Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

RIASSUNTO DEL LIBRO DI KELSEN, Sintesi del corso di Filosofia del Diritto

RIASSUNTO LIBRO DI LINEAMENTI DI DOTTRINA PURA DEL DIRITTO DI KELSEN

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 14/02/2018

silviac260398
silviac260398 🇮🇹

4.3

(3)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO DEL LIBRO DI KELSEN e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia del Diritto solo su Docsity! Diritto e Natura LA PUREZZA La dottrina pura del diritto è una teoria del diritto positivo, non di un particolare ordinamento giuridico. È una teoria generale del diritto, non interpretazione di norme giuridiche particolari, statali o internazionali. La dottrina pura del diritto ha come obbiettivo solo e semplicemente la conoscenza del suo oggetto, è scienza del diritto, non politica del diritto. È improntata a liberare il diritto da tutti gli elementi che le sono estranei, infatti, in modo del tutto acritico, nel corso della storia la giurisprudenza si è mescolata con la psicologia e la biologia, con l'etica e la teologia. FATTO NATURALE E SIGNIFICATO Il diritto è un fenomeno sociale, la società è però un oggetto completamente diverso dalla natura, perché è una connessione di elementi del tutto diversa. Il diritto deve essere allora distaccato il più chiaramente possibile dalla natura. Questo è però difficile per il fatto che il diritto sta nel campo della natura e abbia un esistenza, pare, del tutto naturalistica. Se si analizza cioè qualsiasi fatto considerato diritto si possono distinguere due elementi: - ACCADIMENTO ESTERIORE. Atto sensibilmente percepibile il quale procede nello spazio e nel tempo, per lo più un comportamento umano; - SIGNIFICATO. Uno specifico significato quasi immanente o aderente a quest'atto o accadimento. AUTOQUALIFICAZIONE DEL MATERIALE SOCIALE (IL SIGNIFICATO SOGGETTIVO E OGGETTIVO) L'uomo che agisce annette infatti al suo stesso atto un significato determinato che si esprime in un modo qualsiasi e che viene inteso da coloro cui l'atto è rivolto. La conoscenza relativa al diritto trova una autoqualificazione del materiale che precede la qualificazione che deve effettuare la scienza giuridica. Da ciò si evince la necessità di distinguere il significato soggetti da quello oggettivo di un atto: - SIGNIFICATO SOGGETTIVO. Connotazione personale data all'atto dal soggetto che lo pone in essere; - SIGNIFICATO OGGETTIVO. Significato che un atto assume all'interno del sistema di tutti gli atti giuridici, cioè nel sistema del diritto. NORMA COME SCHEMA QUALIFICATIVO L'accadimento esteriore è un fatti sensibilmente percepibile perché si svolge nel tempo e nello spazio, è un frammento di natura che, come tale, è determinato secondo la legge di casualità. Ciò che trasforma questo atto in un fatto giuridico è il senso oggettivo che è unito a quest'atto: il suo significato. Il fatto in questione ottiene infatti il suo senso specificatamente giuridico, il suo particolare significato giuridico, per mezzo di una norma che nel suo contenuto vi si riferisce e gli impartisce il significato giuridico di modo che l'atto possa essere qualificato secondo questa norma. La norma funziona così come schema qualificativo, essa viene prodotta da un atto giuridico che da parte sua riceve di nuovo il suo significato da un'altra norma. In altre parole il fatto che questi fatti abbiano questo "significato" vuol dire soltanto che tali fatti nella loro totalità corrispondono a determinate disposizioni della costituzione; che il contenuto di un avvenimento effettivo coincide cioè col contenuto di una norma in qualsiasi modo presupposta. NORMA COME ATTO E STRUTTURA QUALIFICATIVA La norma, come specifica struttura qualificata, è qualcosa di diverso dall'atto psichico col quale essa è voluta o rappresentata. La dottrina pura del diritto non si rivolge né ai processi spirituali né ai fatti fisici quando cerca di conoscere le norme e di comprendere giuridicamente una cosa qualsiasi. Comprendere qualcosa giuridicamente non può significare altro che comprendere qualcosa come diritto. Infatti il diritto è una norma; ma la norma è una categoria che non trova applicazione nel campo della natura. Quando certi atti naturali vengono qualificati come processi giuridici, ciò non significa altro che è loro attribuito un valore da norme il cui contenuto sta in una determinata corrispondenza con l'avvenimento effettivo. L'attività del giudice non si esaurisce quindi per nulla in un atto conoscitivo; questo è soltanto la preparazione di un atto volitivo per mezzo del quale vien posta la norma individuale della sentenza. VALIDITA' E SFERA DI VALIDITA' DELLA NORMA Con "validità della norma" non si vuole indicare altro che la sua esistenza specifica, il modo particolare con cui si presenta a differenza dell'essere della realtà naturale che procede nello spazio e nel tempo. Il contenuto possibile della norma è lo stesso contenuto possibile dell'accadere effettivo, e poiché la norma si riferisce col suo contenuto a questo accadere effettivo, soprattutto al comportamento umano, è necessario che tanto lo spazio quanto il tempo in cui il comportamento umano determinato da una norma si realizza siano determinati nel contenuto della norma stessa. La validità delle norme che regolano il comportamento umano in generale, e quindi anche in particolare la validità delle norme giuridiche, è una validità spaziale e temporale in quanto queste norme hanno per contenuto dei fatti spaziali e temporali. Il rapporto della norma con lo spazio e con il tempo costituisce la sfera di validità spaziale e temporale della norma. Questa sfera di validità può essere determinata, ma può anche essere illimitata. La norma può valere soltanto per un determinato spazio e per un determinato tempo, cioè può regolare soltanto dei fatti in un determinato spazio e in un determinato tempo. Essa può però anche valere ovunque e per sempre, cioè riferirsi a fatti che possono accadere sempre e ovunque (sfera di validità spaziale e temporale illimitata). La sfera di validità reale (o materiale), si distingue da quella di validità spaziale e temporale quando si prendono in considerazione i particolari oggetti, le diverse direzioni del comportamento umano che sono regolate da norme. Anche la sfera di validità reale può essere delimitata o illimitata nel senso che una noma determinata, cioè prodotta in un determinato modo e appartenente a un ordinamento determinato, può riferirsi col suo contenuto, a qualsivoglia oggetto o solo a oggetti completamente determinati. Lo stesso discorso ha valore per la sfera di validità personale , le norme di una morale universale si rivolgono senz'altro a tutti gli uomini, esse hanno cioè una sfera di validità personale fondamentalmente illimitata, mentre 121d39b determinate norme giuridiche obbligano e autorizzano solo determinate categorie di uomini, hanno cioè quindi soltanto una sfera limitata di validità personale. CONOSCENZA DI NORME GIURIDICHE E SOCIOLOGIA DEL DIRITTO Considerando il diritto come norma e la scienza del diritto (che è una funzione diversa da quella degli organi che pongono e applicano il diritto) come scienza limitata alla conoscenza di norme, si delimita il diritto di fronte alla natura, e la scienza giuridica, come scienza normativa, di fronte a tutte le altre scienze che cercano di spiegare i fenomeni naturali secondo la legge della casualità. Se si vuole designare tale ricerca come sociologia, o specificatamente come sociologia del diritto, non vi è nulla da obbiettare al riguardo. Qui si deve stabilire però soltanto che una tale conoscenza sociologico-giuridica non ha nulla a che fare con le norme giuridiche come specifiche strutture qualificative, ma soltanto con certi fatti senza riguardo al rapporto che essi hanno con una qualsiasi norma riconosciuta o presupposta come valida. Questa sociologia del diritto non pone in relazione i fatti naturali che deve studiare con le norme valide, ma stabilisce un rapporto di causa ed effetto fra questi e altri fatti naturali. Il diritto viene in questione solo come fatto naturale, come fatto della coscienza degli uomini che pongono, che eseguono o che violano le norme giuridiche. La dottrina pura del diritto, come specifica scienza giuridica, non rivolge la sua attenzione alle norme giuridiche considerate come fatti di conoscenza, né alla volizione o alla rappresentazione di queste, ma la rivolge alle norme giuridiche come strutture qualificative volute e rappresentate. Essa comprende qualsiasi fatto solo in quanto è contenuto di norme giuridiche. Il problema della dottrina pura del diritto è quindi quello della specifica autonomia di una sfera comprendente atti e fatti che hanno un significato. Diritto e Morale DIRITTO E GIUSTIZIA La dottrina pura del diritto cerca pure il termine di distinzione della natura dallo spirito. La scienza del diritto è scienza dello spirito, non già della natura. Non si può negare che il diritto come norma sia una realtà spirituale, non naturale. Importa qui anzitutto liberare il diritto da quel legame per cui è sempre stato unito alla morale, anche se con ciò non si vuole certo mettere in dubbio l'esigenza che il diritto debba essere morale, cioè debba essere buono. Si respinge la concezione per cui il diritto come tale faccia parte integrante della morale, la concezione per cui ogni diritto, come diritto, sia in un certo qual senso o in un certo qual grado morale. Col rappresentare il diritto come un particolare campo della morale si cerca di dare al diritto quel valore assoluto che spetta essenzialmente alla morale, senza chiarire se, con ciò, si intenda soltanto quell'esigenza di per sé comprensibile per cui il diritto debba essere moralmente foggiato, oppure se, con ciò, si voglia piuttosto intendere che il diritto, come parte costitutiva della morale, abbia realmente un carattere di moralità. Come categoria morale il diritto non significa altro che "giustizia". Con giustizia si può intendere: - L'espressione dell'ordinamento sociale giusto. La tendenza verso la giustizia, psicologicamente considerata è la tendenza eterna dell'uomo alla felicità che egli non può trovare come individuo e che per ciò ricerca nella società. La felicità sociale si chiama giustizia. - Positiva conformità al diritto e particolarmente di legalità. Il giudizio di giustizia esprime soltanto il valore relativo della conformità con la norma. Giusto è qui sinonimo di legale. - Nel significato che le è proprio e che la differenzia dal diritto esprime un valore assoluto. Il suo contenuto non può essere determinato dalla dottrina pura del diritto, anzi non è in alcun modo determinabile dalla conoscenza razionale. La giustizia nella sua validità assoluta sta al di là di ogni esperienza. Il dualismo di giustizia e di diritto ha lo stesso carattere metafisico del dualismo ontologico e come questo, così anche quello, ha una duplice funzione a seconda della tendenza ottimistica o pessimistica, conservatrice o rivoluzionaria con cui si presenta. La giustizia, ideale della volontà e dell'azione, fatta oggetto di conoscenza, deve trasformarsi inopinatamente nell'idea della verità che trova la sua espressione negativa nel principio di identità. Fra il soggetto reale del fatto antigiuridico e l'oggetto della conseguenza di questo fatto esiste sempre un'identità fisica o giuridica. La dottrina pura del diritto respinge l'idea per la concezione per cui l'uomo, con l'illecito, verrebbe a infrangere o a violare il diritto. Essa dimostra che il diritto non può essere infranto o violato dall'illecito perché è anzi soltanto a mezzo suo che il diritto raggiunge la propria essenziale funzione. Tramite l'illecito si conferma l'esistenza del diritto, che consiste nella sua validità, nella doverosità dell'atto coattivo come conseguenza dell'illecito giuridico. ATTO ILLECITO F 0 E 0 condizione ATTO COATTIVO STATALE F 0 E 0 conseguenza dell'atto illecito IL DIRITTO COME TECNICA SOCIALE a. L'efficacia dell'ordinamento giuridico Se il diritto non è altro che un elemento coattivo esterno, esso si sarà allora concepito soltanto come una specifica tecnica sociale: si raggiungerà o si cercherà così di raggiungere lo stato sociale desiderato collegando al comportamento umano, che rappresenta l'opposto contraddittorio di questo stato sociale, un atto coattivo come conseguenza, cioè la privazione coattiva di un bene (vità, libertà, beni economici). Evidentemente, con ciò, l'ordinamento giuridico parte dal presupposto che gli uomini, il cui comportamento è regolato dal diritto, considerino tale atto coattivo come un male dal evitare. Con la rappresentazione di tale male minacciato nel caso di un determinato comportamento, l'ordinamento giuridico ha pertanto il fine di indurre gli uomini a seguire un comportamento contrario (efficacia dell'ordinamento giuridico). Soltanto l'uomo dotato di volontà e ragione può essere indotto dalla rappresentazione di una norma a un comportamento conforme alla norma, è per tale ragione che i così detti eventi, appaiono nel contenuto delle norme giuridiche soltanto in connessione essenziale col comportamento umano come una sua condizione o una sua conseguenza (tali eventi sono cioè influenzati e influenzano il comportamento umano). b. La norma secondaria Viene detta norma secondaria la norma che ordina il comportamento che evita la sanzione. La norma che determina la condotta che evita la coazione (condotta che l'ordinamento giuridico ha come scopo) ha il significato di norma giuridica soltanto quando si presuppone che con essa si debba esprimere in forma abbreviata ciò che solo la proposizione giuridica enuncia in modo corretto e completo (norma giuridica in forma primaria). Viene detta norma giuridica in forma primaria la proposizione giuridica che enuncia che alla condizione della condotta contraria debba seguire un atto coattivo come conseguenza. Il fatto illecito non è in contraddizione con la norma secondaria. Ciò perché tale contraddizione può verificarsi soltanto tra due condizioni di "dover essere" o tra due si "essere", mai tra una proposizione che esprime un "dover essere" (norma secondaria) e un "essere" (illecito). L'opposizione in cui entra un fatto con una norma che comanda il contrario non può essere qualificata come una antitesi logica, ma piuttosto come un'antitesi teologica. c. Motivi dell'obbedienza al diritto È difficile giudicare se il comportamento umano conforme all'ordinamento giuridico sia davvero l'effetto della rappresentazione che suscita la minaccia dell'atto coattivo. Infatti è concorde affermare che non è sempre il timore della pena ciò che provoca una concordanza fra diritto e realtà, talvolta tale conformità può essere dovuta a ragioni di carattere religioso, costume sociale (ecc.). Questa relazione di conformità in cui viene a trovarsi il comportamento effettivo degli uomini con l'ordinamento giuridico, non deve essere necessariamente condotta alla sua efficacia, ma particolarmente a quella delle ideologie la cui funzione esige o provoca questa conformità. Il diritto non è quindi caratterizzato come un fine, ma come un mezzo specifico; esso è un meccanismo coattivo a cui, in sé e per sé non corrisponde nessun valore politico o etico, un meccanismo coattivo il cui valore dipende piuttosto dallo scopo che lo trascende in quanto mezzo. Indubbiamente il diritto è riconosciuto come storicamente condizionato e in tal modo viene rilevato l'ultimo nesso che esiste fra la tecnica sociale di un ordinamento coattivo e una situazione sociale che si sostiene per mezzo di questo. La dottrina pura del diritto considera l'ordinamento giuridico nell'autonomia normativa propria della sua struttura e non già relativamente a questo scopo e quindi come possibile causa di un determinato effetto, dato che la relazione di mezzo a fine è soltanto un caso particolare del rapporto causale. LA NEGAZIONE DEL DOVER ESSERE Si considera il diritto, cioè gli atti che pongono il diritto in essere, esclusivamente come mezzo per provocare un determinato comportamento degli uomini, ai quali si rivolgono questi atti, come causa di determinati effetti; e si crede si poter comprendere l'ordinamento giuridico nella regolarità di un certo corso dei comportamenti umani. Nell'esposizione del diritto come norma, oltre al rapporto di motivazione, è nascosto un inganno. Partendo infatti dal punto di vista che "non esistono" norme, l'asserzione che questa o quella persona "deve", non ha, come sostiene la dottrina pura del diritto, un senso specifico positivamente giuridico diverso da quello della morale. Inoltre la struttura qualificativa con cui gli atti giuridici si manifestano (la norma e il dover essere con cui il diritto presenta se stesso e viene rappresentato dalla giurisprudenza), appare come una semplice ideologia anche nel suo significato privo di ogni valore morale assoluto, quale è stato messo in luce dalla dottrina pura del diritto. Come realtà, e quindi come oggetto della conoscenza scientifica, si presenterà solo il complesso di accadimenti psico-fisici sottoposti alla legge di causa ed effetto (legge della natura). IL SENSO NORMATIVO DEL DIRITTO Dubbio se ciò che appartiene alla sfera del sociale possa o non possa ingerirsi. Molti sono gli argomenti a favore della tesi per cui la sfera del "sociale" avrebbe essenzialmente un carattere ideologico e la società si distinguerebbe in genere dalla natura soltanto come l'ideologia si distingue dalla realtà. La dottrina pura del diritto, spogliando il dover essere del diritto positivo del suo carattere di valore metafisico assoluto ha aperto la strada per giungere a quel punto dal quale risulta evidente il carattere ideologico del diritto. La dottrina pura del diritto non crede di dovere trarre la conseguenza che sia necessario rinunciare alla categoria del dover essere in generale, e con ciò a una teoria normativa del diritto; non crede cioè di dover rinunciare a una penetrazione adeguata e a una elaborazione sistematica delle strutture spirituali che anzitutto danno il senso del diritto agli atti naturali che li portano. DOVER ESSERE ED ESSERE DEL DIRITTO Il fatto che si possa far valere il diritto come ideologia e che tuttavia si possa esigere una teoria giuridica pura, cioè priva di ideologia, non è certo un fatto assolutamente contraddittorio come sembra. Astraendo dall'ambiguità la parola "ideologia" bisogna osservare che qualche volta le ideologie diverse si sovrappongono reciprocamente, che sovente entro l'ambito ideologico bisogna distinguere diversi strati e che perciò l'antinomia tra ideologia e realtà diventa assai relativa. Se si considera il diritto come ordinamento normativo in rapporto alla realtà degli eventi effettivi che, secondo la pretesa del diritto positivo, debbono corrispondergli, allora si può classificare questo diritto come "ideologia". Se si considera il diritto positivo in rapporto a un ordinamento "superiore", il quale pretende che questo diritto gli corrisponda, con l'ideale di una giustizia immaginaria in modo qualsiasi, allora il diritto positivo si presenta come il diritto "reale" esistente, e il diritto naturale o la giustizia (valore) si presentano come "ideologia". La dottrina pura del diritto cerca di isolare la rappresentazione del diritto positivo da ogni specie di ideologia giusnaturalistica della giustizia. Essa si limita a considerare il diritto positivo e impedisce così che la scienza del diritto lo faccia passare per un ordinamento superiore o che attinga da un tale ordinamento la giustificazione del diritto, oppure che la discrepanza tra un qualsiasi presupposto ideale di giustizia e il diritto positivo venga abusivamente usata come argomento giuridico contro la validità di quest'ultimo. La dottrina pura del diritto è la teoria del positivismo giuridico. Il dualismo della dottrina del diritto e il suo superamento L'ORIGINE GIUSNATURALISTICA DEL DUALISMO TRA DIRITTO OGGETTIVO E DIRITTO SOGGETTIVO Il dualismo del diritto come si è indicato consiste nel fatto che, al di sopra dell'ordinamento statale de diritto positivo, si presuppone l'esistenza di un ordinamento giuridico più elevato, divino razionale o naturale, la cui funzione è stata conservatrice legittimista almeno secondo i rappresentanti classici della teoria giusnaturalistica nei secoli XVII e XVIII. Il dualismo manifestamente intrasistematico che si rivela nelle distinzioni fra diritto oggettivo e soggettivo, pubblico e privato, e in altre numerose coppie di concetti opposti fra le quali non è ultimo l'antagonismo fra lo stato e il diritto. E la funzione di questo dualismo, che appare in forme e aspetti diversi, non è soltanto quella di legittimare l'ordinamento giuridico positivo, ma anche quella di mettere certi limiti alla elaborazione del suo contenuto. IL CONCETTO DI DIRITTO SOGGETTIVO In prima analisi è necessario considerare il dualismo tra diritto soggetti e diritto oggettivo. La teoria generale del diritto sostiene che il diritto, quale diritto oggettivo, è norma, complesso di norme, cioè ordine, e che, nello steso tempo, come diritto soggettivo, è interesse o volontà, cioè qualche cosa di completamente diverso, e che perciò non si può assumere sotto un comune concetto superiore. Secondo la sua primitiva intenzione, il dualismo tra il diritto oggettivo e soggettivo esprime l'idea che questo precede quello, tanto logicamente quanto temporalmente. L'idea è chiara, dapprima si formano i diritti soggettivi, prima di tutto la proprietà, il prototipo del diritto soggettivo, soltanto più tardi appare il diritto oggettivo come ordinamento statale che protegge, riconosce e garantisce i diritti oggettivi formatisi indipendentemente. Dernburg: "diritti in senso soggettivo esistevano storicamente già molto prima che si sviluppasse un ordinamento statale consapevole di sé stesso. Si fondavano sulla personalità dei singoli e sul rispetto che questi a ogni costo riuscirono a ottenere per la loro propria persona e per il loro beni. È soltanto un'idea astorica e inesatta quella per la quale i diritti in senso soggettivo non siano altro che emanazioni del diritto in senso oggettivo". IL CONCETTO DEL DIRITTO DEL SOGGETTO O DELLA PERSONA Il concetto del soggetto del diritto o della "persona" come titolare del diritto soggettivo è intimamente unito al concetto di diritto soggettivo (espressione diversa del medesimo concetto). La rappresentazione di un ente giuridico indipendente dall'ordinamento giuridico, d'una soggettività giuridica che il diritto oggettivo trova, per così dire, preformata sia nell'individuo, sia in certe collettività che deve essere riconosciuta al fine di non perdere il suo carattere di diritto. L'opposizione tra diritto in senso oggettivo e soggettività giuridica, che è una contraddizione logica della teoria in quanto questa considera entrambi contemporaneamente come esistenti, si manifesta nel modo più evidente nel fatto che si dichiara che il senso del diritto oggettivo come norma eteronoma è il vincolo, anzi la coazione, mentre l'essenza della personalità è invece proprio la negazione di ogni vincolo, cioè la libertà nel senso di indipendenza o di autonomia. Puchta: "Il concetto fondamentale del diritto è la liberà.il concetto astratto di libertà è: possibilità di determinarsi per qualche cosa. L'uomo è soggetto di diritto per il fatto che a lui appartiene quella possibilità di determinarsi, per il fatto che egli ha una volontà". IL SIGNIFICATO IDEOLOGICO DEI CONETTI DI "DIRITTO SOTTETTIVO" E DI "SOGGETTO DEL DIRITTO" Nessuno può attribuire dei diritti a sé stesso poiché il diritto dell'uno esiste soltanto sotto il presupposto del dovere dell'altro e un tale rapporto giuridico, secondo l'ordinamento giuridico oggettivo, può soltanto realizzarsi con una concorde manifestazione di volontà fra due individui (ex. Contratto). E tale autodeterminazione è concessa in ragione della sua previsione del diritto oggettivo. Da ciò si deduce che non esiste nel diritto privato una completa autonomia. La funzione ideologica di questa determinazione dei concetti del diritto soggettivo e del soggetto del diritto, in sé completamente contraddittoria, è facilmente comprensibile. Si tratta di sostenere l'idea che il diritto soggettivo, cioè la proprietà privata, sia, di fronte al diritto oggettivo, una categoria trascendente, un'istituzione nella quale la formazione dell'ordinamento giuridico trovi un ostacolo insormontabile. Il concetto di un diritto soggettivo diverso dal diritto oggettivo e indipendente di fronte a questo diventa tanto più importante quanto più si riconosce l'ordinamento giuridico che garantisce l'istituzione della proprietà privata come un ordinamento mutevole e costantemente variabile, creato dall'arbitrio umano e non fondato sulla volontà eterna della divinità, sulla ragione, o sulla natura; e soprattutto quando la produzione di questo ordinamento avviene con un procedimento democratico. L'obbiettivo, se così può essere definito, è proteggere l'istituzione della proprietà privata da una soppressione da parte dell'ordinamento giuridico. Non è difficile comprendere perché l'ideologia del diritto soggettivo si unisca al valore etico della libertà individuale, della personalità autonoma, quando si pensa che in questa libertà è sempre inclusa la proprietà. Il diritto soggettivo è la proprietà privata e si sostiene che ha origine logica e temporale antecedente rispetto al diritto oggettivo, posto in essere da un ordinamento giuridico. In tale modo si eleva a livello superiore l'istituto della proprietà privata, che non può perciò essere abolito dall'ordinamento. L'ordinamento che non garantisce la proprietà privata non è un ordinamento giuridico. IL CONCETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO Si rimane nell'orientamento di questa ideologia quando si considera il rapporto tra diritto e società e specialmente quello fra diritto ed economia come un rapporto tra forma e contenuto, e quando si interpreta il rapporto giuridico come una relazione che si trova nella materia sociale, come una "relazione di vita" che attinge dal diritto soltanto la sua determinazione esteriore . Si tratta di un indirizzo della giurisprudenza tradizionale che si atteggia a "sociologia", il quale in verità, con questa concezione, segue soltanto le tendenze giusnaturalistiche. E si orienta nella stessa direzione di quella del dualismo di diritto oggettivo e soggettivo anche la distinzione tra rapporti giuridici personali(rapporti di credito, rapporto fra soggetti) e reali(rapporto fra persona e cosa). condotta umana regolate come obblighi e autorizzazioni, è analogamente il punto centrale di quell'ordinamento parziale le cui norme stabiliscono questi obblighi e queste autorizzazioni e la cui individualizzazione risulta dal riferimento al comportamento di uno stesso uomo (rappresentazione ausiliare della conoscenza giuridica). Che l'uomo sia o abbia personalità giuridica non significa sostanzialmente altro che certe sue azioni od omissioni costituiscono in una o altra forma il contenuto di norme giuridiche. In base alla distinzione rigorosamente mantenuta fra uomo e persona è quindi inesatto dire che il diritto obbliga e autorizza le persone. Quelli che sono obbligati o autorizzati solo gli uomini. È il comportamento umano che costituisce il contenuto delle norme giuridiche e anche il contenuto degli obblighi e delle autorizzazioni; e il comportamento umano non può essere altro che il comportamento dei singoli uomini Se un determinato comportamento umano equivale al contenuto di una norma, obbligo o autorizzazione, è giusto affermare che non è la persona in se ad essere persona fisica, ma l'insieme dei comportamenti di tale unità che costituisce condizione per l'esercizio da parte dell'ordinamento giuridico dell'atto coattivo identificabile come conseguenza dell'illecito? b. La persona "giuridica". Anche la persona giuridica è soltanto l'espressione unitaria di un complesso di norme, cioè di un ordinamento giuridico e precisamente di un ordinamento che regola il comportamento d'una pluralità di uomini. A volte essa è la personificazione di un ordinamento parziale (ex. Società). La persona giuridica della società a volte è la personificazione di un ordinamento giuridico totale che costituisce una comunità comprensiva di tutte le comunità parziali e che di solito è rappresentata dalla persona dello stato. Con ciò, la persona giuridica è priva di un'esistenza naturale e reale. Reale in questo senso naturale è soltanto il comportamento umano. L'ipotesi che la persona giuridica sia una realtà diversa dagli uomini singoli, ma non sensorialmente percepibile (non dotata di concretezza, ex. Società) è l'ingenua ipostatizzazione d'una rappresentazione giuridica ausiliaria. Come la persona fisica non è un uomo, la persona giuridica non è un superuomo. Gli obblighi e i diritti di una persona giuridica debbono risolversi in obblighi e diritti dell'uomo, cioè in comportamenti umani regolati da norme, in comportamenti che le norme statuiscono come obblighi e diritti. Che l'ordinamento giuridico di un singolo stato obblighi o autorizzi una persona giuridica, significa che esso trasforma il comportamento di un uomo in obbligo o in diritto senza determinare il soggetto stesso. La determinazione del soggetto per delegazione dell'ordinamento giuridico statale è lasciata all'ordinamento giuridico parziale la cui unità è espressa nella persona giuridica. Si tratta di obbligo e autorizzazione di uomini singoli mediata, cioè per mezzo dell'ordinamento giuridico parziale. c. Obbligo e autorizzazione diretta o indiretta. Nel comportamento umano, che costituisce il contenuto della norma giuridica e pertanto dell'obbligo e dell'autorizzazione giuridica, può essere distinto un elemento personale (soggettivo) e un elemento reale (oggettivo): il soggetto dell'azione o dell'omissione e l'azione o l'omissione stessa, chi fa od omette qualcosa e la cosa che è fatta od omessa. La norma completa determina entrambi gli elementi. È però possibile che una norma, e pertanto l'obbligo o l'autorizzazione date con questa, comprenda uno solo di questi due elementi. In quel caso essa è incompleta e ha bisogno di essere completata per mezzo di un'altra norma che porti la determinazione dell'elemento mancante. Che una persona giuridica sia obbligata e autorizzata non significa già che nessun individuo singolo sia obbligato o autorizzato, ma significa soltanto che individui singoli sono obbligati e autorizzati indirettamente. Una norma che indica oggetto e soggetto di un determinato obbligo o autorizzazione si configura come "diretta", al contrario se determina un obbligo o un'autorizzazione facenti capo a una persona giuridica allora tali individui singoli sono autorizzati o obbligati indirettamente. d. L'imputazione centrale. Obblighi e diritti d'una persona giuridica son quindi sempre e soltanto obblighi individuali dei singoli concernenti la condotta umana. Gli individui singoli non hanno però questi obblighi e questi diritti nella forma comune, cioè individuale, ma in forma collettiva (si prenda ad esempio il patrimonio di una persona giuridica). Il carattere collettivo del diritto si manifesta in tutti gli atti inerenti alla gestione della persona giuridica (es. la riscossione di un credito), a tal fine l'ordinamento giuridico parziale determina un organo (es. consiglio di amministratori). Ma l'organo della comunità giuridica è l'uomo, solo in quanto l'atto da lui compiuto è statuito dall'ordinamento giuridico parziale che costituisce la comunità giuridica e può essere per ciò riferito alla unità di questo ordinamento. Questo riferimento di fatto all'unità dell'ordinamento viene designato con la parola imputazione. La persona è in tal caso punto di imputazione. Si hanno due tipi di imputazioni: - Centrale. Quando tutti gli atti delle persone giuridiche sono atti di uomini imputati al soggetto fittizio (unità di un ordinamento centrale o parziale); - Periferica. Un fatto non è riferito all'unità dell'ordinamento, ma, entro l'ordinamento, è riferito a un altro fatto, il che significa che due sono i fatti collegati l'uno all'altro nella posizione giuridica. e. La limitazione della responsabilità. Nel caso di una società, quando viene riscosso un credito, esso ricade nel patrimonio collettivo degli uomini che formano la comunità personificata nella persona giuridica . Quando invece la persona giuridica è obbligata a una prestazione, ciò significa che in caso di inadempimento l'esecuzione non va contro il patrimonio individuale dei membri, ma contro il patrimonio collettivo che però è sempre il loro patrimonio. In questa c.d. limitazione della responsabilità risiede un segno particolarmente caratteristico della persona giuridica di diritto privato. Segno che non si trova, in prima linea, nelle persone giuridiche di diritto pubblico e nella persona giuridica dello stato (personificazione di un ordinamento giuridico totale che sussume tutti gli ordinamenti giuridici parziali) che è punto finale dell'imputazione centrale. f. Il significato ideologico dell'antinomia di individuo e comunità. Dal punto di vista dell'ordinamento oggettivo o della comunità da esso costituita non vi è in generale un individuo autonomo; l'individuo come tale non può cioè essere concepito da una conoscenza rivolta all'ordinamento sociale. Questa prende in considerazione solamente i suoi atti che costituiscono il contenuto dell'ordinamento, cioè gli atti regolati dall'ordinamento. L'individuo esiste soltanto come parte costitutiva e non autonoma della comunità. L'individuo come totalità autonoma è l'ideologia della libertà così come lo è la specifica categoria giuridica della persona. E come questa anche quella ha la funzione di erigere una barriera contro le pretese eccessive, inconciliabili con certi determinati interessi, dell'ordinamento sociale che costituisce la comunità. IL CARATTERE UNIVERSALISTICO DELLA DOTTRINA PURA DEL DIRITTO Viene detto rapporto giuridico il rapporto tra due fatti dei quali l'uno consiste in un comportamento umano posto come obbligo giuridico e l'altro in un comportamento umano posto come autorizzazione. La teoria pura del diritto ha un atteggiamento del tutto oggettivistico e universalistico. Essa è rivolta fondamentalmente alla totalità del diritto e cerca solo di comprendere ogni singolo fenomeno nel nesso sistematico con tutti gli altri e di comprendere in ogni parte del diritto la funzione della totalità del diritto. In questo senso, essa è una concezione veramente organica del diritto. Essa ritiene che il diritto sia un ordinamento e che perciò tutti i problemi giuridici debbano essere posti e risolti come problemi di ordinamento. La teoria del diritto, liberata da ogni giudizio di valore etico-politico, diventa così nei limiti del possibile, un'analisi esatta della struttura del diritto positivo. L'ordinamento giuridico e la sua costruzione a gradi ORDINAMENTO COME SISTEMA DI NORME Il diritto come ordinamento, o l'ordinamento giuridico, è un sistema di norme giuridiche. Su che cosa è fondata l'unità di un determinato ordinamento giuridico? Perché una determinata norma giuridica appartiene a un determinato ordinamento giuridico? Una pluralità di norme forma un'unità, un sistema, un ordinamento quando la sua validità può essere ricondotta a un'unica norma come fondamento unico di questa validità. Questa norma fondamentale, come fonte comune, costituisce l'unità nella pluralità di tutte le norme che formano un ordinamento. L'appartenenza di una norma a un determinato ordinamento dipende solo dal fatto che la sua validità possa essere ricondotta alla norma fondamentale che costituisce questo ordinamento. Secondo la specie della norma fondamentale, cioè secondo la natura del superiore principio di validità, si possono distinguere due diverse specie di ordinamenti (sistemi normativi): - Norme della morale; - Norme giuridiche. Le norme di una delle due specie sono "valide", cioè il comportamento umano da esse determinato è da considerarsi dovuto, in forza del loro contenuto, perché il loro contenuto ha una qualità immediatamente evidente che gli attribuisce validità (norme della morale appartengono a questa specie). Le numerose norme di una morale sono già contenute nella norma fondamentale, così come appunto il particolare è contenuto nell'universale, e che perciò tutte le norme morali particolari possono essere tratte dalla norma fondamentale universale a mezzo di un procedimento logico, cioè mediante una deduzione dall'universale al particolare. La norma universale ha qui un carattere statico-materiale. ORDINAMENTO GIURIDICO COME CONCATENAZIONE PRODUTTIVA Le norme giuridiche non sono valide in forza del loro contenuto, infatti qualsiasi contenuto può essere diritto. Una norma vale come norma giuridica solo e soltanto perché si presenta in un modo particolarmente stabilito, è stata prodotta secondo una regola del tutto determinata, è stata posta secondo un metodo specifico. Il diritto vale soltanto come diritto positivo, cioè come diritto posto. In questa necessità di essere posto e nell'indipendenza implicita della sua validità di fronte alla morale e ai sistemi normativi della medesima specie, consiste la positività del diritto; in ciò consiste la differenza essenziale tra diritto positivo e diritto naturale. La norma fondamentale di un ordinamento giuridico positivo invece non è altro che la regola fondamentale della produzione del diritto, il punto di partenza di un procedimento; ha un carattere dinamico-formale. Le singole norme del sistema giuridico devono essere prodotte da un particolare atto che le pone, atto non di pensiero, ma di volontà. La posizione di norme giuridiche ha luogo in diverse forme: - Per mezzo della consuetudine; si configura come un caso speciale di posizione del diritto. - Col procedimento della legislazione quando si tratta di norme generali; - Con atti di giurisdizione e di negozi giuridici quando si parla di norme individuali; la formulazione schematica della norma fondamentale di un ordinamento giuridico (statale particolare) è la seguente: " la coazione deve essere posta nelle condizioni e nel modo che è stato determinato dal primo costituente o dagli organi da lui delegati". IL SIGNIFICATO DELLA NORMA FONDAMENTALE La dottrina pura del diritto si vale di questa norma fondamentale come di un fondamento ipotetico. Se si parte dal presupposto che tale norma sia valida, è valido anche l'ordinamento giuridico che su di essa si fonda. La norma fondamentale attribuisce all'atto del primo legislatore e di qui a tutti gli atti dell'ordinamento giuridico che poggiano su di questo, il significato del dover essere, quello specifico significato per il quale nella proposizione giuridica la condizione è legata alla conseguenza del diritto. Nella norma fondamentale, in ultima istanza, trova la sua base il significato normativo di tutti i fatti che costituiscono l'ordinamento giuridico. Essa è soltanto l'espressione del presupposto necessario per comprendere positivisticamente il materiale giuridico. Essa non vale come norma giuridica positiva, perché non è prodotta nel corso del procedimento del diritto; essa non è posta, ma è presupposta come condizione di ogni posizione del diritto, di ogni procedimento giuridico positivo. Con la teoria della norma fondamentale, la dottrina pura del diritto tenta di rilevare, attraverso all'analisi dei procedimenti effettivi, le condizioni logico-trascendentali del metodo della conoscenza giuridica positiva. LA NORMA FONDAMENTALE DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO DI UN SINGOLO STATO a. Il contenuto della norma fondamentale Il contenuto della norma fondamentale riposa sopra quegli elementi di fatto che hanno prodotto l'ordinamento a cui corrisponde, fino a un certo grado (non è cioè pretesa una corrispondenza totale e perfetta), il comportamento effettivo di quegli uomini ai quali si riferisce l'ordinamento stesso. Non c'è nessun bisogno infatti di ordinare ciò che, secondo quanto generalmente si ritiene, deve avvenire per necessità naturale. Se si trattasse di fondare un ordinamento sociale, a cui corrispondesse sempre e in tutte le circostanze l'effettivo comportamento degli uomini, tale ordinamento sarebbe inutile e privo di senso. La validità di un ordinamento giuridico, che regola il comportamento di determinati uomini, si trova in un sicuro rapporto di dipendenza col fatto che il comportamento reale di questi uomini corrisponde all'ordinamento giuridico o anche, come si suol dire, alla sua efficacia. b. Validità e efficacia dell'ordinamento giuridico (diritto e forza). La considerazione di questo rapporto di dipendenza può facilmente indurre a identificare la validità dell'ordinamento giuridico con la sua efficacia, cioè col fatto che il comportamento degli uomini a cui l'ordinamento giuridico si riferisce corrisponde a tale ordinamento fino a un certo grado (tale corrispondenza parziale è detta efficacia). Se si sostiene che la validità, cioè la specifica esistenza del diritto, è una qualche realtà naturale, non si è in grado di intendere il senso particolare con cui il diritto si rivolge alla realtà e appunto per questo si pone di fronte alla realtà, la quale solo in quanto non è identica alla validità del diritto può trovarsi in corrispondenza o in contrasto con questo. Il diritto non può invece esistere senza fora, in tale concezione il diritto è un ordinamento (o organizzazione) della forza. c. Il diritto internazionale e la norma fondamentale del singolo ordinamento giuridico statale. L'ordinamento internazionale dà legittimità ad un potere che si stabilisce di fatto e delega così l'ordinamento coattivo istituito da questo potere in quella sfera in cui è realmente efficace. Questo principio dell'effettività, che è un principio giuridico di diritto internazionale, funge come norma fondamentale dei diversi ordinamenti giuridici dei singoli stati: la costituzione del legislatore che è primo storicamente è valida soltanto in base al presupposto che sia efficace, cioè che l'ordinamento che si sviluppa secondo le sue proprie determinazioni si accordi in generale con la realtà corrispondente. Se però la norma che sta alla base degli ordinamenti giuridici dei singoli stati è riconosciuta come norma giuridica positiva, allora non si può più parlare di una norma fondamentale nel senso di norma non posta ma soltanto presupposta, ma soltanto di una norma come base del diritto internazionale. Il principio di effettività, che è proprio del diritto internazionale, può valere soltanto come norma fondamentale relativa agli ordinamenti giuridici dei singoli stati. d. Validità ed efficacia della singola norma giuridica. La validità di un ordinamento giuridico come totalità non è lesa dal fatto che a una singola norma giuridica di questo sistema manchi l'efficacia. Questa norma rimane valida perché e in quanto si trova inserita nella concatenazione produttiva di un ordinamento valido. Il principio di diritto internazionale della effettività si riferisce immediatamente solo alla prima costituzione del singolo precetto. Se questo procedimento risulta esaurito, o se, in generale, non è stato previsto nessun procedimento del genere, allora la norma del grado più basso ha acquistato forza di legge di fronte alla norma del grado più alto. La regolamentazione della norma più bassa a mezzo della più alta ha con ciò il carattere di una prescrizione alternativa. Se la norma individuale è conforme alla prima delle due alternativa ha pieno valore, se è conforme alla seconda ha valore attenuato, può essere cioè annullata in ragione del suo difetto. Nella sfera del diritto la contraddizione si manifesta simultaneamente alla abrogazione della norma contraddittoria. La cd "contrarietà alla norma" di una norma che deve sottoporsi valida per una qualche ragione, in verità non è altro che la possibilità della sua abrogazione per ragioni determinate, cioè la sua annullabilità per mezzo di un altro atto giuridico; oppure è la sua nullità, cioè la sua negazione come valida a mezzo della conoscenza giuridica, la dissoluzione dell'apparenza di una norma giuridica valida. La norma contraria alla norma o è soltanto annullabile, cioè norma valida, e pertanto norma conforme al diritto fino al suo mantenimento, oppure è nulla, nel qual caso non è norma. Il diritto stesso risolve il conflitto fra due norme valide di gradi diversi. L'unità della costruzione a gradi dell'ordinamento giuridico non è compromessa da nessuna contraddizione logica. I metodi della produzione del diritto FORMA DEL DIRITTO E FORMA DELLO STATO La dottrina della costruzione a gradi dell'ordinamento giuridico considera il diritto nel suo movimento, nel processo della sua autoproduzione che continuamente si rinnova (teoria dinamica del diritto) al contrario di quanto accade nella teoria statica del diritto che, senza considerare la sua produzione cerca di concepire solo il diritto come un ordinamento già prodotto, nella sua validità e nel suo proprio ambito di validità. Al centro del problema di una dinamica giuridica sta il problema dei diversi metodi di produzione del diritto o delle forme del diritto. È importante considerare se l'obbligo si effettua con (partecipazione del soggetto alla produzione di norme) o senza la volontà dell'uomo obbligato. Si tratta di una differenza che si indica di solito come contrasto tra autonomia ed eteronomia e che la dottrina del diritto suole applicare essenzialmente nel campo del diritto statale. Tale differenza si presenta come distinzione fra democrazia e autocrazia, oppure tra repubblica e monarchia (suddivisione comune di alcune forme di stato. Con l'espressione forma di stato si indica il metodo della produzione di norme generali regolato dalla costituzione. L'identificazione della norma di stato con la costituzione corrisponde totalmente al pregiudizio che il diritto si esaurisca nella legge. DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO La distinzione tra pubblico e privato è, secondo l'opinione più diffusa, si tratta di una suddivisione dei rapporti giuridici tale che il diritto privato indica un rapporto fra soggetti di ugual ordine e del medesimo valore giuridico, e il diritto pubblico indica un rapporto fra un soggetto sovraordinato e uno sottordinato, un rapporto quindi fra due soggetti dei quali l'uno ha un valore giuridico maggiore dell'altro. Il tipico rapporto giuridico di diritto pubblico è quello fra stato e suddito. Si sogliono indicare anche i rapporti giuridici di diritto privato come rapporti giuridici di diritto privato come rapporti giuridici senz'altro, come rapporti giuridici nel senso più stretto e proprio della parola, per opporli ai rapporti giuridici di diritto pubblico come rapporti di "potere" e di "imperio". Il maggior valore giuridico che spetta allo stato, e cioè ai suoi organi in rapporto ai sudditi, consiste nel fatto che l'ordinamento giuridico attribuisce alle persone qualificate come organi dello stato, oppure a certuni fra loro, i cd organi dotati di potestà d'imperio, la capacità di obbligare i sudditi per mezzo di una manifestazione unilaterale di volontà (ordine - ex tipico l'ordine amministrativo, produzione autocratica di norme, ex negozio giuridico, metodo democratico di produzione di giuridica). IL SIGNIFICATO IDEOLOGICO DEL DUALISMO DI DIRITTO PUBBLICO E PRIVATO La dottrina pura del diritto scorge nel negozio giuridico, come nell'ordine amministrativo, un atto dello stato, cioè un fatto produttivo di diritto che deve essere attribuito all'unità dell'ordinamento giuridico. Con ciò, la dottrina pura del diritto, relativizza il contrasto tra diritto pubblico e diritto privato che la scienza giuridica tradizionale aveva considerato come assoluto; essa lo trasforma da una distinzione extrasistematica, cioè fra diritto e non diritto, tra diritto e stato, in una distinzione sistematica, e con ciò si convalida come scienza appunto perché supera anche l'ideologia che è unita all'idea di concepire come assoluto questo contrasto. Sorge a poco a poco l'idea che nel dominio del diritto pubblico, e specialmente in quello del diritto costituzionale e del diritto amministrativo, politicamente molto importanti, il principio del diritto non valga nello stesso senso e con la stessa intensità con cui vale nel campo del diritto privato che, per così dire, è considerato come il campo particolare del diritto. Impererebbe là non tanto lo stesso diritto, quanto piuttosto l'interesse dello stato, il pubblico bene. Per questa ragione, la relazione tra norma generale e l'organo esecutivo sarebbe diversa nel campo del diritto pubblico e in quello del diritto privato come realizzazione del fine dello stato entro i limiti della legge. Questa dottrina che afferma esservi una differenza essenziale fra il diritto pubblico e privato si avvolge inoltre nella contraddizione di considerare allo stesso tempo, come principio del diritto e come proprietà specifica del diritto pubblico, la libertà dal diritto che essa rivendica nel campo del diritto pubblico come dominio vitale dello stato. Il dualismo logicamente insostenibile non ha per nulla un significato teoretico, ma soltanto uno ideologico. Sviluppato dalla dottrina costituzionalistica, deve assicurare al governo e al meccanismo amministrativo ad esso subordinato una libertà dedotta dalla natura stessa delle cose; non una libertà dal diritto ma una libertà dalla legge, dalle norme generali create dalla rappresentanza del popolo o con l'essenziale partecipazione di esso. L'attribuzione del carattere assoluto al contrasto fra diritto pubblico e privato fa sorgere anche l'idea che solo il campo del diritto pubblico e privato fa sorgere anche l'idea che solo il campo del diritto pubblico, quale è prima di tutto quello del diritto pubblico, quale è prima di tutto quello del diritto costituzionale e amministrativo, sia il dominio della sovranità da cui sarebbe invece completamente escluso il campo del diritto privato. Si è mostrato che questo contrasto totale fra "politico" e "privato" non sussiste nel dominio del diritto soggettivo perché i diritti privati sono diritti politici nello stesso senso di quelli che si suole designare unicamente in questo modo, perché entrambi, sia pure in senso diverso, garantiscono la partecipazione alla formazione della volontà statale, cioè della sovranità. Considerato dal punto di vista della funzione che esercita come parte dell'ordinamento giuridico nel complesso della totalità del diritto, ciò che noi chiamiamo diritto privato è solo la forma giuridica particolare della produzione economica e della distribuzione dei prodotti che corrisponde all'ordinamento economico capitalistico, quindi una funzione eminentemente politica, una funzione eminentemente sovrana. Diritto e stato IL DUALISMO TRADIZIONALE TRA DIRITTO E STATO Nella teoria tradizionale, oltre al contrasto tra pubblico e privato, figura fortemente il dualismo di stato e diritto. Se essa oppone al diritto lo stato come un essere diverso da questo ciò avviene per il fatto che considera lo stato come soggetto di obblighi e autorizzazioni giuridiche, cioè come una persona e gli attribuisce allo stesso tempo una esistenza indipendente dall'ordinamento giuridico. La teoria del diritto pubblico suppone che lo stato, come unità collettivista che si presenta come soggetto di volontà e azione, esista indipendentemente e persino già prima del diritto. Si insegna che lo stato adempie la sua missione storica per il fatto che crea il diritto, il "suo" diritto, l'ordinamento giuridico oggettivo, per sottomettersi poi egli stesso a questo, cioè per obbligarsi e autorizzarsi per mezzo del suo stesso diritto. Lo stato è un presupposto del diritto e, nel tempo stesso, è un soggetto giuridico che presuppone il diritto in quanto è sottoposto a questo e da questo è obbligato e autorizzato (teoria delle due facce dello stato e dell' "auto delimitazione dello stato") LA FUNZIONE IDEOLOGICA DEL DUALISMO DI DIRITTO E DI STATO Il dualismo tra stato e diritto esercita una funzione ideologica di straordinaria importanza. Lo stato deve essere rappresentato da una persona diversa dal diritto affinchè il diritto possa giustificare lo stato che produce il diritto e gli si sottopone. E il diritto può giustificare lo stato soltanto se viene presupposto come un ordinamento essenzialmente diverso e opposto allo stato la cui natura originaria è la forza. Lo stato in base al mero fatto del potere diventa stato di diritto che giustifica se stesso in quanto ha per fine il diritto (è un'ideologia). L'IDENTITA' DI DIRITTO E STATO a. Lo stato come ordinamento giuridico Una conoscenza dello stato ideologicamente libera, libera cioè da ogni ideologia e da ogni mistica, non può coglierne l'essenza in altro modo che concependo questa formazione sociale come un ordinamento della condotta umana. Si tratta di un ordinamento sociale coattivo, e questo ordinamento coattivo deve essere identico all'ordinamento giuridico dato che sono gli stessi atti coattivi quelli che caratterizzano entrambi gli ordinamenti e dato che una e medesima comunità sociale non può essere costituita da due ordinamenti diversi. Lo stato è un ordinamento giuridico, ma non tutti gli ordinamenti giuridici vengono designati come stati; ciò accade soltanto quando l'ordinamento giuridico, per la produzione e l'esecuzione delle norme che lo costituiscono, istituisce degli organi che funzionano secondo il principio della divisione del lavoro. L'ordinamento giuridico si chiama stato solo quando ha raggiunto un certo grado di accentramento. Nelle comunità giuridiche primitive anteriori allo stato la produzione di norme giuridiche generali veniva affidata al mezzo della consuetudine. La determinazione del fatto illecito, così come la realizzazione della conseguenza dell'illecito, è affidata a quelle stesse persone i cui interessi sono stati lesi. Nel compiere questi fatti i membri della comunità agiscono come organi dell'ordinamento giuridico e della comunità da questo costituita, agiscono cioè in quanto sono autorizzati a ciò dall'ordinamento giuridico. Solo perché, in forza di tale autorizzazione, questi atti coattivi possono essere imputati alla comunità, e per mezzo di essi è la comunità che reagisce contro l'illecito. Solo attraverso una lunga evoluzione si formano degli organi centrali come risultato del processo della divisione del lavoro sociale. Fintanto che al di sopra dell'ordinamento giuridico statale non vi è nessun ordinamento superiore, è lo stato stesso il più elevato di tutti, l'ordinamento o la comunità giuridica sovrana. L'ordinamento coattivo statale restringe di fatto la sua validità entro uno spazio e ad oggetti determinati. Tale ordinamento ha la capacità, non limitata da nessun ordinamento giuridico superiore, di estendere la sua validità, tanto dal punto di vista territoriale, quanto da quello materiale. Appena si eleva però sull'ordinamento giuridico dello stato singolo l'ordinamento giuridico internazionale, non si può più concepire lo stato come ordinamento giuridico sovrano, ma soltanto come un ordinamento relativamente elevato. Per mancanza sufficiente di accentramento l'ordinamento internazionale non può pretendere che la comunità soprastatale sia uno stato, come non lo è neppure la comunità giuridica prestatale. b. Lo stato come problema di imputazione giuridica Un'azione umana è un atto dello stato solo in quanto è qualificata come tale da una norma giuridica. Si pone la questione del perché una determinata azione umana (=ogni atto dello stato) non sia imputata all'uomo stesso che la compie, ma a un soggetto pensato dietro di lui. Lo stato, come soggetto degli atti statali, cioè lo stato come persona, non è altra cosa che la personificazione di questo ordinamento che, come ordinamento giuridico, è precisamente quell'ordinamento coattivo nella cui forza solo può essere concepito lo stato. L'imputazione alla persona dello stato trasforma il fatto imputato in atto dello stato e qualifica l'individuo che compie il fatto come organo dello stato. La persona giuridica dello stato è l'espressione dell'unità di un ordinamento giuridico, un punto di imputazione che lo spirito conoscitivo dell'uomo incline all'intuizione è troppo facilmente indotto a ipotizzare, a supporre come tale per rappresentarsi lo stato al di là dell'ordinamento giuridico come essere diverso da questo. c. Lo stato come meccanismo di organi burocratici. Non appena l'ordinamento giuridico ha superato il primitivo stato di completo decentramento, per la produzione e l'esecuzione delle norme giuridiche e specialmente per l'esecuzione degli atti coattivi, degli organi che funzionano secondo la divisione del lavoro, si eleva nettamente sulla massa dei membri dello stato, cioè di coloro che sono sottoposti alle norme, un gruppo di individui che sono qualificati come organi in modo specifico. All'essenza di questo accentramento corrisponde il fatto che la funzione degli organi agenti secondo la divisione del lavoro di regola sia regolata come obbligo giuridico, cioè sia sanzionata da una specifica conseguenza dell'illecito, da una sanzione, disciplinare, e che la funzione diventi a poco a poco professionale e remunerabile. L'organo dello stato diventa un funzionario dello stato, questo sviluppo è legato al passaggio dall'economia naturale alla monetaria, presuppone la formazione del fisco pubblico, cioè di un patrimonio centrale la cui produzione e il cui impiego, il cui accrescimento e la cui diminuzione, sono regolati in modo speciale e per mezzo del quale sono remunerati gli organi burocratici dello stato così come sono pagate le spese relative alla loro attività. Dallo stato rappresentato da questi organi burocratici parte quella attività già designata come amministrazione diretta dello stato, come perseguimento diretto del fine dello stato. L'evoluzione dallo stato "giurisdizionale" allo stato "amministrativo" si collega al meccanismo formato dagli organi burocratici dello stato. Stato amministrativo è quello stato in cui organi burocratici perseguono direttamente il fine dello stato in quanto pongono direttamente in essere lo stato sociale desiderato, mentre gli organi reagiscono contro di questi nel caso di un comportamento contrastante. Lo stato come meccanismo coattivo comprende lo stato come meccanismo amministrativo. Il privato che funge come elettore del parlamento, così come chi è eletto e come il parlamento formato dagli eletti, sono considerati "organi dello stato" sebbene manchi loro la qualifica specifica di funzionari. È evidente che sono considerati tali in quanto esercitano una funzione giuridica. Lo stato è considerato quindi come insieme di organi burocratici. Dal punto di vista di un'analisi strutturale esatta, il concetto di organo dello stato come persona- organo deve essere sostituito con quello di funzione-organo. Se si sostituisce però l'organo dello stato con la funzione dello stato, lo stato allora si presenta come un sistema di funzioni giuridicamente ben determinate. Questo stato è un complesso di situazioni di fatto qualificate giuridicamente in un determinato modo, è in ultima analisi il sistema delle norme giuridiche che qualificano queste situazioni di fatto: un ordinamento giuridico parziale più o meno arbitrariamente staccato dalla totalità dell'ordinamento giuridico statale. d. La dottrina dello stato come dottrina di diritto. La tesi che lo stato sia un ordinamento giuridico trova la sua conferma anche del fatto che i problemi che tradizionalmente si presentano dal punto di vista della teoria generale dello stato, si presentano come problemi di teoria del diritto, come problemi della validità e della produzione dell'ordinamento giuridico. Quelli che si chiamano "elementi" dello stato, la sovranità, il territorio, il popolo, non sono altro che questa validità dell'ordinamento statale in sé così come la sfera di validità spaziale e personale di questo ordinamento. La dottrina dei tre poteri o funzioni dello stato mostra come suo proprio oggetto i diversi gradi di produzione dell'ordinamento giuridico. Gli organi dello stato possono essere compresi soltanto come fatti di produzione e di esecuzione giuridica e le forme dello stato non sono altro che metodi di produzione dell'ordinamento giuridico che si chiama simbolicamente "volontà dello stato". La norma fondamentale dell'ordinamento superiore, in quanto è la norma fondamentale del grado più elevato dell'ordinamento totale, rappresenta il fondamento supremo di validità di tutte le norme anche degli ordinamenti inferiori. c. Costituzione monistica o dualistica. Contro una costruzione monistica si obbietta ora che l'indipendenza reciproca del diritto internazionale e degli ordinamenti giuridici dei singoli stati risulta dalla possibilità di contraddizioni insuperabili fra i contenuti di entrambi. Come il giurista, quando opera con proposizioni di diritto positivo come norme valide, deve prescindere dalla morale nel caso che questa si ponga in contraddizione col diritto positivo, così la costruzione dualistica, da una parte dovrebbe limitarsi a considerare un ordinamento giuridico singolo, magari l'ordinamento giuridico statale particolare come il sistema esclusivo di tutte le norme giuridiche valide, e dovrebbe trattare d'altra parte gli ordinamenti giuridici degli altri stati e in particolare il diritto internazionale o più precisamente il materiale che così si indica, non già sotto la categoria della norma valida, ma esclusivamente nella sua esistenza di fatto, e quindi non propriamente come diritto. Questo è il punto di vista dell'uomo primitivo che con la maggiore evidenza riconosce soltanto la sua particolare comunità come comunità giuridica e soltanto l'ordinamento giuridico da questa costituito come ordinamento giuridico valido; e in base a ciò considera tutti coloro che non appartengono alla sua comunità come "barbari" fuori del diritto, e considera l'ordinamento sotto il quale essi vivono non come vero "diritto". È questa una concezione per la quale non può esservi un vero e proprio ordinamento internazionale. Questa concezione sopravvive in un certo grado nella concezione che solo l'ordinamento giuridico dello stato singolo sia diritto, diritto nel pieno e proprio senso della parola. Questa concezione è anche il punto di partenza, quasi sempre incosciente, della teoria dualistica. d. Il primato dell'ordinamento giuridico statale. Dato che non è possibile una negazione diretta del carattere normativo, non solo del diritto internazionale, ma anche degli altri ordinamenti statali, la costruzione dualistica deve ricorrere a una funzione per dare un fondamento alla natura giuridica dei complessi normativi che si trovano al di fuori dell'ordinamento giuridico del proprio stato. Il fondamento della validità dell'ordinamento del diritto internazionale come degli altri ordinamenti giuridici degli stati singoli è trasferito in questo modo nell'ordinamento del proprio stato, nella volontà del proprio stato inteso come l'ente giuridico più elevato nella sfera sociale. Il diritto internazionale che vale soltanto in quanto uno stato lo riconosce per sé obbligatorio non appare soltanto secondo questa concezione come un ordinamento superstatale, ma come una parte costitutiva e liberamente accolta dell'ordinamento giuridico del proprio stato, come "diritto statale esterno", cioè come il complesso di quelle norme dell'ordinamento giuridico statale che regolano il comportamento con gli altri stati e che vengono fatte proprie per via del "riconoscimento". La teoria del riconoscimento stabilisce un nesso di delegazione fra l'ordinamento giuridico statale, che costituisce il punto di partenza della costruzione, e tutti gli altri ordinamenti giuridici degli stati singoli. Questa unità è ricostituita sulla base del primato dell'ordinamento giuridico del singolo stato. Per la necessità di concepire come norme giuridiche valide, non solo l'ordinamento giuridico del proprio stato, ma anche di altri ordinamenti, e in particolare anche il diritto internazionale, la costruzione dualistica è spinta a sopprimere se stessa attraverso la teoria del riconoscimento che le è indispensabile. Nelle conseguenze vi è l'intenzione politica del mantenimento dell'idea di sovranità dello stato, dell'idea che lo stato rappresenta la comunità giuridica assolutamente suprema. La sovranità di uno stato, in questo suo significato originario, è infatti incompatibile con la sovranità di un altro stato. Il dogma della sovranità dello stato, col conseguente primato dell'ordinamento giuridico del proprio stato, corrisponde completamente a una concezione soggettivistica che nelle sue ultime conseguenze cade nel solipsismo e che vuoi concepire l'individuo particolare, cioè l'io, come centro del mondo e quindi il mondo soltanto come volontà e rappresentazione dell'io. Al radicale soggettivismo dello stato si oppone il primato dell'ordinamento giuridico internazionale, come espressione di una concezione specificamente oggettivistica del mondo e del diritto. e. La negazione del diritto internazionale. Il soggettivismo che per concepire il mondo parte dal proprio io e che, sebbene estenda questo io su tutto l'universo, non può raggiungere un mondo oggettivo al di sopra dell'io sovrano, è incapace di concepire un altro soggetto come un essere della stessa natura del proprio io, un non-io che si presenta con eguale pretesa di sovranità. Tale è pure la costruzione monistica, in cui finisce di cadere il dualismo con la sua teoria del riconoscimento a causa della tendenza di conservare il dogma della sovranità: cioè il primato dell'ordinamento giuridico del proprio stato è totalmente incompatibile con la rappresentazione di una pluralità di stati delimitati giuridicamente e reciprocamente nel loro rispettivo ambito di validità. Così, il primato dell'ordinamento giuridico del proprio stato è totalmente incompatibile con la rappresentazione di una pluralità di stati delimitati giuridicamente e reciprocamente nel loro rispettivo ambito di validità. Così il primato dell'ordinamento giuridico del proprio stato significa non solo la negazione della sovranità di tutti gli altri stati e quindi della loro esistenza giuridica, ma significa anche la negazione del diritto internazionale. Questo diritto deve necessariamente subire un cambiamento completo della sua propria natura. Le norme che regolano il comportamento del proprio stato verso l'esterno, cioè il diritto internazionale che diventa diritto statale esterno, trovano il fondamento della loro validità nella costituzione dello stato che ha accolto e fatto proprio il diritto internazionale. La loro validità in ultima istanza può essere annullata secondo le regole di questa costruzione a causa di un cambiamento della costruzione stessa. La teoria del primato dell'ordinamento giuridico del proprio stato ritorna nelle sue ultime conseguenze al punto di partenza originario: è soltanto l'ordinamento giuridico del proprio stato ciò che si ammette come diritto valido. f. La risoluzione della "contraddizione" fra diritto internazionale e diritto dello stato singolo. Nella finzione per cui la validità del diritto internazionale poggia su di un riconoscimento da parte del singolo stato risiede già il superamento dell'obiezione principale che viene rivolta contro una costruzione monistica delle relazioni fra il diritto internazionale e il diritto del singolo stato, cioè dell'obiezione basata sulla possibilità di una contraddizione irrisolvibile fra i due diritti. Come potrebbe essere possibile tale contraddizione se è la stessa "volontà" quella che riconosce il diritto internazionale e che si presenta come ordinamento giuridico dello stato particolare. Peraltro il fatto designato come contraddizione fra diritto internazionale è diritto del singolo stato non ha nulla a che fare con una contraddizione logica. È solo un caso speciale del conflitto già prima esaminato fra una norma di grado superiore e una di grado inferiore. Già anteriormente si è spiegato che "antinormatività" di una norma non indica una contraddizione logica fra norma superiore e inferiore, ma soltanto l'annullabilità della norma inferiore o la punibilità d'un organismo responsabile. L'atto opposto, o la posizione di una norma statale di contenuto opposto, è la condizione a cui il diritto internazionale collega la sua sanzione specifica, la conseguenza dell'illecito consistente nella rappresaglia o nella guerra. La norma dell'ordinamento giuridico dello stato singolo prodotta "violando" il diritto internazionale rimane valida, a dir vero, anche dal punto di vista del diritto internazionale. Questo infatti non prevede nessun procedimento in cui possa essere annullata la norma dell'ordinamento giuridico statale "contraria al diritto internazionale". Una tale possibilità, è data solo nel campo del diritto internazionale particolare. La determinazione del contenuto dell'ordinamento giuridico del singolo stato per mezzo del diritto internazionale risulta del tutto simile alla determinazione del contenuto delle leggi future per mezzo di una costituzione che non istituisca nessuna giurisdizione costituzionale in senso alternativo. La sua qualificazione risulta esclusivamente dal fatto che la posizione di tali norme è qualificata, senza pregiudizio della loro validità, come fatto illecito. Si può affermare l'unità del diritto internazionale e del diritto dello stato singolo. g. Il primato dell'ordinamento giuridico internazionale. Questa unità non si verifica solo nel senso negativo della mancanza di contraddizione logica fra i due complessi normativi ma anche in senso positivo. Ciò avviene quando si ammette che gli stati o, per non fare delle personificazioni, gli ordinamenti giuridici dei singoli stati, siano fra loro coordinati e siano giuridicamente e reciprocamente delimitati nella loro sfera di validità e in particolar modo in quella territoriale. Ciò invero è possibile soltanto quando si presuppone che esista sopra gli ordinamenti giuridici dei singoli stati un ordinamento giuridico che li coordini e che delimiti reciprocamente il loro ambito di validità, un ordinamento che non può essere altro che l'ordinamento internazionale. Sono infatti le norme del diritto internazionale positivo quelle che compiono questa funzione. Il principio dell'effettività, che è una proposizione giuridica fondamentale del diritto internazionale positivo, nell'applicazione agli ordinamenti giuridici dei singoli stata indica una delegazione da parte del diritto internazionale. Se l'istituzione di un potere capace di porre norme, il cui ordinamento è di efficacia durevole in un ambito determinato, rappresenta dal punto di vista del diritto positivo un'autorità che pone il diritto, ciò è dovuto al fatto che questa qualità gli è conferita dal diritto internazionale o anche dal fatto che questo lo autorizza a porre il diritto. Con ciò il diritto internazionale determina allo stesso tempo l'ambito di validità spaziale e temporale dell'ordinamento giuridico del singolo stato così costituito. Il territorio del singolo stato, cioè l'ambito di validità dell'ordinamento giuridico del singolo stato, si estende fin dove questo ordinamento è efficace secondo il diritto internazionale. E il diritto internazionale garantisce questo ambito di validità territoriale in quanto collega la sua specifica conseguenza dell'illecito a una violazione in questa sfera posta sotto la sua protezione. L'ordinamento giuridico del singolo stato deve porre i suoi specifici atti coattivi solo nella sfera di validità che gli è concessa dal diritto internazionale, in questo modo diventa giuridicamente possibile la contiguità spaziale di una pluralità di stati, cioè di una pluralità di ordinamenti coattivi. Ma dal diritto internazionale non viene determinato soltanto la contiguità nello spazio ma anche la successione nel tempo. I limiti di tempo entro cui vige l'ordinamento giuridico statale si regolano sul principio giuridico dell'effettività. Dato che le sue norme, specialmente quelle prodotte da trattati internazionali, possono comprendere tutti gli oggetti possibili e quindi anche quelli che finora sono stati regolati dagli ordinamenti giuridici statali, il diritto internazionale delimita la loro sfera materiale di validità. Dato che le norme prodotte dall'ordinamento internazionale, specialmente tramite trattati, possono comprendere tutti gli oggetti possibili e quindi anche quelli che finora sono stati regolati dagli ordinamenti giuridici statali, il diritto internazionale delimita la loro sfera materiale di validità. Gli stati mantengono infatti questa competenza solo fintanto che il diritto internazionale non si impadronisce di un oggetto e lo sottrae così alla libera regolamentazione dell'ordinamento giuridico dello stato singolo. Questo non ha più la "competenza della competenza" se si presuppone il diritto internazionale come diritto super-statale. h. Lo stato come organo della comunità giuridica internazionale. Lo stato è un ordinamento giuridico parziale derivato immediatamente dal diritto internazionale, è un ordinamento relativamente accentrato con una sfera di validità territoriale e temporale delimitata dal punto di vista del diritto internazionale e con una pretesa di totalità rispetto all'ambito materiale di validità, ristretta solo dalla riserva del diritto internazionale. Lo stato può essere designato come organo della comunità giuridica internazionale. Questo modo di vedere è di particolare importanza per la produzione pattizia del diritto internazionale che costituisce l'unica via per la quale si può modificare o perfezionare il diritto internazionale vigente. Tali autori infatti fingono che la produzione consuetudinaria del diritto, dalla quale viene creato soprattutto il diritto internazionale generale, sia un patto tacito. Per mezzo della norma dell'ordinamento giuridico di un singolo stato o, usando un'espressione figurata, per mezzo della volontà di un singolo stato, un altro stato non può essere obbligato o autorizzato, cioè non possono essere obbligati o autorizzati gli organi e i sudditi di un altro stato. Se gli stati sono nel loro ordine eguali, lo stato può obbligare o autorizzare soltanto i suoi sudditi. La competenza di uno stato non si estende più in là dell'ambito di validità dell'ordinamento giuridico statale. Anche due singoli stati uniti insieme da una delegazione d'un ordinamento superiore non sono in grado di produrre norme che valgano per il diritto di entrambi gli stati. Soltanto dal punto di vista del diritto internazionale generale può essere compresa teoreticamente la produzione di norme di diritto internazionale; è infatti il diritto internazionale generale che regola tale produzione giuridica quando qualifica il trattato statale come metodo di produzione del diritto, cioè obbliga gli stati a comportarsi secondo il trattato. Da questo punto di vista, i rappresentanti dei due stati contraenti che intervengono nella conclusione d'un trattato formano un organo composto ma unitario. Poiché il diritto internazionale delega l'ordinamento giuridico degli stati singoli a indicare la persona che deve esprimere la volontà contrattuale dello stato nel nome di questo, i rappresentanti degli stati contraenti, che intervengono nella conclusione del trattato come organi parziali dell'organo collettivo che produce la norma contrattuale, sono organi della comunità giuridica internazionale; e solo in seconda linea ognuno di questi organi parziali è organo del suo proprio stato. La dottrina pura del diritto relativizza lo stato, lo concepisce come un grado giuridico intermedio e giunge così a riconoscere una serie continua e graduale di istituzioni giuridiche che passano l'una nell'altra e che va dalla comunità internazionale universale comprendente tutti gli stati fino alle comunità giuridiche comprese nel singolo stato. i. Dottrina pura del diritto ed evoluzione del diritto universale. La dissoluzione teoretica del dogma della sovranità costituisce uno dei risultati più importanti della dottrina pura del diritto. Anche se questo risultato non è stato raggiunto in nessun modo con propositi politici, può avere, ciò nondimeno, conseguenze politiche. Viene rimosso infatti un ostacolo che si pone in modo insuperabile a ogni perfezionamento tecnico del diritto internazionale, a ogni tentativo di progressivo accertamento del diritto internazionale. La dottrina pura del diritto si oppone a ogni argomentazione con cui si cerca di spiegare che una simile evoluzione è ORDINAMENT O INTERNAZION ALE O STATALE
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved