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Riassunto del libro "Arte. Una storia naturale e civile" volume 3 (Dal '400 alla Controriforma), Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

Sono riassunti molto sinteticamente tutti i contesti storico-artistici e ogni opera analizzata dagli autori (Salvatore Settis e Tomaso Montanari). Ideale per esami mnemonici dove sono richiesti data, luogo, titolo, autore.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Riassunto del libro "Arte. Una storia naturale e civile" volume 3 (Dal '400 alla Controriforma) e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! 1 IL GOTICO INTERNAZIONALE (a partire dalla seconda metà del ‘300) 0. Lo stile delle corti europee Novità: gli artisti rendono gli effetti atmosferici di un cielo vero e il Gotico internazionale inizia a comparire in pittura. straordinario connubio tra il massimo artificio e il massimo naturalismo dettagliato. Amore per un’arte che trasfigura la realtà con forme guizzanti e colori rarefatti. Stile cortese: riflettere il gusto delle signorie e delle corti. Avignone: dal 1309 sede pontificia. I papi si circondano di artisti impegnati ad abbellire la città. Questo ha permesso al gotico avignonese di diffondersi lungo la rete delle corti europee come l’Italia (Simone Martini, madonna dell’umiltà, 1340, Avignone, soggetto per eccellenza del gotico internazionale). -Pisanello, madonna della quaglia, 1420, Verona. Curva tipicamente gotica del panneggio del manto. Siamo in Italia, subito dopo i De Limbourg (1413-16 aprile e luglio) e stesse predilezioni: preziosità, raffinatezza, attenzione per la natura. Gotico fiorito o flamboyant = fiammeggiante. Passione per il mondo vegetale. -Marino Contarini Ca’ d’Oro 1420-30. Arco acuto, gusto ornamentale, miniatura, muratura in marmo una volta impreziosita da dorature. Il Gotico internazionale in architettura si diffuse maggiormente nel resto dell’Europa. Mentre a Roma fioriva il Rinascimento maturo di Raffaello e Michelangelo, le principali corti d’Europa parlavano ancora la lingua del Gotico. Scultura di Claus Sluter per il Gotico. -Il pozzo dei profeti. Mosè e Isaia. Pietra calcarea con tracce dei colori: la scultura del gotico internazionale è policroma. -Monumento sepolcrale di Filippo l’Ardito, Sluter e de Werve. Figure a tutto tondo dei pleurants. 1. Gian Galeazzo Visconti e il ruolo della Lombardia Ducato di Milano: dalla fine del ‘300 si impone il gotico internazionale. Gian Galeazzo Visconti signore del ducato che rende la sua corte un polo culturale di prim’ordine. Castello visconteo a Pavia 1360-65. Patrocinano una scuola di miniatura nella quale si formò negli anni ‘80 Michelino da Besozzo, ottimo pittore e miniatore. -L’elogio funebre di Gian Galeazzo Visconti, Michelino da Besozzo, 1403, miniatura, Parigi. Sul frontespizio del sermone illustra una scenetta di incoronazione del duca da Gesù in paradiso. Magnificenza di una scena cortese. No resa dello spazio: figure bidimensionali quasi incorporee ma fantasiose e coloratissime. Fondo decorato a motivi geometrici tipico delle miniature. -Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria, 1403-10, Siena. Atmosfera onirica dove manca concretezza spaziale e figure esili e guizzanti. Tecnica da orafo per impreziosire il dipinto: pastiglia dorata, pasta di gesso e colla. -Duomo di Milano: 1387 Visconti dà inizio alla costruzione dalla zona absidale con enormi finestroni ad arco acuto e guglie. Pianta a 5 navate, forme gotiche, marmo bianco. Ultimata nell’800. Edificio fiorito di decori e sculture. Jacopino da Tradate, scultore lombardo. -Rilievo di Papa Martino V (ha chiuso lo scisma d’occidente), 1420, deambulatorio del duomo. -Madonna col bambino, 1420-30 museo castello sforzesco. Signore di Milano con Jacopino è Filippo Maria Visconti, secondogenito. Ancora gotico internazionale. -Cappella di Teodolinda nel duomo di Monza che fondò lei stessa. Affrescata nel 1441-46 dagli Zavattari che avevano aperto una bottega a Milano. Si racconta la sua vita in un ciclo di affreschi, spunto dall’opera di Paolo Diacono. Ripetersi di scene di corte, miniature con sfondo geometrico dorato. -Carte dei tarocchi della bottega dei Bembo, gioco delle carte passatempo delle corti italiane settentrionali. 2. Artisti in viaggio: Gentile da Fabriano, Pisanello e Jacopo della Quercia Gentile da Fabriano: nativo delle marche ma si posta a Pavia, viscontea. Esponente del gotico in pittura con Pisanello. -Pala con Madonna col bambino, i santi Nicola, Caterina d’Alessandria e un donatore, 1400, Berlino. Prato fiorito, eleganza figure femminili, Bambino ispirato da Michelino. Si sposta a Venezia. Secondo Vasari Michelangelo avrebbe detto che oltre al nome, è Gentile anche nel dipingere. -Polittico (pala d’altare con singoli pannelli) di valle Romita, 1410, pinacoteca Brera. Al centro l’incoronazione della vergine da Gesù. La cornice dorata con guglie e pinnacoli risale al 1925. Abbondanza dell’oro. È più attento ai colori che alla resa dei gesti. Vertice a Firenze, Stato repubblicano dove nascevano i sintomi Rinascimentali. -L’adorazione dei magi, 1423 con firma, Uffizi. Commissionato da Palla Strozzi, facoltoso fiorentino. È una tavola diversa dai polittici perché ha un unico palcoscenico che narra una storia, senza suddivisioni tra scene. In primo piano c’è l’epilogo dell’adorazione. Si tratta ancora di una scena di corte con vestiti alla moda. Predella alla base, Fuga in Egitto novità: cielo azzurro e atmosferico, come i fratelli francesi. Poi andrà a Roma come maggiore pittore d’Italia. Pisanello (Antonio Pisano), miglior allievo di Gentile. A Verona le opere significative. -Il monumento sepolcrale di Niccolò Brenzoni, in collaborazione con lo scultore Nanni di Bartolo, 1426, Verona. Gruppo scultoreo in marmo che raffigura la Resurrezione di Cristo e le parti dipinte sono di Pisanello: la finta tappezzeria, il giardino gotico che incornicia il monumento. Scena dell’Annunciazione al lato dx del tendaggio, tenerezza delle carni e raffinatezza cromatica tipiche di Gentile. -San Giorgio e la principessa, 1436, Verona. Privilegia il registro cavalleresco rispetto a quello devoto. -Medaglia di Giovanni VIII Paleologo, 1438, Firenze. Avrà fama di ritrattista. Da metà del ‘400 la medaglia diventa oggetto privato e forma di autorappresentazione del potere. -Ritratto di Lionello d’Este 1441 e 1444. Jacopo della Quercia, scultore del gotico internazionale italiano. Fa da ponte con il nuovo linguaggio rinascimentale. -Sepolcro di Ilaria del Carretto, 1406-08, Lucca. Tomba isolata di gusto borgognone, come Sluter. Il gisant di Ilaria si distingue per il naturalismo del volto incantevole e dell’abito alla moda. -Basilica san Petronio fondata come tempio civico nel 1390. Nel 1425 Jacopo ha un incarico di scolpire il gigantesco portale centrale 1425-1438 in marmo. Manca il coronamento gotico sopra la lunetta. Realizzati nel 1426-328 i rilievi dei fianchi, effetto di statue a tutto tondo. -Giovanni da Modena, Ritorno dei magi in oriente per mare, 1412-15, San Petronio. 2 FIRENZE E IL PRIMO RINASCIMENTO 3. Ghiberti, Brunelleschi, Donatello 1436, De Pictura, trattato di Leon Battista Alberti, dedica a Brunelleschi in apertura -> cos’è il Rinascimento. Fino a quando non andò a Firenze nel 1434 credeva nell’assoluto primato dell’antichità e vedendo Brunelleschi, Donatello, Masaccio capisce che l’antichità era rinata. Anzi, nasce qualcosa di nuovo perché gli eroi che inventano il Rinascimento lo fanno dal nulla, ricreando. Primi decenni del ‘400 straordinaria stagione artistica. Nuovo linguaggio che trova ispirazione nella letteratura e arte antica. Brunelleschi 1377-1446, Donatello 1386-1466 e Masaccio 1401-1428 furono i promotori del Rinascimento, rinnovamento artistico e culturale. 1401 bandito un concorso tra gli artisti toscani: il vincitore realizza la grande porta bronzea per il battistero di San Giovanni a Firenze. La chiesa aveva 3 ingressi, uno realizzato da Andrea Pisano, porta sud. La nuova porta doveva attenersi a quel modello. Vinse Ghiberti, porta nord e la finì nel 1424. I due battenti hanno 28 formelle e lo stile è quello gotico internazionale del tempo e rappresentano la storia di Cristo rispetto alla storia di san Giovanni di Pisano. -Sacrificio di Isacco 1401-2 Brunelleschi e Ghiberti (figlio di un orafo) formelle mistilinee entrambe gotiche. Sotto la stagione artistica del gotico covava il fuoco di una rivoluzione. Nell’officina ghibertiana c’è anche Donatello. -Crocifisso, Donatello, 1406-8, Firenze santa Croce. Il perizoma è come quello ghibertiano nella formella della porta nord ma nel volto emerge un naturalismo ed espressività. -Crocifisso, Brunelleschi, 1410-15, Firenze santa Maria Novella. Serena composizione e studio delle anatomie. Può sembrare un’opera del Rinascimento maturo questo perché nel 1410 aveva compiuto un viaggio a Roma dopo la sconfitta del concorso: l’antichità classica aveva ricominciato a parlare agli artisti. Nel viaggio c’è anche Donatello e vogliono studiare le sculture e architetture degli antichi. Cosa non scontata perché agli inizi del ‘400 Roma non era ancora una capitale artistica anche per il periodo di crisi della chiesa (Avignone e scisma). Idea: guardare al passato e alla gloria di Roma per prenderla a modello. Brunelleschi e Donatello aprono le porte al recupero dell’antico, facendo della scultura la più avanzata delle arti. -1408 commissionate 4 sculture di evangelisti seduti per la facciata di santa Maria del fiore tra cui Donatello e Brunelleschi. -Orsanmichele, Firenze. Donatello nel 1417 scolpisce San Giorgio. Marcata volumetria e recupero dell’antico. Il santo cavaliere è spogliato di ogni orpello, saldo e severo guarda l’orizzonte, armonico e proporzionato. Scultura moderna inserita in un tabernacolo ancora gotico. Ghiberti (San Giovanni Barrista) e Nanni di Banco realizzano altre sculture. -San Giorgio che sconfigge il drago, 1417, marmo, Firenze. Più antico esperimento di prospettiva. Tecnica dello stiacciato, rilievo basso con effetti simili al disegno. Composizione tridimensionale, su entrambi i lati si cerca un punto di fuga centrale (loggiato con archi a tutto sesto). Primo cielo atmosferico dell’arte europea che si deve a uno scalpello. -Battesimo di Cristo, 1443-5, da Sansepolcro al National Gallery. Traspare la formazione con Domenico Veneziano, luminoso e prospettico parallelo della sua pala quadrata. L’effetto tridimensionale è dato dal paesaggio lontano simile al tondo di Domenico con tanto di cielo azzurro che viene rispecchiato nel Giordano. Visione serena e distaccata. Il formato sagomato ad arco è dovuto al fatto che sarebbe dovuto stare al centro di un trittico cuspidato. Complesso pittorico a metà tra gotico e Rinascimento. -Madonna della Misericordia (soggetto medievale che accoglie i fedeli sotto il proprio manto), scomparto centrale del polittico della misericordia, Sansepolcro, 1445-62. I committenti compaesani ordinarono lo sfondo dorato. Piero di distingue nonostante le limitazioni: la Vergine pur sovradimensionata accoglie i devoti che si dispongono inginocchiati a semicerchio per rendere uno spazio autentico e definito. -Storie della vera croce, Arezzo, ciclo di storie affrescate che raccontano la storia del legno della croce di Cristo, seconda metà del ‘400 inizi. Roberto Longhi, primo studioso di Piero dice che mise in scena una distesa epopea di vita laica profana. La narrazione inizia dalla lunetta destra con la scena della morte di Adamo. -La regina di Saba adora il futuro legno della croce e incontra Salomone. Dalle Storie. Nella metà di dx del riquadro la regina incontra Salomone in un porticato all’antica. Spazio unico per raccontare due storie: esempio del Tributo di Masaccio. Riesce a rendere l’effetto di un ambiente unificato. -Flagellazione, 1445-50, Urbino, Piero. Virtuosistica prova di prospettiva. Il supplizio di Cristo ha luogo a sinistra dentro al porticato. Pilato: volto di Giovanni VIII Paleologo nella medaglia di Pisanello. -Battaglia di ponte Milvio, da Storie, Piero. Volto di Giovanni Paleologo anche in Costantino che ostentando la croce guida le sue truppe contro Massenzio nella battaglia del ponte Milvio. Vasari elogia quest’opera per la rappresentazione degli stati d’animo: forza, destrezza, animosità. -Sogno di Costantino, da Storie. Qui si riconoscono le qualità della pittura pierfrancescana: resa tridimensionale del padiglione, scorcio difficile dell’angelo che cala dall’alto con la croce, la verità del cielo stellato, lo studio luministico, il fiabesco notturnale del gotico collima col classicismo antico. -Ritrovamento e verifica della croce, da Storie. La madre di Costantino, Elena ritrova la reliquia della croce. Qui Piero fa risaltare il sacro legno con uno scorcio calcolato, alludendo all’architettura di un antico tempio di Venere, edificio che potrebbe essere stato disegnato da Leon B. A. Due episodi in uno spazio unico: scena agreste e urbana. 6. Luca della Robbia 1400-82 e la fortuna delle “robbiane” Nuovo linguaggio della scultura: il colore e la luce riescono a giocare un ruolo decisivo grazie alla terracotta invetriata e invetriatura smaltata, invenzione di Luca, grande scultore in marmo. Per il duomo fiorentino Brunelleschi aveva pensato di dotare di una coppia di cantorie l’altare maggiore. -Cantoria, Donatello, 1433-1438, Firenze. Vuole richiamare il tema della musica allestendo una sfrenata e instancabile danza di putti alati. Rifiuta una rigida composizione e sceglie di lasciare le figure poco più che abbozzate. -Cantoria, Luca della Robbia, 1431-38, Firenze. Fanciulli che si applicano con gioia alle diverse maniere di fare musica e balli. Domina un’armoniosa serenità con un inflessibile ordine architettonico. -Resurrezione, 1442-1444, Santa Maria del Fiore, Luca della Robbia. Lunetta. Episodio calibratissimo esaltato dal netto contrasto cromatico tra l’azzurro del fondo piatto e le candide figure ad altorilievo. -Tabernacolo di Sant’Egidio, 1441-2, Firenze, della Robbia. Tabernacolo eucaristico non più con formati gotici ma proponeva una variante architettonica di gusto brunelleschiano con un tempietto all’antica coronato da un timpano. Gruppo della pietà nella lunetta, grande effetto dell’invetriatura. -Annunciazione, 1475, Arezzo. La terracotta invetriata ebbe una notevole fortuna e Luca organizzò una bottega capace di dare origine a una produzione protoindustriale. Uscivano madonne col bambino per devozione provata o si potevano replicare opere seriali o creare pezzi unici. 7. Intorno a Cosimo il Vecchio: vecchi e nuovi protagonisti -Sagrestia vecchia di San Lorenzo, 1420-8, Firenze, Brunelleschi. Il padre di Cosimo de’ Medici promosse e finanziò un importante cantiere della città avviato nel 1421: ristrutturazione della chiesa di san Lorenzo. B. doveva costruire una sagrestia pensata come mausoleo mediceo. Sagrestia vecchia (vs nuova di Michelangelo) costituita da un’aula cubica, colore neutro delle pareti in contrasto con la pietra serena grigia. Su ogni lato si trovano lunette a tutto sesto sopra le quali si innalza una cupola. Sotto il tavolo marmoreo si trova la tomba di Giovanni de’ Medici morto nel 1429. Scarsella: vano a pianta rettangolare che ospita l’altare. Spazio architettonico misurato e con colorati rilievi di Donatello che raffigurano scene bibliche in prospettiva (Resurrezione di Drusiana, 1435-40). -Capitolo de’ Pazzi, 1429-78, Santa Croce, Brunelleschi. Andrea Pazzi, ricco esponente di una nobile famiglia fiorentina, sceglie di costruire una propria cappella isolata nel complesso di Santa Croce. Edificio a pianta centrale con aula cubica, cupola e scarsella, simile alla Sagrestia vecchia. Diversa decorazione: corredo scultoreo in terracotta invetriata dalla bottega robbiana. Esterno: elegante porticato all’antica, sorretto da due terzine di colonne corinzie che sostengono una trabeazione, interrotta al centro da un arco a tutto sesto. -Porta del paradiso, 1425-52, dal battistero di san Giovanni al museo dell’opera del duomo, Ghiberti. Brunelleschi muore nel 1446 e Ghiberti ha nel 1425 l’incarico di realizzare l’ultima e la più importante porta. La struttura dei due battenti rinuncia a ogni riferimento gotico e prevedeva 10 grandi scene quadrate con storie dell’antico testamento. La prospettiva rimane oscura e lo stiacciato donatelliano veniva utilizzato per rifinire i dettagli e non per rendere la tridimensionalità. -Storia di Adamo ed Eva. I personaggi tendono alla bellezza. Racconta più episodi della stessa storia in una sola scena. Gli episodi sono uniti da un filo narrativo e non dalla prospettiva. -Storia di Giuseppe ebreo. Sette episodi attorno a una grande loggia circolare. Minuzioso nelle figure ma non le sa collocare nello spazio. Però grazia eccezionale. -David, Donatello, 1435-40, bronzo, Firenze. Adolescente nudo che trionfante poggia un piede sul capo del gigante morto. Eleganza estrema ma novità decisiva: statua a tutto tondo affinché si potesse girarle attorno. Realizzata per il palazzo di Cosimo. -Giuditta e Oloferne, 1457-64, Firenze, altro bronzo dorato monumentale di soggetto biblico per una dimora di Cosimo. Donatello ormai anziano. Forza impressionante del gruppo scultoreo a tutto tondo. Nel basamento 3 scene bacchiche che alludono all’ebbrezza di Oloferne. Rappresentava un esempio di virtù civile e amore di patria. Michelozzo di Bartolomeo si forma nel cantiere ghibertiano della porta nord e socio di Donatello. Si afferma come architetto guardando a Brunelleschi che dopo la sua morte diventa architetto di fiducia di Cosimo. -Palazzo Medici, 1444-60, progetto di Michelozzo, Firenze. Prototipo di edificio gentilizio rinascimentale. Sobria magnificenza per dimostrare ricchezza e potere. Inizialmente struttura cubica e alterata in età moderna. Forme michelozziane nella serie di bifore con archi a tutto sesto e nella scelta di alleggerire il paramento con l’alternare nei tre ordini un bugnato sempre più rustico. 1437-43 Michelozzo si occupa della ristrutturazione del convento di san Marco a Firenze, finanziata da Cosimo il Vecchio. Rapporto intimo tra il convento e il frate domenicano Beato Angelico che dà origine a un ciclo figurativo singolare. Angelico dovrà affrescare le pareti del complesso michelozziano. Oltre 40 affreschi. -Annunciazione, 1440, Convento di san Marco. Spazio misurato e prospettico del porticato che richiama l’architettura di Michelozzo. La povertà dei Domenicani si sposa con la sobria essenzialità della nuova pittura scaturita da Masaccio. -Madonna col bambino e i santi (pala di san Marco per l’altare maggiore), 1440. Formato quadrato: uno dei formati per eccellenza delle pale d’altare rinascimentali. I santi si raggruppano in uno spazio unico attorno alla vergine rispetto ai polittici che li dividevano. Cosma e Damiano patroni della famiglia medicea. -Guarigione del diacono Giustiniano, predella della pala, 1440. Ambiente domestico tirato in prospettiva e illuminato. 3 RINASCIMENTO E RINASCENZE: LA PITTURA FIAMMINGA E FRANCESE 8. L’Italia e le Fiandre Nel corso del ‘400 tra l’Italia e le Fiandre intercorsero rapporti molto stretti grazie a una rete di relazioni mercantili e finanziarie che comprendevano anche gli artisti con le loro opere. Cosimo de’ Medici interessato alla terra fiamminga. Nuovo tipo di pittura tra la Francia nordorientale e i Paesi Bassi. Pittori fiamminghi attivi nei territori del Ducato di Borgogna al tempo di Filippo il Buono che danno svolta al linguaggio figurativo d’Oltralpe. Questi indagarono empiricamente la quotidiana realtà delle cose, attenti ai minimi particolari e utilizzando la tecnica a olio. Michelangelo denigra questa arte. Arte che ebbe un immediato riflesso su Filippo Lippi, fedele allievo di Masaccio. -Madonna di Tarquinia, 1437, Roma, Filippo Lippi. Cornice ancora gotica ma l’opera parla un linguaggio masaccesco. Erculeo e irrequieto Gesù, che richiama le cantorie di Donatello e della Robbia. Ambientazione del dipinto nella prospettiva di un ambiente domestico, novità. Luce tenue, marmi screziati del trono. Si ispira notevolmente anche alle novità della pittura fiamminga che da oltre dieci anni aveva trovato il suo padre fondatore in Jan van Eyck. Novità fiamminghe e fiorentine convergono in questo dipinto. -Annunciazione, 1440, San Lorenzo, Firenze, Lippi. Formato quadrato su invito di Brunelleschi riguardo san Lorenzo. Ingegnosa scenografia architettonica. La scena si tiene nelle due grandi arcate di un loggiato all’antica, fuga prospettica del giardino urbano con palazzi. Spicca l’iperrealistico dettaglio di una trasparente ampolla di vetro, pronta a ospitare il giglio dell’arcangelo. Virtuosismo tipico fiammingo. -Ritratto dei coniugi Arnolfini (toscani arricchiti nelle Fiandre), 1434, National Gallery, Jan van Eyck. Qui sono illustrati gli elementi cardine della pittura fiamminga. È preferita la pittura ad olio rispetto alla tempera per conferire luminosità e vivacità ai colori. Volontà di rappresentare analiticamente la realtà che si realizza nella minuta descrizione di ogni dettaglio pur in assenza di una razionale scatola tridimensionale. I fiamminghi non conoscono la prospettiva di B. ma ricostruiscono lo spazio empiricamente. Opera: tanti mirabili brani di natura morta in un clima di intimità domestica. Verismo dei particolari. Ritratto celebrativo per commemorare il fidanzamento tra i due che li dispone frontalmente e di tre quarti. Manca la resa sentimentale. -Uomo col turbante rosso, 1433, National Gallery. Jan vero e proprio specialista nell’arte del ritratto. La sua arte rappresenta la natura per quanto è nelle sue forze. Mezzo busto e di tre quarti. Evidenza veristica della stoffa del copricapo, della pelliccia del colletto, l’intensità dello sguardo. -Polittico dell’agnello mistico, 1426-32, ante aperte o chiuse, Belgio. Macchina da altare tardomedievale nel soggetto e nel formato. Ci si trova immersi in un lussureggiante giardino. Sfugge a ogni rigore prospettico. -Madonna del cancelliere Nicolas Rolin, 1430-34, Louvre. Pala di formato quadrato ambientata nella sala di una sontuosa dimora. Alle spalle del devoto con veste di broccato si apre un luminoso loggiato. Hortus conclusus sottostante, architetture gotiche e rigogliosa vegetazione delle circostanti colline. Altro protagonista assieme a Jan è Rogier van der Weyden. -Deposizione, 1443, museo del Prado, pala d’altare. Manifesto di sentita devozione senza interesse alcuno per una razionale organizzazione spaziale. Precisione dei dettagli e concreta solidità e teatrale gestualità. -Polittico del giudizio universale, 1443, Francia. -Filippo il buono riceve le Chroniques de Hainaut, miniatura su pergamena, Bruxelles. -Deposizione, 1450, Uffizi, Rogier simile a -Compianto di Cristo davanti al sepolcro, 1440, pala di san Marco, Beato Angelico, Monaco. è palesemente tradotto nei termini di un verismo fiammingo che sottolinea il dolore degli attori e ci fa allargare lo sguardo in lontananza. Hans Memling fa l’apprendistato nelle Fiandre con van der Weyden. Avviò poi una sua bottega che lo portò a ergersi a primo attore della pittura fiamminga fino al 1494, morte. -Giudizio universale, 1473, Polonia. Offre una rilettura di quello di van der W. 3 scomparti rispetto a 9 compattando la dilatata composizione. Facciata di una cattedrale gotica. -Trittico Donne, 1478, National Gallery. Piccolo trittico destinato alla devozione privata. Tipico verismo fiammingo con volontà di aprirsi alla pittura italiana ad esempio unificando lo spazio dei tre scomparti. Il tutto avviene in una camera che attraverso la fuga prospettica del pavimento vuole sottolineare la tridimensionalità. -Ritratto d’uomo con moneta romana, 1473-74, Belgio. Sostituisce al tradizionale sfondo scuro un sereno fondale di paese. Distinto uomo in nero, mezzo busto con il volto di tre quarti. Nitidezza dello sguardo, leggerezza della capigliatura, perfezione delle carni, gesto inconsueto: presenta la moneta con l’effigie di Nerone: omaggio alla passione per l’antico. Il successo di questo tipo di ritratti riecheggiò rapidamente nella penisola. 9. Tra Francia e Italia: Barthélemy d’Eyck e Jean Fouquet Nel corso del ‘400 l’Italia condivise esperienze artistiche anche con la Francia. -Annunciazione, 1443-5, d’Eyck, Francia. Trittico. Solenne edificio gotico che si prolunga diagonalmente in due navate. Il tepore di un lume fiammingo si diffonde a rischiarare gli spazi, realistiche ombre. Ha ritratto uno scaffale colmo di oggetti come se fosse una natura morta, iperrealismo. -Incoronazione della vergine, 1453-4, Francia, Enguerrand Quarton. Gerarchia della scena che ingigantisce i personaggi principali al centro della composizione. Assenza di prospettiva, luce zenitale che uniforma tutto. No paesaggio realistico. -Pesca miracolosa, Konrad Witz, 1444, Ginevra. Pala d’altare. Scena rasserenata da una luce alpina. Anche l’Italia comincia a influenzare l’arte nordica. Jean Fouquet diventa il maggiore pittore di Francia. -Dittico di Melun, 1452, Berlino, Fouquet. Dittico smembrato. Dalla cornice proviene un tondo che raffigura il pittore ora al Louvre. Tre quarti e sfondo scuro. Il committente e il patrono Stefano guardano a sinistra la vergine col figlio. Luce gelida astratta. Scultorea tridimensionalità del corpo. Lo sfondo è disposto prospetticamente. Saldezza dei personaggi come Beato Angelico. 4 LA DIFFUSIONE DEL RINASCIMENTO IN ITALIA 10. Paesaggio e città nel Quattrocento -Tavola Strozzi, 1487, Napoli, pittore fiorentino. Veduta di una delle città più celebri. Città chiusa e fortificata. Escogitare nuove forme di sistemi difensivi (Firenze assediata 1529-30) come i bastioni. Aspetto religioso: vengono innalzate chiese per rendere onore a immagini miracolose. Loreto città di pellegrinaggio, santa casa. Tema della città ideale. -Madonna De Lazara, 1452, Berlino. Si spiega il perché Squarcione sia definito eccentrico. La vergine non ci guarda negli occhi ed è di profilo. Bambino ispirato agli spiritelli donatelliani. Davanzale: senso di uno spazio reale e prospettico. Novità: festone di frutta in alto, brano di natura morta, candeliere. 1448 Mantegna coinvolto nella decorazione della cappella Ovetari, Padova. Prevedeva la pittura di un ciclo di storie dei Santi Giacomo e Cristoforo. Varie vicissitudini, Mantegna eseguì la maggior parte delle storie. -Martirio di San Cristoforo e il trasporto del suo corpo, 1453-7. Il santo è quasi scomparso. Due scene spartite da una colonna scanalata. Capacità di Andrea di farsi regista di una narrazione teatrale altissima e tragica. -Ancona = tavola d’altare, Madonna con bambino, 1457-9, Verona, Mantegna. Offre una variante dell’allestimento donatelliano dell’altare della basilica padovana. Quadriportico con cornice lignea e architettura illusionistica di gusto antiquario, dipinta in prospettiva e aperta sul fondo per mostrare il cielo. Figure statuarie della madonna e 8 santi accompagnati da spiritelli donatelliani. Conseguenza di Squarcione: esorbitante decorazione e festoni di frutta. -Crocifissione, dalla predella dell’ancona, Louvre. Una delle tre scene di Cristo. Colori esuberanti e vivaci, compattezza dei protagonisti studiati nelle anatomie. -Orazione di Cristo nell’orto, 1455-60, National Gallery, Mantegna. Gli apostoli dormono serenamente e Cristo prega aspettando la cattura da soldati provenienti da Gerusalemme, resa con architettura veneta e romana. 17. Mantova e i Gonzaga: Mantegna pittore di corte Nel 1460 Mantegna si trasferisce a Mantova fino alla morte (1506) presso la corte del marchese Ludovico Gonzaga. Terra natala di Virgilio, corte attratta dagli studi e dal recupero dell’antico. Castello di San Giorgio, centro della corte. -Morte della vergine, 1460-4, dalla cappella del castello al Prado. Maria è distesa nel letto funebre circondata da apostoli donatelliani per temperamento e vigore. Sala in prospettiva che mostra una realistica veduta di ciò che si poteva ammirare dalla dimora dei Gonzaga. -Camera degli sposi, 1465-74, affresco e tempera, Castello di san Giorgio. Si vuole raffigurare la concretezza del racconto di quotidiane scene di corte tramite un finto loggiato coronato di festoni, dove i tendaggi si aprono a mostrare solidi personaggi su sfondi di paese. -Ludovico Gonzaga e la sua corte. Siede accanto alla moglie e riceve una missiva da un segretario. -Incontro tra L. Gonzaga e il figlio Francesco cardinale. Celebrazione dinastica corredata nel proseguo delle pareti da servitori, cani e destrieri. Paesaggi dal gusto architettonico di Alberti, giunto a Mantova in occasione del concilio del 1459. -Volta con busti di cesari e oculo prospettico, soffitto della sala. Il tema antiquario è chiamato a fare da cornice a una soluzione prospettica innovativa. Nella volta finge con la pittura una serie di elementi architettonici e una fastosa sequenza di busti di imperatori clipeati cioè inseriti entro un cerchio, come se fossero scolpiti a rilievo. Questi fanno da contorno all’idea di sfondare il centro del soffitto con un oculo prospettico aperto sul cielo dal quale si affacciano degli spiritelli. -Cristo morto, 1475-8, Pinacoteca di Brera. Dipinto su tela, cosa inconsueta per il secolo. È un compianto sul Cristo morto con dolenti che si fanno di lato piangenti. Sudario dalle pieghe metalliche, attendo studio anatomico. Atmosfera cupa, colori spenti, il cadavere è dipinto dal basso per esaltare le sue doti, effetto scultoreo sottolineato da Vasari. -Chiesa di San Sebastiano, progetto di Alberti, direttore dei lavori Luca Fancelli, 1460, Mantova. Aspetto classico del prospetto, poi alterato rispetto al progetto, originale struttura rialzata su di una cripta, pianta centrale che gioca a mettere assieme forme quadrate e del cerchio. Preannuncia la predilezione per la croce greca (iniziale progetto di Bramante per San Pietro. -Chiesa di Sant’Andrea, 1470, idem. Facciata ispirata a un tempio antico, pianta basilicale, ricorda la basilica di Massenzio a Roma nell’interno. In entrambi gli edifici Alberi si distingue per la scelta di compattare le superfici dei suoi prospetti, preferendo delle lesene a colonne. Camerino, Marche, posizionata su un’altura ebbe nei secoli una posizione strategica. Oggi città fantasma. 18. Ferrara e gli Estensi: tre pittori e un progetto urbanistico Ferrara: corte del marchese Lionello d’Este. Nella principale piazza del paese si innalza un monumento pubblico: -Arco del cavallo, 1450-1, marmo, Niccolò Baroncelli. Arco per sostenere un gruppo equestre in bronzo, oggi sostituito da una copia. Evoca il Gattamelata di Donatello che si distingue però dall’invenzione antiquaria di porre la statua su un arco, per innalzare. Dal 1450 Borso d’Este. Rapporti con Padova. -Bono da Ferrara, san Cristoforo traghetta Gesù bambino, 1451, cappella Ovetari. Ricorda Piero della Francesca. -Musa, Cosmè Tura, 1458-63, National Gallery. Al tempo di Borso nasce una scuola pittorica ferrarese con primo protagonista Cosmè. Temperamento estroso. Evoca artisti passati per la città: Pisanello è evocao nel tono cortese, il perfetto ovale del volto, la saldezza strutturale della giovane, la luce tersa e il panneggio aderente alle gambe attestano la conoscenza della pittura di Piero. Accese cromie, precisione dei dettagli ricordano la pittura fiamminga di van der Weyden. Linguaggio eccentrico anche per la fantasia del trono, deve aver conosciuto Squarcione. Palazzo Schifanoia, Salone dei Mesi, Ferrara, edificio sorto per godersi i piaceri della vita. Affreschi commissionati con la finalità di celebrare la corte tramite un ciclo allegorico dei 12 mesi. Francesco del Cossa unico documentato per i mesi di marzo-maggio. Tema dei mesi fortunato nel gotico internazionale (fratelli francesi). -Allegoria del mese di Aprile, 1469. Organizzato su tre registri paralleli: in alto il trionfo della divinità del mese, al centro il segno zodiacale con figure allegoriche e in basso uno scorcio della vita di corte. Segno toro, Venere trionfante su un carro, giovani e tre Grazie ricordano come gli amori nascano in primavera. Duca di Borso raffigurato entrante dalla caccia e donante una moneta al giullare. Dettaglio del giovane seduto sul proscenio dimostra la capacità di collocare le figure nello spazio. -Ercole de’ Roberti, Settembre, Fucina di Vulcano e Amore di Marte e Ilia, protagonista della pittura ferrarese. -Pala roverella, Cosmè Tura, 1476-9, trittico smembrato. -Madonna col bambino e gli angeli, National Gallery. Lo spazio della pala vuole essere unico, grazie alla prospettiva e alle grandi arcate in scorcio degli elementi superiori. -Pala Griffoni, del Cossa, San Petronio, 1470-3. -Madonna con bambino e santi, Ercole de’ Roberti, 1470-81, Pinacoteca di Brera. Formato moderno e spazio definitivamente unificato tramite un quadriportico all’antica al centro del quale si erge un curioso baldacchino in cui siede la vergine con il figlio. Si notano attenti studi sull’altare padovano di Donatello come anche le scenette evangeliche che ornano la base e il coronamento del trono. Sopraeleva il trono per mostrare una marina offuscata da nubi e una città portuale. “Addizione erculea”: progetto voluto da Ercole d’Este per una razionale organizzazione dello spazio urbano, perché improntata all’autorità dei modelli antichi. Progetto per migliorare le difese militari e offrire una dimensione più aperta. L’architetto fu Biagio Rossetti che disegnò il piano urbanistico tra il 1492 e 1510. Prende spunto dal modello romano di Vitruvio degli assi ortogonali che si intersecano a ospitare il Palazzo dei Diamanti per il bugnato marmoreo lavorato in forma di punte di diamante. 19. Gli Sforza e il primo Rinascimento a Milano Nel frattempo, il Ducato di Milano passava dai Visconti agli Sforza. 1450 Francesco Sforza nuovo duca di Milano e la corte iniziò ad aprirsi al nuovo linguaggio rinascimentale. Per proteggere il castello sforzesco fu innalzato una possente torre merlata di gusto gotico, oggi c’è una ricostruzione. La torre è denominata del Filarete per via di un trattato dedicato alla progettazione di una città ideale chiamata Sforzinda. Ospedale maggiore, 1456, progetto di Filarete. Compresenza di bifore ad arco acuto e loggiato con colonne e archi a tutto sesto nel registro inferiore. Cultura ibrida di Gotico e Rinascimento. 20. Giovanni Bellini e l’origine della pittura veneziana Alla metà del ‘400 la Padova di Donatello, Squarcione e Mantegna stimolò Venezia ad aprirsi al Rinascimento. Principale protagonista di questa vicenda fu Giovanni Bellini 1430 (a Venezia, profondamente devota al linguaggio del Gotico internazionale -1516, pittore che prese il meglio dai grandi maestri. Infatti, le prime opere assomigliano a Mantegna e le ultime a Tiziano. -Orazione di Cristo nell’orto, 1460-5, Bellini, la stessa dipinta da Mantegna. Cerca di intenerire le durezze mantegnesche con una luce calda che rischiara il cielo. Sceglierà di utilizzare la pittura a olio, capace di addolcire le figure e modellarne le forme con colori splendenti. Pittura a olio, colore e natura: sono questi i cardini della nuova pittura veneziana di cui Giovanni appare indiscutibile profeta. L’ambiente veneziano si aprirà anche alle suggestioni del linguaggio antiquario e prospettico divulgato da Alberti. Bellini combina entrambi questi mondi. 5 VERSO IL NUOVO SECOLO: UMANESIMO E CULTURA ANTIQUARIA ■ L’arte a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico -Cappella dei Magi, 1459-60, Firenze, Palazzo Medici. I moduli dell’architettura brunelleschiana sono impreziositi da un soffitto a cassettoni e da un pavimento di marmi e porfidi che rispecchia i modi di Alberti. Pareti: ciclo di affreschi di Benozzo Gozzoli. -Viaggio dei magi, Gozzoli, acceso d’oro, di colori e lapislazzuli, celebra la famiglia ritraendo Cosimo, parenti e popoloso seguito. Sembra ignorare le novità del linguaggio rinascimentale. Paesaggio fiabesco e tardogotico e assenza di tridimensionalità della composizione. Scena cortese. - Storie di Ercole, Antonio del Pollaiolo, 1470-5, Uffizi, non originali. 3 dipinti su tela quadrata. Linguaggio inedito. -Ercole e Anteo, del Pollaiolo, 1470-5, Firenze, uno dei casi più antichi di bronzetto rinascimentale, piccole sculture in bronzo per collezionisti privati. Passione per lo studio del nudo. -Battaglia dei nudi, del Pollaiolo, 1465, incisione su rame, Firenze. Incisione a bulino: nuova tecnica per riprodurre illustrazioni da una matrice, invenzione del 1460 secondo Vasari. -Martirio di San Sebastiano, Piero del Pollaiolo, National Gallery, 1475, pala. Veduta alla fiamminga, accurato nudo del santo che rimane insensibile al supplizio delle frecce. -Monumento sepolcrale di Piero e Giovanni de’ Medici, 1469-72, San Lorenzo, Firenze, Andrea del Verrocchio, assunse una posizione dominante nella scultura dopo la morte di Donatello. Figli di Cosimo. Sepolcro inserito in una nicchia sormontata da un arco a tutto sesto detta arcosolio. Assenza di immagini, mette al centro un sepolcro di porfido impreziosito da elementi decorativi in bronzo che culminano in una grata a finta corda. Ricchezza dei materiali e apparente sobrietà. -Incredulità di San Tommaso, 1467-83, bronzo, Firenze, del Verrocchio. Composizione che vuole accentuare il senso di movimento: disposto entro la nicchia, il Cristo accoglie lo scettico Tommaso, immaginaria piramide. Tommaso, al limitare della nicchia va a cercare la piaga del Cristo all’interno dello spazio chiuso. Perfezione dei panni elogiata da Vasari. -Battesimo di Cristo, 1475, Uffizi, del Verrocchio e Leonardo, pala. Accentuata gestualità delle figure, panneggio dell’angelo modellato da una luce cristallina, ultimo pittore di luce, definizione anatomica di Cristo. Nel 1470 la bottega del Verrocchio era la più importante di Firenze e fecero l’apprendistato Leonardo e Perugino. Dettagli di Leonardo: testa dell’angelo a sx e il nebbioso paesaggio retrostante, atmosfera inedita. Vasari dichiara la superiorità dell’allievo sul maestro. Leonardo da Vinci (Firenze) 1452-1519 -Paesaggio del Valdarno, inchiostro su carta, 1473, Uffizi. Modernità impressionante, tratto rapido e deciso, disordinata vegetazione, lontana distesa di campagna sorvegliata da un centro abitato. Regno della natura che rinuncia alla minuzia descrittiva fiamminga ma evoca un inedito senso atmosferico delle cose, sembra di avvertire il vento. Vuole indagare scientificamente la natura, esalta la pittura come scienza per eccellenza, sola imitatrice di tutte le opere evidenti in natura. -Annunciazione, 1475, Uffizi, pala d’altare. Gabriele si inginocchia nel prato fiorito di un hortus conclusus portando il suo saluto alla Vergine che siede sulla soglia della propria dimora seduta di fronte a un leggio secondo la tradizione. Dal Verrocchio prende i panneggi delle vesti plasmati dalla luce, nella composizione piramidale di Maria. Morbidezza delle capigliature, dettaglio di un lontano paesaggio in cui si ergono rocciose montagne tra la nebbia, tema caro al pittore. -Adorazione dei Magi, 1481-2, Uffizi. Pala solo abbozzata, incompiuta. Sorta di grande disegno, pochi colori. A differenza di Gentile da Fabriano, Leonardo dispone la madonna col bambino al centro all’ombra di un albero e fa ruotare attorno a costoro i sovrani orientali e il loro seguito. In secondo piano un edificio in costruzione, paesaggio roccioso ravvivato dall’azione di uomini e cavalli in un incessante movimento. -Disegno preparatorio per la pala, Uffizi. Dimostra la competenza prospettica di L., figure schizzate con rapidità nel loro incessante moto che è la chiave della sua pittura. Sandro Botticelli Firenze 1445-1510 -Adorazione dei magi, 1475-6, Uffizi. Mette il gruppo di Maria e Cristo entro un fabbricato in rovina al centro del dipinto. I Medici vengono omaggiati nel dipinto: nel mago anziano inginocchiato davanti a Cristo Vasari riconosce Cosimo il Vecchio, nei magi chinati i suoi figli e alle estremità i nipoti, tra cui Lorenzo. Il pittore si è ritratto nel giovane togato in giallo che ci guarda. Come L. anche Botticelli si affida alla recitazione dei suoi attori. Le figure sono costruite attraverso netti contorni, su lezione del Pollaiolo. Botticelli venne condotto dal padre sotto il magistero di Filippo Lippi secondo Vasari, fatto evidente dalle prime opere di B. che somigliano alle ultime di Lippi. Somiglianza nelle figure tra il Convito di Erode di Lippi, 1460-6, duomo di Prato e la Madonna con bambino in gloria di Serafini, 1469-70, Uffizi di Botticelli. 1469 muore Lippi e Botticelli comincia ad affermarsi a Firenze. -Fortezza, 1470, Uffizi, Botticelli. Ha appreso le novità di Verrocchio e Pollaiolo nella costruzione del panneggio e nella luce che definisce le forme del volto e dell’armatura. Fa parte di un ciclo di virtù compiute da Piero del Pollaiolo (Temperanza, 1470, Uffizi). Grazie alla sua capacità di assimilare soggettivamente il linguaggio di Verrocchio e Pollaiolo si affermò come pittore per eccellenza del tempo di Lorenzo il Magnifico. Vasari nelle sue Vite (1550-68) e Ragionamenti (1588) aveva creato il mito dell’Età laurenziana. Il Magnifico aveva favorito un gruppo di letterati raccolti nell’Accademia Neoplatonica e un nucleo di giovani artisti che si formarono studiando la ricca collezione di sculture di Lorenzo in un giardino ubicato vicino alla chiesa di San Marco, tra questi Michelangelo. Passione del collezionismo per Lorenzo, fenomeno che nel corso del ‘400 si diffuse presso le maggiori corti italiane. Eccellente la raccolta laurenziana: anche il Sigillo anatomie e negli scorci difficili. -Inferno, 1499-1504, trionfo di nudi in pose complicate, precedente imprescindibile per la pittura di Michelangelo. Sul finire del ‘400 viene riscoperta l’antica villa urbana di Nerone, la Domus Aurea, frequentatissima dai pittori dell’epoca, in una corsa estenuante a copiarne le pitture per allargare il proprio repertorio ornamentale. In tutto il ‘500 ebbero successo le decorazioni pittoriche romane di alcune sale: le grottesche, tipologia ornamentale estrosa fatta di figure esili e mostruose, intrecciate o simmetriche, svelte e fantasiose. Filippino Lippi ebbe l’incarico di affrescare una cappella per il cardinale Carafa 1488-93. Parete principale: al centro una pala d’altare realizzata ad affresco con l’Annunciazione. La vergine è protagonista anche nella storia che si svolge intorno alla pala: l’Assunzione. Lippi per incorniciare le storie finse ad affresco delle paraste ornate a grottesche. -Trionfo di San Tommaso d’Aquino: il santo è effigiato in cattedra a sconfiggere le tesi degli eretici, continui rimandi all’antico e grottesche. Pinturicchio fu uno dei primi interpreti della decorazione a grottesca. Gli venne commissionata da Alessandro VI gli affreschi del suo appartamento in Vaticano, appartamento Borgia. Pittura estremamente decorativa, ridondante d’oro, di colori e di grottesche (-Resurrezione e -Disputa di santa Caterina d’Alessandria, 1492-4). -Monumento sepolcrale di Sisto IV, 1484-93, bronzo, Vaticano. Ubicato nell’ex San Pietro. Antonio del Pollaiolo concepì una tomba isolata su tutti i lati dove al centro Sisto è effigiato con grande naturalezza sul letto di morte, affiancato da rilievi con stemmi araldici e con figure di virtù e nel basamento con un ciclo di immagini allegoriche delle arti liberali, come la Prospettiva, figura inedita. -Monumento sepolcrale di Innocenzo VIII, 1493-7, bronzo, San Pietro. Schema parietale di Antonio. Il papa compare due volte e in alto tiene la reliquia della punta della lancia con la quale Longino trafisse Cristo. Non mancano le 4 virtù cardinali e teologali nella soprastante lunetta. Perugino tra il 1496 e il 1500 affrescò a Perugia la sala delle udienze del Collegio del Cambio. La volta è un tesoro di fantasiose grottesche. -Prudenza e Giustizia, sdolcinato stile maturo, consueto paesaggio. -Annunciazione, Pinturicchio, 1500-01, Cappella Baglioni, Perugia. 1502-8 Pinturicchio occupato a decorare a Siena la libreria Piccolomini. Il soffitto è riservato alle vivaci grottesche che si estendono sulle sottostanti paraste, dipinte a suddividere le pareti in 10 scene biografiche. - Enea Silvio Piccolomini in viaggio verso il concilio di Basilea. Stile affabile e pieno di dettagli. Per la composizione di una scena utilizzò un disegno del giovane Raffaello nel 1504. Raffaello Sanzio 1483-1520 Allievo di Perugino nella sua bottega. Nelle opere giovanili il pittore appare come un vero e proprio alter ego del maestro. -Crocifissione, Raffaello, 1502-3, National Gallery. Il dipinto corrisponde alla perfezione alla pittura di Perugino nella composizione ordinata, negli equilibrati accordi cromatici, nella tenerezza delle figure e nel quieto paesaggio sullo sfondo. Ha posto la firma alla base della croce. Vasari lo trova identico a Perugino che dipinse nel 1506 una Crocifissione ora a Siena. -Sposalizio della vergine, Raffaello, Brera, 1504. Torna la sua firma e l’immagine peruginesca della Consegna delle chiavi in sistina. Nel medesimo anno anche Perugino completa una pala con lo Sposalizio, oggi in Francia. Le forme dell’edificio di Raffaello spiccano di più poiché alzò il punto di vista e atteggiò i personaggi in primo piano con maggiore libertà, dove quelli perugineschi paiono disporsi rigidamente l’una accanto all’altra. ■ La Milano moderna di Ludovico il Moro e le altre esperienze lombarde Nel 1483 Leonardo è attestato a Milano fino al 1499 (arrivo dei francesi) al servizio della corte di Ludovico il Moro, figlio del duca Francesco Sforza. Al signore milanese si propose come un artista a tutto tondo, infatti si torva un progetto per un carro armato conservato a Londra. Doveva innalzare a Milano un monumento equestre per Francesco ma non fu mai realizzato anche se è rimasto uno studio conservato a Londra dove traspare la passione per i cavalli per lo studio della natura e del movimento. Si occupò anche del sistema dei navigli. -Vergine delle rocce, 1483-5, Louvre. La vergine siede in un paesaggio roccioso dove le piante sono indagate con un’attenzione da naturalista. Protegge sotto il mantello san Giovannino rivolto verso Gesù. Gesù inginocchiato e accompagnato da un angelo benedice il compagno. Disposizione piramidale dei personaggi e rispondenza dei loro gesti. Le figure sono palpitanti di vita per l’uso dello sfumato che attenua i contorni e che le fonde con l’aria umida della scena. Immagine intima e incantata. Nel fondale si intravede uno specchio d’acqua, circondato dalle amate montagne rocciose e nebbiose. -Vergine delle rocce, 1495-1508, National Gallery. Atmosfera più limpida dovuta ai colori azzurri, tutto è più definito e si notano le aureole. -Dama con l’ermellino, 1489-1490, Cracovia. Fama milanese dovuta anche all’abilità di ritrattista. Dal fondo scuro emerge una giovane ben vestita, perfetto ovale del volto e acconciata secondo la moda lombarda dell’epoca. L’animale è simbolo di purezza. La donna è Cecilia Gallerani, donna amata dal signore. Le figure sono disposte di tre quarti rivolti a sinistra, luce intensa di derivazione fiamminga ma personalizzata da Leonardo come il concentrarsi sulla gestualità che suggerisce movimento e vita. -Ultima cena, 1498, Milano, santa Maria delle grazie. Parete principale del refettorio del convento domenicano. Non è affresco ma dipinse sull’intonaco asciutto della parete e ritoccava le figure per perfezionarle. Tecnica inadatta all’umidità del luogo. Luce soffusa e tecnica dello sfumato. La scena è all’interno di un rigore spaziale del salone privo di ornati, aperto sul fondo da tre finestroni rettangolari dai quali filtra la luce. Figure e corpi piramidali: Gesù e i gruppi a terzetti ai lati che scandiscono la composizione. Turbamento e gestualità dei personaggi perché Leonardo vuole rendere i moti dell’anima. Donato Bramante 1444-1514 Da Urbino arriva a Milano prima di Leonardo ed è destinato a farsi figura di spicco della Maniera moderna. Segnato dalle esperienze di Piero a Urbino. -Cristo alla colonna, 1490, Brera. Solida mezza figura di Cristo, attentamente studiato nell’anatomia e legato a una colonna con le forme di pilastro decorato di motivi antiquari. Allo sfumato preferisce una luce netta e risoluta che leviga il corpo facendolo sembrare marmo. Si scorge uno specchio d’acqua delimitato da un paesaggio e lontane montagne rocciose, prive di foschia leonardesca. Bramante si specializzò in architettura e da amante dell’antico seppe usare la prospettiva per risolvere un problema di spazio. A Milano prezzo santa Maria presso san Satiro creò l’abside illusionistica dietro all’altare maggiore. Poi rinnovò a Milano il presbiterio e il tiburio dell’edificio, che reimpostò sulla superficie di un grande quadrato. Sopra sorse una cupola e l’area absidale fu completata lateralmente da absidi e sul fondo dal prolungamento del coro. Gusto lombardo per la bicromia. -Facciata della certosa di Pavia. Elementi architettonici rinascimentali in una sintassi ampollosa, priva della chiarezza e del severo rigore di Alberti e Piero. Giovanni Antonio Amadeo era uno dei maggiori scultori milanesi del tempo e Bartolomeo Colleoni, originario di Bergamo ma condottiero di Venezia, volle innalzare un mausoleo nel centro della città bergamasca. Facciata: fortuna dell’idioma colorato e ornamentale. Tra gli elementi decorativi troviamo un paio di edicole rinascimentali poste al di sopra dei due finestroni per incorniciare i busti clipeati, ossia collocati all’interno di un tondo, qui Cesare e Traiano. Mausoleo a pianta quadrata. All’interno il monumento sepolcrale 1472-6: l’arca si eleva su alti pilastrini ed è costituita dal sovrapporsi di due sarcofagi. Nel 1475 anche il monumento per la figlia Medea, morta giovane. Versione lombarda dei modelli dei sepolcri all’antica, vivace sfondo bicromo, cornice antiquaria. -Adorazione del bambino, 1502, Bernardo Zenale, Los Angeles. Le fisionomie dei volti o il paesaggio roccioso riecheggiano la pittura di Leonardo, mentre la luce tersa e il chiaro ordine spaziale derivano da Bramante. -Cristo risorto, 1490, Bramantino, Madrid. Dipendenza dall’artista ma interpreta la sua lezione in maniera personale. Versione enigmatica e lunare del Cristo alla colonna di Bramante con una luce fredda particolare, studio delle anatomie, metallica articolazione delle pieghe del sudario cara a Mantegna. -Madonna della vittoria, 1496, Mantegna, Louvre. A Mantova continua a essere il pittore dei Gonzaga. Deve dipingere una pala per il nipote Francesco di Ludovico Gonzaga. Sacra conversazione entro un pergolato abbondante di frutti e animali, evoca la formazione padovana con Squarcione. La vergine siede su di un piedistallo decorato all’antica. A Sinistra Francesco si inginocchia a ricevere la benedizione. Francesco sposò Isabella d’Este, figlia di Ercole che seppe mettere in piedi una corte colta. -Ritratto di Isabella d’Este, 1499-1500, Leonardo, Louvre. Elegante, ben in carne e abito da ampia scollatura. Decide di costruire uno studiolo per conservare opere. -Parnaso, Mantegna, 1497, Louvre. Spirito antiquario, effigia le muse in atto di danzare al suono della cetra di Apollo, Venere e Marte uniti sulla sommità della rupe, Mercurio e Vulcano. -Lotta tra amore e castità, Perugino, 1505, Louvre. Alle spalle troviamo il suo tipico paesaggio umbro. ■ Venezia alla fine del secolo Giovanni Bellini ha un ruolo dominante nell’ambiente artistico lagunare. -Trittico Pesaro, pala dei Frari, 1488-9, Venezia. Carpenteria tripartita con assetto e decorazione di gusto antiquario. Unifica lo spazio tra gli scomparti attraverso una costruzione prospettica degli elementi architettonici. Morbido e naturalistico tono. La vergine campeggia su di un’abside rasserenata da una luce diffusa e calda, arcone e calotta decorati a mosaico. -Madonna col bambino e il doge Agostino Barbarigo e i santi, 1488, Murano. Tela di formato rettangolare per celebrare la famiglia del doge, ritratto inginocchiato. La scena è in un balcone che si affaccia su una veduta dell’entroterra veneto. Un raffinato tendaggio difende il gruppo sacro dall’incombere della natura. Bellini sperimenta i due cardini della pittura veneziana del ‘500: la tecnica dell’olio su tela e il tonalismo, ovvero la pittura concepita attraverso uno studiato accostamento dei toni del colore, utilizzato per dare forma alle figure e rendere gli effetti atmosferici. Cima da Conegliano, pittore trasferito a Venezia che guardò a Bellini. -Madonna col bambino e i santi, 1492-3, Conegliano. Tipica sacra conversazione. Il gruppo divino è protetto da un alto quadriportico che alterna elementi architettonici di gusto antiquario con le superfici decorate a mosaico dei pennacchi e della cupola. Sul fondo un cielo azzurro illuminato da una luce cristallina. -Madonna dell’arancio, 1596-8, Gallerie dell’Accademia. La vergine siede su uno sperone di roccia e dietro si innalza un albero di arancio. È una campagna in cui l’uomo ha lasciato tracce della sua azione. Gli animali vivono indisturbati. Lirico chiarore e splende un cielo azzurro. Luce netta e decisa, capace di plasmare le forme dei suoi personaggi. A causa dell’umidità della laguna che rendeva breve la vita degli affreschi, Gentile Bellini iniziò a adottare i teleri: grandi tele cucite, dipinte e montate su articolati e solidi telai. Da Venezia, nel corso del ‘500, la pittura a olio su tela iniziò a diffondersi in tutta Europa. A Venezia le confraternite erano dette Scuole, istituzioni dove si potevano trovare i più ricchi cittadini di Venezia e tenevano a celebrare la propria scuola. -Processione in piazza san Marco, Gentile Bellini, 1496, Gallerie Accademia. Giorno di san Marco. Era consuetudine che le scuole sfilassero per la città con le reliquie che ciascuna conservava nella propria sede. Allestisce una realistica veduta di san Marco, immagine di eccezionale fedeltà al vero. Con uno stile nitido e ritrattistico, Gentile descrive la fastosa e gremita processione, mettendo in primo piano il gruppo di confratelli vestiti di bianco che portano il baldacchino. -Miracolo della reliquia della croce al ponte di Rialto, Vittore Carpaccio, 1949, Gallerie. Acume descrittivo. I palazzi mostrano una moltitudine di comignoli veneziani. Venezia multietnica. La processione dei confratelli sfila sul ponte di Rialto. -Incontro e partenza di Orsola ed Ereo, 1495, Gallerie, Vittore Carpaccio. Narra questa fiaba sacra con grande fantasia, in un ciclo pieno di scene pompose e regali. Racconto vivace. Il pennone centrale scandisce due paesaggi: a sinistra una pittoresca e scoscesa Inghilterra (terra del principe inglese Ereo) e a destra una Bretagna costruita con gli edifici della Venezia rinascimentale (Orsola, principessa bretone). Qui avviene l’incontro dei due fidanzati che sul fondo si imbarcano per andare in pellegrinaggio a Roma. -Sogno di sant’Orsola, 1495, Vittore Carpaccio, Gallerie. Narra con tono intimo e fiabesco la miracolosa visione dell’angelo che annunciò alla principessa il martirio. Camera veneziana dettagliata con la principessa che dorme in un letto a baldacchino e di fronte a lei entra il giovane angelo con la palma del martirio, illuminato alle spalle da una luce divina. Luce di retaggio fiammingo che riscalda la stanza di senso atmosferico. La pittura veneziana è incantata dalla luce e dal colore, quella fiorentina sul rigore del disegno e della composizione. -Ritratto di Dante, Pietro Lombardo, 1483, Ravenna, sua tomba. Incarico dal podestà veneziano per rendere omaggio alla tomba del sommo poeta fiorentino. Rilievo marmoreo con un’intensa e veristica immagine di Dante ritratto a mezza figura in atto di leggere presso uno scrittoio. -Monumento sepolcrale del doge Pietro Mocenigo, Pietro Lombardo, 1483, Venezia. Forme di un arco trionfale corredato di sculture all’antica. Pietro sta in piedi sul suo sarcofago decorato da rilievi e sorretto da tre figure all’antica. Le sei nicchie laterali sono occupate da guerrieri. -Monumento sepolcrale del doge Andrea Vendramin, Tullio Lombardo, 1490-5, Venezia. Conserva la policromia. Appare una variante veneziana dell’arco di Costantino a Roma: è tripartita, con le nicchie laterali più piccole sormontate da tondi. Virtù disposte sul sostegno del sarcofago con il gisant del doge, tre angeli dalle folte chiome che lo vegliano, nella lunetta centrale il doge viene presentato alla vergine e al figlio. -Adamo, Tullio Lombardo, 1490-5, New York. In origine era collocato nella nicchia laterale. Elegantissimo carattere antico, corpo perfetto nelle anatomie e levigatissimo nelle carni. ■ Dalla Firenze di Savonarola ai primi successi romani di Michelangelo Morto nel 1492 il Magnifico, si concluse la lunga stagione medicea e salì al potere Girolamo Savonarola, che detestava le sculture antiche in quanto pagane e raccomandava immagini devote. I suoi seguaci furono definiti piagnoni. -Ritratto di Savonarola, Fra Bartolomeo, 1499-1500, Firenze. Tra i seguaci di Savonarola ci fu Botticelli che passò così dal neoplatonismo e scene pagane al misticismo. -Compianto sul Cristo morto con i santi, 1495, Monaco. Pala d’altare di rigore assoluto. Mantiene il suo carattere bidimensionale: sulla macchia scura dell’antro roccioso che ospita il sepolcro di Cristo si dispongono figure dolenti, avvilite nel pianto sul corpo senza vita. Aspetto cupo e funereo. In quegli anni Perugini si era stabilito in città ed ebbe molta fortuna tra i piagnoni. -Crocifissione con i santi, Perugino, 1494-6, Firenze. Essenziale, senza orpelli decorativi, la scena narra con chiarezza la tragedia in uno spazio rigoroso, scandito da una severa cornice architettonica. Figure solenni e sconsolate si stagliano su di un paesaggio lontano e sereno. -Annunciazione, Fra Bartolomeo, 1497, Volterra. Gesti morigerati, il pavimento disegna un reticolo prospettico precisissimo, indirizzandoci verso il portale, aperto su uno sfondo di paese alla fiamminga. La luce cristallina si adombra in un’atmosfera di quieta devozione. volontà di offrire alla veduta di paese un ruolo di rilievo. Inedita è la soluzione di rinunciare all’abside e al suo posto mette un parapetto che divide la scena dal retrostante paesaggio. -La tempesta, Giorgione, 1506-8, Gallerie dell’Accademia. Spesso lo si è ritenuto il primo paesaggio della storia. Descrizione realistica di un temporale che si abbatte su di un borgo veneto, mentre nella vicina campagna una donna siede ad allattare un bambino, sotto gli occhi di un giovane. L’episodio può forse essere identificato nell’episodio della condanna dei progenitori dopo il peccato originale. I due si ritrovano un po’ spaesati in primo piano. -Doppio ritratto, Giorgione, 1502-5, Roma. Guarda alla realtà e ai sentimenti, esprimendo in maniera originale i moti dell’animo, con la sua pittura fatta di luce e colore. Un giovane elegante si affaccia da una finestra pensieroso, con la testa inclinata a poggiare sul braccio destro mentre l’altra mano tiene un frutto simbolo dell’amore infelice e malinconico. Alle sue spalle compare un secondo giovane che sembra trattenere un sorriso beffardo. -Venere dormiente, Giorgione e Tiziano, 1507-10, Dresda. La dea è ritratta nuda e dormiente in una posa ispirata all’antico. È una bellissima giovane che si è addormentata in campagna e che si copre pudicamente con la mano sinistra. Giorgione mise a punto un modello per esaltare la bellezza femminile che nel corso dei secoli sarebbe diventato un classico della pittura erotica. il paesaggio sarebbe attribuito a Tiziano. Il pittore esce di scena da trentenne, avendo dato una svolta decisiva alla pittura italiana e lasciando come suo erede spirituale il giovane Tiziano, che dalla sua bottega mosse per diventare il maggior pittore veneziano del Cinquecento. Tiziano Vecellio 1488-90, si lega a Giorgione. Il borgo di campagna sulla collina della Venere dormiente torna quasi identico nel -Noli me tangere, 1511, Tiziano, National Gallery. Il Cristo risorto appare alla Maddalena per confortarla ma non si lascia toccare da lei. Le due figure sono immerse nel colore e nella natura: le macchie di azzurro, giallo e grigio nel cielo, il bianco e il rosso acceso delle vesti. Tiziano ha assimilato il linguaggio di Giorgione e, come lui, mette in scena un episodio sacro con i colori del naturale. -Ritratto d’uomo, Tiziano, 1510, National Gallery. Forse è un patrizio veneziano intorno ai trent’anni affacciato da un davanzale, di profilo e con la testa appena voltata. Vasari dice che se non ci fosse stata la sua firma l’avrebbe considerata opera di Giorgione. nel 1511 si trasferisce a Padova per la peste e gli viene commissionato un ciclo di storie sulla vita di sant’Antonio da Padova. -Miracolo del marito geloso, 1511, Padova, Tiziano. In primo piano avviene il tragico omicidio all’ombra di una rupe. I protagonisti risaltano sul registro neutro del paesaggio grazie ai colori vivi delle vesti. In lontananza l’uomo si pente di fronte al santo. -Amor sacro e amor profano, Tiziano, 1514-15, Roma. Davanti a un idilliaco paesaggio veneto, due donne si appoggiano su di una vasca decorata sul fronte con un rilievo, tra di loro è un cupido. Il tema deve essere matrimoniale tra due ricchi signori. La dea venere dispensa a una sposa veneta il fuoco dell’amore. La vasca echeggia quella di un sarcofago antico, attenzione per esso. -Assunta, 1516-18, Tiziano, gigantesca pala (dei Frari) per l’altare maggiore della chiesa dei Frari a Venezia. Opera che apre un nuovo capitolo della pittura veneziana, lasciando alle spalle ogni retaggio belliniano. Il colore veneziano è adattato a figure imponenti e dall’enfatica gestualità, sulle quali è costruita l’intera composizione. Tre livelli: la sorpresa degli apostoli in basso, l’ascesa di Maria in un emiciclo di angeli al centro e l’Eterno in un empireo dorato sulla sommità. Modernità del dipinto per il dinamico vigore dei personaggi, la libertà compositiva e gli accesi colori. -Madonna col bambino e i santi e sul coronamento Cristo in pietà, Lorenzo Lotto, 1505-6, Treviso. Composizione identica alla pala di san Zaccaria di Bellini del 1505 ma i personaggi sono innervati da uno spirito capriccioso. -Pala Martinengo, Lorenzo Lotto, 1513-16, Bergamo. Secondo Longhi si stacca completamente dall’arte veneziana contemporanea. È una sacra conversazione ambientata in un edificio stravagante, con aperture verso il cielo mantegnesche lombarde, mosaici veneziani e galleria con colonne di gusto antiquario. È un regista estroso che lascia piena libertà all’esasperata gestualità degli attori. Oltre a Lotto, l’altro artista che avrebbe potuto misurarsi con Tiziano è Sebastiano Luciani, noto come Sebastiano del Piombo. Pratica pittura prima con Bellini e poi con Giorgione. -San Giovanni Crisostomo e i santi, del Piombo, 1510-11, Venezia. Spiccato debito verso la pittura giorgionesca per la fisionomia delle figure, la materia sfumata e la composizione dominata da belle scelte cromatiche ben accostate. I personaggi appaiono grandiosi, segno di un’attenzione alla solennità e all’equilibrio compositivo. Novità: allestimento della scenografia che lascia poco spazio al paesaggio ed è dominata da robuste colonne di una possente architettura rinascimentale. È una nuova modalità di interpretare la pala d’altare e la sacra conversazione. Nel 1511 proseguirà la sua carriera a Roma. ■ Una nuova Atene: la Roma di Giulio II e Leone X Bramante si trasferì a Roma fino alla morte, 1514. Studia approfonditamente le antichità romane. -Tempietto di san Pietro in montorio, 1500-6, Roma. Edificio a pianta centrale, misura monumentale e aspetto sobrio e classico. Ordine dorico nei capitelli delle colonne come nella rigorosa successione di metope e triglifi dell’architrave. Rievoca un antico mausoleo con una galleria anulare esterna e un vano centrale sormontato da una cupola simile al Pantheon. Nel 1506 si occupa della costruzione della nuova basilica di san Pietro voluta dal nipote di Sisto IV Giuliano della Rovere, che nel 1503 viene eletto papa come Giulio II, amante dell’arte e dell’antico. Doveva essere un edificio a pianta centrale e a croce greca. Quando Bramante muore erano stati appena innalzati i 4 piloni su cui più avanti si sarebbe costruita la cupola. Nella chiesa di santa Maria del popolo il papa volle che Bramante costruisse un nuovo coro, culminante in un’abside all’antica. Commissionò poi ad Andrea Sansovino due monumenti sepolcrali: -Monumento sepolcrale del cardinale Ascanio Maria Sforza, 1505-9. Aspetto tripartito che richiama un arco di trionfo, il defunto appare in maniera inedita reclinato sul fianco con la testa poggiata su un braccio, nelle nicchie laterali e nelle statue sedute a fianco al coronamento troviamo le virtù di stile pagano. 1506 scoperta archeologica del Laocoonte, 40-20 a.C. che acquisterà Giulio II e incaricò Bramante di allestire un cortile delle statue nel giardino del Belvedere, facente parte del complesso Vaticano, come anche l’Apollo e il Torso. -Cortile del Belvedere secondo il progetto del Bramante, Giovanni Antonio Dosio, 1558-61, Uffizi. In questa Roma Raffaello matura rapidamente. Nel 1507 Giulio II decide di trasferirsi al secondo piano del Palazzo Vaticano e chiede a Raffaello di affrescarne le stanze, dopo aver conquistato l’intera commissione. Stanze note come stanze vaticane o di Raffaello. -Stanza della segnatura, 1508-11, in origine doveva ospitare la biblioteca del papa. Prima dipinge la volta con Giovanni Antonio Bazzi. Assetto all’antica nell’alternanza tra l’ottagono centrale con lo stemma e richiamo al Mantegna e i tondi, rettangoli e altri elementi. Nelle pareti, al di sotto delle allegorie, ha illustrato il medesimo tema. -Disputa del sacramento, 1509. Nell’altare centrale è disposto un ostensorio con un’ostia e tutto attorno si raccolgono santi, ecclesiastici che gesticolano con enfasi leonardesca esaltando il sacramento. Ci sono anche Bramante e Giulio II. In alto nel cielo Cristo siede al centro sulle nubi con Maria e Giovanni Battista. Al culmine c’è Dio Padre con una schiera di angeli, a comporre una sorta di calotta di un’abside e sotto la colomba dello spirito santo. -Scuola di Atene, 1510-11. Ancora maggior rigore compositivo perché l’episodio è ambientato all’interno di un enorme edificio all’antica. Ci fa vedere il progetto della basilica di Bramante. Le pareti fingono nicchie con un corredo statuario di soggetti pagani. 58 personaggi che dialogano, leggono o disputano. Platone indica il mondo delle idee e Aristotele ha il palmo verso terra per la sua visione materiale delle cose. -Parnaso, 1511. Monte della Grecia consacrato ad Apollo e alle nove muse protettrici delle arti, paesaggio montano. Fin dal 1505 Giulio II aveva chiamato a Roma Michelangelo, con l’idea di commissionargli un colossale monumento sepolcrale per sé. -Mosè, 1513-16, Roma. Statua ubicata al centro della tomba. Alla fine, il progetto prevedeva un sepolcro parietale su più registri e affollato di sculture. -Schiavo morente, 1513-16, Louvre. -Schiavo giovane, 1520-34, Galleria dell’accademia Firenze. Giovane figura umana che sta cercando di liberarsi dalla materia che la ricopre. Sovrumana tensione dell’opera con la tecnica del per via di levare. 1508 ciclopica impresa di dipingere la volta della Cappella sistina che terminerà da solo nel 1512. Interpretò la pittura come scultura. La volta mostrava un semplice e medievale cielo stellato cui M. sostituì una decorazione articolata e ambiziosa, capace di raccordarsi con il ciclo sistino di Storie di Mosè e di Cristo. Lo spazio è scandito da una poderosa struttura architettonica dipinta, priva di decorazioni. Nella zona centrale ci sono 9 Storie della Genesi. Vasari loda la bontà delle figure e la perfezione degli scorci e i belli ignudi. Riesce in questa impresa grazie alle partizioni architettoniche, in sapiente correlazione compositiva e gigantesco studio dei nudi e di figure in movimento. Cromia acre e cangiante. Nella Creazione di Adamo il paesaggio è quasi inesistente. Eva e tutte le donne hanno corpi voluminosi e grandiosi come quelli maschili. Eva è contorta in maniera innaturale come nel tondo doni. Figure nude nelle loro energiche volumetrie. -Altare di Giano Coricio con il gruppo della Madonna col bambino e sant’Anna di Andrea Sansovino 1510-12 e il Profeta Isaia di Raffaello, 1512. Trapela il fatto che R. aveva subito arricchito il suo repertorio con il linguaggio michelangiolesco. Raffaello dipinge la seconda delle stanze vaticane, quella di Eliodoro per le udienze politiche. Linguaggio intensamente drammatico, segnato da M. La volta rinuncia a motivi antiquari e le scene dell’antico testamento sono allestite come finti arazzi dove le figure sono grandiose e i paesaggi spogli. -Cacciata di Eliodoro dal tempio, 1511-12. Dettaglio della scena a dx michelangiolesca. Eliodoro era stato incaricato di profanare il tempio di Gerusalemme e un cavaliere inviato da dio lo mette in fuga. Spaziosa navata del tempio che riluce di bagliori dorati nelle volte, resa incisiva e vitale della realtà. Colore veneziano, capace di assorbire ogni suggestione e di farla propria. Presente Giulio II. -Messa di Bolsena, 1512. Scena di un miracolo e allude alla difesa dall’eresia. Giulio II è ritratto fedelmente inginocchiato di fronte all’altare. Nelle carni, nelle stoffe, nei bagliori è tutta pittura veneziana. -Liberazione di san Pietro dal carcere, 1512-13. Scena divisa in tre momenti. A sx la fuga è stata scoperta. Eccezionale luminismo dell’affresco. -Villa di Agostino Chigi detta della Farnesina su progetto di Baldassarre Peruzzi, 1506-10. Il committente gestiva le finanze pontificie e sosteneva le imprese di Giulio II. Modello di villa nuovo, palazzo a due piani che si apre con una loggia a cinque arcate e due ali aggettanti verso il giardino. All’interno: -Sala di Galatea con l’affresco di Raffaello Trionfo di Galatea, 1511-12 appare su di una conchiglia trainata da delfini. Linguaggio veneziano di Sebastiano del Piombo per Polifemo, aggiornato su Michelangelo. -Sala delle prospettive, Peruzzi, 1516-18. Moderno fondale prospettico dove domina la pittura illusionistica dove le pareti fingono nicchie con statue e un loggiato aperto su di un paesaggio romano. -Nozze di Alessandro e Rossane, il Sodoma, 1516-18, stile raffaellesco, ricca camera. 1513 eletto papa Giovanni de’ Medici con il nome di Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico. Stanza dell’incendio del borgo, Palazzi vaticani: -Incendio di Borgo, Raffaello, 1514. Divampa un incendio ai lati della lunetta in vere e proprie quinte architettoniche. Si vede la facciata dell’antica basilica paleocristiana di san Pietro e Leone IV che con una benedizione placa l’incendio. Nella Roma di Leone X solo un pittore poteva confrontarsi con R.: Sebastiano del Piombo. -Pietà, 1516, Viterbo. Disegno di Michelangelo e pittura del Piombo, modo per cercare una sintesi tra il colore veneziano e il disegno fiorentino. Notturno reso con bellissimi accostamenti di colore con una volontà di ridurre la composizione alle sole figure della vergine che piange il figlio morto. -Resurrezione di san Lazzaro, del Piombo, National Gallery, 1516-20. Nella folla di personaggi monumentali, Cristo si erge a indicare l’uomo miracolato (su disegno di M.), lontano è un paesaggio di sapore veneto. -Trasfigurazione, Raffaello, 1518-20, Pinacoteca vaticana. Tavola divisa in due parti. In alto la trasfigurazione con Gesù che si leva in cielo sul monte e alle pendici gli altri apostoli con un giovane posseduto. La tavola mette insieme il sereno ordine della visione con la drammatica tensione della scena inferiore, popolata di personaggi monumentali in pose magniloquenti. 1521 muore Raffaello. ■ Aurea Parma: Correggio e Parmigianino Parma tornò a essere un centro artistico di altissimo livello nella prima metà del Cinquecento. -Madonna sistina, Raffaello, 1513-14, Dresda. Cogliamo la forza spirituale di un trittico medievale, c’è la fantasia di Mantegna nelle ali colorate degli angeli. C’è il colore di Tiziano e le nuvole morbide di Correggio. Santa Barbara dalla grazia complicata. Sisto ci indica e parla a Maria e in essa è raccolta la dolcezza infinita di Raffaello, sguardo struggente, Gesù è un bambino vero, spaventato. Ha creato il ritratto della vita. -Camera della badessa, Correggio (1489-1534), 1519, Parma. Dea Diana sulla cappa del camino e nella volta un naturalistico pergolato che si apre in una successione di ovali con una coppia di putti. Successione illusionistica di lunette poste alla base del pergolato. Preferisce forme ingrandite e ridondanti dei corpi, vedi Michelangelo. -Cupola con la visione del secondo avvento di Cristo, 1520-4, Correggio, Parma. Nel corso degli anni ’20 Correggio avrebbe elaborato un modo nuovo e rivoluzionario per affrescare l’interno delle cupole delle chiese. Riferimento a Mantegna per l’oculo che sfonda il soffitto. Non ci sono dipinte architetture ma il libero e arioso spazio di un cielo luminoso e la tridimensionalità è resa solo attraverso le figure. Al centro una figura in scorcio difficile che fluttua su un cielo dorato, sotto di lui, in un cerchio di nubi, un gruppo di uomini. Sotto gli apostoli hanno corpi possenti e pose articolate. Assorbe il linguaggio di M. ma con un fare più sfumato che ingentilisce. -Cupola con l’assunzione della vergine, 1524-30, Parma, Correggio. Libertà compositiva inaudita, no architetture ma il cielo è affollato da un numero infinito di figure in movimento. La vergine è protagonista in una posa ardita e vola verso un empireo dorato. Regia audacissima e accorta. -Il giorno, Correggio, 1528, Parma. Colore caldo delle stoffe e dell’atmosfera elogiato da Vasari, tenera sensualità della Maddalena e degli angeli, instabile solidità di Girolamo che stringe il rotolo del testo ebraico originale della Bibbia. Gioia estrema che ciascuno emana. L’intera composizione è organizzata intorno a un atto di lettura alludendo alla futura Vulgata. Luce che inonda la scena. -La notte, Correggio, 1522-30, Parma. Notturno originalissimo con figure disposte in diagonale che emergono dall’oscurità grazie alla luce intensissima emanata dal bambino centrale. Soluzione di un chiarore intensissimo che dal centro del dipinto si diffonde a dare corpo a tutto il resto, soluzione fortunata nel ‘600. Maniera o Manierismo: dopo questa fase iniziale, la nuova tendenza artistica si afferma fino a diventare il linguaggio artistico più diffuso nel ‘500. Nelle Vite di Vasari la parola maniera è sinonimo di stile. Maniera moderna: stile che tra fine ‘400 e inizio ‘500 trovò i suoi campioni in Leo, M, e R, capaci di raggiungere vertici insuperabili nell’imitazione della natura e degli antichi. I loro successori, così, per essere originali, sperimentarono linguaggi artificiosi, anticlassici ed eccentrici. La Maniera vuole alludere a uno stile che non si ispira più alla natura ma alla maniera di altri maestri. Il manierista per eccellenza fu lo stello Michelangelo che fin dal Tondi Doni e con la volta della sistina iniziò a rompere i ponti con la tradizione. ■ La diaspora degli artisti: la Maniera si espande Sacco di Roma del 1527 -> conseguenze decisive per la diffusione della Maniera in Italia e non solo. I maggiori artisti fuggirono dalla furia dei lanzichenecchi e furono accolti in altre città. Jacopo Sansovino allievo di Andrea e seppe muoversi dai maestri moderni con un linguaggio nuovo. -Bacco, Sansovino Jacopo, 1515, Firenze. Innervato di movimento, cerca la posa serpentinata e mostra una grazia raffaellesca. Dopo il sacco andò a Venezia dando una svolta all’ambiente artistico lagunare e ricevette un’infinita serie di commissioni pubbliche e private. -La zecca di Venezia, 1537-47, edificio quadrato con possente facciata su tre registri, segnata da un robusto bugnato anche nelle soprastanti colonne doriche e ioniche, che affiancano le grandi aperture rettangolari delle finestre. Il motivo del timpano finisce per essere costretto tra le due colonne ioniche invece che essere un coronamento isolato. -Libreria marciana, 1537, ampio loggiato su due livelli, ordine dorico in basso e ionico in alto, coronato da una balaustra intervallata da statue. I vuoti delle aperture prevalgono sulla struttura. Un colonnato con trabeazione è sovrapposto a una galleria di arcate. Nel loggiato superiore, compare un motivo tipico della Maniera: la serliana, particolare tipo di trifora costituita da tre aperture. -Loggetta del campanile di san Marco, 1537-49. -Apollo che dimostra la continuità con il bacco fiorentino. Poi due colossi in marmo che sono Marte e Nettuno, simbolo come del David per Firenze. Giulio Romano si trasferisce nel 1524 alla corte mantovana di Federico Gonzaga. -Ritratto di Federico Gonzaga, Tiziano, 1529, Prado. Effigiato più che a mezza figura, elegante con spada e cagnolino. -Due amanti, Romano, 1524, San Pietroburgo. -Ritratto di Baldassarre Castiglione, Raffaello, 1514-15, Louvre. Mezzo busto, di tre quarti e di grande classe. Romano fino alla morte rivestirà il ruolo che aveva Mantegna a corte. -Palazzo Te, progetto di Giulio Romano, Mantova, 1534. Pianta quadrata intorno a un cortile centrale, un piano, predilezione per il bugnato rustico e le serliane, loggia d’onore. -Preparazione del banchetto nuziale di amore e psiche, Giulio Romano, 1527-8, Palazzo Te. Confronto con Raffaello nella Farnesina. -Caduta dei giganti, Giulio, 1532-4, palazzo Te. Storia delle metamorfosi di Ovidio: sconfitta e caduta dei giganti che cercano di assalire l’olimpo e sono respinti da Giove. Figure enormi e ultra-espressive, movimenti tumultuosi, assenza di un chiaro spazio prospettico e volontà di andare oltre ogni regola compositiva, linguaggio nuovo e coinvolgente. -Caduta dei giganti, Perin del Vaga, 1530-32, Genova. Scena di preciso ordine: in alto le divinità dell’olimpo, dipinte con fattezze raffaellesche e colori brillanti, Giove e sotto una distesa di nude figure serpentinate che sono i giganti sconfitti. -Ritratto dell’ammiraglio Andrea Doria, Sebastiano del Piombo, 1526, Roma. Severa veste nera al di là di un davanzale decorato con rilievi di gusto antiquario e di tema navale. Nel palazzo del principe Doria in provincia di Genova lavorò Perin del Vaga. Polidoro da Caravaggio, allievo di Raffaello, si specializzò nella pittura di facciate all’antica. A Roma era consuetudine che i prospetti dei palazzi fossero dipinti a chiaroscuro cioè a monocromo con figure e fregi di gusto antiquario. -Salita dal calvario, Polidoro, 1534, Museo Capodimonte. Accentuata carica espressiva dei personaggi, esuberanza dei brani della natura. Cristo è sfinito crollato, la vergine è svenuta tra le braccia delle pie ecc. -Matrimonio mistico di santa Caterina da Siena, 1525, Roma, Polidoro. Il soggetto è solo un pretesto per raffigurare la natura, con l’ampia rupe alberata e il resto del fondale in cui si erge un’architettura all’antica. -Salita al calvario, Raffaello, 1517, Prado. Polidoro conobbe certamente questo modello di monumentale pala narrativa, scardinando però lo statuario rigore compositivo raffaellesco con una violenza espressiva urlata e inaudita. -Deposizione, Pontormo, 1526-8, Firenze. Colorito chiaro e unito, mente stravagante che si apre a nuovi concetti. È una variante serratissima di una composizione piramidale, priva di fondale architettonico e 11 figure avvinte in un nodo inestricabile. Attori ispirati alla volumetria dei corpi di M., volti allucinati, colori da tonalità rare e accese. Personalità alienata e malinconica. -Visitazione, Pontormo, 1528-30, Prato. Fondale privo di orpelli decorativi, si stagliano 4 donne con pose contorte e sguardi straniati, vesti gonfie e colorate. In primo piano la giovane Maria abbraccia la più anziana cugina Elisabetta. Domenico Beccafumi protagonista della Maniera a Siena. -San Michele scaccia gli angeli ribelli, 1524, Siena, Beccafumi. Allusione alla difesa della chiesa dalla riforma luterana. Prima versione per niente ortodossa: arcangelo guerriero in alto che lotta con gli angeli, predilezione per i nudi di M con iridescenti sbattimenti di luce. -Seconda versione, 1528, composizione più ordinata suddivisa su tre registri: gli angeli costituiscono una sorta di abside attorno al Padre, Lucifero sotto. -Volta con immagini di virtù, eroi e storie antiche, 1529-36, Siena, sala del Concistoro, Beccafumi. Volta all’antica spartita in riquadri, al centro figure della giustizia, amor di patria e concordia. Ciclo che rappresenta valori repubblicani. -Sacrificio del re Codro, 1529-36, Beccafumi, Concistoro. -Madonna dal collo lungo, Parmigianino, 1534-9, Uffizi. Linguaggio di un’eleganza aristocratica e astrattiva, da tendere ad allungare esageratamente le figure. Grazia estrema nei volti degli angeli e della Madonna. -Compianto sul cristo morto, Rosso Fiorentino, 1527-8, Arezzo. Torna a essere demoniaco. Atmosfera tenebrosa e sullo sfondo ricompare la croce con le scale della Deposizione di Volterra. In primo piano si assiepano i personaggi in un clima di struggente dolore e tensione. Al centro è il Vesperbild. Corpo livido di Gesù, studiato nelle anatomie, scheletrico. Afflizione generale e uno ha la testa di scimmia. ■ Roma dopo il Sacco: dall’ombra di Michelangelo al colore di Barocci Giudizio universale, Michelangelo, 1563-41, sistina. Sul libro. Paolo III aveva fatto costruire all’interno del palazzo apostolico la cappella Paolina che Michelangelo affresca. -Conversione di san Paolo, 1542-5; Crocifissione di san Pietro, 1545-50. La narrazione si gioca sul movimento e sullo studio delle grandiose figure, in un paesaggio scabro e con i colori dai toni abbassati. Gli abiti non hanno nessuno sfarzo e paiono come una seconda pelle. Scelta di disporre in tralice i principali protagonisti. -Deposizione, Daniele da Volterra, 1545-7, Roma. Sembra Rosso nella croce su cui sono poggiate le scale. Colori acidi alla M, la composizione è giocata su grovigli di figure muscolosissime e studiate in scorcio. -Sala Paolina in castel sant’Angelo, Perin del Vaga, 1545-7. Monumento sepolcrale di Giulio II, Michelangelo, 1542-5, Roma non in san Pietro. Tomba parietale scandita su due registri. Sopra il gisant una Madonna col bambino. Solo nel registro inferiore si affacciano sculture autografe di Michelangelo. Al centro il vecchio Mosè e le figlie di Labano andate in sposa a Giacobbe: a sinistra Rachele contemplativa velata in preghiera, a destra la sorella Lia, vita attiva. -Pietà Bandini, 1547-55, Firenze, Michelangelo, oltre la vergine e il figlio anche Maddalena e Nicodemo in un intreccio di figure coerente con quello che faceva in pittura. -Pietà Rondanini, 1552-64, Milano, Michelangelo. Il corpo di Gesù scivolava e cadeva sotto il peso della morte e a sorreggerlo c’è solo la madre. Intima fusione tra le due figure. Non finito di una modernità sconvolgente. Campidoglio e cupola di Michelangelo, libro. Nel 1545 giunge a Roma anche il veneto Tiziano. La sua guida alla scoperta dei monumenti antichi fu Vasari, allora trentenne in cerca di affermazione sotto il cardinale Alessandro Farnese, nipote di Paolo III. -Danae, Tiziano, 1544-6, Capodimonte. Prima versione di un soggetto mitologico ed erotico, la figlia del re Argo posseduta da Giove sotto forma di una pioggia dorata. Forme corpulente di M., colore liquido, vibrante e luminosissimo della pittura veneta. Biasimato per scarso interesse verso il disegno e lo studio dei maestri antichi e moderni. -Ritratto di Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese, Tiziano, 1546, Capodimonte. Verismo estremo grazie ai colori accesi tutti giocati sulle differenti tonalità di rosso, intonazione cupa. Raffigurazione del nepotismo, realismo psicologico. Dipinto non finito. Il passaggio di Tiziano non ebbe effetto sulla maniera romana: troppo differente era il suo linguaggio da quello cui erano abituati i pittori centroitaliani. Fasti farnesiani, la Villa di Caprarola e la Roma di Sisto V sul libro. -Incontro tra Carlo V e il cardinale Alessandro Farnese, 1563, Taddeo Zuccari, Palazzo Farnese. A Trento nel 1563 si chiudeva il concilio con conseguenze decisive sulla maniera e in ambito liturgico. Esigenza di edifici sacri grandi, pianta longitudinale a croce latina con ampia navata affiancata da cappelle e la navata si apre senza ostacoli sulla vasta superficie del presbiterio. -Compianto sul Cristo morto, Scipione Pulzone, 1593, New York. Contenuto chiaro, composizione ordinata e linguaggio diretto, forme nitide e di colori non troppo accesi, atmosfera devota. Dentro i canoni della riforma. -Madonna del gatto, Federico Barocci, 1575, National Gallery. Linguaggio coloratissimo messo a punto studiando i maestri veneziani. Composizione ordinata e serena. Colori vivaci ed estrema dolcezza di atteggiamenti, gesti e fisionomie, gioioso clima domestico. -Visitazione, Federico Barocci, 1583-6, Roma. ■ La Repubblica di Venezia -Pala Pesaro, Tiziano, 1519-26, Venezia chiesa dei Frari. Opera estremamente innovativa non solo per la vivacità cromatica. Immagine costruita in diagonale. La madonna col bambino siede in alto di tre quarti e domina le figure sottostanti. Effigiati i familiari a destra con estrema verosimiglianza. Gioco di accordi e contrasti cromatici e nella pala colpiscono le due gigantesche colonne che fuoriescono dalla dimensione della pala, alludendo a uno spazio ancora maggiore. -Madonna del coniglio, Tiziano, 1530, Louvre. Mette a frutto gli insegnamenti di Giorgione con un’ambientazione agreste. La vergine siede su un prato e mentre accarezza prende il figlio di Caterina di Alessandria. Sullo sfondo un pastore siete in guardia al suo gregge. Intimo idillio bucolico, illuminato dal chiarore di un cielo al tramonto con lo sfondo delle Dolomiti. -Venere di Urbino, Tiziano, 1538, Uffizi. Va ben oltre Giorgione. La donna è distesa nella camera di una ricca dimora e non dorme ma guarda verso uno spettatore maschile. Icona della sessualità femminile. -Diana e Atteone, Tiziano, 1556-9, Londra e Scozia; -Morte di Atteone, 1559-75. Dipinti detti poesie per il soggetto mitico delle Metamorfosi. -Punizione di Marsia, Tiziano, 1570-6, Repubblica ceca. Nell’ultima fase della sua vita formula un linguaggio personalissimo e disperato. Episodio in cui Marsia al centro è scorticato da Apollo. Presenze impassibili al quadro indifferenti al dolore. Immagine cruenta. La pittura di Tiziano si è ormai sfaldata e le forme umane sono plasmate dalla luce e dal colore, con un senso della realtà di enorme forza espressiva. -Pietà, Tiziano, 1575-6, Gallerie accademia. Destinata alla propria cappella sepolcrale. Di fronte a una massiccia nicchia la vergine sorregge il corpo mentre la Maddalena grida di dolore. Forza espressiva, atmosfera tenebrosa, materia vibrante di luce e colore. -Annunciazione, Lorenzo Lotto, 1527, Recanati. Commovente spirito popolaresco e ricco di invenzioni inconsuete e spiritose. Animazione dei personaggi, sono agitati. Insuccesso di Lotto rispetto a Tiziano. -Ritratto di Andrea Odoni, Lotto, 1527, collezione di Elisabetta II. Formato orizzontale di grande verosimiglianza. Mezza figura seduto alla scrivania a contemplare le cose antiche. Il più antico ritratto di collezionista dell’arte europea. -Elemosina di sant’Antonino, Lotto, 1540-2, Venezia. Soggetto inconsueto. Lotto ha dedicato la parte alta alla figura del malinconico vescovo, nella metà inferiore due chierici si affacciano da una balaustra, a ricevere ed esaudire le suppliche della sottostante folla di miseri. Dipinto libero e anticonformista con i simboli del potere clericale resi come pittura morta. Alla seconda metà del secolo, nella Venezia di Tiziano e Sansovino emergono nuove figure come il Tintoretto 1519-94 e il Veronese 1528-88 che segnarono la pittura veneziana del secondo ‘500. -Miracolo di san Marco, Tintoretto, 1548, gallerie accademia. Tela gigantesca. Una folla gesticolante si accalca attorno a un corpo nudo entro una scenografica cornice architettonica sansovinesca. In oriente uno schiavo ha osato venerare le reliquie di san Marco e deve essere punito, adagiato in diagonale con dei pezzi in legno frantumati dal santo. Il dipinto è costruito per masse di colore e la pittura è rapida e fremente. Appare aggiornato sul Giudizio, i copri sono possenti, pose audaci e serpentinate come san Marco che planando dall’alto è simmetrico con il suo fedele al suolo. La Maniera riecheggia a Venezia dove il disegno non l’avrebbe avuta vinta sul colore. -Ritrovamento del corpo di san Marco, Tintoretto, 1562-66, Brera. Atmosfera spettrale, cimitero, l’oscurità della notte deve nascondere il furto. Maestosa e scandita profondità di un ambiente disegnato da Sansovino, disponendo in diagonale il punto di fuga della prospettiva. Tipico nimbo alla Tintoretto appare. La reliquia è in scorcio con forme michelangiolesche. In primo piano un indemoniato viene guarito, a testimoniare la veridicità della reliquia. Il colore e la luce plasmano, sottili bagliori. -San Rocco in gloria, 1564, Tintoretto, Venezia. Effigiato con difficile scorcio di fronte a Dio e alla corte angelica. -Crocifissione, Tintoretto, 155, Venezia. Livida scena vista di sottinsù ruota attorno al Cristo issato al centro, muscoloso e illuminato alle spalle da un bagliore mentre tutto attorno si accalcano figure. Sapienza spaziale e rapidità di esecuzione, foga espressiva, assenza di disegno e predilezione per i bagliori luminosi. Veronese debutta con la decorazione del soffitto della sala del consiglio dei dieci in palazzo ducale. -Giunone getta doni su Venezia, Veronese, 1554-6, Venezia. Immagine svolta tutta in verticale. Forme voluminose e scorci arditi, segno di una buona conoscenza della Maniera che Veronese riesce a rasserenare, adottando una pittura chiara, leggera, gioiosa e aggraziata.
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