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Riassunto del libro Corso di Economia Aziendale di Airoldi, Brunetti, Coda, Schemi e mappe concettuali di Economia Aziendale

I riassunti del libro fatti per capitolo

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

Caricato il 22/11/2018

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ilya-belov 🇮🇹

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Scarica Riassunto del libro Corso di Economia Aziendale di Airoldi, Brunetti, Coda e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! PARTE A 1. L’attività economica 1.1. La centralità della persona e delle società umane nell’analisi economica Le persone perseguono molteplici fini di varia specie e di vario grado; il perseguimento di tali fine suscita i bisogni; per soddisfare i bisogni le persone svolgono l’attività economica (l’attività di produzione e di consumo di beni economici). Istituti=le famiglie, le imprese, gli istituti nonprofit e lo Stato. L’attività economica si manifesta prioritariamente nel lavoro; lavoro che è di persona (persona intesa come parte della famiglia e altri istituti). L’attività economica è svolta dalle persone e per le persone. 1.1.2. I bisogni e i beni L’attività economica è svolta per il soddisfacimento dei bisogni. Bisogno=l’esigenza di un bene necessario agli scopi della vita. Si manifesta come desiderio, ovvero come sensazione dell’insoddisfazione dovuta a una mancanza. La classificazione dei bisogni: • Bisogni naturali=bisogni di alimentazione, di protezione, di riposo ecc. suscitati dalla componente biologica delle persone. Sono universali i bisogni naturali basilari tipici dei bambini. Mentre per le persone adulte tendono a differenziarsi. • Bisogni sociali=bisogni sociali, etici, estetici e religiosi. Suscitati dalla sfera spirituale delle persone e dal fatto che le persone interagiscono con altre persone. Radicali=informazione, giustizia, libertà e uguaglianza. Non radicali=appartenenza, identificazione, sicurezza, amicizia. • Bisogni essenziali=bisogni primari • Bisogni voluttuari=bisogni secondari o superflui. Sono fortemente influenzati dai processi imitativi e dimostrativi connessi al fenomeno delle mode e al formarsi di gruppi di riferimento. Sono anche i bisogni più facilmente suscitabili e modificabili. La teoria dei bisogni è essenziale per comprendere l’origine ed i fini delle scelte compiute nell’ambito delle famiglie. I bisogni delle persone si dispongono in una gerarchia, che si manifesta nelle variazioni delle scelte di consumo al variare dei redditi disponibili. L’ordine di priorità è piuttosto rigido per i redditi più bassi, varia moltissimo invece per i redditi più alti. Il soddisfacimento dei bisogni richiede anche la disponibilità dei beni. La classificazione dei beni: • Beni economici=merci e servizi utili per il soddisfacimento dei bisogni delle persone e scarsi (presenti in poca quantità) rispetto alle esigenze delle persone. Esempi: gli abiti, gli automezzi. • Beni non economici(liberi)=beni non soggetti al limite di scarsità, liberamente disponibili in quantità e qualità più che sufficiente rispetto alle esigenze di tutte le persone che ne hanno bisogno. Esempi: la luce del Sole, l’aria. • Beni primari=il pane, l’acqua, l’istruzione di base. • Beni voluttuari=il caviale, lo champagne, il corso di boxe. • Beni complementari=la carta e la penna. • Beni fungibili=la penna e la matita. Uno stesso bisogno può essere soddisfatto da beni alternativi diversi. • Beni differenziabili=prodotti e venduti dalla stessa impresa con caratteristiche particolari differenti rispetto ai prodotti uguali offerti dai concorrenti. Esempi: i computer, i corsi universitari. • Beni non differenziabili=la caratteristica è una sola, uniforme e costante. Vengono chiamati anche commodities. Esempio: il latte. • Beni di consumo=utilizzati direttamente dalle persone per soddisfare i loro bisogni. Esempio: i capi d’abbigliamento. • Beni strumentali=utilizzati per produrre altri beni. Esempio: i macchinari. • Beni ad utilizzo singolo=alimenti • Beni durevoli=impieghi ripetuti. Esempi: gli elettrodomestici, i fabbricati. • Beni ad uso individuale=Esempi: bevande, abiti, personal computer. • Beni ad uso collettivo= l’atto di consumo è l’unico per diversi consumatori. Esempi: partite di basket, spettacoli. • Beni privati=beni prodotti da soggetti privati (le imprese, le famiglie, gli istituti non profit). • Beni pubblici=beni prodotti da soggetti pubblici (lo Stato, le sue articolazioni). Esempio: i servizi dell’anagrafe, della difesa nazionale e della giustizia. Alcuni beni possono essere offerti sia da soggetti privati sia da soggetti pubblici: i trasporti, la sanità, la scuola. 1.1.3. Le attività economiche di produzione e di consumo L’attività di produzione e di consumo si svolge seconda una vasta gamma di operazioni tra le quali sono particolarmente importanti le operazioni di trasformazione tecnica. Si svolgono in tutti gli istituti. Sono operazioni di: trasformazione fisica, spaziale e logica delle materie prime, degli impianti, dei dati e delle conoscenze. • Nelle imprese manifatturiere=si hanno operazioni di trasporto, conservazione, lavorazione e assemblaggio di materie prime e di semilavorati vari; conservazione e trasporto dei prodotti finiti. • Nelle imprese commerciali=si hanno operazioni di trasporto, l’immagazzinamento e il confezionamento dei beni negoziati e tutte le connesse operazioni di 1.3.1. I principi generali Le scienze economiche si articolano in: • Economia politica • Economia aziendale Le scienze economiche hanno come oggetto comune le attività di produzione e di consumo dei beni, atti a soddisfare i bisogni delle persone. Economia politica=osserva i fenomeni economici propri dei grandi aggregati regionali, nazionali ed internazionali. Fondandosi anche sui contributi dell’economia aziendale, elabora le conoscenze e le teorie economiche utili per le decisioni di politica economica regionale, nazionale ed internazionale. Economia aziendale=osserva questi fenomeni sotto l’ottica delle aziende singole, delle classi particolari di aziende, cosi come dell’ambiente in cui le aziende operano. Fondandosi anche sui contributi dell’economia politica, elabora le conoscenze e le teorie economiche utili per il governo delle aziende di ogni ordine (famiglie, istituti nonprofit). Il progresso tecnico=spontanea applicazione all’attività economica delle innovazioni e degli sviluppi della tecnologia. E frutto delle scienze matematiche, naturali e logiche. L’oggetto proprio dell’economia aziendale=si tratta di un oggetto complesso che può essere definito solo grazie ad un’articolata serie di proposizioni: 1. L’economia aziendale ha per oggetto l’ordine economico di tutti gli istituti nei quali si svolgono significative attività di produzione e di consumo di beni economici. 2. Esistono 4 classi di istituti: le famiglie, le imprese, lo Stato (istituti della pubblica amministrazione e istituti non profit). A essi corrispondono 4 classi di aziende: aziende familiari di consumo, aziende di produzione, aziende di pubbliche amministrazioni, aziende non profit. 3. L’economia aziendale studia: configurazione degli assetti istituzionali, trasformazione tecnica, negoziazione, organizzazione, rilevazione e informazione. 4. Il sistema degli accadimenti di azienda è riconducibile ai grandi aggregati dei processi di gestione, di organizzazione e di rilevazione e di informazione. 5. Le operazioni di produzione si attuano con le condizioni di produzione. Nelle imprese, si definiscono le condizioni primarie di produzione: il lavoro e il capitale risparmio, a cui corrispondono i prestatori di lavoro e i conferenti di capitale. 6. In economia aziendale si distingue il concetto di produzione di beni da quello di produzione di redditi per la rimunerazione dei prestatori di lavoro e dei conferenti di capitale. Nelle imprese la produzione di beni, da un lato è la funzione caratteristica per la collettività, e dall’altro è il mezzo per la produzione dei redditi (avviene secondo efficienza=si tende ad ottenere il massimo risultato da un dato insieme di risorse, quindi massimizzare la disponibilità di beni) 7. Tra i processi economici di azienda ci sono anche i processi di innovazione delle modalità strutturali e tecniche di svolgimento dell’attività economica. L’innovazione economica=è la ricerca, individuazione e sperimentazione di nuove e più convenienti modalità di svolgimento delle produzioni e dei consumi. Per massimizzare la disponibilità di beni occorre innovare. L’economia è la scienza dell’innovazione delle modalità di svolgimento dell’attività economica. L’innovazione economica attuata nell’interesse comune delle società umane è fonte di progresso economico. Capitolo 2. Gli istituti, le aziende, la specializzazione economica 2.1. Gli istituti 2.1.1. Le società umane, il bene comune, le istituzioni e gli istituti. Ciascuna persona partecipa contemporaneamente a più società umane. Le società umane sono: le famiglie, lo Stato e le sue articolazioni (Regioni, Province, Comuni) e le comunità internazionali. Le associazioni, le imprese e così via. Le persone tendono a far parte delle società umane: a. Per produrre i risultati non attuabili con le risorse individuali b. Per soddisfare i bisogni di socialità Ogni società umana persegue il bene comune dei suoi membri. Il bene comune=è un bene funzionalmente per tutti, inteso come agevolatore dell’attività dei singoli membri; è costituito dal complesso di beni che hanno una funzione universale e un’attitudine per tutti. Produce due fenomeni importanti: 1. La rendita organizzativa, una cooperazione tra le persone volte allo stesso fine che produce un vantaggio economico rispetto a quanto si possa ottenere da comportamenti isolati e competitivi. Il vantaggio deve essere ripartito tra tutti. 2. Il risultato reddituale, è il frutto della cooperazione dell’incertezza, può essere positivo o negativo. Deve essere attribuito ad uno o più soggetti che hanno partecipato all’attività organizzata. LA decisione a chi deve essere attribuito è fondamentale nel determinare la struttura del governo dell’istituto. La vita delle persone nelle società umane è determinata dalle istituzioni. Istituzioni=un insieme di regole e comportamenti relativamente stabili dei singoli e dei gruppi. Istituti=le società umane che assumono caratteri d istituzioni. Sono istituti le famiglie, le imprese, gli istituti nonprofit, i partiti politici, i sindacati e così via. Un istituto è un complesso di elementi e di fattori, di energie e di risorse personali e materiali. Esso è duraturo. Come complesso è ordinato secondo proprie leggi di varia specie. L’istituto presenta il carattere di essere autonomo. Gli istituti sono distinti in due insiemi: 1. Le famiglie, sono le società umane naturali. 2. Le organizzazioni, sono le collettività orientate al raggiungimento di scopi specifici e dotate di regole di comportamento. 2.1.2. Gli istituti, le aziende e gli aggregati di aziende In tutti gli istituti si svolge l’attività di produzione e di consumo di beni economici. L’economia aziendale ha per oggetto gli istituti in cui l’attività economica è particolarmente rilevante (si manifesta con costi, ricavi, consumi ecc.). Azienda=è l’ordine strettamente economico di un istituto, ovvero, l’insieme degli accadimenti economici disposti ad unità secondo proprie leggi. Le tipologie di aziende che corrispondono rispettivamente agli istituti: • L’azienda familiare di consumo e di gestione patrimoniale (famiglia) • L’azienda di produzione (impresa) • L’azienda composta pubblica (di produzione+consumo; lo Stato e le sue articolazioni) • L’azienda nonprofit (di produzione o composta; istituti nonprofit) Le quattro classi di aziende sono accomunate dal fine generale del soddisfacimento dei bisogni umani e dal mezzo (attività economica). Si differenziano però per i fini immediati, ovvero per assetto istituzionale, combinazioni produttive, di organismo personale, di assetto tecnico e organizzativo e di patrimonio. I fini immediati per: • L’azienda familiare: il soddisfacimento dei bisogni dei membri della famiglia. • L’azienda di produzione: la produzione di rimunerazioni per i prestatori di lavoro e per i conferenti di capitale di rischio. • L’azienda composta pubblica: la produzione e d il consumo di beni pubblici e anche le rimunerazioni per i prestatori di lavoro. • L’azienda nonprofit: varie combinazioni di produzione di rimunerazioni e di produzione e consumo di beni da parte dei membri dell’istituto. Aggregati di aziende=sono oggetti di economia aziendale, rappresentano gli insiemi di aziende avvinte da forti relazioni istituzionali che sono soggette ad un indirizzo strategico unitario. Esempi: associazioni in franchising, Nazioni unite ecc. 2.2. Le aziende, ordine economico degli istituti 2.2.1. Le aziende familiari di consumo e di gestione patrimoniale La famiglia=è istituto primario della società umana ed è caratterizzata da finalità dominanti di ordine sociale, etico e religioso; la famiglia ha come obiettivo soddisfare i fini naturali e soprannaturali dei suoi componenti: genera, alleva, educa ed assiste le persone. La famiglia è anche unità economica; con i fini di ordine sociale, etico e religioso si combinano anche i fini economici; il fine economico immediato consiste nell’appagamento dei bisogni delle persone che fanno parte della famiglia. • Interessi economici istituzionali=sono gli interessi economici dei membri della famiglia, si riassumono nel soddisfacimento adeguato dei bisogni attuali e futuri dei membri della famiglia. 2.2.4. Le aziende nonprofit Gli istituti non profit=sono gli istituti di natura privata, prevedono il divieto di distribuire il risultato reddituale (l’utile) e il patrimonio tra le persone che esercitano il controllo sull’istituto. Tipici ambiti di attività di questi istituti sono: • Cultura e ricreazione • Istruzione e ricerca • Sanità • Assistenza sociale • Ambientalismo • Promozione e tutela dei diritti civili • Attività internazionali • Organizzazioni imprenditoriali, sindacali, professionali Le differenze tra classi di istituti nonprofit nascono dall’analisi dei soggetti coinvolti e dei loro ruoli economici, ovvero chi sostiene i costi necessari per produrre i beni e quali soggetti fruiscono dei beni stessi. Il fine economico immediato=non è quello della produzione di redditi, ma è quello del soddisfacimento di bisogni di alcune categorie di persone che possono essere gli associati oppure specifici classi di fornitori terzi oppure l’intera collettività. Varia la configurazione dei portatori di interessi economici istituzionali: a. Nelle associazioni chiuse: i membri dell’associazione e i prestatori di lavoro b. Nelle associazioni aperte: i membri dell’associazione, i prestatori di lavoro e lo Stato o i donatori c. Negli istituti fornitori di servizi a prezzi limitati: i donatori che mettono il capitale rinunciando alla propria rimunerazione, i prestatori di lavoro e lo Stato d. Negli istituti di beneficienza: i donatori e lo Stato e. Negli istituti diche producono i beni di interesse collettivo: i donatori e lo Stato I portatori di interessi economici non istituzionali: a. I fornitori b. I conferenti di capitale di prestito c. I clienti d. Lo Stato, sia come finanziatore sia come soggetto interessato I processi caratteristici sono quelli della produzione di beni (e del loro consumo nel caso delle associazioni) e della raccolta di contributi privati sotto forma di donazioni e di lavoro volontario. TAVOLA 2.2 p.52 3.1. Il sistema degli accadimenti e le combinazioni economiche. Le combinazioni economiche=è un insieme delle operazioni economiche svolte dalle persone in un istituto, fanno parte del sistema degli accadimenti, ossia dell’insieme di azioni e di fenomeni che si manifestano nell’azienda e nel suo ambiente. Esistono combinazioni economiche di consumo e combinazioni economiche di produzione. Il sistema degli accadimenti=è un insieme molto vasto includente, ad esempio: • I comportamenti dei clienti, dei fornitori, dei concorrenti • Le dinamiche dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo • Regolazione dell’attività economica dei vari ordini di istituti • Le negoziazioni di acquisto e di vendita • Il progresso tecnologico e le innovazioni di assetto tecnico • Rilevazione, informazione e di controllo • Il sistema delle operazioni=una categoria di accadimenti, è il sistema delle attività svolte dalle persone che compongono l’organismo personale d’azienda, tali operazioni nel loro insieme formano combinazioni economiche. 3.2. L’articolazione delle combinazioni economiche 3.2.1. Le coordinazioni economiche parziali e le negoziazioni: Le combinazioni generali d’impresa si articolano in coordinazioni economiche parziali. Coordinazioni economiche parziali=sono insiemi di processi caratterizzati da una funzione (es. ideare e creare nuovi prodotti, acquisire i mezzi finanziari) e da un insieme di competenze specialistiche applicate al loro svolgimento (es. competenze di finanza e di gestione del personale). Le coordinazioni parziali sono spesso chiamate funzioni (funzione ricerca e sviluppo, funzione marketing ecc.). Le operazioni delle coordinazioni parziali: • Configurazione dell’assetto istituzionale • Gestione: -gestione caratteristica -gestione finanziaria -gestione patrimoniale -gestione tributaria -gestione assicurativa • Organizzazione • Rilevazione Configurazione dell’assetto istituzionale=determina il disegno complessivo dell’impresa. Si decidono i fini dell’impresa, i suoi campi, di attività, le strutture di governo e cosi via. Gestione=attraverso queste operazioni l’impresa attua la produzione economica: a. Raccoglie i capitali b. Acquista i macchinari e le materie prime c. Fabbrica i prodotti e li vende d. Paga i tributi Dalle operazioni di gestione si origina la maggior parte dei costi e dei ricavi dell’impresa, di conseguenza anche il risultato reddituale (utile o perdita). Le prime tre gestioni originano le ultime due (la trasversalità). Organizzazione=disegna la struttura organizzativa dell’impresa, assegna i compiti alle persone che vi lavorano, gestisce la retribuzione, la carriera e la formazione delle persone stesse. Rilevazione=raccolta, elaborazione, e diffusione dei dati e delle informazioni necessari per prendere buone decisioni e per informare tutti i soggetti interessati alla vita dell’impresa. Le negoziazioni=le operazioni attraverso le quali l’impresa acquisisce da terzi le condizioni di produzione e cede i propri prodotti o condizioni di produzione. Si classificano in: • Negoziazioni di beni privati • Negoziazioni di beni pubblici • Negoziazioni di lavoro • Negoziazioni di capitale di rischio • Negoziazioni di capitale prestito • Negoziazioni di rischi particolari Durante una negoziazione i soggetti coinvolti (il venditore e il compratore) sostengono dei costi di transazione (costi di attivazione e di gestione della negoziazione). Costi di transazione=nascono dal fatto che il compratore e il venditore operano in situazione di razionalità limitata. Ad esempio il fornitore prima di stipulare un accordo raccoglie le informazioni circa la solvibilità del possibile nuovo cliente, vuole sapere se ci si può fidare. Lo stesso fa il cliente nei confronti del fornitore. Es. dei costi di transazione: commercialisti e avvocati. Asimmetria informativa=gli insiemi di informazioni detenute sono deferenti e ciascuna delle due parti tende a nascondere le informazioni che potrebbero danneggiarlo. Investimenti specifici=spesso per attivare e mantenere relazioni di lungo periodo il fornitore fa degli investimenti negli studi, impianti realizzati per soddisfare al meglio le esigenze di un determinato cliente. Interessi passivi=il prezzo pagato dall’impresa per poter disporre di un erto ammontare di denaro per un certo periodo di tempo. La gestione finanziaria è caratterizzata da due classi di negoziazioni: • Negoziazioni del capitale proprio=acquisire la disponibilità di mezzi monetari a titolo di capitale proprio. Si chiama il capitale di rischio perché i conferenti di capitale non sanno se i risultati saranno positivi o negativi. • Negoziazioni di capitale di prestito=ha per oggetto la disponibilità di una certa quantità di mezzi monetari per un certo periodo di tempo. Il soggetto che riceve il capitale prestito si impegna a rimborsarlo entro certi tempi e concorda pagare interessi passivi. Il ricorso al capitale di prestito si può realizzare in forme molto differenti: A) i conferenti di capitale di prestito possono essere aziende di credito, altre imprese, famiglie. B) le forme tecniche vanno dai mutui bancari alle emissioni obbligazionarie agli scoperti di conto corrente. C) i tempi brevi o lunghissimi. 3.2.5. La gestione patrimoniale L’impresa può avere a disposizione risorse in eccesso, rispetto a quelli richiesti dalla gestione caratteristica. Queste risorse monetarie è opportuno investire per trarre redditi addizionali a quelli prodotti dalla gestione caratteristica. Gestione patrimoniale=è l’investimento di tali risorse monetari eccedenti. Si configura anche come combinazione economica parziale finalizzata alla produzione dei redditi addizionali rispetto a quelli della gestione caratteristica mediante l’impiego di disponibilità originate dal risparmio. Nelle imprese gli eccessi di risorse vengono impegnate nell’investimento in: titoli di debito, partecipazione nel capitale proprio di altre aziende ecc. In corrispondenza delle scelte di investimento, la gestione patrimoniale si attua attraverso vari tipi di negoziazioni: • Negoziazioni di capitale di prestito: investire in titoli di Stato o in obbligazioni emesse da imprese; può essere un deposito in conto corrente. • Negoziazioni di capitale di rischio: si comprano azioni (quote di capitale di rischio) di imprese puntando sui guadagni in conto capitale • Negoziazioni di beni privati: acquisto di beni da reddito e da rivalutazione (immobili, preziosi, opere d’arte) La gestione patrimoniale si attua per realizzare i risultati reddituali postivi addizionali a quelli della gestione caratteristica, ma è possibile anche che i risultati netti siano negativi. 3.2.6. La gestione assicurativa Ciascun istituto è soggetto ad un rischio economico generale, ossia alla possibilità che le combinazioni economiche complessive producano utili e perdite. Tale rischio non può essere trasferito agli altri istituti. Ciascun istituto è soggetto anche a rischi particolari che possono essere coperti mediante assicurazione. Es. incendi, furti, infortuni Tali rischi sono negoziabili a fronte del pagamento di premi assicurativi. Le negoziazioni tipiche sono negoziazioni di rischi specifici. Negoziazioni di rischi specifici=detti anche contratti di assicurazione, coprono in varie forme i danni. Un contratto di assicurazione contiene: 1. una definizione del tipo di evento e di danno coperto dalla polizza 2. un elenco di eventi e di danni analoghi ma esclusi dalla polizza 3. un elenco di circostanze che possono invalidare la copertura (la colpa dell’assicurato) 4. gli importi max. e min. copribili 5. le modalità di denuncia, di accertamento e di liquidazione del danno 6. i meccanismi di rinnovo della copertura assicurativa 7. il prezzo a carico dell’assicurato 3.2.7. La gestione tributaria La gestione tributaria=tutte le imprese sono soggette a pagamento di tributi di varia natura. Le attività di accertamento e di liquidazione dei tributi si denominano la gestione tributaria. Questa gestione comporta tipicamente costi e non ricavi. Si possono distinguere: a. tributi correlabili direttamente ai beni acquisiti e quindi con caratteri analoghi a quelli dei prezzi pagati per i beni privati. Es. trasporto pubblico urbano. Si manifestano sotto forma di operazioni di negoziazione dei beni privati. b. tributi non correlabili direttamente. Es. le imposte sul reddito, la difesa nazionale, la polizia locale. Si manifestano sotto forma di accertamenti e pagamenti di tributi, sono operazioni caratteristiche della gestione tributaria. 3.2.8. Il profilo reddituale e monetario delle gestioni Il profilo reddituale=indagare il formarsi dei costi e dei ricavi, in particolare capire come ciascuna delle 5 gestioni contribuisce al formarsi del risultato reddituale. La gestione patrimoniale e la gestione caratteristica sono tipiche gestioni attive (da esse ci si attendono risultati reddituali positive). Le gestioni finanziaria, assicurativa e tributaria sono tipiche gestioni passive (comportando solo costi in forma di interessi passivi, premi assicurativi e tributi). Un risultato reddituale positivo si ottiene quando: gest.caratteristica +gest.patrimoniale>gest.finanziaria+gest.assiurativa+gest.tributaria. Producendo un utile. Il profilo monetario=studiare i flussi di entrate e di uscite. Serve per capire se l’impresa è in grado di far fronte, con le entrate, ai propri impegni di uscite. Inoltre serve per capire se l’impresa è solvibile. NON coincide con il profilo reddituale. Esistono 3 cause che sottolineano la differenza tra i due profili: 1. Alcune entrate e uscite non corrispondono a costi e ricavi, ad esempio, un aumento di capitale oppure l’accensione o il rimborso di un mutuo. 2. Molti costi devono essere sostenuti in anticipo rispetto al conseguimento dei ricavi e delle relative entrate 3. Molti pagamenti e riscossioni non avvengono in contanti, anche i tempi di pagamento dei debiti non coincidono per forza con i tempi medi di riscossione dei crediti di regolamento 3.2.9. Le attività di organizzazione e di rilevazione Operazioni di organizzazione: 1. Progettazione dell’assetto organizzativo=consiste nella progettazione della struttura organizzativa dell’impresa, definendo la struttura organizzativa si fa si che ciascun prestatore di lavoro sappia quali attività deve svolgere, a quale unità organizzativa appartiene, chi è il suo capo, chi sono i suoi subordinati. Complementare alla progettazione della struttura organizzativa è la progettazione dei sistemi operativi: a. sistemi di pianificazione e di programmazione attraverso i quali si definiscono le strategie da perseguire e si assegnano a ciascun organo aziendale e a ciascuna persona gli obiettivi da realizzare e le risorse disponibili. b) sistemi di gestione del personale 2. La gestione dei prestatori di lavoro=l’attuazione dei sistemi operativi di gestione del personale. Si compone di processi di ricerca, selezione, accoglimento e inserimento del personale; processi delle competenze e delle performance delle persone, processi di promozione ecc. I sistemi di gestione del personale sono progettati in modo tale che: l’impresa disponga sempre di un organismo personale che sia adatto a svolgere le combinazioni economiche pianificate; le persone siano ricompensate secondo equità e siano poste in condizioni di crescere personalmente e professionalmente. le operazioni di organizzazione suscitano varie classi di negoziazioni. Ad esempio, le negoziazioni di lavoro. Le negoziazioni di lavoro=sono i contratti che l’impresa stipula con i prestatori di lavoro. Si negoziano da un lato le prestazioni di lavoro attese dall’impresa e dall’altro le rimunerazioni. Con riguardo alle retribuzioni si negoziano: • La retribuzione periodica fissa • La retribuzione variabile, legata ai risultati individuali • La retribuzione variabile, legata ai risultati complessivi dell’impresa, ossia la partecipazione al risultato residuale d’impresa • La retribuzione differita sotto forma di trattamento di fine rapporto • La retribuzione differita sotto forma di trattamento pensionistico Le operazioni di rilevazione=predispongono dati e informazioni destinati a due insiemi di utilizzatori: 4.2.2. Il sistema degli interessi convergenti dell’impresa Le principali classi di soggetti: a. Prestatori di lavoro=conferiscono il loro lavoro in termini di tempo dedicato all’impresa; competenze possedute e messe a disposizione dell’impresa; competenze possedute e messe a disposizione dell’impresa; impegno ed energia; imprenditorialità e creatività nello svolgimento dei compiti assegnati; risultati conseguiti (es. numero e qualità di pezzi prodotti). Si aspettano: una rimunerazione periodica; condizioni fisiche e sociali di lavoro positive: relativa stabilità del rapporto di lavoro; stimoli e iniziative di sviluppo delle competenze: concrete prospettive di progressione di carriera. I rapporti di lavoro possono presentare varianti notevoli: 1) il rapporto tra la domanda e offerta di lavoro che in certi periodi di tempo può spostare la forza contrattuale a favore delle persone o delle imprese. 2) il prestatore di lavoro investe nelle proprie competenze per svolgere al meglio un lavoro che gli è stato assegnato, tuttavia tali competenze possono non avere riscontro nelle altre aziende. I rapporti di lavoro sono regolati da vari insiemi di norme di legge, regolamenti, contratti collettivi, contratti aziendali e contratti individuali. b. Conferenti di capitale di rischio=conferiscono mezzi monetari a titolo di capitale proprio, soggetto al rischio generale d’impresa. I conferenti hanno diritto agli utili prodotti dall’impresa, possono cedere liberamente i loro diritti vendendo le proprie quote di capitale di rischio. I conferenti di capitale di rischio si aspettano una rimunerazione composta da: 1) la liquidazione periodica degli utili e 2) dalla differenza tra quanto conferito e quanto realizzato al momento della cessione delle proprie quote o al momento della liquidazione dell’impresa. Le attese tipiche dei conferenti di capitale di rischio sono: una rimunerazione del capitale di rischio, la possibilità di cedere le proprie quote in tempi e a condizioni convenienti, influenzare e controllare i comportamenti delle persone che esercitano il governo dell’impresa. Si considerino le seguenti varianti: 1. Le imprese le cui azioni sono facilmente acquistabili e vendibili, dall’altro alto ci sono imprese chiuse. 2) I conferenti di capitale possono essere: unici (uno solo), di controllo (azionista che nomina la maggioranza degli amministratori), di minoranza attiva, di minoranza passiva. 3) Natura giuridica ed economica: famiglie, imprese, lo Stato. 4) La partecipazione diretta o indiretta. 5) La percentuale di rischio del soggetto che ha investito tutto il capitale o solo una piccola frazione. 6) L’eventuale appartenenza dell’impresa ad un gruppo di imprese e la sua posizione di controllante o di controllata. c. I fornitori=apportano all’impresa condizioni di produzione di varia natura (impianti, materie prime, servizi) secondo una pluralità di condizioni di scambio: la qualità dei beni, i volumi, i prezzi unitari e complessivi, i tempi e i modi di consegna, le garanzie, i tempi e i modi di pagamento. Le attese del cliente sono: la qualità del bene corrispondente alle proprie esigenze, prezzo contenuto e tempi di pagamento non troppo brevi, consegna pronta e tempestiva, garanzie durature. Le attese del fornitore sono: bassa variabilità della qualità, dei tempi e dei volumi dei beni richiesti; continuità del rapporto di fornitura; prezzi rimunerativi. d. I conferenti di capitale di prestito=apportano mezzi monetari che sono messi a disposizione dell’impresa per un dato periodo di tempo a fronte dell’impegno di rimborso del capitale e di pagamento di interessi nella misura e nei tempi stabiliti. Possono essere banche, famiglie, imprese ecc. Le attese dell’impresa che ricorrono al capitale di prestito sono: condizioni generali favorevoli (tassi di interesse, tempi di rimborso, garanzie); varietà e flessibilità delle modalità di finanziamento; disponibilità da parte dei finanziatori ad una relazione duratura e di sostegno. Le attese generali dei conferenti di prestito: trasparenza dell’impresa finanziata, solidità patrimoniale, la redditività positiva, la puntualità nei rimborsi del capitale e nel pagamento degli interessi. I casi speciali: 1) il finanziatore che ha investito una quota rilevante del proprio capitale nei momenti di tensione reddituale può chiedere di partecipare alle scelte del governo dell’impresa. 2) La forma tecnica del finanziamento prevede che il capitale di prestito si trasformi in capitale di rischio. e. Le imprese di assicurazione=coprono rischi particolari (furti, incendi ecc.) delle imprese a fronte di premi. Da un alto esistono rischi standard, dall’altro lato possiamo avere rischi speciali per i quali è difficile prevedere la probabilità del verificarsi di questo caso sia valutare l’entità economica. In queste situazioni si manifestano due forme di comportamento opportunistico: a) I soggetti sanno di essere ad alto rischio, tendono a tenere nascosta questa loro condizione puntando a pagare premi standard. b) I soggetti tendono ad esagerare la valutazione del danno per ottenere un rimborso elevato. f. I clienti=acquistano i beni prodotti dall’impresa e gestiscono il loro rapporto secondo le molteplici condizioni dello scambio. Le attese dei clienti sono: le relazioni che perdurano nel tempo, la cooperazione nello sviluppo del know-how tecnico e commerciale, le asimmetrie di potere contrattuale. Il patrimonio commerciale basato sulla relazione con i clienti rappresenta una parte fondamentale del patrimonio di tutte le imprese. g. Gli alleati istituzionali=sono le imprese partner in aggregati quali i gruppi di imprese, i consorzi, le joint ventures, i cartelli, le reti di franchising. Moltissime imprese fanno parte di una molteplicità di alleanze e, di conseguenza devono gestire una molteplicità di relazioni con alleati istituzionali. Queste relazioni spesso hanno un peso determinante nelle scelte strategiche delle imprese. h. I concorrenti attuali=sono le imprese che offrono prodotti analoghi a quelli della nostra impresa in mercati nei quali essa opera. Ciascuna impresa deve gestire attentamente le relazioni con le imprese concorrenti perché: è interesse di tutti i concorrenti che la competizione sia leale: non sono rari i casi in cui ai concorrenti conviene allearsi per realizzare specifici obiettivi; in particolari settore è opportuno che la concorrenza sia temperata per evitare gli effetti della pura concorrenza. i. Lo Stato=è sempre legato alle imprese. Un primo rapporto generale è quello che vede lo stato come produttore ed erogatore di beni pubblici e allo stesso tempo come percettore di tributi. Le attese delle imprese sono: beni pubblici di alta qualità, livello impositivo non troppo elevato, la correttezza del sistema fiscale, apparati statali efficienti. Lo Stato si aspetta: che le imprese non adottino pratiche di evasione e di elusione fiscale. Un secondo rapporto deriva dal ruolo dello Stato quale regolatore del comportamento delle imprese mediante l’emanazione di norme e la gestione delle autorizzazioni. Le imprese ricercano ampi gradi di libertà in un contesto di norme chiare; lo Stato si attende il rispetto delle norme. Un terzo rapporto si manifesta quando lo Stato funge da dispensatore di incentivi finanziari e fiscali. Lo Stato offre questi incentivi per realizzare particolari manovre di politica economica e si aspetta che siano utilizzati nella direzione giusta., le imprese si aspettano che tali manovre siano coperte con equità. Lo Stato per molte imprese è anche un cliente. j. Le collettività locali=instaurano relazioni significative con le imprese che hanno un ruolo economico molto rilevante. Ad esempio è il caso di un’impresa che dà lavoro ad una quota rilevante degli abitanti di una certa area geografica. La collettività si attende benessere, cioè posti di lavoro, opere di interesse collettivo ecc. L’impresa si attende l’impegno e la fedeltà delle persone che vi lavorano, contesti sociali, politici e infrastrutturali favorevoli alla propria azione. 4.3. L’integrazione dei contributi: il soggetto economico 4.3.1. L’integrazione dinamica dei contributi Relazioni di cooperazioni sono importanti per una vita economica duratura di un istituto. La mancanza di cooperazione produce alti costi di coordinamento che riducono la quantità delle ricompense distribuibili tra i vari soggetti. L’integrazione dinamica dei contributi è una condizione di economicità. Caratteristiche dell’integrazione: • I vantaggi dell’integrazione=tra tutti i soggetti si sono instaurate relazioni trasparenti di fiducia e di cooperazione, tutti i soggetti condividono l’obiettivo della vita duratura dell’impresa. Un’integrazione alta produce: 1) bassi costi di transazione con i soggetti esterni; 2) bassi costi di coordinamento interno; 3) bassi prezzi-costo degli input; 4) si condividono le idee, si scoprono opportunità di comune interesse; 5) elevato impegno di tutti i soggetti; 6) maggior soddisfazione dei bisogni di persone che lavorano all’interno dell’istituto, di conseguenza maggior motivazione; 7) processi di apprendimento più efficienti. • Superare vari ostacoli=per avere un’alta integrazione. Gli ostacoli sono la specializzazione economica che comporta una pluralità di soggetti, ciascuno dei quali apporta proprie risorse e competenze e svolge un certo insieme di attività. I vari soggetti hanno obiettivi differenti e quindi anche varie ipotesi in merito alla combinazione ottimale di questi elementi. Occorre che i vari soggetti diano la loro adesione al disegno complessivo. Un altro ostacolo è la competizione nell’ottenimento delle rimunerazioni. Inoltre la natura di lavoro di gruppo produce risultati reddituali ed è problematico decidere chi deve godere di questi risultati. Per lo stesso motivo è molto difficile determinare il valore delle retribuzioni spettanti a ciascun soggetto. • Fissare gli obiettivi, le strategie e le politiche dell’istituto • Scegliere i soggetti che contribuiranno alla vita economica dell’istituto (conferenti di capitale di rischio, prestatori di lavoro ecc.) e stipulare con gli stessi i contratti • Mettere in atto le strutture di governo e di controllo dell’istituto • Verificare i risultati e compiere i necessari interventi correttivi In alcuni casi (è una norma per lo Stato, per le imprese grandi, per tutti istituti non profit) il soggetto economico è composto da una sola categoria di portatori di interessi le caratteristiche sono le seguenti: • Ci sono tre organi: un organo composto da tutti i membri del soggetto economico che per le proprie decisioni si riunisce in assemblea; un organo decisionale di governo economico composta da una sola persona o da un gruppo di persone; un organo di controllo che verifica il lavoro dell’organo decisionale • L’assemblea imposta le linee di indirizzo generale e nomina sia i membri dell’organo decisionale di governo economico, sia i membri dell’organo di controllo. • Tutte le categorie di portatori di interessi che non fanno parte del soggetto di istituto e del soggetto economico utilizzano altre strutture di controllo sugli organi di governo dell’istituto, ad esempio i sindacati dei prestatori di lavoro, la polizia tributaria, associazioni dei consumatori -Caso specifico: nel caso degli istituti non profit il cui soggetto economico è composto da due o più categorie di portatori di interessi occorre configurare un’assemblea per ciascuna categoria di portatore di interessi, che nominano i membri di un organo intermedio rappresentativo delle due categorie. Il governo economico deve rispettare alcuni principi: 1. Il principio dell’economicità, ossia la vita duratura economica. L’azione dell’azienda (ordine economico di tutti gli istituti) deve ispirarsi a questo principio. Tale principio si realizza quando l’azienda si svolge in autonomia economica, ossia senza ricorso sistematico a coperture delle perdite da parte di altre economie. 2. Il principio del contemperamento degli interessi. Si attua adottando atteggiamenti e comportamenti ispirati alla logica della partecipazione e del confronto. Le logiche del confronto e della partecipazione sono fonti di efficienza e di economicità perché evitano gli sprechi di risorse assorbite dalla gestione dei conflitti e della resistenza al cambiamento. Consentono l’espressione nei processi decisionali, agevolano lo sviluppo e la diffusione di atteggiamenti innovativi., in generale, favoriscono la flessibilità aziendale negli ambienti mutevoli. Capitolo 6. I modelli di rappresentazione dell’economicità delle imprese 6.2. Il modello del bilancio di esercizio 6.2.1. I contenuti essenziali: il reddito e il capitale Il bilancio di esercizio si compone di due sezioni complementari: il reddito dell’impresa e il capitale di funzionamento. Ciascuna delle due sezioni è un sistema di valori, sono rappresentati da due tavole. La tavola del reddito di esercizio=presenta da un alto i costi e gli altri componenti negativi di reddito (i valori degli input) e, dall’altro lato, i ricavi e gli altri componenti postivi di reddito (i valori degli output). Per differenza si ottiene il risultato reddituale, ossia l’utile o la perdita di esercizio che è la rimunerazione (positiva o negativa) dell’input capitale di rischio. La tavola del capitale di funzionamento=da un alto rappresenta i valori delle attività dell’impresa, ossia dei suoi beni e diritti (ciò che l’azienda possiede) e, dall’altro i valori delle passività, ossia delle sue obbligazioni (ciò che l’azienda deve). La differenza determina il capitale netto quanto è di pertinenza dei conferenti di capitale di rischio. 6.2.2. Alcuni concetti base Le imprese hanno una vita duratura senza limiti temporali predeterminati. La vita viene divisa a fini conoscitivi in sezioni annuali. Dunque possiamo dire che l’esercizio generale dell’impresa, ossia l’insieme di tutte le operazioni messe in atto dall’impresa lungo tutta la sua vita, viene scomposto in esercizi parziali riferiti a certi periodi di tempo. La costruzione del bilancio di esercizio si fonda su: • L’esercizio generale e gli esercizi parziali • Il principio di competenza • I costi, i ricavi e i componenti postivi e negati di reddito • Il reddito di esercizio, il risultato reddituale: utile o perdita di esercizio • Il capitale di funzionamento • L’unitarietà del sistema dei valori di bilancio L’esercizio generale, gli esercizi particolari, l’esercizio annuale, i cicli di operazioni Esercizio generale=l’insieme di tutte le operazioni messe in atto durante l’intera vita dell’impresa. L’esercizio generale viene scomposto in esercizi parziali annuali. L’arco temporale scelto per delimitare l’esercizio parziale si chiama il periodo amministrativo. Quello standard è pari a un anno. Come sappiamo tutti i processi economici aziendali sono continuativi, perciò rilevare il reddito d’esercizio significa spezza il fluire continuo della vita aziendale. Le operazioni d’impresa si svolgono secondo cicli temporali di breve, medio e lungo periodo. Sono condizioni produttive pluriennali gli impianti che un’impresa acquista in un certo periodo amministrativo e che produrranno la loro utilità per un certo numero di esercizi annuali successivi. Al termine di ogni periodo amministrativo tutte le imprese si trovano con produzioni in corso che rappresentano una parte del valore della produzione realizzata nell’anno dall’impresa ma che non appaiono ancora tra i ricavi di vendite o che non sono state ancora vendute. Si denominano le rimanenze finali. Le rimanenze iniziali entrano come input dall’esercizio precedente nell’esercizio attuale. Il principio di competenza Il principio di competenza=è un principio di coerenza logica tra tutti i valori che compongono la tavola del reddito. Nella tavola del reddito devono essere rappresentati: 1. I valori di tutti gli output prodotti dall’esercizio (valori positivi di reddito dell’esercizio) 2. I valori degli input utilizzati per produrre tali risultati (valori negativi di reddito dell’esercizio) Tali valori sono i valori di competenza dell’esercizio. I costi, i ricavi e i componenti positivi e negativi di reddito La tavola di reddito=è la tavola dei componenti positivi e dei componenti negativi di reddito. Il costo di un fattore produttivo è il prezzo pattuito per ottenere la disponibilità dello stesso. Il costo di acquisto di un bene pluriennale è un costo, ma non è un componente negativo del reddito di un singolo esercizio annuale. Quindi si attua il processo di ammortamento e nella tavola del reddito di esercizio entra la quota dell’ammortamento. Ed è un componente negativo di reddito. Ad esempio anche il valore delle rimanenze finali è un componente positivo di reddito, ma non è un ricavo. Per rappresentare il reddito di un esercizio rispettando il principio di competenza, occorre ripartire i costi e i ricavi comuni a due o più esercizi. Il reddito di esercizio, il risultato reddituale, l’utile e la perdita di esercizio Il reddito di esercizio=è l’insieme dei valori dei componenti positivi e negativi di reddito suscitati dagli accadimenti che si sono volti in un certo periodo di tempo e che sono tra loro coerenti secondo il principio di competenza. È l’insieme di tutti i valori della tavola del reddito. Il risultato reddituale= è uno di questi valori (utile o perdita), è calcolato come differenza tra componenti positivi e negativi di reddito. Insomma il risultato reddituale è la rimunerazione di una condizione di produzione. Il capitale di funzionamento Il capitale di funzionamento=è l’insieme dei valori delle attività, delle passività e del capitale netto determinato al termine di ciascun periodo corrispondente all’esercizio. Il capitale di funzionamento è diviso in due parti: capitale di liquidazione e capitale economico. 6.3. Il reddito di esercizio Gli interessi passivi per la disponibilità di capitale di prestito=comporta un costo sotto forma di interessi passivi. Gli interessi passivi sono di regola pagati in via posticipata, perciò potrebbe accadere che un certo importo di interessi passivi venga pagato durante il periodo dell’esercizio n+1 pur essendo dell’esercizio n. Tale importo posticipato si chiama rateo passivo. I componenti negativi di reddito non di competenza dell’esercizio=sono le minusvalenze di immobilizzazioni dismesse e le perdite su crediti degli esercizi precedenti. Es. a pag. 194-195 La rimunerazione del capitale di rischio=è rappresentata dall’utile o dalla perdita di esercizio, il suo importo è determinato dalla differenza tra il totale dei componenti positivi di reddito e il totale dei componenti negativi di reddito. Gli output: I risultati della gestione caratteristica=ricavi di vendita, rimanenze finali, utili e perdite da partecipazioni. I risultati della gestione sono due: 1) i prodotti venduti, cui corrispondono ricavi di vendita e 2) le rimanenze finali di esercizio I risultati della gestione patrimoniale=interessi attivi e fitti attivi. Investono le risorse in eccesso in modo tale da ottenere componenti positivi di reddito addizionale. Consideriamo solo tre forme di gestione patrimoniale=i depositi bancari in forma conto corrente, le concessioni di capitale di prestito mediante i titoli obbligazionari emessi dallo Stato, il conferimento di capitale di rischio ad altre imprese mediante azioni. Risconti passivi=corrispondono alle quote di fitti attivi riscossi nel periodo n, ma di competenza dell’esercizio n+1. 6.4. Il capitale di funzionamento 6.4.1. Le attività, le passività, il capitale netto La tavola del capitale di funzionamento=è uno schema che serve per ordinare • Le condizioni di produzioni appartenenti all’impresa in un certo momento (le attività) • Le obbligazioni nei confronti dei vari soggetti che hanno fornito contributi (le passività) Gli obblighi nei confronti dei conferenti di capitale di rischio sono denominati capitale netto o capitale proprio. Gli altri obblighi sono chiamati capitale di terzi. Il valore totale delle attività è sempre necessariamente pari al valore totale delle passività. Le tipiche attività sono: • Disponibilità monetarie “in cassa” o sotto forma di c/c attivo • Crediti verso clienti • Rimanenze finali • Immobilizzazioni materiali • Immobilizzazioni immateriali • Crediti di prestito • Quote di capitale di rischio di altre imprese • Partecipazioni Le tipiche passività sono: • Debiti verso fornitori • Debiti di finanziamento • Obblighi nei confronti dei prestatori di lavoro per retribuzioni differite (fondo di trattamento di fine rapporto) • Debiti nei confronti dello Stato • Il capitale sociale, rappresentato dai conferimenti dei soci al momento della costituzione • Gli utili 6.4.2. Uno schema generale Le “attività” dell’impresa sono distinte in due grandi classi: 1. Le attività dedicate alla gestione caratteristica 2. Le attività dedicate alla gestione patrimoniale Le attività dedicate alla gestione caratteristica=di natura varia, ne fanno parte le immobilizzazioni materiali e immateriali, così come le rimanenze, ma anche i crediti verso clienti e le partecipazioni. I crediti verso clienti=sono diritti vantati dall’impresa nei confronti dei clienti; diritto a riscuotere una certa quantità di moneta, ad una certa scadenza e secondo certe modalità di pagamento. Le immobilizzazioni materiali=i terreni, i fabbricati, gli impianti, le macchine e le attrezzature la cui vita economica è così lunga che partecipano a più esercizi. Le immobilizzazioni immateriali=brevetti e marchi che un’impresa acquista programmando di fruirne per un certo numero di anni. Come per tutte le altre immobilizzazioni vale la regola di ammortamento. Le rimanenze finali di esercizio=sono le materie prime, i semilavorati e i prodotti finiti esistente al termine dell’esercizio. Sono le produzioni in corso che non hanno terminato il loro ciclo economico con la generazione di un ricavo. Il valore delle rimanenze deve essere determinato come somma dei costi sostenuti più (o meno) la quota di risultato reddituale positivo (o negativo) che con tali produzioni si sta formando. Le partecipazioni=sono le quote di capitale di rischio detenute in altre imprese con l’obiettivo di esercitare qualche forma di controllo sul governo di queste imprese e di realizzare per tale via vantaggi per la nostra impresa. I vantaggi sono quote utili prodotti dalle società partecipate. I motivi degli investimenti in partecipazioni: a) aiutare lo sviluppo di imprese che commercializzano i nostri prodotti o che offrono assistenza tecnica ai nostri clienti. b) finanziare i progetti di ricerca innovativa che potrebbero dare utili per la nostra impresa. c) costituire una joint venture (è un contratto con cui due o più imprese si accordano per collaborare al fine del raggiungimento di un determinato scopo o all’esecuzione di un progetto) I risconti attivi della gestione caratteristica=sono costi e ricavi determinati su base temporale. I casi più rilevanti sono quelli delle immobilizzazioni in locazione, del capitale di prestito e della copertura dei rischi particolari che danno luogo, rispettivamente, a fitti attivi e passivi, premi assicurativi. Tavola 6.6 pag.202 Le attività dedicate alla gestione patrimoniale=sono le risorse non assorbite dalla gestione caratteristica che l’impresa decide di utilizzare per realizzare risultati reddituali addizionali. La cassa e i conti correnti attivi=sono le liquidità di cui l’azienda dispone. Le liquidità sotto forma di conti correnti attivi producono interessi attivi. Le obbligazioni e le azioni=sono due forme più semplici di gestione patrimoniale. Per semplicità si suppone che siano inserite in bilancio al prezzo di acquisto e che gli eventuali utili e perdite siano messi in evidenza solo al momento della loro vendita. I ratei attivi della gestione patrimoniale=si producono quando la gestione patrimoniale si attua mediante investimenti in obbligazioni e in titoli di Stato. Tali investimenti producono interessi attivi da riscuotere in via posticipata. I debiti verso i fornitori di beni privati=sono debiti commerciali, l’importo da inserire in bilancio a fine esercizio è dato dall’ammontare di tutti i debiti e diminuito di tutti i pagamenti effettuati ai fornitori nel periodo stesso. I debiti verso lo Stato=è il debito per le imposte sul reddito che si forma a fine esercizio. I debiti verso i prestatori di lavoro=in ogni momento l’impresa ha un obbligo complessivo nei confronti dei prestatori di lavoro pari all’importo totale che dovrebbe liquidare in quel momento se tutti i portatori di lavoro interrompessero contemporaneamente il loro rapporto con l’impresa. I debiti nei confronti dei conferenti di capitale di rischio=sono composti da: a. Il capitale sociale, l’importo conferito dai soci b. Le parti di utili maturati fino all’esercizio n-1 e non ancora distribuite c. L’utile dell’esercizio n tentativi ed esperienze peculiari per ogni singola azienda. Una buona parte del patrimonio tecnologico è formata da conoscenze e competenze delle singole persone e di gruppi di persone. Il capitale di funzionamento è una rappresentazione del patrimonio sotto forma di valori economici (i valori della cassa, dei crediti, dei debiti, degli impianti ecc.); è una rappresentazione di grande rilevanza, ma comunque parziale. È parziale perché: • I prestatori di lavoro non fanno parte del patrimonio • Molte condizioni immateriali prodotte all’interno dell’azienda non trovano diretta rappresentazione nella tavola del capitale di funzionamento 14.2. Le scelte di formazione e di valorizzazione del patrimonio Le scelte che producono effetti sul patrimonio dell’impresa: 1. Le scelte di integrazione verticale ed estensione orizzontale e interfunzionale 2. Le scelte di dimensionamento delle capacità produttive 3. Le scelte di fusione e di acquisizione di altre imprese 4. Le scelte relative alla formazione di aggregati interaziendali 5. Le scelte di localizzazione 6. Le scelte di gestione dell’organismo personale e di progettazione degli assetti istituzionali 1. Quando sono scelte di maggior estensione=alcune condizioni patrimoniali già disponibili trovano nuove occasioni di impiego nelle nuove combinazioni economiche. Quando sono scelte di riduzione dell’estensione=alcuni insiemi di condizioni patrimonio escono dal dominio dell’impresa. 2. A parità di estensione=comportano l’aggiunta o la sostituzione di stabilimenti, magazzini, laboratori ecc. 3. Sono modalità di crescita orizzontale, verticale, interfunzionale e dimensionale. Portano anche all’unione due o più patrimoni di risorse immateriali. È difficile integrare tutte le condizioni patrimoniali. 4. Le imprese fanno parte di aggregati interaziendali (gruppi di imprese, reti in franchising ecc.) godono dei patrimoni di tutte le entità che compongono l’aggregato. L’impresa ha solo un accesso regolamentato e privilegiato alle risorse. 5. Adottando una visione ampia del patrimonio, ovvero includendo le condizioni di ambiente. Si apre l’accesso a patrimoni ambientali ricchi, che possono dare luogo ad economie esterne. Questi aspetti sono particolarmente rilevanti: a) l’inserimento nelle economie locali; b) l’appartenenza a Paesi con sistemi giuridici e finanziari e il connesso patrimonio istituzionale; c) la localizzazione in aree geografiche alle quali si associano le idee dei prodotti (“made in Italy”). 6. Influenzano la formazione del patrimonio di condizioni immateriali, in particolare le conoscenze e le capacità individuali dei prestatori di lavoro. Le scelte di struttura del capitale proprio e di terzi=determinano le dimensioni del capitale proprio e del capitale di prestito. Definiscono anche il quadro complessivo dei debiti e dei crediti di regolamento e di prestito e del capitale netto. 15.2. L’organismo personale: le variabili individuali e sociali 15.2.1. Un insieme di persone unitario, dinamico e flessibile L’organismo personale=è l’insieme unitario delle persone che, con il proprio lavoro, partecipano allo svolgimento dell’attività aziendale. È un complesso dinamico. In relazione al variare delle combinazioni economiche e degli assetti organizzativo e tecnico variano le dimensioni e la composizione dell’organismo personale complessivo e delle sue parti. La configurazione dell’organismo personale di un’impresa si qualifica in due aspetti: • Le variabili individuali=le caratteristiche delle singole persone che compongono l’organismo personale • Le variabili sociali=le caratteristiche dei gruppi e degli aggregati di persone 15.2.2. Le variabili individuali L’organismo personale di un’azienda è qualificato dalle caratteristiche delle persone che lo compongono. L’analisi e l’interpretazione degli accadimenti aziendali richiedono la considerazione di tante variabili individuali, ossia di caratteristiche delle persone che prestano lavoro, le persone devono essere osservate nella complementarietà e unitarietà. Le variabili individuali più importanti: • Le competenze professionali=sono composte da: le conoscenze e le capacità tecnico-specialistiche (di ricerca, di vendita ecc.); le conoscenze e le capacità di gestione delle relazioni interpersonali (comunicazione, influenza, comando, ecc.) • I valori=convinzioni e credenze in merito all’attività economica e alle sue modalità di svolgimento: il lavoro, la distribuzione gerarchica dell’autorità, l’efficienza e il cambiamento. • I bisogni=percezioni di carenza di date condizioni, i bisogni possono essere soddisfatti direttamente o indirettamente dalla partecipazione all’azienda nella qualità di prestatori di lavoro. 15.2.3. Le variabili sociali: i gruppi, la coesione e il conflitto, la cultura L’organismo personale di ogni azienda è sempre caratterizzato non solo dalle variabili individuali ma anche da quelli sociali. Le variabili sociali=l’intensità e la qualità delle relazioni interpersonali che connettono le persone in gruppi e in aggregati di vario livello. Le variabili sociali più importanti: 1. La coerenza tra gruppi sociali e gruppi formali, la coesione interna ai gruppi e la cooperazione, o il conflitto tra gruppi 2. La cultura aziendale e la cultura organizzativa 1. I gruppi sociali che si formano all’interno di un’azienda non coincidono mai con i gruppi formali corrispondenti ai vari organi aziendali. I membri di un gruppo formale sono sempre connessi da relazioni sociali oltre he da relazioni organizzative, se queste relazioni sono positive allora il gruppo è coeso e da ciò deriva un elevato livello di cooperazione prezioso per l’efficienza aziendale. Però spesso con la coesione dei gruppi formali si nascono rapporti di tensione o di conflitto con negativi impatti sull’efficienza aziendale. Per realizzare buoni livelli di coesione servono: che operino persone con valori simili o almeno compatibili; ciascun gruppo formale deve essere guidato da un capo con buone doti di leadership e non devono esserci più di uno; progettare un sistema di incentivi (retribuzioni, ecc.) che premi anche le prestazioni collettive. 2. La cultura è definibile come l’insieme di idee, di valori, di credenze e di convinzioni condivisi da un insieme di persone. Le idee e i valori condivisi dall’insieme delle persone dell’azienda A in merito all’azienda stessa costituisce la cultura aziendale. La cultura aziendale è causa ed effetto delle scelte aziendali di fondo, è l’insieme di idee fondamentali che un insieme di persone ha sviluppato imparando a governare la dinamica d’azienda e di ambiente. L’azienda cerca di trasmettere a tutti i nuovi membri i modi di percepire, pensare e sentire la vita aziendale. La cultura è sempre il prodotto ed un carattere distintivo di un gruppo sociale. La cultura organizzativa si definisce come l’insieme di idee (di valori, di convinzioni, di credenze) che hanno per oggetto gli aspetti del sistema organizzativo: a) il rapporto persona-azienda; b) la struttura organizzativa, in particolare la distribuzione gerarchica dell’autorità; c) la dinamica aziendale. Tre tipi di cultura organizzativa corrispondono a tre modi distinti di intendere il sistema organizzativa: • Sistema naturale=il lavoro è interpretato come dovere individuale, la dinamica organizzativa è frutto del progresso, il progresso è indotto dall’applicazione e dallo sviluppo delle competenze e delle ispirazioni individuali. • Sistema tecnico=il lavoro è inteso come fatto strumentale per l’ottenimento di ricompense, il progresso e il cambiamento organizzativo sono condizioni di efficienza e di competitività. • Sistema politico=il lavoro è interpretato come contributo variabile in funzione del potere esercitato e del potere subito 3. L’equilibrio strutturale=cioè l’equilibrio tra natura e le fonti VS l’equilibrio tra natura e gli investimenti. Si misura grazie al capitale circolante. Cap.18 Un modello di sintesi: le determinanti dei risultati reddituali e patrimoniali. 18.1. Le determinanti del reddito e del capitale investito ROGC (il reddito operativo della gestione caratteristica) =è composto dagli elementi che sono: • Il livello di capacità produttiva • Il grado di estensione orizzontale • Le economie di transazione • La struttura dei costi • I volumi realizzati in un dato periodo • I prezzi unitari di vendita • I livelli di domanda ad essi collegati Sul ROGC influiscono anche le scelte aziendali. Le scelte aziendali determinano anche il CI (capitale investito) RN (il reddito netto) è formato da: • ll livello di indebitamento • La presenza di una gestione patrimoniale e l’imposizione fiscale • ROGC 18.2. L’analisi del reddito secondo lo schema del conto economico scalare Tavola 18 a pag.575 Nelle imprese multi-Asa (area strategica d’affari) i costi fissi, siano essi di struttura o di sviluppo, possono essere distinti in: • Costi fissi specifici di ciascuna Asa (condizioni di produzione impiegate in modo esclusivo da una data Asa) • Costi fissi comuni alle varie Asa (condizioni di produzione impiegate da più Asa) Una piccola variazione nei costi o nei ricavi può indurre variazioni consistenti nel reddito operativo. Le sinergie dei diversi prodotti e delle diverse Asa=in un supermercato, ad esempio possono essere venduti prodotti che presentano margini bassissimi o negativi. Tali prodotti, tuttavia, potrebbero fungere da civetta e attrare i consumatori nel punto vendita favorendo la vendita dei prodotti con margini più elevati 18.3. Lo schema delle determinanti del reddito operativo: le catene di relazioni causa-effetto Lo schema delle determinanti del reddito operativo evidenzia le leve principali che muovono i costi e ricavi che formano il reddito operativo. 18.3.1. Lo schema delle determinanti del reddito operativo nelle imprese mono-Asa Tale schema viene costruito partendo dal reddito operativo e ricostruendo le relazioni di causa-effetto che hanno portato a tale risultato. La tavola 18.6 a pag. 581 Lo schema delle determinanti del reddito operativo dovrebbe evidenziare i fattori che più hanno inciso sul risultato. ROI=return on investment, indice di redditività del capitale investito oppure semplicemente ritorno sugli investimenti. Il risultato operativo caratteristico/il capitale investito. ROS=return on sales, indice della redditività delle vendite, in altre parole ci dice qual è il ricavo netto conseguito per ogni euro di fatturato. Si misura in percentuale. Il risultato operativo caratteristico/vendite nette del periodo (cioè i ricavi). 18.4. Dal reddito operativo della gestione caratteristica al reddito netto Componenti di reddito di gestione patrimoniale: • I ricavi di gestione patrimoniale e i costi; L’ammontare di queste componenti dipende dalle scelte di investimento (in titoli, in azioni e così via). Dipendono dalla gestione tipica che genera le liquidità eccedenti. Componenti di reddito di gestione finanziaria: • Oneri finanziari, che scaturiscono dall’indebitamento oneroso dell’azienda Anche qui l’ammontare dipende dalle scelte finanziarie compiute (indebitamento a breve-lungo termine, modalità di finanziamento e così via) dall’azienda. Anche gli oneri finanziari dipendono dalla gestione tipica. (es. ampliamento della capacità produttiva). In genere, le aziende la cui gestione tipica implica un eccesso di liquidità presentano→gestione patrimoniale. Mentre quelle la cui gestione tipica genera fabbisogno finanziario→gestione finanziaria. Componenti di reddito di gestione fiscale: • Le imposte sul reddito e altre tasse Anche l’ammontare di queste dipende dalle scelte dell’azienda (es. zone con benefici fiscali). Capitolo 7. L’analisi dell’economicità e il capitale economico 7.2. Redditività, solidità e liquidità nella mutevole dinamica aziendale. I quozienti di bilancio I quozienti sintetizzano e quantificano i fenomeni d’azienda complessi. Innanzitutto bisogna scegliere quell’insieme di quozienti che riesca a coprire le possibili aree di indagine, mettendo in luce le principali correlazioni dei fenomeni di azienda. Tre fenomeni: • La redditività • La solidità patrimoniale, capacità di far fronte agli impegni nel medio e lungo periodo. • La liquidità, capacità di far fronte, momento per momento, ai pagamenti In secondo luogo bisogna scegliere i termini di riferimento, interni o esterni, per favorire il procedimento di analisi reddituale e finanziaria. La redditività del capitale proprio La redditività=è un concetto relativo in quanto si ottiene grazie ad una configurazione di reddito ad un’altra grandezza a questa. In questo modo si possono effettuare confronti tra imprese diverse e confronti storici nell’ambito della stessa azienda di produzione. ROE=return on equity, reddito netto/capitale netto=RN/CN. È la redditività del capitale proprio. Viene anche chiamato saggio del reddito. Misura l’incremento potenziale di capitale netto nel periodo, cioè prima di distribuire il reddito agli aventi diritto. Il capitale netto è il costo figurativo che deve essere calcolato tenendo conto dei differenti gradi di rischio e di liquidità versate da parte dei portatori di capitale-risparmio. I fattori determinanti del ROE: • Redditività della gestione operativa, il rendimento degli investimenti nelle attività produttrici di reddito. È un’altra misura di redditività che considera una configurazione “lorda” di reddito rapportata all’attivo netto. La redditività dei mezzi propri risente in primo luogo della redditività operativa. Tale redditività viene chiamata ROA. ROA=reddito operativo/attivo netto=RO/AN Il ROA è un fattore determinante del ROE, si può calcolare ROE con la seguente uguaglianza: ROE=RO/AN X AN/CN X RN/RO AN/CN=è la relazione tra il capitale investito e i mezzi propri e quindi indirettamente esprime il peso del capitale di terzi (CT). AN=CT+CN e quindi AN/CN=CT/CN+CN/CN=CT/CN+1→questo è uno dei modi per indicare il rapporto di indebitamento (RI): RI=AN/CN=CT/CN+1→è un rapporto che serve per valutare la solidità patrimoniale dell’impresa, cioè la sua capacità di far fronte agli impegni verso terzi. Se è uguale a 1→effetto nullo; Se è maggiore di 1→effetto moltiplicativo. Leverage=effetto amplificativo generato dall’impresa che si avvale di capitale di terzi • TI=RN/RO; è il tasso di incidenza del reddito netto sul reddito operativo. 5. Un quoziente di liquidità (QL) e un quoziente di disponibilità (QD) pari a 1 e a 2 rispettivamente 6. Il capitale netto dovrebbe coprire interamente le immobilizzazioni tecniche nette; l’indice di copertura delle immobilizzazioni CN/immobilizzazioni deve essere >1 7. L’insieme delle immobilizzazioni deve essere coperto dall’insieme del capitale netto e delle passività di medio e lungo termine CAPITOLO 9. 9.2. L’ambiente economico 9.2.1. L’ambiente economico e non economico; i confini dell’ambiente Ambiente di un istituto=è l’insieme di condizioni e di fenomeni esterni all’istituto e che ne influenzano significativamente la struttura e la dinamica. Tali fenomeni vincolano, stimolano e indirizzano le scelte dell’istituto. L’ordine economico dell’ambiente=l’ambiente economico L’ambiente economico d’azienda=si compone di fenomeni e di condizioni quali: • I mercati, insiemi omogenei di negoziazioni di beni privati, di rischi particolari e di credito di prestito • Le struttura di domanda e di offerta di lavoro, di capitale proprio, di beni pubblici; • I settori, insiemi di aziende con combinazioni economiche simili ed operanti negli stessi mercati e nelle stesse strutture di domanda e di offerta • Le politiche economiche, monetarie e finanziarie. L’ambiente non economico=comprende fenomeni e condizioni quali: • Il sistema dei valori (la cultura), caratterizzanti la collettività sociale in cui l’azienda opera. • La normativa giuridica • La dinamica delle scienze, delle tecnologie, delle tecniche • Le infrastrutture • La configurazione fisica e climatica del territorio La distinzione tra l’azienda e l’ambiente ci dà la possibilità di tracciare un confine. Il confine=non è definibile univocamente, ma ci esistono due criteri complementari: 1. Assumere come confine gli elementi della struttura aziendale che la normativa vigente indica come campo d’azione degli organi di governo economico della singola azienda. 2. Assumere come confini dell’azienda i limiti ai quali di fatto si estende l’influenza degli organi di governo economico →I confini dell’azienda sono modificabili, devono essere governati e la loro estensione è oggetto delle scelte degli organi di governo economico. Esistono i casi in cui può manifestarsi l’esigenza di scomporre l’ambiente aziendale in più sottoambienti. Es: le aziende di produzione e le aziende composte pubbliche. Si studia anche l’ambiente del settore. E anche l’ambiente di popolazioni di aziende, ossia di insiemi di aziende simili per caratteri generali quali le dimensioni, il grado di estensione orizzontale o verticale. 9.2.2. I mercati Mercato=è un complesso dinamico di negoziazioni che hanno per oggetto una certa classe di beni e che si manifestano con continuità, con caratteri omogenei e con elevata interazione reciproca. Si compongono in mercati: • Le negoziazioni di scambio (ossia di beni privati, di credito di prestito, di assicurazione) • Le negoziazioni relative al capitale proprio e al lavoro si compongono in strutture di domanda e di offerta e solo in parte vengono assimilati ai mercati. Si ha un mercato quando molte negoziazioni con oggetto simile sono attuate continuamente e con elevata frequenza da un certo insieme di aziende, ciascuna negoziazione si svolge così secondo condizioni molto simili a quelle che caratterizzano le altre negoziazioni dello stesso mercato. Negoziazione fuori mercato=è un caso unico di negoziazione alla quale non si possono applicare condizioni omogenee e correnti di mercato. Uno stesso bene, in un dato periodo di tempo è negoziato in più mercati distinti. La distinzione più evidente di mercati è per aree economiche-geografiche, vari mercati regionali o nazionali. I mercati sono complessi dinamici; variano nel tempo i loro caratteri distintivi (le qualità dei beni negoziati. I prezzi, le condizioni di pagamento, ecc.); variano i loro confini; variano anche le condizioni stesse di esistenza dei mercati. Le negoziazioni che formano i mercati sono tipicamente negoziazioni tra aziende; la struttura e la dinamica di tali negoziazioni sono principalmente spiegate dalla struttura e dalla dinamica delle combinazioni economiche delle aziende. Le analisi di mercati=sono la domanda e l’offerta. Attraverso queste analisi si tende a spiegare l’origine, la dinamica ed il vario grado di differenziazione delle condizioni tipiche delle negoziazioni che compongono il mercato: i prezzi unitari, i volumi parziali e complessivi negoziati e così via. Però esistono anche i limiti delle analisi che pretendono di spiegare i caratteri dei mercati SOLO in funzione dei prezzi o del grado di concentrazione della domanda e dell’offerta. La domanda può presentare le seguenti variabili: • Il prezzo di mercato di quel bene • I livelli di disponibilità monetarie • Le decisioni in oggetto influenzate dalla pubblicità, le relazioni con i fornitori e così via L’offerta può essere influenzata da seguenti variabili: • Prezzi di mercato • Relazione tra capacità produttiva e volumi di produzione previsti • Livelli di efficienza • Progresso tecnologico rispetto ad altre aziende 9.2.3. I settori Settore=è un insieme omogeneo di aziende (con riferimento alle aziende di produzione) legate da relazioni di interdipendenza. Esistono tre tipi di analisi economica del settore: 1. Interventi di politica economica (economia industriale o politica industriale). Il settore è l’insieme di aziende di produzione che, in un dato Paese, producono e vendono una certa categoria di beni. L’analisi riguarda la struttura del settore. Le analisi di economia industriale portano a formulare interventi di politica economica tendenti a ridurre le concentrazioni monopolistiche, a favorire certe forme di concentrazione, a proteggere o a rafforzare un certo settore nel contesto internazionale. 2. Interdipendenze settoriali in termini di flussi di condizioni di produzione e di consumo e di mezzi monetari (tipiche della politica economica). Il sistema economico è strutturato in modo da evidenziare i flussi di entrate e di uscite di ciascun settore rispetto agli altri. I settori sono insiemi di aziende uniformi dal punto di vista degli input e degli output che le caratterizzano, l’analisi si estende alla generalità di aziende. L’attenzione dell’analisi è volta alle relazioni tra settori. 3. Studio del contesto competitivo (economia industriale). Il settore è definito come insieme di aziende di produzione concorrenti in uno steso mercato e l’attenzione si concentra sul comportamento competitivo di aziende. Ci si domanda quali stimoli e quali vincoli, derivanti dalla struttura del settore, condizionino il comportamento delle aziende e, di conseguenza, quali risultati (redditività, sviluppo) si possano conseguire nel settore dato. Ci si pone sul piano delle politiche e delle strategie aziendali. È il classico modello struttura-comportamenti-risultati Struttura-comportamenti-risultati=i settori di aziende concorrenti sono insiemi di aziende di produzione che producono beni equivalenti con riguardo alla funzione d’uso e indirizzano la loro offerta a comuni insiemi di aziende clienti. Si analizza la struttura del settore secondo tre variabili: • Il grado di concentrazione. Elevato. Se il piccolo numero di aziende copre una quota molto elevata dell’offerta. Basso: se le numerose aziende presenti esprimono una piccola quota dell’offerta. • La struttura dei costi. Due aspetti: 1) la curva dei costi unitari di produzione in funzione dei volumi di produzione. 2) l’andamento nel tempo dei costi unitari di produzione in funzione dei processi di apprendimento. • Il livello delle barriere all’entrata. Il livello degli ostacoli che un’azienda deve superare prima di operare in un settore. I settori si possono configurare secondo alcune forme strutturali tipiche; ciascuna forma struttura suggerisce determinati comportamenti d’azienda e tali comportamenti rendono possibili dati livelli di redditività. Quindi i livelli di redditività sono essenzialmente spiegati dalla struttura del settore. Esempi tipici di correlazioni struttura-comportamento-risultati sono: f. Le politiche pubbliche: di regolamentazione e di controllo nei casi in cui, ad esempio, si richiedano licenze o speciali autorizzazioni per svolgere determinate attività economiche. g. I rischi di ritorsioni da parte dei concorrenti del settore: ad esempio riduzioni di prezzo, investimenti pubblicitari e promozionali e così via. • Le minacce di sostituzione: anche i produttori di beni sostitutivi pongono limiti alla redditività del settore, poiché la presenza di tali beni implica una maggior sensibilità della domanda al prezzo. • Cooperazione tra i concorrenti e le relazioni di cooperazione tra i fornitori e i clienti. →Quanto maggiore è l’intensità delle pressioni, tanto più difficile è il conseguimento di buon livelli di redditività, poiché i vari attori possono esercitare tali pressione sia sui prezzi sia sui costi. Filiera=sono le imprese variamente specializzate nelle fasi componenti il processo di produzione di un bene dalla materia prima al prodotto finito. 9.3.2. Le dinamiche del sistema competitivo I cambiamenti che possono avvenire in sistema competitivo sono molteplici: a. Dinamiche congiunturali: mutamenti reversibili nel breve periodo, come le variazioni nei prezzi dei prodotti soggetti a fluttuazioni (oscillamenti che dipendono da forze esterne) nei tassi di cambio sui mercati. b. Dinamiche strutturali interne ad un sistema competitivo: cambiamenti di natura permanente, tali da poter modificare le combinazioni economiche. c. Dinamiche di ricomposizione di più sistemi competitivi: si assiste in questo caso alla nascita di nuovi sistemi competitivi. Le dinamiche strutturali interne si possono analizzare attraverso le seguenti variabili: • Il ciclo di vita: rappresenta l’evoluzione delle vendite di un prodotto o di un settore nel tempo. Sono riconoscibili alcune fasi tipiche: introduzione, sviluppo, maturità e declino. Non si presentano necessariamente in questo ordine. • Concentrazione e frammentazione: possono interessare ciascuna delle classi di soggetti componenti il sistema economico. Concentrazione si riferisce al caso quando più imprese concorrenti si uniscono, mentre la frammentazione rappresenta il fenomeno opposto. • Internalizzazione: le imprese possono integrarsi verticalmente, ossia svolgere a proprio interno fasi del processo di produzione economica precedentemente effettuate da fornitori o da clienti. Fornitori e clienti possono diventare così anche concorrenti di queste imprese. Le imprese possono anche ridurre l’estensione verticale mediante esternalizzazione di attività. • Internazionalizzazione: aumenta con l’espansione del raggio d’azione geografico delle imprese. In un sistema competitivo a raggio nazionale possono fare ingresso nuovi concorrenti provenienti da altri contesti nazionali. • Sostituzione: di un bene da parte di un altro può ridurre lo spazio operativo dei concorrenti fino a causare il declina del sistema competitivo. • Ricomposizione: hanno origine da innovazioni tecnologiche, da nuove applicazioni di tecnologie esistenti o dall’integrazione di competenze di imprese appartenenti ai sistemi competitivi differenti. Cap.10 10.3. Il sistema prodotto e il vantaggio competitivo 10.3.1. Le variabili componenti il sistema di prodotto Gli elementi che configurano il sistema prodotto: 1. Le caratteristiche materiali: si suddividono in attributi fisici, tecnico-funzionali ed estetici. Quelli fisici sono immediatamente percepibili, da un punto di vista sensoriale e statico: la forma, le dimensioni, il peso e così via. Gli attributi tecnico- funzionali sono le proprietà tecnologiche e di lavorazione che consentono al prodotto di svolgere determinate funzioni d’uso. Gli attributi estetici sono stile o design, gamma di colori o di confezioni. La loro misurazione è soggettiva. Le caratteristiche materiali non riguardano un unico bene. Spesso le aziende approntano una gamma, ossia un determinato assortimento tra cui il cliente sceglie a seconda delle sue esigenze specifiche. La gamma costituisce un sistema di prodotto multiplo, cioè destinato a segmenti di clienti specifici. 2. I servizi collegati ai beni offerti: si distinguono in servizi pre- e postvendita. Le prime riguardano le informazioni di supporto alla scelta, alla possibilità di richieste personalizzate ecc. I servizi post-vendita comprendono invece la consegna, l’installazione, l’assistenza in caso dei guasti ecc. 3. Le caratteristiche immateriali: dei beni offerti comprendono l’immagine e la reputazione di un sistema di prodotto. Immagine e reputazione possono comunicare messaggi fortemente legati allo stile (prestigio, bellezza, cultura dinamismo), es. i prodotti per la persona. Ma essi possono anche evocare messaggi di affidabilità e livello tecnologico dei prodotti, è il caso dei beni industriali. Un altro elemento immateriale a cui possono dare origine è la marca. 4. Il prezzo e le alte condizioni contrattuali: sconti, modalità e tempi di pagamento, modalità e tempi di consegna, assicurazioni ecc. Le aziende devono definire condizioni diverse per i clienti diretti e i clienti finali. 10.3.2. Il vantaggio competitivo: la differenziazione e il costo Il sistema di prodotto deve presentare un vantaggio competitivo che lo renda preferibile ad analoghe offerte dei concorrenti. Vantaggio competitivo=è l’insieme di elementi che distinguono il sistema di prodotto di una determinata azienda da quello dei concorrenti. Esistono due tipi di vantaggio competitivo: il vantaggio di differenziazione e il vantaggio di costo. Vantaggio di differenziazione=consiste nell’offerta di un sistema di prodotto diverso da quello della concorrenza o migliore in uno o più aspetti. Si ha un vantaggio, ad esempio, quando il sistema di prodotto possiede caratteristiche che i sistemi concorrenti non hanno o quando è unico e non esistono i competitori. Il vantaggio si può definire realizzato quando si traduce in un premio di prezzo, che deve mantenersi superiore ai costi. p.344 i modi in cui il vantaggio di differenziazione può manifestarsi. Vantaggio di costo=grazie ad un livello di costi di produzione inferiore, il sistema di prodotto di un’azienda è ottenuto con costi unitari bassi e quindi permette di offrire un bene ai costi inferiori rispetto ai concorrenti. Es. le compagnie low cost. Le aziende possono indirizzare il proprio sistema di prodotto a mercati di varia dimensione. Alcune aziende scelgono di operare su segmenti di mercato ristretti: di clienti specifici e attraverso canali specializzati (es. bene di lusso). Altre scelgono i segmenti di mercato ampi: caratterizzati da numerosi gruppi di clienti e da canali non specialistici. Es: fast food. I tipi base di strategie competitive: • Le strategie di leadership di costo: dove il leader domina un mercato ampio con i costi e quindi i prezzi, più bassi di tutta la concorrenza. Offre un sistema di prodotto singolo. • Le strategie di differenziazione: perseguite da più aziende operanti in uno stesso mercato di grandi dimensioni, ciascuna con un sistema di prodotto caratterizzato da elementi di originalità suoi propri. • Le strategie di focalizzazione orientate ai bassi costi o alla differenziazione: le aziende che perseguono tali strategie dominano mercati di dimensioni ridotte, di cui spesso i competitori con un raggio d’azione ampio non riescono a soddisfare pienamente i bisogni. 11.2. Le scelte di dimensionamento della capacità produttiva: le economie di scala o di dimensione 11.2.1. La capacità produttiva Esistono settori (es. settore chimico, farmaceutico, bancario) nei quali le imprese sono tutte di grandi dimensioni. Per alcune attività la dimensione dell’azienda sembra essere determinante per poter operare economicamente in quel particolare settore. CP=indica la capacità produttiva, ovvero il numero massimo di unità di output producibili in un certo intervallo di tempo. Tale concetto si applica a tutte le attività che si svolgono nelle aziende (attività produttive, commerciali, amministrative e così via). La produzione effettiva molto spesso può essere inferiore alla CP massima dell’impianto. Per misurare quanto la produzione effettiva utilizzi la potenzialità produttiva teorica esiste una relazione: produzione effettiva/CP X 100=grado di utilizzo della CP Sono numerose le attività aziendali coinvolte nella realizzazione di un certo prodotto commercializzato da un’azienda ed ognuna di esse produce un proprio output ed ha una propria CP. Chi gestisce l’azienda deve saper coordinare e bilanciare le diverse capacità produttive delle attività affinché la capacità complessiva dell’azienda sia la sintesi più conveniente delle diverse capacità produttive. Se esiste un’unità aziendale (o un’attività) che ha una CP inferiore alle altre unità, la CP complessiva risente della CP più bassa. ES: il collo di bottiglia può essere frutto di errori di q=quantità cumulata ad oggi n=quantità cumulata alla data precedente b=costante che esprime la velocità di apprendimento di ciascun caso specifico L’inclinazione della curva dipende dalla velocità di apprendimento: velocità di apprendimento=C2x/Cx X 100 I grandi risparmi per effetto dell’esperienza si ottengono sui primi lotti di produzione; poi sempre più grande diventa la quantità necessaria per il raddoppio e sempre più ridotta la base per il calcolo del risparmio percentuale. Sono oggetto di risparmio, oltre ai costi di produzione, anche i costi amministrativi, di vendita, di marketing, ecc. 11.3.2. Le fonti delle economie di apprendimento Le fonti sono le seguenti: • Crescente abilità nello svolgimento delle attività. La forma più evidente di esperienza è la capacità delle persone di imparare ad adottare nuovi e migliori modi di lavorare che consentono di svolgere meglio e più velocemente le attività loro assegnate. • Migliore selezione delle risorse produttive. Si impara a selezionare le materie prime o i componenti che consentono una migliore qualità nel prodotto. La migliore capacità di selezionare le risorse produttive ha effetto anche nell’organizzazione dell’attività e nella predisposizione delle attrezzature necessarie. • Coordinamento più efficiente. Con l’esperienza, gli individui imparano a conoscersi e a lavorare in gruppo. Questi processi di apprendimento collettivo sono lenti e complessi, ma sono la base dell’efficienza, della flessibilità e della competitività di molte imprese. • Più elevata programmabilità dell’attività. L’esperienza accresce la prevedibilità degli accadimenti e la capacità di dare risposte rapide ed efficaci, è così possibile programmare meglio attività. La maggiore capacità di programmare e di coordinare le risorse determina un migliore sfruttamento della CP installata e una riduzione della differenza tra la CP teorica e la CP raggiungibile. • Semplificazioni dei prodotti e dei processi. Quando cresce l’esperienza si riesce anche a capire se esiste la possibilità di semplificare i processi e i prodotti in modo tale da ottenere costi più bassi e prodotti migliori. La conoscenza dei risparmi di costi ottenibili per effetto dell’esperienza è utile per: • Comprendere quale potrebbe essere l’andamento dei costi dell’azienda nel lungo periodo • Decidere le politiche di prezzo a lungo termine • Comprendere i vantaggi di costo ottenibili rispetto ai concorrenti • Assumere decisioni sulla divisione del lavoro all’interno dell’azienda 11.4. Le strategie di replicazione Economie di replicazione=si ispirano all’obiettivo di sfruttare competenze e routine presenti nel patrimonio aziendale applicandole ad un grande numero di combinazioni economiche parziali tra loro uniformi. Es. i settori della ristorazione e dei servizi alberghieri. Una formula di assetto proprietario e organizzativo spesso adottata per sfruttare le economie di replicazione è quella delle reti in franchising. 11.5. Le scelte di struttura dei costi 11.5.1 I volumi prodotti e l’economicità I fattori che determinano il risultato economico conseguito dalle imprese: • Gli elementi strutturali. Fattori come la CP, l’esperienza, la specializzazione, la modularizzazione, l’estensione verticale e orizzontale sono definiti determinanti strutturali dei costi in quanto il loro configurarsi determina la struttura e le modalità di funzionamento dell’azienda. Tali carattere rappresentano le determinanti prime del livello di EDS, di scopo e di esperienza che un’impresa può conseguire. Se si vuole intervenire sulle economie di tipo strutturale occorre apportare variazioni alla struttura aziendale. Maggiori EDS, possono essere conseguite aumentando la CP dell’impianto di produzione o acquistando un mezzo di trasporto più capiente. Il conseguimento di economie di esperienza implica modifiche continue nel modo in cui l’azienda opera: si mettono i sistemi di produzione più efficienti, si semplifica la configurazione del prodotto a parità di prestazioni. L’ottenimento di maggiori economie di scopo implica la necessità di allargare la gamma di prodotti e servizi offerti. Definita una certa struttura dell’impresa e i corrispondenti livelli di economie strutturali perseguibili, i ricavi totali, i costi totali e i risultati reddituali saranno legati a: 1. I prezzi ricavo e i prezzi costo, che l’azienda è riuscita a spuntare sui mercati di sbocco e di approvvigionamento 2. Volumi effettivamente prodotti e venduti • Il livello di prezzi. Livello dei prezzi di vendita è legato a fattori interni, quali la politica dei prezzi decisa dall’impresa, la forza del marchio e la possibilità di ottenere un premium price (il prezzo di vendita più elevato rispetto al prezzo medio praticato dalla concorrenza). I prezzi costo sono influenzati dalla situazione competitiva dei settori di approvvigionamento dell’impresa (fattori esterni) ma anche dai volumi acquistati, dal potere contrattuale e dalla politica di approvvigionamento dell’impresa (fattori interni). • I volumi. L’effettivo ammontare dei costi che l’impresa dovrà sostenere sarà infatti legato ai volumi effettivamente prodotti. I volumi influenzano sia l’ammontare dei costi totali, sia i costi unitari effettivi dei beni prodotti, in quanto al variare dei volumi varierà la quota dei costi fissi da imputare alle singole unità prodotte. 11.5.2. L’analisi costi-volumi-risultati Quest’analisi consente di illustrare le relazioni che esistono fra i volumi di beni effettivamente prodotti e venduti da un’impresa e i risultati operativi da questa conseguiti. →Alcuni costi diminuiscono in misura proporzionale ai volumi, altri rimangono i variati. Es. i salari e gli stipendi, il costo dell’affitto Svolgere un’analisi costi-volumi-risultati significa: 1. Analizzare il variare del risultato economico al variare dei volumi di vendita e identificare il punto di pareggio (l’ammontare di vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali), dato un certo livello di prezzi di vendita, di costi fissi e di costi variabili unitari. 2. Confrontare diverse configurazioni dei prezzi e dei costi al fine di identificare la soluzione migliore in termini di risultato economico atteso. 3. Confrontare diverse ipotesi di internalizzazione/esternalizzazione al fine di identificare la soluzione migliore in termini di grado di integrazione verticale e di estensione delle combinazioni economiche. L’analisi costi-volumi-ricavi consente di rispondere a domande del tipo: • Qual è la relazione fra volumi venduti e risultato economico? • Se aumentano i volumi di vendita quale sarà l’effetto sul risultato reddituale? • Qual è il volume (o il fatturato) minimo che occorre vendere per coprire tutti i costi? • Che effetto hanno sulla struttura di costo, sul risultato reddituale e sul punto di pareggio le decisioni di internalizzazione/esternalizzazione? 11.5.3. I costi fissi e i costi variabili I costi variabili=si definiscono variabili, tutti i costi direttamente correlati al volume di produzione e di vendita. Rientrano in questa categoria dei costi: le provvigioni di vendita, i consumi di materie prima, le lavorazioni esterne, anche la manodopera (nel caso possa essere facilmente dismessa) I costi fissi=si definiscono fissi, tutti i costi che non risultano direttamente correlati ai volumi di produzione e di vendita. Ad esempio la manodopera indiretta, la manodopera diretta (se non facilmente aumentabile, riducibile o riallocabile), gli affitti, le quote di ammortamento, la pubblicità, le consulenze legali e amministrative, le manutenzioni. Nella realtà anche i costi fissi tendono ad aumentare di fronte ad aumenti consistenti dei volumi, ovvero in corrispondenza di aumenti nei volumi che richiedono aumenti nella CP. Es. Se le consumazioni di Pizza Planet dovessero arrivare a 60,000 in un anno potrebbe rendersi necessario assumere un altro cameriere. →Mentre i costi variabili tendono a variare in modo simmetrico, i costi fissi spesso presentano comportamenti diversi a seconda che i volumi stiano aumentando o diminuendo. • Le scelte di estensione interfunzionale • Le scelte di estensione delle combinazioni economiche • Le scelte di estensione orizzontale • Le scelte di estensione verticale 12.2. L’estensione interfunzionale Ciascuna impresa deve prendere due ordini di decisioni: a. Quante risorse investire in ciascuna funzione oltre ai livelli minimi b. Occorre decidere quali funzioni svolgere all’interno dell’impresa (internalizzare) e quali funzioni fare svolgere ad altre imprese (esternalizzare) Tali scelte influenzano moltissimo le dimensioni complessive dell’azienda. Le scelte di estensione interfunzionale si ispirano ai seguenti criteri: • Efficienza ed economicità di produzione. Esternalizzando è possibile che il fornitore di un’attività sia in grado di realizzare economie di scala non possibili per la nostra azienda o di godere di maggiori economie di apprendimento. • Costi di transazione. Le imprese tendono a mantenere al proprio interno le attività i cui contenuti e risultati sono scarsamente definibili e controllabili, oppure quelle attività che hanno strette relazioni di interdipendenza con altre attività interne. Quindi internalizzano le attività, che se esternalizzate comporterebbero alti costi di transazione. • Criticità strategica. Le imprese internalizzano le attività le attività che costituiscono competenze distintive di rilevanza strategica e che, quindi, devono essere protette dall’imitazione esterna. 12.1.4. L’estensione verticale La filiera produttiva=di ciascun bene materiale è una lunga catena di fasi e di processi che dalla estrazione delle materie prime giunge alla vendita al consumatore finale. L’estensione verticale=esprime il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera produttiva svolte al proprio interno. È scarsamente integrata verticalmente quella impresa che svolge solo una specifica fase. È fortemente integrata verticalmente quella impresa che svolge tutte le fasi, dalla produzione delle materie prime alla vendita al consumatore finale. Le imprese tendono ad integrarsi a mone o valle per: • Economizzare in termini di costi di transazione/ottimizzare le integrazioni tecnologiche • Interiorizzare competenze o risorse strategiche • Ridurre l’accesso di concorrenti a risorse strategiche I freni all’integrazione verticale sono: • Gli investimenti finanziari richiesti per aggiungere le nuove combinazioni economiche • Le disomogeneità di dimensione minima economica e le conseguenti diseconomie di scala o di saturazioni. • La rigidità strategica e la concentrazione del rischio (al crescere dell’integrazione verticale, l’azienda riduce i propri spazi di manovra in direzione di altre aree strategiche di affari). 16.2. L’organizzazione economica; le forze di aggregazione e di disaggregazione delle aziende 16.2.1. Le teorie dell’organizzazione economica Il fenomeno del formarsi di grandi aggregati aziendali è spiegato dalle opportunità offerte dal progresso tecnologico, dallo svilupparsi di mercati finanziari, dai contesti culturali e giuridici e così via. Le teorie dell’organizzazione economica cercano di spiegare: a. Come mai i sistemi economici non sono composti da tante piccole aziende interdipendenti ed interagenti secondo le pure logiche dello scambio e della concorrenza b. Come mai i sistemi economici non sono unità totalmente integrate e guidate da un’unità centrale che pianifica e programma l’attività economica di tutte le unità operative c. Quali tipi di relazioni istituzionali si instaurano tra i vari soggetti →Le teorie che pongono al proprio centro la problematica dei costi di transazione e della dipendenza dalle risorse inducono a ritenere che le imprese tendano a gestire la complessità delle relazioni tra istituti eliminando quelle più problematiche. →Altre teorie si ispirano alla resource-based view, sostengono che al crescere dell’incertezza le imprese intensificano le loro relazioni per difendere e rafforzare i loro patrimoni di conoscenze distintive; di conseguenza, il principale effetto dell’incertezza ambientale è l’intensificarsi di rapporti con partner esterni affidabili. 16.2.2. Le spinte all’aggregazione L’insieme di circostanze che spingono all’aggregazione (sono di tipo economico-tecnico): 1. Le economie di scala. Minori costi unitari associati a maggiori dimensioni di capacità produttiva installata. Si formano fondendo e integrando tecnicamente in una sola impresa insiemi di attività prima svolte da più imprese oppure aggiungendo alla capacità produttiva esistente nuova capacità. Molte imprese si aggregano per conquistare accessi a nuovi mercati, ad esempio in reti di franchising. 2. Le economie di raggio d’azione. Spingono all’aggregazione di attività disomogenee. Si danno economie di raggio d’azione quando sono disponibili condizioni di produzione utili per combinazioni economiche disuguali e l’aggregazione di tali combinazioni produce costi totali inferiori a quelli che si sosterrebbero in caso di combinazioni attuate separatamente. Tali economie spiegano il formarsi di gruppi di imprese diversificati. 3. Combinare competenze distintive possedute da imprese differenti. Presenta forme di aggregazione molto differenti che vanno dalla fusione delle imprese che possiedono le varie competenze, alla formazione di una joint venture nella quale convergono solo le competenze che devono essere combinate, allo scambio di brevetti e licenze. La scelta della forma di aggregazione dipende dal grado di trasferibilità delle competenze da integrare. 4. Condivisione dei rischi tra più imprese. È tipica forma di aggregazione quando si hanno iniziative innovative e un eventuale esito negativo può avere ripercussioni gravi sull’economia dei soggetti coinvolti. Es. le partecipazioni azionarie incrociate tra partner di un’alleanza, le joint ventures ecc. 5. Economie di transazione. Si manifestano quando aggregando più combinazioni economiche, i costi di gestione di tale interdipendenza (costi di transazione) sono minori rispetto a quelli che si sosterebbero nel caso contrario. Tali economie sono alla base del formarsi di aggregati aziendali integrati verticalmente a monte e a valle. 6. Rendite monopolistiche. Le aziende possono fare fronte alla pressione competitiva secondo strategie differenti ma tutte riconducibili ad un unico obiettivo, quello di sfruttare le rendite monopolistiche, cioè contratti di lungo termine, acquisizioni e fusioni tra concorrenti, ecc. 7. Le reti di relazioni sociali. Aggregarsi significa cooperare. Le alleanze interaziendali si formano più facilmente tra imprese che hanno buoni rapporti di stima e fiducia. 8. Strategie di dominio. Le operazioni di acquisizione di aziende che non si ispirano, né alla realizzazione di economie di scala, o di altro tipo, né ad esigenze di riduzione della pressione competitiva. 9. Le relazioni di solidarietà. Aggregati aziendali si formano in corrispondenza di relazioni di parentela e di affinità. Possono avere rilievo preponderante rispetto alle altre ragioni di aggregazioni e spesso possono trascurare ragioni che con forza spingerebbero alla separazione. 16.2.3. Gli ostacoli all’aggregazione e le spinte alla disaggregazione Nei sistemi economici agiscono anche forze contrarie all’aggregazione • Ultracomplessità organizzativa. Formando aggregati aziendali si internalizzano le transazioni, le quali comportano un incremento del livello di complessità organizzativa dell’aggregato. Le complessità possono rendere economicamente non conveniente e organizzativamente ingovernabile l’aggregato aziendale. Es. si producono eccessivi costi di governo. • Proteggere le competenze distintive. Sulle quali si fonda il loro vantaggio competitivo, ogni forma di aggregazione interaziendale può sia rafforzare le competenze di ciascun partner sia far perdere la distintività delle stesse. • Il fabbisogno di differenziazione degli orientamenti manageriali. Consiste nell’esigenza di gestire secondo modalità differenti combinazioni economiche il cui successo è basato su leve competitive differenti (il prezzo, il marchio, il design ecc.). Ciò significa che alle differenti combinazioni economiche devono corrispondere unità organizzative caratterizzate da risorse, competenze e logiche di aggirano per svolgere in comune una coordinazione parziale del tipo acquisti, vendite, ricerca e sviluppo. Si forma quando le singole aziende non sono in grado di operare con dimensioni economicamente convenienti. La formazione del consorzio comporta la costituzione di una struttura comune che svolge per tutte le aziende associate operazioni quali l’acquisto di beni, la copertura di rischi parziali, la vendita sui mercati e cosi via. • Un cartello. È un insieme di aziende che si associano per l’elaborazione e l’attuazione di politiche atti a ridurre la pressione competitiva ambientale. Sono composti da aziende concorrenti con prodotti scarsamente differenziati, le politiche e i programmi comuni riguardano i volumi di produzione e i prezzi-ricavo da applicare nei vari mercati. I cartelli limitano la possibilità che si verifichino le guerre di prezzo, cioè livelli di competizione molto elevati dovuti alla bassa differenziazione dei prodotti • Franchising. Sono composti da un’azienda centrale detta franchisor e un elevato numero di aziende ad essa collegate dette franchisee. L’azienda centrale trasferisce alle associate il diritto d’uso di un marchio e un insieme di conoscenze tecniche, organizzative e gestionali. Merci e servizi prodotti e venduti da ciascuna associata devono presentare caratteri uniformi e costanti di elevata qualità. • Accordi quadro. Sono una forma di contratti che definiscono le condizioni di scambio di lungo periodo (volumi, qualità, prezzi, tempi di consegna, ecc.) e anche le modalità di svolgimento delle operazioni interne delle aziende in relazione di scambio. Si tratta di contratti che includono esplicite condizioni di continuità, di esclusiva e di reciprocità del rapporto di fornitura. • Associazioni di categoria. Si costituiscono per il perseguimento di interessi istituzionali comuni non connessi direttamente a relazioni di scambio o di concorrenza. Tale associazioni sono configurate per settore, per dimensioni, per natura del soggetto economico, per localizzazione. Manifestano i propri interessi e linee comuni di azione in vari contesti, ad esempio nell’ambito delle contrattazioni collettive relative alle condizioni di lavoro. • Associazioni di famiglie. Sono volte a tutelare gli interessi in merito alla qualità dei beni di consumo acquistati, alle modalità di distribuzione commerciale degli stessi e cosi via. Si tratta quindi id associazioni di consumo. 16.3.4. Le associazioni informali di aziende Non sono configurate in strutture esplicite sul piano giuridico formale. Si distinguono le seguenti forme: a. Le reti di subfornitura. Composte da un’azienda principale con combinazioni economiche fortemente esternalizzate e da un numero vario di aziende fornitrici. Il governo economico dell’aggregato è unitario con forti analogie con quanto accade negli accordi quadro e nei gruppi economici. Sono tipiche di aziende di grandi dimensioni b. Costellazione di aziende. l’aggregato è composto da un numero ridotto di aziende di dimensioni omogenee con combinazioni economiche strettamente complementari. Non è esplicito formalmente ma le aziende che lo compongono operano in modo strettamente integrato. Non appare la figura dell’azienda centrale, tra le aziende si danno varie relazioni dirette essendo esse specializzate variamente per componenti o per fasi delle combinazioni economica complessiva. Il ruolo di guida è riconosciuto alle aziende che governano le competenze tecnologiche oppure le competenze commerciali. c. Distretto. Identifica vasti insiemi di imprese strettamente connesse da relazioni di mercato e di settore e localizzare in una stessa e ristretta area geografica. Sono identificati da un prodotto e da un’are geografica. Es. i mobili di Cantù. Si concentra un’offerta di lavoro caratterizzata da speciali competenze professionali e da una cultura comune. d. Intese informali. Molte associazioni informali non sono riconducibili a strutture specifiche. Si denominano le intese informali. Di particolare rilievo sono quelle tra aziende concorrenti che si attuano in luogo dell’esplicitazione dei cartelli. 16.3.5. Gli aggregati intraziendali Gli aggregati intraziendali= insieme di combinazioni economiche aggregate in una stessa entità giuridica, in una stessa impresa. Si tratta di: • Aziende multiunità. Le aziende che inglobano più unità di trasformazione tecnica o di commercializzazione (filiali) sono le aziende che cercano di sfruttare le economie di scala. • Le aziende integrate verticalmente. Con combinazioni economiche parziali connesse in sequenza per sfruttare le economie di transazione. • Le aziende diversificate. Con combinazioni economiche parziali indentificate da prodotti destinati a mercati distinti in quanto soddisfano differenti classi di bisogni. Sfruttano le economie di raggio d’azione. Gli aggregati intraziendali sono in relazione di fungibilità parziale rispetto a talune forme di aggregati interaziendali. Es. le aziende multiunità rispetto ai consorzi o alle franchising, ecc. 15.1. La progettazione dell’assetto organizzativo delle imprese: un quadro d’assieme L’assetto organizzativo di un’impresa=è l’insieme delle variabili che configurano l’organismo personale e che definiscono, indirizzano e coordinano i comportamenti delle persone che lo compongono. Quando si progetta l’assetto organizzativo si decide: quante persone, e con quali caratteristiche, sono necessarie per svolgere le combinazioni economiche dell’impresa. Le condizioni di efficacia di un sistema organizzativo: • Persone. Occorre un numero di persone adeguato al volume complessivo di attività da svolgere. Equilibrati carichi di lavoro. Nessuna persona e nessun gruppo di persone deve trovarsi in una situazione di sovraccarico o di sotto carico di lavoro • Profili personali e professionali. Occorrono prestatori di lavoro con profili personali (valori e bisogni) e professionali (conoscenze, capacita tecniche, relazionali e manageriali). • Compiti. Definire l’insieme di compiti che ciascuna persona deve svolgere (la mansione). Se ognuno svolge tutta e soltanto la propria mansione tutte le attività dell’impresa vengono svolte senza lacune. • Obiettivi e Risorse. Definire gli obiettivi di efficienza e di efficacia che ciascuna persona deve perseguire nello svolgimento della propria mansione, si deve anche decidere quali sono le risorse alla sua disposizione (macchinari, impianti, ecc.) • Modalità. Scegliere le modalità tecniche e le procedure da seguire nello svolgimento dell’attività. • Deleghe e responsabilità. Decidere quali di queste fanno capo alle varie persone • Rimunerazioni. Le persone devono concepire di essere rimunerate in modo corretto ed equo. • Collettività. Le persone devono sentirsi parte di un gruppo e quindi assumersi anche responsabilità collettive oltre a quelle connesse alla posizione individuale. • Motivazione. Le persone devono essere motivate al lavoro con atteggiamento contributivo e cooperativo. • Coordinamento e Integrazione. Questi processi permettono che le attività svolte dalle singole persone formino un insieme unitario efficace. Integrare: i compiti, i tempi, i volumi. • Flessibilità. L’intero sistema deve possedere flessibilità e capacità di gestione del dinamismo interno ed esterno. Le variabili organizzative: a. La struttura organizzativa di base. Progettarla significa decidere quali unità organizzative attivare, quali insiemi di compiti attribuire a ciascuna unità 15.4.1. Il processo, gli output, il sistema dei ruoli La struttura organizzativa=può essere definita come la configurazione unitaria e coordinata degli organi aziendali e degli insiemi di compiti e di responsabilità assegnati a ciascuno di tali ragioni. Ci sono tre aspetti: • Il processo di progettazione della struttura organizzativa. a) Si definisce l’insieme complessivo di compiti che devono essere svolti dall’insieme dell’organismo personale; b) si sceglie un criterio di divisione del lavoro e l’insieme generale di compiti viene suddiviso in sottoinsiemi di compiti, ciascun sottoinsieme corrisponde ad unità organizzativa, si configura dunque un insieme di unità organizzative; c) le unità organizzative vengono aggregate a più livelli in una gerarchia. La gerarchia che lega le varie unità organizzative ai differenti livelli; d) il sottoinsieme di compiti assegnato a ciascuna unità organizzativa viene suddiviso in aggregati corrispondenti alle singole posizioni che compongono tale unità, la posizione è l’elemento base della struttura organizzativa, destinata ad essere coperta da una singola persona, mansioni sono gli insiemi di compiti assegnati alle singole posizioni. • Gli output formali della progettazione. Gli output sono: a) un elenco di unità organizzative (ufficio acquisti, reparto montaggi ecc.); b) i compiti assegnati a ciascuna unità organizzativa; c) un insieme di relazioni gerarchiche che collega le varie unità organizzative. Questi tre insiemi costituiscono la struttura organizzativa formale. Gli insiemi a e c vengono rappresentati negli organigrammi e l’insieme b in mansionari. • Il sistema dei ruoli. Insieme di ruoli. Per ruolo si intende l’insieme delle attese di comportamento nutrite nei confronti di una persona che occupa una determinata posizione. 15.4.2. La scelta tra quattro forme di base e due varianti La scelta tra i quattro tipi di struttura dipende dalle
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