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Idola Sermonis: riassunto - teoria dei linguaggi della comunicazione (tdl), Sintesi del corso di Filosofia del Linguaggio

Riassunto del libro Idola Sermonis di R. Cocco e F. Ervas del corso di teoria dei linguaggi della comunicazione (TDL). Il potere cognitivo degli stereotipi nel linguaggio implicito. Il sunto contiene tutti i capitoli del libro: il ruolo degli stereotipi nella comprensione del linguaggio implicito, presupposizioni stereotipiche nella comprensione degli slurs, sfruttare e sfidare gli stereotipi con le metafore, varie storie di ordinata ironia, i proverbi come meccanismi argomentativi stereotipiche

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/03/2022

ilaria2491
ilaria2491 🇮🇹

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Scarica Idola Sermonis: riassunto - teoria dei linguaggi della comunicazione (tdl) e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! IDÒLA SERMONIS DI F. ERVAS E R. COCCO 2 CAP.1 IL RUOLO DEGLI STEREOTIPI NELLA COMPRENSIONE DEL LINGUAGGIO IMPLICITO 1.1. INTRODUZIONE In pragmatica del linguaggio ci si è dedicati ad una serie di caratteristiche delle classi sociali e delle relazioni nel mondo sociale come genere ed etnia; esse giocano un ruolo importante nella comprensione del linguaggio implicito. Tali tratti corrispondono spesso a strutture di credenze che guidano il modo in cui interagiamo con gli altri nel quotidiano. Il linguaggio implicito essendo dipendente dal contesto testa le strutture di credenze sul mondo sociale, che sono presupposte nei contesti conversazionali. Queste strutture possono avere carattere stereotipico e influenzare la valutazione del contenuto del discorso altrui e il modo in cui interagiamo con gli altri. 1.2. GLI IDÒLA BACONIANI E I BIAS COGNITIVI Lo stereotipo è un insieme di credenze, abbastanza coerente, condiviso in una società, che un certo gruppo sociale condivide rispetto a un altro gruppo sociale. Uno stereotipo può diventare un pregiudizio quando si tende a considerare in modo ingiustificato e sfavorevole i membri che appartengono ad un determinato gruppo sociale, anche davanti all’evidenza contraria, e può orientare negativamente. La classificazione invece è un processo che può essere fatto anche in assenza di esperienza, e pone all’interno della stessa classe i membri che condividono determinate proprietà fornendo così anche alcune credenze sui membri di una determinata classe. La categorizzazione è un fenomeno cognitivo complesso in cui si procede attivamente al confronto tra membri e alla decisione sull’inclusione o l’esclusione di un determinato membro all’interno di una classe sociale; essa è soggetta a errori o illusioni cognitive che possono influenzare o distorcere la formazione. Tra gli errori più tipici di questo processo vi sono quelli che riguardano il giudizio su quanto si ritengono esemplari le proprietà di un membro del gruppo, tanto da estenderle a tutti i membri per spiegare il loro comportamento ed il confirmation bias, ossia la tendenza a favorire le informazioni che confermano le credenze che già siano su una determinata classe o su un determinato fenomeno (può presentarsi anche all’interno di gruppi sociali che condividono gli stessi interessi e può portare alla formazione di bolle epistemiche dove i membri ricercano solo informazioni o includono membri che rispondono ai loro interessi). 5 -Obbligo linguistico: riguarda le informazioni che dovrebbero essere note a tutti gli utenti linguistici con un minimo di competenza per far parte della catena di comunicazione; -Divisione del lavoro linguistico: implica che alcuni membri della comunità linguistica siano più competenti di altri a determinare le caratteristiche di X. Gli stereotipi Putnamiani non sono entità psicologiche ma neanche prototipi, che vengono visti come psicologicamente reali. Rosch ha diviso internamente in membri in prototipici ossia i migliori esempi di una categoria e non prototipici che possono assomigliare al prototipo di una categoria. Geeraerts sosteneva che la prototipicità è una nozione psicologica, mentre la stereotipicità è una nozione sociolinguistica. Rosch nel definire il concetto di prototipo fa riferimento al concetto di “somiglianza di famiglia” di Wittgenstein per spiegare le relazioni tra i membri di una stessa categoria. Solo una “somiglianza di famiglia” potrebbe essere ciò che lega i membri della categoria associata ad una determinata parola, in modo tale che ogni membro condivida molte caratteristiche con gli altri ma non tutte. Tversky sosteneva che la relazione tra i membri della stessa classe fosse simile a una categorizzazione implicita di un oggetto detto target, attraverso le caratteristiche condivise con un altro oggetto detto source. In particolare, non classifichiamo un membro di una categoria solo in base a caratteristiche condivise, ma anche in base a caratteristiche salienti condivise dai due oggetti messi in relazione. La direzionalità della somiglianza è sorprendente nelle metafore, dove il termine che è messo in relazione al target è scelto per la salienza di alcune sue caratteristiche (Gli avvocati sono squali). Ortony nel saggio “Why metaphors are necessary and not just nice” avanza tre ipotesi sulla capacità del linguaggio figurato, ed in particolare delle metafore, di andare oltre il linguaggio letterale per cogliere l’esperienza umana: -ipotesi della compattezza: la metafora permette di considerare un numero elevato di informazioni in una sola espressione grazie alla complessità dell’interazione che avviene tra source e target; -ipotesi dell’inesprimibilità: la metafora ci consente di comunicare esperienze che non sono descrivibili con termini letterali; -ipotesi della vividezza: la metafora dà una rappresentazione dell’esperienza più vivida, facile da ricordare e legata alle immagini e alle emozioni suscitate dalla propria esperienza personale. 6 1.5. STEREOTIPI E LINGUAGGIO NON LETTERALE Il linguaggio stesso è veicolo di stereotipi sociali al punto che è difficile immaginare un linguaggio naturale libera da stereotipi. Blumentritt e Heredia hanno suggerito di considerare gli stereotipi come strutture cognitive, ossia schemi contenenti grandi reti di informazioni astratte su tratti e caratteristiche dei membri di un determinato gruppo; inoltre hanno cercato di analizzare come e quanto gli stereotipi influenzano il giudizio sociale e ritengono che gli stereotipi possono essere un caso di linguaggio figurato a causa della rete di significati impliciti che attivano. Pexman e Olineck hanno notato che le persone condividono convinzioni sulle tendenze linguistiche di diversi gruppi e che tali convinzioni influenzano l’intento comunicativo percepito, mentre studi più recenti hanno dimostrato che i parlanti variano sistematicamente il loro uso della lingua in contesti in cui gli stereotipi sono confermati o violati. La comprensione del linguaggio figurato richiede maggiori conoscenze contestuali rispetto al linguaggio non letterale (metafora, ironia…) che richiede la comprensione di ciò che il parlante vuole davvero comunicare, che sarà diverso da ciò che il parlante dice grazie al significato del parlante. Secondo alcune ricerche gli stereotipi che riguardano gli aspetti sociali si rivelano dei potenti bias nel processo di comprensione del linguaggio figurato. CAP.2 PRESUPPOSIZIONI STEREOTIPICHE NELLA COMPRENSIONE DEGLI SLURS 2.1. INTRODUZIONE Durante questi ultimi anni sono aumentati gli studi sul fenomeno del politeness, ossia la cortesia e dell’impoliteness, ossia in senso stretto la violazione di aspettative o di norme sociali di cortesia, mentre in senso più ampio comprende la varietà di modi di dire e gradi diversi di offesa rispetto alla persona o al gruppo e tra essi si trovano gli slurs o epiteti denigratori, lo swearing, il bad language e l’hate speech. 2.2. PECULIARITÀ DEGLI EPITETI DENIGRATORI In termini interlinguistici gli slurs hanno uno stesso meccanismo di base tradotto in lingue diverse. Gli slurs hanno svariate proprietà quali il “scoping out” che ne indica il contenuto dispregiativo, inoltre gli slurs fungono da “mezzi convenzionali” per discriminare, in quanto attaccano un target, ossia una persona bersaglio a causa della sua appartenenza ad un gruppo, codificano contenuti dispregiativi a livello ipotetico 7 come nel caso delle presupposizioni, presentando i contenuti come dati per scontati e facenti parte del background, inoltre secondo Nunberg vengono utilizzati anche per identificarsi. Sono fondamentali alcune componenti del contesto quali tipo e luogo di interazione, le caratteristiche di “insultato” e “insultatore” e il loro legame di simmetria e asimmetria. 2.3. SLURS: TRA USI STANDARD OFFENSIVE E USI NON STANDARD (OFFENSIVI E NON) Gli usi standard degli slurs trasmettono un’offesa nei confronti del gruppo target di riferimento, anche se il grado di offensività è variabile in base agli slurs e alla tipologia di contesto linguistico nel quale sono inseriti (Mario è un terrone/ è un polentone/ è frocio/ non è frocio). Gli epiteti denigratori hanno una doppia funzione: oltre che essere utilizzati in maniera offensiva verso individui che di fatto non appartengono al target di riferimento, mostrano proprietà stereotipicamente associate a quel gruppo target. Kennedy ha analizzato diversi contesti nel quale si utilizza il termine “nigger” sostenendo che la parola può esprimere cose differenti, in base a diverse variabili quali intonazione, luogo dell’interazione, relazione tra parlante e ascoltatore (può essere un complimento, una presentazione affettuosa, un termine di rispetto...). La carica denigratoria di uno slurs dipende quindi da elementi contestuali e non dal termine in sé. C. Bianchi sostiene che il potenziale offensivo degli epiteti denigratori è indipendente dagli stati mentali dal parlante e quindi esprime o trasmette disprezzo indipendentemente dal fatto che lo si provi oppure no. D. Blakemore sostiene invece che l’offesa di uno slur non sia riconducibile a fattori semantici, ma che provenga da conoscenze metalinguistiche. Uno slur può essere anche utilizzato senza offese in due casi: quando viene usato con un intento pedagogico e quando viene usato con un contesto amicale dagli stessi componenti di un gruppo ed in questo caso si parla di “appropriazione” dello slur. Come osservato da Bazzanella l’interazione prototipica faccia a faccia, considerata la condivisione dell’ambiente fisico, permette un feedback immediato, l’uso di elementi paralinguistici, la multimodalità (movimenti corporei), ma non consente la pianificazione e la cancellazione. 2.4. POSSIBILI STRATEGIE PER ANALIZZARE LA COMPONENTE OFFENSIVA DEGLI SLURS Vi sono principalmente tre teorie per analizzare la componente offensiva degli slurs: -teoria del significato vero-condizionale: adotta un approccio semantico e sostiene che la componente offensiva degli epiteti denigratori è parte del loro significato vero-condizionale. Ad oggi è la meno condivisa 10 Secondo la teoria concettuale della metafora l’ampliamento del campo del dicibile non è un fenomeno linguistico ma un fenomeno concettuale. Le metafore entrano in gioco nei processi di categorizzazione e di costituzione del senso, e vanno a riflettere il legame sistemico tra un’esperienza corporea ed una cognizione umana (esperienza religiosa, sociale…) Kovecses individuò che le metafore possono essere espresse non solo tramite una natura verbale, ma anche visiva e riflettono ciò che pensiamo a livello collettivo, inoltre le metafore che raffigurano donne e uomini non sono neutre, in quanto riguardano il modo di pensare di una determinata società. La maggior parte delle metafore ormai sono state lessicalizzate, e quindi già classificate nei dizionari perché il loro uso frequente le ha portate ad avere un significato convenzionale legato alla comunità. Le metafore possono essere morte, ossia quelle lessicalizzate in quanto non suonano come qualcosa di nuovo, mentre quelle vive o creative sono concepite per usi completamente nuovi del linguaggio. Gli stereotipi sociali possono giocare un ruolo importante nella comprensione delle metafore quando il target è una classe sociale, ma può anche non essere esplicito. Se il target è implicito nel contesto, differisce dalla metafora predicativa dove la metafora consiste in un termine detto topic (avvocato) che rappresenta il dominio concettuale di arrivo, e un termine detto vehicle (squalo) che rappresenta il dominio concettuale di partenza. Per comprendere un riferimento non letterale sarà necessario integrare più fonti nel processo di comprensione, comparando poi dominio di partenza e di arrivo. Secondo i sostenitori del Dual Reference Model la comprensione di una metafora richiede un processo di categorizzazione. È stato proposto per ottenere un approccio unificato un processo di modulazione lessicale per spiegare il processo di selezione delle proprietà rilevanti per la comprensione delle metafore (Carston). La comprensione metaforica potrebbe quindi essere interpretata come un processo di ampliamento lessicale, in cui vengono selezionate alcune proprietà del concetto codificato linguisticamente nel vehicle per comprendere un concetto ad hoc. Spesso si ricorre anche a ragionamenti fallace in quanto da un’analogia tra due elementi non si può ottenere un’immagine globale e si rischia così di escludere un membro o di cristallizzarlo (es. la mamma di Luca è proprio una chioccia). Le metafore possono avere anche proprietà emergenti quando elementi come, ad esempio, un pezzo di ghiaccio hanno nella metafora qualità che possono essere attribuite solo agli esseri umani; queste proprietà potrebbero provenire da un insieme di luoghi comuni associati alla metafora. 11 Gli stereotipi possono giocare un ruolo cruciale nel processo di selezione delle proprietà del dominio di partenza, o per comprendere le proprietà del dominio di arrivo. 3.3. SFRUTTARE LE CONOSCENZE STEREOTIPICHE: LUOGHI COMUNI E FRAMING METAFORICO Black osservo che per comprendere metafore come “l’uomo è un lupo” non è necessario conoscere il significato letterale del lupo ma un sistema di luoghi comuni che può includere mezze verità o errori madornali, ma il fattore importante dei luoghi comuni non è la loro veridicità ma la facilità con cui possono essere evocati. I luoghi comuni cambiano da una comunità all’altra e orientano la nostra interpretazione facendo emergere nuove proprietà dall’emergere dei due domini (partenza e arrivo). Il processo di categorizzazione è responsabile dell’effetto “framing” che provoca cambiamenti nel significato delle parole; i frame, infatti, offrono un significato attraverso una selezione che filtra le percezioni e le rappresentazioni concettuali sul target, dandone una prospettiva specifica sul target stesso. Questo processo non è necessario, ma inevitabile, in quanto una volta accettata la prospettiva offerta dalla metafora, il target sarà visto e interpretato esclusivamente da quella prospettiva e di conseguenza le metafore non saranno mai neutre a causa di questo effetto. Il framing è una strategia cognitiva che si utilizza per rappresentare e interpretare il mondo dando significato a ciò che osserviamo ed ignorando altri aspetti che diventano meno rilevanti. La metafora, vista come strategia di framing, presenta a chi la interpreta una descrizione specifica o una valutazione implicita del target, che ignora alcune proprietà del dominio sorgente e ne seleziona altre. Il framing metaforico non implica necessariamente un cambiamento, in quanto non aggiunge necessariamente nuove informazioni, mentre la metafora può creare una nuova rete di somiglianze tra proprietà preesistenti o precedentemente attribuite a un dominio di partenza nel momento in cui interagisce con un determinato target. Le metafore possono essere rivitalizzate e ciò avviene quando viene portata all’attenzione degli interlocutori una proprietà del dominio di partenza prima ignorata, richiedendo così uno sforzo volontario e un atteggiamento critico-argomentativo. Le metafore creative invece non attivano automaticamente schemi di luoghi comuni già disponibili al destinatario, ma richiedono uno sforzo interpretativo maggiore. Le proprietà emergenti delle metafore creative provengono dall’associazione inedita tra domini concettuali. 12 Secondo Carston e Wilson le proprietà emergenti possono essere dedotte da combinazioni concettuali sulla base di conoscenze enciclopediche o sulla base di una modulazione di alcune proprietà nel dominio di partenza. Lepore e Stone hanno osservato che le metafore non possono essere valutate in termini di verità, in quanto sono semplici inviti esplorare confronti tra domini concettuali per sviluppare immagini e arrivare a una comprensione condivisa. Secondo Davidson le metafore non hanno altro significato che quello letterale, in quanto il loro scopo è quello di produrre un’immagine, interpretando così la metafora come un meccanismo che ci porta a vedere una cosa come un’altra ma che non può essere sostituita da nessuna descrizione verbale. Secondo Wilson e Cartson la metafora creativa non influisce sul contenuto proposizionale comunicato ma sulla gamma di inferenze che può trarre il destinatario della metafora. Le informazioni derivate dalle immagini mentali potrebbero migliorare la comprensione della metafora ed estendere i suoi effetti comunicativi. Green distingueva le metafore in: -Metafore che consentono l’immagine: metafore che vengono interpretate tramite il processo di modulazione lessicale che termina con la costruzione di un concetto ad hoc, come proposto da Carston; -Metafore che richiedono immagini: corrispondono a metafore la cui comprensione richiede la costruzione di un’immagine mentale o acustica. 3.4. SFIDARE LE CONOSCENZE STEREOTIPICHE TRAMITE LE METAFORE Steen elaborò la sua teoria della metafora deliberata, basata sul modello tridimensionale dell’uso della metafora nel discorso, conferendo così tre funzioni distinte: 1. Naming: la funzione linguistica di dare un nome a esperienze che non trovano un termine letterale per la loro descrizione; 2. Framing: la funzione concettuale di fornire un frame per l’interpretazione; 3. Perspective changing: la funzione comunicativa di offrire all’ascoltatore una prospettiva nuova o alternata sul target della metafora. Steen distinse anche le metafore in dirette ed indirette: -Dirette: il dominio sorgente è espresso direttamente nell’espressione metaforica come dominio referenziale distinto rispetto al dominio target, vengono elaborate per comparazione in quanto introducono un dominio concettuale esplicitamente distinto da quello d’arrivo che suona estraneo rispetto al target; 15 4.3. ASPETTI CONTESTUALI E SOCIO-CULTURALI NELLA PERCEZIONE DELL’IRONIA L’ironia è un fenomeno pragmatico e la conoscenza del contesto è necessaria per determinare se un proferimento è ironico, e quindi se contiene una valutazione letterale che implicitamente opposta rispetto alla valutazione intesa. Es. Che ottima performance! Che persona ordinata! Il sarcasmo è una particolare sottocategoria di ironia usata specialmente in commenti pungenti e derisori verso un target specifico, una persona che diventa vittima del commento ironico. Ricerche più recenti hanno mostrato che parlanti trovano particolarmente appropriato l’uso di osservazioni ironiche per commentare comportamenti che violano gli stereotipi, e ciò rispecchia l’idea che l’ironia abbia una funzione sociale, oltre che pragmatica. Tra gli aspetti che contribuiscono alla comprensione del “commento ironico” e a creare un “contesto ironico” troviamo: le caratteristiche del contesto (aspetti pragmatici) e le caratteristiche dell’enunciato ironico (aspetto linguistico), ed entrambi possono avere un forte impatto nella percezione dell’ironia. Colston aveva sostenuto che i fattori sociali e culturali hanno un impatto rilevante sull’elaborazione del linguaggio non letterale, e dell’ironia in particolare. Tra i fattori contestuali pragmatici con caratteristiche legate al contesto sono messi in evidenza: l’allusione a un’aspettativa mancata, la tensione negativa, la presenza di una vittima e l’insincerità pragmatica. Tra i fattori socio-culturali sono messi in evidenza: l’inclinazione a fare i commenti ironici, il genere, il rango sociale degli interlocutori, l’occupazione dei parlanti, il loro livello di istruzione, la cultura del paese o regione. Alcuni autori hanno messo in luce che gli uomini tendono a usare commenti sarcastici e ironici, ma è emerso che le donne producono ironia tanto quanto gli uomini. Holtgraves ha messo in evidenza come le donne siano più propense degli uomini a interpretare correttamente affermazioni indirette, in quanto le donne sembrano riconoscere meglio e più rapidamente le emozioni come la rabbia, e si può quindi ipotizzare che potrebbero essere più sensibili alla tensione negativa trasmessa dall’ironia, e ciò sarebbe congruente con il fatto che le donne tendono a valutare le espressioni ironiche come più negative malvagie rispetto agli uomini. Vi sono inoltre gli stereotipi di mestiere che hanno evidenziato come i membri di alcune classi sociali come il comico, sembrino più inclini a pronunciare commenti ironici, mentre altri come il sacerdote, sembrino più inclini a pronunciare commenti metaforici. Questa differenza ha portato a ipotizzare che: -I tempi di elaborazione dell’ironia diminuiscano quando nel contesto è presente un riferimento a un mestiere ironico del parlante, ossia quando il mestiere è stereotipicamente giudicato come più incline all’ironia; -I tempi di elaborazione dell’ironia aumentino quando nel contesto è presente un riferimento a un mestiere non ironico, ossia quando il mestiere è stereotipicamente giudicato come meno incline all’ironia. I commenti proferiti da parlanti di un mestiere ironico sono più semplici da comprendere e ricordare. 16 Dall’indagine di Rivière e Champagne-Lavau emerso che i fattori precedenti hanno un’influenza significativa nel processo interpretativo dell’ironia e nell’allusione a un’aspettativa mancata sembra essere il fattore predominante. Campbell e Katz hanno mostrato come l’allusione a un’aspettativa mancata giochi un ruolo minimo nel caso della percezione del sarcasmo. L’ironia si basa sull’integrazione di fattori contestuali e le persone possono essere più o meno sensibili e più o meno reattiva questi fattori in base alla loro lingua e cultura. 4.4 IL POSSIBILE RISCHIO DI ESSERE FRAINTESI QUANDO SI IRONIZZA Alcuni studi hanno dimostrato che l’ironia verbale consente ai parlanti di svolgere differenti funzioni pragmatiche quali esprimere sorpresa o emozioni negative, altri studi hanno mostrato come i commenti ironici siano considerati più maleducati dei commenti letterali. Le funzioni sociali dell’ironia verbale sono più sfruttate dalle donne che degli uomini, al contrario le funzioni pragmatiche utilizzate con lo scopo di aumentare la negatività sembrano essere impiegate in ugual misura da ambi i sessi. Per i fallimenti, gli uomini sono più propensi a incolpare la situazione o il loro destinatario, mentre le donne agiscono attribuendosi colpe individuali, e questo potrebbe essere il motivo per cui le donne utilizzano meno l’ironia verbale, in quanto presenta un rischio elevato di incomprensione ed insuccesso nei rapporti interpersonali. L’ironia conferisce alle parole pronunciate in un determinato contesto un significato che cambia anche la forza di ciò che è detto, in quanto implica un atteggiamento scettico o canzonatorio verso il pensiero che si intende criticare. Si sceglie di ironizzare perché l’ironia è capace di giocare un ruolo fondamentale nel trasmettere il proprio atteggiamento verso il pensiero altrui modulando l’intensità delle emozioni, ma anche perché il commento ironico è un modo più positivo e cortese di esprimere una critica verso una situazione che non rispetta le aspettative condivise con il proprio interlocutore. Questa ipotesi interpretativa degli effetti sociali dell’ironia, detta Tynge Hypothesis suggerisce che l’ironia verbale è interpretata in modo meno negativo rispetto a un commento letterale, in quanto l’ironia rende più accettabile una critica che potrebbe potenzialmente danneggiare il rapporto con l’interlocutore. 4.5. L’EFFETTO DEL GENERE NEL CASO DELL’IRONIA Gli stereotipi di genere hanno un’influenza anche sulla percezione del linguaggio verbale e figurato. Da alcuni studi risalenti agli anni ’80, risulta diffusa la convinzione che uomini e donne usino il linguaggio in modo diverso, creando lo stereotipo della donna invisibile e opportunista, che usa uno stile indiretto e sottomesso. Tale stereotipo verrà poi sostituito da un’accezione positiva, infatti verso gli anni ‘90 si noterà una tendenza ad individuare le differenze positive nell’uso del linguaggio da parte delle donne. 17 Uno studio di Herring ha evidenziato inoltre una differenza nei mezzi telematici utilizzati dai due sessi: le donne utilizzano spesso giustificazioni che fanno ricorso all’ambito personale, lanciando continue richieste di conferma, mentre gli uomini tendenzialmente sarcastici utilizzano affermazioni dure ed intimidatorie. L’asimmetria uomo/donna rivela anche lo stereotipo della rappresentazione dell’uso della lingua attribuito alle donne. Uno studio di Cocco, con lo scopo di testare la rappresentazione stereotipica che le persone hanno dello stile comunicativo maschile e femminile nel caso dell’ironia verbale, era volto a mostrare gli aggettivi maggiormente usati per descrivere i tratti comunicativi di uomini e donne, ed il significato emotivo è la tipicità di genere degli aggettivi che descrivono lo stile comunicativo di ambi i sessi. Dai risultati di questo studio è emerso che per i partecipanti è stato più semplice riconoscere l’ironia di tipo critico rispetto a quella di tipo elogiativo, detta bonaria, e ha lo scopo di fare un complimento. È dunque evidente una marcata asimmetria tra la percezione di come comunicano gli uomini e le donne. CAP 5. I PROVERBI COME MECCANISMI ARGOMENTATIVI STEREOTIPICI 5.1. INTRODUZIONE Come notato da Gheno i proverbi non nascono dal nulla, ma rappresentano una storia di precipitato, di sedimentazione della saggezza popolare, anche se spesso sono così interiorizzati nella nostra cultura che non facciamo caso a quanto davvero enunciano. Non è semplice distinguere i proverbi da altre forme di linguaggio implicito. 5.2. CHE COSA SONO I PROVERBI? I proverbi sono uno specchio della vita, degli usi e dei costumi delle persone che appartengono a una determinata società e differiscono tra culture, ritraggono inoltre valori sociali, principi morali e modi di vivere di una determinata società, e si possono ritrovare anche in svariati ambiti disciplinari. Tra i vari tipi tradizionali di folklore verbale si possono includere i proverbi, ed alcuni studiosi hanno sottolineato il ruolo dei proverbi nella trasmissione della cultura. Alcuni stereotipi si possono ritrovare nei proverbi di culture diverse. Ambu-Saidi ha studiato la rappresentazione degli stereotipi di genere sulla cultura dell’Oman, esplorando i proverbi sulle donne connotati negativamente da una prospettiva linguistica. In alcune culture i proverbi sono un mezzo espressivo e comunicativo usato molto più di frequente dai membri della comunità linguistica rispetto ad altre culture dove la memoria proverbiale sta andando a perdersi. 20 fondamentale determinando la velocità di comprensione del significato implicito del proverbio, sia l’attribuzione di ruoli e proprietà specifiche pertinenti alle persone coinvolte nell’interazione. 5.4. LA STRUTTURA ARGOMENTATIVA DEI PROVERBI L’analogia tra classi, domini concettuali o contesti è stata ed è infatti considerata centrale nella comprensione del linguaggio figurato. I proverbi potrebbero dunque svolgere un ruolo costruttivo nel ragionamento, specie nei processi di ragionamento sociale. I proverbi non sono analogie condensate, in quanto sono unità di senso completamente autonomi, con struttura narrativa, e comparate attraverso un ragionamento analogico con il contesto sociale in cui è pronunciato il proverbio. Anche l’ironia, può essere definita come un meccanismo argomentativo, ma diversamente dei proverbi non opera per analogia tramite un ragionamento ad absurdum. L’ironia è più critica rispetto ai proverbi, in quanto non fornisce una ragione per una tesi o una verità, ma mostra l’assurdità della tesi che il proprio interlocutore potrebbe aver sostenuto, mostrandone l’incongruenza rispetto al contesto. L’ironista non presenta una tesi da difendere o una verità da abbracciare come nel caso dei proverbi, ma un argomento indiretto contro una tesi falsa che l’interlocutore potrebbe difendere. L’ironia è particolarmente persuasiva perché non è una fallacia: è un modo indiretto per dimostrare che il ragionamento dell’interlocutore è fallace. I proverbi necessitano di meccanismi di ragionamento per analogia per essere compresi. A causa del loro radicamento nell’immaginario sociale e culturale e al contempo del loro essere portatori di una verità, i proverbi rappresentano un chiaro esempio di fallacia ad populum: ossia argomenti che presentano una tesi come corretta solo perché ritenuta vera da un gran numero di persone. I proverbi potrebbero essere usati implicitamente per scaricare il proprio bagaglio di responsabilità per un comportamento scorretto verso una persona o un gruppo sociale, facendo appello a una presunta verità riconosciuta da una comunità presente e passata. I proverbi possono essere concepiti anche come argomenti ex auctoritate, che derivano la loro capacità di persuasione dall’ampia accettazione di quanto comunicato da chi si fa portatore di saggezza popolare. Gli argomenti la cui correttezza si basava solo sulla tradizione venivano sistematicamente messi in dubbio anche quando venivano espressi tramite proverbi. Da un punto di vista linguistico, i proverbi sono spesso formulati come proposizioni universali e possono essere usati dunque per esprimere una regola di inferenza. La natura delle regole di inferenza non è deduttiva ma presuntiva, in quanto nell’argomentazione presuntiva la relazione tra premesse e conclusione sono solo plausibili e tratte in modo provvisorio, perché possono essere soggette a confutazione. La validità delle inferenze è dipendente dal contesto specifico e dalle informazioni disponibili agli interlocutori per valutare l’applicabilità del proverbio al contesto specifico. 21 I proverbi hanno infatti anche una funzione pratica perché le inferenze presuntive consentono di prendere decisioni e agire sulla base delle informazioni disponibili; infatti, i proverbi possono essere considerati anche come scorciatoie cognitive che i parlanti usano per far fronte a situazioni problematiche, ma ricorrenti. 5.5. MECCANISMI DI RAGIONAMENTO PROVERBIALI I proverbi a disposizione nella stessa circostanza potrebbero indicare conclusioni diverse o contraddittorie tra loro. L’esistenza dei contro-proverbi è dovuta al fatto che nella stessa comunità vi sono più punti di vista plausibili su una stessa situazione. I proverbi non possono essere confutati se non da un altro proverbio, in quanto sono espressioni perentorie (spesso non ulteriormente argomentate) che ammettono confutazioni ugualmente perentorie. I proverbi hanno forme fisse e pronte all’uso, e per esplicitarne il contenuto servirà un’espansione del significato simile a una doppia narrazione. I proverbi sono forme di argomentazione presuntiva in cui si classificano certi eventi all’interno di un quadro già noto e standard per semplificare l’interpretazione di un problema e la conclusione da trarre, possono inoltre agire come meccanismi argomentativi stereotipici, da applicare a situazioni specifiche. Elster sostiene che data la complessità delle ragioni umane, sia impossibile procedere per generalizzazioni nelle scienze sociali e sia necessario sostituire le generalizzazioni con semplici descrizioni. Sostiene che tali descrizioni dovrebbero avere la forma dei proverbi divenendo quindi meccanismi proverbiali: storie casuali che non possono prevedere il comportamento di una classe sociale come una legge, ma possono avere un senso a posteriori, nelle loro interazioni sociali quotidiane. L’esistenza dei contro-proverbi manifesta l’assurdità dello storytelling: si può infatti raccontare una storia per tutto ed il contrario di tutto. I proverbi stessi possono essere considerati narrazioni, ma come aggiunto da Elster le storie sono ad hoc e arbitrarie, mentre i meccanismi non lo sono. I proverbi sono ricostruzioni narrative di tipo figurato che fanno sorgere negli interlocutori e intuizioni profonde sulla psicologia individuale ma anche collettiva, sulla causalità nei comportamenti sociali e sulle conseguenze. La teoria della pertinenza è attrezzata per spiegare i contro-proverbi: chi ascolta cercherà la pertinenza di un proverbio indipendentemente dal fatto che possa sembrare contraddire o andare in direzione opposta ad un altro proverbio appartenente al repertorio di una stessa comunità linguistica. Come messo in evidenza dalle linguiste Wilson e Carston gli ascoltatori mettono in atto automaticamente una strategia inferenziale di tipo presuntivo per costruire la migliore interpretazione possibile a partire dall’evidenza a loro disposizione nel contesto. I meccanismi proverbiali possono servire come meccanismi di cambiamento delle preferenze, ed anche per questo esistono proverbi antitetici o con significati opposti. Gli stereotipi sociali possono infatti servire per filtrare le diverse possibilità interpretative delle relazioni sociali, vincolando le inferenze presuntive sul comportamento degli interlocutori, che vengono implicitamente categorizzato in una classe sociale.
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