Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

riassunto del libro "corso di psicologia dello sviluppo" Berti Bombi cap da 1 a 13, Sintesi del corso di Psicologia dello Sviluppo

riassunto dei capitoli da 1 a 13

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
In offerta
60 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 20/01/2019

giorgia-de-carli
giorgia-de-carli 🇮🇹

4.4

(89)

6 documenti

1 / 73

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Anteprima parziale del testo

Scarica riassunto del libro "corso di psicologia dello sviluppo" Berti Bombi cap da 1 a 13 e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia dello Sviluppo solo su Docsity! Psicologia delle età della vita Berti Bombi 1 1.Dal concepimento alla nascita 1.1 LO SVILUPPO PRENATALE La formazione dell’organismo inizia con il concepimento o fecondazione,ovvero quando lo spermatozoo feconda l’ovulo nelle tube di Falloppio. Con la fecondazione l’ovulo diventa zigote. Lo sviluppo prenatale è suddiviso in tre periodi A. Periodo Germinale o dello zigote Inizia con la fecondazione e termina dopo due settimane. In questa fase avvengono delle duplicazioni dello zigote. Può accadere che le due cellule che compongono inizialmente lo zigote, invece che rimanere unite, si separino permettendo lo sviluppo di due individui diversi ma del tutto simili poiché dotati dello stesso patrimonio genetico. In questo caso si possono avere gemelli monozigoti ovvero derivanti dalla fecondazione di un solo ovulo da parte di uno spermatozoo oppure gemelli dizigotici, derivanti dalla fecondazione di due ovuli distinti da parte di due diversi spermatozoi. La prima duplicazione avviene nelle successive 24-36 ore dalla fecondazione e, dopo 4 giorni lo zigote è diventato una blastocisti di circa 70 cellule nella quale si possono distinguere due parti: o Disco embrionico da cui si formerà l’embrione o Trofoblasto, una sfera cava dalla quale si formeranno i tessuti: Aminios e Corion Dal Corion si svilupperanno dei villi verso le parti interne del’utero che andranno a costituire la placenta In fine avverrà l’annidamento della blastocisti nell’utero. Questo passaggio segnerà la fine del primo periodo. B. Periodo embrionale Va dalla 2 all’8 settimana. In questa fase avviene: o La differenziazione dei tessuti: iniziano a differenziarsi tre strati di cellule: ectoderma,che formerà il sistema nervoso la pelle e i capelli, l’endoderma, che formerà il sistema digestivo e respiratorio e il mesoderma, che formerà muscoli scheletro e sistema circolatorio. o Lo sviluppo degli organi: si svilupperanno per primi gli organi essenziali come cuore, cervello, apparato digestivo scheletro e muscoli. Successivamente appariranno arti e dita. o Si delinea la struttura del corpo: alla fine del secondo mese l’embrione ha già una forma simile a quella umana, è di circa 3 cm e si iniziano a distinguere occhio orecchie naso e guance. Sono già in funzione sist. Nervoso (permette all’embrione di compiere movimenti) e sist. Circolatorio (pompa il sangue attraverso l’embrione e la placenta) ! è nel periodo embrionale che possono nascere gravi difetti cognitivi causati da elementi genetici o esterni, come l’assunzione da parte della madre di alcool. Tutti gli organi, in questa fase, sono particolarmente sensibili in quanto sono in fase di formazione C. Periodo Fetale Inizia con il 3 mese e si conclude alla fine della gravidanza. È una fase di perfezionamento e crescita dell’organismo. Gli unici organi che iniziano a formarsi ora sono gli organi sessuali. Il corpo si distende, gli organi addominali si spostano verso il basso e il feto inizia a compiere movimenti più completi e complessi, percepibili dalla madre. ! l’attività durante la vita fetale è particolarmente importante. Se il feto è in condizioni di immobilità lo sviluppo di alcune sue parti del corpo potrà essere anormale. Il sesto mese rappresenta il limite minimo di sopravvivenza in quanto sist. Nervoso e respiratorio sono già abbastanza perfezionati. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 2 Negli ultimi tre mesi i muscoli si rivestono di uno strato di grasso, lo scheletro si irrobustisce e si avviano i meccanismi regolatori della temperatura corporea. La crescita è di circa 30 grammi al giorno. 1.2 LO SVILUPPO DEL CERVELLO E DEL SISTEMA NERVOSO • Prima della nascita: Lo sviluppo del sistema nervoso inizia ne periodo embrionale. Durante la terza settimana l’ectoderma da origine al tubo neurale il quale, ad una delle sue estremità, si ingrossa per dar vita ad un cervello e occhi rudimentali. Lo sviluppo del cervello avviene in tre fasi: o Proliferazione neuronale (darwinismo neuronale) : tra il secondo e quarto mese, dalla parte estrema del tubo neurale vengono prodotti neuroni, questo procedimento termina verso il sesto mese. o Migrazione o Posizionamento: i neuroni si vanno a posizionare nei luoghi appropriati o Organizzazione o Sinaptogenesi: iniziano a formarsi i collegamenti sinaptici tra le cellule, le sinapsi vanno a formare una rete di collegamenti che permettono il passaggio di informazioni tra le cellule. Lo scambio di informazioni tra i neuroni avviene grazie ad una sostanza: il Neurotrasmettitore. Questa fitta rete di collegamenti è molto sensibile ai cambiamenti, nei primi due anni di vita soprattutto. Il sistema nervoso è differente per ogni individuo in quanto è un sistema flessibile, che si modifica in base ai tipi di informazione che riceve. Questa fase termina diversi anni dopo la nascita. • Dopo la nascita: lo sviluppo del sistema nervoso consiste principalmente in due fasi o Nella materia grigia (corpi neuronali) , dopo la proliferazione avviene lo sfoltimento dei collegamenti sinaptici che consiste nell’eliminazione dei collegamenti scarsamente utilizzati o Nella materia bianca (assoni) avviene il fenomeno della mielinizzazione (continua fino alla pubertà) sostanza che riveste gli assoni e permette il passaggio degli impulsi in modo saltatorio (veloce) da un nodo sinaptico all’altro. Lo sviluppo del sistema nervoso e lo sviluppo delle capacità vanno di pari passo. maturano le parti della corteccia motoria che consentono il controllo della testa,delle parti sup. del corpo, intorno ai 3 mesi: sviluppo motorio cefalo-distale(testa e tronco). Solo intorno al primo anno di vita si sviluppa il controllo di braccia e mani: sviluppo prossimo-distale (da parti più vicine al tronco a parti più lontane) MOTRICITA’ GROSSOLANA entro 4 anni: si sviluppano i collegamenti tra corteccia e cervelletto necessari per il controllo volontario della MOTRICITA’ FINE Anche lo sviluppo percettivo è legato allo sviluppo del sistema nervoso nonché all’esperienza. Aree che hanno uno sviluppo più prolungato sono quelle che si occupano di comportamenti diretti che permettono l’autoregoalzione (es: attenzione) 2. LA NASCITA E IL NEONATO Con la nascita inizia per il bambino un nuovo processo di adattamento all’ambiente. Il primo atto adattivo che il bambino deve compiere è la respirazione. Durante la gestazione i polmoni sono esclusi dalla circolazione del sangue;appena il cordone ombelicale viene reciso, i polmoni si riempiono d’aria e il sangue inizia a circolarvi. In secondo luogo,per garantire la nutrizione, è richiesto il funzionamento dell’apparato digerente che, durante la gestazione non è in funzione. Infine divengono necessari i meccanismi di termoregolazione. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 5 nell’ambiente del neonato che del feto. Questi riflessi non si manifestano in maniera meccanica ma solo se ce ne sono le condizioni. (il rooting,riflesso per il quale, se si stimola la guancia del bambino, lui tende a girare e aprire la bocca in direzione dello stimolo, si manifesta solo se non è sazio. Ha la funzione di facilitare la ricerca del capezzolo). I riflessi neonatali sono importanti in quanto sono tra gli elementi indicatori di un normale sviluppo neurologico e inoltre alcuni sono le basi per la nascita di comportamenti volontari. • azioni congenitamente organizzate sono azioni spontanee (Non sono causate da stimoli ben precisi) e che possono assumere varie forme in quanto si adeguano alle circostanze. Permettono all’infante di reagire all’ambiente e prendere l’iniziativa nei suoi confronti. Alcune azioni organizzate sono il PIANTO la SUZIONE e il GUARDARE (il neonato,anche in assenza di luci, esplora l’ambiente circostante fermandosi in particolare su linee a contrasto elevato,come i bordi degli oggetti. Quest’azione in particolare pone le basi per la conoscenza) • stereotipie ritmiche si tratta di sequenze ripetute di movimenti, permettono al neonato di tenere in esercizio tendini muscoli e nervi. La loro presenza dopo una determinata fascia d’età è sintomo di qualche patologia nello sviluppo. 6.LE CAPACITA’ DI APPRENDIMENTO NEI NEONATI APPRENDIMENTO = CAMBIAMENTO NEL COMPORTAMENTO O NELLE STRUTTURE MENTALI CAUSATO DA UN’ESPERIENZA. Può essere di due tipi: • APPRENDIMENTO PER CONDIZIONAMENTO CLASSICO: vengono associate determinate risposte a specifici stimoli che magari prima ne suscitavano di differenti. (es: al suono del campanello appare il cibo) • APPRENDIMENTO PER CONDIZIONAMENTO OPERANTE: determinati stimoli suscitano determinate reazioni che vengono rinforzate positivamente o negativamente. I COMPORTAMENTISTI hanno dimostrato che i neonati possiedono già semplici forme di apprendimento E CIÒ DIMOSTRA CHE IL NEONATO NON È UN SOGGETTO CON PASSIVA RICETTIVITÀ DEGLI STIMOLI AMBIENTALI: o CONDIZIONAMENTO CLASSICO: i bambini apprendono per condizionamento classico solo se la nuova azione da apprendere ha per loro valore adattivo o se è legata alla nutrizione. (es: lo strofinamento della fronte, che inizialmente non suscita nessuna azione, viene associato alla suzione se seguito dall’assunzione di acqua e zucchero anche in neonati di sole 2 settimane) o CONDIZIONAMENTO OPERANTE: permette di consolidare comportamenti inizialmente spontanei (es: se la suzione viene incoraggiata da un gusto dolce aumenterà di ritmo.) Anche il neonato dunque recepisce selettivamente gli input, inizialmente secondo disposizioni innate e successivamente secondo schemi di sviluppo: o ABITUAZIONE o ASSUEFAZIONE: il neonato, ricevendo più volte lo stesso stimolo, diminuisce la sua attenzione nei confronti di esso. Ciò dimostra che l’infante è in grado di immagazzinare gli stimoli nella memoria delle informazioni e riconoscerli senza particolare stupore dopo le prime volte. (più volte recepisce lo stimolo, meno saranno le risposte e l’attenzione) Al contrario vi è la DISABITUAZIONE quando lo stimolo viene cambiato il bambino aumenta nuovamente le risposte e l’attenzione nei confronti del nuovo stimolo. Ciò è indice del fatto che l’infante è in grado di distinguere gli stimoli. o IMITAZIONE è ritenuto uno schema basilare in quanto permette l’acquisizione di comportamenti che il bambino si porterà dietro per tutta la vita, come ad esempio il linguaggio. Vi sono dibattiti sull’età nel quale questo schema appare. PIAGET esclude che sia già presente alla nascita, anzi individua due momenti: inizialmente l’imitazione si sviluppa su parti del suo corpo che il bambino è in grado di vedere, successivamente in quelle in cui non è in grado di vedere direttamente (come il viso). Altri studiosi, come MOOREE e MELTZOOF, sono riusciti a dimostrare che anche bambini di poche settimane sono inngrado di imitare smorfie facciali. Il Psicologia delle età della vita Berti Bombi 6 dibattito continua sulla natura di questo schema di sviluppo, molti ritengono sia un riflesso,altri ritengono sia un’azione con sfondo volontario, in questo caso avrebbe un ruolo centrale nel processo di apprendimento. 7. METODI PER LO STUDIO DELLA PERCEZIONE NELL’INFANTE La percezione viene studiata principalmente attraverso due elementi il linguaggio e la capacità di agire volontariamente, elementi che non sono presenti nel neonato e ciò costituisce un problema per gli studiosi. ALFRED BINET propose di studiare la percezione dei bambini chiedendo a loro di indicare la risposta. Questo metodo alla fine dell’800 venne scartato e sostituito dal metodo di JAMES MARK BALDWIN basato sull’osservazione dei movimenti spontanei per comprendere quali colori percepissero in base al numero di volte in cui tentavano di avvicinarsi di più ad un determinato colore. È possibile secondo BALDWIN studiare valutando un altro tipo di movimento, il dilatarsi o restringersi della pupilla. 7.1 TECNICHE COMPORTAMENTALI E FISIOLOGICHE Negli anni 60 sono state individuate nuove tecniche per studiare la percezione negli infanti. Esse si suddividono in due gruppi: • TECNICHE PSICOFISIOLOGICHE che consistono nelle registrazione dell’attività elettrica del sistema nervoso centrale oppure la registrazione delle risposte del sistema nervoso autonomo • TECNICHE COMPORTAMENTALI adatte a bambini più grandi in quanto si basano sulla registrazione dei comportamenti. Si possono suddividere in > Registrazione dei movimenti oculari > Preferenza si basa sul confrontare la durata dell’attenzione su diversi stimoli > Risposte condizionate tecnica per studiare soprattutto la percezione uditiva, consiste nel rinforzare positivamente il bambino se distingue la provenienza di suoni girandosi verso di essi. > Abitazione e disabituazione 8. CAPACITA’ PERCETTIVE DI NEONATI E INFANTI Queste tecniche hanno dimostrato la presenza di forti capacità percettive nei neonati e negli infanti. Alcune sono presenti anche prima della nascita, nel feto. • Prima della nascita Già a 8 settimane il feto presenta capacità tattili, percepisce i tocchi. Tra le 24 e 28 settimane anche gusto e olfatto iniziano a funzionare, se viene iniettato un determinato liquido nella placenta il neonato lo percepisce. Inoltre sentono suoni provenienti dall’esterno e hanno una preferenza nei confronti della voce della madre e percepiscono variazioni di luminosità muovendosi più vivacemente. • Dopo la nascita Già nei neonati le capacità sensoriali sono molto elevate. > Udito: Hanno una soglia uditiva più elevata di quella adulta,sanno localizzare e distinguere i suoni > Gusto e Olfatto: preferiscono i sapori dolci e manifestano questa preferenza con espressioni facciali. Cercano di evitare odori penetrante voltando il capo > Tatto: La sensibilità ala tatto ha effetti calmanti, inoltre i neonati sono in grado di percepire differenze lievissime. La percezione del dolore è molto ala e si manifesta con aumento della frequenza e della pressione cardiaca, pianto e assenza di sonno. > Vista: I neonati non possiedono ancora un apparato visivo sviluppato. Hanno una scarsa acuità ,una scarsa capacità di messa a fuoco e non riescono a controllare i movimenti oculari, seguendo la traiettoria di un oggetto. Ma l’imitazione dei volti umani indica che per essi il neonato riserva un’attenzione molto particolare, il neonato ha una tendenza innata,è predisposto ad osservare il volto umano, lo attrae più di qualsiasi altra cosa. Ciò facilita l’interazione con le persone. I neonati sono attirati principalmente verso i contorni degli oggetti, solo con il passare del tempo sviluppano interesse Psicologia delle età della vita Berti Bombi 7 per le parti interne. Inoltre possiedono la costanza della forma e della dimensione ovvero le percepiscono come invariate anche se cambia il punto di vista Lo sviluppo delle capacità percettive avviene principalmente durante il primo anno di vita -INNATISTI ED EMPIRISTI A CONFRONTO > INNATISTI: sostengono che l’esperienza e di conseguenza la percezione sia organizzata da categorie pre-esistenti nel neonato, innate. Per questo sostengono che già in neonati piccolissimi siano presenti delle categorie in grado di organizzare la percezione e di attribuire dunque alle sensazioni recepite dei significati. o GIBSON/SPELKE sostengono che i bambini attribuiscano significati in base a preferenze innate. > EMPIRISTI: sostengono che le sia grazie alle ripetute esperienze che il neonato possa passare da sensazioni grezze a percezioni significative. o PIAGET tutto ciò che è intorno a noi è percepito come un flusso di sensazioni non coordinato che possono essere riordinate solo tramite l’esperienza. L’organizzazione avviene con il tempo, non è un fattore intrinseco. o SPITZ : il neonato ha una soglia percettiva molto alta, l’esperienza è necessaria per selezionare. o W.JAMES: al contrario degli empiristi sostiene che inizialmente il neonato non parta dalle sensazioni per arrivare alla percezione in quanto essa è frutto di un’organizzazione e analisi compiuta in un secondo momento. Per l’infante è tutto una grande e sorprendente confusione. 9.LA COORDINAZIONE TRA LE DIVERSE MODALITA’ SENSORIALI A differenza di ciò che sostengono gli EMPIRISTI il neonato è in grado di mettere in relazioni,ovvero coordinare, informazioni ottenute dai vari sensi che, non vanno a formare una totalità confusionari come sostenuto da JAMES ma si differenziano ordinatamente le une dalle altre. Il fatto che i neonati siano in grado di mettere in relazione informazioni provenienti da diversi organi è provato dal comportamento innato che hanno a orientarsi con un senso verso qualcosa che hanno percepito con un altro (es: allungano la mano verso ciò che vedono). La capacità di coordinazione intermodale si perfeziona nei mesi successivi, a 3-4 mesi sono in grado di riconoscere le espressioni del viso e associarle ad un determinato tono di voce (arrabbiato gioioso ecc..) 10.LO SVILUPPO MOTORIO DALLA NASCITA A 2 ANNI A differenza dell’ambito percettivo che nel primo anno di vita diventa molto simile a quello adulto, l’ambito motorio si sviluppa meno velocemente. • ALLA NASCITA: vi è uno scarso controllo dei movimenti motori • PRIMI DUE ANNI DI VITA: i bambini acquisiscono il controllo posturale e la locomozione a livello di motricità grossolana in quanto coinvolge i grandi muscoli. Parallelamente si sviluppa la capacità di prendere e manipolare oggetti, definita motricità fine poiché coinvolge muscoli più specifici. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 10 IV. DALL’OTTAVO AL DODICESIMO MESE:COORDINAZIONE DEGLI SCHEMI SECONDARI E APPLICAZIONE A SITUAZIONI NUOVE. • La caratteristica della MOBILITA’ è sempre più presente. • Le categorie di spazio tempo oggetto e causa iniziano a formarsi. Ad esempio iniziano a rimuovere gli ostacoli che non gli permettono di arrivare a prendere il gioco, ciò sta a significare che comprendono spazio e tempo; oppure nascondono gli oggetti, questo dimostra un interesse verso il contesto spaziale. • Acquisiscono la costanza della dimensione e della forma . Oltre alla reazione circolare differita ovvero riprendono un’azione interrotta l’infante inizia a memorizzare anche gli oggetti, appare la nozione di oggetto e anche la comprensione della permanenza di esso,seppur limitata. Inizia infatti a cercare un oggetto che gli è stato sottratto. Tuttavia ciò è ancora limitato poiché ,se si nasconde l’oggetto prima in un posto (A) e viene recuperato dal bambino, poi lo si nasconde in un altro posto (B) il bambino lo cercherà comunque nel primo nascondiglio (A). Commetterà dunque l’errore <<A NON B>> che sta ad indicare che la comprensione di permanenza dell’oggetto è ancora limitata. Per il bambino esisteranno infatti due oggetti differenti, quello che possiede e quello nascosto, non comprende ancora che sono la stessa cosa. V. DAL DOCICESIMO AL DICIOTTESIMO MESE:LA SCOPERTA DEI NUOVI MEZZI MEDIANTE SPERIMENTAZIONE ATTIVA. • Il bambino nello stadio precedente era in grado di utilizzare un’azione come mezzo solo se già la possedeva nel suo magazzino mentale. Ora è in grado di creare nuove azioni che fungono da mezzo, avendo ben preciso lo scopo che deve raggiungere. (es. scopre che un oggetto può essere avvicinato in vari modi, non in uno solo.). • Sviluppano le reazioni circolari terziarie ovvero ripetono le azioni per scoprirne nuovi aspetti e così facendo, affinano la conoscenza dei rapporti spaziali e causali. Scoprono i diversi effetti che le azioni possono produrre e le condizioni che devono esserci per ottenere determinati effetti. • Iniziano a comprendere che vi sono cause esterne, indipendenti da loro (casualità obbiettiva ed esteriorizzata). Differenziano la causalità fisica da quella psicologica, non guidano più gli altri per ottenere qualcosa, non trattano altri individui come oggetti, ma iniziano ad utilizzare la comunicazione non verbale. • La permanenza dell’oggetto non è più soggetta all’errore <<A NON B>> ma cerca l’oggetto anche nel secondo nascondiglio, a patto che lo spostamento sia visibile, in quanto non sono ancora in grado di visualizzare mentalmente gli spostamenti VI. DAI DICIOTTO AI VENTIQUATTRO MESI:LA SCOPERTA DI NUOVI MEZZI MEDIANTE RAPPRESENTAZIONE MENTALE. • Di fronte ad un nuovo problema il bambino trova quasi immediatamente la soluzione in quanto risolvono prima i problemi nella loro mente, prevede mentalmente cosa occorre fare. ciò è possibile per due motivi: Lo sviluppo della MOBILITA’ degli schemi è arrivata a tal punto da permettere la loro applicazione anche solo a livello mentale. Inoltre il bambino ha sviluppato una funzione simbolica, rappresentativa o semiotica cioè è in grado di evocare mentalmente gli oggetti. • La capacità rappresentativa permette anche di sviluppare ulteriormente il linguaggio ,nuove azioni come il gioco simbolico e di rappresentare percorsi spaziali senza per forza compierli. • Anche la causazione si è sviluppata: i bambini vedendo un effetto possono comprendere qual è la causa anche senza una percezione diretta. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 11 • Con la rappresentazione semiotica varia anche la percezione del tempo, si sviluppa il ricordo e l’immaginazione di eventi. Il bambino è in grado di posizionare nel tempo le azioni sue e di altri. Tutte quelle capacità che appaiono nel bambino dopo i diciotto mesi hanno in comune la capacità di evocare mentalmente gli oggetti e situazioni e di agire non solo mediante azioni corporee ma anche mediante azioni mentali. Questa fondamentale capacità è presente, in forme più rudimentalia,anche alla nascita? PIAGET nega la presenza della funzione simbolica nel neonato sulla base delle sue esperienze e conoscenze. Sostiene infatti che l’immagine mentale non sia solo una mera rappresentazione mentale di oggetti visibili e percettibili ma sia il frutto di un’imitazione motoria interiorizzata. Per questo la funzione simbolica deriva dallo sviluppo motorio e dallo sviluppo della capacità di imitare. (es. l’immagine simbolica di n’auto deriva dal fatto che io l’ho vista e studiata tramite movimenti corporei non visibili dall’esterno ma effettuati all’interno) • Stadio preparatorio (2-7 anni) grazie allo sviluppo degli schemi mentali iniziano a svilupparsi anche il gioco di finzione e il disegno. A causa dell’ egocentrismo intellettuale (incapacità di distinguere il proprio punto di vista da quello altrui) il pensiero del bambino e il gioco mostrano ancora vari limiti. • Stadio operatorio concreto (7-11 anni) gli schemi mentali vengono coordinati in schemi d’insieme. I bambini sono in grado di cooperare in giochi che richiedono il rispetto di regole. di fronte a problemi concreti sono in grado di utilizzare ragionamenti logici, nei problemi presenti solo verbalmente commettono ancora errori. • Stadio operatorio formale (dopo i 11-12 anni) tappa più avanzata dello sviluppo dell’intelligenza. E’ possibile risolvere problemi concreti e astratti Ogni stadio è costituito dallo sviluppo di quello precedente, per questo non è possibile che si susseguano in una sequenza diversa o che uno salti. L’INTELLIGENZA , secondo Piaget, è uno dei modi in cui un organismo interagisce con l’ambiente. Alla base dei processi cognitivi vi sono gli invarianti funzionali ovvero quelle funzioni che caratterizzano la vita e che sono presenti in ogni essere vivente. Essi sono: ADATTAMENTO e ORGANIZZAZIONE ADATTAMENTO: riguarda il rapporto tra organismo e ambiente. Può essere suddiviso in due processi complementari: assimilazione e accomodamento L’azione con cui l’ambiente costringe L’organismo a modificarsi Riguarda l’azione dell’organismo sull’ambiente E consiste nell’incorporare materialmente (respiro o mangio)Cognitivamente (applico ad un Psicologia delle età della vita Berti Bombi 12 Oggetto uno schema motorio)o mentalmente (classifico un oggetto) QUANDO ENTRRAMBI QUESTI PROCESSI SONO IN EQUILIBRIO SI HA L’ADATTAMENTO. ORGANIZZAZIONE: relazione tra un organismo e le sue parti e si manifesta nella tendenza a formare totalità costituite da più parti differenti ma interconnesse. Con queste due nozioni Piaget fornisce un’immagine dell’essere umano come attivo costruttore della propria conoscenza. Gli invarianti funzionali spingono ad una costante e spontanea ricerca di informazioni così come un organismo spontaneamente vive. Queste informazioni vengono assimilate a seconda degli stadi di sviluppo e ciò comporta una continua trasformazione. Anche le interazioni promuovono lo sviluppo cognitivo (dell’intelligenza) in quanto costringono i bambini e tutti gli esseri umani a confrontarsi con pensieri diversi, quindi a prendere coscienza delle differenze tra il loro punto di vista e quello altrui, uscendo dall’egocentrismo intellettuale. 3.LO SVILUPPO DEL GIOCO E DELL’IMITAZIONE IMITAZIONE: ha la funzione di arricchire il patrimonio di schemi tramite la ripetizione di esempi “preconfezionati”. È necessaria per l’acquisizione del linguaggio. GIOCO: ha la funzione di consolidare gli schemi già acquisiti Anche lo sviluppo di queste due attività procede per stadi paralleli a quelli dello sviluppo dell’intelligenza. Nello stadio sensomotorio,suddiviso a sua volta in 6 sottostadi, gioco e imitazione si sviluppano così: • I stadio: nel primo mese di vita non sono presenti ne imitazione ne gioco, nonostante ciò si può notare come il bambino sia stimolato a piangere dal pianto di altri bambini. • II stadio e III stadio tra i 2 e 8 mesi le azioni acquisite tramite le azioni circolari primarie e secondarie possono assumere forma di gioco se l’infante le segue per puro piacere. L’imitazione, prima assente, diventa sporadica e sistematica. L’infante imita solo se quelle azioni sono già nel suo repertorio, sono famigliari. Non è in grado di imitare azioni che non può vedere • IV stadio tra 8 e 12 mesi l’imitazione si estende anche ad azioni che l’infante non può vedere. Inizialmente l’azione sarà simile ma non identica. L’imitazione si estende anche ad azioni che non sono famigliari per il bambino che compie diversi tentativi prima di riuscirci. Grazie all’imitazione il bambino apprende nuove azioni. I bambini iniziano a ritualizzare gli schemi, ovvero ad usarli fuori da un contesto abituale. Questo è il punto di partenza del gioco di finzione. • V stadio tra i 12 e 18 mesi continua la costruzione dei rituali , ovvero del gioco. Per l’imitazione invece iniziano ad imitare anche usando parti del corpo che dalla loro prospettiva non sono visibili • VI stadio dai 28 ai 24 mesi la funzione simbolica si manifesta anche nel gioco e nell’imitazione. Nascono i giochi di finzione. L’imitazione non è più confinata alle azioni umane ma si allarga anche alla riproduzione di movimenti di oggetti. Si sviluppa l’ imitazione differita cioè compiuta a distanza di tempo 4.I RISULTATI DELLE RICERCHE POSTERIORI A PIAGET L’affermarsi delle teorie innatiste e la nascita di nuove tecniche hanno prodotto una revisione dell’immagine del bambino proposta da Piaget. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 15 stabilire la presenza di una memoria esplicita in quanto essa può essere rievocata tramite la rievocazione di uno stimolo mediante denominazione,descrizione o disegno. Secodno Piaget la memoria di rievocazione compare al VI sottostadio dello stadio sensomotorio -il modo in cui le informazioni vengono codificate. È stato studiato con la tecnica del condizionamento operante che ha permesso di capire quanto dettagliatamente l’infante codifica gli stimoli. (se legano alla gamba dell’infante un sonaglio e lui capisce che muovendosi produrrà suoni, le volte successive, vedendo l’adulto compiere lo stesso procedimento, si ricorderà che muovendosi otterrà suoni e compirà subito movimenti più vigorosi) 3. CATEGORIZZAZIONE E IL SUO SVILUPPO La nostra memoria non contiene conoscenze riguardanti solo eventi singoli. In essa sono presenti le categorie,ovvero quell’ insiemi di entità o caratteristiche che hanno in comune qualche aspetto. Esse presentano vari gradi e sono organizzate in gerarchie, dette tassonomie, in cui le categorie più generali includono le più specifiche. È proprio a questi insiemi che si riferiscono la maggior parte dei concetti, ovvero le unità base di immagazzinamento e manipolazione delle informazioni. Quest’organizzazione della nostra memoria ci permette di collocare un nuovo stimolo nella sua corrispondente categoria utilizzando le nostre esperienze passate. Il fatto che siamo in grado di associare un nuovo stimolo ad una categoria e, di conseguenza, lo trattiamo in modo simile agli altri oggetti che ne fanno parte, significa che possediamo un concetto ovvero la rappresentazione della categoria a cui questo stimolo appartiene. Molti concetti sono espressi da singole parole, e sono detti concetti lessicali, altri, per essere espressi verbalmente, necessitano di una descrizione più lunga. Esiste dunque una connessione tra parole concetti e categorie e ciò ha aperto un dibattito. → Secondo alcuni studiosi l’acquisizione di concetti coincide con l’apprendimento dei significati delle parole, dunque avviene solo dai 2 anni. Secondo Piaget e Vygotskij la creazione di concetti necessita di abilità logiche non presenti anche durante l’età prescolare. Quindi gli infanti non possiedono concetti. La nascita di concetti e categorie è vincolata allo sviluppo del sistema cognitivo che, come sostenuto da Piaget, si conclude nella pre adolescenza. → Secondo altri studiosi la capacità di categorizzazione è presente molto presto, ciò conferma che il neonato è dotato di un apparato cognitivo predisposto a strutturare l’esperienza in modo simile a quello adulto. Secondo questo punto di vista le categorie si sviluppano grazie ad un apparato cognitivo molto sviluppato già nei primi mesi di vita. Un altro dibattito consiste nell’ordine in cui le categorie compaiono. → L’idea tradizionale consiste nel pensare che il punto di partenza per la nascita delle diverse categorie siano le categorie intermedie. Attraverso un processo di differenziazione si creano le categorie subordinate e quelle specifiche, attraverso invece un processo di unione si creano invece le categorie generali → Secondo un’idea più recente le categorie specifiche e quelle globali sono già presenti precocemente. Un altro dibattito si apre in merito alla natura delle categorie se possono essere o meno di natura concettuale e quindi in continuità con la nascita di concetti. → Secondo alcuni studiosi i concetti si formano a partire dalle categorie percettive che si formano quando l’infante inizia a distinguere i tipi di entità sulla base di qualità percettive. Da esse nascono le categorie intermedie e generali grazie al progressivo arricchimento proveniente dall’esperienza o da conoscenze già possedute e dalla natura di questo arricchimento se è di tipo generale o specifico. → Secondo un altro punto di vita le categorie generali e quelle intermedie derivano da due processi diversi. Le categorie intermedie sono frutto di un processo di schematizzazione percettiva, che consiste nel rilevare le Psicologia delle età della vita Berti Bombi 16 caratteristiche comuni a più stimoli. Le categorie globali invece derivano da processi di astrazione concettuale e riguardano direttamente la natura delle cose. Questi due processi operanmo contemporaneamente. 4. SOLUZIONE DI PROBLEMI Piaget ha implicitamente posto al centro dell’intelligenza sensomotoria la capacità di risolvere prblemi anche se, esplicitamente, non ha mai definito i bambini come solutori di problemi. Il neopiagetiano ROBBIE CASE parte invece dall’idea di fondo che i bambini siano per natura dei solutori di problemi e che quindi sia innata in loro la formazione di desideri o mete e la costruzione di strategie adeguate a realizzarle. Inoltre, secondo CASE, ogni comportamento è guidato da strutture di controllo esecutivo che comprendono tre componenti: - rappresentazione di uno stato esistente di problema -rappresentazione di uno stato desiderato -strategia per conseguirlo Una struttura di controllo di cui i bambini sono già dotati alla nascita, secondo Case, è l’inseguimento visivo degli oggetti in movimento. Il grado di complessità delle strategie dipende dal grado di memoria del bambino,cioè dal numero di rappresentazione mentali che riesce a sostenere contemporaneamente. CAPITOLO 3 LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO 1 ORIENTAMENTI TEORICI NELLO STUDIO DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO La capacità di comunicare verbalmente ci distingue da tutti gli altri animali. La comunicazione verbale richiede l’intreccio di numerose e differenti abilità che si possono approssimativamente distinguere in due gruppi: → Competenze linguistiche che comprendono le abilità necessarie a comprendere e formare frasi → Competenze comunicative di cui fanno parte le abilità che permettono di utilizzare le frasi da noi prodotte in modo appropriato, comunicativo, in base al contesto in cui ci troviamo. Noi analizzeremo la competenza linguistica e per farlo è necessario comprendere cos’è una lingua. Una lingua è un insieme di fonemi, unità minime prive di significato, la cui combinazione da origine a unità più grandi, i morfemi, che , se combinati danno origine alle parole. Le parole a loro volta, se combinate secondo regole morfologiche e sintattiche, vanno a formare frasi che, a loro volta, se combinate, formano discorsi. Fino agli anni 50 lo studio del linguaggio è stato guidato dall’approccio normativo,esso ha delineato in modo descrittivo le varie tappe dell’acquisizione del linguaggio e indicato l’ordine di comparsa dei suoni, il ritmo di crescita del vocabolario e la lunghezza di frasi che i bambini sono in grado di comporre in base all’età. 1.1 GLI APPROCCI AMBIENTALISTA E NATIVISTA AL LINGUAGGIO E ALLA SUA ACQUISIZIONE Verso la fine degli anni 50 il linguaggio è stato coinvolto nel dibattito natura-cultura. A favore della cultura vi è lo psicologo comportamentista BURRHUS F. SKINNER che espose la tesi secondo la quale il linguaggio è appreso secondo i medesimi meccanismi che presiedono qualsiasi altra forma di apprendimento cioè modellaggio,imitazione e rinforzo. A favore della natura vi è il linguista NOAM CHOMSKY, secondo il quale il linguaggio si basa su meccanismi specifici innati e propri solo dell’uomo. Secondo CHOMSKY l’ambiente gioca un ruolo importante in quanto determina quale delle opzioni non specificate nello stato iniziale della facoltà del linguaggio vengono fissate, dando origine a lingue diverse. Per facoltà del linguaggio si intende quell’insieme di principi universali comuni a tutte le lingue, definiti anche grammatica universale, che sono innati nell’uomo e si attivano naturalmente quando i circuiti celebrali ad essi corrispondenti mutano. Vi sono poi aspetti variabili, i parametri, che il bambino deve applicare ad ogni lingua in Psicologia delle età della vita Berti Bombi 17 modo differente in quanto cambiano in base ad ogni lingua. Per fissare i parametri è necessaria l’esperienza, non l’apprendimento associativo che consiste nel riprodurre configurazioni regolari. 1.2 IL PUNTO DI VISTA COSTRUTTIVISTA L’alternativa al nativismo è quella di chi sostiene che all’acquisizione del linguaggio concorrono una serie di abilità che non sono proprie del dominio linguistico ma derivano dall’integrazione e ricombinazione di strutture che appartengono ad altre abilità cognitive,sociali, percettive e affettive. Quest’alternativa non costituisce un punto di vista unitario in quanto gli studiosi che la condividono si differenziano per due motivi 1- Alcuni mettono in primo piano lo sviluppo sociale, altri quello cognitivo e percettivo 2- Alcuni fanno riferimento alle teorie di Paget altri a quelle di Vygotskij Per questa ragione ogni teoria viene denominata costruttivista, interazionista o cognitivista-funzionalista. Noi utilizzeremo il termine costruttivismo poiché sottolinea ciò che accomuna le diverse posizioni ovvero l’dea che abilità e conoscenze linguistiche siano fondate su altre conoscenze e abilità. ELISABETH BATES e VIRGINIA VOLTERRA delineano gli assunti principali del costruttivismo. Secondo loro vi sono due teorie contrastanti: → TEORIA DELLA MODULARITA’ secondo cui il linguaggio deriva da una facoltà indipendente sia da quelle della mente che da quelle del cervello, dunque il linguaggio è l’esempio di un’improvvisa mutazione che porta ad una nuova abilità complessa. Il linguaggio è visto come un sistema modulare e che derivi da abilità innate e specifiche. → TEORIA COGNITIVISTA-FUNZIONALISTA (di cui le due autrici fanno parte) secondo cui il linguaggio derivi da processi mentali e neurali condivisi con altri domini percettivi,cognitivi e affettivi. Sostengono che il linguaggio si sia evoluto gradualmente da abilità preesistenti e che il suo sviluppo si basi su abilità cognitive e percettive generali. 2.LO SVILUPPO FONOLOGICO Fin dai primi giorni di vita i neonati riescono a distinguere i suoni anche se molto simili e le caratteristiche prosodiche del linguaggio (intonazione, pause,ritmo..). Nonostante questa capacità i nenoati non sanno produrre suono linguistici, dutante il primo mese di vita riescono solo a piangere e a produrre suoni riflessi e vegetativi (fisiologici) Ciò sta ad indicare che capacità uditiva e linguistica si sviluppano in modo sfalsato, come è avvenuto per la capacità percettiva e motoria. 2.1 PROCESSI SOTTOSTANTI ALLO SVILUPPO FONOLOGICO Vi sono 3 ostacoli che impediscono al bambino di produrre suoni: 1) Immaturità di alcuni organi coinvolti, come il tratto vocale che, nel neonato, ha caratteristiche anatomiche diverse rispetto a quello dell’adulto (forma e dimensione). Ciò limita i movimenti che l’infante può compie nere e di conseguenza i suoni che può produrre. 2) Controllo dei movimenti degli organi di fonazione, esso dipende dallo sviluppo del sistema nervoso centrale e dall’esercizio Psicologia delle età della vita Berti Bombi 20 Un altro modo in cui l’adulto può aiutare il bambino nel suo percorso è con la ripetizione e l’espansione delle espressioni del bambino. I vari modi in cui gli adulti aiutano i bambini sono in accordo con la teoria di VYGOTSKIJ secondo la quale i bambini apprenderebbero le abilità tipiche grazie all’interazione con persone più esperte. Secondo BRUNER gli adulti svolgono una funzione di supporto per l’acquisizione del linguaggio sanza il quale non sarebbe possibile l’attivazione dei processi interni postulati da CHOMSKY. 4.LO SVILUPPO DEL LESSICO 4.1 LE PRIME PAROLE Inizialmente il bambino usa in modo coerente certe seguenze di suoni che, se anche non appartengono al vocabolario adulto, permettono di far comprendere all’adulto cosa il bambino vuole intendere. Queste sequenze di suoni sono detti protoparole. Successivamente, verso i 12 mesi, il bambino inizia ad imitare i suoni che sente provenire da chi lo circonda , anche se non lo fa correttamente, queste imitazioni sono chiamate parole. Comprensione e produzione nel bambino si sviluppano con ritmi diversi ma, nonostante ciò, sono connesse, in quanto la comprensione dei suoni che sente permette una più facile produzione. Nel primo periodo della fase linguistica, detto periodo lessico emergente, l’accrescimento del lessico avviene in maniera piuttosto graduale mentre, verso i 18 mesi, si assiste all’esplosione del vocabolario. Le prime parole sono quelle che permettono di interagire con altre persone e di indicare oggetti della vita quotidiana. Il vocabolario dei bambini è costituito principalmente da nomi. • KATHERIN NELSON Sostiene che l’azione abbia un ruolo più importante della percezione per il bambino durante l’acquisizione delle prime parole. Il bambino infatti si concentra soprattutto sulle cose in movimento ma soprattutto sulle cose con cui possono interagire, quindi sugli aspetti dell’ambiente che sono più coinvolti nella loro attività. • DERDRE GENTNER Invece da più importanza alla percezione. Secondo la sua teoria, nel vocabolario dei bambini occidentali, sono più frequenti i nomi perché sono più facilmente accoppiati alle conoscenze sugli oggetti acquisite appunto grazie alla percezione. 4.1 DECONTESTUALIZZAZIONE E USO REFERENZIALE DELLE PAROLE Le prime parole che i bambini usano: • Sono molto legate ai contesti • Fanno parte integrante delle azioni in corso, quindi vengono usate per descrivere, indicare e commentare quello che si sta facendo. Ciò sta ad indicare che i bambini non hanno ancora compreso che le parole possono essere svincolate dalla realtà e possono essere usate anche quando i riferimenti non sono concretamente presenti. Non possiedono dunque ancora quella che PIAGET definisce funzione simbolica, la decontestualizzazione delle parole. Alcune studiose hanno cercato di capire se ci sono parallelismi tra un uso sempre più decontesualizzato e simbolico delle parole e le abilità che ,secondo Piaget, si basano sulla funzione simbolica. Hanno individuato 4 livelli di progressiva de contestualizzazione del linguaggio. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 21 Questi livelli, secondo le autrici, vanno di pari passo con i progressi compiuti dagli stessi bambini verso l’acquisizione del gioco simbolico. ( ) 1. Il bambino usa le parole per accompagnare i suoi schemi di azione. In base all’azione che sta compiendo utilizza delle parole inerenti a quel contesto, a quella realtà. Riconoscono solo l’uso appropriato dell’oggetto senza riuscire a svincolarsi dal contesto 2. Il bambino usa le parole anche per anticipare e ricordare degli schemi, utilizza le parole per ricordare o anticipare delle azioni, degli avvenimenti. Applicano i propri schemi al di fuori del contesto abituale 3. Le parole vengono usate anche per spiegare lo schema o indicare persone e oggetti che ne fanno parte. Fanno seguire da altri i propri schemi 4. Le parole possono categorizzare nuove persone, oggetti o avvenimenti, inizia la categorizzazione mentale degli elementi che lo circondano secondo una stessa caratteristica. Iniziano a mettere in atto gli schemi anche con oggetti che non hanno la funzione appropriata (fingono) 4.3 I SIGNIFICATI DELLE PRIME PAROLE Le prime parole corrispondono a <<categorie di base>> che risultano di più facile apprendimento in quanto corrispondono alle differenze percettive, dunque è anche probabile che i bambini usino un termine per riferirsi ad un insieme di oggetti molto più ampio,sulla base di somiglianze percettive o funzionali (es: tutti i maschi sono “papà”, tutti gli animali a quattro zampe sono “cani”). Ciò significa che vi è una sovraestensione del significato di quella parola a tutti gli oggetti che percettivamente e funzionalmente hanno caratteristiche simili. Più che un errore la sorvraestensione risulta un espediente a cui i bambini ricorrono per compensare la limitatezza del loro vocabolario. Il fenomeno opposto, la sottoestensione, può essere mascherata dal fatto che il bambino non usa spontaneamente un certo nome, dunque l’adulto non può comprendere se ciò avviene per il significato ristretto della parola o più semplicemente perché il bambino non ha voglia di dirla. La sovraestensione è molto più diffusa rispetto alla sottoestensione in quanto i bambini, dopo aver imparato una nuova parola, sono più attenti nell’estenderla ad oggetti diversi. 4.4L’ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO Verso i 18 mesi si manifesta una rapida estensione del vocabolario. Imparare una parola non richiede solo l’uso della memoria per memorizzare la sequenza di suoni, ma richiede anche la comprensione di ciò che questi suoni vogliono dire. Il bambino dunque, quando sente una nuova parola, formula delle ipotesi sul suo significato e cerca di verificarle. Il compito potrebbe essere facilitato da una definizione ostensiva,cioè dall’indicazione dell’oggetto a cui si riferiscono. Secondo WILLARD QUINE queste ipotesi sono infinite, dunque serve infinito tempo per verificarle. Ciò in realtà non succede, le ipotesi che formuliamo sono limitate in quanto sono guidate da dei vincoli. Secondo ELLEN MARKMAN i vincoli particolarmente importanti per il bambino sono 3: 1) Il vincolo dell’oggetto intero stabilisce che una parola si riferisce ad un oggetto nella sua totalità 2) il vincolo tassonomico stabilisce che una parola si riferisce ad una categoria, per fare ciò occorre stabilire il livello di generalità di una parola 3) il vincolo dell’esclusione reciproca stabilisce che ogni cosa ha un solo nome. Questo vincolo aiuta ad apprendere termini che denotano categorie di diverso livello (animale e cane non sono la stessa cosa. Animale si riferisce a cane ma non viceversa.) Anche le espressioni usate da chi interagisce con i bambini aiutano a fare ipotesi corrette sul significato (es. “il cane è un animale” suggerisce l’inclusione di una categoria in un’altra. “lui è bobbi” suggerisce la denominazione di un solo elemento.) Psicologia delle età della vita Berti Bombi 22 5.LOSVILUPPO MORFOSINTATTICO Con l’esplosione del vocabolario il bambino inizia a pronunciare più parole, una dopo l’altra. Ma non si tratta ancora di vere e proprie frasi,poiché le parole sono separate e manca l’intonazione. Per costruire una frase è necessario collegare in unità più ampie (frasi) le unità più piccole (parole) che il bambino ha imparato a padroneggiare. Inizialmente le parole che il bambino utilizza sono parole di contenuto, ROGER BROWN ha chiamato questo tipo di linguaggio telegrafico mentre altri studiosi lo hanno parlato di frase presintattica. Il linguaggio telegrafico non sono ancora guidate da regole sintattiche ma piuttosto da relazioni semantiche , come quelle che indicano i componenti di un azione, agente,mezzo,azione,oggetto. Prima il bambino cerca di esprimere le relazioni tra gli oggetti di cui parla, poi ampliano le sequenze che già padroneggia aggiungendo termini, sostituendoli con termini più appropriati fino ad arrivare a costruire espressioni nuove e più lunghe. Tra i 2-3 anni iniziano a comparire enunciati di due o più parole e anche articoli e preposizioni. A 3 anni e mezzo quasi tutti i bambini riescono a ripetere frasi pronunciate da adulti senza omettere nessuna parte. L’acquisizione degli elementi segue un ordine logico:da quelli più semplici e di uso più comune a quelli più complessi e di uso meno comune (es il primo articolo a comparire è “la” mentre “gli” appare più tardi). Un chiaro esempio del carattere attivo di queste acquisizioni viene dalla tendenza di applicare le regole-elementi acquisiti anche a situazioni o elementi “irregolari” a cui queste regole-elementi non andrebbero applicati. 6.LA SPIEGAZIONE DELLO SVILUPPO LINGUISTICO L’acquisizione del linguaggio è un’impresa molto complessa che richiede il coinvolgimento di abilità appartenenti ad ambiti distinti. Per comunicare è fondamentale che le abilità linguistiche si intreccino con le abilità sociali nonché con la nostra vita mentale. Gli adulti hanno un ruolo importante nell’acquisizione del linguaggio da parte del bambino. Essi facilitanoi compiti del bambino in quanto > rispondono ai loro segnali > li coinvolgono in giochi che comportano l’alternanza di turni inoltre gli adulti preparano i bambini alla comunicazione in quanto > si rivolgono a loro mediante un linguaggio semplificato > inseriscono le parole in contesti famigliari al bambino > fanno in modo che i bambini non si trovino circondati da un mondo totalmente sconosciuto, ma già segmentato in unità in cui il significato è reso trasparente dal fatto che una stessa parola viene pronunciata sempre in uno stesso contesto Psicologia delle età della vita Berti Bombi 25 3. Approccio funzionale o organizzazionale: è una sintesi delle due teorie precedenti. L’organizzazione delle emozioni è già presente nei primi anni di vita, poi le sue componenti si sviluppano diventando sempre più complesse con processi simili a quelli dello sviluppo cognitivo. Metodi di studio delle emozioni: osservazione naturalistica o strutturata, rilevazione di indici fisiologici Metodi di studio delle espressioni: esperimenti e studi osservativi 2.2 le emozioni sociali o autocoscienti Compaiono durante il secondo anno grazie allo sviluppo delle capacità di previsione, alle molteplici situazioni nuove in cui i bambini si trovano e alla consapevolezza di sé (costituisce una capacità cognitiva). Nascono così, sulla base delle emozioni fondamentali, le prime emozioni sociali, che Lewis definisce emozioni autocoscienti esposte (imbarazzo, invidia, gelosia ed empatia) in quanto richiedono l’esposizione del proprio sé allo sguardo altrui. In secondo luogo, con l’imposizione di regole principi e scopi, si sviluppano le emozioni autocoscienti valutative (orgoglio, senso di colpa, vergogna) che compaiono verso i 3 anni. 2.3 regolazione delle emozioni Durante il primo anno è esercitata soprattutto dai genitori. Il loro intervento è fondamentale poiché evita che il bambino arrivi a provare emozioni troppo forti e insegna al bambino stesso a regolarle. Un capacità rudimentale di regolazione è già presente negli infanti sottoforma di schemi di azione che permettono di liberarsi di stimoli spiacevoli. La capacità di autoregolazione migliora con lo sviluppo della capacità del bambino di controllare attivamente gli stimoli. Queste capacità sono ad esempio la deambulazione, che permette l’allontanamento da uno stimolo spiacevole , e il linguaggio. L’autoregolazione dipende anche dalle esperienze di attaccamento che il bambino sviluppa. L’esperienza di aver ricevuto un conforto favorisce lo sviluppo della capacità di dare conforto a se stessi. 2.4 comprensione delle espressioni Le espressioni rappresentano la manifestazione delle emozioni tramite cui le persone possono regolare reciprocamente il comportamento. È necessario, per sviluppare la competenza sociale, comprendere gli altri e saper regolare il proprio comportamento. Entro il primo anno i bambini comprendono le emozioni altrui e ne sono influenzati. Le espressioni permettono anche al bambino di decodificare situazioni incerte. 2.5 l’empatia Eisemberg definisce l’empatia come una risposta affettiva che sorge dalla percezione o comprensione dello stato emotivo altrui ed è simile a ciò che la persona sta provando. Secondo Darwin e gli etologi la reattività infantile alle emozioni altrui indica che esistono la capacità innata sdi comprendere le espressioni altrui e un istinto simpatetico o contagio emotivo che spinge a provare emozioni simili. Nei primi mesi è presente solo il contagio emotivo, verso i 10 mesi compare il disagio personale e dai 15 la simpatia Hoffman individua vari meccanismi che possono suscitare risposte empatiche: contagio, condizionamento classico, associazione tra ciò che accade all’altro e la propria esperienza e mettersi nei panni altrui. 3.temperamento e personalità Psicologia delle età della vita Berti Bombi 26 Con il termine temperamento si indicano le differenze individuali nei processi psicologici di base,esse costituiscono il nocciolo emotivo, attivazionale, attentivo e sensoriale della personalità. Una caratteristica può essere considerata come tratto del temperamento se è misurabile, in termini di intensità di risposta, tempi di latenza, durata e tempo di recupero. Inoltre il temperamento è visibile già neo bambini e appare completo entro l’età prescolare. Esso è legato a meccanismi biologici e ha persistenza a lungo termine. Con il termine personalità si indica invece un insieme più generale, comprendente valori abilità e abitudini frutto dell’esperienza. Thomas e Chess (NYLS) hanno classificato tre tipi di temperamento in base a 9 dimensioni. I bambini che rientrano nel temperamento facile hanno presentato ritmi biologici regolari,attrazione verso le novità, buone capacità di adattamento, buona reazione agli stimoli e buon umore. I bambini con un temperamento difficile hanno invece presentato ritmi biologici non regolari,paura delle novità adattamento lento e reazioni eccessive. I bambini con temperamento lento a scaldarsi presentano un basso livello di attività, ritmi biologici vari e adattabilità lenta, ma tutto ciò solo in un primo momento, dopo poco si comportano come i coetanei con temperamento facile. (La fonte di questo studio sono i genitori) È necessario tener conto anche dei genitori che, possono intervenire sul temperamento dei bambini mediandone l’effetto. Big five model (McCrae e Costa): modello secondo cui la personalità può essere ricondotta a 5 dimensioni principali. Costa ha anche suggerito i processi che contribuiscono a strutturare la personalità: in primo luogo il temperamento influisce sui processi di apprendimento (es: persona con temperamento curioso = permette l’apertura mentale). In secondo luogo il temperamento di un bambino suscita negli altri delle reazioni che possono consolidare o meno le caratteristiche di quel determinato temperamento. In ultimo il temperamento influisce sullo sviluppo della personalità a seconda della percezione dell’ambiente da parte del soggetto. Questi meccanismi strutturano la personalità in modo coerente con la dotazione temperamentale di base. Ciò non significa che la personalità è identica al comportamento. Possono verificarsi dei cambiamenti normativi (modificazioni che avvengono con lo sviluppo) o non normativi (modificazione che un individuo deve compiere autonomamente). CAPITOLO 5 LO SVILUPPO SOCIALE 1.teoria dell’attaccamento La relazione che l’infante instaura con la figura che più si prende cura di lui (solitamente la figura materna) è considerata a tutti gli studiosi fondamentale per le relazioni future che l’infante instaurerà. L’amore interessato è alla base di due teorie seppur diverse: • Comportamentismo: la soddisfazione di bisogni primari costituisce un rinforzo primario per l’infante (fame-latte). Per condizionamento classico gli eventi associati diventano rinforzi secondari (latte-madre). Il bisogno di questo rinforzo cere una pulsione secondaria (dipendenza dalla madre) e questa dipendenza genera ricerca di attenzioni, vicinanza, paura degli estranei. Questa dipendenza è positiva solo nei primi anni di vita. • Psicoanalisi freudiana: l’infante inizialmente occupa una posizione di narcisismo primario, cioè è interessato al proprio corpo, che considera fonte di piacere. L’esperienza di soddisfazione dei bisogni attiva l’interesse verso la fonte di soddisfazione (solitamente la madre). Questa soddisfazione ha natura sessuale. La conclusione a cui Psicologia delle età della vita Berti Bombi 27 arriva Freud è che le relazione non hanno origine sociale ma nascono dal bisogno cioè nei confronti di chi si prende cura dell’infante. Bowlby, psichiatra britannico di formazione psicoanalitica, parte dal concetto dell’etologia secondo cui gli umani hanno tendenza innata a cercare vicinanza e contatto con individui della propria specie. Ciò è definito attaccamento. Questa tendenza non dipende dal cibo, ha funzione adattiva di difesa ed è un comportamento specie-specifico, cioè istintivo, organizzato in un sistema comportamentale a se stante , ovvero indipendente da quelli del sesso e dell’alimentazione, che permette il mantenimento della vicinanza. Il sistema comportamentale dell’attaccamento è all’origine dei legami affettivi e delle emozioni che li caratterizzano. Nell’uomo ha molta importanza la comunicazione emotiva, che rappresenta l’unico mezzo comunicativo tra infante e madre. Essa è un potente scatenatore innato di risposte negli adulti. Secondo Bowlby le relazioni tra infante e madre, e più in generale le relazioni tra individui, hanno alla base il concetto di amore interessato, in quanto nascono poiché sono utili al soddisfacimento di un certo bisogno. La capacità di stringere legami emotivi intimi è considerata una delle caratteristiche fondamentali per un funzionamento efficace della personalità e della salute mentale. Bowlby rifiuta dalla psicoanalisi 1. L’affermazione secondo cui le relazioni nascono in relazione a cibo e sesso 2. La nozione di narcisismo a favore dell’idea di un’innata predisposizione alla socialità 3. Le fasi di sviluppo psicosessuali, nonché l’idea di un processo maturativo, universale in cui le differenze individuali si riducono a fissazione o regressione a uno stadio. Introduce invece l’idea che vi siano diversi tipi di attaccamento e che una vita relazionale positiva derivi da un attaccamento sicuro. Dunque: 1. un individuo fiducioso della disponibilità della figura di attaccamento sarà meno propenso a paure croniche 2. le aspettative generate dalla fiducia che si sviluppa durante infanzia fanciullezza e adolescenza, tenderanno ad essere immutate nel corso della vita 3. le aspettative formate in questi anni sono riflessi abbastanza esatti di esperienze reali. Modelli operativi interni: secondo Bowlby l’influenza delle prime relazioni di attaccamento sulle successive è mediata dai modelli operativi interni, ovvero codificazioni mentali che perdurano nel tempo e guidano l’elaborazione delle informazioni sociali. Essi includono: il sé, la relazione di attaccamento e la figura di attaccamento. In questa prospettiva il sé è il riflesso delle immagini che un individuo riceve dagli altri, dunque il modello operativo dell’io si sviluppa in base a quanto questo sia accettabile dalla figura di attaccamento, modello dell’io e modello della figura di attaccamento si sviluppano in modo da essere complementari. Esistono dunque diversi tipi di attaccamento, caratterizzati dalla fiducia nei confronti della figura di attaccamento. Bowlby ha richimato l’attenzione sulla necessità di costruire degli strumenti per identificarli e misurarli. Mary Ainsworth ha messo a punto una procedura di osservazione sistematica la strange situation, essa consiste nel condensare diverse esperienze per mettere in evidenza il tipo di legame esistente tra bambino e madre. Ciò ha consentito di identificare 4 tipi di attaccamenti (1 sicuro e gli altri ansiosi): 1. Attaccamento sicuro: il bambino, durante le diverse situazioni in presenza o meno della madre, si dedica all’esplorazione e usa la madre come “base sicura” . il bambino è sicuro della disponibilità della madre. 2. Attaccamento insicuro-evitante: il bambino sta alla larga da ciò che non conosce Psicologia delle età della vita Berti Bombi 30 12 mesi:primi tentativi di tracciare segni 2 anni: scarabocchi non simbolici con controllo visivo dei movimenti 3 anni: il bambino inizia a comprendere e riconoscere il valore simbolico di immagini bidimensionali. Sviluppa le prime rappresentazioni pittoriche e sviluppa il sistema di denotazione (corrispondenza segni oggetti) Per molti studiosi il disegno è indipendente dalla cultura , per altri invece la cultura influenza sia la scelta dei temi che lo stile. Il disegno della persona umana infatti ha tratti comuni nelle diverse culture ma non obbedisce a moduli universali di rappresentazione, varia l’età del bambino che lo raffigura e le modalità di connessione delle varie parti componenti 2 limiti dello stadio preoperatorio Secondo Piaget nonostante i progressi che ha fatto il bambino, i concetti che quest’ultimo costruisce non possono essere classificati come concetti in forma matura, ovvero come i concetti che si creano gli adulti. Quelli dei bambini sono ancora preconcetti poiché non possiedono le caratteristiche dei concetti veri e propri: 1. Sono rappresentazioni mentali di insiemi di oggetti o eventi, cioè di categorie (per Piaget classi) 2. Sono costituiti da elenchi di proprietà necessarie e sufficienti per stabilire quali entità appartengono al concetto. 3. Sono collegati tra loro tramite classificazione gerarchica (tra concetti subordinati e superordinati) o incrociata (creazione di un concetto in cui sono compresenti le proprietà di due concetti diversi). La mancanza di questi collegamenti impedisce ai bambini di effettuare ragionamenti deduttivi ed induttivi. 2.2 sviluppo delle operazioni di: >classificazione: classificare significa ripartire in gruppi degli oggetti o individui, secondo delle caratteristiche comuni. La classificazione può essere additiva (addizione di classi, confrontare una classe con una in essa inclusa) o moltiplicativa (riconoscere tra i componenti di classi diverse quelli che, avendo una caratteristica in comune, possono formare una nuova classe). • I bambini tra 2-5 anni non raggruppano seguendo un criterio comune agli oggetti,ma costituiscono collezioni figurali (basate si rapporti spaziali), collezioni tematiche (rappresentanti situazioni) e raggruppamenti per somiglianze (in cui il criterio che utilizzano muta di continuo). • A 5-6 anni iniziano a distinguere tra insieme ed individuo singolo costituendo collezioni non figurate, non sono ancora vere e proprie classi, ma il criterio di comparazione tra i singoli elementi non muta più. • Dopo i 7-8 avviene la comprensione di classificazione di tipo additivo e moltiplicativo >seriazione: operazione di seriazione significa individuare e collegare le gradazioni in una proprietà di oggetti o eventi (relazioni “più- meno”). La seriazione può essere additiva (collegare varie coppie di oggetti che differiscono lungo la stessa dimensione-9 o moltiplicativa (ordinare oggetti o eventi tenendo conto di due relazioni alla volta che possono riguardare lo stesso insieme di oggetti oppure molteplici insiemi) • A 4-5 il bambino è in grado di individuare relazioni tra coppie isolate • A 6-7 iniziano a sperimentare la seriazione additiva • Dopo gli 8 anni possono operare su serie additive già formate inserendo ulteriori elementi (“più del precedente, meno del seguente”) e sono in grado di risolvere seriazioni moltiplicative incrociando le gradazioni di più proprietà. Irreversibilità = causa delle difficoltà che il bambino incontra nei compiti di classificazione e seriazione. È l’impossibilità di annullare , invertire o compensare un certo risultato. Essa si manifesta nei compiti di conservazione, es: se ho due palline di plastilina identiche e una viene schiacciata il bambino interpreta questa trasformazione come una diminuzione del materiale, essi dimostrano che i bambini di concentrano sugli stati e non sulle trasformazioni. 2.3 l’egocentrismo intellettuale Psicologia delle età della vita Berti Bombi 31 Secondo Piaget l’egocentrismo intellettuale rappresenta la caratteristica più generale del pensiero preoperatorio. È definito come la tendenza a prendere il proprio punto di vista momentaneo come assoluto, senza considerare la possibilità che ne esistano degli altri. Egocentrismo intellettuale  egocentrismo integrale Incapacità di distinguere tra percezione propria e altrui Incapacità di distinguere tra realtà interna ed esterna 3 le idee dei bambini sulla realtà Secondo Piaget i bambini, avendo un diverso modo di pensare, abbiano anche una diversa visione del mondo. Lo studioso si pone due quesiti: A. Distinguono tra mondo esterno ed interno? Per rispondere utilizza il metodo del colloquio clinico arrivando alla conclusione che i bambini inizialmente confondono mondo interno(psichico) ed esterno (materiale) e ciò si manifesta con la materializzazione dei prodotti dell’attività psichica e l’umanizzazione degli oggetti del mondo esterno. La confusione tra mondo esterno e interno si manifesta secondo Piaget attraverso tra tendenze: → Animismo: tendenza a considerare i corpi come vivi e dotati di intenzione → Artificialismo: tendenza a considerare le cose come il prodotto dell’attività umana → Finalismo: tendenza a identificare le cose in base al fine che consentono all’uomo di realizzare B. Che nozione hanno di casualità? Secondo Piaget fino a 7-8 anni i bambini non possiedono la distinzione basilare tra causazione personale (basata su desideri e credenze) e impersonale (come ad esempio la casualità meccanica). Fino a 7-8 anni i bambini spiegherebbero le azioni delle entità naturali attribuendole a obblighi e doveri, dunque prevalgono concezioni di tipo animistico e artificialistico. In seguito si presenta anche la concezione finalistica. Queste tre tendenze dunque rappresentano delle forme di spiegazione precausale poiché non distinguono tra attività umana e naturale e tra casualità psichica e fisica. Attraverso il superamento dell’egocentrismo intellettuale, dal quale derivano le caratteristiche del pensiero infantile, che avviene attraverso l’incremento dei rapporti sociali, il bambino potrà avvicinarsi alla concezione della realtà materiale e mentale vicina a quella degli adulti. 4 critiche e punti di vista differenti a Piaget I. Aver considerato le risposte dei bambini come indici delle loro strutture cognitive (ovvero la loro competenza), senza aver tenuto conto del fatto che le azioni dei bambini (la loro prestazione) dipendono da altri fattori, come la memoria, l’interesse e l’attenzione (collegamento con H.I.P. pg 65). Molti sostengono che i bambini di 5 anni, messi in condizioni più semplici, sanno conservare, classificare e seriare. II. Secondo l’approccio innatista i bambini sarebbero già dotati di precoci conoscenze e abilità. Secondo questo approccio i bambini sono definiti come teorici in erba 4.1 bambini come teorici in erba Susan Carey propone una teoria che si distacca nettamente da quella di Piaget (punto di vista olistico) e da quella dell’H.I.P. (punto di vista pluralistico). I. Il bambino e il non scienziato costruiscono teorie “ingenue” simili a quelle scientifiche. Hanno in comune diverse caratteristiche: impiegano concetti astratti,sono coese,si appellano a strutture causali sottostanti,hanno funzione di predire, interpretare e spiegare, si distinguono in teorie cornice e specifiche II. I bambini alla nascita sono già dotati di teorie rudimentali come la fisica, la psicologia e la teoria dei numeri. Queste teorie innate consentono di collegare e interpretare le informazioni che il bambino riceve dall’ambiente e dunque rendono possibili i progressi. I progressi avvengono quando i bambini incontrano dati che le loro teorie non sono in grado di interpretare e che quindi sono formulabili solo sottoforma di generalizzazioni empiriche. L’accumularsi di generalizzazioni che la teoria non è in grado di spiegare spinge al suo arricchimento fino alla generazione di una nuova teoria. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 32 Teorie = uno dei tipi di strutture cognitive presenti della memoria a lungo termine. Accanto ad esse vi sono abilità e conoscenze della realtà o generalizzazioni empiriche Generalizzazioni empiriche = sintetizzano le informazioni provenienti dalla realtà esterna attraverso script (descrivono la struttura di eventi ricorrenti) e narrazioni (descrivono sequenze di azioni e stati mentali). Differenza tra teorie e generalizzazioni: le generalizzazioni si riferiscono a entità visibili, hanno potere solo di previsione e non esplicativo e usano concetti descrittivi. Entrambi derivano da processi generali per dominio, applicabili a campi diversi. Moduli = sono applicabili solo a certi stimoli e in base a questi producono automaticamente un output. Essi sono connessi ad un’architettura neurale fissa, si sviluppano endogenamente ovvero secondo schemi fissi e sono associati a deficit caratteristici. 4.2 conoscenza della vita mentale- teoria della mente Gopnik e Meltzoff : • Alla nascita: il neonato ha consapevolezza della somiglianza con altre persone, ha una rappresentazione astratta del corpo, sa imitare i movimenti altrui e generalizzare le proprie esperienze vissute agli altri, attribuendoli ciò che loro stessi hanno provato. • A 18 mesi sviluppano il concetto di desiderio, ciò dimostra che sanno distinguere il desiderio da un qualcosa di reale. E a 3 anni circa sviluppano i concetti di pensieri e credenze, distingue attività mentale da realtà esterna. • A 4 anni si crea la nozione di falsa credenza • A 3-4 anni il bambino sa distinguere tra singole azioni e azioni quotidiane. Per prevedere o spiegare azioni ricorrenti la psicologia ingenua e quella scientifica ricorrono a concetti disposizionali, che indicano proprietà considerate permanenti anche se si manifestano solo in certe circostanze. Questi concetti sono i tratti di personalità La teoria della memoria si articola a sua volta in teorie specifiche dedicate ai diversi aspetti della mente. 4.3 biologia ingenua A differenza della psicologia e della fisica ingenua, che sono presenti fin dalla nascita e si sviluppano con arricchimenti e revisioni, la biologia deve essere costruita dal bambino partendo dalla psicologia, dunque ne è un distaccamento. Nasce dalla psicologia grazie alla costruzione di concetti e modalità di spiegazioni distinti, e questo è un processo che si realizza con l’accumularsi di generalizzazioni empiriche che non possono essere spiegate in termini di psicologia ingenua. A 4 anni il bambino capisce che vi sono caratteristiche fisiche e attività del corpo che non possono essere spiegate tramite la psicologia ingenua. A 5 anni comprendono la nozione di crescita che presto porterà a quella di essere vivente. A 6 anni compare la nozione di forza vitale che contribuirà alla costruzione della nozione di vita In età prescolare però la distinzione tra animali diversi dipende dall’aspetto esteriore e dai comportamenti A 7-8 anni si crea la teoria dei contenitori secondo cui gli organi hanno funzione di contenere e di provocare il movimento delle sostanze all’interno del corpo. A 10 anni il bambino descrive il corpo come una macchina nella quale organi e sostanze si muovono e i loro movimenti sono reversibili e coordinati. È l’esperienza che permette l’arricchimento e la nascita di nuove teorie, per questo l’ambiente fisico e sociale ha ruolo molto importante sul piano dello sviluppo. Le teorie ingenue comprendono nozioni che i bambini non possono aver ricavato dalla loro esperienza diretta ma che devono per forza acquisire da altri. Assume ruolo importante la trasmissione culturale, che è la caratteristica peculiare della nostra specie. Essa ha permesso accumulazione delle conoscenze nel corso delle generazioni e si basa Psicologia delle età della vita Berti Bombi 35 È stata studiata in due modi: osservando i comportamenti spontanei dei bambini oppure chiedendo ai bambini cosa fare nel caso di sofferenza. Con l’osservazione si è visto come i bambini tra 3-4 anni (età prescolare) utilizzino varie strategie di: -restrizione degli imput (coprirsi gli occhi per non vedere una scena paurosa) - richiesta di aiuto e conforto - minimizzazione della portata di un evento e anticipazione della sua fine -gioco simbolico (finalizzato a suscitare emozioni positive e a distrarre da quelle negative) Dai 5-6 anni gli studi sono stati fatti con interviste. È risultato che i bambini sanno spiegare verbalmente come far passare emozioni spiacevoli Dai 9-10 anni iniziano a far riferimento anche ai processi mentali (distrarsi, dimenticare) 3 LA MORALITÀ Lo sviluppo morale è un processo che comprende molteplici componenti ed è intrecciato con lo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo. 3.2 MORALITA’ ED EMPATIA Le emozioni concorrono a formare le basi per la moralità. La capacità presente già nell’infante di comprendere le espressioni delle emozioni fondamentali, consente di osservare gli effetti materiali ed emotivi delle proprie azioni e incanalare il bambino verso le regole sociali. Sono i sentimenti di empatia (ovvero le emozioni empatiche) le vere e proprie basi per la moralità, poiché spingono il soggetto ad agire positivamente per alleviare la sofferenza altrui e per rimediare alla sofferenza altrui se si ritiene di esserne la causa. L’empatia è quindi alla base dei comportamenti altruistici e pro sociali. Azioni altruistiche = azioni volontarie volte a beneficio di un’altra persona senza l’intento di ricavarne vantaggi personali. Per definire altruistica un’azione bisogna conoscere le intenzioni di chi le esegue. Azioni prosociali = azioni compiute a beneficio di un’altra persona, indipendentemente dal movente (possono anche esserci benefici personali). Termine più sociale rispetto al termine altruismo in quanto l’unica caratteristica che un’azione deve avere per essere definita prosciale è che sia rivolta agli altri. • Psicoanalisti: il comportamento pro sociale è frutto del senso di colpa e dei valori interiorizzati del super-io • Apprendimento sociale: l’imitazione rappresenta il processo critico per l’acquisizione di comportamenti positivi • Teoria socialcognitiva: le norme morali derivano non solo da fattori individuali ma anche dalla valutazione delle reazioni altrui. • Teoria cognitivo-evolutiva di Piaget: sottolinea il ruolo del ragionamenti morale • Eisenberg: modello che tiene conto di fattori individuali e situazionali Hoffman e il dispiacere empatico: da origine al senso di colpa che a sua volta spinge il soggetto a compiere azioni altruistiche o prosociali. Si sviluppa attraverso una sequenza di 4 stadi che vanno in parallelo con lo sviluppo della consapevolezza di sé e delle altre persone. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 36 I 4 stadi Consapevolezza di sé Dispiacere empatico 1 anno Differenziazione sé altro ancora confusa egocentrico 1-2 anni Consapevolezza di sé e altri come entità fisiche distinte Quasi egocentrico 2 anni Consapevolezza che gli stati interni degli altri sono indipendenti dai propri Vero dispiacere empatico solo se le emozioni altrui sono visibili, in seguito anche quando non lo sono 5-8 anni Sé e altri hanno identità e storia differenti d.e. senza vedere esplicitamente la causa, si capisce che le persone possono non mostrare ciò che realmente provano A 8-12 anni si sviluppa l’empatia per la vita di una persona e nell’adolescenza si sviluppa l’empatia per un gruppo sofferente 3.3 GENESI E SVILUPPO DEL SENSO DI COLPA Il senso di colpa deriva da molteplici fattori, essi sono: il dispiacere empatico, la coscienza di se e l’attribuzione a se stessi di un’azione dannosa. Secondo Hoffman questo intreccio non si realizza spontaneamente, ma richiede necessariamente l’intervento di una persona esterna, generalmente un adulto o un genitore. Ciò è dimostrato dal fatto che i bambini dai 12mesi ai 3 anni sono empatici solo se osservano il dispiacere come spettatori innocenti, quando sono loro a provocare la sofferenza, volontariamente o no, non ne danno molto peso, poiché hanno atre azioni a cui pensare. È dunque necessaria che l’azione aggressiva sia impedita da un individuo esterno che faccia capire al bambino in che modo il proprio comportamento danneggi la vittima, richiamando l’attenzione su comportamenti osservabili o sentimenti. Intervento disciplinare basato sull’induzione: suscita nel bambino che ha compiuto l’azione dispiacere empatico, che combinandosi con l’attribuzione a sé della sofferenza della vittima si trasforma in senso di colpa. Intervento disciplinare basato sull’asserzione di potere: consiste nell’uso di minacce fisiche oppure nel privare il bambino di possessi e privilegi Intervento disciplinare basato sul ritiro dell’amore gli ultimi due tipi, se sono le tecniche usate più di frequente, diventano controproducenti. L’intervento disciplinare è necessario per: 1. Interrompere l’azione negativa 2. Far notare le conseguenze 3. Suggerire una riparazione Se vi fosse solo il senso di colpa per la trasgressione, cioè quello conseguente alla malefatta, sarebbe di scarsa utilità per la vita sociale, poiché non avrebbe la funzione di prevenire. Ha funzione di prevenire il senso di colpa anticipatorio, che si forma dopo ripetuti interventi disciplinatori. Ripetuti interventi disciplinatori formano uno scripts = trasgressione-intervento-senso di colpa. Quando questo scripts è assimilato, basta la manifestazione di un evento corrispondente ad una sua parte, per far si che si attivi interamente e poi basterà solo il pensiero di compiere Psicologia delle età della vita Berti Bombi 37 un’azione a suscitare senso di colpa (senso di colpa antcipatorio) . Inizialmente gli scripts sono specifici, con lo sviluppo i bambini poi ne creano altri più generali fino a crearne uno più astratto che include tutte le azioni che possono recare danno agli altri. Grazie a ciò i bambini A. Si emancipano dal controllo esterno B. Assimilano le regole, le fanno proprie C. Modificano i loro scripts in : trasgressione-senso di colpa. Senso di colpa ed empatia aumentano per tutta la fanciullezza. 3.3IL COMPORTAMENTO MORALE La capacità di autoregolare il proprio comportamento in base alle regole assimilate, permette di seguire i propri principi morali oppure compiere l’azione empatica. 12-18 mesi i bambini iniziano ad obbedire sul momento a semplici comandi dei genitori 2 anni: inizia la vera comprensione della regola 2 anni e ½ :verbalizzano le regole,hanno rispetto e la loro obbedienza è prevedibile È la disobbedienza dare significato all’obbedienza. Dai 2 a 5 anni si inizia ad osservare inizialmente il semplice rifiuto, successivamente la sfida all’adulto e di conseguenza strategie di negoziazione Autocontrollo:capacità di resistere alle tentazioni. Viene studiato all’interno di un paradigma sperimentale di differimento della giustificazione. Consiste nel tenare il bambino dopo avergli imposto una regola. Con questo metodo si è visto che questa capacità inizia a formarsi in età prescolare e prosegue nel corso della media fanciullezza. L’autocontrollo che si utilizza nella prima infanzia predice quello di età successive. Sviluppo della nozione di bugia → i coniugi Stan sono i primi che hanno notato la presenza di pseudo bugie involontarie anche nei bambini molto piccoli. → Piaget indaga con il colloquio clinico e attraverso il racconto di storie dilemmatiche. Indaga su due punti La nozione di bugia: per i bambini più piccoli le bugie sono parole cattive, successivamente assumono il significato di affermazioni false e infine quello di falsità tese ad ingannare. Gravità della bugia: i bambini più piccoli (6 anni) giudicano le bugie in base a l’effetto che producono, ovvero in base al criterio del realismo morale. I bambini più grandi invece valutano l’intenzione di una bugia, se era volta a fare del bene non è una bugia grave. → Nell’ambito della teoria della mente vengono fatti esperimenti con il paradigma della “falsa credenza”, a 3 anni il bambino non sa difendersi con la bugia,mentre a 4 sa mentire per difendersi 3.4 IL GIUDIZIO MORALE • PSICOANALISI E COMPORTAMENTISMO: vedono la moralità come il frutto di un processo di interiorizzazione di regole trasmesse dagli adulti (importanza del ruolo dell’adulto) Psicologia delle età della vita Berti Bombi 40 In ogni cellula vi è un nucleo e 46 cromosomi costituiti da DNA. Il DNA è una macromolecola formata da catene di segmenti, detti geni. Nei geni sono codificate le informazioni necessarie alla trasmissione ereditaria. Le uniche cellule con un numero diverso di cromosomi sono i gameti. Essi ne hanno infatti 23 e dalla loro unione nasce uno zigote avente 46 cromosomi. Nella meiosi (processo con cui si formano i gameti) intervengono processi di variabilità individuale L’idea di base della genetica del comportamento:maggiore è la condivisione genetica, minore saranno le differenza. Ma è da sottolineare che genitori e figli non condividono solo i geni ma anche l’ambiente. Per separare questi due fattori sono stati fatti fatti studi su figli adottivi e gemelli monozigoti/dizigoti. Il oeso dei fattori genetici viene stimato rispetto a quelli ambientali. Per questo si distingue tra: influenze ambientali condivise e non condivise, solo quelle non condivise sono realmente imputabili all’ambiente. ESSERE FIGLIO UNICO ISTAT(2000): 45% FIGLI UNICI, 43% DUE FIGLI, 12% TRE O+ FIGLI. Negli anni 30, con l’intensificazione delle ricerche, è emerso che essere figli unici risultava un handicap sociale. Questo stereotipo negativo è stato ridimensionato, altre ricerche hanno infatti sottolineato i vantaggi dell’essere figli unici. Infatti sulla condizione di figlio unico incidono molti fattori di carattere intrafamigliare e sociale, che determinano diverse tipologie di figli unici. Stessa cosa accade nelle relazioni tra fratelli. 2.2 I NONNI Non in tutte le culture è scontata la presenza dei nonni nella vita dei nipoti. In italia però i nonni hanno un ruolo molto importante, circa il 17% delle coppie contano sull’aiuto dei nonni anche se la convivenza è rara. I nonni hanno ruolo molto importante soprattutto in età prescolare: acquisiscono dimensione affiliativa (capacità di fare qualcosa insieme per il puro piacere di farla). Si è riscontrata una preferenza maggiore dei nonni materni rispetto a quelli paterni e delle nonne rispetto ai nonni. La figura dei nonni mantiene carattere positivo ma diviene marginale con l’adolescenza, quando i ragazzi investono di maggior significato le figure extrafamigliari (marginalità= valori ed esperienze passate). 3. I RAPPORTI CON I COETANEI Gruppo = categoria sociale Gruppo piccolo o faccia a faccia = insieme di persone che si conoscono direttamente (almeno 2: diade, da3 a 30: piccolo gruppo). Nel gruppo, a differenza della diade, possono verificarsi sottogruppi o coalizioni e dissensi e conflitti. Il gruppo si distingue da aggregazioni casuali per: obbiettivi condivisi,norme di comportamento e strutture (modalità di relazioni relativamente stabili tra i membri) che possono essere affetive, di potere o di ruolo. 3.1 IL GRUPPO DEI COETANEI Contesto in cui i bambini esercitano la loro capacità relazionale è in primis la scuola dell’infanzia > Studi degli anni 30 e 70: lo stare insieme dei bambini piccoli è sostanzialmente un aggregarsi epidermico, solo con l’adolescenza i ragazzi sono in grado di descrivere un gruppo come una struttura unitaria e coesa. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 41 > Studi degli anni 80 Strayer: si sono mossi dall’interesse di etologi e sociobiologi. Sono studi che correggono quelli precedenti. Sostengono che già a 2-3 anni vi sono forme embrionali di articolazione in gruppi e verso i 5 anni vere e proprie articolazioni in strutture gerarchiche (di dominanza) e affiliative (cricche). Strayer ha identificato una lista di comportamenti affiliativi (tendenti a tenere la prossimità tra i componenti dei gruppi, sono rivolti solitamente verso compagni particolari, possono dare origine a cricche) aggressivi (dannosi e potenzialmente antisociali danno origine ad una struttura di dominanza) e altruistici (che procurano vantaggi ad altri, servono solitamente ad inibire l’aggressività dei più forti). 3.2 GRADI DI COINVOLGIMENTO SCIALE Parten ha classificato le attività infantili in base al grado di partecipazione sociale in esse implicato. • Attività non sociali: gioco solitario, declinano verso i 2 anni ma sono comuni a tutta l’età prescolare. • Gioco parallelo: primo grado di coinvolgimento sociale,i bambini giocano indipendentemente li uni dagli altri ma in circostanze che li accomunano. • Gioco associativo: svolgono attività uguali o simili, le azioni hanno carattere comune. È un gioco poco strutturato, quindi la partecipazione non è essenziale. • Gioco cooperativo: gioco organizzato in cui i partecipanti hanno ruoli diversi. Vige un forte sentimento di insieme. L’azione ha carattere finalizzato e organico. Le ricerche più recenti che le forme di gioco emergono nell’ordine indicato da Parten ma che non costituiscono una sequenza stadiale. Riallacciandosi a Piaget alcuni avevano descritto il gioco parallelo come manifestazione dell’egocentrismo infantile,ma altri studiosi hanno messo in luce che questa tipologia di gioco è seguita da fasi di gioco associativo e cooperativo. Dunque è come se avesse funzione di avviare i bambini ad un’attività comune. È considerato errore interpretare il gioco solitario come meno evoluto, è negativo solo se viene esercitato da bambini che non riescono ad integrarsi nei gruppi. 3.3 RELAZIONI DIADICHE È possibile anche individuare nei gruppi che si creano nel periodo della scuola dell’infanzia delle diadi, individuate per il trattamento specifico che i componenti si riservano reciprocamente. Alcuni vedono questi rapporti preferenziali come “amicizie in erba”. I bambini della scuola dell’infanzia (4-5 anni) manifestano preferenze unilaterali e reciproche e sono in grado di differenziare amici e semplici conoscenti. Ancora però non sono in grado di cogliere il carattere permanente dell’amicizia e vi è uno scarto tra competenze tacite e esplicite. I bambini in questo periodo sono ancora fortemente dipendenti dagli adulti. IL COMPAGNO IMMAGINARIO Si manifesta nella prima fanciullezza ma spesso può persistere fino all’età adulta. Inizialmente veniva preso come allarme di difficoltà psicologiche, ma questa definizione è stata ridimensionata, è stato dimostrato che esso può essere considerato parte integrante del normale processo di sviluppo psichico. Avrebbe dunque funzione compensatoria, però i bambini che si esercitano con il compagno immaginario non mostrano carenze nelle abilità relazionali. Dunque alcuni autori fanno derivare dal compagno immaginario dei benefici: i bambini si mostrerebbero come più creativi, più caparbi e le loro relazioni reali sarebbero caratterizzate da maggior intensità e intimità. Come per Piaget, sembra rafforzarsi l’immagine del compagno immaginario come “banco di prova” 4. GIOCO E SOCIALIZZAZIONE Non è una classe di comportamenti a sé ma una disposizione applicabile a qualunque azione. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 42 MEAD: è fattore di sviluppo sociale, favorisce l’assunzione del punto di vista altrui INTERAZIONISMO SIMBOLICO: gli scambi sociali sono possibili per la condivisione di significati costituita nello sviluppo. Le interazioni efficaci implicano uno scambio di prospettive che si basa su un altro generalizzato, spettatore interno delle nostre azioni e rappresentante astratto della società in cui viviamo. Gioco sociodrammatico: gioco simbolico complesso a cui partecipano più bambini. Il bambino svolge una sola parte ma deve conoscere bene anche ciò che fanno e potrebbero fare gli altri per poter svolgerla bene. Deve quindi tener conto del proprio ruolo e dei ruoli altrui. DIFFERENZE DI GENERE NEL GIOCO ERIKSON: osserva i giochi di costruzione e nota come i maschi siano propensi alla costruzione di torri e edifici, considerati simboli felici. Mentre le femmine siano propense alla costruzione di strutture basse e ampie e di spazi allusivi all’accogliere dentro di se. In ricerche più recenti è emerso come, all’interno di diverse scuole dell’infanzia, siano nettamente separati giochi femminili e maschili. 5.SVIULUPPO DELLE DIFFERENZE DI GENERE Nella scuola dell’infanzia è osservabile la presenza di un mondo maschile e uno femminile, ciò dipende dall’aggregarsi dei bambini e anche dall’interesse per giochi differenti. La divisione per sesso è conseguenza e causa delle diversità di interessi e comportamenti tra maschi e femmine. 5.1 LA TIPIZZAZIONE DI GENERE Per tipizzazione di genere si intende l’assunzione di modi di comportamento e preferenze concordanti con quelle ritenute appropriate al proprio sesso biologico e anagrafico. I bambini iziano a mostrarne dei segni anche prima della scuola dell’infanzia. La tipizzazione è un processo piuttosto lungo e sfaccettato che secondo Huston si manifesta in almeno 6 ambiti (sesso biologico o categoria sessuale,attività e interessi,attributi personali e sociali,relazioni,stili e simboli e valori) mediante almeno 4 punti di vista psicologici (cognitivo, dell’identità,motivazionale e comportamentale). La tipizzazione però non è un fenomeno omogeneo, al contrario spesso è influenzato da mode del momento,ideologie piuttosto che da un’organizzazione sistematica ed oggettiva. Il comportamento sessuale dei bambini rappresenta una lacuna, come osserva Hornor anche negli adulti solitamente vi è resistenza nell’ammettere che i comportamenti volti alla ricerca del piacere siano presenti fin dalla nascita, ma, secondo l’autrice, è indispensabile conoscere lo sviluppo sessuale dei bambini per valutarne problemi o no. Oltre alla resistenza degli adulti, la sessualità risulta un ambito poco studiato poiché i bambini stessi lo vivono come privato ed emozionante. 5.2 IN COSA CONSISTE LA VERA DIFFERENZA L’accento sulle differenze può contribuire ad alimentare stereotipi e di fronte a questo rischio molti psicologi consigliano l’abbandono degli studi sulle differenze di genere. Ma gli studi sono spesso d’obbligo. Per studiare le differenze è opportuno osservare i comportamenti dei bambini possibilmente nascondendo il sesso dei bambini all’osservatore. Le differenze tra maschi e femmine sono state documentate soprattutto rispettivamente a abilità mentali e tratti di personalità. Le differenze riscontrate sono di modesta entità ed emergono solo nei valori medi. Inoltre le variazioni interindividuali sono così ampie che in un gruppo misto non potrebbero essere facilmente Psicologia delle età della vita Berti Bombi 45 La scoperta dei rapporti euclidei va di pari passo con quella dei rapporti proiettivi che riguardano le variazioni di forme e proporzioni al variare del punto di osservazione Compito delle tre montagne (Piaget e Inhelder): viene chiesto ai bambini di identificare l’immagine che rappresentava un plastico di tre montagne − Fino a 6-7 anni scelgono la foto che rappresenta ciò che possono osservare dal loro punto di vista − A 7-8 anni capiscono che al variare della posizione dell’osservatore corrispondono cambiamenti nei rapporti tra le tre montagne − A 11-12 anni sono in grado di codificare accuratamente le variazioni. 1.3 SVILUPPO DELLE NOZIONI TEMPORALI Secondo Piaget la nozione di tempo in età prescolare si fonda su: 1. Percezione dell’ordine di successione degli eventi 2. Valutazione soggettiva delle durate Per indagare la comprensione dell’ordine degli eventi e la valutazione soggettiva propone a bambini di età diverse prove. Due pupazzi venivano fatti partire e arrivare negli stessi punti simultaneamente, uno però compieva un percorso più lungo dell’altro: hanno camminato per lo stesso tempo o uno ha camminato di più? Gli studiosi hanno osservato che: − Fino a 5 anni non c’è nozione astratta di tempo (tempo indipendente dagli eventi) , dunque il tempo è valutato in base ai risultati (= tempo locale) quindi + spazio=+velocità=+tempo, non riescono ad identificare la relazione che lega questi tre elementi − 5-7 anni comprendono il rapporto inverso tra velocità e tempo ma la velocità viene valutata in base al risultato quindi –spazio=-velocità=+tempo − Dai 7 anni in poi comprendono il corretto rapporto tra spazio, tempo e velocità. Dunque riconoscono che il tempo speso per effettuare il percorso è inversamente proporzionale alla velocità (-t=+v) e lo spazio invece è direttamente proporzionale alla velocità (+s=+v) 1.4 LA NOZIONE DI ETA’ Dal modo in cui i bambini comprendono l’età risulta che: > Hanno tendenza a usare indici spaziali e locali piuttosto che la successione tra eventi nel tempo > Fanno confusione tra la durata di un’azione e i suoi risultati. Piaget ha osservato che − Inizialmente età = dimensione del corpo − Successivamente età = ordine delle nascite ma hanno dubbi sulla permanenza delle differenze (pensano che uno nato dopo possa “raggiungere” quello più vecchio) − Dopo gli 8 anni età = solo ordine delle nascite comprendono che le differenze sono permanenti. 1.5 LA CONSERVAZIONE Conservazione= comprendere che alcuni aspetti quantitativi di oggetti o insiemi di oggetti non cambiano in presenza di trasformazioni percettive Psicologia delle età della vita Berti Bombi 46 Aspetti quantitativi= si intendono il volume,la lunghezza, la massa o, se si tratta di più oggetti, il loro numero. Le prove vengono svolte in tre fasi: 1. Al bambino vengono mostrati due oggetti o configurazioni di oggetti e lui ne riconosce l’uguaglianza quantitativa 2. Lo sperimentatore modifica esteriormente uno di essi 3. Il bambino deve valutare se l’uguaglianza persiste o meno e spiegarne il perché Risultati: A. Prescolari: affermano che non vi è conservazione e si giustificano indicando le evidenti differenze di disposizione B. 6-7 anni: risposte di transazione, la conservazione viene percepita solo nel caso di trasformazioni di piccole quantità C. 7-8 anni: la conservazione viene affermata. È raggiunta mediante due operazioni:  Logica: moltiplicare la serie di trasformazioni in lunghezza e spessore compensando l’una con l’altra (pallina di plastilina che viene schiacciata contiene comunque la stessa quantità di plastilina di quando era a forma di pallina)  Spaziale - di manipolazione: immaginare le palline come insieme di pezzi che vengono solo spostati. 1.6 SFASAMENTI TEMPORALI La nozione di conservazione viene studiata da Piaget in vari ambiti: nel caso di oggetti malleabili, nel caso di quantità di liquidi e nel caso di aree/lunghezze/numeri nel caso di spostamenti I bambini padroneggiano le diverse nozioni di conservazione nel corso del periodo operatorio ma ad età differenti. Questo fenomeno è detto décalage o stasamento temporale. La spiegazione che Piaget da di questo fenomeno non è molto convincente. Secondo lo studioso si tratta di nozioni che il bambino acquisisce in modo indipendente, anche se alla base delle diverse nozioni vi sono sempre gli stessi sistemi di operazione. Quindi Piaget risponde a quest’obbiezione ritenendo che anche se i bambini hanno acquisito operazioni di portata generale non riescono a utilizzare tutti i compiti con la stessa facilità. 1.7 LIMITI DEL PENSIERO OPERATORIO CONCRETO Fin dalle prime ricerche Piaget si era accorto di alcuni limiti presenti in questo stadio → Anche i bambini in età scolare hanno difficoltà nell’utilizzare le operazioni mentali attraverso un ragionamento solo verbale, dunque per utilizzare queste operazioni hanno bisogno di materiali concreti → Hanno difficoltà a ragionare su semplici ipotesi (ovvero premesse non necessariamente corrispondenti alla realtà o alle nostre convinzioni) I bambini in età scolare riescono ad utilizzare le operazioni mentali solo in relazione a situazioni concrete e a ciò di cui sono convinti. Nonostante ciò non si deve pensare che sia assente la funzione simbolica: le operazioni mentali, anche se fondate sul concreto sono comunque azioni che il bambino svolge all’interno della propria mente Psicologia delle età della vita Berti Bombi 47 2 LO SVILUPPO COGNITIVO DELL’HIP ➢ Piaget riscontra diverse condotte a diverse età e cerca di spiegarle in base ai cambiamenti dell’organizzazione complessiva delle azioni motorie (nell’infante) mentali (nel fanciullo): appartiene dunque ad un APPROCCIO OLISTICO ➢ L’hip usa l’analogia con il computer per studiare i cambiamenti in relazione alle età nei processi per acquisire, memorizzare, trasformare le informazioni e nei magazzini di memoria: si tratta di un APPROCCIO PIU’ VARIEGATO 2.1CAMBIAMENTI NEI MAGAZZINI DI MEMORIA I primi magazzini sono i registri sensoriali che conservano un’immagine precisa dello stimolo per circa ¼ di secondo. Almeno a partire dai 5 anni le prestazioni dei bambini sono del tutto simili a quelli degli adulti. La memoria a breve termine è stata oggetto di numerose ricerche tra cui quella di Binet e Simon che riguardava test sullo span di memoria immediata (quanti stimoli vengono rievocati correttamente subito dopo la loro presentazione). I loro studi hanno dimostrato che lo span di memoria immediata aumenta con l’età: a 5 anni sono 4 gli stimoli verbali rievocati correttamente, a 9 anni sono 5 e a 12 anni sono 7. La capacità della MBT condiziona la complessità delle operazioni che possono essere eseguite. Per questo, secondo studi neopiagetiani,è la scarsa capacità della MBT nei bambini che impedisce di risolvere problemi che richiedono l’attivazione contemporanea di più dati (conservazione). Con l’età si registrano miglioramenti della MBT legati: A. Aumento della capacità strutturale o di base, ovvero la quantità di informazioni che il magazzino è in grado di contenere. Dipende dalla maturazione del SNC e dalla mielinizzazione B. Migliore utilizzo della capacità funzionale che deriva da: strategie più efficaci, item e operazioni più famigliari,aumento e integrazione di conoscenze e esperienza 2.2 STRATEGIE MEMONICHE E IL LORO SVILUPPO Strategie memoniche = sequenze di operazioni che solitamente vengono eseguite consapevolmente e deliberatamente per immagazzinare o recuperare delle informazioni. Il metodo utilizzato per capire se i bambini possiedono strategie memoniche è quello di coinvolgerli in compiti o situazioni giocose in cui si chiede loro di ricordare qualcosa. Questo metodo non è applicabile a bambini di età inferiore ai 3 anni. 2-3 anni: i bambini possono formulare l’intenzione di ricordare e disporre azioni a questo scopo. Si tratta di azioni rivolte a mantenere il contatto con l’oggetto. Tra le strategie volte alla conservazione di informazioni della MBT vi sono: − Reiterazione: ripetizione. I bambini di 5 anni non la utilizzano. I bambini di 7 anni ne fanno un uso spontaneo ma non totale, a 10 anni è presente la reiterazione cumulativa e a 13 la reiterazione è affiancata dall’organizzazione in categorie. − Organizzazione − Elaborazione Psicologia delle età della vita Berti Bombi 50 Concluso lo stadio dimensionale, si passa allo stadio vettoriale, caratterizzato dalla capacità di calcolare il rapporto tra due grandezze. Alla fine di questo stadio, verso i 18 anni, i ragazzi sanno calcolare esattamente il rapporto tra due grandezze (es: peso e distanza) e prevedere le conseguenze di questo rapporto (in base a peso e grandezza quale braccio della bilancia scenderà per primo) CAPITOLO 10 L’ingresso nella scuola elementare segna uno stacco nello stile di vita dei bambini, offrendo nuovi compiti di sviluppo e nuove occasioni per un salto qualitativo in abito sociale e intellettuale. Essa ha conseguenze nella sfera cognitiva, emotiva e sulla rappresentazione di sé. La scuola incide dunque su tutti gli aspetti dello sviluppo. Grazia alla scuola i bambini apprendono scrittura (ampliamento delle possibilità di comunicazione) e lettura (permette al bambino di acquisire informazioni non acquisibili oralmente). Inoltre ciò che i bambini apprendono può differire o, raramente, corrispondere dalle loro <<teorie ingenue>>, esse infatti sono messe a dura prova, il bambino deve trasformarle, riorganizzarle e talvolta cambiarle radicalmente. La scuola è essenziale anche per lo sviluppo sociale. È qui che avvengono gli incontri tra coetanei al di fuori dell’ambito famigliare, ed è qui che avviene la sperimentazione di interazioni via via più complesse. La classe offre la possibilità di confrontare le proprie abilità con quelle altrui. Il confronto sociale può offrire convalida o mettere in dubbio le proprie abilità. La scuola rappresenta anche il principale mediatore tra bambini e Stato. 1 DAL DISEGNO ALLA SCRITTURA Nonostante la scuola costituisca un mondo totalmente nuovo, lascia spazio ad attività che il bambino già conosce, come il disegno e la scrittura (sperimentata in parte alla scuola dell’infanzia). Disengo e scrittura sono due abilità connesse. 1.1 LO SVULUPPO DEL DISEGNO A 3 anni i bambini iniziano a costruire un sistema di denotazione che mette in corrispondenza segni ed oggetti o parti di essi. I bambini si impegnano nella ricerca della somiglianza tra figure e oggetti. LUQUET ha individuato una serie di fasi attraverso cui progredisce il grafismo infantile. Secondo l’autore il realismo nella raffigurazione è ciò a cui il bambino tende. 1. 2 anni, fase del realismo fortuito: inizia ad interpretare i propri prodotti grafici come rappresentativi di qualche oggetto, in base alle somiglianze, anche fragili, che nota. 2. 2 ½ -5 anni, fase del realismo mancato: si pone intenti figurativi che spesso però non riesce a raggiungere. Una difficoltà tipica è l’incapacità di sintesi, ovvero di coordinare diverse parti del disegno. 3. 5-8 anni, fase del realismo intellettuale: grazie al miglior controllo della motricità fine, il bambino diviene più abile nelle rappresentazioni. Riesce a relazionare meglio le parti e a rendere ben riconoscibili gli oggetti, anche nelle loro peculiarità. Le raffigurazioni sono complete e talvolta includono anche ribaltamenti e trasparenze (raffigura anche ciò che non si vede, come un bambino nella pancia della madre) 4. 8-adolescenza, fase del realismo visivo: è in grado di rappresentare gli oggetti da un preciso punto di vista La costruzione di questa periodizzazione, in corrispondenza delle nozioni spaziali, si deve anche gli studi di Piaget e Inhelder. Nell’ottica di Piaget nella fase realismo mancato è guidata dal ricorso di alcune relazioni topologiche (vicinanza o inclusione) e, come accade nella geometria topologica, aspetti metrici e prospettici sono irrilevanti. Il realismo intellettuale sarebbe invece l’espressione di un’intelligenza in grado di padroneggiare i rapporti topologici e che inizia a comprendere relazioni proiettive ed euclidee. Con il realismo visivo che si manifesta nella fase del pensiero operatorio concreto, il bambino disegna tenendo conto delle proporzioni tra le parti che compongono gli oggetti. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 51 Il precorso evolutivo di Luquet mostra come i bambini in pochi anni passino da tentativi non riusciti alla capacità di ritrarre anche le peculiarità degli oggetti. Nei bambini di 6 anni che iniziano le elementari possiamo riconoscere i tentativi di rappresentazioni verosimili, si limitano a strategie pittoriche semplici e padroneggiano un repertorio di equivalenti pittorici, ovvero forme atte a rappresentare in modo chiaro gli oggetti che rappresentano. È la somiglianza visiva tra segno e cosa che spinge i bambini alla ricerca di nuovi equivalenti. Fino a 8 anni si registra la preferenza per figure canoniche, ovvero forme semplici e ad alta riconoscibilità, centrate sull’oggetto. Questa preferenza (conservatorismo) è il risultato dell’adesione ad un modello interno astratto e universale e dell’incapacità di cogliere le differenze degli oggetti in rapporto a diversi punti di vista. Ricerche successive hanno dimostrato che il conservatorismo, che si manifesta nella preferenza degli schemi canonici, coesiste con la capacità di variare i particolari (es si chiede di disegnare due case, il bambino fa forme identiche ma varia i particolari per poterle distinguere). Gli studi hanno dimostrato inoltre che anche bambini piccoli prediligono forme semplici ma efficaci dal punto di vista comunicativo, quindi in base alle richieste possono decidere di omettere o no delle peculiarità dell’oggetto o le forme prospettiche. Quindi le loro rappresentazioni presentano anche una variabilità intraindividuale, legata alle circostanze di esecuzione (effetto del contesto sulla produzione grafica). Questo tipo di variabilità era sfuggito ai primi studi e risalta invece engli studi più recenti che hanno individuato la presenza di una relazione molto stretta tra compito e modalità di realizzazione. Anche essa convive con il conservatorismo. Appunto perché il disegno è influenzato dalle circostanze in cui viene compiuto, esso non dovrebbe essere utilizzato per letture di tipo clinico, la lettura che se ne fa deve seguire una serie di cautele. L’ARTE INFANTILE TRA NATURA E INSEGNAMENTO A partire dagli anni 30 l’importanza attribuita alla creatività e all’espressione artistica nello sviluppo e nell’educazione del bambino ha portato a porre l’accento sulle potenzialità della pittura infantile. I disegni dell’età prescolare hanno ottenuto l’apprezzamento di molti pittori poiché la loro astrattezza richiamava le caratteristiche dell’espressionismo astratto. Le figurazioni successive però non ottennerò gli stessi apprezzamenti e ciò fece parlare di una curva a U nello sviluppo artistico, in quanto il talento artistico iniziale è seguito da un affievolimento e dal disgregarsi del talento. Ciò, secondo la scuola d’arte giovanile di Franz Cizek è dovuto dall’insegnamento che incide sul carattere naturale e innato che, secondo quest’idea, sarebbe caratteristico delle forme artistiche infantili (pittura infantile = naturale). In realtà però l’arte infantile non sarebbe frutto della “naturalità” bensì dell’interazione tra vincoli cognitivi, procedurali e motivazionali del bambino con una serie di influenze culturali e pedagogiche di cui gli adulti fanno parte consapevolmente (intervengono lodando o meno le raffigurazioni infantili). 1.2 DAL DISEGNO ALLA LINGUA SCRITTA I bambini attraverso il disegno hanno modo di sperimentare un mezzo simbolico che si basa sull’uso di segni grafici. Disegnare ordinatamente costituisce un prerequisito per imparare a scrivere. Il grado di padronanza delle regole delle regole convenzionali che il bambino sperimenta durante l’età prescolare, viene considerato un predittore del successo nell’acquisizione della scrittura. In alcune scuole l’osservazione sistematica del disegno viene utilizzata per capire in quale misura i bambini sono pronti ad apprendere la lingua scritta. Viene valutato il comportamento del bambino durante l’ascolto delle istruzioni e lo svolgimento della prova, la congruenza tra risultato e richiesta e le relazioni del bambino al suo disegno. Il risultato mostra la predisposizione del bambino all’apprendimento di aritmetica,scrittura e lettura. Al momento dell’apprendimento qual è il grado di famigliarità tra alunno e il nuovo tipo di simboli? EMILIA FERREIRO sostiene che esiste una predisposizione precoce, forse innata, a distinguere percettivamente la scrittura da altri segni. Sostiene che i bambini arrivino a distinguere tra segni pittorici e nozionali tramite un processo attivo di scoperta, precedente alla scolarizzazione, che costituisce la base per il successo scolastico. L’autrice osserva che: Psicologia delle età della vita Berti Bombi 52 a 3 anni i bambini si basano su proprietà formali e cercano di distinguere tra segni e figure e lettere e numeri, ciò dimostra che la distinzione disegno /scrittura si afferma dopo i 4 anni quando i bambini considerano i disegni come cose da guardare e i testi come cose da leggere, però manca l’idea che la scrittura sia svincolata dall’immagine. Tra 4-5 anni iniziano anche a riconoscere le singole lettere. La conoscenza dei bambini non contiene solo la conoscenza della differenza tra lettere e numeri ma anche delle istruzioni sulla loro sintassi, ovvero le regole di combinazione dei segni per formare parole o numeri. Una difficoltà è rappresentata dalla comprensione delle strutture generali dei testi. Ferriero osserva che mentre alcune acquisizioni, come il nome delle lettere, risentono dell’influenza culturale, altre, come le concezioni sui requisiti di leggibilità, sembrano frutto di un’elaborazione autonoma. 1.3 SCRITTURA DI PAROLE E NUMERI Già in età prescolare emergono degli aspetti costruttivi della scrittura (criteri per assemblare i segni e metterli in corrispondenza con ciò che rappresentano). • Sviluppo della scrittura alfabetica:inizialmente i bambini eseguono scarabocchi o file di segni separati senza il tentativo di rapportare in modo preciso segni e parole. Successivamente emerge la regola per cui ogni parola deve corrispondere ad un singolo segno. Poi i bambini riconoscono invece che le parole sono un insieme di più segni, il cui numero varia, in base a criteri non fonetici (cane più lettere di farfalla perché è più grosso). Di seguito i bambini iniziano a mettere in corrispondenza segni e suoni (regola: un segno per ogni sillaba = fase sillabica). Solitamente la vera e propria scrittura alfabetica si raggiunge al momento del loro ingresso a scuola, dopo li stadi descritti (fase alfabetica). Per questo sono pronti a recepire, senza troppe difficoltà l’insegnamento scolastico • Tentativi di rappresentazioni grafiche delle quantità. Emergono già a partire dai 3 anni, le prime notazioni usate sono le notazioni idiosincratiche o pittografiche (tracciati di scarabocchi non comprensibili a chi osserva). Fra i 3 e 5 anni sono frequenti le notazioni basate sulla corrispondenza biunivoca (segni discreti o disegni schematici degli oggetti in numero corrispondente alla quantità rappresentata. Es 4 aste per indicare il numero4) a volte compaiono anche notazioni miste (uso combinato di numerali e della corrispondenza biunivocale). Infine arrivano alle notazioni convenzionali (uso dei numeri). Le notazioni biunivocali persistono fino a 6 anni e convivono con quelle convenzionali anche negli anni successivi. 2 IMPARARE A LEGGERE E SCRIVERE Sono due processi cognitivi molto simili. Processo di elaborazione delle informazioni necessario per leggere inizia con l’analisi dell’input visivo che deve seguire uno dei due percorsi: A. Input visivo →analisi visiva e riconoscimento delle lettere→VIA VISIVA SEMANTICA: porta al sistema semantico (dizionario della mlt e contiene i significati delle parole). Nel sistema semantico il lessico visivo di input permette di collegare la forma di ciascuna parola con il significato contenuto nel “dizionario”. Se si vuole leggere entrano in azione il lessico fonologico di output che trasforma la parola scritta in una rappresentazione del suono, e il sistema articolatorio con cui si effettua la pronuncia. B. Input visivo →analisi visiva e riconoscimento delle lettere→ VIA FONOLOGICA PRELESSICALE:si procede con l’identificazione delle lettere e il collegamento con il loro suono, cioè viene fatta la conversione grafema fonema. Tramite il riconoscimento uditivo, l’input passa al sistema semantico per il riconoscimento all’interno del dizionario. La prima via è quella usata dai lettori esperti, la seconda da quelli inesperti che hanno bisogno di un riconoscimento uditivo (ripetere sottovoce) per poter comprendere la parola. Per scrivere il modello si ripete a ritroso Psicologia delle età della vita Berti Bombi 55 come un’insegnante svolge queste funzioni forgia il clima che si stabilisce nella classe e crea le opportunità per gli alunni. KURT LEWIN: primi esperimenti sull’effetto che l’organizzazione scolastica ha sul comportamento degli allievi. dei bambini di 10 anni vennero divisi in 3 gruppi e ad ogni gruppo venne assegnata un’insegnante istruita a comportarsi in modo autoritario,democratico o permissivo. I 3 diversi tipi di organizzazione ebbero effetti sul comportamento della classe. Nel gruppo autoritario i bambini lavoravano solo sotto la sorveglianza dell’adulto, verso il quale alternavano comportamenti di passività e ribellione. Nel gruppo democratico i bambini erano meno aggressivi tra loro e verso l’adulto e erano più produttivi. Nel gruppo permissivo erano disorganizzati, inefficienti e spesso litigiosi CARUGATI E SELLERI: Osservano principi simili nelle esperienze di apprendimento cooperativo, in cui i bambini lavoravano per gruppi, in cui esercitavano una funzione di sostegno reciproco e partecipavano con l’adulto alla responsabilità sui risultati, piuttosto che essere solo giudicati e lasciai a se stessi. I due autori osservano che il clima positivo di una classe è dato anche dal grado di condivisione delle regole e delle occasioni. Altro aspetto su cui l’organizzazione influisce è la tipizzazione sessuale, la pratica di assegnare attività distinte a maschi e femmine favorisce il consolidarsi di ruoli stereotipati. Da ciò nascono anche delle aspettative diverse in base al sesso. Alcuni studi hanno messo in luce il fenomeno secondo il quale il giudizio dell’insegnante sulle capacità del singolo tenda ad agire come una profezia che si autoavvera. Questi studi sono stati quelli di ROSENYHAL e JACOPSON sull’effetto Pigmaglione. Secondo gli autori infatti le aspettative di un insegnante, positive o negative che siano, possano influenzare non solo la valutazione dell’alunno ma anche il rendimento effettivo di quest’ultimo. L’effetto Pigmaglione può essere spiegato in diversi modi: • L’insegnante varia i comportamenti in base alle aspettative che ha nei confronti di un allievo. E ciò incide sui comportamenti dei bambini • Anche scelte marginali, come la disposizione dei banchi, può avere effetti sui comportamenti dei bambini. • I giudizi dell’insegnante sono sentiti in maniera diversa in relazione al clima che vi è in classe (clima competitivo: effetti sentiti di più) Il clima della classe e l’atteggiamento dell’insegnate tendono anche ad inibire o facilitare le richieste d’aiuto. Anche la provenienza sociale incide, studi condotti da Luisa Moilnari mediante la somministrazione teacher-student relationship scale di Robert Pianta, si è visto che gli alunni stranieri erano inclini ad apprezzare maggiormente i maestri, ricorrendo a loro anche con più fiducia. Studi sulla capacità dei bambini di person perception: Tallandini e Lis hanno osservato che la capacità di descrizione dei propri insegnanti aumenta dai 6 agli 11 anni. I bambini in questa fascia d’età sono in grado di descrivere i propri maestri anche in base a caratteristiche centrali come le capacità intellettuali. Inoltre, col crescere, i bambini tendono ad individuare la figura dell’insegnante in relazione al ruolo educativo, indicando come segni distintivi azioni come “spiegare bene”. Tendono a valutare positivamente i maestri con cui hanno quotidianamente a che fare e, talvolta, emergono anche spunti critici. La relazione con l’insegnante può trovare momenti problematici, che vengono studiati mediante disegni e questionari focalizzati. Solitamente l’immagine dell’insegnante che passa più tempo con la classe viene utilizzata per rappresentare momenti felici, mentre quella di matematica (matematica=difficoltà) viene usata per rappresentare momenti tristi. Dagli 8 anni i bambini sono in grado di individuare le cause delle situazioni rappresentate, includendo anche se stessi. Vi è un’alta percentuale di bambini che non sono in grado di spiegare le situazioni e questo sta ad indicare la confusione su diritti e doveri che caratterizzano la situazione scolastica. 5 TEORIE INGENUE SU PERSONALITA’,EMOZIONI E CONSAPEVOLEZZA DI SE’ Psicologia delle età della vita Berti Bombi 56 5.1 Teoria della personalità: rappresenta una conquista cognitiva con molte ripercussioni sul concetto di sé. Comprende caratteristiche relativamente durevoli che differenziano le persone. La presenza di questa teoria è segnalata dall’uso di termini ed espressioni che indicano tratti della personalità, modi ricorrenti di comportamento e nelle descrizioni che i bambini danno di se stessi. I bambini hanno idee differenti sulla sabilità nel tempo e le origini dei tratti della personalità. Il tratto più ampiamente studiato è l’intelligenza. In età prescolare non vi è la distinzione tra intelligenza e altre buone qualità. Dai 6 anni inizia ad essere definita in base alla riuscita di compiti cognitivi, alla quantità di conoscenze possedute e all’uso che se ne fa. All’aumentare dell’età i bambini iniziano a basarsi sulla difficoltà dei compiti e il confronto con i coetanei per definire la propria intelligenza. Le teorie dei bambini sono molto differenti dalle teorie ingenue degli adulti. Le teorie degli adulti vengono raggruppate sotto il nome di “teorie dall’abituazione”, sono formule e concetti che denotano due tipi di fattori: interni (controllati dalla persona) ed esterni (dipendenti dall’ambiente o dalle attività). Questi concetti sono interconnessi tra loro in una teoria che permette di spiegare e prevedere le prestazione proprie e altrui e di formulare obbiettivi coerenti. È una teoria molto complessa che i bambini in età prescolare non possiedono in quanto non differenziano tra sforzo,abilità e riuscita. Tra 7-9 anni distinguono le nozioni di sforzo e risultato ma si aspettano che vadano di pari passo. Tra 9-11 anni iniziano a distinguere tra sforzo e abilità. Dopo i 12 sanno che capacità e sforzo interagiscono nel determinare il risultato. Carol Dweck: ad ogni livello di età si possono individuare i sostenitori di una teorie incrementale delle capacità e quelli di una teoria dell’entità (considerano le capacità come delle entità). L’emergere di diverse teorie sui diversi tratti della personalità, è alla base di teorie diverse sul sé. Teoria entitaria→insuccesso=incapacità=sensodi incompetenza=voglia di sfuggire ai compiti difficili=ORIENTAMENTO ALL’IMPOTENZA APPRESA (induce a sfuggire alle difficoltà). È favorita da critiche rivolte alla persona e non alle modalità e strategie usate. Anche le lodi motivano chi le riceve ad abbattersi e a pensare che l’intelligenza si basi su una singola prestazione. Attenzione e approvazione dovrebbero essere rivolti alle azioni che una persona compie e alle strategie che usa, non alla persona stessa. Teoria incrementale→insuccesso=si p in presenza di una situazione non ancor apadroneggiata=ci si deve impegnare per arrivare a padroneggiarla=ORIENTAMENTO ALLA PADRONANZA (induce ad impegnarsi di più) 5.2 concetto di sé e effetti su emozioni e motivazioni A 7-8 anni i bambini iniziano ad avere una visione più realistica di sé, iniziano a descriversi indicando tratti sia positivi che negativi della propria personalità, quindi vi è una valutazione più graduata delle proprie abilità. Ciò è permesso dal fatto che, nell’ambiente scolastico, possono effettuare confronti multipli con coetanei. SUSAN HARTER: con la comparsa di concezioni più ricche di sfumature i bambini iniziano a distinguere tra sé reale ed ideale e a provare un’autostima globale (sentimento complessivo di soddisfazione o insoddisfazione per quello che si è). Il sé ideale può essere uno stimolo alla crescita oppure fonte di forti emozioni negative, se vi è molta distanza tra sé reale e ideale. Per risolvere questa discrepanza il bambino deve o ridimensionare le proprie aspettative, avvicinando il sé ideale a quello reale, oppure migliorarer il sé reale. Però molto spesso ciò non è possibile perché deriva da standard imposti dall’esterni, che il bambino non può cambiare. E se ciò accade si sviluppa una bassa autostima. CAPITOLO 11 Psicologia delle età della vita Berti Bombi 57 Le competenze sociali nei bambini tra 6 e 11 anni sono molto richieste affichè possano inserirsi nell’ambiente scolastico. Particolarmente importante è la capacità di interagire senza ricorrere a comportamenti aggressivi. Sulle competenze sociali influiscono molto la famiglia e la società. Sotto i 6 anni i metodi di indagine più utilizzati sono osservazione e misure indirette, come questionari per i genitori. Dalla prima fanciullezza l’osservazione non è più efficace, vengono utilizzati più frequentemente strumenti verbali o situazioni sperimentali che permettono di osservare, oltre ai comportamenti, anche i motivi che li guidano. Per i bambini l’ingresso nella scuola elementare costituisce un fattore di discontinuità nella loro vita sociale. In primis perché, a differenza della scuola dell’infanzia, è obbligatoria, in secondo luogo perché gli obbiettivi e i modi proposti per raggiungerli sono molto più vicini al mondo degli adulti. Il bambino deve modificare la propria visione della realtà ed essere in grado di interagire in modo appropriato con gli altri. 1 LA COMPETENZA SOCIALE RUBIN,BUKOWSKI E PARKER: le abilità che compongono la competenza sociale variano in base al contesto sociale, al momento storico e culturale. È valutato come socialmente competente l’individuo che risponde efficacemente alle situazioni interpersonali,interagisce in modo da preservare la propria integrità fisica e mentale, riesce a raggiungere un buon risultato evolutivo utilizzando al meglio le risorse ambientali e personali. DODGE, HIP: mette alla luce il collegamento tra giudizio ed azione individuale e giudizio ed azione delle persone che formano il contesto sociale. L’autore propone un modello circolare che fornisce una griglia di analisi a carattere generale. L’Interazione tra pari è concepita come un compito che presenta anche aspetti problematici e la capacità di risolverli sta alla base della competenza sociale. Alla base di questo problema da risolvere vi è uno stimolo sociale. Esso deve essere elaborato dal bambino tramite codifica, interpretazione, ricerca della risposta e decisione (componenti dell’elaborazione dello stimolo che forniscono anche uno strumento di valutazione del modo in cui il bambino affronta specifici problemi sociali). Ciò produce un comportamento sociale del bambino che viene recepita ed elaborata dai pari. La risposta comportamentale dei pari agisce come nuovo stimolo sociale per il bambino. 2 RELAZIONI INTERPERSONALI 2.1 I RAPPORTI DI GRUPPO La classe è un piccolo gruppo con proprie norme e strutture e condivide con altri gruppi della scuola dell’infanzia la caratteristica di essere un’aggregazione imposta dagli adulti. In questa specifica situazione rapportarsi agli altri richiede il rispetto di diverse regole. Le relazioni a scuola si muovono infatti su un doppio binario, da una parte vi è quello del lavoro scolastico, dall’altro quello delle interazioni informali. I gruppi della scuola elementare sono stati studiati con il metodo della sociometria tecnica creata da Jacob Moreno negli anni 30 con lo scopo di poter ricostruire la scrittura affettiva dei gruppi, cioè quella basata sulla rete di relazioni interpersonale creata delle preferenze e antipatie di ciascun membro. Per raccogliere queste informazioni vi sono due modalità: nomina dei pari (si chiede ad ogni membro con che gruppo di pari preferirebbe svolgere determinate attività) e ranking completo (si chiede ad ogni membro di valutare in che misura- moltissimo,molto,poco,per nulla- vorrebbero condividere attività con gli altri pari.). Tenendo conto di preferenze o rifiuti si arriva a ricostruire un’immagine del gruppo unilaterale, che ne sintetizza l’andamento di fondo. I dati (nomine positive o negative) consentono di valutare la posizione di ciascun membro nel gruppo (popolari, rifiutati,isolati, controversi). Le procedure di nomina dei pari sono utilizzate per stabilire lo status nel gruppo, per valutare il comportamento dei bambini o per individuare empiricamente le relazioni di amicizia. Correlando i risultati di test sociometrici con test di personalità o la presenza di particolari tratti fisici, gli studiosi dello sviluppo hanno cercato di individuare quali caratteristiche favoriscono la popolarità o il rifiuto. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 60 Un nuovo bisogno che si manifesta negli anni della scuola elementare è quello di rapporti durevoli. La stabilità di un rapporto amicale rende necessario e facilità lo sviluppo di strategie di gestione dei conflitti. In età pre scolare i conflitti si manifestano più tra amici che tra conoscenti. Nella media fanciullezza, con l’estendersi della durata delle relazioni e con il complicarsi degli scopi a cui sono volte, aumentano i conflitti ma aumenta anche la capacità di risolverli,c’è un impegno maggiore a far pace e una difesa meno ostinata del proprio punto di vista (cambia la qualità dei conflitti). Se le situazioni di disparità sono completamente assenti si può andare in contro alla rottura del rapporto o all’inamicizia. Amicizia nella media fanciullezza: occasione per confronti sociali equilibrati, necessari per ogni individuo per imparare ad orientare le proprie idee, i propri comportamenti e gli scambi interpersonali. Necessari sono l’equilibrio tra gli scambi e l’equità. Il confronto sociale è vantaggioso anche per la costruzione dell’immagine di sé 3 PROBLEMA DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO Come osserva Youniss, molti bambini soggetti a comportamenti poco piacevoli, non replicano ai torti a loro inflitti perché temono di perdere l’amico. 3.1 TEORIE SUL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO • PSICOANALISI,FREUD: aggredire fa parte della natura umana? Freud da una risposta positiva a questa domanda. Riflettendo anche sugli orrori della prima guerra mondiale Freud teorizzò diverse teorie per spiegare l’aggressività umana > I bambini manifestano tendenze aggressive non temperate dalla compassione e strettamente legate allo sviluppo psicosessuale (impulso di mordere nella fase orale, impulso di offendere e dominare durante la fase anale…) > Accanto alla pulsione sessuale, vi è il gruppo delle “pulsioni dell’Io”, preposte all’autoconservazione. Quando la soddisfazione di queste pulsioni viene ostacolata l’io può reagire in modo distruttivo. L’aggressione viene quindi percepita come un istinto primordiale che si manifesta quando viene disturbata la tendenza dell’organismo a conservarsi e riprodursi. > Accanto al libido esisterebbe un istinto di morte ,tendenza universale di tutto ciò che vive a tornare ad uno stato precedente. Freud stesso riconosce quest’ipotesi come una speculazione • SCUOLA DI YALE: teoria della frustrazione-aggressività. Teoria che viene sviluppata sulla base della concezione freudiana. Secondo questa teoria l’aggressività è sempre determinata da un’interferenza con la realizzazione di un obbiettivo. BREKOWITZ (COMPORTAMENTISMO) sottolinea che i comportamenti aggressivi sono mediati da processi emotivi di colera e risentimento che sorgono in risposta alla frustrazione. BANDURA e WALTERS (TEORIA DELL’APPRENDIEMENTO SOCIALE) ritengono che la frustrazione determini solo un generico impulso ad agire, e spostano l’attenzione sui meccanismi di apprendimento, ritenendo che riescano a spiegare meglio l’origine dei comportamenti aggressivi. • ETOLOGI E SOCIOBIOLOGI: sottolineano la funzione adattiva dell’aggressività. LORENZ osserva che negli animali la manifestazione dell’aggressione all’interno della specie obbedisca ad un ordinamento gerarchico e sia regolata da segnali inibitori che ne limitano gli effetti negativi. Nei nostri progenitori l’aggressione aveva funzione positiva ma oggi non conserva lo stesso valore. Inoltre l’associazione tra aggressione, ormoni maschili e differenze temperamentali, attesta le basi biologiche di queste tendenze. • TEORIA DELL’APPRENDIEMNTO SOCIALE: ritiene che l’aggressione sia favorita o meno dalle circostanze in cui un soggetto vive. BANDURA evidenzia la connessione tra aggressione e fattori ambientali. Questa teoria permette anche la prevenzione di comportamenti aggressivi e il recupero degli individui violenti. L’aggressione non è dunque una predisposizione umana ma è il frutto di condizioni predisponenti e l’esito di un processo di Psicologia delle età della vita Berti Bombi 61 apprendimento. Ambiente mezzi di comunicazione e subcultura di appartenenza costituiscono secondo l’autore le principali scuole di comportamento aggressivo. 3.2 PROBLEMI METODOLOGICI Quali sono i criteri che permettono di classificare un comportamento come aggressivo? Nello studio del comportamento animale gli etologi hanno individuato come criterio una serie di posture e sequenze di movimenti. Ma per lo studio umano ciò non basta, in quanto nell’uomo l’aggressività si manifesta in modi troppo vari. Per questo gli studiosi si sono focalizzati su due aspetti: danno e intenzione. PARKER E SLABY intendono con il termine intenzione “un comportamento volto a danneggiare o ferire una o più persone” Questo approccio però crea diversi problemi. In primo luogo l’intenzione non si può osservare e dipende spesso da fattori personali legati a valori e credenze. Secondo COIE e DODGE la definizione sopra citata è troppo simile a quella di comportamento antisociale e , dalla metanalisi di Frick emerge che comportamenti aggressivi e antisociali non sono la stessa cosaa, quelli antisociali fanno parte di un universo molto più vasto. Da queste osservazioni emerge un’impossibilità di definire i comportamenti aggressivi in modo univoco. 3.3 SVILUPPO DEL COMPORTAMENO AGGRESSIVO Già verso i 4 mesi i bambini iniziano a manifestare rabbia nei confronti di determinate situazioni. Verso i 12 mesi iniziano ad indirizzare la propria rabbia anche verso le persone. Durante il 2 anno i comportamenti rabbiosi vengono diretti anche nei confronti dei coetanei e sono in gran parte causati dal desiderio di possesso. Il desiderio di possesso è la ragione più comune di aggressione strumentale, volta al fine di appropriarsi di un oggetto materiale. Esiste anche un tipo di aggressione ostile che si sviluppa durante la fanciullezza e ha lo scopo di ledere un’altra persona. Tra i 2 e 4 anni l’aggressione fisica viene sostituita con quella verbale. Nella media fanciullezza vediamo emergere un’aggressività reattiva, che nasce in risposta a azioni o eventi percepiti come attacchi. Accanto ad essa si sviluppa un’aggressione proattiva caratterizzata da minore emotività e maggiore azione fisica. Le forme di aggressione aumentano di numero ma diminuisce la loro frequenza soprattutto durante il passaggio da adolescenza a età adulta. Nell’ambito della scuola primaria emerge il problema della prepotenza o bullismo. L’adolescenza è il momento in cui si definisce l’accettazione definitiva della violenza come forma di vita. 3.4 AGGRESSIONE, CONFLITTO E COMPETIZIONE Aggressione:atto deliberatamente lesivo sul piano fisico, materiale o psicologico. Conflitti e competizioni: sono situazioni sociali diverse dall’aggressione. Non necessariamente implicano azioni aggressive. Conflitto interpersonale: sorge quando due individui sono in disaccordo o in opposizione, a differenza dell’aggressione non è per forza un’azione negativa. SHANTZ: ci vogliono almeno 3 scambi per parlare di conflitto:azione scatenante, prima opposizione, ulteriore mossa oppositiva del primo bambino. In età prescolare: gli episodi occupano una piccola parte di tempo,solo di rado sfociano in aggressione fisica o verbale. Le strategie di soluzione solo già abbastanza raffinate. Fanciullezza: si formano codici di comportamento tra pari in grado di prevenire discussioni e scontri. I bambini che dispongono di un buon livello di role talking hanno meno probabilità di entrare in conflitti. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 62 Competizione o comportamento agonistico: considerata dai sociobiologi come aggressione come parte di una competizione indispensabile per garantire la sopravvivenza. Può prendere forme distruttive anche nell’uomo anche se, molto spesso, avviene in modi più regolati grazie all’utilizzo di regole che la mitigano. La competizione infatti si svolge sulla base di un principio di tipo cooperativo. La regolazione della competizione è anche legata a modelli culturali 4 LE RELAZIONI CON I GENITORI Sono il presupposto per il processo di socializzazione. Padre e madre sono i punti di riferimento fondamentali per il bambino,e uno dei tratti distintivi di questo tipo di rapporto è la permanenza nel tempo. Si tratta infatti di un rapporto poco esposto al rischio di rottura e soggetto ai cambiamenti. Tra adulto e bambino vi è un rapporto di tipo asimmetrico che, con il passare del tempo diventa sempre più paritario fino a subire poi un rovesciamento dei ruoli. Non si tratta di una relazione unidirezionale poiché avviene sempre nel contesto famigliare, in cui i comportamenti e la presenza di ciascun membro ha effetti di rilievo sugli altri. PARKE e BURIEL: modello della socializzazione genitoriale. secondo questo modello l’influsso dei genitori sui figli avviene secondo 3 modalità: interazioni quotidiane (imitazione, tramite cui i bambini acquisiscono anche regole e valori), trasmissione educativa diretta, organizzazione dell’ambiente (hanno funzione marginale,regolano l’impatto degli agenti esterni di socializzazione). Strategie di ricerca: approccio molecolare (si focalizza sulle specifiche interazioni) e approccio molare (ciò che conta è la configurazione complessiva delle azioni). La funzione educativa dei genitori, in realtà, include entrambi gli aspetti e può essere definita come un insieme di atteggiamenti che, nel loro insieme ,creano il clima emotivo nel quale si esprimono i comportamenti dei genitori. Questi comportamenti includono sia azioni diretta ad un fine di socializzazione, sia azioni senza un fine preciso. 4.1 EFFETTI DI DIVERSE PRATICHE DISCIPLINARI PATTERSON: studio delle interazioni tra genitori e bambini aggressivi, individua un processo di azioni e reazioni in 4 fasi (CICLO DI COERCIZIONE). Prima tappa: tentativo del genitore ad obbligare il bambino a fare o non fare una certa cosa. Seconda tappa: il bambino reagisce in modo negativo,non obbedisce. Terza tappa: se il genitore cede, il figlio ottiene il risultato a cui mirava e impara che agire in modo ribelle funziona. L’adulto che cede di fronte alla disubbidienza rinforza positivamente i comportamenti del figlio. Patterso rileva che, nelle famiglie problematiche, le risposte negative del bambino nella seconda tappa sono 3 volte più frequenti che nelle famiglie normali. Ciò fa si che, nei due modi in cui il bambino può avere successo nelle interazioni con i genitori, obbedendo o sfuggendo al castigo, solo il secondo si verifica nelle famiglie a rischio. L’incoerenza del genitore conduce quindi a cattivi risultati. Anche l’uso della forza può avere questo effetto. HOFFMAN: Sostiene che l’uso della forza e l’incoerenza dei genitori suscitano nel bambino sentimenti di ribellione e non favoriscono l’acquisizione dell’autocontrollo. Inoltre il genitore che utilizza la forza costituisce un primo esempio da imitare per il bambino. Questi comportamenti, secondo studi, portano il futuro adolescente ad avere comportamenti trasgressivi, effetto delle esperienze familiari precedenti. Gli effetti sono molto visibili a lungo termine. La relazione tra una disciplina rigida e l’avvio di carriere criminali è stata dimostrata da molti studi 4.2 STILE EDUCATIVO BALDWIN: propone di inquadrare gli stili educativi dei genitori secondo tre dimensioni: caldo-freddo, democratico- autocratico, coinvolto-non coinvolto. ALTRI STUDIOSI: inquadrano in meno dimensioni i comportamenti dei genitori: accettazione-rifiuto e dominanza- sottomissione, aamore-ostilità e autonomia- controllo, calore-ostilità e restrittività-permissività. Nonostante le differenti impostazioni entrambi gli approcci presentano una componente emotiva-affettiva, e una componente relativa alla funzione di controllo dei genitori. Un problema comune era quello della natura del Psicologia delle età della vita Berti Bombi 65 L’insieme di questi fenomeni rappresentano un cambiamento molto più massiccio di quello avvenuto nella prima infanzia, con la differenza principale che l’individuo è ora consapevole di ciò che accade al suo corpo. 2.1 SVILUPPO PUBERALE DI MASCHI E FEMMINE Modifica corporea e pubertà sono psicologicamente importanti data la ricchezza di significati personali e sociali che comportano. MASCHI FEMMINE 9-14 testicoli si ingrossano 8-13 affiorano i capezzoli e pigmentano 10-15 peli pubici 8-13 scatto di crescita 10-14 il pene si ingrandisce 8-14 peli pubici 10-16 scatto di crescita 9-14 scatto di crescita al massimo 12-16 prima eiaculazione 10-15 menarca 12-15 scatto di crescita al massimo 10-16 statura definitiva 12-15 peluria corporea 10-16 peli sotto le ascelle 12-15 cambiamento voce 10-16crescita del seno completa 12-16crescita del pene competa 13-17 statura definitiva Come si può notare dalla tabella: maschi e femmine hanno una distribuzione diversa degli eventi nell’arco temporale (asincronia della manifestazione degli eventi nei due sessi). Entrambi gli archi temporali sono molto ampi(2-3 anni per le femmine 4-5 per i maschi). Vi è per entrambi un lungo periodo di transazione e ciò porta gli adolescenti a provare sentimenti di disagio ed incertezza. Vi è una percezione negativa del proprio fisico. È da sottolineare la presenza di varianti individuali che dipendono da numerosi fattori come peso fattori nutrizionali ed igienico-sanitari e la differenza tra paesi poveri e ricchi. In conclusione nonostante la similarità di condizioni di vita porti a stabilire tempi di sviluppo condivisi in una determinata area socioeconomica, i fattori individuali come stile di vita componenti ereditarie e circostanze famigliari fanno si che si possano determinare variazioni considerevoli. 2.2 CONSEGUENZE DELLO SVILUPPO PUBERALE La pubertà presenta risolti psicologici differenti per ciascun sesso e ciò è legato ai differenti tempi in cui i cambiamenti si manifestano. L’asincronia tra prima mestruazione e prima eiaculazione contribuisce ad approfondire la distanza tra ragazzi e ragazze all’interno dei gruppi misti. L’aver raggiunto o meno l’età puberale porta dunque con se delle differenze non solo dal punto di vista fisico ma anche da quello psicologico, influenzando l’immagine di sé, le emozioni, gli interessi e le preoccupazioni. Un’altra ovvia differenza deriva dal modo in cui sono percepite le manifestazioni di pubertà a livello sociale. La reazione al menarca, dal confronti tra prime ricerche e ricerche più recenti, risulta differente. Interviste degli anni 50 fanno emergere che il menarca veniva vissuto come un’esperienza traumatica, a causa della poca preparazione e informazione. Oggi invece le ragazze risultano più preparate. Nonostante ciò sono sempre presenti sentimenti contrastanti, da una parte soddisfazione e contentezza, dall’altra disagio. Inoltre le ragazze sono poco inclini a parlare con i propri coetanei delle manifestazioni puberali. Di fronte alla prima eiaculazione i ragazzi risultano tutt’oggi più soli rispetto alle ragazze, pochi parlano con i propri compagni Psicologia delle età della vita Berti Bombi 66 della propria sessualità. Un’altra differenza deriva dalle reazioni differenti dei sessi rispetto alla precocità o ritardo della maturazione sessuale. Le ragazze che la raggiungono in anticipo sulle coetanee si trovano in una posizione sociale sfavorevole e talvolta rischiosa, in quanto sono più facilmente oggetto di commenti negativi da parte di coetanei con i quali non condividono più interessi infantili e che a loro volta non comprendono i problemi. Queste ragazze sono spesso meno fiduciose, e più esposte al rischio di una gravidanza precoce. L’età del menarca si presenta come il maggior predittore dell’età in cui avverrà il primo rapporto. Molte ragazze dallo sviluppo precoce superano subito i disagi. La maturità precoce non incide sull’autostima di ragazze che hanno ricevuto per tempo una buona educazione sessuale e provano quindi meno imbarazzo e confusione per i fenomeni che stanno vivendo. Per i maschi si riteneva che la pubertà precoce fosse un vantaggio (+ popolarità), ma una recente ricerca non conferma questo dato e rileva effetti negativi simili a quelli riscontrabili nelle ragazze. Questi risultati sono dovuti, secondo gli autori, alla distanza tra momento della maturazione sessuale e momento in cui realmente l’individuo assume lo status di adulto (quando arrivano a godere di una reale autonomia). Ciò crea un lungo periodo di disparità tra caratteristiche fisiche con relativi bisogni ed emozioni , e status sciale la cui distanza non avvantaggia i ragazzi. Lo sviluppo fisico implica quindi risvolti psicologici legati al periodo storico e al rapporto con risorse ambientali e personali. 2.3 PUBERTA’ E SESSUALITA’ NEGLI ADOLESCENTI ITALIANI Istituto superiore di sanità: studio condotto su 6000 ragazzi di 1-2 superiore tramite questionario. Gli intervistati hanno mostrato una percezione positiva del proprio corpo. I pensieri positivi convivono però con pensieri opposti, le preoccupazioni si manifestano in modo più frequente nelle femmine. Come vivono i cambiamenti: con naturalezza 56%, indifferenza 13% , curiosità 14%, entusiasmo 13%, senso negativo 5%. Nei confronti delle prime manifestazioni (mestruazioni ed eiaculazioni) la maggior parte dei ragazzi ha dichiarato tranquilla accettazione, è consistente il numero di coloro che non sanno rispondere in relazione al sesso opposto, soprattutto di ragazze. Le ragazze risultano meno attive in campo sessuale rispetto ai ragazzi. Uno studio più recente di Cavallo e Santinello considera anche i ragazzi delle scuole medie. Le disparità risultano attenuate in relazione ai rapporti sessuale. Risultano molto frequenti i rapporti incompleti. Quasi la totalità dei partecipanti ritengono necessaria l’educazione sessuale, anche a partire dalle scuole elementari, ritenendola un’importante fonte di consapevolezza. Come notano Bonino, Catttelino e Ciairano, la contraccezione dipende non solo dal come si fa ma anche dalla coordinazione del proprio comportamento con quello del partner. Dall’indagine di Donati sui confidenti risulta che molti ricorrono agli amici, rispetto ai fratelli i genitori sono più cercati ma con differenze in base al genere. Quote più basse hanno dichiarato di non aver nessuno con cui parlarne. 2.4 SVILUPPO CELEBRALE NELL’ADOLESCENZA Ricerche recenti di LAURENCE STEINBERG hanno dimostrato che durante l’adolescenza anche struttura e funzionamento del cervello vanno incontro a numerosi cambiamenti soprattutto nelle regioni corticali, subcorticali e nei loro collegamenti e ciò risulta avere effetti anche sull’emotività e sul comportamento degli adolescenti. > cambiamenti in ambito cognitivo e la regolazione cognitiva del comportamento nelle regioni corticali prefrontali avvengono lo sfoltimento delle sinapsi (-materia grigia) e la mielinizzazione delle fibre nervose (+ materia bianca). Allo sfoltimento segue un miglioramento delle capacità di ragionamento e delle abilità di base di elaborazione dell’informazione. Alla mielinizzazione corrisponde una più efficace conduzione degli impulsi nervosi e un conseguente miglioramento delle funzioni esecutive. > Cambiamenti delle strutture celebrali che influiscono sulla sfera emotiva e motivazionale: avviene la redistribuzione della dopamina (situata nel sistema limbico e nella corteccia prefrontale). Essa influisce nei processi celebrarli dedicati alla ricompensa (percezione della risposta e di stimoli piacevoli). Con il suo aumento gli stimoli piacevoli divengono più attraenti rispetto a quelli rischiosi, ai quali si da un peso minore. Ciò spiega il perché, nell’adolescenza, i ragazzi hanno la propensione a comportamenti rischiosi ma piacevoli, senza tener conto delle possibili conseguenze negative (12-13 e 16-17 fasce d’età in cui i vantaggi vengono valutati come superiori ai rischi). I cambiamenti nei recettori della dopamina non sono dovuti all’aumento degli ormoni sessuali, Psicologia delle età della vita Berti Bombi 67 la coincidenza che i due processi si manifestino insieme può essere spiegata con considerazioni evoluzionistiche (comportamenti rischiosi potevano portare a vantaggi ed essere favoriti dalla selezione naturale.) > Cambiamento nell’organizzazione sinaptica: strettamente legato alla proliferazione degli ormoni sessuali che favorisce la proliferazione dei recettori dell’ossitocina (ormone che agisce come neurotrasmettitore e che ha effetti nella formazione di legami affettivi e nel riconoscimento di stimoli sociali. STEINBERG questi cambiamenti fanno si che nella pubertà aumenti l’importanza dei rapporti con i propri pari e favoriscono l’adozione di comportamenti simili a quelli del proprio gruppo. La semplice presenza di coetanei può condurre l’individuo a fare scelte più rischiose, a correre dei rischi. I maschi inoltre hanno una propensione al rischio superiore a quella delle ragazze. la propensione al rischio aumenta per in cambiamenti avvenuti nelle aree celebrali che influiscono su emozioni e motivazioni e diminuisce con l’aumentare delle aree preposte alla regolazione cognitiva del comportamento. > Cambiamenti anatomici che proseguono fino all’età adulta: aumento delle connessioni tra le aree corticali che hanno ruolo importante nei processi cognitivi e le aree subcorticali legate all’elaborazione delle informazioni sociali e emotive. Conseguenza di ciò è un miglioramento della regolazione emotiva. 3 LO SVILUPPO INTELLETTUALE: STADIO OPERATORIO FORMALE L’ingresso nella preadolescenza (11-12 anni) coincide , secondo Piaget, con l’ingresso in un nuovo stadio dello sviluppo cognitivo, lo stadio operatorio formale. Emergono una nuova serie di competenze che si completano verso i 16 anni e caratterizzano anche il pensiero adulto. Ciò che caratterizza questo stadio riguarda sia le operazioni mentali sia le entità a cui vengono applicate. Queste operazioni sono dette formali perché vengono applicate anche a contenuti mentali espressi, inoltre il bambino inizai a risolvere anche problemi espressi solo verbalmente. 3.1 CARATTERISTICHE Il pensiero operatorio formale è caratterizzato dall’emergere di nuovi tipi di operazioni che si aggiungono a quelle di classificazione, seriazione e partizione acquisite durante lo stadio operatorio concreto. Le principali caratteristiche descritte da Piaget sono: → Pensiero interproposizionale. Con il pensiero operatorio concreto il bambino è in grado di rappresentare correttamente diversi aspetti della realtà. Sono dette operazioni intraproposizionali quelle operazioni concrete che permettono di costruire in modo corretto e verificare il contenuto di singole proporzioni. (stadio operatorio concreto) Due o più proporzioni semplici possono essere collegate per costruire proporzioni complesse. Nello stadio formale il bambino ormai è in grado di collegare più proporzioni e di ragionare su proporzioni complesse: Piaget definisce queste operazioni iterproposizionali (stadio operatorio formale) [interproposizionali: permettono di collegare i prodotti di operazioni mentali] → Proporzioni e analogie. Con le analogie si coglie l’uguaglianza tra coppie di relazioni, con le proporzioni si coglie la relazione di uguaglianza tre due operazioni. Anche queste operazioni, come quelle interproposizionali, vengono acquisite nello stadio operatorio formale. A caratterizzare il pensiero operatorio formale è la presenza di operazioni che permettono di mettere in relazione risultati di altre operazioni, per questo le operazioni del pensiero formale sono operazioni su operazioni o pensiero alla seconda potenza → Pensiero ipotetico deduttivo. Grazie alle operazioni interproposizionali, il pensiero operatorio formale consente di ricavare delle conclusioni a partire da premesse, esaminando le relazioni tra le proposizioni prese in considerazione come ipotesi, indipendente dal riscontro reale. La capacità di avanzare ipotesi ed esaminarle consente un particolare modo di accostarsi alla realtà. Ragazzi e adulti sono in grado di avanzare ipotesi, dedurre logicamente le conseguenze che potrebbero derivare dalle ipotesi, verificare l’ipotesi e scartarla se non è verificabile. Il pensiero ipotetico deduttivo è necessario per poter verificare delle ipotesi però non è sufficiente per individuare le possibili ipotesi di un evento, per fare ciò sono necessarie le operazioni di combinazione. → Operazioni di combinazione e primato del possibile sul reale. Dato un certo insieme di elementi, le operazioni di combinazione consistono nell’individuare l’insieme delle parti, ovvero i sottoinsiemi in cui tale insieme potrebbe Psicologia delle età della vita Berti Bombi 70 soluzione. Ragionamento informale rivolto alla soluzione di problemi mal definiti, comprende operazioni logiche e enunciazioni di principi o conoscenze. La capacità di argomentare, cioè spiegare il ragionamento con cui si è arrivati ad una determinata soluzione, è correlata alle credenze epistemologiche, cioè le idee che i soggetti hanno circa la conoscenza. L’epistemologia influisce sui modi in cui vengono affrontati i diversi problemi della vita ma anche su aspetti dello sviluppo e delle differenze individuali. Sequenza di sviluppo: livello assolutista (1 sola realtà che determina 1 sola conoscenza) livello molteplicista (non esiste una sola conoscenza certa, esistono molteplici opinioni varie) e livello valutativo (esistono criteri per identificare le concezioni più valide di altre.). secondo alcune ricerche il pensiero epistemologico è anche connesso al modo diverso di delineare una propria identità negli adolescenti. CAPITOLO 13 Ai cambiamenti primari conseguono rilevanti esiti evolutivi dell’ambito soprattutto sociale e personale dell’adolescente (assetto personale e relazionale a cui conducono i cambiamenti adolescenziali). La pubertà e la crescita cognitiva costituiscono delle determinanti per nuovi bisogni sociali. Tra le componenti del modello proposto di GROTEVAN non vi è una relazione lineare e semplice. Inoltre alcuni esiti evolutivi divengono la base per altre trasformazioni. Gli ambiti di sviluppo sociale sono interconnessi, non solo perché sono tutti inclusi nel contesto storico culturale, ma anche perché ciò che avviene nell’uno influenza l’altro. 1 ADOLESCENTE E GENITORI Un primo elemento di difficoltà tra le due generazioni è rappresentato dal GAP GENERAZIONALE, ovvero la discontinuità del modo di comportarsi dei figli rispetto al modo dei genitori alla loro età. Esso è causato in prevalenza dal cambiamento delle condizioni economiche, dalla differenza dei costumi, dalla maggiore richiesta di libertà e anche dalla maggiore preparazione scolastica dei figli rispetto alla generazione precedente. Le differenze però sono superficiali, nel campo dei valori e degli atteggiamenti la congruenza tra le due generazioni è maggiore. La ricerca adolescenziale di uno stile di vita differente da quello dei genitori ha delle ragioni: in primis è dovuto dai cambiamenti strutturali della società, dal maggior senso di appartenenza ad un gruppo di coetanei e dal maggior bisogno di autonomia. Il bisogni di autonomia è stato riconosciuto il tema centrale del percorso evolutivo dell’adolescente da parte di teorici diversi che ne hanno sottolineato differenti aspetti. Per Freud si tratta di un distacco che permette di dirigere verso oggetti che non siano i genitori gli impulsi di una sessualità adulta. Per Erikson il desiderio di agire autonomamente fa parte della costruzione della propria identità, mentre per altri autori la ricerca di autonomia deriva da una crescita delle capacità decisionali che rende possibile resistere all’autorità di adulti e coetanei. Lo sviluppo del’autonomia implica componenti cognitive, emotive comportamentali e spesso porta a conflitti e battibecchi con i genitori, dovuti anche all’accresciuta capacità di ragionamento che sviluppa negli adolescenti una maggiore capacità di critica nei confronti delle scelte e delle affermazioni dei genitori (deidealizzazione). In sostanza durante l’adolescenza si ampliano in confini della sfera personale. Infatti, come sostiene Petter, l’adolescenza è quel periodo caratterizzato dal continuo attraversamento volontario dei confini di uno spazio di vita che fin ora era stato considerato centrale. Questo continuo attraversamento consiste in un ripetuto allontanamento e avvicinamento dalla sfera famigliare, viene definito marginalità psicologica volontaria. È da considerare che anche i genitori si trovano in una fase delicata della loro vita, definita età di mezzo, inoltre viene spesso a mancare il supporto in precedenza fornito dai nonni. Questo insieme di circostanze porta ad una maggiore difficoltà relazionale, il cui disagio non ricade solo sui genitori ma anche sui figli. Secondo uno studio di ALIDA LO COCO risulta che la presa di distanza emotiva da parte dei figli è associata anche ad un malessere dei ragazzi oltre che allo stress genitoriale. Elvira cicognani: studia su cosa vertono i conflitti genitori-figli. Entrambe le parti concordavano sulle discussioni nell’ambito delle regole della casa e su discussioni nell’ambito delle questioni personali. Le dispute sul tempo libero agli occhi di entrambi risultavano inesistenti mentre, sulle dispute che riguardavano la vita fuori casa, erano più i figli a denunciarne l’esistenza. Nell’insieme i dati dimostrano che le discussioni famigliari hanno per oggetto soprattutto Psicologia delle età della vita Berti Bombi 71 tempi e ambiti in cui gli adolescenti vogliono autonomia, dunque non sono discussioni irrilevanti poiché vertono appunto sul modo in cui viene a modificarsi l’ambito della sfera personale dei figli. Nonostante le discussioni i figli continuano a riconoscere ai genitori l’ultima parola su molte questioni con valenza morale o su convenzioni sociali. La ricerca di Daniel Offer ha dimostrato che, nonostante i conflitti per l’autonomia, la stragrande maggioranza degli adolescenti appare soddisfatta del rapporto che ha con i genitori. Nel confronto con i genitori gli adolescenti sembrano destreggiarsi bene nel contrasto tra bisogno di autonomia e bisogno di mantenere un rapporto vivo con i genitori. L’immagine di una gioventù radicalmente opposta rispetto alle generazioni precedenti sembra sstenuta più dagli adulti che dai giovani stessi. 2 RAPPORTI CON I COETANEI Alcuni cambiamenti celebrarli innescati dalla pubertà accentuano l’importanza dei rapporti con i pari negli adolescenti. A ciò contribuiscono in modo rilevante diverse altre ragioni che Petter riassume. In primo luogo le abilità intellettuali consentono ora di esaminare criticamente le opinioni e i comportamenti altrui, e di crearsi delle concezioni personali che sono anche in grado di discutere. La capacità di discutere le proprie idee con i pari sostiene gli adolescenti nel processo di autonomizzazione dal giudizio degli adulti e aiuta a vivere in modo costruttivo la marginalità psicologica. Anche le trasformazioni fisiche portano gli adolescenti a cercare un confronto con i coetanei e, anche l’accrescersi di interessi sessuali, spinge al distacco dall’ambiente famigliare e a legarsi ai coetanei. Inoltre la maturazione puberale da inizio ad un periodo di marginalità sociale, ovvero di incerta identità sociale, anche in questo caso, riunirsi con individui che vivono lo stesso disagio, aiuta a sentirsi meno soli. Il sostegno intellettuale, emotivo e sociale che gli adolescenti cercano nei propri pari si manifesta in vari tipi di relazioni. BRADFOR BROWN indica 3 livelli di aggregazione rilevanti per gli adolescenti: gruppo allargato, gruppo piccolo e diade. 2.1 GRUPPI ADOLESCENZIALI I gruppi possono essere studiati in termini di appartenenza a categorie sociali (a cui si rifà il gruppo allargato di Brown) oppure come concrete formazioni di persone che interagiscono concretamente tra di loro (piccolo gruppo). • Appartenenza a categorie sociali (crowds): gruppo in senso lato. Gli adolescenti non si differenziano più solo per ampie classi ma anche per la corrispondenza a tipi ben definiti che dipendono da atteggiamenti e preferenze condivisi. Questi ultimi possono essere contrassegnati da un nome: brains (identifica il gruppo di coloro che vanno bene a scuola) , jocks (gli sportivi) , partyers (i festaioli). Si viene assegnati a una di queste categorie dai propri coetanei in base alla reputazione sociale e allo stereotipo a cui si corrisponde. Una volta che un adolescenti inizia ad appartenere ad una certa categoria sarà spinto a modellare il proprio stile di vita in base a quello dei coetanei che ne fanno parte. Come cambia la concezione di sé cambia anche il modo in cui gli adolescenti individuano e descrivono le categorie, secondo O’BRIEN e BEIRMAN questo cambiamento si accompagna ad un’influenza più profonda del gruppo allargato sull’adolescente. • Persone che interagiscono concretamente: piccolo gruppo. L’appartenenza non si definisce solo in base alla similarità, ma implica anche la condivisione di alcune attività, ciò accade sia in gruppi informali che formali (non basati o basati su regole esplicite). Tipica caratteristica dei gruppi formali è l’essere promosso da adulti, che esercitano un certo grado di controllo. Tipico dell’adolescenza è il gruppo informale. Uno studio etnografico di Dunphy evidenzia le diverse modalità che le aggregazioni spontanee assumono dalla preadolescenza all’età giovanile. Stadio 1: Durante la preadolescenza vi sono piccole cricche, gruppetti isolati l’uno dall’altro e omogenei al loro interno per sesso. Stadio 2: le cricche iniziano ad interagire tra loro. Stadio 3: si formano le compagnie, alcuni membri delle cricche entrano a far parte di un gruppo misto. Stadio 4: la compagnia raggiunge la fase matura,all’interno del gruppo misto si formano nuovi sottogruppi (gruppetti misti). Stadio 5: la compagnia tramonta e rimangono solo legami tra più coppie. La compagnia sembra avere la principale funzione di fornire occasioni di incontro facilitate attraverso la condivisione di esperienze. Psicologia delle età della vita Berti Bombi 72 Secondo studi recenti nella tarda adolescenza iniziano a formarsi relazioni sentimentali emotivamente stabili, e questo porta gli adolescenti a sentire meno il bisogno di incontrarsi in compagnia. Tuttavia per tutta l’adolescenza (16-18 anni) è importante per un ragazzo appartenere ad un gruppo. Esso rappresenta infatti una forte attrattiva, ma entrare a farne parte non è facile, poiché anche il gruppo adolescenziale è dotato di norme la cui accettazione determina l’appartenenza, il grado di soddisfazione personale e anche il modo in cui si viene percepiti dagli altri. 2.2 CONFORMISMO L’adesione alle norme del gruppo trova la sua massima manifestazione nel conformismo. Ciò suscita allarme nei genitori che temono in primis che, oltre a vestiti e pettinature, i propri figli possano accettare qualsiasi influenza e, in secondo luogo,che il gruppo proponga inevitabilmente comportamenti antisociali. Anche il fenomeno del favoritismo (il mio gruppo è il migliore e chi non ne fa parte non viene valutato positivamente) suscita preoccupazione nei genitori. Ciò che può rassicurare in genitori è che questi due fenomeni tendono a scemare verso la tarda adolescenza, quando diviene importante resistere alle pressioni dei coetanei. Dal bisogno affiliativo si passa a forme di appartenenza più selettive, per cui l’adolescente partecipa solo a quelle situazioni sociali che danno sostegno all’immagine di sé. In secondo luogo è importante ricordare che le influenze che il ragazzo riceve dai diversi livelli in cui è coinvolto possono essere discordanti (es: gruppo di amici- fidanzata), dunque sta a lui scegliere quale idea seguire o che idea personale crearsi. Il grado di conformismo varia a seconda del tipo di gruppo, maggiore nei gruppi formali e minore in gruppi informali o in quelli che valorizzano particolarmente lo sviluppo del senso critico e dell’autonomia. Gli adolescenti interrogati su questo fenomeno sono scettici, vedono la condivisione come frutto di una scoperta comune, non come un’imposizione. Altro ordine di ragioni che portano a ridimensionare l’influenza del gruppo è la perdurante importanza della famiglia che ha quasi sempre l’ultima parola riguardo a questioni importanti. L’importanza della famiglia per l’adolescente dipende anche da come padri e madri hanno educato e da come si sono rapportati con i propri figli nel corso della loro vita. Nonostante ciò il fenomeno contrario, cioè la dipendenza dalla famiglia, può costituire un fattore di rischio. 2.3 AMICIZIE E RAPPORTI SENTIMENTALI Durante preadolescenza e adolescenza l’amicizia ricopre un ruolo molto importante rispetto alle età precedenti. Il numero di amici diminuisce ma cresce l’intensità delle relazioni, caratterizzate non solo dalla condivisione, dalla reciprocità e da affinità ma anche da minore rivalità,maggiore lealtà, cooperazione e da un’inedita ricerca di intimità. THOMAS BERNDT ha rivelato che negli adolescenti la conoscenza delle opinioni, dei gusti e delle preoccupazioni degli amici è maggiore che nei bambini, in quanto dopo la pubertà emerge la tendenza a parlare di sé, affrontano con gli amici anche argomenti personali. Uno degli scopi più importanti dell’amicizia adolescenziale è infatti quello di analizzare con una persona di fiducia le proprie reazioni emotive. Il bisogno di guardarsi dentro che nasce in seguito ai cambiamento congitivi, fisici e intellettuali, è soddisfatto infatti dall’amico, che diviene il interlocutore per parlare di esperienze private. HARRY SULLIVAN uno tra i primi a rilevare l’importanza psicologica dei legami con i coetanei, ha paragonato la funzione dell’amico a quella di uno specchio in cui l’adolescente può riflettersi. Inoltre, nella preoccupazione per il benessere dell’amico, ha individuato un’opportunità di sviluppo della sensibilità morale. I ragazzi più competenti a livello sociale, più soddisfatti di sé,meno ostili e meno ansiosi sono quelli che si sentono capaci di aprirsi con l’amico. Si direbbe che esiste una connessione tra esperienze amicali e moralità FRANCA TRANI ha riscontrato differenze di personalità tra adolescenti che si confrontano con gli amici e adolescenti che non lo fanno. Le dimensioni di personalità che caratterizzano chi riesce con più facilità a stringere amicizie sono l’espansività, la stabilità emotiva,la socievolezza e l’interiorizzazione delle regole morali. Ciò confermerebbe le intuizioni di Sullivan sulla connessione tra relazioni amicali e moralità. Vi sono chiare differenze di genere nella capacità di stringere amicizia, i ragazzi più propensi sono caratterizzati da stabilità emotiva, spontaneità, intraprendenza e bassa irritabilità. Le ragazze da bassa tendenza a dominare gli altri,espansività, sicurezza di sé e
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved