo accessorio della nobiltà. L’ascesa della fanteria e dell’artiglieria ad armi decisive per vincere le battaglie manifestava la nuova potenza finanziaria e accentrata dello Stato rinascimentale e relegava ad un ruolo accessorio l’apporto della nobiltà (cavalieri medievali).  Spirito di corpo e orgoglio professionale delle truppe mercenarie. Anche nelle truppe mercenarie albergava uno spirito di corpo e di orgoglio professionale che erano componenti imprescindibili del loro valore. LA PRIMA FASE DELLE GUERRE D’ITALIA (1494-1516)  Morte di Innocenzo VIII e di Lorenzo il Magnifico e fine dell’equilibrio della pace di Lodi. In Italia l’equilibrio sancito dalla pace di Lodi nel 1454 durò sostanzialmente fino all’ultimo decennio del secolo; nel 1492 scomparvero due protagonisti di quella fase politica: papa Innocenzo VIII, cui succedette lo spagnolo Rodrigo Borgia con nome di Alessandro VI (1492-1503), e Lorenzo de Medici, che era considerato “l’ago della bilancia”.  Ambizioni espansionistiche di Venezia e Milano e sottovalutazione delle potenze straniere. La stabilità della penisola era inoltre minacciata dalle mire espansionistiche della Repubblica di Venezia e dalle ambizioni del signore di Milano Ludovico Sforza, che puntava a consolidare il potere usurpato al nipote Gian Galeazzo. Pur di raggiungere i propri fini sia Venezia, sia Ludovico Sforza o il pontefice erano pronti ad invocare l’aiuto delle potenze estere; l’errore che hanno compiuto fu quello di non aver tenuto conto della propria fragilità interna e di aver sottovalutato le nuove dimensioni politico-militari delle monarchie di Francia e Spagna  Carlo VIII e la conquista del Regno di Napoli. Il re di Francia Carlo VIII intendeva far valere sul regno di Napoli i diritti che gli derivavano dalla discendenza angioina e preparò le condizione favorevoli per l’impresa firmando la pace di Senlis. Con gli aiuti da Venezia e Milano, che erano rivali del re di Napoli Ferrante d’Aragona. Nell’agosto del 1494 Carlo passò le Alpi con un forte esercito e nel febbraio del 1495, quasi senza incontrare resistenza, entrò a Napoli, accolto come un liberatore dai nobili che si erano ribellati contro Ferrante.  Stati italiani e Lega antifrancese. Solo allora gli Stati italiani si resero conto del comune pericolo: a fine marzo venne stipulata una Lega in funzione antifrancese che comprendeva Venezia, Milano, Firenze, lo Stato pontificio, la Spagna e l’Impero.  La battaglia di Fornovo e la riconquista aragonese di Napoli. Nel maggio del 1495 Carlo VIII, lasciati nel regno di Napoli alcuni presidi militari, prese la via del ritorno. L'esercito della Lega cercò invano di chiudergli il passaggio in uno scontro che si svolse presso Fornovo il 6 luglio. Intanto Ferdinando d’Aragona (1495-1496), nipote di Ferrante, riusciva a recuperare il Regno con l’appoggio degli spagnoli e dei veneziani. L’impresa di Carlo, dunque, si concluse con un nulla di fatto, ma mostrò la fragilità politica e militare dell’Italia.  Conseguenze della guerra di Toscana. Savonarola a Firenze. I contraccolpi dell’impresa furono sensibili soprattutto in Toscana, dove Piero de Medici, successore di Lorenzo, era stato cacciato dai fiorentini sdegnati per la sua condiscendenza alle richieste di Carlo; a Firenza, la lotta politica tra le varie fazioni minacciava di degenerare in guerra civile; in questa situazione grande successo ebbe la predicazione di un frate domenicano, Girolamo Savonarola, che si scagliava contro la corruzione della Chiesa e del secolo e invocava una riforma costituzionale e morale. I seguaci di Savonarola, detti piagnoni, imposero l’adozione di un sistema di governo popolare, il cui perno fu la costituzione di un Consiglio grande, composto da 3000 cittadini; ma l’ostilità del papa che scomunicò Savonarola nel 1497 e il malcontento delle famiglie più ragguardevoli portarono presto alla fine di questa esperienza che si concluse con Savonarola giustiziato nel 1498 e il ripristino dell’aristocrazia fiorentina.  I disegni espansionistici di Venezia e la conquista francese di Milano. Venezia, nel frattempo, non desisteva dai suoi disegni di espansione nella penisola italiana. Dopo aver sedato la rivolta di Pisa e aver occupato alcuni porti delle Puglie, nell’aprile del 1498 Venezia concluse con Luigi XII, successore di Carlo VIII, un trattato di alleanza che le garantiva Cremona in cambio del suo appoggio alla conquista francese del Ducato di Milano, dove la spedizione si concluse rapidamente nel 1499 con la conquista da parte francese. Ludovico il Moro fu condotto prigioniero in Francia.  Conquista spagnola del Regno di Napoli (1503). Un altro conflitto regolò il destino del regno di Napoli dove la sorte delle armi tra Spagna e Francia fu favorevole agli spagnoli nel 1503 che rimase unica padrona del Mezzogiorno d’Italia, avendo già Sicilia e Sardegna.  Ascesa e caduta di Cesare Borgia. Negli stessi anni Cesare Borgia, figlio del pontefice Alessandro VI, giunse a ritagliarsi un dominio personale nella Romagna e nelle Marche eliminando i vari signori, ma la morte di Alessandro nel 1503 fece abortire l’impresa.  Giulio II e la restaurazione del potere temporale della Chiesa. La Lega di Cambrai contro Venezia. La battaglia di Agnadello (1509). Il nuovo papa Giulio II (1503-1512) si propose di restaurare il dominio temporale della chiesa organizzando spedizioni militari; di fronte al rifiuto di Venezia di sottomettersi, l pontefice si fece promotore di un’alleanza anti veneziana, della Lega di Cambrai dalla città francese dove venne stipulata nel 1508 dall’imperatore Massimiliano, dal re di Francia e quello di Spagna. Il 14 maggio 1509 l’esercito veneziano fu duramente sconfitto da quello francese ad Agnadello, presso Crema, che grazie anche alle aristocrazie venete in conflitto con il patriziato veneziano apri le porte agli imperiali che calavano dalle Alpi.  La lega santa antifrancese. Tuttavia, ben presto, sorse il disaccordo tra gli alleati, anche grazie all’abilità diplomatica di Venezia, che portò il papa, soddisfatto nelle sue pretese temporali (restituzione dell terre romagnole e libera navigazione nell’Adriatico) e spirituali (rinuncia di Venezia all’appello del Concilio e alla tassazione degli ecclesiastici), tolse la scomunica a Venezia e non solo si ritirò dalla lega, ma ne promosse un’altra contro la Francia, di cui si temeva la strapotenza, con l’appoggio della Spagna, Inghilterra e Svizzera, della Lega Santa; ciò comportò il ritorno dei Medici a Firenze e l’occupazione del Ducato di Milano da parte degli svizzeri; la Francia si riappacificò allora con Venezia, che promise il proprio aiuto contro gli svizzeri.  Venezia conserva i suoi domini, ma riduce le sue ambizioni. Negli anni seguenti Venezia poté riconquistare le città venete ancora in mano all’imperatore che contribuì a conservare l’essenziale dei suoi domini in terraferma, rinunciando ai più recenti acquisti in Lombardia, Romagna e nelle Puglie, riducendo le sue ambizioni.  Francesco I in Italia: la battaglia di Melegnano (1515) e la pace di Noyon. Salito al trono appena ventenne nel gennaio del 1515, il nuovo re di Francia Francesco I preparò subito una nuova spedizione in Italia; il 13-14 settembre 1515 si svolse a Melegnano lo scontro decisivo contro gli svizzeri che controllavano Milano, dove Francesco riuscì a vincere e ad entrare a Milano; la pace di Noyon nel 1516 tra Francia e Spagna consolidava per il momento l’equilibrio raggiunto nella penisola italiana: agli spagnoli il regno di Napoli, a Francesco il Ducato di Milano. CARLO V: IL SOGNO DI UNA MONARCHIA UNIVERSALE  Carlo d’Asburgo re di Spagna Alla morte di Ferdinando il cattolico (1516) il nipote Carlo d’Asburgo ereditò la corona di Spagna, nato dalla figlia di Ferdinando, Giovanna la pazza, e da Filippo d’Asburgo, figlio di Massimiliano I.  L’elezione imperiale. Alla sua candidatura si contrappose il re di Francia Francesco I appoggiato dal pontefice Leone X. A decidere la contesa furono l’ostilità degli elettori tedeschi nei confronti del re di Francia e l’oro prestato dai banchieri di Augusta per comprare i voti degli elettori. Alla fine, Carlo fu eletto all’unanimità dalla Dieta a Francoforte nel 1519.  La formazione di Carlo e l’idea imperiale. Mercurino di Gattinara. Carlo ereditò un orgoglioso senso dinastico, la cultura aristocratica e cavalleresca franco - borgognona, una religiosità sincera e profonda (vicina alla Devotio moderna) e l’idea imperiale intesa come dovere di guidare la cristianità, di mantenerla unita nella giustizia e nella fede, grazie anche all’influsso esercitato sul sovrano dal suo cancelliere Mercurino di Gattinara. Quest’ultimo attribuiva a un Nel 1526 Solimano il Magnifico raggiunse il Danubio entrando nel territorio ungherese. Il re d’Ungheria e di Boemia Luigi II Jagellone a Mohacs fu sconfitto e ucciso a Mohács il 29 agosto 1526. Entrato a Buda il 10 settembre, Solimano decise di fare dell’Ungheria uno Stato vassallo sotto la sovranità del principe di Transilvania, Giovanni Szapolyai; ma la successione era rivendicata dall’arciduca Ferdinando, cognato del defunto sovrano ungherese, che nel 1521 aveva ottenuto da Carlo V il governo dei domini ereditari asburgici  Assedio di Vienna e il fallimento dell’offensiva. Nel conflitto che ne segui i turchi arrivarono fin sotto le mura di Vienna nel 1529, ma i ducati austriaci erano troppo lontani dalle basi ottomane. Il fallimento di una nuova offensiva lanciata nel 1532 portò Solimano a concludere la pace con Ferdinando riconoscendogli il possesso di un’ampia striscia di territorio a nord-ovest (Ungheria Imperiale), mentre sul trono di Buda veniva riconfermato Giovanni.  La minaccia ottomana nel Mediterraneo. Il Mediterraneo fu teatro delle audaci scorrerie dei pirati barbareschi e in particolare di Khayr al-Din, signore di Algeri. Tunisi cadde nel 1534 e Carlo V guidò una spedizione che portò alla sua riconquista nel 1535. Negli anni successivi l’iniziativa nelle acque del Mediterraneo fu ripresa dagli ottomani, che nel 1538 sconfissero a Prevesa le flotte riunite di Spagna e di Venezia.  La pacifica convivenza di razze e religioni nell’Impero ottomano. Solimano estese i propri domini a sud fino allo Yemen e ad Aden. Nel 1530, l’impero ottomano aveva 30 milioni di abitanti, tra cui cristiani, ebrei e musulmani. La pacifica convivenza di razze e religioni diverse era infatti allora una caratteristica della civiltà islamica: l’unica discriminazione a danno dei non musulmani era il pagamento di una tassa speciale.  Le devshirme. Fondamentale fu il contributo dei sudditi cristiani al rafforzamento del regime ottomano attraverso il sistema detto devshirme -> una sorta di leva forzata di bambini addestrati per il servizio di corte, come paggi, o per formare il corpo dei giannizzeri (esercito turco), la famosa e temutissima fanteria scelta ottomana.  L’esercizio ottomano: giannizzeri e sipahi. Un altro elemento costitutivo dell’esercito ottomano erano i sipahi -> cavalieri che in cambio del servizio militare ottenevano concessioni di terre, che erano diversi dai feudi europei in quanto erano a carattere temporaneo e non ereditario.  L’autorità assoluta del sultano. Nell’impero ottomano la terra era di proprietà del sultano, che esercitava un’autorità assoluta e dispotica sugli uomini e sulle cose. Anche i suoi più stretti collaboratori, membri del Divan (Consiglio) presieduto dal gran visir, erano spesso schiavi o liberti.  Condizioni di vita per certi aspetti migliori che in Europa. La vita della massa dei sudditi era per alcuni aspetti migliore di quella europea in quanto non esisteva la servitù della gleba e il prelievo operato sui contadini dai timarioti e dallo stato non era gravoso e la protezione dello stato era assicurata ai mercanti e agli artigiani riuniti in corporazioni. LE SCOPERTE GEOGRAFICHE (1487-1544) Protagonisti: Portogallo e Spagna Moventi principali:  Economico: ricerca delle spezie dopo la caduta di Costantinopoli (1453) e ricerca dell’oro.  Religioso: realizzazione della crociata. Differenza tra Portogallo e Spagna:  Portogallo: creazione di piazzeforti commerciali (colonialismo di rotte).  Spagna: creazione di nuovi Stati sul modello spagnolo.  Conseguenze:  Unificazione del mondo.  Distruzione civiltà indigene.  Evangelizzazione forzata delle colonie.  Creazione di nuovi Stati sul modello europeo.  Creazione di piazzeforti commerciali.  Creazione di una rete mondiale di commerci.  Mutamenti nell’economia europea e coloniale.  Mutamenti nella società e nella mentalità. LE CONOSCENZE GEOGRAFICHE ALLA FINE DEL MEDIOEVO: L’AFRICA NERA  I rapporti tra l’Europa e gli altri continenti alla fine del Medioevo: l’importanza del Mediterraneo. Alla fine del Medioevo i rapporti diretti degli europei con gli altri continenti erano limitati agli scambi economici e culturali nel Mediterraneo; i viaggi verso oriente erano più difficili dopo l’avvento della dinastia Ming in Cina e con l’espansione della potenza ottomana nel Mediterraneo orientale e nel Balcani; i mercanti veneziani che avevano il monopolio della fornitura di spezie e sete orientali dovevano approvvigionarsi dagli intermediari arabi nei porti di Beirut e di Alessandria.  Le nozioni geografiche. Le nozioni geografiche del primo Rinascimento erano vaghe e imprecise per quanto riguarda gli altri continenti; si era imposta con Tolomeo la concezione sferica della Terra => il continente africano era immaginato più corto e la sua costa occidentale era raffigurata come una linea obliqua tendente verso sudest; il blocco formato dai 3 continenti (Europa, Asia e Africa) era collocato nell’emisfero settentrionale e non si aveva alcuna idea sull’esistenza delle Americhe e dell’Oceania. Ma furono proprio questi errori ad incoraggiare i viaggi dei portoghesi e di Colombo e si ebbero delle idee fantasiose ed esagerate circa le ricchezze delle Indie e l’esistenza, in Africa o in Asia, di un regno cristiano -> il regno del mitico prete Gianni con il quale gli europei vollero stabilire un'alleanza antimusulmana.  Africa nera: popolazione ed economia. Sviluppo di regni importanti. Scambi commerciali. Economia. Gli studi recenti hanno smentito la visione dell’Africa Nera come un continente senza storia con una condizione di primitiva barbarie; era vario lo sviluppo dell’economia -> molte popolazioni del centro-sud vivevano ancora di caccia e di raccolta dei frutti, erano praticati l’allevamento e l’agricoltura, la produzione di tessuti, ceramiche, utensili di legno e di metallo.  Penetrazione araba, espansione dei traffici e sviluppo di formazioni statali complesse. La penetrazione araba aveva portato con sé l’espansione dei traffici e tra il XIV e il XVI secolo avvenne la fioritura di formazioni statali complesse tra il Sahara e la foresta equatoriale dove all’influenza islamica si contrapponeva quella cristiana ed erano in grado di riscuotere tributi e mobilitare eserciti. LE CIVILTÀ PRECOLOMBIANE IN AMERICA  Le civiltà dell’America centrale e delle Ande. Nel continente americano le civiltà più evolute si svilupparono negli altipiani dell’America centrale e meridionale. In queste zone era praticata un’agricoltura sedentaria, basata sul mais, sui tuberi (patate e patate), pomodori, fagioli, peperoni e cacao. Minore importanza era l’allevamento. che era limitato al lama peruviano. Varie erano le attività artigianali: stoffe di cotone tinte a colori vivaci, ceramica, vasellame e utensili d’oro, argento e rame. Caratteristica delle civiltà centro-americane e andine era poi l’imponenza delle opere pubbliche, come le enormi piramidi a gradoni dell’area azteca e maya.  Il declino della civiltà maya. Quando gli spagnoli giunsero in America. era in declino la civiltà dei maya, che era situata tra Guatemala e la penisola dello Yucatan, con le sue ricche città-stato. i suoi templi monumentali, le sue raffinate espressioni artistiche e le sue elaborate credenze cosmologiche e religiose. La sua eredità spirituale era stata accolta da altre popolazioni guerriere -> i toltechi e gli aztechi.  L’impero azteco. Verso la metà del XIV secolo, gli aztechi fondarono la loro capitale, Tenochtitlán. Tra il XV secolo e gli inizi del XVI gli aztechi, con spedizioni militari alternate ad azioni diplomatiche, estesero il proprio potere da un oceano all’altro e da nord a sud. Al tempo dell’invasione spagnola (1519), l’Impero azteco contava forse 25 milioni di abitanti, ed era ancora in espansione.  Il ruolo della guerra nella società azteca: necessaria. Sacrifici umani. La guerra non era necessaria solo per accrescere i tributi ma anche per catturare prigionieri, sacrificati a centinaia agli dèi nel corso di grandi cerimonie pubbliche.  La religione azteca. Il dio del sole, Huitzilopochtli. La religione degli aztechi era imperniata sull’idea della precarietà dell’ordine cosmico, continuamente minacciato da catastrofi naturali e dalla collera delle divinità come il dio del Sole, Huitzilopochtli. Secondo la cosmogonia azteca, l’umanità era forza di questo accordo, la linea divisoria tra l’area portoghese e quella spagnola era fissata 370 leghe a ovest delle isole di Capo Verde, il che renderà possibile al Portogallo rivendicare la proprietà del Brasile, scoperto da Cabral nel 1500.  Vasco da Gama e la via marittima alle Indie orientali (1497-99) La rivalità con la Spagna affrettò i preparativi portoghesi per la decisiva spedizione alle Indie orientali, il cui comando fu affidato a Vasco de Gama (1497). Doppiato il Capo di Buona Speranza la piccola squadra, formata da quattro caravelle, risalì la costa orientale dell’Africa fino a Malindi. Il 20 maggio 1498 gettò le ancorenei pressi di Calicut, lungo la costa del Malabar indiano. Vasco da Gama riuscì a caricare le sue navi di spezie e pietre preziose e a ripartire ai primi di ottobre. Il viaggio di tirono fu ancora più lungo e penoso di quello di andata: due sole delle quattro navi che erano partite fecero ritorno in patria, dopo due anni di assenza, alla fine di agosto 1499.  Cabral: la presa di possesso del Brasile (1500) e il viaggio in India Subito una nuova e più agguerrita flotta fu allestita e affidata a un altro nobile, Cabral. Fu lui a prendere possesso del Brasile in nome del re del Portogallo (24 aprile 1500). La squadra di Cabral raggiunse poi l’India, ripetendo il viaggio di Vasco de Gama, nel settembre 1500, e subito manifestò le sue intenzioni prendendo a cannonate la città di Calicut e stabilendo invece relazioni d’affari con il sovrano di Cochin.  Oltrepassare l’America. Nei primi anni del nuovo secolo l’obiettivo principale dei navigatori fu quello di trovare un passaggio, a sud o a nord, che permettesse di andare oltre l’America. Il primo a vedere l’immenso oceano che si estendeva al di là del continente americano fu lo spagnolo Núnez de Balboa, che attraversò nel 1513 l’istmo di Darien (oggi Panama).  Magellano e la prima circumnavigazione del globo. Magellano partì da Siviglia con cinque navi il 10 agosto 1519 e trovò in fondo alla Patagonia, il 21 ottobre dell’anno seguente, lo stretto destinato a prendere il suo nome. Magellano attraversò il Pacifico e dopo tre mesi di navigazione sbarcò nelle Filippine e ne prese possesso in nome del re di Spagna. Perito Magellano in uno scontro con gli indigeni (27 aprile 1521), il comando della spedizione fu assunta da Elcano. Alla fine, dopo ulteriori perdire, meno di venti uomini (tra i quali l’italiano Antonio Pigafetta) riuscirono a raggiungere le coste spagnole, dopo aver circumnavigato l’Africa, nel settembre 1722. Con la prima circumnavigazione del globo si avverava il sogno di Colombo. SPEZIE E CANNONI: L’IMPERO MARITTIMO DEI PORTOGHESI  Lo sfruttamento commerciale della carreira da India. Tutti gli sforzi del Portogallo furono invece concentrati nello sfruttamento a fini commerciali della via marittima verso le Indie orientali. La carreira da India assunse una cadenza pressoché annuale ma il numero dei portoghesi in Oriente nel XVI secolo non superò mai i sei o settemila, disseminati tra Mozambico e Macao. In queste condizioni era impensabile la conquista e la colonizzazione di vasti territori.  Costruzione di fortezze e accordi con i sovrani locali. Anche nell’Africa orientale e nell’Asia meridionale fu dunque ripetuto il modello già sperimentato con successo nel golfo di Guinea: la costruzione di fortezze e di feitorias (empori commerciali) in luoghi strategici, gli accordi con i sovrani locali, preceduti o accompagnati se necessario da prove di forze, la lotta senza quartiere contro i concorrenti.  La battaglia di Diu (febbraio 1509). Il tentativo più serio di bloccare l’espansione portoghese fu compiuto dal sovrano mamelucco dell’Egitto in alleanza col sultano dello Stato indiano di Gujarat; esso venne stroncato con la grande vittoria della flotta portoghese a Diu nel febbraio del 1509.  Nuove conquiste Nei decenni successivi, alle basi e ai territori controllati dal Portogallo attraverso propri viceré si aggiunsero le nuove conquiste nell’isola di Ceylon e nelle Molucche; la Cina concesse l’apertura di un emporio a Macao. Perfino il Giappone fu regolarmente visitato per un certo periodo dai mercanti e dai missionari portoghesi.  La Casa da India Tranne che nell’Estremo Oriente, il commercio era strettamente controllato dalla corona attraverso la Casa da India di Lisbona, che prelevava il 30% delle importazioni; mentre un’altra parte dei guadagni finiva nelle mani dei finanziatori delle spedizioni.  Spartizione del traffico di spezie tra Portogallo e Venezia. I portoghesi non riuscirono mai, come pure tentarono di fare, a impadronirsi di Aden e a chiudere il mar Rosso, la tradizionale via marittima di approvvigionamento delle spezie per il Levante e l’Europa; cosicché, grazie anche alla conquista ottomana della Siria e dell’Egitto nel 1516-1517, le spezie e gli altri prodotti orientali ricominciarono ad affluire nel Mediterraneo e si arrivò a una sorta di spartizione del mercato europeo tra Venezia da un lato, i portoghesi e i loro alleati dall’altro. Infine, diversamente da olandesi e inglesi, loro eredi nel dominio su quei mari nel XVII e XVIII secolo, i portoghesi non si prefissero di monopolizzare il lucroso commercio interasiatico. LE IMPRESE DEI CONQUISTADORES SPAGNOLI  I conquistadores e l’esplorazione del Nuovo Mondo. Nei primi venticinque anni dopo la scoperta di Colombo, la presenza europea nel Nuovo Mondo si limitò sostanzialmente alle isole caraibiche e puntò soprattutto alla ricerca dell’oro; spietato fu lo sfruttamento della popolazione indigena. Solo nel 1517 ebbe inizio seriamente l’esplorazione della terraferma. Protagonisti ne furono i conquistadores, quei soldati spagnoli che, di origini spesso nobili ma povere, ispirati dalla lettura dei romanzi cavallereschi e infiammati dal miraggio dell’oro e della gloria, attraversarono l’oceano e mossero alla conquista di grandi regni e di immense estensioni di territorio.  Cortés e la conquista dell’Impero azteco (1519-1521). Nel febbraio 1519 Hernán Cortés partì dall’Isola di Cuba con poco più di 500 uomini e un piccolo numero di cavalli e di cannoni. Giunto alla capitale, Tenochtitlán, fu ben accolto dal sovrano Montezuma II, che a quanto sembra vide nel nuovo venuto una reincarnazione di Quetzalcoatl, il “serpente piumato”. Per tutta risposta Cortés lo fece prigioniero e lo obbligò a pagare un enorme riscatto; ma poco dopo gli spagnoli furono costretti a ritirarsi da una rivolta nel corso della quale rimase ucciso lo stesso Montezuma.  La distruzione di México-Tenochtitlán. Cortés ritornò a Tenochtitlán nell’agosto 1521ì, la occupò e la distrusse. Sulle rovine venne eretta una nuova città sul modello spagnolo, l’attule Città di Messico. Il resto dell’impero azteco venne rapidamente conquistato e sottomesso: il 15 ottobre 1522 un editto emanato da Carlo V a Valladolid nominava Hernán Cortés governatore e capitano della Nuova Spagna.  Pizarro a Almagro e la conquista dell’Impero inca (1532-1533). L’impresa di Francisco Pizarro e Diego Almagro, che nel 1531 mossero verso sud da Panama, la prima città fondata sugli spagnoli sul Pacifico (1519). L’incontro tra l’esercito inca guidato da Atahualpa, uscito vincitore da un conflitto dinastico, e il piccolo corpo di spedizione spagnolo avvenne a Cajamarca nel novembre 1532. Atahualpa venne fatto prigioniero e costretto a pagare un ingente riscatto in oro, ciononostante, venne ugualmente condannato a morte e strangolato (29 agosto 1533) mentre la capitale Cuzco fu sottoposta a un terribile saccheggio. L’impero inca era finito, e nasceva al suo posto il vicereame spagnolo del Perù (1544), la cui capitale fu Lima, edificata da Pizarro nel 1535 con il nome di Ciudad de los Reyes.  Motivi del crollo degli imperi azteco e inca. Terrore che incutevano le armi da fuoco; le cavalcature degli spagnoli e la loro stessa furia omicida; i contrasti etnici e dinastici che indebolivano i due imperi; gli aiuti recati ai loro aggressori da popolazioni insofferenti del giogo.  Il crollo di un universo religioso e culturale: la “visione dei vinti”. Nathan Wachtel. Trauma determinato dalla sensazione di essere stati abbandonati dagli dèi, dalla percezione della fine di una civiltà e dello sfacelo di un universo religioso e culturale, simboleggiato dall’uccisione del sovrano che ne era il supremo garante. La “visione dei vinti” di Nathan Wachtel.  Catastrofico declino della popolazione indigena. Questo stato d’animo, attestato anche dal moltiplicarsi dei suicidi, fu una delle cause del rapido e catastrofico declino. Altre spiegazioni: lo spietato sfruttamento a cui gli indios furono sottoposti dai nuovi padroni, e più ancora le malattie prima sconosciute diffuse dai nuovi arrivati, contro le quali gli organismi degli indigeni non avevano difese immunitarie, infine la degradazione dell’ambiente provocato dalla mancata manutenzione delle opere irrigatorie e dalla preferenza data dagli spagnoli all’allevamento rispetto all’agricoltura. LA COLONIZZAZIONE SPAGNOLA DEL NUOVO MONDO  Estensione della colonizzazione spagnola. Nel corso del Cinquecento la colonizzazione spagnola si estese sia verso nord, fino a comprendere la California e la Florida, sia nel continente sudamericano. L’immigrazione dall’Europa dovette aggirarsi attorno alle 220.000 persone nei primi tre quarti del XVI secolo, cui sono da aggiungere almeno 30.000 schiavi africani. Grande sviluppo ebbe fin dall’inizio il fenomeno del meticciato, accoppiamenti di uomini bianchi con donne indie; mulatti, nati tra bianchi e neri; zambos, nati dall’unione tra neri e indiani.  La fondazione di città e l’istituto dell’encomienda. Sfruttamento del lavoro indigeno. Tra gli strumenti della colonizzazione grande importanza ebbero la fondazione di città e l’encomienda (“commenda”). La giurisdizione cittadina si estendeva al territorio circostante, il término, che era spesso ripartito in proprietà ai cittadini Un paesaggio più urbanizzato o comunque di impronta comunitaria caratterizzò invece il New England e le colonie centrali.  Rispetto al modello inglese, l’emigrazione spagnola verso il Nuovo Mondo fu controllata e sottoposta a restrizioni: gli emigrati dovettero attestare la propria limpieza de sangre. La corona spagnola non approvò mai il trasporto gratuito nelle Indie in cambio di un periodo di lavoro coatto.  In Inghilterra, al contrario, vi era una maggiore necessità di emigranti, lo strumento più efficace e diffuso per incoraggiare l0emigrazione fu il contratto di servitù, che in cambio del trasporto gratuito vincolava a quattro o cinque anni di lavoro, con obblighi talora molto pesanti e costrittivi.  Le due dominazioni si distinsero anche nei rapporti tra gli europei e le popolazioni indigene. UMANESIMO E RINASCIMENTO  Critica del principio di autorità.  Riscoperta delle fonti antiche (greche, ebraiche e latine).  Nascita della filologia.  Recupero dei valori dell’antichità.  Rivalutazione dell’uomo e della sua ragione.  Attivismo nel mondo.  Invenzione della stampa e circolazione del sapere. RIFORMA MAGISTERIALE E RIFORMA RADICALE RIFORMA RADICALE Caratteri fondamentali:  Grande eclettismo teologico.  Radicalizzazione dei principi primi della riforma (biblicismo, spiritualismo, ecc.).  Recupero valori rinascimentali.  Rivendicazione della libertà religiosa.  Mutamento nei rapporti con lo Stato. LA RIFORMA PROTESTANTE Cause:  Religiose: crisi della Chiesa cattolica romana.  Culturali: diffusione dell’umanesimo cristiano.  Politiche: volontà di costruzione di Stati autonomi da parte dei principi tedeschi.  Economiche: secolarizzazione dei beni della Chiesa per la costruzione di nuovi Stati. Principi fondamentali:  Giustificazione per sola fede.  Sacra Scrittura come unico fondamento della religione.  Concetto della predestinazione. Conseguenze:  Abolizione dei sacramenti non fondati sulla Scrittura e la loro riduzione a due (battesimo ed eucarestia).  Sacerdozio universale.  Libera interpretazione della Bibbia I NUOVI ORRIZONTI SPIRITUALI: RINASCIMENTO E RIFORMA LA CIVILTÀ DEL RINASCIMENTO ITALIANO  La cronologia più largamente condivisa di questo movimento intellettuale e artistico abbraccia i due secoli che vanno da Francesco Petrarca a Erasmo da Rotterdam.  Il termine “Rinascimento”, che riprendeva il concetto di “rinascita” già familiare ai contemporanei, fu coniato verso la metà del XIX secolo da due grandi storici, Michelet e Burckhardt, per significare il ritorno ai valori e ai modelli dell’età classica nella filosofia, nella politica, nella letteratura e nell’arte.  Il concetto di Rinascimento si può considerare inclusivo di quello di Umanesimo.  Gli umanisti, cultori delle humanae litterae, erano coloro che si dedicavano alla riscoperta e allo studio delle opere dell’antichità.  Caduta di Costantinopoli del 1453.  Platone fu tradotto in latino da Marsilio Ficino, che nella villa medicea di Careggi a Firenze fondò l’Accademia Platonica.  Gli umanisti insegnavano a esprimersi in un latino colto ed elegante, modellato sullo stile ciceroniano. Al loro si deve anche il metodo filologico, con il quale Lorenzo Valla dimostrò la falsità della Donazione di Costantino a papa Silvestro (1440).  Tra il XV e XVI i letterari ripresero a servirsi del volgare. Angelo Poliziano compose le Stanze per la giostra. Boiardo, Ariosto, Macchiavelli e Guicciardini.  Le arti figurative tentavano di imitare i modelli antichi ma la rarità di questi ultimi favorì una loro maggiore originalità. L’osservazione della natura si basò sempre più spesso su un’analisi attenta della realtà. o Tecnica della prospettiva con Pietro della Francesca. o Con Brunelleschi e Leon Battista Alberti, l’architetto diventa la sintesi vivente di conoscenze umanistiche, artistiche e tecnico-scientifiche. o Il genio universale Leonardo da Vinci.  Al passaggio tra Quattro e Cinquecento il primato a lungo mantenuto da Firenze in campo intellettuale e artistico si attenuta a favore di una più larga partecipazione di altri centri:  Nel frattempo, il pensiero di Lutero si diffuse rapidamente: fra il 1517 e il 1520 si calcola che fossero state stampate 300.000 copie dei suoi scritti.  Il suo successo fu tale perché il suo pensiero faceva appello a un anticlericalismo diffuso in tutti i ceti e a un nascente protonazionalismo germanico.  Molti principi colsero l’occasione per mettere le mani sugli estesi beni della Chiesa. Un caso significativo fu quello di Alberto di Brandeburgo, gran maestro dell’ordine teutonico, che nel 1525 secolarizzò i beni dell’ordine e assunse il titolo di duca di Prussia.  I cosiddetti “cavalieri” vedevano al contrario nella Riforma luterana la leva per una generale rivolta contro Roma.  Nelle città, e soprattutto in quelle imperiali, l’iniziativa di riforma fu assunta dai consigli municipali e dalle corporazioni artigiane e ciò contribuì al rafforzamento di uno spirito di indipendenza e di una tradizione di autogoverno tipici di questi centri. LE CORRENTI RADICALI DELLA RIFORMA. LA GUERRA DEI CONTADINI  Nelle campagne furono soprattutto i motivi evangelici dell’uguaglianza tra gli uomini e della polemica contro i ricchi a rafforzare il movimento. Fin dal 1520 alcuni seguaci di Lutero cominciarono ad aizzare le folle non solo contro il clero e le istituzioni romane, ma anche contro tutte le forme di ingiustizie e tutte le forme di oppressione.  Tra questi c’era Thomas Müntzer, che si stabilì a Mühlhausen, in Turingia. Qui, nella primavera del 1525, si pose alla testa di una sollevazione popolare che diede vita a un governo cittadino basato sull’uguaglianza universale e sulla comunione dei beni.  Guerra dei contadini. Gli insorti non erano spinti tanto dalla miseria, quanto dalla volontà di ristabilire gli “antichi diritti” contro le recenti usurpazioni dei signori. Il carattere di fondo moderato delle loro rivendicazioni economiche, ma anche il loro utopismo e millenarismo religioso trovano conferma nei 12 articoli pubblicati nel febbraio 1525 a Memingen.  Decisiva fu la sconfitta subita dagli insorti a Frankenhausen, in Turingia, il 15 maggio 1525; Thomas Müntzer fu catturato e messo a morte dopo atroci torture. La repressione fu durissima: centomila furono i contadini e popolani massacrati.  Nello scritto Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini (1525), Lutero condannava la ribellione dei contadini perché essa negava la netta distinzione che egli operava tra la libertà interiore del cristiano e il suo dovere esteriore di obbedienza ai superiori e alle leggi. Tuttavia, Lutero e Melantone saranno in seguito indotti ad appoggiarsi sempre più all’azione dei principi e ad approvare la costituzione di Chiese evangeliche da questi ordinate e controllate.  La corrente più radicale sopravvisse alla disfatta di Müntzer grazie all’anabattismo (“ribattezzatori”), termine che si riferisce all’uso di somministrare il battesimo agli adulti perché solo l’adesione consapevole del soggetto rendeva valido il sacramento. Caratteristiche comuni dei vari gruppi anabattisti furono: o La separazione dei veri credenti dal resto dell’umanità; o La tendenza a formare comunità basate sulla fratellanza e sull’aiuto reciproco; o Il disconoscimento delle autorità terrene; o La fede nell’illuminazione da parte dello Spirito Santo.  Nel 1534, gli anabattisti si erano stanziati a Münster, in Vestfalia. Si impadronirono del governo della città e vi imposero con la forza le proprie regole. Il sarto Leida Jan Beukelsz si proclamò re di Münster. La capitolazione fu seguita anche in questo caso da uno spaventoso massacro.  Gli anabattisti non scomparvero: furono riorganizzati da Menno Simons (da cui il nome mennoniti). Nel corso del Sei e Settecento le varie confessioni anabattiste, che ebbero la propria professione di fede nella Confessione di fede di Dordrecht (1632), si diffusero nell’Est Europa e sbarcarono nelle colonie inglese del Nord America. LA CONCLUSIONE DEI CONFLITTI IN GERMANIA  L’imperatore Carlo V rimase a lungo fiducioso nella possibilità di un concilio universale. A tal scopo, convocò nel 1530 una Dieta imperiale nella città imperiale di Augusta. Qui, Melantone redasse la prima esposizione ufficiale dei principi del protestantesimo luterano (la Confessio Augustana).  Fallite le trattative a causa dell’intransigenza dei cattolici, Carlo V intimò ai protestanti di sottomettersi. Per tutta risposta, essi formarono la Lega di Smalcalda (dicembre 1530).  Si tentò un ultimo tentativo di conciliazione a Ratisbona nel 1541.  La vittoria schiacciante di Carlo V sulla Lega di Smalcalda a Mühlberg nel 1547 non pose fine al conflitto perché, oltre che con il sultano turco, il nuovo re di Francia, Enrico II, allacciò subito i contatti con i protestanti tedeschi.  Questi contatti culminarono nell’autunno del 1551 in un accordo segreto in base al quale Enrico II avrebbe garantito il suo appoggio diplomatico e militare ai principi protestanti in cambio dell’acquisto dei vescovati di Metz, Toul e Verdun. Carlo V fu costretto a un umiliante fuga da Innsbruck, nell’aprile 1552.  Tuttavia, dopo questi inizia la guerra non ebbe sviluppi di rilievo perché ai principi tedeschi stava a cuore un’intesa con l’imperatore.  Le trattative in merito furono condotte dal fratello di Carlo V, Ferdinando, e sfociarono nella pace di Augusta (25 settembre 1555). Fu riconosciuta l’esistenza in Germania di due diverse fedi religiose: mentre nelle città imperiali era ammessa la loro convivenza, i principi territoriali potevano imporre il proprio credo ai sudditi (cuius regio, eius religio).  La pace di Augusta sanciva al tempo stesso la scissione religiosa della Germania e un grave indebolimento dell’autorità imperiale. I veri vincitori della lunga lotta erano i principi, non solo luterani ma anche cattolici (ben presto rafforzati, questi ultimi, dalla Controriforma), che consolidarono il proprio potere all’interno dei rispettivi territori. Anche gli Stati ereditari asburgici, affidati dall’imperatore al fratello Ferdinando nel 1521, si consolidarono attraverso la creazione di organi comuni: il Consiglio segreto, la Cancelleria aulica e il Consiglio aulico di guerra.  La decisione di Carlo V di spartire il suo immenso impero tra il fratello Ferdinando e il figlio Filippo II divenne effettiva tra il 1555 e il 1556 con la sua abdicazione a tutti i titoli. Carlo trascorse gli ultimi anni nel monastero di Yuste, dove si spense il 21 settembre 1558. DA ZWINGLI A CALVINO: “IL GOVERNO DEI SANTI”  L’esperienza di Ulrich Zwingli fu parallela a quella di Lutero, ma ebbe caratteri in parte diversi, legati alla sua formazione umanistica e al vivace clima politico e intellettuale dei liberi cantoni della svizzera.  Tra il 1523 e il 1525, Zwingli convinse il Consiglio cittadino di Zurigo ad abolire la messa, a riformare la liturgia e a imporre la Bibbia come unica fonte di autorità in campo religioso.  La Riforma si estese rapidamente in Svizzera ma non riuscì a far breccia a Lucerna e nei cantoni cosiddetti “originari” (Uri, Schwyz e Unterwalden), anche perché Zwingli esigeva la cessazione del servizio militare mercenario.  Gli zwingliani cercarono l’appoggio dei luterani tedeschi, ma nell’incontro di Marburgo (1529), cui parteciparono da un lato Zwingli e il basileese Ecolampadio, dall’altro Lutero e Melantone, fu impossibile raggiungere un accordo sul problema teologico dell’eucarestia.  Nel 1531 un esercito cattolico mosse contro Zurigo: a Kappel i protestanti ebbero la peggio, e lo stesso Zwingli morì in battaglia.  L’eredità di Zwingli fu raccolta dal calvinismo.  A Basilea, dove si era rifugiato dopo essere fuggito dalla Francia nel 1534, Calvino pubblicò l’Institutio christianae religionis (Istituzione della religione cristiana) che si presentò come un’autorevole guida alla lettura e alla comprensione della Bibbia.  Molti punti essenziali della dottrina luterana sono condivisi da Calvino: l’autorità esclusiva della Sacra Scrittura e la giustificazione per fede.  Tuttavia, la dottrina della predestinazione calviniana non elimina la responsabilità del peccato: “l’uomo incespica se l’ha ordinato Dio, ma incespica a causa del suo vizio” è il paradosso di Calvino.  Dovere primario del cristiano è la glorificazione di Dio, che si compie in primo luogo eseguendo al meglio le funzioni alle quali Egli ci ha destinato. Il concetto di “vocazione” (beruf), già presente in Lutero ma molto importanti nel pensiero di Calvino, era applicato a qualunque professione e mestiere e non alle carriere ecclesiastiche.  Il calvinismo ha quindi una forte impronta attivistica. Vi sono degli indizi sui quali si può fondare una ragionevole di speranza di appartenere al novero degli eletti: o La fede; o La partecipazione ai sacramenti; o La rettitudine nella condotta di vita.  Quest’ultimo elemento contribuisce a una rivalutazione delle opere, inutili per ottenere la salvezza, ma valide come “frutti della vocazione”.  Lo storico e sociologo tedesco Max Weber ha formulato ai primi del Novecento la sua celebre tesi circa il rapporto tra etica protestante (anzi specificamente calvinista) e spirito del capitalismo.  Un’altra importante differenza tra luteranesimo e calvinismo sta nella concezione del rapporto tra la Chiesa e lo Stato. Rispetto alla “Chiesa invisibile”, assume importanza crescente nel pensiero di Calvino la “Chiesa  Costruzione di una Chiesa gerarchica sul modello assolutista, sovrana sugli Stati, militante.  Repressione della libertà di pensiero e dell’alterità con il Sant’Uffizio e l’Indice dei libri proibiti.  Separazione tra ecclesiastici e laici.  Confessionalizzazione soprattutto ad opera degli ordini religiosi.  Evangelizzazione con le missioni. “CONTRORIFORMA” O “RIFORMA CATTOLICA”?  Il termine Controriforma, che designa un complesso insieme di movimenti, istituzioni e iniziative messe in atto tra Cinquecento e Seicento nella Chiesa cattolica romana. Termine coniato da Johann Stephan Pütter.  Un concetto dibattito.  Jedin: Riforma cattolica e Controriforma.  O’Malley e il “cattolicesimo moderno”.  Utilità dei concetti di Riforma cattolica e Controriforma. Massimo Firpo. Il termine Controriforma venne coniato in Germania alla fine del XVIII secolo, alcuni storici preferiscono chiamarla “Riforma cattolica” per sottolineare l’autonomia e la spontaneità del modo di rinnovamento; la Riforma cattolica viene distinta tra: Riforma cattolica come l’esame di coscienza della chiesa cattolica alla luce dell’ideale di vita cattolico, mediante il rinnovamento interno, la Controriforma come l’affermazione di sé compiuta dalla Chiesa in lotta contro il protestantesimo, è una fase successiva caratterizzata da un atteggiamento dogmatico e repressivo. Altri ancora parlano di “evangelismo” per indicare il bisogno di una vita religiosa più vicina agli insegnamenti di Cristo e degli apostoli. SPERANZE E PROPOSITI DI RINNOVAMENTO RELIGIOSO NELL’ITALIA DEL CINQUECENTO  La ricezione italiana delle opere di Erasmo. Le istanze di rinnovamento religioso diffuse in Europa già prima della Riforma luterana furono avvertite anche In Italia, dove in particolar modo le idee e le opere di Erasmo da Rotterdam circolarono ampiamente.  Gli stimoli al rinnovamento religioso. Accanto all’influsso erasmiano agirono una serie di altri stimoli: l’indata di profezie e di attese apocalittiche suscitate dalla predicazione di spiriti infervorati (come Girolamo Savonarola a Firenze), le sofferenze e le rovine delle guerre d’Italia, l’anticlericalismo diffuso.  L’influenza degli esponenti delle correnti riformatrici: Contarini, Giberti, de Valdés, Pole. Alcune figure ebbero una grande influenza in questa fase: il cardinale veneziano Gasparo Contarini (1483-1542); Gian Matteo Giberti (1495-1543), dal 1524 vescovo di Verona; lo spagnolo Juan de Valdés (1490-1541), che raccolse a Napoli un circolo intellettuale con una forte tendenza al misticismo; l’inglese Reginald Pole.  Un diverso modo di vivere religioso. Comuni a questi uomini, pur diversi fra loro, e ai gruppi che in varie città si costituirono col nome di “oratori del divino amore” erano l’atteggiamento critico nei confronti delle preoccupazioni mondane della Chiesa, la svalutazione delle pratiche esteriori di devozione (in particolare il culto dei santi e delle reliquie), l’accento posto sulle massime evangeliche, sulla fede e sull’amore per Dio e per il prossimo.  Il Beneficio di Gesù Cristo crocifisso di Benedetto da Mantova (1543) è l’espressione più nota di questo orientamento.  Paolo III Farnese: nomina di carlina riformatori, volontà di convocare un concilio, convocazione di una commissione nel 1536 (presieduto da Contarini) e il Consilium de emendanda Ecclesia. Le speranze in un’iniziativa dall’alto per la riforma della Chiesa si riaccesero con l’avvento al pontificato di Paolo III Farnese (1534-1549). Oltre a nominare cardinali diversi esponenti della corrente riformatrice come Contarini, Giberti e Pole, Paolo III manifestò l’intenzione di convocare al più presto un nuovo Concilio ecumenico e costituì nel 1536 una commissione (presieduta proprio da Gasparo Contarini). Ne uscì un documento di notevole portata, il Consilium de emendanda Ecclesia (1537). Anche il Concilio, convocato per una prima volta a Mantova per il 1537, potrà riunirsi effettivamente solo alla fine del 1545. I NUOVI ORDINI RELIGIOSI: I GESUITI  I cappuccini (1528). Questo clima di fervore e di rinnovamento si espresse anche nella creazione di nuovi ordini regolari o nella riforma dei vecchi. Bisogna citare la nascita dell’ordine dei cappuccini (1528), un nuovo ramo dei francescani: all’ideale della povertà assoluta i cappuccini unirono l’assistenza spirituale e materiale alla gente umile.  Nuove congregazioni di chierici regolari: teatini, barnabiti, somaschi. La scelta della vita attiva caratterizza anche altre congregazioni sorte nella prima metà del Cinquecento, formate per lo più dai chierici “regolari”, cioè da preti che decidevano di vivere secondo una regola. Tali erano i teatini, barnabiti, somaschi. I loro obiettivi erano: la formazione del clero, l’evangelizzazione, l’insegnamento, l’assistenza a malati e agli orfani. Angela Merici fonda nel 1535 la congregazione delle Orsoline.  Ignazio di Loyola. Fondatore della Compagnia di Gesù. Esponente degli hidalgos, Ignazio decise di convertirsi a una vita di preghiera e di penitenza dopo esser stato ferito nell’assedio di Pamplona (1521). Ignazio trascorse lunghi anni di studio nelle università spagnole e a Parigi, dove nel 1534 Ignazio pronunciò insieme ad alcuni compagni i voti di povertà e castità e si impegnò a consacrare la propria vita alla liberazione della Terra Santa e al servizio della Chiesa e del suo pontefice.  La Compagnia di Gesù Dal 1535 Ignazio e i suoi compagni soggiornarono in Italia. Nel 1540, a Roma, la costituzione della Compagnia di Gesù fu solennemente approvata da papa Paolo III. Nel 1451, Ignazio di Loyola fu eletto suo primo generale.  Voto di fedeltà al pontefice oltre i tre voti tradizionali di povertà, castità e obbedienza. Ai tre voti tradizionali di povertà, castità e obbedienza essi ne aggiungevano un quarto: di fedeltà assoluta alle direttive del pontefice.  Gli Esercizi spirituali. Il lungo tirocinio previsto prima della professione dei voti e la tecnica di autocontrollo e di ascesi interiore messa a punto da Ignazio negli Esercizi spirituali (pubblicati nel 1548) contribuì a rendere i membri dell’ordine uno strumento ideale per la difesa e la propaganda della fede cattolica.  Case professe e collegi. Alla morte di Ignazio i suoi seguaci erano già più di un migliaio. Cinquant’anni dopo essi disponevano di oltre 500 case e collegi sparsi in tutta Europa. Mentre le case professe, dove vivevano i gesuiti dediti ad attività diverse dall’insegnamento, non potevano secondo la regola possedere beni, i collegi si configuravano invece come istituzioni fondate e dotate da benefattori; essi erano dedicati alla formazione non solo del clero, ma in generale dei giovani di nascita aristocratica o alto-borghese.  La formazione delle classi dirigenti e la Ratio studiorum. La formazione delle classi dirigenti divenne col tempo, accanto alla presenza nelle corti in qualità di confessori e consiglieri dei principi, una specialità della Compagnia, che elaborò una propria efficace pedagogia, codificata a fine Cinquecento nella Ratio studiorum e imperniata sull’insegnamento del latino e dei classici.  L’attività missionaria. Francesco Saverio e il Giappone (1549). Matteo Ricci e Cina (1583-1610). Grande fu anche il contributo dei gesuiti all’attività missionaria che costituì uno degli aspetti più significativi della Controriforma. In Asia fu memorabile l’impegno dello spagnolo Francesco Saverio, uno dei primi compagni di Ignazio. Fu lui, nel 1549, a introdurre in Giappone il cattolicesimo che fu opportunamente adattato alla cultura e alle tradizioni locali. In Cina fu un altro gesuita, l’italiano Matteo Ricci, a diffondere il cristianesimo tra il 1583 e il 1610. IL CONCILIO DI TRENTO  La Chiesa di Roma e la lotta all’eresia. Il tramonto delle speranze di riunificazione della cristianità e l’adozione da parte della Chiesa di Roma di un atteggiamento più duro e intransigente nella lotta contro l’eresia. Nel 1540, fu approvata da Paolo III la regola della Compagnia di Gesù. Nel 1541, fallì inoltre a Ratisbona l’ultimo tentativo di accordo tra protestanti e cattolici.  La Congregazione del Sant’Uffizio (1542). Cardinal Carafa (futuro Paolo IV). Nel 1542 venne creata a Roma, per dirigere e coordinare la repressione dell’eresia, la Congregazione del Sant’Ufficio o dell’Inquisizione di cui fece parte il cardinale Gian Pietro Carafa (il futuro Paolo IV), difensore dell’ortodossia religiosa e del primato papale.  La fuga a Ginevra di Bernardino Ochino. Nello stesso anno Bernardino Ochino, generale dei cappuccini e predicatore tra i più famosi del tempo, fuggì clamorosamente a Ginevra rendendo pubblica la propria adesione al calvinismo.  Il nicodemismo o l’esilio. Carlo Borromini entrò in conflitto sia con frazioni dello stesso, sia con il Senato, il tribunale supremo dello Stato di Milano, e con il governatore spagnolo. La concezione borromaica di una Chiesa incardinata sulla figura del vescovo e, in sottordine, del parroco doveva rivelarsi a lungo andare incompatibile anche col centralismo romano.  Il ruolo dei nuovi ordini regolari. Lo sforzo di penetrazione capillare in ogni settore della popolazione vede impegnati in prima fila anche i nuovi ordini regolari, che organizzano vere e proprie missioni nelle campagne e nelle borgate, con prediche, penitenze e devozioni collettive, per indottrinare e “convertire” la popolazione.  La religiosità popolare. Le masse popolari italiane si avviavano a fare propria una religiosità spesso intensa e sincera, ma povera di sostanza morale, intrisa di superstizione e di fede ingenua nell’irruzione del soprannaturale in questo mondo. L’EGEMONIA SPAGNOLA IN ITALIA  Territori italiano controllati dalla Spagna. La pace di Cateau-Cambrésis, stipulata tra Francia e Spagna nel 1559, sancì l’egemonia spagnola destinata a durare fino agli inizi del XVIII secolo. La Spagna controllava direttamente i Regni di Napoli, Sicilia e Sardegna, il Ducato di Milano, oltre al minuscolo, ma strategicamente importante Stato dei Presidi (comprendente Talamone, Orbetello e l’Argentario). Solo Venezia poteva considerarsi veramente indipendente, giacché i sovrani di Savoia e di Toscana dovevano a Carlo V e a Filippo II i loro titoli e il loro ingrandimento. I ducati padani erano troppo piccoli per contare sulla scena politica. Lo Stato pontificio era alleato con la Spagna, che in Europa e nel Mediterraneo rappresentava il maggiore baluardo del cattolicesimo.  Ripresa demografica ed economica e ammodernamento delle strutture istituzionali. Alla crisi dei primi decenni del secolo XVI seguì un periodo abbastanza lungo di ripresa demografica ed economica. La stabilizzazione dell’assetto politico- territoriale conseguente alla vittoria della Spagna sulla Francia favorì all’interno dei singoli Stati un’opera di rafforzamento e ammodernamento delle strutture istituzionali.  I possedimenti spagnoli tra diritti della monarchia e prerogative dei governi locali. Ciò vale, in una certa misura, anche per i possedimenti diretti della Spagna. L’autorità sovrana era qui rappresentata da un viceré (a Napoli, Palermo e Cagliari) o da un governatore (a Milano), e dai comandanti dell’esercito. Ma le magistrature giudiziarie e finanziarie erano in misura preponderante formate da elementi indigeni, che dal 1556 con l’appoggio di “reggenti” di estrazione locale e distaccati presso il Consiglio d’Italia a Madrid facevano da contraltare al potere dei rappresentanti del sovrano e da mediatori tra la corte madrilena e i territori italiani. La facoltà di applicare e interpretare le leggi e di ripartire e riscuotere le imposte era considerata prerogativa degli organi di governo locali.  Gli organi di governo locale a Napoli (Consiglio collaterale) e a Milano (Senato). A Napoli grande autorità e prestigio aveva il Consiglio collaterale, cui il viceré doveva obbligatoriamente sottoporre tutti gli affari di un certo rilievo. A Milano era il tribunale supremo, il Senato, a svolgere il ruolo di interlocutore principale dell’autorità sovrana. Sia il Senato e il Consiglio collaterale, sia le minori magistrature dell’uno e dell’altro Stato (compresi i dicasteri finanziari) erano composti da “togati”, cioè da laureati in giurisprudenza. Il Mezzogiorno italiano aveva i suoi punti di forza nel Parlamento e nell’amministrazione della città di Napoli, che riuniva i baroni. Napoli è il più grande centro europeo dopo Istanbul e Parigi.  Contrasto alla feudalità al Sud e al predominio delle città al Nord (Milano; catasto del ’45 voluto da Carlo V; la Congregazione dello Stato). Il governo spagnolo cinquecentesco riuscì tuttavia a spezzarne la forza politica e a limitarne i peggiori abusi con l’intervento sia pur lento e macchinoso della giustizia regia. Nello Stato di Milano il predominio delle città fu attenuato dall’attuazione del catasto ordinato nel 1545 da Carlo V, e in campo istituzionale con la formazione di un organo rappresentativo, la Congregazione dello Stato.  Il ritorno dei Medici a Firenze. Più accentuata fu l’evoluzione verso un modello di governo assolutistico in Toscana e in Piemonte. Ai Medici, riportati a Firenze dalle armi spagnole, fu riconosciuto nel 1530 il titolo ducale e nel 1569 quello di granduchi di Toscana. Già nel 1532 fu attuata una riforma costituzionale che sovrapponeva ad esse due consigli formati dagli esponenti delle famiglie più ragguardevoli: il Consiglio dei duecento e il Consiglio dei quarantotto (o Senato).  Il regima assolutistico di Cosimo I (1545, “Pratica segreta”) e l’annessione di Siena (1557). I successori, Francesco I e Ferdinando I, perseguirono la sua politica. Cosimo I (1537-74) sviluppò il regime in senso assolutistico, svuotando questi organi di ogni potere effettivo e governando attraverso i propri segretari, e dal 1545 attraverso la “Pratica segreta”, un nuovo consiglio di carattere informale. Un considerevole successo del Principato mediceo fu l’annessione di Siena (1557). Questi indirizzi furono proseguiti dai due figli Francesco I e Ferdinando I, cui si devono la nascita e lo sviluppo del porto di Livorno.  Lo Stato sabaudo sotto Emanuele Filiberto (1553-1580) e Carlo Emanuele I (1580-1630) Lo Stato sabaudo venne ricostituito sotto il duca Emanuele Filiberto (1553-1580) dopo la pace di Cateau-Cambrésis. Egli trasferì la capitale da Chambéry a Torino. Soppresse o limitò le autonomie locali e centralizzò il controllo finanziario in una Camera dei conti. L’aumento delle imposte e l’impulso dato alle attività economiche resero possibile la costituzione di un piccolo, ma disciplinato esercito permanente. Successore Carlo Emanuele I (1580-1630). Fallì nel tentativo di sottomettere Ginevra, ma riuscì nel 1601 a ottenere dalla Francia il Marchesato di Saluzzo in cambio della cessione di alcuni territori in Savoia.  Genova A Genova i tradizionali contrasti tra le fazioni nobiliari, e in particolare tra nobiltà vecchia e nuova, sfociarono nel 1575 in gravi disordini, che indussero i nobili vecchi ad abbandonare la città e portarono in primo piano, accanto ai nuovi, gli strati popolari che esigevano sgravi fiscali e provvidenze a favore delle arti. Infine, nel 1576 si giunse ad un accordo che modificava i meccanismi di elezione e sorteggio all’interno del complicato sistema di governo genovese; ciò diede l’avvio a un’effettiva ricomposizione del ceto dei “magnifici” (i nobili genovesi). Quest’evoluzione andò di pari passo con la crisi delle attività manifatturiere e con la definitiva affermazione della grande finanza, legata alla Spagna, come elemento trainante dell’economia genovese.  Venezia Qualche parallelo con la situazione genovese si può scorgere nella contrapposizione tra i due partiti dei “vecchi” e dei “giovani” all’interno del patriziato veneziano. L’incremento numerico del patriziato, nel corso del Quattrocento e del Cinquecento, si era accompagnato a una crescente differenziazione economica tra le famiglie più ricche e la nobiltà povera. La concentrazione del potere nelle mani delle prime si manifestò soprattutto con il progressivo rafforzamento (a spese del Senato) del Consiglio dei dieci e con la creazione nel 1539 di un nuovo organo di alta polizia, i tre Inquisitori di Stato. nel 1583 l’opposizione dei “giovani” a un ulteriore rafforzamento dell’oligarchia portò non solo alla restituzione al Senato dei poteri usurpati dal Consiglio dei dieci, ma anche all’adozione di una politica estera più energica e indipendente. Gli interlocutori principali del potere sovrano erano i ceti nobiliari, che proprio in questo periodo venivano riqualificandosi e serrando le file grazie anche a una trattatistica che insisteva soprattutto sui caratteri ereditari, sul sangue e sull’onore. Mentre nel Mezzogiorno e nelle isole spadroneggiava un’aristocrazia di tipo feudale, nelle aree centro-settentrionali dove più si era sviluppata la civiltà comunale erano invece i patriziati a dare il tono alla vita sociale. Tra Cinque e Seicento, tuttavia, anche questi gruppi si allontanarono sempre più dai traffici e dalle attività produttive e acquisirono una mentalità aristocratica di stampo spagnolesco che li accomunava alla più antica nobiltà. L’INQUISIZIONE IN ITALIA  La Congregazione del Sant’Uffizio o inquisizione romana fu istituita il 21 luglio del 1542 da papa Paolo III con la bolla Licet ab initio.  Con il provvedimento del 1542, Paolo III istituì una commissione di sei cardinali, nominati inquisitori generali e incaricati di vigilare a difesa dell’ortodossia con poteri giudiziari estesissimi.  Nessuno, neppure i cardinali, era esente dalla giurisdizione degli inquisitori generali, i quali potevano procedere contro le autorità ecclesiastiche e laiche.  Non senza resistenza, il nuovo organismo mise radici solide nell’Italia centro- settentrionale e nel Regno di Napoli.  In una prima fase, il Sant’Uffizio si dedicò ad estirpare il dissenso su un piano strettamente teologico. Una cura particolare fu dedicata dai cardinali “intransigenti” (come Gian Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV, e Antonio Ghislieri, il futuro Pio V) alla distruzione del partito riformatore che faceva capo al cardinale Reginald Pole e allo smantellamento del gruppo degli “spirituali”, ispirato alle idee dello spagnolo Juan de Valdés.  Le indagini compiute dal Sant’Uffizio diedero luogo a una lunga serie di processi, tra i quali quello al cardinale Giovanni Morone.  Liquidata già negli anni Settanta del Cinquecento il dissenso teologico e dottrinale, l’attenzione del Sant’Uffizio si appuntò sugli esponenti del pensiero  Trasferimento della corte da Valladolid a Madrid. Costruzione dell’Escorial. Tornato dai Paesi Bassi nel 1559, Filippo II non si mosse quasi più dalla Castiglia. Da Valladolid, la sede della corte e del governo fu trasferita a Madrid. E nei pressi di Madrid il sovrano si fece costruire una grandiosa residenza estiva, l’Escorial, metà palazzo e metà monastero.  Accentramento del potere decisionale come monarchie assolute del XVII e XVIII secolo ma persistenza degli ordinamenti locali.  Il sistema di Consigli: Consiglio di Stato, Consiglio dell’Inquisizione, Consiglio di Azienda, Consigli di Castiglia, di Aragona, delle Indie, delle Fiandre, d’Italia.  Autonomia delle magistrature locali.  Filippo re del Portogallo (1580) dopo estinzione della dinastia regnante. Consiglio del Portogallo.  1591: rivolta signori feudali aragonesi. Separatismo aragonese e catalano come problema persistente nella storia spagnola.  Le entrate della monarchia e le spese del regno. Le quote dei metalli non superarono il 20-25% delle entrate. Il resto era composto da imposte indirette e dirette, dai contributi del clero e dai prestiti a breve e lunga scadenza cui la monarchia era continuamente costretta a ricorrere.  Decadenza dell’industria e dell’agricoltura.  Carestie e pestilenze (ultimo decennio del Cinquecento). LA BATTAGLIA DI LEPANTO E I CONFLITTI DEL MEDITERRANEO  L’espansione ottomana nel Mediterraneo L’ormai indiscussa egemonia spagnola in Italia e il possesso diretto del Regno di Napoli, della Sicilia e della Sardegna garantivano a Filippo II una posizione dominante nel Mediterraneo occidentale. Dopo un tentativo fallito di prendere Malta (1565), la flotta ottomana al comando del successore di Solimando il Magnifico, Selim II (1566-1574), sferrò nel 1570 un improvviso attacco contro l’isola di Cipro, mentre Tunisi, espugnata da Carlo V nel 1535, cadeva nelle mani del bey di Algeri, vassallo del sultano.  Lega Santa e la Battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571) Per iniziativa dell’energico papa Pio V (1566-1572) si costituì allora una nuova “Lega santa”. Il 7 ottobre 1571, quando già Cipro era caduta in mano ai turchi, la flotta cristiana al comando di don Giovanni d’Austria (un figlio naturale di Carlo V) e quella ottomana si affrontarono nei pressi di Lepanto, all’imboccatura del golfo di Corinto. Il confronto, comunque, fu risolto dai furibondi corpo a corpo impegnati sui ponti scivolosi delle navi.  Esaltazione della vittoria, sanzione divina della Controriforma, ma modesti risultati politico-militari La vittoria cristiana apparve come una sanzione divina degli ideali della Controriforma e fu esaltata da letterati, poeti e artisti. Venezia preferì firmare una pace separata (marzo 1753), rinunciando a Cipro e tornando alla sua tradizione politica di buon vicinato con Istanbul. La tregua che fu stipulata nel 1578 tra il re di Spagna e il sultano ottomano doveva durare, per questi motivi, fino al termine del secolo.  Il Mediterraneo crocevia di scambi e traffici. Il Mediterraneo, come ha dimostrato la grande opera di Fernand Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, rimase per tutto il Cinquecento un crocevia di scambi e di traffici.  Pirateria e guerra di corso Proprio questa perdurante prosperità, tuttavia, rendeva più aggressiva e più intensa l’attività piratesca; secondo un altro autorevole storico, Alberto Tenenti, il periodo successivo a Lepanto “è quello in cui l’insicurezza della navigazione raggiunse la fase più acuta”. La guerra di corsa3 era esercitata non soltanto dagli Stati barbareschi, ma anche dalle navi maltesi, genovesi e toscani. Accanto a loro, si aggiungevano gli uscocchi, pirati di etnia slava che operavano, con la protezione dell’imperatore, lungo la costa dalmata.  Ultimo ventennio: penetrazione inglese e olandese nel Mediterraneo Nell’ultimo ventennio del XVI secolo, infine, si registra la penetrazione in forze nel Mediterraneo degli olandesi e soprattutto degli inglesi. Al tradizionale scontro tra ottomani e cristiani si sovrapponeva quindi la rivalità tra cattolici e protestanti. Veloci, manovrieri, ben armati e soprattutto economici, i velieri nordici fecero apparire ben presto sorpassate le galere veneziane e si assicurarono una larga fetta dei profitti del commercio mediterraneo. Una terza forza veniva così a inserirsi tra i grandi Imperi ottomano e spagnolo. LA RIVOLTA DEI PAESI BASSI  L’insurrezione dei Paesi Bassi L’impegno militare più importante che caratterizzò il regno di Filippo II fu quello profuso per sedare la rivolta nei Paesi Bassi che, iniziata alla fine degli anni Sessanta del Cinquecento, si trascinò sino alla pace di Vestfalia, tanto da essere nota come la guerra degli Ottant’anni.  Il fattore religioso: la diffusione delle dottrine riformate e la politica di difesa dell’ortodossia religiosa di Filippo II.  Il fattore politico: rafforzamento dell’Inquisizione e scarso rispetto per le tradizionali autonomie. Nel 1564, il cardinale di Granvelle, che aveva rafforzato l’Inquisizione e aveva mostrato scarso rispetto per le tradizionali autonomie cittadine, viene allontanato. Tuttavia, il 5 aprile 1566, i nobili invadono il palazzo della governatrice Margherita, sorella del re, pretendendo l’abolizione dell’Inquisizione e la mitigazione delle leggi contro i protestanti.  Fattore economico: crisi dei centri e in particolare Anversa, dove folle di calvinisti devastarono le Chiese e distrussero le immagini sacre (1566).  Il duca d’Alba, giunto a Bruxelles il 22 agosto 1567, e la spietata repressione della rivolta. Consiglio dei torbidi.  Tasse e malcontento.  Guglielmo d’Orange 3 Una sorta di guerra economica legalizzata, distinta dalla semplice pirateria in quanto rivolta contro un paese nemico e autorizzata dal proprio governo. Guglielmo d’Orange riuscì ad allestire una flotta e a invadere le provincie settentrionali dal mare, facendosi proclamare nel 1572 statolder delle provincie di Olanda e di Zelanda e convertendosi l’anno seguente al calvinismo.  La resistenza dei “pezzenti” all’esercito spagnolo e il sostegno dei riformati stranieri (ugonotti francesi e protestanti inglesi e tedeschi).  Bancarotta spagnola del 1575 e i soldati, senza paga, si ammutinarono e saccheggiarono Anversa del 1576, ponendo per sempre fine alla sua prosperità.  Accordo tra cattolici e protestanti per comune lotta contro l’oppressore. Fine dell’accordo per comportamento prepotente dei calvinisti ed efficacia del governatore Farnese, che era stato inviato a Bruxelles nel 1578.  Scissione dei Paesi Bassi Nei primi mesi del 1578 si giunse alla definitiva scissione del Paese. Mentre le dieci provincie meridionali, corrispondenti all’incirca all’attuale Belgio, tornavano l’una dopo l’altra all’obbedienza, le sette provincie settentrionali (di cui l’Olanda era la più importante) continuarono la lotta.  L’assassinio di Guglielmo d’Orange (10 luglio 1584) non modificò la situazione, che evolveva ormai verso la piena indipendenza dell’Olanda e dei Paesi Bassi settentrionali. L’INGHILTERRA NELL’ETÀ ELISABETTIANA  Elisabetta i Tudor Nata nel 1533 dalla seconda moglie di Enrico VIII, Anna Bolena. Elisabetta salì al trono dopo la morte della sorella Maria alla fine del 1558. Il suo governo si caratterizzò per un notevole equilibrio tra l’esigenza di tenere buoni rapporti con il parlamento e la tendenza a concentrare i poteri decisionali nel Consiglio privato della Corona, il cui membro più autorevole fu William Cecil, poi lord Burghley.  La questione religiosa e l’organizzazione della Chiesa anglicana. Elisabetta riaffermò la supremazia del sovrano in materia religiosa, ma mantenne l’episcopato e con l’Atto di uniformità del 1559 impose il Libro delle preghiere comuni. Sul piano dottrinale, invece, i Trentanove articoli di fede, formulati nel 1562 e promulgati nel 1571, accolsero i motivi fondamentali della teologia calvinista. Il dissenso religioso fu ampiamente tollerato, e i seguaci di Roma cominciarono a essere seriamente perseguitati solo dopo la ribellione dei “conti del nord” nel 1568-69 e dopo la scomunica lanciata da Pio V (1570).  Insoddisfazione dei puritani. Il compromesso elisabettiano lasciava insoddisfatti i calvinisti più intransigenti, detti puritani, che reclamavano l’abolizione dei vescovi e l’eliminazione dal culto di ogni residuo di “papismo”. Ma solo nel XVII secolo il puritanesimo si trasformerà in una forza di opposizione alla monarchia.  Problema di successione.  Maria Stuarda. Decaduta nel 1568. 1587 condannata a morte da Elisabetta.  Stabilizzazione della moneta (1563) e moderazione dei tributi.  Crescita demografica e rafforzamento dei ceti intermedi (come la gentry). Nel corso del 1587-1588 la Lega sostituì di fatto la propria autorità a quella del monarca, che nel dicembre 1588, rifugiatosi a Blois, vi attirò con un tranello il duca di Guisa e il cardinale di Lorena e li fece assassinare. Non gli restava a questo punto che l’alleanza col Borbone insieme al quale strinse d’assedio Parigi nel luglio 1589; ma un mese dopo lo stesso Enrico III cadde vittima di un frate fanatico. Prima di morire, designò come successore Enrico IV.  Enrico IV e lo scontro con la Lega. Temprato alla vita delle armi, affabile e cavalleresco, Enrico IV (1589-1610) aveva tutte le qualità che si richiedevano per ridare smalto e prestigio alla figura del monarca. Enrico IV non fu riconosciuto dai leghisti, che gli contrapposero una figlia di Filippo II di Spagna, Isabella. Truppe spagnole penetrarono in Francia dai Parsi Bassi e dai Pirenei per imporla sul trono.  Pacificazione e restaurazione dell’autorità monarchica. Ma proprio questo fatto permise a Enrico IV di presentarsi come il campione dell’unità e dell’indipendenza del Regno e di trasformare la guerra civile in guerra contro lo straniero e contro i suoi alleati interni. Nel suo programma di pacificazione e di restaurazione dell’autorità monarchica non poteva non riconoscersi il partito dei cosiddetti politiques, cattolici moderati che ponevano l’interesse dello Stato al di sopra di quello delle fazioni religiose e che appartenevano in larga parte alla magistratura e alla borghesia degli uffici. Un’espressione di ciò sono i Sei libri dello Stato del giurista Jean Bodin, che teorizzava l’autorità assoluta del monarca, temperata dal rispetto delle “leggi fondamentali” del regno.  La conversione di Enrico IV (1593). Con la pubblica conversione di Enrico IV (luglio 1593), con il suo ingresso trionfale a Parigi (22 marzo 1594) e con l’assoluzione pronunciata l’anno seguente da papa Clemente VIII il conflitto era terminato.  Pace di Vervins (2 marzo 1598) con Filippo II. Editto di Nantes (aprile 1598). Il vecchio Filippo II, ormai mortalmente infermo, riconobbe la propria sconfitta firmando il 2 marzo 1598 la pace di Vervins. Poco più di un mese dopo, l’editto di Nantes promulgato da Enrico IV sanciva la pace religiosa mantenendo al cattolicesimo il carattere di religione di Stato ma riconoscendo agli ugonotti il diritto di praticare il loro culto (tranne a Parigi e in altri pochi luoghi) e la facoltà di presidiare militarmente un centinaia di piazzeforti a garanzia della libertà religiosa. L’EUROPA ORIENTALE: POLONIA E RUSSIA Regno polacco-lituano  La Polonia: crogiolo di popoli e di fedi religiose (cattolici, greco-ortodossi, luteranesimo, calvinismo, anabattismo e antitrinitari, ebraismo). Principio di libertà religiosa ribadito nel 1573.  Una nobiltà numerose come ostacola all’affermazione dello Stato.  Questo ceto fu protagonista della notevole fioritura intellettuale e artistica e del forte aumento della produzione cerealicola. Tuttavia, tali progressi furono pagati da un lato con un asservimento durissimo dei contadini, dall’altro con un indebolimento crescente della monarchia, i cuoi poteri erano limitati dalla presenza di un Senato e di una Camera dei deputati (il Sejm).  Morto Sigismondo II (1572), la dinastia si estingue. Venne affermato il carattere elettivo e non ereditario della corona. Da allora, la nobiltà polacca elesse sistematicamente principi stranieri, che non avevano basi nel Paese e dovevano appoggiarsi ad una delle varie fazioni nobiliari. Dietro la facciata monarchica, la confederazione polacca-lituana era in realtà una repubblica aristocratica. Russia moscovita  Le condizioni economico-sociali della Russia moscovita Un territorio sconfinato e poco popolato, uno scarsissimo sviluppo della vita cittadina e dei traffici, quasi tutti in mano straniera, un’economia agricola imperniata sulle grandi aziende signorili che sfruttavano il lavoro coatto dei contadini servi della gleba.  Monarchia a concentrazione del potere L’evoluzione politica, tuttavia, fu opposta a quella polacca e andò verso la concentrazione di tutti i poteri nelle mani del monarca. Tra i motivi di questo diverso destino dobbiamo considerare la minore forza numerica e compattezza della nobiltà russa, rispetto a quella polacca, e il ruolo cruciale della Chiesa ortodossa, legata alla tradizione bizantina, nel rendere sacra la figura dello zar e nell’inculcare ai sudditi l’obbedienza incondizionata.  Ivan III il Grande (1462-1505) e Basilio III (1505-1533) Questi sovrani posero le basi della stretta associazione tra Chiesa e Stato e della creazione di una nuova nobiltà, che in cambio della concessione di terre assicurava alla corona il servizio militare e civile.  Ivan IV, zar di Russia Tale processo raggiunse il punto più alto con Ivan IV, che, dopo essersi fatto incoronare zar4 nel 1547, diede inizio a una politica di rafforzamento del potere monarchico. Convocò nel 1550 il primo Zemskij Sobor, sorta di assemblea nazionale contrapposta alla Duma (il consiglio dello zar composto dai boiari), creò con gli strel’cy il primo nucleo di un esercito professionale, riordinò l’amministrazione centrale e periferica, combattendo la corruzione dilagante ed estendo il reclutamento di una nuova nobiltà di servizio.  Commerci e conquiste militari All’esterno Ivan intrecciò rapporti commerciali con le potenze occidentali, specialmente con l’Inghilterra; condusse vittoriose campagne militari contro i tatari, impadronendosi nel 1552 del khanato di Kazan e nel 1556 di Astrakhan, in modo che tutto il bacino del Volga, fino al mar Caspio, era ormai in mani russe.  Stragi e confische indiscriminate. Il massacro di Novgorod (1570) Ivan IV cominciò a dare segni di squilibrio mentale a ad abbandonarsi ad atti di gratuita ferocia. Migliaia di individui furono sterminati con le loro famiglie. Il terrore raggiunse il culmine nel 1570 con il massacro di Novgorod. Alle conseguenze dirette di tali devastazioni si aggiunsero le fughe di massa provocate dalla paura delle persecuzioni e gli oneri sempre più gravi di una lunga guerra 4 Termine derivato dal latino “Caesar”, a rivendicare il ruolo di successore politico e religioso dell’Impero romano d’Oriente. contro la Polonia e la Svezia, che si concluse nel 1582 con la sconfitta della Russia e la rinuncia forzata allo sbocco sul Baltico.  Boris Godunov. A Ivan IV succedette il figlio Fëdor (1584-1598). Il potere effettivo fu esercitato dal cognato, Boris Godunov, che riuscì a farsi riconoscere zar nonostante fosse sospettato dell’assassinio del nipote Dimitri. Boris Godunov continuò la politica antinobiliare di Ivan IV, diede impulso all’esplorazione e alla colonizzazione della Siberia e consentì con un decreto ai proprietari di riprendere i contadini fuggiaschi, nell’intento di combattere lo spopolamento delle campagne.  L’epoca dei torbidi Ma gravi carestie e pestilenze funestarono gli ultimi anni del suo regno (1598- 1605), durante i quali egli dovette anche lottare con un pretendente al trono che si spacciava per Dimitri redivivo. Alla sua morte, la Russia sprofondò in uno stato di totale anarchia, la cosiddetta “epoca dei torbidi”, che ebbe fine solo nel 1613 quando un nuovo Zamskij Sobor elesse zar Michele Romanov, la cui dinastia era destinata a regnare fino al 1917. “IL NERBO DELLO STATO”. LE PUBBLICHE FINANZE NELL’EUROPA PREINDUSTRIALE.  Stretto legame tra lo sviluppo degli apparati statali e la fiscalità.  Tre considerazioni: 1. Distinzione tra Stato demaniale e Stato fiscale, a seconda che le entrate del governo centrale provenissero in prevalenza dal patrimonio regio (terre, feudi, miniere, ecc.) o dai tributi imposti ai sudditi. a. La grande maggioranza dei Paesi europei passò dal primo al secondo tipo nel corso dei secoli XV-XVIII. Tuttavia, in alcuni Stati nordici i provenienti del demanio conservarono a lungo un’importanza notevole. 2. Distinzione tra imposte dirette e indirette: a. Le prime colpiscono direttamente il reddito, il patrimonio o la persona; b. Le seconde sono prelevate in percentuale sulle transizioni commerciali, sul trasporto di oggetti o di animali o il passaggio su porti o strade (dazi, pedaggi), o anche sulla vendita di generi di monopolio come il sale o il tabacco (privative). 3. Il ricorso al credito era la norma per i governi centrali perché le entrate erano quasi sempre insufficienti. I debiti contratti dagli Stati o da altri enti pubblici sono di due tipi a. Debito fluttuante, costituito da anticipazioni o prestiti a breve scadenza; b. Debito consolidato, composto da titoli e buoni del Tesoro senza una scadenza prefissata o addirittura irredimibili, che non prevedevano cioè il rimborso del capitale ma solo il pagamento degli interessi.  Caso spagnolo (debiti asientos e debiti juros), francese e inglese. Inoltre, bisogna sottolineare che le riforme finanziare furono al centro dell’azione delle monarchie illuminate settecentesche, come dimostrano anche le vicende di alcuni Stati italiani, all’avanguardia nella realizzazione di catasti.
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