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Riassunto del libro Il benessere digitale, marco fasoli, Sintesi del corso di Sociologia Dei Media

riassunto valido, leggero e completo del libro. utilizzato per l'esame di sociologia dei media in quanto questo era uno dei libri a scelta.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 17/02/2023

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Scarica Riassunto del libro Il benessere digitale, marco fasoli e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! Ad oggi la tecnologia digitale è dappertutto, è un’estensione del nostro corpo e della nostra mente, che ha rivoluzionato la nostra vita. Questa diffusione massiccia del digitale si è realizzata in un clima culturale caratterizzato da un ottimismo talvolta sfrenato rispetto agli effetti sociali, culturali e umani che questo epocale cambiamento avrebbe regalato alle nostre esistenze e quindi anche rispetto agli effetti della tecnologia sul nostro benessere personale. Si è sempre posto l’accento sugli effetti positivi del cambiamento digitale e mai su quelli negativi, com era difficoltà degli utenti di limitare il proprio consumo di prodotti digitali; lo stress derivante dal sovraccarico informativo o da dinamiche di forte comparazione sulle piattaforme social. Negli ultimi anni le aziende tecnologiche hanno iniziato a prendere sul serio queste problematiche offrendo delle soluzioni, come ad esempio gli strumenti di misurazione del tempo speso sullo smartphone introdotti nel 2018 da iOS e Android. LE TEORIE PERSONALI DEL BENESSERE Ognuno di noi nel corso della propria vita arriva a elaborare una teoria personale del benessere (cose/azioni che ci fanno stare bene). Su molte cose siamo tutti d'accordo(es salute) ma per altre non lo siamo, questo perché a seconda di diverse variabili (come la società in cui abbiamo vissuto/la nostra storia) siamo portati a dare più o meno importanza a determinati fattori. La nostra teoria del benessere può mutare diverse volte nel corso della nostra vita e sta alla base delle decisioni che prendiamo. Il fatto che ognuno di noi abbia una propria teoria del benessere significa che abbiamo inconsciamente anche una nostra teoria del benessere digitale: la teoria del modo in cui i dispositivi digitali influiscono sulla nostra qualità di vita. Nel corso della nostra vita operiamo questa valutazione diverse volte e a diversi livelli, per esempio quando decidiamo se spegnere o no lo smartphone prima di andare a letto, quando valutiamo se portarlo con noi durante una passeggiata oppure se lasciarlo a casa, o quando impostiamo il suo setting delle notifiche. TECNOLOGIA E BENESSERE Dato che le tecnologie digitali ampliano enormemente le nostre possibilità, permettendoci di fare «di tutto», e spesso di farlo in modo più comodo e facile, esse possono avere la parvenza di qualcosa in grado di migliorare semplicemente la qualità della nostra vita. In altre parole, «tecnologia» sembra fare rima con «comodità» e – a sua volta – la comodità sembra essere l’essenza del benessere. Ma se ci fermiamo a riflettere troveremo subito anche gli effetti collaterali che la tecnologia ha generato e a cui l’umanità ha dovuto trovare risposte compensatorie( es obesità dovuta alla sovrabbondanza di comfort tecnologico). Rispetto a ciò bisogna osservare come oggi al termine benessere venga sempre più spesso associato il movimento fisico(per compensare alla sovrabbondanza dei cibo e mezzi) e che la necessità fisiologia necessaria per mantenersi in forma non sia cambiata per adattarsi ai cambiamenti di stili di vita. Quindi, per preservare la nostra salute dobbiamo compensare la mancanza di sforzi che deriva dallo stile di vita moderno, anche se la tecnologia ci permetterebbe di liberarci da ogni fatica fisica. Tra i vantaggi del digitale sicuramente troviamo la possibilità di parlare con un sacco di persone in parti del mondo diverse, effettuare pagamenti, guardare video, informarsi e lavorare online ecc.. Però oggi abbiamo raggiunto una “sovrabbondanza comunicativa permanente” che sta minacciando il nostro benessere. La sensazione, o meglio il presagio, che molti di noi hanno è che accanto ai vantaggi che la tecnologia ci fornisce, quel sovraccarico di informazioni, notifiche, comunicazioni con il quale le nuove tecnologie ci hanno investito possa anche – se non gestito in modo adeguato – renderci insoddisfatti, stressati e talvolta perfino infelici. Se è vero che con le tecnologie digitali POSSO fare molte più cose, anche velocemente, è altrettanto vero che a causa di esse io DEBBA sentirmi sempre di fare di più. La tecnologia ci richiede un grosso investimento di tempo quotidiano e di energia mentale, in diverse forme. (Collega, attiva, wifi, mail, messaggi, e spesso non ci possiamo neanche sconnettere a piacimento). Nella nostra società si sta diffondendo la FOMO= fear of missing out, che è sostanzialmente la paura di restare tagliati fuori dal flusso di comunicazioni e di informazioni continue che affrontiamo e dobbiamo gestire ogni giorno. La paura di perderci qualcosa di importante, di essenziale. Le notifiche appaiono come un altro elemento in grado di incidere parecchio sulla nostra qualità della vita(sono fonte di distrazione e di stress, ma possono anche farci sentire ignorati ec). I PARADOSSI DEL BENESSERE ECONOMICO La letteratura economica recente che riguarda il benessere ha messo in luce l’esistenza di alcuni aspetti paradossali che risultano essere in forte contraddizione con alcune intuizioni molto diffuse (per una rassegna, si veda Bruni e Porta [2004]). Sembrerebbe scontato a molti di noi, per esempio, immaginare un legame causale tra reddito e benessere soggettivo, cioè pensare che guadagnare di più ci permetterà sempre di stare un po’ meglio di prima. Per quanto riguarda l’economia classica, tale intuizione sta alla base anche della possibilità di utilizzare le variazioni degli indicatori socioeconomici classici come delle rappresentazioni valide delle condizioni di vita di un gruppo di soggetti. Negli ultimi cinquant’anni, tuttavia, il principio secondo cui un aumento del reddito di un soggetto ha come conseguenza necessaria un aumento della qualità della sua vita è stato messo in crisi da svariati risultati empirici. Detto più semplicemente, se siamo poveri guadagnare di più ha un effetto positivo, ma per chi ha già un buon reddito (che non è così elevato come tenderemmo a pensare) un suo ulteriore incremento non genera necessariamente un incremento del benessere soggettivo. La responsabilità di questo fenomeno viene in parte attribuita a un meccanismo psicologico di assuefazione per cui ci adattiamo velocemente ai beni costosi (il cosiddetto «rullo edonico» o hedonic treadmill) e tendiamo ad attribuire a essi meno valore nel momento in cui li otteniamo. —> una volta raggiunto uno stile di vita superiore al precedente, in breve tempo lo considererò la normalità e non mi procurerà più il piacere che pensavo mi potesse garantire. La ricerca empirica ha però mostrato anche come l’adattamento edonico colpisca solo alcuni ambiti della nostra vita e non altri, per esempio le relazioni personali. Avere una famiglia incide in modo positivo sul nostro benessere e che non si «svaluta» nel tempo come i beni materiali (posto che siano cose comparabili). In modo analogo, anche le esperienze gratificanti di natura culturale o artistica, così come i viaggi, vengono giudicate dai soggetti qualcosa di fortemente significativo e positivo per il proprio benessere anche a distanza di molto tempo dalla loro realizzazione. Alla base dell’intuizione secondo cui a un maggior reddito corrisponde necessariamente un maggior benessere, da cui la discussione ha preso avvio, possiamo individuare un altro assunto più generale dell’economia classica, secondo il quale all’aumentare del numero di possibilità a nostra disposizione il benessere necessariamente aumenta (anche questo principio può essere facilmente smentito). Esistono quindi alcuni aspetti controintuitivi e paradossali che riguardano il benessere nella nostra vita quotidiana. Per esempio, sembrerebbe ovvio che un aumento del reddito, coincidendo con un aumento delle possibilità, costituisca sempre un fattore positivo per il nostro benessere, ma la ricerca empirica nega che sia sempre così. Infatti in alcuni casi arriviamo ad ammettere che a riduzione delle possibilità potrebbe avere effetti positivi e non negativi come si pensa. Il fatto che questi risultati siano definiti controintuitivi sottolinea come ci sia una tendenza a pensare che la ATTIVITA CREATIVE E DI COMFORT Ci sono due grandi tipologie di intrattenimento: quello che richiede delle competenze e uno sforzo da parte nostra(es trekking), che è stato chiamato «intrattenimento» creativo, e quello che invece non mette in gioco queste componenti e che può essere goduto senza fatica(es talk show), il cosiddetto «intrattenimento di comfort». Generalmente il primo tipo prevede fatica fisica, sforzi(ma anche solo per leggere), e ciò sembra opposto al piacere, ma in realtà diventa soddisfacente con il trascorrere del tempo e il superamento della fatica. Il secondo tipo invece non prevede sforzi iniziali e il risultato è immediato. Questi due tipi diversi di intrattenimento sembrerebbero avere due effetti differenti su di noi. L’intrattenimento creativo sembra generare soddisfazione e non sembra perdere piacevolezza nel tempo. Al contrario, l’intrattenimento di comfort sembra alleviare un bisogno, in particolare il bisogno di riposo, e tende a diventare meno soddisfacente con il passare del tempo. È possibile applicare la chiave interpretativa comfort/creatività anche a livello più basso, cioè internamente rispetto a uno stesso tipo di intrattenimento: ci sono film che richiedono uno sforzo intellettuale e altri che non impegnano mentalmente(tipo cinepanettoni). Operare questa distinzione tra i due tipi di intrattenimento non significa negare che entrambi possano risultare positivi per il nostro benessere, in determinati contesti. Tuttavia, intrattenimento di comfort e creativo non giocano la stessa attrazione su di noi e saperli bilanciare correttamente non è semplicemente una questione di forza di volontà. L’INFLUENZA DELLO SCONTO TEMPORALE E DELL’INVERSIONE DELLE PREFERENZE DELLE NOSTRE SCELTE Se le attività di comfort sembrano perdere piacevolezza con il passare del tempo, le attività creative sembrano al contrario diventare via via più gratificanti. Inoltre, il tempo è necessario anche per acquisire le competenze e per migliorare le performance. Le attività di comfort, quindi, hanno per noi bassi costi di accesso e garantiscono immediate gratificazioni, ma sembrano diventare meno piacevoli con il passare del tempo e talvolta lasciarci insoddisfatti, mentre le attività creative hanno alti costi di accesso e spesso forniscono gratificazioni posticipate, ma nel lungo periodo sembrano essere più soddisfacenti. Bilanciare i due tipi sembra solo questione di volontà, ma le scienze cognitive hanno mostrato come la nostra mente affronti la posticipazione delle gratificazioni, cioè la prospettiva di ottenere una perdita o un guadagno futuri, in modo non lineare. Questo aspetto ci porta a essere particolarmente vulnerabili all’attrazione giocata dall’attività di comfort. A causa dello Sconto temporale Iperbolico, il valore che attribuiamo soggettivamente a qualcosa diminuisce in funzione del ritardo con cui ci aspettiamo di acquisirlo( se mi danno 100 euro domani ha più valore di ricevere 100 tra un anno mentalmente). Invece, a causa della Inversione temporale delle preferenze quando noi valutiamo due opzioni remore diamo a esse un valore, ma quando l’opzione meno vantaggiosa diventa imminente essa tende ad acquisire un valore più alto rispetto a quando la consideravo un’opzione remota( tra 99euro tra un anno o 100 euro tra 366giorni scelgo la seconda; ma tra 99 oggi e 100 domandi, scelgo 99). Il fatto che il valore che attribuiamo a qualcosa vari anche in funzione del ritardo con cui ci aspettiamo di ottenerlo può spingerci a scelte non ottimali nella nostra vita—> incoerenza sistematica dell’economia comportamentale. È possibile cercare di evitare di compiere scelte non ottimali nella nostra gestione del tempo libero a causa dell’inversione delle preferenze in particolare attraverso diverse strategie cognitive. Nel caso specifico della scelta delle attività ricreative, lo sconto temporale e l’inversione delle preferenze rappresentano dei fenomeni che possono spingerci a sovraconsumare attività di comfort a scapito di quelle creative, anche quando queste ultime sarebbero più gratificanti o significative. Quali sono le attività di comfort che rientrano nelle forme di intrattenimento digitale? Differenza tra comunicazione faccia a faccia e via chat: la prima prevede sforzo, attenzione in tempo reale, e non poter fare altro in quel lasso di tempo, riconoscere le intenzioni dell’altro e i segnali non verbali; la comunicazione mediata dai media digitali è molto diversa perché elimina molti elementi di “sforzo” (messaggi con tempi dilatati, posso rileggerli, posso decidere cos rispondere, posso gestire le emozioni e dare anche meno attenzione). Per questi motivi, i messaggi e le mail sembrano rappresentare un’alternativa efficace quando vogliamo comunicare qualcosa di personale o emotivamente forte a una persona, evitando però lo stress che ci creerebbe la comunicazione faccia a faccia. Tendenzialmente questa forma viene usata per fare richieste da chi ha poca autostima, e preferisce la comunicazione mediata. Rimuovendo alcuni suoi elementi chiave e fornendoci una capacità di maggiore controllo rispetto a quello che vogliamo esprimere, la comunicazione tramite messaggistica sembra addomesticare la comunicazione faccia a faccia, riducendo il suo potenziale creativo, faticoso, e avvicinandosi così alla sfera del comfort. Inoltre, la comunicazione digitale ci fornisce anche stimoli piacevoli immediati che possono essere generati da input diversi come notifiche, like, messaggi, ecc. Questa eliminazione di elementi “difficili” della comunicazione faccia a faccia potrebbe pero essere in grado di favorire un sovraconsumo di comunicazione mediata, che va a scapito di altre attività. La comunicazione «comfort-digitale», pero, può costituire un mezzo per aprirsi agli altri e comunicare in modo più controllato, utile ai giovani più timidi, ed essere quindi anche un mezzo propedeutico. Tuttavia, le criticità sorgono quando la comunicazione mediata non gioca il ruolo di supporto e complemento alla comunicazione tradizionale, ma tende ad acquisire un ruolo «sostitutivo». LE ATTIVITA DIGITALI CREATIVE Nelle tecnologie digitali oltre alle attività di confort ci sono anche attività creative(es giochi coinvolgenti). La funzione principale delle abilità di consumo dei media è quella di riuscire a bilanciare diverse attività di intrattenimento digitale evitando sovrainvestimenti in quelle di comfort a scapito delle attività creative. In questo senso, avere delle buone abilità di consumo digitali significa anche riuscire a sfruttare quelle attività che le tecnologie ci offrono e che possono avere valenza positiva nella nostra vita. (Es se gioco ai videogame entro certi limiti posso avere benefici al mio umore) Anche gli stessi social media, in alcuni casi, possono essere utilizzati in modo creativo e non solo come attività poco significative che non richiedono alcuno sforzo attivo—> es YouTuber. I problemi, piuttosto, nascono dalla nostra naturale inclinazione a sovraconsumare attività di comfort nella vita quotidiana, radicata nella nostra tendenza a preferire le gratificazioni immediate (a sua volta generata dallo sconto temporale), e alla disponibilità ventiquattr’ore su ventiquattro di attività di comfort grazie ai dispositivi portatili. Resistere al comfort digitale, quindi, spesso è assai più difficile di quanto non possa sembrare. I MECCANISMI COMMERCIALI E LA COMPETIZIONE PER L’ATTENZIONE Le dinamiche di sovraconsumo ruotano attorno al fatto che la tecnologia sia capace di fornirci attività di comfort. Ora va analizzato il modo in cui le dinamiche commerciali di monetizzazione influenzino la scelta del design delle piattaforme. —> gran parte delle applicazioni o siti è gratuita, ma sono quasi tutte proprietà di aziende che ricercano profitto (wikipedia no, vive di donazioni) Le principali fonti di reddito di queste aziende sono due: le inserzioni pubblicitarie e la raccolta dei dati, che in realtà serve proprio a vendere inserzioni pubblicitarie personalizzate. I social network, cioè, attraverso l’analisi dei nostri like, dei nostri click, del tempo che trascorriamo a guardare un contenuto piuttosto che un altro, e di molte altre variabili, consentono a chi è interessato alla previsione del nostro comportamento di studiare i nostri gusti e le nostre preferenze e perfino di prevedere in modo accurato diversi tratti comportamentali. In più le piattaforme dividono gli utenti in sottogruppi e permettono agli inserzionisti di acquistare delle campagne pubblicitarie rivolte solo a determinati sottogruppi= base dei business dei social(molto diverso della pubblicità tradizionale sulla stampa/tv) Attraverso il web e in particolare attraverso i social, invece, le aziende possono mostrare i loro annunci solo a un determinato segmento di utenti, che i modelli statistici hanno individuato come sensibile= personalizzazione del contenuto. —> maggior tempo passi su una piattaforme, maggiori informazioni puo prendere e rivendere su di te. Dato che la nostra attenzione e il nostro tempo sono limitati, ciò ha creato una sorta di «competizione per l’attenzione» tra le aziende del web, che ogni giorno cercano di ottenere visibilità e click. IL DESIGN DELLA DIPENDENZA Attraverso l’applicazione della psicologia comportamentale è possibile costruire un sito o un’applicazione implementando diversi elementi di design che spingono gli utenti a trascorrere più tempo su quel sito o su quella applicazione e ad aprirli più spesso. Ci si ispira agli elementi base del gioco d’azzardo e si cerca di adattarli alla piattaforma. Uno dei capisaldi su cui si basano le strategie comportamentali in questione è la randomizzazione delle ricompense, scoperta da Skinner(primi esperimenti con gli animali). Questo è un meccanismo sfruttato anche dalle slot machine, che forniscono ricompense in modo casuale e questo ci spinge a un’incessante ricerca di sensazioni positive. Questa randomizzazione è anche una componente intrinseca del comunicare a distanza perché non sapremo quando riceveremo un messaggio, e ciò ci porta a controllare sempre il telefono. La randomizzazione delle ricompense e la struttura infinita del newsfeed (il flusso di informazioni che scorre sulle bacheche dei social), costituiscono due elementi basilari del cosiddetto «design della dipendenza» [ibidem] che molte nuove app cercano di implementare per arrivare al successo e che comprende espedienti di diversa natura. Le aziende possono studiare i nostri dati e testare quale tecnica funzioni meglio per loro, perché sanno che quasi nessuno legge i termini di utilizzo delle piattaforme. L’obiettivo finale che le piattaforme vorrebbero raggiungere è la conquista delle nostre abitudini instaurando un rapporto intimo con la nostra mente. SUPERSTIMOLI DIGITALI Il concetto di superstimolo spiega come mai subiamo alcune attrazioni in modo particolare. In questa prospettiva, gli stimoli comunicativi che le tecnologie offrono possono essere considerati come una sorta di superstimoli comunicativi, qualcosa di artificiale che riesce a sollecitare il nostro visto da tutti. Uno dei fattori stressanti sorge nella misura in cui non è chiaro a chi sarà mostrato un nostro contenuto, cioè in quali bacheche esso comparirà(sfere sociali diverse). In questo senso i social network creano un collasso dei contesti sociali, perché espongono i nostri contenuti a tutti, e quindi implicitamente, quando il nostro profilo è pubblico, il nostro Sé online deve essere costruito per soddisfare le aspettative di quasi tutti, o almeno quelle di tutti i nostri contatti. Altri fattori di stress sono la reperibilità costante, che comporta disguidi tra vista lavorativa e provata(in Francia hanno creato il diritto alla disconnessione per aziende con +50dipendenti); e la difficolta a capire come sono registrati i nostri comportamenti online. LO STATO DI “VIGILANZA PERMANENTE”, LE INTERRUZIONI E IL MULTITASKING Ci siamo abituati ad assumere uno stato di vigilanza permanente in cui siamo sempre connessi per fronteggiare a questa abbondanza comunicativa. Essendo “always on” riusciremo a non sentirci esclusi. Sostanzialmente, i nostri dispositivi ci offrono infinite possibilità di connessione che possono però tradursi anche nell’assunzione di una specie di stato di allarme permanente, che cerchiamo di amministrare controllando le notifiche il più spesso possibile e non allontanandoci mai dai nostri dispositivi. Questo richiede un investimento di tempo notevole e ci ha spinto a sviluppare nuove abitudini, come quella a interromperci. Restare sempre connessi è possibile solo al prezzo di continue interruzioni durante la nostra vita quotidiana. Abbiamo due principali attività di interruzione: - dopo le notifiche dei dispositivi = interruzione Bottom-up - Quando vogliamo controllare il telefono, indipendentemente da notifiche = interruzione top- down Quando non possiamo interromperci lo stato di vigilanza permanente può essere mantenuto continuando la nostra attività e cercando di dividere l’attenzione tra i due compiti(es guido e chatto)= multitasking. Quando tentiamo di fare multitasking, in realtà quello che facciamo è quasi sempre task switching, cioè uno slittamento continuo dell’attenzione da un compito all’altro. Per in generale cercare di fare multitasking abbassa la resa delle nostre performance. LO STRESS DI SECONDO LIVELLO Se lo stress nasce dalla risposta a condizioni avverse e se il multitasking costituisce una forzatura della nostra attenzione (a fare ciò che non è in grado di fare), tuttavia è facile dedurre che quest’ultimo costituisce un’attività stressante nella nostra vita quotidiana nonostante si tratti di un comportamento che mettiamo in atto proprio come risposta allo stress! Per quanto riguarda le interazioni, esse possono essere percepite positivamente quando non sono troppo numerose, se diventano troppe arriva lo stress. —> i fattori di stress digitale ci portano ad attivare comportamenti difensivi che sono anch’essi fonti di stress(livello secondario). Spesso il multitasking si destreggia tra due dispositivi e costruisce quindi un affordance cognitiva delle tecnologie. Le affordances sono le possibilità d’uso che un determinato oggetto ha per un determinato agente. Ogni oggetto ha la sua affordance in base all’utilizzo che ti suggerisce di farne: se nel libro non è previsto il multitasking, nel Pc si poiché in esso posso avere molte finestre aperte e scorrerle. L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA: LA CAPACITA’ DELLA TECNOLOGIA DI ALLEVIARE LO STRESS Oltre che a crearci stress, a volte sono le stesse tecnologie che ci alleviano i sintomi dello stress e riducono la loro influenza negativa sulla nostra vita, attraverso attività di intrattenimento= capacita distraente. Alla base della capacità delle nuove tecnologie di alleviare lo stress, e talvolta perfino il dolore, sembra esserci prima di tutto la loro capacità di farci vivere emozioni positive (naturalmente, quando non si subiscono i fattori stressanti descritti sopra) attraverso l’intrattenimento che ci offrono. Generalmente pero si tratta di effetti positivi temporanei. L’assorbimento totale della nostra attenzione è funzionale perché ci può distrarre dallo stress, ma se invece c’è un assorbimento parziale di attenzione si ritorna al punto della sovrastimolazione digitale e al multitasking. In questo senso, possiamo delineare una distinzione tra due grandi tipologie di attività che il digitale ci offre: le attività non immersive e le attività immersive. Le attività non immersive richiedono dosi di attenzione parziali, spesso vengono svolte in modo frammentato e sono pienamente compatibili con il multitasking(es scorro i social). Al contrario, quelle immersive richiedono attenzione focalizzata per essere svolte(es videogame). Le attività immersive riescono a farci entrare in un flusso di attenzione focalizzata in cui il tempo assume una dimensione percepita diversa=siamo assorbiti. SOCIAL MEDIA E SMARTPHONE NELLE RELAZIONI PERSONALI Nel 2014 dei ricercatori studiarono se e come le persone possano cambiare umore vende influenzati dal newsfeed di Facebook. Fecero questo esperimento, cambiando i newsfeed a una cerchia di persone, senza informarle(cosa eticamente sbagliata, ma avevano accettato i termini di utilizzo). Essi conclusero che possiamo essere contagiati emotivamente non solo dalle persone che ci circondano ma anche dalle emozioni espresse dai nostri contatti sui social. Se la tesi di Kramer fosse corretta, la presenza di contenuti felici sui social dovrebbe incidere positivamente sulla nostra qualità di vita. Alla base di questa capacità c’è quindi quella di suscitare emozioni positive da parte dei contenuti che compaiono nel nostro newsfeed, che rappresenta uno degli aspetti maggiormente gradevoli dei media digitali. Le emozioni positive talvolta hanno dimostrato di avere effetti che vanno anche oltre il semplice piacere, come l’aumento di attenzione o il problem solving. Inoltre i social ci permettono di condividere le nostre emozioni ed è interessante notare come maggiore è l’intensità emotiva che un contenuto suscita maggiore sarà la probabilità che quell’evento venga condiviso. Altro vantaggio dei social è la possibilità di interazione con i nostri contatti anche se essi sono molto distanti da noi —> rafforzamento del nostro capitale sociale il quale aumento anche il supporto sociale percepito ed incide positivamente sul nostro benessere. Analogamente a quanto concerne la differenza tra comunicazione tradizionale e comunicazione mediata, rispetto alla presentazione di sé «tradizionale» (che avviene nel mondo fisico), la «presentazione di Sé digitale» offre il vantaggio di essere molto più controllabile, in quanto permette di selezionare con cura ciò che si desidera comunicare e modificarlo quando voglio. Il fatto che tra i nostri contatti spesso ci siano persone che ci conoscono anche nel mondo reale, tende però a ostacolare la creazione di Sé digitali totalmente irreali e slegati completamente dalle nostre esistenze nel mondo fisico. Più che altro, spesso la selezione dei contenuti pubblicati sembra rispecchiare in modo abbastanza fedele come vorremmo essere percepiti dagli altri. Poter ammirare il proprio profilo social( Sè idealizzato in forma digitale) sviluppa l’affermazione di se nei soggetti (pillola di autostima). IL “LIKE” E LA QUANTIFICAZIONE MASSICCIA DELLE RELAZIONI Aumento delle sensazioni positive, rafforzamento del capitale sociale, autoaffermazione di sé e conseguente autostima: effetti positivi legati all’uso dei social media. Quali sono gli aspetti negativi sul nostro benessere? La sorveglianza sociale che si instaura attraverso le piattaforme social può avere delle ripercussioni sul nostro benessere personale. Quando postiamo un contenuto, esso entra automaticamente in competizione per l’attenzione con la concorrenza di altri contenuti e noi speriamo di ricevere apprezzamenti sotto forma di like. Il like può essere catalogato come un’affordance di tipo paralinguistico e come un segnale fàtico, un segnale che non è volto a comunicare un’informazione precisa, ma che svolge più che altro la funzione di mantenere viva una relazione. Altre affordances dei social network sono i commenti, le risposte, i messaggi privati, le accettazioni delle richieste di amicizia. Essendo cosi vaghi i like possono attivare nel nostro cervello i circuiti del piacere, ed è più lecito catalogarli come superstimoli perché ci possono dare sensazioni positive legate all’impressione di essere riusciti a ottenere attenzione. Inoltre, la facilità con cui è possibile ottenere questi segnali e il fatto che in molti casi non richiedano competenze complesse, ci porta a catalogarli all’interno della categoria dei piaceri edonici che provengono da attività ricreative di comfort(quelle che sovraconsumiamo). Se nel faccia a faccia ho mille modi per esprimere un mio apprezzamento, online un like o una condivisione sono segnali vaghi ma unidimensionali. Infine, online si tendono ad appiattire anche le differenze qualitative che riguardano le differenti relazioni tra i diversi contatti. Nonostante esista la tendenza soggettiva ad attribuire valore diverso ai like a seconda della loro provenienza, nell’economia dell’apprezzamento digitale un like del nostro migliore amico equivale a quello di un tizio conosciuto a una festa. Nel momento in cui un contenuto viene pubblicato in un social, dunque, esso viene esposto prima di tutto a una quantificazione valutativa, che si manifesta nel numero di like che esso riceve. Nel complesso, tale meccanismo di accumulo di apprezzamenti fa tabula rasa di diversi elementi qualitativi che si accompagnano alla condivisione di esperienze e contenuti attraverso la comunicazione tradizionale. Tale quantificazione massiccia, in realtà, sembra permeare profondamente la struttura del social in ogni sua forma, e si manifesta, ancora prima, nella quantità di contatti di ogni soggetto. Il numero degli amici o dei contatti di un profilo, in questo senso, rappresenta la prima, immediata, misura della sua popolarità. LA COMPETIZIONE PER LA FELICITA E I SUOI EFFETTI PERVERSI Considerato l’importanza che attribuiamo al ricevere i like/apprezzamenti, potrebbe essere che non ricevendone alcuno ci sentiremmo isolati o poco popolari. Da questa prospettiva, la quantità di like che riceviamo sui social media definisce come ci sentiamo riguardo a noi stessi e come pensiamo che gli altri ci percepiscano, ma l’incapacità di ottenere approvazione pubblica quantificata può quindi costituire anche una fonte di vergogna. Il mix di meccanismi di apprezzamento quantificato e comparazione costante con gli altri ci può spingere a una sorta di competizione per la felicità, o meglio a una competizione per l’esibizione della felicità, che ha però alcuni risvolti perversi. In primis, tale mix ci spinge ad adottare una logica pubblicitaria nella selezione dei contenuti che creiamo e condividiamo, contenuti che vengono scelti in base a ciò che si crede possa ricevere maggiori apprezzamenti dagli altri. EMPATIA O COMPETIZIONE SOCIALE SPIETATA? Jean Twenge, psicologa dell’Università di san diego, individua un nesso causale tra social e infelicita, concentrando il suo studio sulla iGen(generazione nata tra 1998 e 2011). I dati raccolti evidenziano come negli ultimi anni si stia registrando una crescita marcata di disturbi psicologici e depressione. La Twenge sembra attribuirli proprio ai social, che riducono il benessere collettivo. Questo è stato molto criticato perché non è sempre detto che ci sia una correlazione causale. Ci sono state pero altre ricerche empiriche che hanno messo in luce come la comparazione sociale che deriva da un ampio uso dei social possa creare distorsioni—> ad esempio nel modo in cui valutiamo quanto gli altri sono felici(pensiamo molto spesso che alti siano più felici di noi, basandoci solo sui post che vediamo). Si pensa che alla base di questo effetto ci siano due distorsioni cognitive: - euristica della disponibilità= tendenza a stimare la probabilità di un evento in base alla facilità con cui lo ricordiamo. Il fatto che gli organi di informazione riportino spesso notizie di omicidi e molto poco frequentemente quelle delle morti per infezione rende più facile ricordare esempi
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