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Riassunto del libro "il processo esecutivo", X ed., di Francesco P. Luiso, Appunti di Diritto Processuale Civile

Riassunto completo del libro "il processo esecutivo" di Luiso.

Tipologia: Appunti

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Caricato il 24/07/2021

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Scarica Riassunto del libro "il processo esecutivo", X ed., di Francesco P. Luiso e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! LUISO — IL PROCESSO ESECUTIVO 1. ESECUZIONE FORZATA NEL NOSTRO ORDINAMENTO CARATTERISTICHE Per delineare funzione dell'esecuzione forzata, bisogna delineare alcune nozioni generali: 1 Nel sistema civile, il legislatore, di solito, prevede che un comportamento, qualificato come doveroso, sia funzionale alla realizzazione di un interesse altrui, che assurge quindi alla dignità di situazione sostanziale protetta. Il legislatore, assicura una certa utilità ad un soggetto, gli garantisce cioè, un bene della vita. ESEMPIO: rapporto di lavoro dipendente: qui, al datore di lavoro è garantito il bene della vita che consiste nella prestazione lavorativa che viene svolta dal soggetto, invece, al prestatore, è garantito il bene della vita che consiste nella retribuzione, nelle ferie, etc. DISTINZIONI: 1) Distinzione fra situazioni finali e situazioni e situazioni strumentali: situazioni finali: le situazioni finali sono quelle situazioni dove, per la soddisfazione, vengono dati poteri al titolare in relazione a un determinato bene — e facendo al contempo obbligo a tutti gli altri soggetti dell'ordinamento di non inframettersi tra il titolare del diritto e il bene garantito. Es. proprietà > il proprietario non ha bisogno della cooperazione di altri soggetti per trarre l'utilità che l'ordinamento garantisce. Basta che questi soggetti non si inframettino, e che ai titolari non sia impedito di realizzare i poteri attribuiti dall'ordinamento. Situazioni strumentali: altre volte — l'interesse è garantito non dall'attività indisturbata del titolare del diritto, ma da un comportamento attivo di un altro soggetto, senza il quale comportamento la situazione non è soddisfatta. Esempio. Rapporto di lavoro: I diritti delle due parti, sono realizzati mediante la cooperazione delle controparti: il diritto del datore di lavoro è realizzato con la prestazione del prestatore, il diritto alla retribuzione è soddisfatto con il pagamento da parte del datore di lavoro. 2) distinzione fra doveri di comportamento primari e secondari: doveri di comportamento primari: talvolta i doveri sono primari, nel senso che attuano lo svolgimento fisiologico della situazione sostanziale. Si tratta di quei casi in cui, sul piano del diritto sostanziale, è previsto come obbligo primario quello di tenere un certo comportamento attivo. Esempio: nel rapporto di mutuo, il mutuatario ha l'obbligo di restituire le cose avute in mutuo. Doveri di comportamento secondari: sono doveri che nascono da un precedente illecito: nascono dal fatto che esisteva un altro dovere a monte che non è stato rispettato. A ciò consegue la nascita di un contenuto diverso che possiamo chiamare secondario, che origina da un precedente dovere inadempiuto. Esempio art. 2043 + prevede il risarcimento del danno per fatto illecito. La norma stabilisce il dovere di non ledere i diritti altrui. Se il dovere primario è violato, dall'illecito nasce un obbligo risarcitorio. CARATTERISTICHE ‘è Cosa succede quando il soggetto che dovrebbe tenere il comportamento satisfattivo del diritto altrui, non tiene tale comportamento e contravviene all'obbligo imposto dall'ordinamento? Ai fini della tutela esecutiva, è sufficiente che sul piano del diritto sostanziale non sia stato tenuto quel comportamento, che è necessario per dare al titolare del diritto l'utilità che l'ordinamento gli garantisce, allorchè gli riconosce una situazione sostanziale protetta rispetto a un bene. Quando ci troviamo dinanzi alla violazione di un dovere di comportamento, previsto a favore di un altro soggetto, (inadempimento, anche se non sempre tale termine è quello corretto) — non è sufficiente una tutela dichiarativa, anzi, è necessario che il soggetto riceva quell'utilità che secondo il diritto sostanziale gli dovrebbe provenire dall'adempimento dell'obbligato. > a fronte dell'inadempimento del soggetto obbligato è possibile che: 1. il soggetto che debba ricevere l'utilità, a fronte dell'inattività dell'obbligato, faccia qualcosa per procurarsi quell'utilità, eseguendo un'attività sostitutiva: ciò è possibile sia prima che dopo l'eventuale processo di cognizione che statuisca sul modo di essere dei rapporti fra le parti. Esempio: Tizio appalta a Caio la costruzione di una casa. Caio non realizza quella casa, quindi Tizio, fa costruire quella casa a Sempronio. Questo può accadere sia prima del processo di cognizione, sia dopo. Ma quest'attività sostitutiva, sul piano esecutivo, non è sempre possibile + non sempre l'avente diritto può procurarsi quell'attività che gli era garantita dall'ordinamento: Esempio: nel caso in cui Tizio debba avere 1000 € da Caio — e Caio non paga, Tizio non può fare niente sul piano del diritto sostanziale. Qui Il diritto sostanziale è definitivamente impotente: occorre uno strumento che possa fornire all'avente diritto quell'utilità, che gli spetta secondo diritto sostanziale. Questo strumento è, appunto, l'esecuzione forzata. > rapporto con tutela dichiarativa: - è necessario avere prima una tutela dichiarativa? NO! Sarebbe un grave errore pensare che in sede esecutiva si attui quanto previsto in sede dichiarativa. - ciò, può essere vero dal punto di vista del diritto positivo solo se prevede che l'ordinamento prevede che l'esistenza di un atto di accertamento costituisce presupposto per avere accesso alla tutela esecutiva. Esempio: nel processo amministrativo e tributario l'esecuzione forzata (ottemperanza) presuppone l'esistenza di un atto volto a impartire tutela dichiarativa (provv giurisdizionale , ma anche lodo arbitro) - Ma ciò anzi detto, NON è POSSIBILE per l'esecuzione forzata civile, presupposto della quale possono essere anche atti che non hanno caratteristica di impartire tutela dichiarativa, come, esempio, atti di notaio o titoli di credito. Il ricorso alla tutela dichiarativa, può essere necessaria per il soggetto solo ove non esista già un titolo esecutivo stragiudiziale e quindi il titolare debba procurarsi un titolo esecutivo giudiziale tramite il processo di cognizione. - altrimenti, il titolare del diritto insoddisfatto può immediatamente ottenere ciò che gli interessa: cioè, la tutela esecutiva. Es.tizio e caio stipulano contratto in cui tizio deve mille euro a caio. Se stipulano tale contratto con una scrittura privata non autenticata, che non è titolo esecutivo, allora tizio deve procurarsi un titolo esecutivo attraverso un processo di cognizione. Invece, se tizio e caio stipulano un contratto per scrittura privata autenticata, oppure per atto pubblico, (che sono titoli esecutivi) tizio può ottenere immediatamente la tutela esecutiva senza dover passare da quella dichiarativa. 2 ESECUZIONE INDIRETTA DEFINIZIONE: l'esecuzione indiretta è quel tipo di esecuzione dove si induce l'obbligato ad adempiere, e ciò si cerca di ottenere prevedendo che l'obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze negative per lui più onerose dell'adempimento. REQUISITO: l'esecuzione indiretta, è quello strumento necessario quando si è in presenza di obblighi infungibii FUNZIONAMENTO: > Intale esecuzione, occorre indurre l'obbligato ad adempiere, e ciò può essere ottenuto prevedendo che l'obbligato inadempiente vada incontro a conseguenze negative per lui più onerose dell'adempimento. Tali conseguenze possono essere di carattere civile o penale. A) si ha esecuzione indiretta prevedendo misure coercitive ci allorquando sia previsto, che a carico dell'inadempiente, una volta verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, sorge l'obbligo di pagare una certa somma di denaro per ogni periodo di inerzia o per ogni violazione del dovere di astensione. La somma è determinata con riferimento ad un'unità temporale, un giorno, una settimana, un mese per l'inadempimento di obblighi di fare, e con riferimento a ogni illecito commesso per la violazione degli obblighi di astensione. Il beneficiario ditale somma può essere lo stato oppure può essere la controparte. B) Si ha esecuzione indiretta prevedendo misure coercitive penali, allorquando sia previsto che, verificatisi i presupposti della tutela esecutiva, gli ulteriori inadempimenti integrano un'ipotesi di reato. (questo è ciò che accade in Germania) Nel nostro ordinamento, il legislatore, prevede qua e là ipotesi specifiche di esecuzione indiretta, talvolta adottando la tecnica civilistica, altre volte quella penalistica. > misure coercitive civili: esempio — art. 124 codice proprietà industriale (dlgs 30/2005) prevede che il giudice può fissare una somma dovuta alla controparte per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata. + misure coercitive penali: esempio — art 28 |. 300/1970 prevede una sanzione penale per il datore di lavoro che non adempie a quanto stabilito nel provvedimento che accoglie la domanda dell'associazione sindacale dei lavoratori. 2 Nel caso in cui l'esecuzione indiretta sia utilizzata per un diritto (accertato poi) come inesistente? Esempio: il sindacato propone domanda ex art. 28 1.300/70 contro il datore di lavoro Caio e vince. Il giudice inibisce a caio di tenere un certo comportamento, che invece caio tiene. Caio viene condannato in sede penale, ma nel secondo grado, la domanda del sindacato viene rigettata con sentenza passata in giudicato. Che ne è della sanzione penale di tizio? Oppure: tizio licenza il dipendente caio, sindacalistica. Caio fa ricorso e ottiene ordine di reintegrazione. Ma tizio, non reintegra caio — e quindi è costretto a pagare al fondo adeguamento pensioni 5000 €. poi, in secondo grado, la domanda di caio è rigettata con sentenza passata in giudicato. Che ne è dei 5000 € pagati da tizio? Le soluzioni sono astrattamente due: o si afferma, che ai fini della sussistenza dell'illecito, basta il mero dato dell'inottemperanza, essendo irrilevante la sorte che provvedimento inottemperato ha nelle ulteriori fasi del processo. O si afferma che, se nelle ulteriori fasi del processo si accerta che il comportamento era lecito,(oppure venga rimosso o caducato il provvedimento inottemperato) allora, viene meno l'illecito, ergo, non si commette nessun illecito rimanendo inottemperanti a un provvedimento riconosciuto ingiusto, illegittimo. > la seconda soluzione è più conforme ai principi costituzionali: non si può sanzionare l'inottemperanza a un provvedimento autoritativo che sia dichiarato illegittimo o inefficace nelle sedi previste dall'ordinamento. Esempio > il tar dichiara illegittimo un provvedimento amministrativo che obbliga tizio a pagare una certa somma di denaro. Una volta che il provvedimento è annullato — tizio non deve più pagare. Se ha già pagato, ha diritto alla restituzione della somma. > una legge stabilisce che chi critica il capo dello stato deve pagare una multa. Durante il processo per questa multa, viene sollevata una questione di incostituzionalità della legge. La legge dichiara illegittima la norma. Il soggetto, non può più subire la sanzione. In tutti questi casi appena visti, l'interessato ha il diritto di non ottemperare al provvedimento autoritativo (legge, atto amministrativo) che è stato dichiarato illegittimo. Ed ha diritto a non essere sanzionato per la mancata ottemperanza, giacché la sua inottemperanza era secundum ius. Quindi, risulta ancor più evidente la compatibilità costituzionale della seconda soluzione. Egli aveva il diritto di non ottemperare. Quindi, se viene riformato il provvedimento, cade la sanzione penale, se si tratta di quella civile le somme pagate devono essere restituite. Se accettassimo la prima soluzione, si ritornerebbe allo stadio anteriore allo stato di diritto. CARATTERISTICHE (LIMITI) L'esecuzione indiretta, a volte presenta alcuni inconvenienti: a) gli strumenti coattivi operano sulla volontà dell'obbligato — e quindi possono essere inefficaci, ove l'obbligato sia determinato a non adempiere. Esempio: è rimasto famoso un episodio nel quale un soggetto, condannato a divorziare (siamo in un ordinamento che prevede il divorzio consensuale) — abbia preferito rimanere in carcere diversi anni piuttosto che dare il consenso per il divorzio. b) anche lo strumento coattivo di natura penale presenta dei limiti: la giurisdizione penale è piuttosto sovraccarica, e spesso, a causa di ciò, non si riesce a applicare la sanzione. c) lo strumento coattivo di natura civile, è un'arma spuntata se il soggetto obbligato non ha un ricco patrimonio per rispondere dell'obbligazione. In direzione speculare, invece, è un'arma inutile se il soggetto ha un patrimonio ingente e quella cifra sia per lui irrisoria: si pensi all'episodio del ricchissimo romano che schiaffeggiava le persone in giro — ed era seguito da un servitore che pagava immediatamente allo schiaffeggio la sanzione pecuniaria prevista per la percosse. Inoltre, bisogna anche porre dei limiti massimi al pagamento di tali somme: ratio, evitare ingiustificati arricchimenti dell'avente diritto. Ciò è evitato se si prevede una misura coercitiva nella quale le somme pagate vadano alla collettività invece che all'avente diritto. 3. I PRESUPPOSTI E IL CONTENUTO DELLE MISURE GIURISDIZIONALI ESECUTIVE CARATTERISTICHE Prima di passare all'analisi delle tre tecniche di tutela esecutiva diretta che abbiamo individuato, dobbiamo premettere alcune notazioni generali relative alle norme contenute nel titolo | del libro Ill del cpc, in quanto queste valgono per tutti i tipi di esecuzione forzata (espropriazione, esecuzione per consegna e rilascio, esecuzione obblighi di fare) TUTELA DICHIARATIVA > in primis: esiste una differenza fra tutela dichiarativa e tutela esecutiva: il presupposto della tutela dichiarativa è costituito dalla semplice affermazione, da parte di chi richiede tale tutela giurisdizionale, che esiste una situazione sostanziale che ha bisogno di quel tipo di tutela. In altri termini: affinchè nel processo cognitivo si possa giungere all'emanazione della sentenza che determina i comportamenti leciti o doverosi delle parti è sufficiente — oltre al rispetto dei presupposti processuali — che sia affermata l'esistenza di una situazione sostanziale e che per tale situazione sia richiesta una tutela dichiarativa. (L'unico limite è quello dell'interesse a agire, cioè non si può chiedere una tutela dichiarativa quando ciò che si chiede non è utile) [ricorda che la tutela dichiarativa serve ad accertare l'esistenza della situazione sostanziale, ad accertare la lesione subita a causa dell'illecito, ad eliminare quali effetti sono necessari per eliminare la lesione che I'illecito ha prodotto. Il provvedimento finale che impartisce la tutela dichiarativa, assume diversi contenuti: di mero accertamento, di condanna, costitutivo] > Esiti processo di cognizione (il processo di cognizione è la figura processuale con cui si esprime la tutela dichiarativa. La tutela dichiarativa è quel tipo di tutela finalizzata all'effettiva risoluzione delle controversie, in questi casi il giudice decide la regola di diritto da applicare al caso concreto - il processo di cognizione si può chiudere in rito, con un rigetto in rito, emanando una sentenza con cui il giudice dichiara che non esistono le condizioni processuali per dare le regole di condotta relative al diritto dedotto in giudizio. - il processo si può chiedere con un accoglimento nel merito della domanda: quindi si avrà una sentenza di merito con cui si accoglie la domanda dell'attore e si da la tutela richiesta, in quanto si accerta esistente il diritto dedotto in giudizio. - dall'altra, il processo si può anche chiudere con una sentenza di rigetto nel merito della domanda dell'attore, con cui, quindi, si rifiuta la tutela richiesta, in quanto si accerta che non esiste il diritto affermato dall'attore. * Ma, come detto, per giungere a una sentenza nel merito — oltre chiaramente al rispetto dei presupposti processuali, è sufficiente che l'attore si limiti ad affermare che esiste il diritto, proprio perché poi l'attività processuali sarà finalizzata a verificare se quel diritto esiste o meno. Lo scopo del processo di cognizione è determinare le regole di condotta relative a un certo bene della vita, e per mettere in moto il processo, è sufficiente che l'attore affermi esistente il proprio diritto. Esempio, tizio si afferma titolare del colosseo. Chiunque, anche in maniera infondata, però in maniera tale da imporre al giudice l'obbligo di esaminare la domanda nel merito, può affermarsi titolare del colosseo. Dinanzi a una domanda del genere, l'esito sarà sicuramente negativo, ma negativo nel merito. Il giudice esaminerà la domanda, accerterà, che tizio non è proprietario del colosseo, ed emetterà una sentenza di merito col quale dirà che il diritto vantato non esiste. REQUISITI > l'articolo 474 cpc, stabilisce che l'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. 1. Diritto certo: affermazione che si riferisce essenzialmente all'esecuzione per consegna o rilascio, all'esecuzione per obblighi di fare ed all'esecuzione indiretta. DEFINIZIONE: La certezza consiste nell'individuazione del bene oggetto dell'intervento esecutivo e del fare che deve essere compiuto. Il diritto è certo quando risulta chiaramente nel suo contenuto e nei suoi limiti dagli elementi indicati nel titolo esecutivo. FUNZIONAMENTO - Nella consegna o rilascio, l'individuazione di ciò che deve essere compiuto non è necessario, perché è già tipizzata dal legislatore: si tratta della materiale disponibilità di un bene, mobile o immobile da colui che esercita siffatta materiale disponibilità ed è obbligato alla consegna o al rilascio a colui che ha diritto ad ottenere la materiale disponibilità del bene. (es. consegna bene alla fine della locazione) - l'esecuzione per obblighi di fare non è tipizzata dal legislatore: può consistere nella costruzione di una strada, di un acquedotto, di un muro. Qui, il titolo esecutivo deve contenere non solo l'individuazione del bene ma anche del tipo di intervento necessario. - anche l'esecuzione degli obblighi di omettere non è tipizzata dal legislatore Diritto liquido: fa riferimento ai crediti relativi alle somme di denaro. DEFINIZIONE: Il diritto è liquido quando il suo ammontare risulta espresso in misura determinata e non in modo generico FUNZIONAMENTO - il credito che spetta deve essere quantificato numericamente, direttamente nel titolo esecutivo, oppure, quantificabile con operazioni matematiche desumibili dal titolo stesso. - la liquidità, quindi, sussiste sia quando la somma dovuta è già quantificata numericamente nel titolo esecutivo, es. sentenza condanna tizio a pagare 1000€ , oppure anche quando il titolo esecutivo contiene gli elementi per poterla calcolare (esempio, oltre ai 1000€ si condanna il soggetto anche al pagamento degli interessi, nel tasso di interessi del 5% annuo per tre anni. Ergo 50x3=150) Più incerta risulta la disciplina, invece, della rivalutazione. Qui il problema è che il tasso d'inflazione non risulta dal titolo esecutivo. Però si ritiene che sussista la liquidità, in quanto il tasso di svalutazione è dato pubblico che può essere ricavato, ex 1284 dalle pubblicazioni ufficiali mese per mese. GIURISPRUDENZA La giurisprudenza fa un'eccezione per il titolo esecutivo giudiziale. Prendendo spunto dal fatto che, in materia di efficacia dichiarativa, per chiarire la portata precettiva della stessa si può fare riferimento a elementi esterni ed extratestuali non desumibili dal titolo, ma risultanti dagli atti del processo — la cassazione ha esteso la stessa regola anche al titolo esecutivo giudiziale. 3. Diritto esigibile: significa un diritto non sottoposto a termine o a condizione. Il dato dell'esigibilità deve essere riferito non al momento della formazione del titolo ma al momento dell'esecuzione forzata. Esempio: la sentenza di condanna del conduttore al rilascio del bene, con effetto dal 1.1.2019, dà un diritto esigibile da tale data. La cambiale, non ha efficacia esecutiva finché non è scaduta: nel momento in cui scade, il diritto diventa esigibile e quindi si ha il diritto alla tutela esecutiva. A volte, il giudice può subordinare l'efficacia del titolo esecutivo alla prestazione di una cauzione: in taluni casi, il giudice può emettere un provvedimento che ha efficacia esecutiva, subordinando l'esecutività dello stesso al fatto che il creditore presti una cauzione. In tali casi — ex art. 478: non si può iniziare l'esecuzione forzata finché questa non sia stata prestata. Analogamente è previsto anche per la fase cautelare. NATURA CAUZIONE: non presupposto rilascio provvedimento esecutivo, ma, presupposto dell'efficacia esecutiva dello stesso. DISTINZIONI esistono tre categorie di titoli esecutivi. 1. La prima categoria è quella dei titoli esecutivi giudiziali (art. 474 cpc, pto 1) Sono tali le sentenze di condanna e non anche quelle di mero accertamento (quindi, non quelle con le quali si accerta il mero diritto di una delle parti in relazione a una situazione sostanziale dedotta in giudizio, ma quelle con le quali si condanna l'obbligato a tenere una certa prestazione) Esempio: non è sentenza di condanna (quindi non è titolo esecutivo) la pronuncia con cui, tra datore di lavoro e dipendente, si accerta che la retribuzione spettante al dipendente è di 2000 € mensili. È sentenza di condanna quella con cui si condanna il datore di lavoro a pagare 2000 € tutte le sentenze di condanna, in qualunque sede emesse — hanno efficacia esecutiva. Ai titoli esecutivi giudiziali si possono ricondurre anche le ordinanze (es. ordinanza di convalida di licenza o sfratto) e dei decreti (es. decreto ex art. 28 st.lav) la riforma del 2006, alle parole sentenze e provvedimenti ha aggiunto anche gli altri atti: con ciò, si è voluta risolvere la questione dell'efficacia esecutiva del verbale di conciliazione giudiziale: DEF:la conciliazione è quel modo di chiusura del processo che si ha quando le parti trovano l'accordo per una risoluzione consensuale della controversia. FUNZIONAMENTO L'accordo — è recepito nel verbale della causa, e viene sottoscritto in udienza dalle parti, e costituisce titolo esecutivo giudiziale. (idoneo per ogni forma di esecuzione forzata) CARATTERISTICA Ci si chiedeva se tale titolo fosse titolo esecutivo giudiziale (idoneo per qualunque forma di esecuzione forzata) o stragiudiziale (idoneo solo per l'espropriazione e non anche per le altre forme di esecuzione) La riforma del 2006 ha risolto ogni dubbio, visto che il verb di conciliazione rientra ne “gli altri atti” ex 474 cpc. 2. La seconda categoria, è quella delle scritture private autenticate, e dai titoli di credito (art. 474 cpc punto 2) Le cambiali, gli assegni, e gli altri titoli ai quali la legge attribuisce la stessa efficacia. CARATTERISTICHE Quando la legge parla di scritture private autenticate fa riferimento non soltanto ai contratti, ma anche agli atti unilaterali (esempio, alle promesse di pagamento e alla ricognizione di debito) FUNZIONAMENTO > Le scritture private autenticate, però, costituiscono titolo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute. Non tutti gli obblighi contenuti in una scrittura privata sono, quindi, suscettibili di dare luogo all'esecuzione forzata. Lo sono solo obblighi relativi a somme di denaro. Es contratto di compravendita stipulato davanti a notaio (scrittura privata autenticata): è titolo esecutivo per l'obbligo del compratore di pagare il prezzo, ma non per l'obbligo del venditore di consegnare il bene. L'obbligo del compratore, infatti, a oggetto il pagamento di una somma, quindi il contratto, relativi a quell'obbligo, è titolo esecutivo. > per quanto concerne i titoli di credito + questi sono titoli esecutivi soltanto se in regola col bollo fin dalla loro emissione. Se non sono in regola, valgono come titoli di credito ma non hanno efficaci esecutiva. La terza categoria di titoli esecutivi è costituita da gli atti che è autorizzato a riceverli. icevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale CARATTERISTICHE > L'atto pubblico costituisce titolo esecutivo anche in relazione all'esecuzione per consegna o rilascio. Dunque, quel contratto di compravendita, se è stipulato dinanzi al notaio per scrittura privata autenticata è valida solo relativamente a obblighi di pagare, qualora venga stipulato per atto pubblico, costituisce titolo esecutivo sia a favore del venditore che a favore dell'acquirente > si tratta di titolo esecutivo stragiudiziale > L'espressione "altro pubblico ufficiale" (474 pto 3) deve riferirsi al segretario comunale e provinciale e al console all'estero. Infine, ci sono altre centinaia di altri titoli esecutivi che il legislatore individua qua è là nelle varie leggi speciali. FUNZIONAMENTO > la regola importante è che, l'efficacia esecutiva deve essere espressamente prevista dal legislatore, e non può essere attribuita in via di interpretazione analogica. ESEMPI: > conciliazione stragiudiziale: procedimento volto a favorire una soluzione negoziale della controversia. Al verbale di conciliazione stragiudiziale, il legislatore attribuisce efficacia piena di titolo esecutivo. Infatti, tale verbale di conciliazione, costituisce titolo esecutivo per espropriazione forzata, per esecuzione in forma specifica, e per iscrizione di ipoteca giudiziale. + altro esempio: dlgs 124/04 > se la Direzione provinciale del lavoro, durante la sua vigilanza, si accorga di eventuali inosservanze del datore di lavoro di disposizioni da cui scaturiscano crediti per il lavoratore, allora, diffida il datore di lavoro a corrispondere quanto dovuto: questa diffida, costituisce titolo esecutivo a favore del lavoratore per le somme ivi indicate. > quindi, l'esistenza del titolo esecutivo è condizione sufficiente per la tutela esecutiva: la fattispecie ex 474 cpc, produce da sola il seguente effetto giuridico: il titolare della situazione sostanziale descritta nel titolo esecutivo ha diritto di rivolgersi all'ufficio esecutivo e l'ufficio esecutivo ha il diritto di porre in essere la propria attività, di svolgere la propria funzione a tutela della situazione sostanziale indicata nel titolo. Il titolo esecutivo è condizione sufficiente per la tutela esecutiva. Chi ha a suo favore il titolo esecutivo, ha diritto a pretendere l'intervento giurisdizionale. FUNZIONAMENTO LICEITA' 3 il diritto all'intervento dell'ufficio esecutivo, scaturisce dal titolo esecutivo. > ma, l'esistenza di questo effetto (processuale), non incide sulla liceità dell'esecuzione forzata sul piano del diritto sostanziale. Ovvero: non è sufficiente che sussista un titolo esecutivo perché l'intervento degli organi esecutivi sia lecito sul piano sostanziale. Affinchè l'attività esecutiva sia lecita sul piano sostanziale: > è necessaria l'effettiva esistenza del diritto da tutelare. > aver diritto alla tutela significa che, chi la chiede, deve ottenerla, anche se nei confronti della controparte sta commettendo un illecito. (l'ufficio esecutivo non può rifiutare la propria attività) > Dall'articolo 96 cpc, si desume che, si può fruire della tutela esecutiva — ma - se il diritto di cui è chiesta la tutela esecutiva non esiste, allora, si può essere obbligati al risarcimento dei danni. Ergo, bisogna distinguere fra il piano del diritto processuale alla tutela esecutiva, e la liceità dell'attività esecutiva sul piano del diritto sostanziale, perché la liceità dipende dall'esistenza del diritto che si vuole avere tutelato e non dall'esistenza del diritto alla tutela esecutiva. Esempio: un locatore, afferma che la locazione è cessata. Ottiene, in primo grado, la condanna del conduttore alla restituzione del bene. La sentenza, da diritto al locatore a chiedere in via esecutiva la restituzione del bene. E l'ufficio esecutivo non può rifiutarsi di svolgere la propria attività a tutela del diritto del locatore. Però, può darsi che in secondo grado il locatore perda la causa, e si dichiari che il rapporto di locazione non era cessato. Pertanto: l'esecuzione era lecita e doverosa, e l'ufficio non poteva rifiutare, ma visto che in secondo grado si accerta che il diritto alla restituzione non esisteva, l'effetto dell'attività esecutiva produce un inadempimento contrattuale. E quindi, in tal caso il locatore sarà obbligato al risarcimento del danno nei confronti del conduttore. Nel nostro esempio, se l'ufficio esecutivo ha sottratto al conduttore il bene per due anni, allora, residua un inadempimento relativo a tale periodo, di cui il locatore risponde appunto col risarcimento dei danni. > da quanto detto, emerge la possibilità di un'utilizzazione illecita della tutela esecutiva. Chi la utilizza, commette un illecito dal punto di vista del diritto sostanziale — dal momento che i risultato dell'esecuzione forzata non sono leciti, ovvero non sono conformi al diritto sostanziale. Chi usa questo strumento (messo a disposizione dello stato) dell'esecuzione forzata, e lo fa per tutelare un diritto inesistente, commette un illecito sul piano del diritto sostanziale. DISTINZIONI * ora bisogna distinguere fra: * nozionedititolo esecutivo in senso sostanziale > DEFINIZIONE si intende la fattispecie da cui sorge l'effetto giuridico di rendere tutelabile in via esecutiva una situazione sostanziale protetta. Qui il titolare di questa situazione ha diritto all'intervento degli organi giurisdizionali, che hanno l'obbligo di attivarsi. Il diritto processuale alla tutela esecutiva è l'effetto di una fattispecie complessa, composta da elementi costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi. L'istante ha diritto alla tutela giurisdizionale esecutiva e l'ufficio esecutivo ha il dovere di attivarsi. Il titolo esecutivo in senso sostanziale, quindi, costituisce un istituto di diritto processuale ed è costituito dalla fattispecie da cui sorgono il diritto dell'istante ad ottenere la tutela esecutiva e il dovere dell'ufficio esecutivo di attivarsi per fornire la tutela esecutiva. Questa fattispecie è composta da elementi che possiamo distinguere in due settori: > 1) da un lato vi sono gli elementi costitutivi dell'effetto giuridico: l'effetto si produce allorchè è completata la fattispecie costitutiva. E, allora, nasce la pretesa esecutiva, il diritto processuale a ottenere la tutela esecutiva. > 2) dall'altro vi sono elementi impeditivi, modificativi ed estintivi in presenza dei quali l'effetto giuridico, o non sorge (effetto impeditivo) , oppure, se sorge, si modifica o si estingue. Esempio, articolo 282 cpc: la sentenza di condanna emessa in primo grado è esecutiva. La fattispecie costitutiva del titolo esecutivo si compone di un solo elemento: la sentenza di condanna. Se il giudice di appello consente l'esecuzione fino a un massimo di 10000€ - ciò costituisce un effetto modificativo del diritto di procedere a esecuzione forzata. La riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice, toglie a essa l'efficacia esecutiva. Se l'esecuzione fosse già stata compiuta, con la sentenza di appello si può ottenere la condanna dell'esecutante a restituire quello che ha ricevuto in virtù dell'esecuzione forzata. * nozionedititolo esecutivo in senso documentale > DEFINIZIONE il titolo esecutivo in senso documentale è un documento che rappresenta in modo non completo la fattispecie del diritto del soggetto a richiedere l'esecuzione. Es. una sentenza di primo grado, che poi ha subito delle modifiche: la sentenza in primo grado, quel documento, non riporta le successive modifiche. E' una rappresentazione parziale della fattispecie del titolo esecutivo in senso sostanziale, perché tale rappresentazione è carente di un elemento costitutivo. (es, manca l'eventuale decorso del termine). Es. il titolo esecutivo cambiario in senso sostanziale è composto da tutti gli elementi in presenza del quale nasce il diritto a procedere ad esecuzione forzata. Il pagherò ha efficacia esecutiva al momento della scadenza del termine in esso previsto. La scadenza del termine però, non risulta dall'atto, ma va calcolata. Nel documento manca l'accertamento che il termine è scaduto. Quando il documento nasce, il termine non è decorso e quindi l'atto non ha ancora efficacia esecutiva. Tale effetto, si produce solo quando agli elementi presenti nell'atto si unisce anche il decorso di un certo periodo di tempo. L'avvenuta scadenza del termine è un quid che va accertato autonomamente, in un momento successivo, perché non è documentato nel titolo esecutivo. Es/2. La sentenza. Nella sentenza di primo grado, sono riportati soltanto i fatti costitutivi del diritto a procedere a esecuzione. Però, è possibile che quel provvedimento venga modificato: esempio, perché il giudice d'appello concede una dilazione dei termini, perché sospende l'esecuzione, oppure riforma la sentenza di primo grado, etc. La sentenza di primo grado, è il titolo esecutivo in forma documentale, perché tiene conto degli elementi costitutivi, ma non riporta le modifiche successive fatte su quella sentenza. Invece, Il titolo esecutivo in senso sostanziale tiene conto inoltre degli eventuali elementi modificativi ed estintivi del diritto tutelato. CARATTERISTICHE: > gli elementi successivi alla formazione del documento, non possono in alcun modo essere rappresentati dal titolo esecutivo in senso documentale. > tali elementi successivi, tuttavia, sono fondamentali e rilevanti per l'esistenza del titolo esecutivo in senso sostanziale. FUNZIONAMENTO > la distinzione è importante anche a livello normativo: per esempio, l'articolo 474 cpc — il legislatore si riferisce al titolo esecutivo in senso sostanziale nell'art. 475, invece, si riferisce al titolo esecutivo in senso documentale. > se vi sono divergenze tra titolo esecutivo in senso sostanziale e titolo in senso documentale, allora, l'esecutato può reagire e far valere l'inefficacia del titolo esecutivo (e cioè inesistenza del diritto a procedere a esecuzione forzata) l'ufficio esecutivo, si limita a constatare l'esistenza del titolo esecutivo in senso documentale, e sulla base di cioè deve procedere — salva un'opposizione della controparte che porti a una cognizione piena del titolo esecutivo in senso sostanziale. > per individuare i titolo esecutivi in senso documentale bisogna distinguere fra due casi: = ex474pto2: scritture private autenticate e titoli di credito + in tale caso, il titolo esecutivo in senso documentale è rappresentato dall'originale = ex474 pto 1/3: provv. Giudiziali e atti pubblici > originale dell'atto resta custodito dal pubblico ufficiale che lo ha formato. Il titolo non è costituito dall'originale dell'atto - ma da una copia di esso. Qui, c'è il rischio che tale documento possa essere copiato, e che quindi circolino più copie dello stesso titolo esecutivo documentale: per evitare ciò, l'ordinamento ha previsto un meccanismo, che si chiama spedizione in forma esecutiva, ex 475, che consiste nell'apporre una formula esecutiva al documento che recita "REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DELLA LEGGE" e nell'apposizione da parte del cancelliere o notaio o altro pubblico ufficiale, sull'originale o sulla copia, della seguente formula: "Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti". Così facendo, l'originale si distingue da eventuali copie. Qui, fra l'altro c'è anche un paradosso: il legislatore si preoccupa di evitare che in circolazione ci siano copie del documento originale ma, al tempo stesso, non prevede nulla relativamente a un problema: non si preoccupa di far risultare, dall'originale dell'atto, le vicende successive attinenti all'efficacia esecutiva dello stesso. Di conseguenza, nulla impedisce alla parte vittoriosa in primo grado di farsi rilasciare una copia del titolo anche se, riformato in secondo grado, è ormai sfornito di efficacia esecutiva. E, ovviamente, la sentenza di primo grado, non ha annotate le modifiche successive. Riassumendo, articolo 475 cpc: si ricava che il titolo esecutivo — esistente a favore di tizio per il diritto x, è utilizzabile da sempronio per il diritto y quando fra x e y vi è un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, e l'esistenza del diritto di x è accertata dall'atto-titolo esecutivo nei confronti di sempronio, con efficacia preclusiva identica a quella che tale atto ha nei confronti di tizio. > il successore, non ha l'obbligo di dimostrare, neppure documentalmente, la sua qualità di successore. La tutela contro i falsi successori, è data dall'opposizione all'esecuzione, che può proporre chi si vede minacciata l'esecuzione di un falso successore. RATIO LEGIS > si prevede efficacia a favore del successore del titolo esecutivo perché si vuole evitare la necessità di instaurare un processi di cognizione nei confronti del debitore, al solo fine di accertare l'esistenza della successione. > lo scopo, è evitare un processo di cognizione che sarebbe praticamente inutile. > l'ordinamento ha due scelte: 1) o nega l'efficacia verso il dante causa, quindi obbliga quest'ultimo a instaurare un processo di cognizione. 2) oppure prevede efficacia verso il dante causa, e quindi correndo il rischio che esecuzione sia iniziata a favore di chi non è il successore. . Fra queste due scelte, l'ordinamento opta per la seconda: quindi, rimette l'iniziativa dell'accertamento della qualità di successore all'eventuale contestazione dell'esecutato. Se esecutato non si oppone — viene evitato un processo di cognizione che sarebbe stato inutile. Ma se esecutato si oppone, poi il creditore dovrà comunque dimostrare ciò che ha affermato quando ha chiesto la spedizione del titolo esecutivo. Altro esempio: articolo 477 cpc - sulla base del 477, il titolo esecutivo contro il de cuius ha efficacia contro gli eredi. Sul piano sostanziale si ha una situazione analoga a quella dell'art. 475, ma rovesciata: si ha la successione nell'obbligo. - qui, erede è titolare di un obbligo connesso pre pregiudizialità-dipendenza con l'obbligo del de cuius. ESEMPIO Tizio muore dopo aver firmato una cambiale a favore di sempronio. Caio, erede, succede nell'obbligo cambiario e quindi anche nella soggezione all'efficacia esecutiva della cambiale. Qui oggetto dell'esecuzione è obbligo di caio, diverso da quello di tizio, e dipendente da quello. Qui la cambiale ha efficacia vincolante verso caio, così come c'è l'aveva verso tizio (con riferimento, è chiaro, all'esistenza dell'obbligo pregiudiziale di tizio) e non all'esistenza dell'obbligo dipendente dell'erede. Caio può rifiutarsi di adempiere alternativamente a due condizioni: 1) perché non è erede 2) perché tizio non era obbligato, quindi, andare a contestare l'obbligo pregiudiziale nei stessi limiti in cui lo avrebbe potuto contestare direttamente tizio. FUNZIONAMENTO > art. 477: non impone al creditore di provare che l'esecutato è effettivamente erede. È sufficiente che colui che vuole procedere a esecuzione forzata, affermi che l'esecutato è l'erede di colui che risulta debitore secondo il titolo esecutivo. > eventuali falsi dichiarazioni del creditore sono fronteggiabili dall'esecutato con l'opposizione all'esecuzione e l'onere della prova della qualità di erede è a carico di chi procede a esecuzione forzata. RATIO LEGIS La norma, che prevede efficacia del titolo contro gli eredi e non impone al creditore di provare che esecutato è erede, è ispirata alla finalità di far evitare al creditore la necessità di instaurare un processo di cognizione per far accertare la qualità di erede (sarebbe processo inutile) > l'art. 475 prevede qualsiasi ipotesi di successione > l'art. 477 teoricamente riguarda soltanto le successioni a titolo universale, ma si ritiene che sia estendibile, analogicamente, a tutte le altre ipotesi di successione: infatti, se ci fermiamo ad analizzare il singolo obbligo, vediamo che non c'è diversità fra una successione a titolo universale e qualsiasi altra ipotesi di successione nell'obbligo. Infatti, sia in uno che nell'altro caso — l'obbligo pregiudiziale, è un elemento della fattispecie costitutiva dell'obbligo dipendente. Così come possiamo vedere che la distinzione fra successione a titolo particolare, e successione a titolo universale, ai fini del' 477, è praticamente irrilevante per ciò che attiene alle relazioni fra obbligo pregiudiziale e obbligo dipendente. Tizio ottiene una sentenza con cui si accerta l'esistenza di una servitù a favore del suo fondo e a carico del fondo confinante di caio. Si condanna quindi caio a tollerare la presenza di tizio sul proprio fondo. La sentenza passa in giudicato. Muore caio, e il fondo servente viene trasferito a titolo universale all'erede — oppure al legatario a titolo particolare, oppure viene alienato. Il nuovo proprietario, a prescindere dal titolo di acquisto, è obbligato a tollerare l'invasione del proprio fondo da parte di tizio. Nell'esempio fatto — la realtà sostanziale è sempre la stessa: si ha l'obbligo di sopportare l'invasione o il passaggio di tizio. L'obbligo dell'acquirente, così come quello dell'erede o del legatario — è dipendente da quello del vecchio proprietario del fondo servente. In virtù ex 2909 + la sentenza che legittima tizio a passare sul fondo di caio, vale anche nei confronti dell'erede, legatario o acquirente. Quindi, per concludere, possiamo dire che: la parte originariamente vittoriosa e i suoi successori possono usare come titolo esecutivo la sentenza non solo contro l'erede, ma anche contro il legatario o l'acquirente: niente quindi osta ad estendere la disciplina ex 477 cpc — ai casi in cui si verifica lo stesso fenomeno sostanziale: unico requisito richiesto, che l'atto, che funge da titolo esecutivo — sia efficace nei confronti del titolare dell'obbligo dipendente. Quindi, importante che l'atto abbia verso il titolare della situazione dipendente e con riferimento alla situazione pregiudiziale, gli stessi effetti che ha nei confronti del dante causa. recuperando la domanda fatta sopra, e le norme di cui abbiamo parlato prima (2909, 111 cpc) > art. 2909: si applica quando è pronunciata una sentenza di condanna e il terzo — dopo il giudicato della stessa — diviene titolare di un diritto o di un obbligo dipendenti da quello oggetto nella pronuncia stessa. > art. 111 cpc: si applica quando tale tipo di successione ha luogo nel corso del processo. Es. tizio, locatore del bene, agisce contro caio, conduttore, per la restituzione del bene locato. In corso di causa 0 dopo il passaggio in giudicato della sentenza, tizio vende il bene a sempronio che diventa successore anche nel rapporto di locazione. La sentenza che condanna caio a restituire il bene a tizio, ex 475, può essere usata anche da sempronio contro tizio per ottenere la riconsegna del bene. > sempronio deve affermare (e non provare) di essere acquirente del bene. > se caio contesta a sempronio la sua qualità di successore — si apre un processo di cognizione dove sempronio deve dimostrare di essere acquirente del bene locato. > art. 1595, sentenza che ha effetti anche contro il subconduttore. Il locatore ottiene una sentenza che obbliga il conduttore a restituire il bene. Ex 477 cpc— egli ha la tutela esecutiva anche contro il subconduttore. Se il terzo contesta di essere subconduttore, allora, il locatore dovrà dimostrare che il terzo è — effettivamente — subconduttore. > altre ipotesi sono previste nell'ambito del diritto societario: 1) un'ipotesi è quella del socio illimitatamente responsabile di società di persone: poiché la sentenza che accerta un obbligo sociale è vincolante nei confronti del socio, il titolo esecutivo formato nei confronti delle società consente di procedere a esecuzione forzata anche nei confronti del socio illimitatamente responsabile. 2) art. 2495 c.c: dopo la cancellazione della società, i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci — fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Se al momento della cancellazione un creditori aveva già un titolo esecutivo contro la società cancellata, può utilizzarlo contro i singoli soci, nei limiti delle somme da questi riscosse in sede di liquidazione. > l'efficacia del titolo esecutivo a favore e contro terzi — costituisce ipotesi di non coincidenza fra titolo esecutivo in senso sostanziale e titolo esecutivo in senso documentale. Nei casi in cui l'esecuzione del titolo è consentita a favore o contro terzi dall'ordinamento — dal titolo esecutivo in senso documentale non risulta che il terzo è effettivamente successore. > quando l'erede del creditore usa il titolo esecutivo a nome del deceduto — oggetto del titolo esecutivo è il credito pregiudiziale del de cuius, ma la situazione sostanziale, oggetto dell'esecuzione e della quale l'erede chiede tutela, è il suo diritto, non quello del dante causa. Il titolo esecutivo (in senso documentale) contiene una rappresentazione di una situazione sostanziale che sta a monte di quella oggetto dell'esecuzione. DOTTRINA: > legittimità costituzionale. Ci sono problemi di legittimità costituzionale relativamente all'efficacia verso i terzi del titolo esecutivo? A) per quanto concerne l'efficacia della sentenza verso i terzi, questa deve essere rapportata al rispetto del diritto di difesa: vincolare un soggetto al contenuto della sentenza, senza aver dato a questo la possibilità di partecipare al processo e incidere sul contenuto, costituisce lesione del principio del contraddittorio: nessuno può essere vincolato a un provvedimento senza che egli si sia potuto difendere. B) invece, questo meccanismo non opera per l'efficacia verso i terzi del titolo esecutivo: qui, c' possibilità che un soggetto, estraneo al processo che ha portato alla formazione del titolo esecutivo, possa usare, o contro di lui essere usato, tale titolo esecutivo. Ciò non incide sul diritto di difesa perché: * l'esecutato ha la possibilità di contestare la pretesa efficacia ultra partes del titolo esecutivo, con onere della prova a carico di chi afferma la sussistenza di tale efficacia: ergo, non c'è vincolo dell'esecutato alle affermazione del creditore procedente. Ne consegue che, il legislatore: > È libero nel creare ipotesi di efficacia esecutiva del titolo verso terzi. > ma non è libero nel creare ipotesi di efficacia della sentenza verso terzi, perché è appunto frenato dall'art. 24 Cost. 8. LA STRUTTURA GENERALE DEL PROCESSO ESECUTIVO NORMATIVA > gli artt. 483 + 490 cpc, sono redatti con riferimento all'espropriazione forzata, ma sono utilizzabili anche come parte generale del processo esecutivo, quindi anche con riferimento all'esecuzione in forma specifica. RATIO LEGIS > esecuzione forzata non ha il compito di stabilire i diritti e obblighi delle parti: tale compito spetta al processi di cognizione > scopo esecuzione forzata: procurare la soddisfazione di diritti che sono correlati a obblighi non adempiuti, dando per scontata l'esistenza di tali obblighi e diritti. CARATTERISTICHE * nel proc esecutivo non si parte da una situazione in cui bisogna stabilire cosa possono e debbono fare le parti, ma si da per scontato che il diritto e l'obbligo esistano già. > non è compito del processo esecutivo accertare che l'adempimento coattivo sia dovuto sul piano del diritto sostanziale. > compito esecuzione: è far avere la prestazione, e NON accertare che tale prestazione sia dovuta o meno sul terreno del diritto sostanziale. FUNZIONAMENTO sugli effetti delle misure giurisdizionali non si può formare il giudicato ex 2909 c.c: l'esclusione di ridiscutere ciò che è stato oggetto del provvedimento — presuppone che la funzione esercitata sia quella di statuire circa i diritti e obblighi delle parti. > l'ufficio esecutivo, si muove accertando la sussistenza dei presupposti per poter svolgere la propria attività: l'ufficio esecutivo, quindi, prima di agire, prima di emettere una misura esecutiva, fa una sorta di valutazione sull'esistenza dei presupposti per poter emettere quella misura. Quindi, l'ufficio esecutivo, valuta questi presupposti per la concessione della tutela e, poi, dovrà dare una risposta: * che può essere neg; * che puòessere posi Il giudice del processo dichiarativo — può rifiutare la tutela (ergo dare risposta negativa) per due ragioni: è lo può fare nel merito, perché manca la situazione sostanziale di cui si è richiesta tutela, oppure + lo può fare nel rito, perché mancano le condizioni processuali. Tali pronunce hanno diversi effetti. - la risposta negativa nel rito non forma giudicato ex 2909 c.c, e non impedisce al soccombente di riproporre la domanda. - la risposta negativa nel merito, invece, si riflette sul terreno del diritto sostanziale e forma giudicato ex 2909 c.c Nel processo dichiarativo, inoltre: > non esistono istituti processuali ad hoc per le questioni di rito o per le questioni di merito. La struttura del processo dichiarativo, consente la trattazione e la decisione e la ricezione delle questioni di rito con gli stessi strumenti previsti per le questioni di merito. Es: le eccezioni, valgono sia per il rito che per il merito: eccepisco un difetto in rito, o eccepisco, esempio, la nullità del contratto, quindi entrando nel merito. Es/2: la sentenza, è atto del giudice che viene usato sia per decisioni di rito che di merito. Es/3: la sentenza è impugnabile negli stessi modi e termini sia che decida sul rito che decida sul merito. > invece, il processo esecutivo, è diverso rispetto al processi di cognizione: le risposte dell'ufficio sono sempre due, affermativa o negativa: Quella negativa non si sottodistingue in rito o merito come nel processi di cognizione, appunto perché al processo esecutivo manca la funzione di accertamento. > Il processo esecutivo vede soltanto due risposte: l'emissione o il rifiuto della misura richiesta. Se l'ufficio si convince che ci sono le condizioni per accogliere la domanda + emette il provvedimento Se l'ufficio si accorge che manca una condizione > rifiuta di emettere il provvedimento. Vi è differenza anche sulla forma: Nel processo dichiarativo la forma è sempre la stessa, la sentenza. Nel processo esecutivo, invece, la forma cambia: Se l'ufficio da risposta positiva, la forma è quella prevista ex lege, che può essere un pignoramento, un'ordinanza di vendita, etc. Se l'ufficio ritiene di rispondere negativamente, rifiuta di compiere l'atto. (il rifiuto è un non-provvedimento che può avere forma diversa dal provvedimento) > se l'interessato si lamenta del comportamento dell'ufficio? Se l'interessato si lamenta della decisione dell'ufficio — sostenendo che la misura è stata illegittimamente rifiutata o concessa — la relativa controversia non può mai essere decisa nel processo esecutivo, come accade invece nel processo di cognizione. Perché come detto sopra, il processo esecutivo non è strutturato per risolvere le controversie relative alla realtà sostanziale. > (mentre + nel proc cognitivo, la decisioni di rito e merito possono essere cumulate e risolte tutte dallo stesso tipo di attività, in quanto la funzione del processo di cognizione è appunto dichiarativa — quindi la struttura è decisoria) > presupposti processuali: quali sono? * Lecondizioni sono quelle che devono sussistere per la decisione del merito nel processo dichiarativo — e sono costituite dai presupposti processuali in mancanza dei quali la richiesta di tutela non può essere accolta. Quindi ufficio esecutivo deve avere: giurisdizione e competenza, le parti devono essere capaci, legittimate e rappresentate tecnicamente. * Larilevazione dei presupposti processuali segue la disciplina del libro primo, che stabilisce da chi e fino a quando un presupposto processuale può essere rilevato. (i vizi processuali — cmq — sono rilevabili anche d'ufficio senza preclusione alcuna) * quindi, queste norme trascritte nel libro primo del cpc, scritte nell'ottica del proc dichiarativo, devono essere trasferite nell'ambito del processo esecutivo. Quando? ® Talvolta, per alcuni vizi processuali, come ad esempio il vizio relativo alla incompetenza, il legislatore prevede quale termine massimo quella della prima udienza di trattazione, che nel caso del processo esecutivo, corrisponde: > nell'espropriazione forzata, è l'udienza in cui si decide sulla vendita o assegnazione del bene > nell'esecuzione per obblighi di fare o non fare — è l'udienza fissata a seguito della presentazione del ricorso ex 612 cpc. > nell'esecuzione per consegna o rilascio, dato che non ci sono udienze, le preclusioni relative alla prima udienza non hanno modo di operare. Aldilà dei limiti previsti — la carenza di un presupposto processuale è rilevabile anche d'ufficio senza limiti di tempo. Esempio — l'ufficiale giudiziario carente di giurisdizione deve rifiutarsi di effettuare il pignoramento. In conclusione: se un vizio del processo — che consiste nella carenza di un presupposto processuale è rilevato nei tempi e nei modi previsti, l'ufficio esecutivo deve rifiutare l'emanazione dell'atto che gli è stato richiesto. (se invece i presupposti processuali ci sono + verrà eseguita la tutela esecutiva richiesta) > Altra questione che l'ufficio esecutivo deve valutare: la nullità dei singoli atti processuali. 1) nel caso in cui c'è carenza di un presupposto processuale + questa provoca la nullità di tutti gli altri atti del processo 2) per la nullità del singolo atto occorre applicare l'articolo 156 cpc ss. Cpc 3) art. 157 > prevede che la nullità di un singolo atto può essere fatta valere dall'ufficio soltanto se lo prevede il legislatore. Queste norme — non essendo espresse con terminologia del processo dichiarativo, possono essere adattate anche al processo esecutivo. Conclusione: > la valutazione del giudice esecutivo che esamina la sussistenza dei presupposti per la sua attività, e quindi anche la carenza di un presupposto processuale o la nullità degli atti — ex art. 157 cpc non è finalizzata alla pronuncia di un provvedimento decisorio, quindi: Questa valutazione che fa il giudice è strumentale a stabilire se emettere o meno la misura esecutiva. L'esito dell'esame è quindi: l'emanazione della misura esecutiva, oppure, il rifiuto dell'emanazione della misura esecutiva. 2 opposizione agli atti esecutivi 1) nel processo dichiarativo, le questioni di rito sono decise. 2) nel processo esecutivo, le questioni non vengono decise (perché il processo esecutivo non ha struttura decisoria) ma vengono delibate per orientare l'azione dell'ufficio esecutivo — senza che ciò costituisca attività decisoria. Se una parte vuole contestare l'atto esecutivo, lo fa proponendo oppo: ne agli atti esecuti DEF: è lo strumento che serve, a un soggetto, per opporsi a una delibazione (che sbocca in un atto) dell'ufficio esecutivo che pone in essere oppure rifiuta la misura. FUNZIONAMENTO: > si apre un processo dichiarativo dove si discute della validità dell'atto esecutivo e si decide la questione che è già stata delibata, in via incidentale, dall'ufficio esecutivo. > l'esecutato, non può mai sollevare all'interno del processo esecutivo contestazioni circa l'esistenza di tale diritto, ma lo deve fare fuori dal processo esecutivo, proponendo opposizione ex art. 615 cpc. > l'ufficio esecutivo, salve le eccezioni previste ex lege — non ha il potere di rilevare d'ufficio l'inesistenza del titolo esecutivo in senso sostanziale. Per l'ufficio rileva solo il titolo esecutivo in senso documentale, quindi, non sono rilevabili d'ufficio tutti i fatti modificativi o estintivi dell'efficacia costitutiva del titolo. Esempio: se è iniziata un'esecuzione forzata in base a una sentenza poi riformata o cassata — il procedente si deve fermare spontaneamente. Se non lo fa, l'ufficio esecutivo non può rifiutarsi di dare la tutela esecutiva. > uno dei possibili oggetti dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 cpc — oltre all'inesistenza del diritto sostanziale di cui si chiede la tutela esecutiva, è costituito anche dall'inesistenza del titolo esecutivo. In tal caso, se opposizione è iniziata o proseguita in carenza di un titolo esecutivo in senso sostanziale, l'eventuale opposizione può essere proposta solo dall'esecutato e non dal creditore procedente o dalle altre parti del processo esecutivo. ratio NON rilevabilità d'uffici Perché se ammettessimo rilevabilità d'ufficio... > se l'ufficio ritiene esistente il titolo, emette la misura esecutiva, e l'esecutato a quel punto propone opposizione all'atto esecutivo. > se l'ufficio non ritiene esistente il titolo, non emette la misura, e il procedente si oppone all'atto esecutivo Si rischierebbe un “caos”, un “delirio” processuale. Se invece (come è ) non si ammette rilevabilità d'ufficio — si arriva al risultato che dinanzi alla richiesta del procedente l'ufficio deve comunque agire, ma l'esecutato può sempre proporre opposizione all'esecuzione instaurando un proc di cognizione idoneo a decidere sulla questione dell'esistenza o meno del titolo esecutivo in senso sostanziale. > da con confondersi con la competenza per l'esecuzione ex artt. 9 e 26, è la competenza per le cause di cognizione incidentali all'esecuzione, che sono veri e propri processi di cognizione. La competenza per i quali è disciplinata ex artt. 17 (competenza per valore) e 27 (competenza territoriale). Con la riforma del '90 > tutti i processi incidentali all'esecuzione forzata sono decisi dal giudice monocratico. Ufficio esecutivo: è composto da uno o più giudici del tribunale, ai quali vengono attribuite le mansioni di giudice dell'esecuzione. Ovviamente anche il cancelliere ne fa parte dell'ufficio esecutivo. Un ruolo importante nel processo esecutivo è assunto dall'ufficiale giudiziario — che in talune forme di esecuzione forzata è l'unico soggetto che svolge attività. Le mansioni affidate al giudice dell'esecuzione e all'ufficiale giudiziario sono variabili a seconda dei vari procedimenti. 9. ESPROPRIAZIONE FORZATA TUTELA ESECUTIVA PER | CREDITI PECUNIARI DEFINIZIONE L'espropriazione forzata è il processo con cui si tutelano esecutivamente i crediti relativi a somme di denaro. NORMATIVA La normativa dell'espropriazione forzata risiede in due norme del codice civile: > art. 2740 c.c = Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri: norma vista dal punto di vista del debitore > art. 2910 c.c = /l creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Norma vista dal punto di vista del creditore. Ciò che è chiarito nel 2910 c.c > è che il creditore può far espropriare i beni, non espropriare. Il creditore non ha un diritto sostanziale sui beni del debitore, ma ha un diritto processuale verso lo Stato. CARATTERISTICHE fra creditore, debitore e stato si crea quindi una sorte di triangolazione: > lo stato ha verso il debitore il potere di espropriare > il creditore ha verso lo stato il diritto di ottenere che questo eserciti il potere di espropriare > il creditore ha verso il debitore il diritto sostanziale di credito. Il creditore, a sua volta, risponde con i propri beni dei suoi debiti, non nel senso che tali beni sono i suoi, ma nel senso che essi sono soggetti al potere espropriativo dello stato. FUNZIONAMENTO > Il processo di espropriazione forzata passa attraverso tre momenti indispensabili: Fase 1: 1) il primo momento è costituito dall'individuazione e dalla conservazione dell'elemento attivo PIGNORAMENTO del patrimonio del debitore. Quando, ex art. 2740, si stabilisce che il debitore risponde con tutti i suoi beni, si fa riferimento al diritto sul bene. Non è il bene nella sua materialità che è oggetto dell'espropriazione forzata, ma il diritto che il debitore ha su quel bene. Si passa dalla garanzia generica alla garanzia specifica: non più un generico diritto su tutti quanti gli elementi attivi — ma uno specifico e concreto diritto processuale del creditore su singoli ed individuati elementi attivi del patrimonio del debitore. La funzione di individuare e conservare l'elemento attivo è svolta dal primo atto dell'espropriazione, iche è il pignoramento. Fase 2: 2) l'elemento attivo, come sopra individuato e conservato, deve essere liquidato, trasformato in Trasformazione del una somma di denaro. Ovviamente, quando oggetto del pignoramento è una somma di denaro, diritto pignorato tale fase non è necessaria. In tal caso non c'è necessità di liquidare l'elemento attivo, che è già liquido. Fase 3: 3) il terzo momento è costituito dalla distribuzione del ricavato: il diritto del debitore, oggetto del Distribuzione del pignoramento, è liquidato, ovvero trasformato in una somma di denaro, e con tale somma si paga il creditore. L'ultima fase non è possibile quando non si realizza una liquidità. Se la fase di liquidazione non dà risultato utile — es. non si trova nessuno che acquista il bene pignorato — la fase di distribuzione del ricavato non può avere luogo. > il processo di espropriazione opera, quindi, sull'elemento attivo del patrimonio del debitore, individuandolo, conservandolo, liquidandolo e distribuendo il ricavato al creditore. Pertanto, l'espropriazione è più complessa delle altre forme di tutela esecutiva, in quanto entrano in gioco due situazioni sostanziali: * il diritto del creditore da tutelare * ildiritto del debitore, l'elemento attivo del suo patrimonio, che deve essere individuato, conservato, liquidato. > alla fine del processo, se tutto è andato bene: * il diritto del creditore è soddisfatto * eildiritto del debitore, cioè l'elemento attivo del suo patrimonio, di cui egli era titolare, passa nella titolarità del terzo. Ergo, si ha: trasferimento di un elemento patrimoniale attivo dal debitore a un terzo — e estinzione del diritto di credito. > differenze: * l'espropriazione si differenzia dall'esecuzione in forma specifica perché: l'espropriazione, come visto, opera su due situazioni sostanziali l'esecuzione in forma specifica: opera su una sola situazione, il diritto che deve essere tutelato. DISTINZIONI Esistono tre tipi di espropriazione forzata: 1. espropriazione forzata peri beni mobili 2. espropriazione forzata per i beni immobili 3. espropriazione forzata per i crediti. Perché gli elementi attivi nel nostro ordinamento circolano in modo diverso. Inoltre, l'ordinamento, a tali tre tipi di espropriazione, ne aggiunge altri due: > l'espropriazione di beni indivisi: quando oggetto dell'esecuzione è la contitolarità del bene o meglio di un diritto sul bene > quando si realizza il fenomeno della responsabilità senza debito (art. 2910 comma 2) allorchè il terzo risponde con i beni propri di un debito altrui, si ha l'espropriazione contro il terzo proprietario — esecutato ma non debitore. > Ex 492 bis cpc > il creditore procedente — decorso il termine dilatorio previsto ex 482 cpc — deve munirsi dell'autorizzazione del presidente del tribunale del luogo ove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora, la sede, presentando un'istanza ed esibendo un titolo esecutivo. > il tribunale verifica il diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata tramite l'esame del titolo in senso documentale. Dopo di che il presidente del tribunale autorizza l'ufficiale giudiziario a procedere alla ricerca telematica: però, per alcuni, si tratta di un'autorizzazione superflua. Perchè francamente non si vede come possa il tribunale negare l'autorizzazione una volta appurato che l'istante ha un titolo esecutivo! Quindi, scomodare un giudice ex 492bis, per fargli emettere un provvedimento dal contenuto vincolato, e fra l'altro sulla base di una richiesta anche costosa per il soggetto creditore (che dovrà pagare il contributo unificato) sembrerebbe un passaggio alquanto inutile. > ottenuta l'autorizzazione, l'ufficiale giudiziario accede a tutte le banche dati tenute dalle pubbliche amministrazioni — o alle quali le stesse possono accedere. Fra queste sono da segnalare: registri immobiliari e dei beni mobili registrati, anagrafe tributaria (compreso archivio rapporti finanziari), e le banche date degli enti previdenziali. > una volta individuati gli elementi attivi, l'ufficiali giudiziario può procedere al pignoramento degli stessi, oppure indica al creditore affinché questi faccia una scelta fra più elementi attivi. DISTINZIONI finito di vedere le disposizioni generali sul pignoramento, esaminiamo ora le singole fattispecie: A) PIGNORAMENTO MOBILIARE: DEFINIZIONE: è quel tipo di pignoramento che viene effettuato sui beni mobili del debitore. Qui l'obiettivo è quello di trasformare gli elementi attivi del patrimonio del debitore in somme di denaro. FUNZIONAMENTO: > art. 513 ss cpc: la richiesta di effettuare il pignoramento mobiliare è fatta dal creditore procedente all'ufficiale giudiziario in forma libera, solitamente viene usata la forma orale. > oggetto del pignoramento: i diritti che sul bene appartengono al debitore esecutato > pignorabile: il diritto di proprietà, e ogni altro diritto reale minore che abbia il carattere della trasferibilità. REQUISITO: ai fini del pignoramento non c'è bisogno di accertare previamente che il debitore abbia la proprietà del bene. C'è bisogno diun altro elemento processuale, rilevante solo nel processo esecutivo, diverso da tutti gli altri: l'appartenenza. Tale nozione esprime un concetto di bene che sia nella disponibi debitore esecutato. del Cosa succede se un bene sia nella disponibilità del debitore ma non sia di sua proprietà? Qui, il terzo proprietario del bene può proporre opposizione di terzo ex art. 619 cpc facendo valere il suo diritto di proprietà. Inoltre — ex 2919 — se chi ha subito l'esecuzione non era titolare del diritto trasferito con la vendita, l'aggiudicatario, in linea di principio, non acquista nulla. RATIO: l'appartenenza evita di eseguire indagini incerte e difficoltose > bisogna distinguere l'oggetto dell'esecuzione dall'oggetto del processo esecutivo: iter / \/ XV 1) oggetto dell'esecuzione: ex artt. 2740+2919 > è la titolarità, in capo all'esecutato di un diritto trasferibile sul bene pignorato 2) oggetto del processo esecutivo: è l'appartenenza del bene, la sussistenza di quella situazione ex art. 513 cpc 2 art. 513, fornisce la nozione di appartenenza: A) possono essere pignorati — i beni mobili che si trovano in un bene immobile (es. una casa) appartenente al debitore. Nonsi parla di proprietà, ma della loro disponibilità materiale, a prescindere da qualsiasi titolo. A queste condizioni scatta l'appartenenza, e il pignoramento può essere effettuato sui beni mobili che siano situati all'interno dei beni immobili B) su ricorso del creditore, il giudice può autorizzare il pignoramento mobiliare anche in relazione a beni che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore — ma dei quali egli può direttamente disporre senza che colui al quale appartiene l'immobile possa rifiutare. Esempio: autovettura nella rimessa, oppure valori nella cassetta di sicurezza della banca. C) la terza possibilità di pignoramento si ha quando l'ufficiale giudiziario sottopone a pignoramento le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. Della cosa mobile il debitore non ha la disponibilità materiale. es. un bene in comodato, oppure un deposito. Qui le possibilità sono due: 3 0 il terzo consente il pignoramento riconoscendo che il bene è di proprietà del debitore (513 co 4) > se il terzo, invece, rifiuta il pignoramento, diviene necessario ricorrere al pignoramento presso terzi, in quanto occorre accertare la proprietà del bene mobile in capo al debitore. 2 Art. 514-516 cpc: indicano una serie di cose mobili dove la pignorabilità è esclusa o parzialmente esclusa, o consenti cond particolari di tempo. Sono beni di prima necessità per il debitore, oppure beni di poco valore economico. > INDIVIDUAZIONE BENI: il pignoramento si svolge tramite la ricerca dei beni mobili ex artt. 513, e nei limiti previsti ex artt. 514,515,516 da parte dell'ufficiale giudiziario. - Le affermazioni del debitore circa la non corrispondenza fra appartenenza e proprietà sono irrilevanti. - Se il debitore afferma che alcuni beni non sono suoi, ciò non esime l'ufficiale giudiziario dal procede ugualmente al pignoramento, salvo che il creditore non decida di rinunciare in quanto si convinca della fondatezza della pretesa del debitore. - il debitore non è legittimato a far valere diritti altrui (art. 81 cpc): spetta a chi si afferma proprietario dei beni pignorati tutelare il suo diritto nella forma che il processo esecutivo prevede. > SCELTA DEI BENI: ex art. 517: l'ufficiale giudiziario deve preferire i beni di maggior valore e di più sicura realizzazione (denaro, oggetti preziosi, titoli di credito). AI di fuori di tali beni, deve scegliere le cose che possono essere liquidate più facilmente. La quantità di beni pignorati + deve corrispondere a un presumibile valore di realizzo pari all'entità del credito indicato nel precetto aumentato della metà. > DESCRIZIONE E CUSTODIA: - l'ufficiale giudiziario, man mano che individua i beni coi criteri ex art. 517 , li descrive mediante rappresentazione fotografica o altro strumento simile, con l'assistenza di uno stimatore. - è possibile il deferimento delle sole operazioni di stima. ( cioè, ACCADE CHE: L'ufficiale giudiziario effettua prima un pignoramento provvisorio, poi, successivamente, interviene lo stimatore, effettua una stima e, sulla base dei risultati di questa — l'ufficiale giudiziario procede al pignoramento definitivo.) > l'ufficiale giudiziario trasmette copia del verbale di pignoramento al creditore e al debitore che lo Redazione verbale di pignoramento Asportazione dei beni richiedono. > ex art. 518 cpc, comma 7: prevede la possibilità di procedere al completamento del pignoramento quando lo richieda il creditore entro il termine per il deposito dell'istanza di vendita, e il giudice ritenga errato il valore di realizzo dei beni determinato in sede di pignoramento. ( Cioè in tal caso, il creditore ha la possibilità di chiedere al giudice un riesame delle valutazioni effettuate dall'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento, perché appunto le ritiene inferiori. Il giudice - se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a quello indicato nel primo comma — nomina uno stimatore e ordina l'integrazione del pignoramento ) > una disposizione simile è contenuto nell'articolo 540bis cpc: qualora, all'esito della vendita, la somma ricavata non sia sufficiente, il giudice dell'esecuzione, su istanza di uno dei creditori — ordina l'integrazione del pignoramento. | beni pignorati, quindi, sono venduti senza che sia necessario presentare altra istanza. > al pignoramento può partecipare il creditore (ex art. 165 disp att cpc) , a sue spese. Infine: > l'ufficiale giudiziario passa, poi, a redigere il verbale di pignoramento > dopo aver redatto il verbale di pignoramento, l'ufficiale giudiziario asporta i beni per collocarli in un deposito: l'asportazione è fatta per evitare che i beni mobili possano essere sottratti all'esecuzione. - non possono essere nominati custodi il creditore o il coniuge senza il consenso del debitore - non possono essere nominati custodi il debitore o il coniuge o i suoi familiari senza il consenso del creditore. > chiaramente, c'è necessità di far “custodire” il bene da una persona che sia fidata (anche per evitare problemi con gli acquisti a titolo originario es. ex 1153) Pignoramento autoveicoli Articolo 521 bis cpc — regola il pignoramento degli autoveicoli: > gli autoveicoli sono beni mobili registrati: quindi il pignoramento si effettua, come per i beni immobili mediante un atto notificato e poi successivamente trascritto. Ex 2693 c.c > per pignorare un autoveicolo non c'è bisogno di apprendere materialmente il bene (come accade per gli atri beni mobili) > l'apprensione diventa tuttavia necessaria per la vendita dello stesso. > l'autoveicolo, dopo essere stato pignorato, va trovato: questo può costituire un ostacolo, perché può accadere che l'esecutato tenga il bene lontano dalla sua abitazione per impedirne la vendita. > competenza: criteri di competenza, art. 26 cpc: è competente il giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, e non il giudice dove si trova il bene > art. 521 bis: stabilisce che l'esecutato, entro dieci giorni dal pignoramento, deve consegnare l'autoveicolo all'istituto vendite giudiziarie. Se non adempie a ciò, gli organi di polizia che individuano l'autoveicolo, anche se non sta circolando, lo portano via e lo consegnano all'istituto vendite giudiziarie. B) PIGNORAMENTO IMMOBILIARE somma oggetto di pignoramento. Se il credito pignorato, è superiore a tale entità, per la parte che eccede, il terzo non è soggetto a obblighi di custodia, e può quindi adempiere tranquillamente. Es. tizio ha un credito di 1000 verso caio. Caio, a sua volta, ha un credito di 10000 verso sempronio. Applicando la regola del 546 cpc — l'atto di pignoramento costituisce sempronio (il terzo debitore) custode per 1500 (fino all'entità massima del 150%..) - e gli altri 8500 € (la parte che eccede) possono tranquillamente essere pagati da sempronio. Competenza > competente: giudice del luogo dove il debitore esecutato ha la residenza, o domicilio > Se il debitore esecutato è una PA competente è il giudice dove il terzo debitore ha la residenza, domicilio, dimora o sede. Sviluppo procedimento, di razione del terzo Sviluppo varia a seconda delle dichiarazioni del terzo: 1) > se il terzo rende una dichiarazione conforme a quanto affermato dal creditore nell'atto di pignoramento, l'atto di pignoramento (che produceva effetti provvisori) si stabilizza, diventando definitivo. Materialmente, qui il creditore riceverà una pec o lettera del terzo (quella richiamata sopra di cui ex 547 cpc), dove il terzo renderà delle dichiarazioni conformi a quelle del creditore nell'atto di pignoramento. All'udienza, il creditore presenterà questa lettera + qui si può andare avanti perché il pignoramento si è perfezionato. 2) > se il creditore non riceve risposta dal terzo — allora il giudice, mediante un'ordinanza, fissa un'udienza. Caratteristica: il pignoramento dei crediti costituisce una fattispecie a formazione progressiva: gli effetti si producono provvisoriamente e sono condizionati al perfezionamento della fattispecie. Se la fattispecie non si perfeziona — gli atti sono eliminati retroattivamente. 3) ma se il terzo rende una dichiarazione non conforme a quella del creditore? - versione previgente cpc 1942: il terzo era chiamato a partecipare all'udienza per rendere la dichiarazione: 1. se il terzo rendeva dichiarazione conforme, il giudice assegnava il credito 2. se il terzo non rendeva dichiarazione conforme, allora il creditore introduceva un processo di cognizione in cui si accertava il credito del terzo. Il processo di cognizione sospendeva quello esecutivo. Se il credito veniva accertato > allora il pignoramento era perfezionato se il credito non veniva accertato > il proc esecutivo si estingueva e il pignoramento perdeva effetti. Il pignoramento, quindi, si perfezionava sulla base di una sentenza di accertamento. Quando era accertata l'esistenza del credito pignorato — il credito stesso veniva assegnato. Quindi il creditore assegnatario, a fronte dell'inadempimento del terzo, poteva agire usando l'ordinanza di assegnazione come titolo esecutivo. - versione attuale dopo riforma 2012: 3.1) inerzia terzo debitore: > se il terzo non invia la sua dichiarazione e neanche si presenta all'udienza, il giudice emana un'ordinanza col quale fissa una nuova udienza alla quale il terzo è invitato a comparire. (ordinanza ovviamente notificata al terzo) > se anche qui il terzo non si presenta o rifiuta di fare le sue dichiarazioni > il credito pignorato, ex 548, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se allegazione del creditore consente identificazione del credito. ERGO: La non contestazione, quindi, ha effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Ciò significa che non produce alcuna efficacia di accertamento e che, quindi, il terzo può sempre contestare, mediante un processo dichiarativo, di non essere debitore. + viene anche ribadito che: la non contestazione — ha effetto non solo ai fini del procedimento in corso, ma anche dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Ciò vuol dire che: il terzo, nell'esecuzione contro di lui instaurata sulla base dell'ordinanza — potrà si proporre opposizione all'esecuzione, ma solo per far valere fatti modificativi o estinti che però siano posteriori all'ordinanza (e non per far valere inesistenza obbligo). Resterebbe possibile al terzo agire in ripetizione dell'indebito. Però: disposizione non convince + non si vede perché, a fronte di un provvedimento che non ha efficacia preclusiva, debba essere impedito al terzo di difendersi attraverso opposizione all'esecuzione. Ex 548 co 3, il terzo, può impugnare l'ordinanza di assegnazione con l'opposizione agli atti esecutivi se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. (qui c'è da dire che non si fa riferimento all'ordinanza di assegnazione, ma all'ordinanza col quale il giudice fissa un'udienza per la comparizione del terzo mancando la sua dichiarazione — perché non ha senso impugnare un'ordinanza di assegnazione se il soggetto non ne è a conoscenza) 3.2) se il terzo pignorato rende una dichiarazione non conforme > il legislatore non ha previsto meccanismi come nella disciplina previgente, ovvero meccanismi di accertamento del credito — ex artt. 548/549 > qui, il legislatore, ha previsto che: se sulla dichiarazioni sorgono contestazioni o se mancando la dichiarazione del terzo non è possibile identificare il credito — allora — il giudice dell'esecuzione, provvede con ordinanza compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio fra le parti e il terzo. > l'ordinanza produce effetti: ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Conseguenza: ordinanza giudice assegnazione + non è in grado di decidere sull'effettiva esistenza dell'obbligo del terzo, perché produce effetti solo per il procedimento in corso. Quindi, il terzo debitore potrà sempre contestare, ove l'assegnazione abbia luogo, l'esistenza del credito in un ipotetico processi di cognizione. GIURISPRUDENZA la giurisprudenza — Cass 2017 — a volte afferma che l'ordinanza di assegnazione ha la forza e l'efficacia di un provvedimento giurisdizionale esecutivo e quindi, consente di far valere soltanto i fatti sopravvenuti. Tale orientamento risulta NON CONDIVISIBILE: significherebbe attribuire all'ordinanza di assegnazione l'efficacia propria di un provvedimento emesso in un processo di cognizione: il che non può essere! + problema relativo a assegnazione/non assegnazione credito nel caso (3.2) di dichiarazioni non conformi: 1) se il giudice assegna il credito > vi è la possibilità di discutere tramite l'instaurazione di un processo esterno di cognizione. 2) se il giudice NON assegna il credito + viene meno ogni possibilità di controversia esterna al processo esecutivo sullo stesso oggetto. Se manca un'assegnazione, il creditore non può vantare alcun diritto contro il terzo al di fuori del processo esecutivo. È quindi necessario individuare uno strumento di cognizione che sia utile per il creditore che si veda rifiutata l'assegnazione sulla base di un accertamento compiuto dal giudice, quindi senza efficacia decisoria. (vedremo, più avanti, che tale strumento può essere l'opposizione contro gli atti esecutivi) identificazione dei crediti e beni La riforma del 2015 ha modificato gli artt. 548 e 549 dando rilevanza al problema dell'identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo. > si è visto che nell'atto di pignoramento, i crediti del debitore verso il terzo e i beni del debitore che si trovano presso il terzo possono essere individuati anche in modo generico. > ove il creditore individui con l'atto di pignoramento i crediti del debitore verso il terzo o i beni del debitore che si trovano presso il terzo — e il terzo rimanga inerte > ai fini del processo esecutivo ciò è sufficiente. Tizio, creditore, nell'atto di pignoramento, afferma che caio, suo debitore, deve riscuotere dei canoni di locazione “presso” sempronio, il terzo. Tizio, creditore, afferma nell'atto di pignoramento che caio, suo debitore, ha dato in comodato a sempronio un dipinto del caravaggio che raffigura san giovanni decollato. > se il creditore non individua il credito o i beni, oppure vengono individuati ma sorgono contestazioni relativamente a essi, si pone il problema dell'identificazione degli stessi. Tizio, creditore, nell'atto di pignoramento afferma che caio, suo debitore, ha un credito verso la banca Alfa, fondato su un contratto bancario — senza essere in grado di aggiungere ulteriori elementi, come es. il tipo di contratto. Tizio, creditore, afferma nell'atto di pignoramento che caio suo debitore è proprietario di alcuni mobili posti nel magazzino di sempronio. > per affrontare il problema, importante tenere conto che l'accertamento in fase esecutiva è funzionale solo alla prosecuzione del processo esecutivo: quindi, non deve avere le caratteristiche del processo di cognizione. > qui, è evidente che le cose sono diverse per i crediti e per i mobili: 1) per i crediti + non è necessario accertare né titolo né entità. Non è necessario accertare il titolo perché quest'ultimo è irrilevante ai fini del pagamento che il terzo debitore deve fare al creditore assegnatario. Non è necessario accertarne l'entità — perché è parametrata al credito per cui si procede: Riprendendo esempio precedente > se il credito di tizio verso caio è di mille euro, e la banca non rende dichiarazioni, ai fini esecutivi non serve stabilire di che tipo di credito si tratti né di quale entità esso sia: il credito può essere assegnato per mille. 2) > le cose invece cambiano per i beni: perché, dopo il pignoramento, dovranno essere prelevati e venduti. Quindi, in tal caso, occorre sapere con esattezza quali sono i beni. - se il bene pignorato è posseduto da terzi al momento del pignoramento, allora il debitore non può diventare custode, in quanto non ha la materiale disponibilità del bene, non ne ha originariamente il possesso. | frutti — ex art. 1148 c.c — continuano a essere percepiti dal possessore del bene stesso, anche dopo il pignoramento. Il debitore non li percepisce, in caso di immobile in possesso di un terzo, né prima del pignoramento né dopo il pignoramento. - Il debitore esecutato, al momento del pignoramento, perde il possesso del bene: se ne mantiene la materiale disponibilità, ciò avviene a titolo di custodia. Il possesso non viene però acquisito dal creditore procedente. - il possesso si congela: l'esecutato lo perde — ma nessuno ne acquista il possesso civilistico (ex art. 1140). perché? Semplicemente perché il possesso civilistico presuppone l'esercizio di attività corrispondenti all'esercizio di un diritto reale. Se il debitore esecutato rimane in possesso del bene, quella è più una detenzione finalizzata all'attività processuale. Lo stesso per il creditore, che acquisterebbe un diritto di natura processuale, non sostanziale, inidoneo a far sorgere il possesso ex 1140. - il possesso rimane in una sorta di limbo fino a che, effettuata la vendita forzata — il bene non sarà consegnato all'aggiudicatario che acquisterà di nuovo il possesso corrispondente al diritto (sostanziale) acquistato in sede di vendita forzata. 2 Inopponibilità degli atti di disposizione (art. 2913 cc! - art.2913: gli atti di disposizione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengano nell'esecuzione. Cioè: c'è un atto di disposizione del bene pignorato, tale atto di disposizione (es. un bene pignorato viene venduto — non ha effetto verso il creditore procedente o degli eventuali creditori) ECCEZIONE L'eccezione, riguarda il possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti in pubblici registri. - il debitore esecutato, può far nascere in capo al terzo, a titolo originario, un diritto sul bene pignorato sulla base della regola ex art. 1153 — acquisto di buona fede di beni mobili. - l'art. 1153, sana non solo un difetto di titolarità, ma sana anche un difetto di potere dispositivo. - il terzo acquirente che acquista in buona fede, acquista un diritto che è opponibile anche al creditore procedente e che travolge gli effetti del pignoramento. > al di fuori di questa eccezione ex art. 1153 — l'atto di alienazione non ha effetti in pregiudizio del creditore pignorante. FUNZIONAMENTO - Ma che natura ha l'art. 2913? nel senso, quale strumento bisogna usare per evitare un pregiudizio al creditore ai sensi dell'art. 2913? 1) lo strumento della nullità: lo strumento della nullità, però, è ritenuto eccessivo, perché qualifica nullo l'atto di alienazione del bene, però, al tempo stesso, estende gli effetti con efficaci erga omnes. Quindi, raggiunge lo scopo, ma lo fa in modo “devastante”, troppo prorompente. È un meccanismo considerato esagerato, ergo per alcuni non considerabile anche in virtù della contrarietà al principio del minimo mezzo. 2) lo strumento della inefficacia relativa sul piano sostanziale dell'atto di alienazione: l'atto di trasferimento trasferisce la proprietà sia fra le parti del negozio giuridico, debitore esecutato-acquirente bene pignorato, sia nei confronti dei terzi, ma non nei confronti del creditore procedente, nel quale la proprietà rimane del debitore esecutato. Tale soluzione è molto avallata in dottrina — ma anch'essa è da ritenere comunque eccessiva. Tale strumento, risulta essere eccessivo, perché in realtà l'atto di disposizione può benissimo avere degli effetti anche nei confronti del creditore. Es caio pignora a tizio un auto. Tizio, la vende a sempronio. Per caio, sul piano del diritto sostanziale, tizio è ancora il proprietario e, in tal caso, dovrebbe chiedere il risarcimento del danno a caio. Sarebbe assurdo! 3) l'ultimo strumento, che riteniamo sia quello da seguire — è quello dell'inefficacia relativa sul piano processuale. In tal caso, l'atto è idoneo a produrre effetti sul piano sostanziale, ma, tale trasferimento non è idoneo a fondare un'opposizione ex art. 619 cpc. Se l'acquirente del bene fonda la sua opposizione su un atto di disposizione inefficace ex 2913 c.c rispetto al creditore — l'opposizione deve essere rigettata. Riteniamo che questo sia l'istituto da seguire. Una volta terminata la fase liquidativa, subentra il 2919 c.c. (art. 2913 > estende inopponibilità degli atti di disposizione del bene pignorato anche ai creditori che intervengono nell'esecuzione — addirittura ciò vale anche se l'intervento del creditore è successivo all'atto di alienazione del bene pignorato) Parallelismo fra res litigiosa e res pignorata > differenza fra art. 111 e art. 2913: il parallelismo fra queste due disposizioni, che si istituisce, solitamente però non è perfetto: - nella successione ex art. 111 — gli effetti della domanda giudiziale si verificano solo a favore di colui che la propone e non anche a favore di altri soggetti che intervengono proponendo altre domande. - invece, ex 2913, qui, sono protetti i creditori che intervengono proponendo altre domande. Ratio differenza - in un caso, (creditore che interviene) — non c'è ampliamento dell'oggetto del processo, quindi il creditore può beneficiare degli effetti prodotti in relazione all'unico oggetto del processo. - nel caso invece dell'intervento in via innovativa di chi propone una domanda, c'è ampliamento dell'oggetto del processo, pertanto gli effetti prodotti in relazione a un oggetto del processo non si trasferiscono al diverso oggetto individuato con la domanda di intervento. Oggetto dell'esecuzione dopo l'atto di disposizione > l'alienazione del bene pignorato, muta l'oggetto dell'espropriazione? > Cioè, oggetto dell'espropriazione rimane il diritto che il debitore esecutato ha sul bene, oppure diviene il diritto che sul bene ha l'acquirente del debitore esecutato? > art.2919 prevede che la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. Ma quando il bene pignorato è alienato? Chi subisce l'espropriazione? Debitore esecutato o terzo acquirente? Caio pignora il diritto sul bene X contro tizio, debitore esecutato. Tizio vende a sempronio il diritto sul bene x. Tale vendita no è opponibile all'interno dell'esecuzione. Il bene X, poi, è oggetto di vendita forzata ed è acquistato da mevio. L'acquirente, come stabilito dall'articolo 2919, acquista i diritti che sul bene aveva colui che ha subito l'espropriazione. Ma colui che ha subito l'espropriazione, in tal caso, è tizio, debitore esecutato, oppure è sempronio? Mevio, è avente causa di tizio o sempronio? Supponiamo che sempronio abbia un altro titolo di proprietà sullo stesso bene oltre l'acquisto da tizio. es. su un bene (un lotto) ci sono due case, sempronio sia titolare della casa 2 e, acquisti da tizio la casa pignorata 1. > Se mevio è avente causa di tizio (debitore esecutato) — sempronio fa salvi i titoli di acquisto diversi d quelli provenienti da ti > Se invece mevio è avente causa di sempronio — mevio acquista potenzialmente più diritti di quelli che aveva sul bene tizio, perché mevio acquista il diritto che sempronio ha derivato da tizio, più i diritti che sempronio può avere sul bene a titolo diverso: e ciò sarebbe assurdo. Quindi, sulla base dell'esempio fatto > art.2913: deve conservare al creditore procedente i diritti che sul bene spettavano al debitore esecutato, altrimenti, chi acquista dopo vendita forzata rischierebbe di acquistare più diritti di quelli che aveva il debitore. Oggetto espropriazione rimane, quindi, il diritto del debitore esecutato — e non il diritto del terzo acquirente (nel nostro esempio sempronio). RATIO LEGIS: non si vuole privare sempronio (terzo acquirente) degli acquisti ulteriori e diversi fatti rispetto a quelli fatti dal debitore esecutato. Conflitto fra creditore procedente e avente causa del debitore esecutato > l'art. 2914 individua i criteri per risolvere il conflitto fra l'esecuzione e gli aventi causa del debitore esecutato, cioè coloro che abbiano acquistato diritti sul bene pignorato. L'art. 2914 detta le regole, che determinano la priorità fra atto di pignoramento e atto di esecuzione: - così che, se è prioritario l'atto di pignoramento, si determina l'efficacia prevista ex art. 2913 - se è prioritario l'atto di alienazione, si applica la regola dell'efficacia dell'atto di alienazione nei confronti del creditore procedente: quindi l'acquirente prevale sul creditore, salvo l'esperimento delle azioni a tutela del creditore (revocatoria, simulazione, nullità, etc.) Art. 2914 prevede praticamente quattro fattispecie: Si faccia sempre l'esempio di caio che pignora un bene di tizio, sempronio avanza diritti sul bene stesso in quanto afferma di averli derivati da tizio. Chi prevale? > qui la posizione di caio (che pignora il bene) è sostanzialmente paragonata a quella di un avente causa del debitore esecutato. A) Alienazione immobiliare Nel caso di alienazione immobiliare, cosa succede? L'art. 2914 n.1 stabilisce che, fra sempronio avente causa del debitore esecutato tizio, e caio, creditore pignorante, prevale colui che per primo ha trascritto l'atto di acquisto o di pignoramento. Ex art. 2644 > nel caso di doppio atto di disposizione sullo stesso bene immobile prevale quello che ha trascritto per primo il proprio atto. B) Cessione del credito AI n.2 ex 2914 si stabilisce che nell'ipotesi in cui oggetto di pignoramento è un credito che sia stato ceduto da parte del debitore esecutato a un terzo, il conflitto fra creditore pignorante e il cessionario, si risolve sulla base della priorità fra il pignoramento e la notificazione della cessione al debitore ceduto, o l'accettazione della cessione da parte di costui con atto di data certa. Ps: > l'atto di pignoramento è un atto che ha data certa per definizione. > art. 1265: in caso di doppia cessione del credito: fra i due creditori cessionari prevale per primo quello che ha notificato per primo la cessione > chiaramente, se la notifica al debitore ceduto avviene prima del pignoramento, prevale il cessionario. C) Alienazione di universalità di mobili + 2914 n.3: fra i due acquirenti, prevale quella che ha un atto di data certa anteriore. (Questa, fra l'altro, è anche la regola generale nel caso in cui il legislatore non preveda diversamente). D) Alienazione mobiliare > 2914 n.4: ultima ipotesi, conflitto fra creditore pignorante e acquirente di un bene mobile del debitore esecutato. Ma, se l'avente causa è un creditore procedente — non è possibile proporre domanda nei modi ordinari, perché l'esecuzione forzata non ha una struttura che prevede un suo rappresentante abilitato a condurre processi con effetti per l'esecuzione come accade nel fallimento col curatore Quindi, l'attore dovrà proporre la domanda all'interno del processo esecutivo, attraverso l'opposizione di terzo ex art. 619 cpc — che consente l'instaurazione del contraddittorio nei confronti dell'esecuzione. Quindi, tizio — proporrà la stessa domanda che avrebbe proposto in un ordinario processo di cognizione (identica nel suo contenuto) se l'avente causa fosse stato un acquirente. Tizio agisce in rivendicazione contro caio ed in mero accertamento contro sempronio, creditore cui caio ha concesso ipoteca. La sua domanda ha ad oggetto la proprietà, che egli fa valere sia contro caio che contro sempronio. Se tizio vuole agire in rivendicazione contro caio e contro sempronio, creditore pignorante, con l'opposizione ex 619 propone esattamente la stessa domanda con cui fa valere la sua proprietà contro l'uno e contro l'altro. 2) sostanziale: la trascri; (art. 2652 cc) > la priorità della trascrizione dell'atto di acquisto dell'avente causa rispetto alla trascrizione della domanda, determina, oltre all'inefficacia processuale dell'emananda pronuncia — anche un titolo di preferenza sul piano sostanziale dell'avente causa verso l'attore: l'avente causa acquista una posizione che è preferita, sul piano del diritto sostanziale, a quella dell'attore. jone della domanda, oltre a effetti processuali, produce anche effetti sostanziali Tizio vende a caio, e caio rivende a sempronio. Sempronio trascrive il titolo di acquisto contro caio prima che tizio trascriva contro caio la domanda di risoluzione del contratto. Sul piano sostanziale, sempronio acquista una posizione intangibile, perché anche se tizio ottiene la risoluzione, deve accontentarsi della tutela risarcitoria verso caio e non può riottenere il bene. Tornando a art. 2915 comma 2 Sostituiamo il creditore pignorante all'avente causa. > l'attore, il quale trova trascritto il pignoramento prima della trascrizione della sua domanda di rivendicazione, è pregiudicato solo per il fatto che deve far valere il suo diritto di proprietà all'interno del processo esecutivo. > ma sul piano del diritto sostanziale, egli non incontra ostacoli maggiori a far valere il suo diritto, all'interno del processo esecutivo, con l'opposizione ex 619 cpc rispetto a quando lo fa valere contro il debitore in un ordinario processo di cognizione. > altrettanto non accade, quando il debitore pignorante abbia acquistato in virtù della trascrizione del pignoramento, una situazione sostanzialmente prevalente su quella dell'attore. > nelle stesse ipotesi in cui l'avente causa del convenuto abbia trascritto il suo titolo prima della trascrizione della domanda, acquista a livello sostanziale una posizione che l'attore non può più attaccare — anche il creditore pignorante contro il convenuto, con la trascrizione del pignoramento, acquista una posizione inattaccabile da parte dell'opponente. Questi non ha, sul piano sostanziale, la possibilità di vincere l'opposizione ex art. 619 — e tale opposizione, pertanto, sarà rigettata. Esempio 1: il 17.12 è trascritta la domanda di rivendicazione di tizio contro caio. Il 18.12 è trascritto il pignoramento di sempronio contro caio. La sentenza che otterrà tizio contro caio avrà efficacia anche contro sempronio (e anche contro l'aggiudicatario) Esempio 2: il 17.12 è trascritto il pignoramento di sempronio contro caio. Il 18.12 è trascritta la domanda di rivendicazione di tizio contro caio. La sentenza che attesta che tizio è proprietario, non sarà efficace contro sempronio. Ma tizio, sapendo ciò, che la sua sentenza non sarà efficace verso sempronio può proporre la domanda di rivendicazione nelle forme ex 619 cpc, e dimostrare in quella sede di essere proprietario, e quindi, ottenere una sentenza efficace anche verso sempronio. Esempio 3: il 17.12 è trascritta la domanda di risoluzione del contratto, proposta da tizio contro caio. Il 18.12 sempronio trascrive il pignoramento contro caio. La sentenza fra tizio e caio sarà efficace anche verso sempronio. Il bene tornerà a tizio, e sempronio non potrà più proseguire l'esecuzione. Esempio 4: il 17.12 è trascritto il pignoramento di sempronio contro caio. Il 18.12 è trascritta la domanda di risoluzione del contratto con cui tizio ha venduto a caio il bene pignorato da sempronio. Sul piano sostanziale, la posizione di sempronio è intangibile. L'attore, ha diritto al risarcimento dei danni nei confronti di caio ma non può soddisfarsi sottraendo il bene all'esecuzione. Il creditore pignorante ha la stessa posizione di intangibilità di un avente causa del debitore esecutato. Se anche l'attore propone domanda di risoluzione del contratto nelle forme ex 619 cpc, l'opposizione è rigettata, perché il creditore pignorante ha trascritto il pignoramento prima della trascrizione della domanda di risoluzione. Infatti il pignoramento da al creditore la stessa tutela che l'atto di acquisto da a un avente causa del convenuto. Qualora per la salvezza del diritto del subacquirente si renda necessaria, oltre alla anteriorità della trascrizione del suo titolo, anche la presenza degli altri elementi previsti ex art. 2652 (buona fede, titolo oneroso, decorso del tempo) la sussistenza di tali elementi deve essere valutata con riferimento al creditore pignorante. Il titolo oneroso, con riferimento al creditore, sussiste se il credito è sorto da un rapporto a prestazioni corrispettive. Ragioni di prelazione > in merito alla prelazione, ricaviamo due principi (articolo 2916 c.c) 1) il pignoramento congela le ragioni di prelazione dei vari creditori nella distribuzione del ricavato si tiene conto solo delle ragioni di prelazione esistenti alla data del pignoramento. Quelle sorte dopo il pignoramento non sono opponibili alla massa dei creditori 2) il pignoramento non effettua il blocco dei crediti, i quali possono essere fatti valere all'interno del processo di espropriazione anche se sorti dopo il pignoramento. Se il credito sorto dopo il pignoramento è privilegiato, la ragione di prelazione non ha efficacia: però il creditore può sempre intervenire come chirografario. Il credito sorto dopo il pignoramento, legittima l'intervento del suo titolare nell'espropriazione. Ciò, comporta una differenza fra espropriazione singolare e concorsuale. In quella concorsuale non possono farsi valere crediti sorti dopo la dichiarazione di insolvenza. Pignoramento dei crediti 3 articolo 2917 c.c: > gli effetti del pignoramento del credito sono: inopponibilità all'esecuzione forzata degli atti di disposizione compiuti dopo il pignoramento dal titolare del diritto di credito pignorato (ex 2913/14) > il pignoramento rende indisponibile il credito in capo al debitore esecutato e gli atti di disposizione che il debitore compie dopo la notifica ex 543 cpc — sono inefficaci processualmente verso il creditore procedente. > verso il debitore esecutato, gli effetti del pignoramento sono analoghi a quelli del pignoramento di beni diversi dai crediti. > il terzo debitore, con la notifica ex 543 cpc, diventa custode, ex 546 + quando oggetto del pignoramento è un bene mobile del debitore che si trova presso il terzo e occorre, quindi, far ricorso all'espropriazione presso terzi, il terzo assume gli obblighi della custodia del bene mobile: il terzo non può consegnare quel bene ad altri, tanto meno al debitore esecutato. è quando oggetto del pignoramento è un credito — il terzo debitore è obbligato a non adempiere nei confronti del debitore esecutato. Se il terzo adempie nonostante il pignoramento — ex 2917 — il pagamento, pur producendo effetti sul piano sostanziale , non è opponibile al creditore procedente. Sul piano processuale > il terzo debitore dovrebbe corrispondere ugualmente la somma una seconda volta all'esecuzione forzata. > il pignoramento + congela il credito così com'è al momento in cui il pignoramento è stato effettuato, e le vicende ulteriori che intervengono tra debitore esecutato e terzo debitore — non sono opponibili al creditore procedente e ai creditori intervenuti — se derivano da atti di disposizione del debitore pignorato, o da comportamenti volontari del terzo debitore. > se invece: i fatti estintivi del credito si sono prodotti prima del pignoramento, oppure non dipendono da atti di disposizione dell'esecutato o da comportamenti volontari del terzo debitore — essi sono opponibili al debitore. Esempio Tizio, creditore, pignora un credito che l'esecutato caio ha nei confronti di sempronio il 19.10 Ma prima di questa data, si erano creati i presupposti per la compensazione del credito. Sempronio, può far valere la compensazione nei confronti di tizio Esempio/2 Tizio, il 19.05 pignora un credito che l'esecutato caio ha nei confronti di sempronio. In data 19,10 — mevio pignora lo stesso credito. In data 19.11 sempronio paga a tizio in virtù dell'ordinanza di assegnazione del credito pronunciata dal g.e della prima espropriazione. Egli può far valere efficacemente, nella seconda espropriazione, il fatto estintivo prodotto dalla prima. > quanto detto, vale per tutti i casi dove atto di pignoramento è caducato per un vizio proprio o per carenza di un titolo esecutivo. > ma, vale anche per le ipotesi nel quale il titolo esecutivo (sulla base del quale è fatto il pignoramento) viene meno successivamente con efficacia ex tunc. Esempio: > il 13.01 pignoramento di tizio contro caio sulla base di una sentenza di condanna di primo grado > il 31.01 interviene sempronio che è munito di titolo esecutivo > 28.02 viene riformata in appello la sentenza, che comporta la caducazione del titolo esecutivo di tizio. L'esecuzione non può più andare avanti col titolo di tizio, ma con quello di sempronio? - La Cassazione, ha ribadito che: nei casi di titolo esecutivo originariamente esistente — le vicende relative al titolo che ne producono la sopravvenuta inefficacia, non impediscono la prosecuzione del processo esecutivo da parte del creditore intervenuto che sia munito di titolo esecutivo, purché il suo intervento sia comunque antecedente all'arresto della procedura esecutiva a seguito della sopravvenuta inefficacia del titolo esecutivo del creditore procedente. - se non vogliamo rendere inutilizzabile l'istituto dell'intervento del creditore titolato, e costringere questo a effettuare un nuovo pignoramento, bisogna distinguere fra vizi che lui è in grado di percepire, in quanto relativi a pignoramento e a titolo esecutivo, e vizi occulti, non percepibili dall'esame degli atti del processo esecutivo. Tizio è il creditore procedente contro sempronio sulla base di una sentenza di primo grado, appellata. Caio, al momento dell'intervento è in grado di verificare se il pignoramento è fatto bene e la sentenza è di condanna e non di mero accertamento. Ma certamente non può valutare se l'appello di sempronio è fondato. - la stessa soluzione vale, a fortiori, quando viene accolta un'opposizione all'esecuzione a causa dell'inesistenza del diritto sostanziale del creditore procedente. Qui, il processo esecutivo non è ingiusto, è casomai viziato. La conseguenza che si può trarre: >4) LITISPENDENZA ESECUTIVA: non possono aver luogo processi esecutivi diversi per lo stesso bene pignorato nei confronti dello stesso debitore. Il processo esecutivo è unico, anche se gli effetti sono autonomi. Il bene, chiaramente, non può essere venduto più volte: quindi, non si possono avere più processi esecutivi, perché non si possono avere più vendite dello stesso bene. > si possono avere più processi esecutivi contro lo stesso soggetto, per lo stesso credito su beni diversi > si possono avere più creditori intorno allo stesso bene all'interno di un unico processo esecutivo. > non ci possono essere più processi esecutivi per lo stesso bene nei confronti dello stesso esecutato perché non si possono avere più trasferimenti dello stesso bene: in quelli successivi l'acquirente non comprerebbe nulla. 3 Ma se per errore vengono portati avanti più processi esecutivi? E vengono effettuate più vendite forzate? 1. secondo opinione comune, prevarrebbe vendita effettuata per prima (ciò vale solo peri beni mobili) 2. per i beni immobili, universalità mobili, e crediti, prevale il trasferimento effettuato nel processo esecutivo che ha il pignoramento di data anteriore. > nel caso in cui vengono pignorati diritti incompatibili, di debitori diversi che hanno ad oggetto lo stesso bene? — qui i diritti oggetto del pignoramento sono diversi, (nei confronti di debitori diversi), ma che hanno ad oggetto, però, lo stesso bene. È ovvio che soltanto un diritto può esistere in virtù dell'incompatibilità. Il creditore caio instaura un processo di espropriazione nei confronti di tizio, pignorando il bene X. Il creditore sempronio, in un processo di espropriazione contro mevio, pignora lo stesso bene X. Il processo va avanti, perché i diritti sullo stesso bene sono diversi. Si arriva a un punto però dove vi saranno due vendite forzate, e due acquirenti, e di questi due soltanto uno acquista il diritto. Ciascuno di essi ha un titolo di acquisto derivante da un diverso processo: si tratta di stabilire quale prevale. 1) L'art. 2919 dice che la vendita forzata trasferisce i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. Nel primo processo si trasferisce il diritto di tizio, nel secondo quello di mevio. Il contrasto fra i due processi sarà risolto con un ordinario processo di cognizione che si svolgerà fra di loro. Quindi, va stabilito se il diritto spettava a tizio oppure spettava a mevio. Poi, da lì, vedere chi degli aggiudicatari ha acquistato il diritto. Non ha senso parlare di priorità di trascrizione, poiché ciascun processo è effettuato contro un soggetto diverso. 2) il contrasto può essere risolto anche in via preventiva, tramite lo strumento dell'opposizione di terzo ex art. 619 cpc. Il creditore caio può sempre proporre opposizione di terzo nel processo che ha instaurato sempronio, e viceversa, sempronio può proporre opposizione di terzo nel processo instaurato da caio — ciascuno affermando che il diritto da lui pignorato è prevalente sul diritto pignorato dall'altro creditore. è Quanto anzidetto, vale per il pignoramento degli immobili, delle universalità dei mobili e dei crediti. è Se è pignorato un bene mobile? In tal caso, i processi esecutivi devono essere riuniti anche se i debitori sono diversi. E ciò perché la vendita ha natura di acquisto a titolo originario, e quindi prevale la vendita effettuata per prima — a prescindere dal fatto che l'esecutato sia o meno proprietario del bene. In sede di distribuzione del ricavato, si accerterà quale dei due debitori era l'effettivo proprietario del bene mobile: il ricavato della vendita sarà distribuito ai creditori di quel debitore. Caio pignora contro tizio il bene mobile X. Sempronio pignora contro mevio lo stesso bene mobile. | due processi esecutivi devono essere riuniti, e si procede alla vendita. In sede di distribuzione del ricavato, si stabilisce se del bene era proprietario tizio o mevio. E poi, a seconda del proprietario, il ricavato andrà al relativo creditore. Il principio che impedisce che due processi esecutivi abbiano luogo quando pignorato è lo stesso diritto nei confronti dello stesso debitore — è il ne bis in idem. 5) CUMULO DEI MEZZI DI ESPROPRIAZIONE DEFINIZIONE Fenomeno nel quale si possono avere una pluralità di crediti tutelati con lo stesso processo esecutivo, e si possono avere anche più processi esecutivi diversi a tutela dello stesso credito. FUNZIONAMENTO > si può avere una pluralità di crediti tutelati con lo stesso processo esecutivo > e si possono avere anche processi esecutivi diversi a tutela dello stesso credito. Possibilità ammessa ex articolo 483 c.p.c Qui, il creditore: > può chiedere cumulativamente la tutela dello stesso credito con le varie forme di espropriazione, quali, es., pignoramento mobiliare, di crediti, immobiliare, > oppure possono essere fatte più esecuzioni dello stesso tipo su beni diversi. > Il cumulo, trova però un limite, art. 2911: il creditore che abbia ipoteca, pegno o privilegio su un bene del debitore, non può pignorare altri beni dello stesso debitore se non sottopone a esecuzione anche i beni gravati da prelazione a suo favore. (ratio, evitare che il creditore pignori un altro bene continuando a mantenere la prelazione sull'altro). A parte tale eccezione — il cumulo dei mezzi di espropriazione, o anche più espropriazioni, sono pienamente ammissibili. Ma il cumulo, però, potrebbe essere eccessivo, cioè il valore dei beni eccedere il credito per cui si procede: Es. il creditore, con un credito di 100.000€, può iniziare più processi di espropriazione, pignorando beni per un milione. Però può anche darsi che il cumulo non sia eccessivo: per un credito di un milione, ci può essere un pignoramento di 500.000€ , di 300.000€ e di 200.000€, e quindi il valore dei beni pignorati può non essere eccessivo. In tal secondo caso non ci sono problemi, perché non si può impedire al creditore di moltiplicare la sua azione esecutiva — se si rende necessario sottoporre a pignoramento una pluralità di beni. 3 ma se l'espropriazione è eccessiva — su opposizione del debitore il giudice può limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie, o in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Così gli altri processi esecutivi si chiudono e i beni in essi pignorati sono liberati. 6) PAGAMENTO NELLE MANI DELL'UFFICIALE GIUDIZIARIO DEFINIZIONE art. 494 cpc: E' un istituto che consente l'estinzione del credito, in quanto permette al debitore esecutato di adempiere nelle mani dell'ufficiale giudiziario. FUNZIONAMENTO > se il debitore esecutato adempie nelle mani dell'ufficiale giudiziario, l'esecuzione forzata non ha luogo perché il credito si estingue. In tal modo — ex 494 cpc — si evita il pignoramento. > l'ufficiale giudiziario, invece di effettuare il pignoramento, riceve la somma: secondo il diritto sostanziale, ex art. 1188 — il pagamento va fatto al creditore, perché, altrimenti, il pagamento fatto a persona diversa potrebbe non avere effetto liberatorio. In tal caso, però, l'art. 494 cpc — consente di effettuare il pagamento con effetto liberatorio per il soggetto. > l'art 494 co 2 — si riferisce alla ripetizione dell'indebito regolata ex art. 2033 ss c.c: colui che abbia pagato un debito inesistente, può ripeter il pagamento da colui che lo ha ricevuto. Ma secondo la dottrina tale disposizione è superflua, e non aggiunge altro di rilevante alle regole sostanziali. > quando il pignoramento diviene inefficace, bisogna tener conto dell'art. 562In materia di espropriazione immobiliare, che prevede la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Se il pignoramento perde efficacia, rimane nei registri la sua trascrizione, che non avrebbe più praticamente senso, in quanto il pignoramento ha perso efficacia. Occorre procedere quindi alla cancellazione della trascrizione. La cancellazione si effettua trascrivendo un altro atto — nel quale si dichiara che il pignoramento è divenuto inefficace. > art. 2668 ter c.c: prevede che la trascrizione delle domande giudiziali ha efficacia per vent'anni, prima dei quali la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetti. Il 2668 ter, estende alla trascrizione del pignoramento la disciplina delle trascrizione delle domande. Se l'esecuzione dura più di vent'anni — prima della scadenza del ventennio, la trascrizione deve essere rinnovata, altrimenti perde effetti. > può accadere che il proc esec si estingua senza un provvedimento di dichiarazione di estinzione, e quindi senza un ordine di cancellazione della trascrizione. Ottenere un ordine di cancellazione può, a distanza di tempo, non essere semplice: si pensi, esempio, che occorre notificare la richiesta agli interessati, che dopo anni potrebbero essere non più identificabili. La disposizione contenuta nel 2668 ter, consente di non tener conto delle trascrizioni fatte vent'anni prima: chi vuole acquistare il bene — o la banca che vuole concedere un mutuo + può disinteressarsi di tali trascrizioni. Da questi istituti che abbiamo analizzato, che cosa si ricava? 1. Inprimis, si ricava che anche nel processo esecutivo c'è il principio del contraddittorio: il debitore esecutato, ha invece a disposizione tutta una serie di strumenti con i quali non si afferma mai che questo processo non s'ha da fare, ma, sul presupposto che sussista il diritto di procedere, far sì che il proc esecutivo vada avanti nella maniera più corretta possibile. 2. Per contestare la sussistenza delle condizioni per poter procedere a esecuzione forzata, il debitore deve ricorrere a un processo di cognizione, incidentale all'esecuzione, nel quale si accerta la sussistenza delle condizioni necessarie. Lo strumento del processo di cognizione è uno strumento esterno al processo esecutivo (ancorchè connesso chiaramente) e il suo compito è accertare se c'è o non c'è il diritto di procedere a esecuzione forzata. 3. Altro elemento da valutare: rapporto fra valore beni pignorati e entità del credito. Il pignoramento è valido anche se è eccessivo. Infatti gli strumenti a disposizione del debitore, conducono alla liberazione del bene, ma mai alla dichiarazione di nullità del pignoramento, e quindi alla caducazione dell'esecuzione. Le contestazioni del debitore circa l'entità del credito, non possono mai condurre alla caducazione del processo esecutivo: il pignoramento è valido anche se il credito, in realtà, è inferiore a quello vantato nel precetto. Affinché il creditore possa procedere, è necessario che il credito ci sia, non anche che abbia una certa entità. Le contestazioni del debitore sull'entità non possono essere fatte valere con l'opposizione al fine di ottenere la caducazione del processo esecutivo, ma con altri strumenti, come riduzione, cumulo, conversione, e altri effetti. 13. INTERVENTO DEI CREDITORI DEFINIZIONE il nostro ordinamento, da la possibilità a un creditore di un debitore esecutato di intervenire nel procedimento di esecuzione forzata. FUNZIONAMENTO Disciplina intervento creditori: artt. 2741, che va letto assieme al 2740. > il 2740 stabilisce che il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri. 3 il 2741, stabilisce che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione: privilegi, pegno, ipoteca. > i privilegi, sono previsti ex lege in ragione della natura del credito. Non hanno però diritto di sequela: essi hanno effetto finché il bene resta nel patrimonio del debitore, e non seguono il bene se esce dal patrimonio del debitore. > il pegno e l'ipoteca, invece, sono diritti reali di garanzia: hanno il diritto di sequela, per cui se un bene esce dal patrimonio del soggetto debitore, quel bene circolerà gravato da pegno ed ipoteca. Pertanto, qui il creditore può perseguire il bene anche quando è di proprietà di soggetto diverso dal debitore: a tale scopo esiste un procedimento particolare, l'espropriazione contro il terzo proprietario. 4 Par condicio e prelazioni > le prelazioni, (quindi privilegi, pegno e ipoteca) costituiscono un'eccezione alla par condicio fra i vari creditori: sono situazioni che nascono dal diritto sostanziale — e non dal processo. E il processo esecutivo, deve rispettare le cause di prelazione che esistono sulla base del diritto sostanziale. > Gli artt. 2740/41 devono essere letti come se dicessero: i/ debitore risponde nei confronti di tutti i suoi creditori, secondo le regole del diritto sostanziale, dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. > La tutela esecutiva dei diritti di credito — deve essere strutturata in modo tale da attuare le prescrizioni del diritto sostanziale, e da non alterare le scelte del legislatore sostanziale. > articolo 499 cpc, limita intervento: 1. achihatitolo esecutivo (anche successivo al pignoramento), 2. achi, al momento del pignoramento, ha un credito garantito da pegno, prelazione iscritta o sequestro 3. nonchéa chi, al momento del pignoramento, è titolare di un credito risultante dalle scritture contabili previste ex art.2214 codice civile. Intervento, i > per intervenire: il creditore deve depositare, nella cancelleria del giudice dell'esecuzione, un ricorso contenente l'indicazione del credito, e del titolo di esso (cioè della sua fattispecie costitutiva) , nonché la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata. Se l'intervento si fonda sulle scritture contabili, queste devono essere allegate all'atto di intervento in copia autentica. > intervento tardivo: la norma prevede che intervento debba avere luogo prima dell'udienza in cui viene disposta la vendita o l'assegnazione. Quindi, sembrerebbe escluso. Ma in realtà, gli artt. 528 e 565 sono rimasti, quindi, l'intervento tardivo è sempre possibile. 3 il creditore, che non sia munito di titolo esecutivo, e che abbia potere di intervento ex art. 499 comma 1- deve notificare al debitore l'atto di intervento e copia autentica delle scritture contabili, se l'intervento ha luogo in virtù di esse. Verificazione dei crediti > l'art. 499, prevede un meccanismo di verificazione del credito per coloro che sono legittimati a intervenire ma non hanno titolo esecutivo: - con l'ordinanza con la quale dispone della vendita o assegnazione, il giudice dell'esecuzione fissa un'udienza dinanzi a sé per la comparizione del debitore e dei creditori non muniti di titolo esecutivo. Ordinanza notificata ai creditori e al debitore (per questo vale articolo 492 cpc comma 2, pertanto notifica gli sarà fatta in cancelleria) - all'udienza fissata : 1) se il debitore non compare, oppure compare e riconosce in tutto o in parte i crediti, questi acquisiscono il diritto di essere soddisfatti 2) se i crediti sono in tutto o in parte contestati, il creditore ha l'onere di proporre, nei successivi trenta giorni, una domanda idonea a munirlo di titolo esecutivo (in tal caso avrà diritto a accantonamento somme, nei limiti ex 510 cpc, ma vedi più avanti) DOTTRINA: > critica la nuova riforma del 2006, e soprattutto il 499 comma 1, che prevede i soggetti legittimati a intervenire: i creditori che non rientrano in queste categorie non avranno possibilità di soddisfarsi, a meno che non ricorrano alla tutela di urgenza ex art. 700 cpc, allegando il pregiudizio imminente e irreparabile. > scelta legislatore: è quella di “violare” la par condicio. Ed è una scelta molto criticabile, soprattutto nell'ambito dei legittimati a intervenire, art. 499 comma 1 cpc. Perché? Perché nel nuovo impianto della riforma, alcuni creditori che sarebbe privilegiati a intervenire su un piano sostanziale, sul piano processuale, potrebbero non essere altrettanto privilegiati. Cioè, la previsione a livello sostanziale, rimane a volte disattesa sul piano processuale. Esempio: il legislatore sostanziale ha stabilito che i crediti per le retribuzioni ai lavoratori, ex 2751 bis c.c, devono essere soddisfatti prima degli altri. Il legislatore processuale, invece, non può favorire la soddisfazione dei crediti degli imprenditori commerciali e deve, esempio, impedire che i beni del debitore siano usati per pagare solo gli imprenditori commerciali, invece che i crediti dei lavoratori Caio è imprenditore: ha debiti con tizio, lavoratore, con sempronio, per una fornitura di energia elettrica, e mevio, per un titolo scaduto. Sempronio ha titolo per intervenire e infatti interviene. mevio, propone domanda per ottenere la condanna di caio, e la ottiene. Quindi mevio ottiene un titolo esecutivo. Viene fatto il proc esecutivo, e accade che caio, imprenditore, viene spogliato dei suoi beni da sempronio e mevio. Nel patrimonio di caio non rimane più niente. E tizio, illavoratore che secondo il diritto sostanziale doveva essere soddisfatto prima degli altri? Quando ottiene il titolo esecutivo, ormai nel patrimonio di caio non c'è rimasto nulla. > secondo la dottrina, un'impostazione del genere dell'art. 499, potrebbe essere incostituzionale, perché andrebbe a violare il canone fondamentale dei rapporti fra diritto sostanziale e processo. > se il debitore è sottoposto a una procedura concorsuale, il discorso cambia: perché in quella sede — il lavoratore sarà invece preferito rispetto agli altri. Creditori privilegia! > l'articolo 498, prevede che i creditori che hanno una prelazione su un bene oggetto di pignoramento, - prelazione risultante da publ registri - devono essere avvertiti della pendenza del processo. (nb! Solo quelli la cui prelazione risulta da pubblici registri) > Ratio: la vendita forzata si differenzia dalla vendita comune perché: - da una parte, la vendita comune non estingue i diritti reali di garanzia. Non ha effetto purgativo - dall'altra parte, la vendita forzata, invece, estingue i diritti reali di garanzia (non gli altri diritti reali). Solo i diritti reali di garanzia. Si dice infatti che la vendita forzata ha effetto purgativo. Quindi, proprio per questo, devono essere avvertiti i creditori che hanno prelazione su quel bene oggetto di pignoramento. è Ma perché solo i creditori con prelazione che risulta da pubblici registri? - Sarebbe assurdo imporre al creditore pignorante l'obbligo di avvertire tutti quanti i creditori con prelazione. Sarebbe un onere che il creditore non potrebbe soddisfare — perché non sarebbe in grado, o comunque risulterebbe altamente difficile, individuare i creditori muniti di prelazione non risultante dai pubblici registri. Sarebbe impossibile anche controllare le posizioni dei creditori che non risultano da pubblici registri. - quindi, onere creditori, limitato a ispezione pubblici registri, e obbligarlo ad avvertire costoro che vi risultano iscritti. Bisogna distinguere però tre diverse situazion 1) titolari di privilegio 2) titolari di dir reale di garanzia iscritto nei registri 3) titolari di dir reale di garanzia non iscritto > nel caso del privilegio il problema non si pone: perché il privilegio sussiste fino a quando il bene rimane nel patrimonio del debitore. Per il creditore che ha un privilegio, la vendita forzata e la vendita comune hanno lo stesso effetto. (in caso di vendita comune, il privilegio, a differenza del diritto reale di garanzia, si estingue: il privilegio, non ha diritto di sequela) La vendita di diritto comune è valida anche se i creditori privilegiati non sono avvertiti — e quindi, (visto che effetti vendita forzata e comune sono i stessi) la vendita forzata può essere fatta senza la necessità di avvertire i creditori privilegiati. > nel caso dei diritti reali di garanzia non iscritti, la vendita forzata ha un effetto estintivo che la vendita comune, invece, non ha. Prendiamo però, come esempio il pegno: per la sua valida costituzione, l'articolo 2786 c.c ribadisce che Il pegno si costituisce con la consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa. Quindi, occorre che il bene sia sottratto al debitore e che sia in possesso di un debitore o terzo. - se il bene è in possesso del creditore pignoratizio + l'esecuzione forzata, ex 543, va instaurata nei suoi confronti, quindi, il creditore viene per forza a conoscenza del pignoramento. - se il bene si trova presso un terzo — per regola di diritto sostanziale, egli è obbligato ad avvertire il creditore pignoratizio: il suo obbligo di custodia gli impone di avvertire il creditore della pendenza del processo esecutivo (affinché il creditore possa intervenire). > nel caso dei diritti reali di garanzia che risultano iscritti nei pubblici registri, scatta obbligo ex art. 498 cpc: il creditore procedente deve notificare ai creditori che abbiano diritto reale di garanzia che risulta essere iscritto. L'avviso deve contenere: indicazione creditore pignorante, del credito per il quale si procede, e il titolo. Se manca tale notifica, il giudice deve rifiutarsi di emettere l'ordinanza di vendita. > il creditore procedente, ex art. 567 — deve allegare all'istanza di vendita i certificati delle trascrizioni ed iscrizioni, e deve farsi rilasciare dalla conservatoria dei registri immobiliari un certificato in cui si attesa se vi sono e quali sono le iscrizioni di diritti reali di garanzia sul bene. > il giudice, così, è in grado di controllare se sono state fatte le prescritte notifiche. > risulta quindi impossibile che il creditore iscritto non venga avvertito: se ciò non dovesse accadere, questo ha diritto al risarcimento del danno: da parte del creditore pignorante, che abbia omesso la notifica, o da parte del conservatore, se sia questo che abbia commesso l'errore. Intervento creditori tempestivo o tardivo L'intervento dei creditori può essere tempestivo o tardivo. Articoli di riferimento: 528, espropriazione mobiliare, 551, espropriazione crediti, 565, espropriazione immobiliare. Tali disposizioni distinguono i creditori tempestivi o tardivi in relazione ai creditori chirografari (non muniti di qualche prelazione). > i creditori con prelazione, saranno sempre soddisfatti secondo le disposizioni del codice civile, in qualunque momento intervengano. Naturalmente, sia per questi (con prelazione) che per i chirografari, il termine ultimo è quello in cui si effettua la distribuzione del ricavato. Dopo tale momento, l'intervento non è più possibile. > i creditori chirografari tempestivi, sono soddisfatti in ragione percentuale del loro credito. 3 i creditori chirografari residui, sono soddisfatti sul residuo che avanza, e saranno soddisfatti dopo i tempestivi. Si hanno quindi tre categorie di creditori: 1. i creditori con diritto di prelazione 2. i creditori chirografari tempestivi 3. i creditori chirografari residui. ESPROPRIAZIONE ORDINARIA > ma quando un intervento è tempestivo o tardivo? Il momento della tempestività è dato dalla prima udienza fissata per stabilire le modalità di assegnazione o di vendita, cioè l'udienza che apre la fase di liquidazione. Se all'udienza fissata viene fissato un rinvio ad altra udienza, rilevante è sempre la prima udienza, e non quella in cui viene effettuata la vendita. Se intervento è fatto prima di tale udienza, allora è tempestivo. Se intervento è fatto dopo tale udienza, allora è tardivo. PICCOLA ESPROPRIAZIONE + articolo 525 cpc: la piccola espropriazione si ha quando il valore dei beni pignorati non supera i 20.000€, la tempestività è misurata prima rispetto all'epropr ordinaria di cui sopra, ed è riferita sull'istanza con cui il creditore pignorante chiede che sia fissata l'udienza per determinare le modalità di liquidazione. ESPROPRIAZIONE DEI CREDITI > è rilevante l'udienza di comparizione delle parti, fissata dal creditore pignorante con l'udienza di comparizione delle parti fissata dal creditore pignorante con la citazione ex art. 543 cpen.4 In tale udienza, se il terzo renda o abbia reso una dichiarazione conforme — ha luogo anche l'assegnazione del credito, e il processo esecutivo si chiude. Quindi, l'intervento tardivo nell'espropriazione dei crediti è possibile solo se la dichiarazione è omessa o contestata — perché in tal caso il creditore avrà la possibilità di intervenire, sia pur tardivamente. Se il pignoramento si perfeziona con la conforme dichiarazione del terzo pignorato, il termine per l'intervento coincide col momento in cui si chiude il processo esecutivo. Ratio distinzione fra creditori tempestivi e tardivi: l'intervento del creditore nella fase successiva alla liquidazione sconvolgerebbe tutti i piani fatti sul presupposto che ci siano una certa quantità di crediti da soddisfare, col rischio che i beni possano risultare insufficienti. E il processo esecutivo non si fermerebbe mai se di continuo si riducesse o ampliasse l'entità dei beni pignorati. > chiaramente tale regola non ha ragion d'essere per i creditori privilegiati: questi hanno diritto alla soddisfazione prima dei creditori chirografari, anche tempestivi. Estensione del pignoramento Secondo art. 499 cpc — ai creditori che siano intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all'udienza o con atto notificato l'esistenza di altri beni del debitore ulteriormente pignorabili. Il creditore procedente, quando effettua il pignoramento, lo fa in relazione a una quantità di beni di valore pari o di poco superiore al suo credito. Tali beni, diventano insufficienti quando però intervengono altri creditori. Si possono verificare due situazioni: 1) INCAPIENZA + quando i beni pignorati del debitore sono tutto quanto c'è di attivo nel patrimonio del debitore: qui si applicano le regole del diritto sostanziale. Si fa una lista di creditori da soddisfare mettendo prima i creditori con prelazione nell'ordine previsto, poi i chirografari, in proporzione ai propri crediti, etc. 2) NO INCAPIENZA > se i beni sono pochi e ciò deriva da una scelta del creditore, che ha limitato il pignoramento in relazione al suo credito, e nel patrimonio vi sono altri beni. Qui, il creditore procedente — ex art. 499 — indica agli intervenuti l'esistenza di altri beni, e li invita a estendere il pignoramento (se hanno titolo) oppure, (se non hanno titolo) ad anticipare a lui le spese per effettuare l'estensione col suo titolo. Quindi, la palla passa ai creditori ai creditori intervenuti — i quali se non rispondono all'invito ad estendere il pignoramento, diventano postergati al creditore procedente al momento della distribuzione. Siamo in presenza di una seconda ipotesi di natura processuale. > se invito è effettuato dal creditore procedente a un creditore intervenuto non munito di titolo esecutivo e questo omette di anticipargli le spese necessaria a estensione pignoramento? Conseguenza è che il creditore pignorante acquista una prelazione processuale in sede di distribuzione. Assegnazione I modi per procedere alla liquidazione sono: assegnazione e vendita. * assegnazione: il diritto è trasferito a uno dei creditori, (procedente o intervenuto). L'assegnazione, quindi, è più una cosa fatta “in famiglia” coi creditori, soggetti che sono parti del processo esecutivo. Infatti, qui sono previsti limiti e condizioni all'assegnazione Def. Procedura esecutiva, alternativa alla vendita, che consiste nell'attribuzione diretta del bene pignorato al creditore, al fine di soddisfare il suo credito. In tal modo, il bene viene trasferito al creditore, per un valore che non può essere inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione anteriori al credito dell'offerente. * vendita: nella vendita c'è un soggetto che diventa titolare di un diritto pignorato al posto dell'esecutato. E questo, può essere qualsiasi soggetto, anche i creditori, tranne il debitore esecutato (art. 579) Quindi, differenze e analogie: - sul piano sostanziale, non cambia nulla, c'è sempre un diritto che passa ad altro soggetto. - sul piano processuale, invece, c'è una piccola differenza. DISTINZIONI 1) assegnazione satisfattiva: DEF: è un tipo di assegnazione dove il creditore si rende assegnatario soddisfacendosi in tutto o in parte del proprio credito attraverso l'attribuzione del diritto pignorato. FUNZIONAMENTO > qui non si ha la fase della distribuzione > il procedimento si chiude col provvedimento di assegnazione CARATTERISTICHE Tale istituto ha una duplice caratteristica: 1. da un lato, si produce l'effetto estintivo del credito, che sia totale o parziale 2. dall'altro, effetto traslativo, col passaggio di un diritto in capo ad altro soggetto 2) assegnazione- vendita DEF: si ha assegnazione-vendita quando il creditore assegnatario, per rendersi tale, paga una somma di denaro. Il creditore, non si soddisfa del suo credito, perché il corrispettivo del trasferimento non viene da lui trattenuto ad estinzione del suo credito, ma, è da lui versato e poi sarà oggetto di distribuzione. CARATTERISTICHE > qui si ha una situazione diversa rispetto a assegnazione satisfattiva: qui il creditore si rende assegnatario e poi paga una somma che viene poi distribuita nelle forme normali. > L'assegnazione-vendita ricorre allorché il «trasferimento» del diritto a favore del creditore venga effettuato a fronte del pagamento di un prezzo, secondo quanto stabilito dal giudice dell'esecuzione (art. 507 c.p.c.). In tal caso, il prezzo di assegnazione non può essere inferiore al valore delle spese di esecuzione e dei crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello del creditore offerente a norma dell'art. 506 c.p.c RATIO > qui, il creditore, dopo una vendita fallita non vuole che il bene vada svenduto a un prezzo inferiore al suo valore, quindi preferisce rendersi assegnatario per il valore effettivo. Rapporti fra vendita e assegnazione 1) vi sono beni che devono essere assegnati senza un previo tentativo di vendita. Ex art. 553 cpc — tali sono i crediti pignorati che siano scaduti o che scadano entro 90 giorni. 2) vi sono beni che possono essere assegnati senza un previo tentativo di vendita. Ex 529 cpc — i titoli di credito e le altre cose il cui valore risulta dal listino di borsa o di mercato. Qui non è necessario il tentativo di vendita perché il valore risulta dal listino. 3) vi sono beni che devono essere assegnati dopo un tentativo di vendita fallito. guarda anche art. 539 — dove Gli oggetti d'oro e d'argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco. Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori. 4) tutti gli altri beni possono essere assegnati dopo un primo tentativo di vendita fallito. Qui significa che nel tentativo di vendita non si è raggiunto il prezzo di stima del bene. Qui, il creditore che chiede l'assegnazione per il valore di stima non pregiudica né il debitore né gli altri creditori intervenuti, perché quel valore non è stato raggiunto nel tentativo di vendita e non è inferiore all'effettivo valore del bene. > assegnazione di cui ai nn. 1 e 3 è coattiva. Di cui ai nn. 2 e 4 è volontaria, cioè ha luogo solo su istanza del creditore. Valore minimo di assegnazione > nell'ipotesi di cui sopra al n.4, (tutti gli altri beni possono...) viene stabilito un valore minimo di assegnazione. > l'articolo 506 cpc stabilisce che l'assegnazione può essere fatta solo per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell'offerente. E stabilisce inoltre che — se il valore eccede quello indicato nel comma precedente — sull'eccedenza concorrono l'offerente e gli altri creditori. > da ciò che si ricava, quindi, il valore dell'assegnazione è il maggiore fra il valore di stima del bene e la somma delle spese di esecuzione e dei crediti che hanno prelazione e che sono collocati anteriormente al creditore offerente. Esempio: il valore del bene è 1000. le spese di giustizia sono 100. tizio è creditore ipotecario per 500, caio è creditore privilegiato per 700, sempronio è creditore chirografario per 1000. Caso 1: se tizio vuole rendersi assegnatario se tizio vuole rendersi assegnatario — deve pagare la somma maggiore fra 1000 (valore del bene) e 100 (spese del processo, solo 100 perché tizio non ha davanti altri creditori da soddisfare prima, ma è lui il primo della lista) fra 1000 e 100, la cifra maggiore è 1000: e questo è il valore di assegnazione. Come avviene l'assegnazione? Tizio si trattiene 500, conseguendo un'assegnazione satisfattiva, e paga le 500 residue di cui 100 sono spese e 400 è la somma che in sede di distribuzione sarà assegnata a caio. Caso 2: se caio si vuole rendere assegnatario. Davanti a sé ha 100, che sono spese, più 500 (credito di tizio che è davanti a lui) = tot:600, e 1000, valore del bene. Quindi, se vuole diventare assegnatario, deve pagare 1000. Caio versa 100 per spese, e 500 per il creditore ipotecario. Ne mancano ancora 400, che vengono da lui trattenute però a estinzione parziale del suo credito. Caso tre: sempronio ha davanti a se 100 (spese) piu 500 (credito ipotecario) piu 700, cioè un totale di 1300. se il valore del bene è 1000, e l'altra cifra è 1300, allora per diventare assegnatari la cifra di riferimento è 1300. ovviamente qui il soggetto non diventerà aggiudicatario, perché a lui non conviene. Udienza quando, decorsi dieci giorni dal pignoramento ed entro 45 giorni, viene fatta un'istanza di vendita o di assegnazione, le norme che si applicano sono gli artt. 530,569 riguardanti l'uno l'espropriazione mobiliare presso il debitore e l'altro l'espropriazione immobiliare. > per quanto riguarda l'espropriazione verso terzi, l'art. 552 fa rinvio alle disposizioni degli art. 529 e seguenti. > gli artt. 530 e 569 sono abbastanza simili: in entrambi i casi, su ricorso di colui che ha proposto istanza di assegnazione o vendita, il giudice deve fissare un'udienza per la comparizione delle parti. (ciò conferma la sussistenza del principio del contraddittorio — ovvero che all'interno del processo non si discute sul se debba essere fatta l'esecuzione, bensì sul come) > all'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita (ex 530 cpc). > ovviamente — ex art. 569 — non c'è accenno all'assegnazione, perché in relazione a un bene immobile, non è possibile procede all'assegnazione se non dopo un previo tentativo di vendita. Opposizione a atti esecutivi e liquidazione > artt. 530 e 569, disposizioni molto importanti: /e parti devono proporre, a pena di decadenza, le opposizione agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. > l'opposizione agli atti esecutivi, come vedremo in seguito, apre un processo di cognizione che è incidentale al processo esecutivo. > se all'udienza non è ancora decorso il termine per proporre l'opposizione agli atti esecutivi pregressi, e comunque non è intervenuto un altro motivo di decadenza (es. la rinuncia della parte) le parti debbono proporre a pena di decadenza le opposizioni agli atti esecutivi relativi agli atti compiuti sino a quel momento. > l'udienza di assegnazione o vendita forzata forma quindi uno sbarramento nella proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, e quindi nella rilevanza delle nullità processuali avute fino a quel momento. O le nullità sono fatte valere, e quindi le opposizioni devono essere proposte entro questa udienza. Oppure, se non sono fatte valere, esse diventano irrilevanti perché non possono più essere fatte valere in seguito. (tranne le nullità extraformali, che possono essere rilevante sempre in ogni stato e grado del processo) > in sostanza, dopo l'udienza non possono più essere fatte valere nullità derivate, per ripercussione, da atti antecedenti l'udienza. Nell'ulteriore corso del processo, potranno essere fatte valere solo le nullità originarie (formali ed extraformali) degli atti successivamente compiuti > può darsi che all'udienza: * siano proposte opposizioni agli atti esecutivi * oppure, che sia ancora in corso il processo sorto da un'opposizione proposta prima - se le parti raggiungono un accordo sulle nullità, la controversia relativa ai vizi viene risolta, e il giudice dispone | vendita del bene - se le parti non trovano un accordo, il giudice deve decidere l'opposizione prima di disporre la vendita o la assegnazione del bene. Quindi, qui, il provvedimento che dispone la vendita del bene è successivo alla decisione dell'opposizione agli atti esecutivi. 15. LE SINGOLE FORME DI VENDITA FORZATA Vendita mobiliare > Nell'espropriazione mobiliare, la disciplina è unitaria per l'espropriazione diretta e per quella di beni mobili che il debitore ha presso terzi. > l'articolo 552 cpc — rinvia a 529 ss. Cpc. > i modi di liquidazione del bene mobile sono essenzialmente due: * la vendita senza incanto o a mezzo commissionario * elavendita all'incanto. La vendita a mezzo commissionario DEF: la vendita a mezzo commissionario consiste nell'affidare la vendita del bene mobile, che è preventivamente stimato da un esperto, per un prezzo minimo stabilito dal giudice, ad un soggetto il quale lo vende a trattativa privata, attraverso un contratto che egli stipula con l'acquirente. FUNZIONAMENTO > l'incarico è conferito all'istituto vendite giudiziarie, e può essere affidato a un soggetto diverso dall'istituto vendite giudiziarie solo se si tratta di beni con caratteristiche peculiari, che consigliano di rivolgersi a un commerciante esperto nel settore. (532 cpc comma 1) > la liquidazione avviene con un atto che ha la natura di un atto negoziale di compravendita di un bene mobile. > l'atto traslativo, non avviene all'interno del processo esecutivo, ma è delegato ad un terzo. Il processo esecutivo recepisce gli effetti dell'atto traslativo compiuto fra il commissionario e l'acquirente in vendita forzata > il commissionario ha diritto a un compenso che viene stabilito dal giudice (che tratterrà quando verserà il ricavato. Il commissionario, deve inoltre documentare la vendita e versare la somma che ha ricavato nelle casse dell'esecuzione. La vendita all'incanto DEF: la vendita all'incanto, è un'altra modalità di vendita per i beni mobili, prevista ex artt. 534 e 537 cpc. FUNZIONAMENTO > art. 534 cpc: la vendita all'incanto può essere affidata al cancelliere, o all'ufficiale giudiziario, o a un istituto all'uopo autorizzato. > solitamente viene affidata all'istituto vendite giudiziarie. > viene fissata una data per l'incanto, e un prezzo minimo per l'incanto > nei giorni prima dell'incanto l'incaricato si reca a ritirare i beni mobili dal custode, perché la vendita all'incanto dei beni mobili avviene in presenza del bene: chi partecipa alla vendita vede il bene. > l'aggiudicazione, è fatta al miglior offerente. > l'acquirente paga il prezzo e si porta via il bene, il soggetto incaricato della vendita versa all'esecuzione il ricavato, trattenendosi, anche qui, il compenso che gli spetta per legge della vendita dei beni mobili > qui, trasferimento proprietà avviene al momento del pagamento del prezzo: non si applica il 1376 c.c. ciò comporta che a un'analogia negli effetti della vendita non corrisponde un'analogia nel regime dei rispettivi atti. La vendita fallita DEFINIZIONE La vendita fallita è la vendita non effettuata per mancanza di acquirenti. Ciò è possibile quando la vendita del bene non abbia luogo nelle due forme viste sopra, perché non si trova nessuno che offra il minimo prezzo. FUNZIONAMENTO > quindi, qui abbiamo ipotesi della vendita fallita: vendita non effettuata per mancanza di acquirenti. > art. 538 prevede, nel caso di vendita fallita, due possibilità: 1. ochesiabbia l'assegnazione del bene su richiesta di uno o più creditori per il valore di stima che il giudice ha determinato prima di procedere alla vendita dello stesso 2. se nessuno chiede l'assegnazione, l'incaricato effettua una seconda vendita all'incanto a un prezzo base inferiore al 20% rispetto al precedente. (la seconda vendita non può essere fatta per gli oggetti in oro e argento — per il quale deve essere fatta l'assegnazione coattiva per il loro valore intrinseco) > gli artt. 534 bis e 534 ter cpc, disciplinano una forma particolare di vendita di beni mobili registrati: autoveicoli, navi, aeromobili. Il giudice può delegare le operazioni di vendita, con o senza incanto, all'istituto vendite giudiziarie 0, se non vi è l'istituto vendite giudiziarie, a un professionista (notaio, avvocato, commercialista) iscritto nell'elenco tenuto presso il tribunale > il procedimento di vendita su delega dei beni mobili registrati, ha la stessa disciplina della vendita su delega degli immobili (che verrà esaminato dopo) Liquidazione dei crediti FUNZIONAMENTO > perfezionato il pignoramento, si può procedere alla liquidazione dei crediti, che avviene attraverso il trasferimento del credito dal debitore esecutato a un soggetto diverso. > nell'espropriazione singolare (al contrario di quella concorsuale) l'ufficio esecutivo non cura la riscossione del credito: quindi, l'unico modo qui è trasferire il credito ad altro soggetto, che poi compirà l'attività necessaria per la riscossione. > il trasferimento del credito costituisce una cessione forzata del credito. > l'assegnatario è un cessionario e diventa nuovo titolare del credito — e il terzo debitore, a sua volta, diventa debitore dell'assegnatario, e si applicano tutte le regole circa l'opponibilità al cessionario delle eccezioni da parte del debitore ceduto. Il ceduto, può opporre al cessionario tutte le eccezioni che può opporre a un cessionario che sia divenuto tale in virtù di un rapporto di diritto comune. > Ma piccola differenza: al contrario della cessione di diritto comune, che può avere luogo anche senza alcun previo accertamento del credito, qui si possono avere vicende pregresse costituite da dichiarazioni di natura confessoria del terzo debitore, dichiarazioni alla quale il terzo debitore è vincolato. Quindi, le eccezioni del debitore, non possono contrastare col contenuto vincolante delle sue dichiarazioni Il terzo debitore può opporre in compensazione all'assegnatario un controcredito che egli vanta nei suoi confronti. La compensazione non poteva essere fatta al momento della dichiarazione, perché non c'era ancora stato il trasferimento del credito. Quindi se il ceduto è a sua volta creditore del cessionario per altro titolo — è chiaro che l'eccezione di compensazione può essere fatta valere , perché la coesistenza si realizza al momento dell'assegnazione, quindi dopo alla dichiarazione. > se l'assegnazione è avvenuta senza dichiarazione conforme del terzo debitore — quindi a seguito della sua mancata o contestata dichiarazione ex 548 e 549 — abbiamo visto che non sussiste alcuna preclusione alle contestazioni del terzo assegnato > inoltre, il terzo debitore non può opporre all'assegnatario o acquirente del credito le eccezioni che non può opporre al creditore procedente. Credito scaduto FUNZIONAMENTO > se il credito pignorato è già scaduto o scade entro 90 giorni, l'assegnazione è coattiva: non è necessaria la richiesta dell'assegnatario. > art.553 co 1: afferma che assegnazione avviene “salvo esazione”, ciò significa che avviene pro solvendo (il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore) > inoltre, importante art. 553 cpc che richiama art. 2928 c.c: il diritto dell'assegnatario verso il debitore che ha subito l'espropriazione non si estingue che con la riscossione del credito assegnato. Quindi, al momento dell'assegnazione: tutti i due diritti di credito rimangono coesistenti. 3 il creditore assegnatario mantiene i due diritti, uno verso il debitore esecutato e l'altro verso il debitore assegnato — fino al momento del pagamento Nel momento in cui il terzo debitore paga al creditore assegnatario, automaticamente si estingue anche il diritto di credito che l'assegnatario vanta nei confronti del debitore esecutato (per le quantità corrispondenti) > se il terzo assegnatario è insolvente, sul piano del diritto sostanziale il creditore mantiene intatto il suo credito nei confronti del debitore originario. Credito non scaduto DEF: disciplina crediti che scadono oltre i 90 giorni. FUNZIONAMENTO > art. 553: prevede che i crediti che scadono oltre i 90 giorni possono essere assegnati o venduti * sono assegnati se i creditori ne fanno domanda. * Sono venduti se nessuno dei creditori ne chiede l'assegnazione: se il credito è venduto — ciò significa che si trova un soggetto il quale si rende cessionario del credito pagando una somma che è ovviamente inferiore al valore nominale del credito. Ciò perché l'acquirente del credito deve scontare il ritardo nella riscossione, e soprattutto la solvibilità del terzo ceduto: qui la cessione avviene pro soluto, cioè, il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza (solvibilità) del debitore. Garantisce solamente dell'esistenza del credito. * Il problema nasce se invece della vendita del credito, i creditori ne chiedono l'assegnazione: abbiamo visto che nel caso di crediti scaduti o che scadono entro 90 giorni, l'assegnazione è coattiva e avviene pro-solvendo. Invece qui, l'assegnazione ha luogo su domanda dei creditori. Essa, quindi, è pro soluto oppure pro solvendo? Per risolvere, bisogna analizzare art. 553 comma 2: -1) il 553 co 2 non riporta l'inciso salvo esazione. -2) dall'altro lato il 2928 cc + stabilisce semplicemente che se oggetto dell'assegnazione è un credito, sembrano ricomprendere in un'unica disciplina (l'assegnazione pro solvendo) tutte le ipotesi di assegnazione del credito. -3) inoltre + il 553 co 2 equipara la vendita del credito all'assegnazione su domanda. Siccome la vendita avviene pro soluto, si deve pensare che anche l'assegnazione ha luogo pro soluto. Se così fosse — il valore del credito per cui si procede non è più il valore nominale, come ex art. 553 co 1 — ma è un valore scontato, perché il creditore deve tener conto del fatto che non incasserà la somma dopo un certo periodo di tempo, ma anche che si assume su di se i rischi dell'inadempimento e dell'insolvenza del terzo debitore assegnato Decreto di trasferimento > l'offerente all'incanto, o il vincitore della gara di cui sopra, deve versare il prezzo nel modo stabilito nel bando di vendita. Se non versa il prezzo nel termine stabilito, si producono le stesse conseguenze viste in relazione alla vendita senza incanto. > se il versamento viene effettuato, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento, previsto ex art. 586 cpc. > questo decreto, può anche non essere pronunciato dal giudice se ritiene che il prezzo di aggiudicazione sia molto più basso rispetto al valore del bene. > quando avviene il trasferimento? * Parte della dottrina: ritiene che avvenga al momento dell'aggiudicazione. * Art.586 cpc sembra suggerire la soluzione contraria per tre motivi: 1) perché esso stabilisce che il decreto trasferisce il bene all'aggiudicatario 2) perché dichiara il decreto di trasferimento titolo per la trascrizione 3) perché la possibilità per il giudice di non pronunciare il decreto — quando ritiene che il prezzo non corrisponda al valore effettivo del bene, non sarebbe compatibile col già avvenuto trasferimento del diritto della proprietà. Detto ciò: il trasferimento avviene col decreto — e non con l'aggiudicazione. * Laconclusione a cui si è giunti non è contraddetta dall'art. 187 bis disp att cpc dove in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l'aggiudicazione, anche provvisoria, 0 l'assegnazione, restano fermi, nei confronti dei terzi assegnatari o aggiudicatari, in forza del 632 co 2, gli effetti di tali atti in forza Tale disposizione, applica il 632 anche a aggiudicazioni o assegnazioni provvisorie: ciò non significa che il trasferimento del diritto avvenga con tali atti — ma solo che quando il proc eecutivo si estingue, senza che sia completato il sub-procedimento che porta al trasferimento del diritto — il processo esecutivo prosegue limitatamente a tale sub-procedimento, dove si arriva al compimento degli atti che portano al definitivo trasferimento del diritto. * Coldecreto di trasferimento, si dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni ipotecarie. (effetto purgativo vendita forzata si ricava da art. 586 cpc) * l'ipoteca può rimanere con effetto solo se sussiste un accordo fra aggiudicatario e creditore ipotecario (articolo 508 cpc) * l'aggiudicatario, può finanziare il proprio acquisto mediante mutuo ipotecario. In questo caso, si può stabilire che le somme siano versate all'esecuzione contestualmente all'iscrizione dell'ipoteca. Se ciò accade, la trascrizione del decreto di trasferimento deve essere contestuale all'iscrizione ipotecaria (articolo 585 cpc) Titolo per il rilascio > il decreto di trasferimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio, cioè per ottenere la consegna del bene acquistato. La norma prevede che il decreto contenga l'ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto. Ma qui bisogna fare una precisazione: art. 560 prevede che il custode liberi il bene in via amministrativa o prima della vendita quando è disposta l'aggiudicazione o l'assegnazione, tranne che l'aggiudicatario o l'assegnatario non lo esentino da tale compito. Quindi, il decreto è titolo esecutivo per il rilascio solo se aggiudicatario o assegnatario provvedono in proprio, perché, non essendo titolari di pubblici poteri - debbono ottenere il rilascio del bene tramite il processo esecutivo. Vendita fallita > ex 588 cpc: ciascun creditore, può chiedere l'assegnazione del bene immobile per la somma maggiore tra il valore del bene secondo stima da un lato, e dall'altro i crediti aventi prelazione più spese di giustizia (ergo, si applica l'articolo 506 cpc). > l'istanza di assegnazione deve essere fissata almeno dieci giorni prima della data fissata per l'incanto, per l'ipotesi in cui esso vada fallito. > il creditore può chiedere anche l'assegnazione a favore di un terzo. Amministrazione giudiziaria > se non si provvede all'assegnazione, il giudice può provvedere in due modi: > o dispone una nuova vendita: qui il giudice può stabilire nuove condizioni di vendita, oppure fissare un prezzo base inferiore fino al massimo del 25% al precedente. Il ribasso, dopo il quarto tentativo di vendita, può arrivare fino al 50% del prezzo stabilito nel primo tentativo (591 cpc). A un valore inferiore, il bene immobile non può essere venduto. - in caso di ribasso, si percorre nuovo iter: vendita senza incanto, poi, eventualmente, vendita con incanto > o dispone l'amministrazione giudiziaria del bene immobile: l'amministrazione giudiziaria è utile in due direzioni: 1) quando il bene produce frutti da poter soddisfare i creditori: qui il bene viene affidato a un custode, che lo tiene e ne percepisce i frutti, che vengono distribuiti nel corso dell'amministrazione giudiziaria ai creditori. Se con i frutti sono soddisfatti tutti i creditori, l'amministrazione giudiziaria cessa e il bene viene restituito al debitore. Se ciò non accade, nel termine massimo di tre anni — bisogna procedere alla ulteriore vendita del bene. 2) l'altra ipotesi dipende dal mercato: quando le offerte sono scarse, e il giudice vuole aspettare che il mercato si risvegli. Delega al professionista > alcune attività del processo esecutivo possono essere delegate a professionisti : ciò accade per la vendita dei beni mobili e immobili che siano registrati (art. 534 bis e ter, 591 bis e ter) > ove il giudice faccia uso di tale possibilità, al professionista sono affidate le attività previste ex 591 bis: quindi le attività non si svolgono più presso l'ufficio esecutivo, ma si svolgono presso lo studio del professionista stesso indicato: anche la vendita, quindi, non ha più luogo in pubblica udienza. > quindi il professionista: determina il prezzo della vendita, da pubblicità alla vendita, effettua la vendita senza incanto e eventualmente quella successiva all'incanto, provvede ad aggiudicare il bene, riceve il pagamento del prezzo, etc. egli predispone anche il decreto di trasferimento che però resta in caso di delega atto del giudice dell'esecuzione (articolo 591 bis comma 8) > l'articolo 534 bis, per quanto concerne la vendita all'incanto dei beni mobili registrati, rinvia al 591bis. > se sorgono delle difficoltà durante le operazioni affidate al professionista, il professionista può rivolgersi al giudice dell'esecuzione che provvede con decreto. > le parti possono proporre opposizione a tale decreto e avverso agli atti del professionista: il reclamo è deciso con ordinanza, contro il quale è possibile proporre reclamo ex 669 terdecies. Infruttuosità espropriazione forzata > art. 164 bis disp att cpc: prevede un rimedio estremo in caso di infruttuosità dell'espropriazione: stabilisce la norma che il giudice dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo. > qui giudice deve fare un'analisi fra costi e benefici: se costi sono maggiori dei benefici, a questo punto gli conviene chiudere il processo, in quanto non è più utile conseguire l'espropriazione. Gli elementi attivi non liquidati tornano nella disponibilità del debitore. 16. GLI EFFETTI SOSTANZIALI DELLA VENDITA E DELL'ASSEGNAZIONE Natura vendita forzata DOTTRINA: > ci sono stati vari orientamenti nel tempo: 1- natura privatistica 2- natura pubblicistica 3- natura mista: processuale l'attività dell'ufficio e sostanziale quella dell'offerente. 3 Aoggi: - problema maggiormente sopito, ma: - si ritiene che la vendita forzata è un fenomeno essenzialmente processuale: ciò comporta che gli atti che compie l'acquirente sono atti del processo esecutivo, e che il provvedimento di trasferimento — è un atto del processo esecutivo. - la vendita, a oggi la riteniamo come un procedimento giurisdizionale che ha effetti di diritto sostanziale. Di questi effetti si occupano gli artt. 2919 sino a 2929 c.c Acquisto a titolo derivativo > l'art. 2919 stabilisce che la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. > art. 2919: parla non di debitore, ma di colui che ha subito l'espropriazione: perché vi sono anche ipotesi in cui l'espropriazione è subita da chi non è debitore: e in tal ultimo caso, la vendita trasferisce all'acquirente — i diritti che sul bene spettavano al terzo che ha subito l'espropriazione e non quelli che spettavano al debitore. > la vendita forzata, dunque, da luogo a un acquisto a titolo derivativo. La misura dell'acquisto è determinata dalla misura del diritto del dante causa. - in passato si è discusso molto sull'uso dei termini “titolo derivativo” o “titolo originario”: una dottrina ribadiva che il meccanismo previsto ex 2919 non si potesse riferire a un acquisto a titolo derivativo in quanto mancasse il consenso del debitore nella vendita forzata. Certo, se consideriamo il titolo derivato sotto quell'aspetto, diciamo così, consensuale, le cose cambiano: ma coi termini derivativo e originario a oggi facciamo riferimento ad altri fenomeni: * perderivativo, intendiamo + acquisto che postula la sussistenza in capo al dante causa di una situazione sostanziale uguale o maggiore di quella che viene acquistata. Quindi, nell'acquisto a titolo derivativo, il diritto acquistato è dipendente. (tutto ciò è logico da un punto di vista sostanziale) Iscritta ipoteca da tizio contro caio, se successivamente caio vende a sempronio, che poi vende a mevio, che a sua volta vende a fileno, la tutela di tizio si attua dandogli il potere di aggredire fileno e instaurando il processo esecutivo nei suoi confronti. L'esecuzione, che vede fileno come colui che subisce l'espropriazione ex art 2919 — dà all'aggiudicatario un titolo di trasferimento contro l'ultimo effettivo proprietario, fileno. Se — invece della piena proprietà gli atti di trasferimento investono la superficie, l'enfiteusi, o la nuda proprietà — tizio, per ricomporre la proprietà piena, deve procedere a espropriazione contemporaneamente contro il superficiario o enfiteuta fileno e contro il nudo proprietario caio: cumulando gli effetti — si fa acquistare all'aggiudicatario la piena proprietà. B) DIRITTI REALI MINORI Per i diritti minori, appartenenti alla prima categoria di cui sopra, il meccanismo è invece diverso. Esempio: l'1/3 A iscrive ipoteca sul bene di B. il 28/3 è trascritto l'atto con cui B concede una servitù a C. il 15/4 D (altro creditore) iscrive ipoteca di secondo grado sul bene di B. il 30/4 B concede usufrutto sul bene ad E, e il 15/05 F (terzo creditore) effettua il pignoramento contro B. il 30/5 B aliena il bene pignorato a G. il 15/6 è trascritto il decreto di trasferimento nella vendita forzata a favore dell'aggiudicatario di H Il diritto che acquista G non è opponibile ad H perché non è opponibile al creditore pignorante F. Resta da chiedersi se H acquista il bene gravato dell'usufrutto e/o della servitù. Immaginiamo che colui che abbia fatto il pignoramento sia A. l'art. 2812 c.c— stabilisce che al creditore ipotecario non sono opponibili i diritti di servitù, usufrutto, uso e abitazione il cui titolo sia stato trascritto dopo l'iscrizione dell'ipoteca: il creditore ipotecario, quindi, può far vendere il bene come libero. A compie il pignoramento contro B— e non contro gli aventi causa C ed E (come nel caso in cui invece avverrebbe se C ed E fossero titolari di diritti appartenenti alla seconda categoria). Però, il bene, viene venduto libero dai diritti di servitù e di usufrutto — che non sono opponibili ad A perché sorti da un atto trascritto successivamente all'iscrizione dell'ipoteca. Quindi, se il creditore pignorante è lo stesso creditore ipotecario — l'aggiudicatario H acquista il bene pulito come era nel momento in cui è stata trascritta l'ipoteca. Figurativamente, si può dire che gli effetti della vendita forzata non solo retroagiscono al momento del pignoramento, ma addirittura al momento dell'iscrizione dell'ipoteca. Se, come nell'esempio fatto, il creditore pignorante è F — quindi un creditore diverso dall'ipotecario A, quest'ultimo, avvertito ex art. 498 della pendenza dell'espropriazione — può intervenirvi: > se interviene, si porta dietro la sua situazione di inopponibilità di tutti i diritti minori della prima categoria, il cui titolo è stato trascritto dopo l'iscrizione dell'ipoteca. Quindi, il creditore ipotecario — conserva il diritto di far vendere il bene come un bene libero, sia quando è nel processo esecutivo come creditore procedente sia quando interviene all'interno del processo iniziato da altri. (non avrebbe senso che il 2812 valesse nella prima e non nella seconda ipotesi perché in ogni caso ha diritto a vendere il bene libero). > non è detto quindi che l'espropriazione forzata iniziata da F porti necessariamente a una vendita forzata che investa l'aggiudicatario H del bene libero dalla servitù di C e dall'usufrutto di E: bisogna quindi vedere se interviene il creditore ipotecario A: se interviene,il diritto di servitù di C e il diritto di usufrutto di E non sono opponibili neppure all'aggiudicatario. Se A non interviene — la servitù di C e l'usufrutto di E che sono opponibili al creditore F, perché il loro atto è trascritto prima della trascrizione del pignoramento, restano opponibili anche all'acquirente in vendita forzata. > se avvertiti ex 498 cpc i due creditori A e D, interviene solo il secondo e non il primo, cosa acquista l'aggiudicatario H? - al creditore D è inopponibile l'usufrutto (perché tit costitutivo usufrutto trascritto dopo iscrizione ipoteca di D) - ma è opponibile la servitù (perché tit cost della servitù trascritto prima di D) - l'aggiudicatario H se interviene solo D e non interviene A, acquista il bene senza l'usufrutto ma con la servitù. Ricapitolando: se non interviene nessuno, l'aggiudicatario acquista il bene con l'usufrutto e con la servitù. Se interviene il creditore D — l'aggiudicatario acquista il bene senza usufrutto ma con la servitù se interviene il creditore A l'aggiudicatario acquista il bene libero, senza usufrutto e servitù Diritti intrasferibili Perchè il legislatore per i diritti di cui alla seconda categoria prevede che l'espropriazione si faccia contro i titolari dei medesimi e per i diritti di cui alla prima categoria (art. 2812 co 1) che l'espropriazione si faccia ignorando i titolari di questi diritti? La ragione è la seguente: l'espropriazione contro i titolari dei diritti di uso, abitazione e servitù, non è possibile, in quanto i diritti di uso, abitazione e servitù, non sono trasferibili sul piano del diritto sostanziale: quindi non si può formare il titolo di trasferimento fra acquirente in vendita forzata e titolare di questi diritti minori. - però, non si riesce a capire il perché il legislatore inserisce nella categoria dei diritti intrasferibili anche l'usufrutto, che è invece un diritto trasferibile. > i titolari dei diritti indicati ex art. 2812 comma 1 — non divengono esecutati (tranne usufruttuario) perché non sono titolari di un diritto che è suscettibile di essere trasferito: ma il loro diritto, con la vendita, si estingue per incompatibilità, e si trasforma in una somma di denaro che è l'equivalente del diritto estinto (art. 2812 comma 2). > tale credito può essere fatto valere nell'espropriazione con preferenza rispetto alle ipoteche iscritte successivamente alla data di trascrizione dell'atto costitutivo del diritto e quindi anche rispetto al creditore pignorante che non sia il creditore ipotecario. Posizione del titolare del diritto reale minore estinto i titolari dei diritti che si estinguono con l'espropriazione, diventano quindi creditori privilegiati iscritti. > privi i > perché hanno preferenza sui creditori ipotecari posteriori, e sui creditori chirografari > iscritti > iscritti, in quanto in loro credito deriva dalla trasformazione di un diritto che trae origine da un atto trascritto Essendo la loro posizione, è destinata a trasformarsi in un diritto di credito avente ragione di prelazione, risultante dai pubblici registri, essi rientrano nella previsione dell'art. 498 cpc, quindi devono essere avvertiti della pendenza del processo esecutivo. > essi potranno intervenire nel proc esecutivo come creditori potenziali per effetto della vendita, quindi, far valere le loro ragioni sul ricavato. > se poi hanno motivi di difesa nel merito — quindi ritengono di non dover subire l'effetto estintivo — es. perché ipoteca è nulla o prescritta, possono far valere le loro ragioni con l'opposizione di terzo ex art. 619 cpc. - se invece la loro ipoteca è valida, il loro diritto si trasforma in un diritto di credito avente a oggetto una somma di denaro. Il credito ipotecario di A è 100. La servitù di B vale 10. Il credito ipotecario di C è di 50. L'usufrutto di D vale 30. Il credito chirografario di E vale 500. Il ricavato della vendita forzata vale 500. Al creditore ipotecario A spettano 100. poi si soddisfa B per 10, poi C per 50, poi D per 30, e quello che resta va al creditore chirografario. Se A non interviene, la ripartizione del ricavato è la seguente: > niente a B perché la sua servitù non si estingue, essendo stato il relativo atto trascritto prima dell'iscrizione dell'ipoteca di C. 3 50aC. 330. E il resto al creditore chirografario. Acquisto a titolo originario > art. 2919 parla di salvi gli effetti del possesso di buona fede. Avevamo già visto nell'art. 2913 una dicitura simile, dove si fa riferimento a atti di disposizione che compie il debitore esecutato o il custode del bene mobile pignorato — il quale “ va a creare “ un titolo di trasferimento rispetto a quello del creditore procedente, quindi idoneo a sottrarre il bene dall'espropriazione. > Nell'art. 2919, l'acquirente di buona fede non è il terzo che al quale il debitore esecutato aliena il bene mobile pignorato (quindi un acquirente sulla base di un atto di diritto sostanziale) ma è l'aggiudicatario, che fonderà il suo acquisto ex art. 1153 sul titolo astrattamente idoneo costituito dalla vendita o assegnazione forzata, sulla consegna del bene mobile, e sulla buona fede — consistente nella mancata conoscenza che il bene non appartiene a colui che ha subito l'espropriazione. Qui, 2919, la buona fede consiste nel fatto che l'acquirente in vendita forzata non sa che il bene è proprietà di un terzo. Nel 2913, la buona fede consiste nel non sapere che il bene non appartiene all'esecutato. La buona fede, infatti, va vista con riferimento all'elemento carente che impedisce l'acquisto a domino: tale elemento può essere la mancanza di proprietà, come nel caso ex art. 2919— o l'esistenza di un limite al potere dispositivo del diritto, come nel caso del 2913. > quindi, l'ultimo comma del 2926, stabilisce che, versando la somma in questione, l'assegnatario torna creditore del debitore perché il suo credito non è più soddisfatto. > REQUISITO: l'art. 2926 presuppone che si abbia avuta un'assegnazione satisfattiva — perché se l'assegnatario ha versato l'intero valore del bene, sarà quindi quel valore che il terzo troverà nelle casse dell'esecuzione (quindi la somma corrispondente al valore pieno del bene). - in caso di assegnazione satisfattiva, quando l'assegnatario non ha pagato nulla o ha pagato solo parzialmente, allora è necessario reintegrare la somma. Prevalenza del terzo proprietario quando la vendita forzata dà luogo a un acquisto a titolo derivativo, nello scontro fra terzo proprietario e aggiudicatario, chi ci rimette è quest'ultimo, che perde il bene in quanto niente ha acquistato da chi (l'esecutato) niente aveva. L'art. 2921 c.c: da all'aggiudicatario evitto una tutela maggiore di quella che il 2920 da al terzo che perde la proprietà in seguito a vendita forzata: > perché nel caso del 2920 il terzo ex proprietario può soddisfarsi sulla somma ricavata dalla vendita finché non è stata distribuita > invece, nel caso del 2921, si dà all'aggiudicatario non solo il diritto di farsi consegnare il ricavato della vendita, ma, e questo è già stato distribuito, di andare dai creditori per ripetere da ciascuno di essi la somma corrispondente a quella assegnata in sede di distribuzione del ricavato. Cosa che invece il 2920 non consentiva. Vendita forzata e vendita di diritto comune > vediamo le divergenze che sussistono fra vendita forzata e vendita di diritto comune. Esistono alcune differenze, alcune in parte indicate ex art. 2922 c.c: 1) sulla base del primo comma, nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa: quindi colui che acquista il bene in vendita forzata lo acquista nello stato di fatto in cui si trova. 2) sulla base del secondo comma, essa non può essere impugnata per causa di lesione, cioè, non ci può essere rescissione per lesione. In realtà questa norma non è necessaria, perché nella vendita forzata non c'è mai uno stato di approfittamento. 3) la vendita di diritto comune non estingue il diritto reale di garanzia. La vendita forzata, invece, estingue il diritto reale di garanzia sui beni oggetto della vendita Nullità del processo esecutivo (ora si affronta un problema completamente diverso da quelli affrontati sino a ora) > se e in che limiti la nullità degli atti del processo esecutivo può essere fatta valere dall'esecutato come motivo per chiedere la caducazione degli effetti della vendita forzata. * Nell'art. 2929- i soggetti in gioco non sono tre, ma due: la norma stabilisce se e quando colui che ha subito l'espropriazione possa chiedere all'aggiudicatario la restituzione del bene, allegando la nullità del processo esecutivo. Qui non abbiamo un conflitto tra due terzi, aggiudicatario e proprietario, ma fra esecutato e acquirente. > POSIZIONE DEI CREDITORI in caso di nullità del processo esecutivo, i creditori non sono tenuti a restituire quanto hanno ricevuto: quindi l'esecutato non può agire in ripetizione nei loro confronti allegando la nullità del processo esecutivo. - l'esecutato deve fondare le ripetizioni su ragioni sostanziali, non su ragioni di tipo processuale (quindi, esempio, sull'inesistenza del credito) > POSIZIONI AGGIUDICATARIO rapporti fra esecutato e aggiudicatario: - la regola fondamentale è la seguente: la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto nei confronti dell'aggiudicatario. - le nullità del proc esecutivo anteriori al procedimento di vendita, non sono opponibili a acquirente o assegnatario. (anche perché aggiudicatario o assegnatario non è parte del processo anteriore al procedimento di vendita) > NULLITA' - non vi è possibilità che residuino atti nulli del processo esecutivo nella fase anteriore alla vendita: ex artt. 530 e 569 cpc — nell'udienza fissata per determinare le modalità di vendita o di assegnazione, occorre che siano fatte valere tutte le nullità fino a quel momento verificatesi. 1) se sono fatte valere, il giudice non può disporre la vendita fino a che controversia non sia risolta. 2) fanno eccezioni le nullità extraformali che sono rilevabili in ogni stato e grado del processo, quindi possono inficiare ogni singolo atto del processo. - le nullità del procedimento di vendita hanno invece un'altra disciplina, proprio perché l'aggiudicatario o assegnatario è parte di tale fase procedimentale. Le nullità devono essere fatte valere all'interno del processo esecutivo col mezzo dell'opposizione agli atti esecutivi. - quindi, se si verifica una nullità del subprocedimento di vendita, essa è si opponibilie all'aggiudicatario, ma non fuori del processo, a processo concluso. AI contrario, la nullità deve essere fatta con l'opposizione agli atti esecutivi, cioè con uno strumento interno al processo esecutivo: in sostanza , si deve far applicazione del principio dell'onere di impugnazione. > ECCEZIONE: COLLUSIONE COL CREDITORE PROCEDENTE nel caso in cui l'acquirente abbia colluso col creditore procedente — approfittando della nullità per rendersi acquirente, qui, l'esecutato: (chiramente - se viene a conoscenza della collusione durante il processo+ deve proporre l'opposizione agli atti esecutivi del processo) - se viene a conoscenza della collusione dopo il processo + può opporsi anche dopo: qui si configura una sorta di impugnazione straordinaria della vendita forzata. Irrilevanza del diritto di procedere a esecuzione forzata art. 2929 parla di nullità degli atti esecutivi, e non della mancanza del diritto di procedere a esecuzione forzata. - bisogna dire che, considerati gli artt. 530 e 569 cpc — nel prevedere che il giudice possa procedere alla vendita forzata, solo dopo aver risolto le questioni relative alla nullità, che siano state fatte valere, non fanno altro che assicurare, anche nel processo esecutivo, quella pregiudizialità fra rito e merito che il processo di cognizione assicura in maniera automatica, imponendo al giudice di decidere delle questioni di rito prima di quelle di merito. - la contestazione del diritto di procedere a esecuzione forzata da parte del debitore si fa valere con l'opposizione all'esecuzione, che dà luogo a una sospensione facoltativa. - non esiste un momento di raccordo che imponga al giudice di risolvere le questioni attinenti alla sussistenza del diritto di procedere a esecuzione forzata, prima di procedere alla vendita. - ed è naturale che sia così, perché non esiste pregiudizialità fra diritto di procedere a esecuzione forzata e i risultati dell'esecuzione stessa. Se il processo è immune da vizi, il suo risultato è la trasformazione del diritto su un bene in una somma di denaro, che è istituzionalmente equivalente al diritto trasferito con l'aggiudicazione. > poiché la distribuzione del ricavato non impedisce al debitore di contestare, dopo la chiusura del processo esecutivo, la sussistenza dei crediti soddisfatti — agendo quindi in ripetizione dell'indebito — il debitore esecutato non ha motivo di chiedere all'aggiudicatario la restituzione del bene, perché ha la possibilità di farsi consegnare il ricavato che è istituzionalmente equivalente. > quindi, le nullità del processo esecutivo sono più gravi della mancanza del diritto di procedere a esecuzione forzata: - quest'ultima mancanza, non impedisce al processo esecutivo di operare una corretta trasformazione del diritto in una somma di denaro: la trasformazione, insomma, può essere ingiusta ma è attendibile, perché il processo è stato valido. - invece, le nullità del proc esecutivo fanno si che la trasformazione sia inattendibile, che non vi sia corrispondenza fra il bene e il ricavato, perché la trasformazione è operata da un meccanismo viziato (il proc esecutivo). Quindi è del tutto condivisibile che il 2929 non faccia riferimento alla carenza del diritto di procedere a esecuzione forzata: perché la sussistenza di tale diritto non è presupposto per il corretto operare del processo esecutivo. (cfr esempio pag 182) Per quanto concerne il creditore, si possono avere tre casi: A) nel caso in cui il credito sia stato contestato dal debitore, (art. 499) e il creditore abbia tempestivamente attivato un processo di cognizione per avere un titolo esecutivo: — art. 510 commi 2 e 3 — prevedono che il giudice disponga l'accantonamento: cioè il giudice, in tal caso, accantona la somma che eventualmente spetterebbe al creditore per il tempo che serve Ai creditori per munirsi di titolo esecutivo, e in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore ai tre anni. | creditori concorrenti sono tizio, creditore ipotecario per 400, caio, che ha un privilegio, creditore per 200, sempronio, creditore per 500. Se il titolo esecutivo manca a tizio, vengono accantonati 400 La somma accantonata, una volta decorso il termine, è distribuita. > la distribuzione può avvenire anche prima del termine fissato quando tutti i creditori, si sono muniti di titolo esecutivo. 3 in ogni caso, la somma accantonata, è distribuita decorsi i tre anni: se il creditore non ha fatto in tempo a munirsi di titolo esecutivo, la somma è assegnata al creditore successivo. Ripartendo dall'esempio fatto prima: poniamo che tizio abbia il titolo esecutivo, e che caio non c'è l'abbia. Vengono quindi accantonati i 200 di caio. - se caio ottiene il titolo, la cifra accantonata gli sarà distribuita. - se caio non ottiene il titolo dopo tre anni, la cifra non accantonata verrà data al creditore successivo, quindi tizio Questa disposizione, ha sollevato in dottrina dubbi di costituzionalità: l'idea che il creditore privilegiato, possa essere insoddisfatto dopo che siano passati tre anni mentre sta attendendo una sentenza che gli riconosca il titolo, e che al suo posto venga soddisfatto il creditore postergato — è, secondo alcuni — non conforme all'art. 24 della costituzione. A volte, può non essere colpa del creditore se non riesce a ottenere un titolo esecutivo: si pensi al caso in cui il processo per ottenere il titolo esecutivo si congeli perché ad esempio il giudice che decide sul titolo è in stato di gravidanza, oppure perché viene trasferito. Ipotesi dove il creditore che non si vede ricevere il titolo esecutivo non ha benchè la minima colpa. B) nel caso in cui il credito sia stato contestato dal debitore e il creditore non abbia tempestivamente attivato un processo di cognizione per avere un titolo esecutivo: in tal caso — 499 - l'intervento di tali creditori perde effetto. C) nel caso in cui il credito non sia contestato dal debitore, o il creditore abbia un titolo esecutivo: in tal caso, tali creditori partecipano immediatamente alla distribuzione del ricavato In conclusione: una volta approvato il piano di riparto o risolte le contestazioni, il processo esecutivo si chiude con l'emissione dei mandati di pagamento da parte del cancelliere. Domanda di sostituzione DEFINIZIONE: è un istituto nel quale il creditore di un creditore che ha diritto alla distribuzione, può chiedere di essere a lui sostituito proponendo domanda a norma dell'articolo 499 cpc. Es. tizio è intervenuto per chiedere la soddisfazione del suo credito. Caio, creditore di tizio, a sua volta interviene nel processo per chiedere che gli sia consegnata la somma che spetta al suo debitore. Si tratta di un istituto che si inquadra nella logica dell'azione surrogatoria. FUNZIONAMENTO > articolo 511 cpc. > si ritiene che la domanda di sostituzione possa essere avanzata non solo nei confronti di un creditore intervenuto, ma addirittura il creditore sostituente possa effettuare lui stesso la domanda di intervento per il suo debitore, proponendo intervento in nome e per conto del suo debitore, creditore dell'esecutato. > la domanda di sostituzione si effettua nelle forme della domanda di intervento ex art. 499 cpc comma 2, anche se non è una domanda di intervento. Perché quella di intervento, o è già stata proposta dal sostituito, oppure la propone il sostituente per il sostituito; ma allora, deve avere tutte le caratteristiche dell'intervento contro l'esecutato. Invece, l'art. 511 — quando dice proponendo domanda a norma ex art. 499, si riferisce alla domanda di sostituzione, a quella fra sostituente e sostituito. > al momento della distribuzione, il giudice dà al sostituente le somme che spetterebbero al sostituito. Ma, ne caso in cui sorgono contestazioni fra sostituente e sostituito, queste non possono ritardare la distribuzione agli altri concorrenti. Quindi, in caso di contestazione, prima si effettua il riparto e con questo si stabilisce la somma che spetta al sostituito. Poi, fra sostituente e sostituito, si stabilisce a chi deve andare quella somma. Effetti della distribuzione del ricavato Poniamo che il giudice faccia il piano di riparto, che venga tacitamente o espressamente approvato; il cancelliere emette i mandati di pagamento e il residuo va al debitore. Sul piano sostanziale, quale effetto hanno l'approvazione del piano di riparto e la distribuzione del ricavato? Una volta che sono stati riscossi i mandati di pagamento, che margini ci sono per discutere la conformità al diritto sostanziale di ciò che è stato distribuito ai vari creditori? > il provvedimento con cui il giudice distribuisce il ricavato è un atto del processo esecutivo e come tale ha la stabilità degli atti del processo esecutivo. La nullità degli atti deve essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi. Esempio: il piano di riparto è depositato dal giudice, che ha anche fissato l'udienza per la discussione dello stesso. Ma il cancelliere non ha avvertito in tempo le parti che non si sono, quindi, presentate all'udienza. All'udienza non si presenta nessuno e il giudice dichiara approvato il piano di riparto. L'approvazione è un atto nullo — perché non è stata effettuata la prescritta comunicazione alle parti ex art. 596 cpc. Se l'approvazione non è impugnata con l'apposito strumento (opposizione atti esecutivi) nei modi e termini previsti dalla legge — essa diventa stabile, come tutti gli atti del processo esecutivo. > ma supponiamo che gli atti siano perfettamente regolari: che possibilità ha il debitore che ha subito l'espropriazione di contestare la sussistenza di un credito in tutto o in parte soddisfatto e agire per la ripetizione dell'indebito? Il fatto che la somma sia stata percepita dal creditore, in sede di distribuzione del processo esecutivo — forma qualche preclusione alla possibilità per il debitore di affermare che in realtà il credito era inesistente? Problema: stabilità della distribuzione ci sono ostacoli alla ripetizione dell'indebito? > l'effetto stabilizzante della distribuzione, non deve essere confuso con altri fenomeni preclusivi derivanti dall'espropriazione forzata ma in realtà prodotti da atti esterni all'esecuzione stessa. Esempio: il creditore ha una sentenza passata in giudicato come titolo: qui l'ostacolo alla ripetizione dell'indebito, non nasce dalla distribuzione del ricavato, ma nasce dall'accertamento giurisdizionale del credito. L'ostacolo alla ripetizione, qui, sarebbe identico, sia che il pagamento sia avvenuto spontaneamente, fuori dal processo esecutivo — sia che il creditore sia stato soddisfatto in sede esecutiva. > si deve quindi evitare l'illusione di riferire alla distribuzione l'efficacia preclusiva che è invece propria di un atto esterno all'esecuzione. > ma ci chiediamo: la distribuzione del ricavato, ha un'efficacia preclusiva che non ha il pagamento spontaneo? > gli ostacoli alla ripetizione dell'indebito, sono minori quando il debitore ha spontaneamente adempiuto rispetto a quando vi è stata la distribuzione del ricavato? La risposta è NEGATIVA: l'espropriazione forzata ha la funzione di soddisfare crediti — attraverso la surrogazione delle inattività di colui che è obbligato a pagare. Dinanzi all'inattività di colui che è obbligato, c'è l'attività giurisdizionale. Non sussiste alcun motivo per ritenere che tale attività produca effetti ulteriori rispetto a quelli per il quale è prevista, ovvero, sostituire un adempimento. > l'accertamento che l'adempimento è dovuto sul piano del diritto sostanziale costituisce un qualcosa in più e diverso rispetto all'esecuzione forzata. Ergo, dare alla distribuzione del ricavato una stabilità sostanziale preclusiva, che non ha il pagamento spontaneo, significa dare all'esecuzione un effetto eccedente ed estraneo alla sua funzione. > all'inattività dell'esecutato, non può essere attribuita un'efficacia maggiore di quella che ha l'attività spontanea con cui lo stesso esecutato adempie il suo obbligo. È pacifico che il pagamento, di per sé, non impedisce la ripetizione dell'indebito: anzi, ne costituisce un presupposto necessario. - Se l'attività spontanea del debitore, non può essere intesa come manifestazione di volontà che porta al riconoscimento del diritto, a maggior ragione, non può essere intesa come manifestazione di volontà che porta al riconoscimento del diritto l'inattività del debitore in sede di esecuzione forzata (cioè la mancata contestazione, da parte del debitore, nel caso del proc esecutivo, del piano di riparto) in CONCLUSIONE: la distribuzione del ricavato non può avere un'efficacia stabilizzante della distribuzione stessa, perché tale efficacia costituirebbe un effetto eccedente alla sua funzione. Quindi, l'esecutato — terminata la distribuzione, può mettere in discussione il risultato, assumendo e dimostrando che l'effetto prodotto non è conforme al diritto sostanziale.
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