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Riassunto del libro "La democrazia del narcisismo" di Giovanni Orsina, Sintesi del corso di Sociologia Dei Processi Culturali

Riassunto completo di tutti i capitoli del libro "La democrazia del narcisismo" di Giovanni Orsina

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 11/02/2022

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Scarica Riassunto del libro "La democrazia del narcisismo" di Giovanni Orsina e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Processi Culturali solo su Docsity! La democrazia del narcisismo Breve storia dell’antipolitica Giovanni Orsina Introduzione Un sondaggio del 2018 conferma il senso di rancore, frustrazione e risentimento che iniziava a generarsi tra i giovani, convinti di aver subito un furto della felicità. Il 54% di essi, infatti, si sente in credito, cioè ha dato più di quanto ricevuto; il 7% in debito e il 35% ho avuto tanto quanto ha dato. Che oggi vive in Italia a pace, benessere e opportunità senza precedenti, se non si sentono in debito, chi altri o quando mai ci si può sentire? È lecito dubitare che i nostri connazionali stiano chiedendo troppo. Bisogna inoltre chiedersi da chi si sentono traditi: dai politici? Se fosse vero bisogna chiedersi come mai hanno preso impegni impossibili da mantenere; se non fosse vero, allora come mai tanti italiani crederebbero di aver udito questa promessa? Perché i politici non contrastano questa illusione? Da qualche anno ormai le democrazie avanzate hanno a che fare con una forte crescita di forze politiche populiste, ostili all’establishment, radicali nelle proposte e abili a nutrirsi delle emozioni negative. I populismi sono un sinonimo un tentativo di reagire alla patologia: la politica; e sono una conseguenza della crisi del politico, ma allo stesso tempo un tentativo di risolverla. Queste emozioni “antipolitiche” hanno proiettato il nostro paese verso processi di trasformazione che segnano le democrazie avanzate I problemi non ancora risolti. Alle elezioni del 2013, il partito democratico reagisce affidando a Renzi la missione di riformare il sistema; una missione fallita a causa della sopravvivenza dell’antiberlusconismo, i difetti caratteriali di Renzi e un sistema politico deteriorato. Nello stesso periodo però altri fattori hanno portato la Lega a vedere quadruplicare i loro consensi: il declino di Berlusconi, l’ascesa del nuovo leader di sinistra, l’aumento dei flussi migratori e la trasformazione in forza nazionale e nazionalista. Le elezioni del 2018 dimostrano il disgregarsi degli assetti politici, l’incapacità di essi di ricostruirsi rinnovarsi e la crisi del politico, in particolare del politico italiano. La conclusione e quindi facilmente comprensibile: il deperire del partito democratico e di Forza Italia, accompagnati dall’affermarsi del movimento 5 stelle e della Lega come nuove forze egemoni. La malattia della politica democratica però affonda le sue radici in fenomeni che sfuggono al controllo politico: i processi di globalizzazione, le trasformazioni sociali prodotte dall’innovazione tecnologica e lo sviluppo di mass-media e social media. Il libro indagherà sulla nascita e gli sviluppi della crisi della politica. Capitolo 1: il Novecento e le contraddizioni della democrazia Quello democratico è un disegno intrinsecamente contraddittorio: chi vuole sviluppare i suoi principi fino alle estreme conseguenze finirà per aggravarne le contraddizioni e portare il progetto al naufragio; chi desidera salvaguardarla deve pensarla in maniera circolare storica, come esercizio di manutenzione, correzione e bilanciamento. La crisi del politico ha origine nelle contraddizioni della democrazia. La democrazia e i suoi abitanti Cosa si intende per democrazia? La promessa che ciascun essere umano abbia pieno e assoluto controllo sulla propria esistenza e la pretesa da parte degli esseri umani che quella promessa sia mantenuta. Questa promessa-pretesa ha come conseguenza l’assetto sociale democratico fondato sull’uguaglianza delle condizioni. Perché una società di questo tipo possa funzionare nel tempo è necessario che quanti la compongono rientrino in una categoria antropologica. Per cui, la democrazia da un lato garantisce che essi possano essere qualsiasi cosa desiderino senza teoricamente alcun limite; dall’altro, però, funziona solo se desiderano entro certi limiti, ma al contempo li spinge a desiderare fuori da quei limiti. Una prima conseguenza di ciò ha a che vedere con il modo in cui si conosce la realtà. Chi vive in quelle società la conosce di fretta, ama le generalizzazioni facili, le nozioni che hanno un’immediata ricaduta pratica e ignora la conoscenza astratta. Malgrado questa sua superficialità, confida unicamente nel valore delle proprie opinioni. Una seconda conseguenza può essere di natura psicologica: l’uguaglianza democratica rende l’individuo materialista e spiritualmente sterile. La via dell’autodeterminazione integrale non è affatto la via della felicità e gli individui isolati risultano deboli e in competizione. La perfetta uguaglianza e l’abolizione delle gerarchie sono impossibili da raggiungere, per cui chi vive in queste società avrà sempre qualcuno che lo sovrasta. Non avrà possibilità di sfogarsi con una rivoluzione perché non vorrà perdere il benessere che è riuscito a raggiungere, perciò è portato alla conservazione. L’ultima conseguenza è di natura sociologica: la democrazia isola gli individui limitando le interazioni e impedendo convergenze e solidarietà sociale. Non esiste che in sé stesso e per sé stesso. Si parla di isolamento diacronico: l’individuo smarrisce il senso del legame con le generazioni precedenti e le successive. Quest’ultima constatazione si collega con le riflessioni di Tocqueville sul tempo, o meglio sulla perdita di profondità temporale. All’affievolirsi della solidarietà, si scoraggia lo studio approfondito dei fatti storici nella loro individualità e inizia a prevalere un’ottica di breve periodo. In un contesto del genere il successo effimero immediato conta molto di più della gloria duratura. Esistono però dei contrappesi: la religione, capace di ricondurre l’attenzione per le cose dello spirito, di restituirgli ambizioni più alte, solidarietà umana e profondità storica, moderando la frustrazione; la partecipazione alla vita pubblica e l’associazionismo civile e politico, mettendoli a contatto con la realtà; e infine l’interesse bene inteso, capace di mostrare che se la società funziona bene ne trarranno beneficio tutti, così da indurli a limitare i comportamenti antisociali e adottarne di favorevoli alla collettività. Qual è quindi il profilo del cittadino capace di farla sopravvivere nel tempo? Quello di un individuo che rinuncia ad approfittare fino in fondo della promessa di autodeterminazione assoluta che gli viene fatta, perché così gli impone il buon senso dettato dall’esperienza. L’assenza di limiti esterni si regge sulla presenza di limiti interni, la promessa pubblica di autodeterminazione e sulla capacità privata di autolimitazione. L’iperdemocrazia e l’uomo-massa Con la grande guerra, l'assetto sociale democratico giunge a maturazione. Fino ad allora, in Europa vi era una società antica aristocratica. Secondo Tocqueville, non importa soltanto che si arrivi ad una condizione sociale di eguaglianza, ma il come ci si arriva; se attraverso una rivoluzione gli effetti negativi saranno ancora peggiori: maggior isolamento degli individui, convinzione di poter confidare in sé stesso e disprezzo per il prossimo. La grande guerra svolge una funzione di acceleratore e amplificatore dei processi di dissoluzione delle strutture sociali: gruppi minoritari rifiutano considerazioni utilitaristiche e razionali e credono di non avere nulla da perdere. Secondo Tocqueville, i liberali avevano difeso gli squilibri dell’anteguerra su base utilitaristica: salvaguardia della libertà perché rischia di generare progresso morale e materiale. Il conflitto mondiale è uno scontro fra libertà e autorità dal quale emergerà un pianeta pacificato, progressivo, democratico e liberale. Ortega y Gasset ritiene che la malattia del loro tempo sia soprattutto spirituale e che sia scaturita dall'ascesa del livello storico, dal diffondersi della cultura, dallo sviluppo del pensiero, dal progresso tecnologico e dalla democratizzazione delle possibilità esistenziali. Secondo un'analisi dell'epoca interbellica, si individua oltre alla crisi psicologica e politica, quella intellettuale, secondo la quale la civiltà occidentale ha smarrito i principi etici della tradizione, separazione tra il bene e il male, ma anche i parametri di lettura della realtà, distinzione tra vero e falso. Huizinga sostiene che il progredire della conoscenza ha complicato e oscurato le idee: il ragionare umano è diventato antinomico, un pensiero sospeso tra due oggetti che prima parevano escludersi; e ambivalente, un giudizio valutativo indeciso nella scelta. Sconfitta dalla società del benessere, la tradizione marxista si mette a caccia di una molla rivoluzionaria alternativa, trovando la liberazione degli istinti individuali con Marcuse: un marxismo psico-erotico- freudiano destinato alla decomposizione. Che fine fa la politica? Come scopo principale ha la salvaguardia e l'ampliamento degli spazi di autodeterminazione soggettiva. Nonostante ciò, 5 sono gli aspetti colpiti dalla crisi della politica: 1. Il potere: più gli spazi di libertà degli individui si dilatano, meno possibilità ci sono di imporre obblighi o divieti, portando ad una delegittimazione delle forme di potere, al collasso delle autorità e alla perdita di credibilità delle istituzioni. 2. L'identità: una società con obiettivo la liberazione degli individui scoraggia la formazione di identità collettive robuste. 3. Il tempo: la crisi postbellica del marxismo deriva dalla sua perdita di controllo sul tempo, smarrito in un presente che non ha saputo prevedere, ciò che dice sul futuro non è più credibile. Il narcisista vive in un eterno presente. 4. La ragione: emozioni e istinti hanno un ruolo importante in politica e l’ispessirsi delle lenti soggettive crea problemi alla politica poiché moltiplica le visioni del mondo e ne rende impossibile la ricomposizione. 5. Il conflitto: la tendenza del narcisista a psicologicogizzare la realtà sortisce duplice effetto: le ragioni di scontro si dissolvono e i conflitti ideologici vengono sterilizzati, ma la politica è conflittuale e in questo modo perde di senso e di autonomia, il pubblico diventa privato e il privato è pubblico. Il suicidio delle élite politiche Il rilancio della promessa di emancipazione costringe le élite politiche ad un difficile processo di adattamento: - cedono alla pressione ampliando gli spazi di libertà individuale - cercano di ricostruire argini che contengano il dilagare della soggettività L'establishment politico, con l'intento di salvaguardare sé stesso, ha contribuito ad aggravare la crisi della politica. Le élite reagiscono questa crisi su 5 direttive: a. Istituzioni: le forze politiche rispondono alla richiesta di una democrazia ricorrendo alla retorica. b. Diritti: negli anni ‘70 si adotta una lunga lista di provvedimenti legislativi politici, civili e sociali. c. Tecnocrazia: lo stato e la società si intrecciano sempre più strettamente, cresce il potere delle istituzioni giudiziarie. Giurisprudenza: diviene il luogo istituzionale per eccellenza di interpretazione della Costituzione e ne rende possibile la vita concreta. d. Dimensione internazionale: il discorso dei diritti si traduce nella creazione di organismi internazionali che sottraggono potere agli Stati nazionali, indebolendo la politica. e. Mercato: gli individui possono realizzare i propri talenti professionali sottoponendosi alle regole del mercato per avere successo. Ai partiti di sinistra conviene soddisfare la richiesta ampliando il campo dei diritti, mentre i partiti di destra assecondano e arginano la richiesta facendo forza sul mercato. Il problema, ora, è come governare la rivoluzione individualistica combinando il cedere con il resistere. Alla sinistra conviene aprire il discorso dei diritti poiché consente loro di fronteggiare il soprassalto politico e le sue conseguenze. Una forza politica che fa leva sui diritti, infatti, non può essere delegittimata. Inoltre, le forze conservatrici non possono opporsi, per tre ragioni: la spinta al cambiamento si appoggia a valori liberali; chi osa contrastarla viso aperto sarà destinato alla sconfitta; l'evoluzione storica postbellica ha messo in crisi le strutture sociali e religiose sulle quali i partiti di destra avrebbero potuto fare forza. La bandiera dei diritti è un potere compresso e delegittimato che rischia di far appassire l'autonomia e la legittimità della politica. Con il tempo il conflitto fra destra e sinistra deperisce, la convergenza è favorita dalla crisi delle identità collettive e dalla necessità sia delle destre che delle sinistre di rivolgersi al medesimo ceto medio destrutturato. Emergono, inoltre, nuovi attori politici, i populisti, la cui autentica ragion d'essere consiste nel rifiuto del consenso intorno alla linea individualismo-diritti-mercato e nel desiderio di ridare spazio alla politica come impresa identitaria e collettiva. L'attività politica, quindi, è l'amplificatore del narcisismo: bisogna avere un'alta opinione di sé per candidarsi, i politici sono valutati sempre di più sulla base della loro personalità, il politico è un cantastorie. Viene meno il legame fra élite e popolo. Il capro espiatorio Alla politica è stata attribuita la responsabilità di problemi che non aveva più la forza di risolvere. L'establishment ha accolto le richieste dei cittadini come legittime e si è impegnato a soddisfare il progetto di emancipazione soggettiva. L'assoluta autodeterminazione individuale è incompatibile con la condizione umana, resta un'utopia. La politica, dunque, si è autocondannata, accettando l'ampliamento degli spazi di libertà tramite l'emancipazione individuale, accettando di restringere il proprio ambito di intervento per mantenere il controllo, mettendo i cittadini a contatto dei processi decisionali pubblici tramite il decentramento o il referendum. Gli elettori devono votare organismi meno capaci di soddisfare le loro richieste. Il referendum, infatti, è utilizzato per contrastare le istituzioni rappresentative. La politica è responsabile della mancata realizzazione di un progetto irrealizzabile. Gli elettori vogliono soddisfare il proprio bisogno immediato. Capitolo 3: comprendere Tangentopoli La crisi della politica si rivela essere più profonda in Italia, tra il 1992 e il 1993 si assiste al collasso del sistema partitico repubblicano a causa della sua fragile legittimità. La Repubblica dei partiti e la sindrome di Erisittone L'obiettivo è quello di sviluppare sul versante italiano alcune considerazioni sulla vicenda politica dell'ultimo mezzo secolo. Dopo il 1945, la Germania consolida il parlamentarismo razionalizzato, grazie alla convergenza dei due partiti democristiano e socialdemocratico, mentre la Francia nel 1958, a seguito del fallimento del parlamentarismo razionalizzato, lascia il campo ad un semi-presidenzialismo, accentuato partire dal 1962 con l'introduzione dell'elezione diretta del capo dello Stato. In questo modo, Francia e Germania riescono ad addomesticare il conflitto politico: da un lato l'elettore ha una reale possibilità di scelta e può ritenere più ragionevolmente mantenuta la promessa di sovranità, dall'altro lo scontro è contenuto entro i confini di un quadro istituzionale che gode di largo consenso. In Italia, durante gli anni ’70, il sistema politico ha una stabilità labile e precaria a causa dell'impossibilità del partito comunista di accedere al potere, impedendo alle istituzioni repubblicane di consolidare la propria legittimità. Questi, inoltre, sono gli anni di consolidamento dell'antifascismo come ideologia fondante Della Repubblica. L'Italia è carente in almeno tre direzioni: i comunisti italiani non possono andare al potere, la legittimità liberaldemocratica è una creatura delicata, i partiti occupano le istituzioni. La mancanza di una vera e propria scelta elettorale e la vanificazione da parte dei partiti delle garanzie dello Stato di diritto, rendono la Repubblica italiana ancora più lontana dalla ideale democratico di autodeterminazione individuale, per cui, è impossibile costruire una legittimità solida. Giuseppe Maranini mostra i termini del conflitto fra l'ideale della democrazia liberale e la sua incarnazione concreta. La partitocrazia ha deviato la Repubblica su un sentiero che di liberaldemocratico non ha più nulla e deve essere condannata. L'Italia potrebbe proporsi come l'archetipo di una democrazia consensuale, ma la Repubblica trova sbarrata questa strada perché l'Italia ha da sempre preso esempio dai paesi dell’Europa nord-occidentale e i comunisti non sono completamente coinvolti nella gestione del potere. In Italia è in circolazione un terzo modello di democrazia, fondato sulla partecipazione attiva e diretta dei cittadini alla vita pubblica, che incontra la sua fine con la crisi del governo Parri. Questo ideale di democrazia partecipativa mette in seria difficoltà la Repubblica dei partiti: da un lato, la stabilizzazione partitocratica resta fragile e, dall’altro, la democrazia partecipativa e la Repubblica dei partiti sono entrambe figlie del desiderio di palingenesi. Queste Radici comuni consentono alla democrazia partecipativa di attaccare la Repubblica dei partiti. Il sistema politico italiano non riesce ad affermare la propria legittimità, al contrario, è un sistema politico insufficientemente liberale, inclusivo e partecipativo. Alla Repubblica resta solamente la capacità di rispondere alle sfide storiche, la capacità di generare benessere materiale ed è indispensabile per mancanza di alternative. È destinata a diventare un bersaglio per le critiche, un capro espiatorio per le frustrazioni è un oggetto di disprezzo. La risposta si può trovare su due differenti terreni: quello politico, coinvolgendo il partito comunista nella gestione del potere e tramite i governi di solidarietà nazionale, nonostante il partito comunista non sia una possibile alternativa e ci sia scarsa capacità di alleanza; quello istituzionale, moltiplicando le strutture della rappresentanza in modo da coinvolgere più cittadini, allargando il campo dei diritti civili e sociali e ampliando il welfare. L'esplosione del debito pubblico negli anni 80 può considerarsi come un effetto dello scontro fra forze. Ormai il sistema politico italiano è condannato a una fame inesauribile che lo porta a divorare sé stesso, sindrome di Erisittone: - Il partito radicale attacca con veemenza la partitocrazia in nome dei principi della democrazia liberale e partecipativa, ma rimane estraneo al sistema consociativo. - Il partito comunista di Berlinguer nel 1981 è ormai rinchiuso in un vicolo cieco politico, è troppo diverso per questioni etiche: la serietà, l'onestà, la sincerità. L'unica soluzione è quella di attuare un percorso di ricostruzione della sua legittimità con l'integrazione del partito comunista italiano nel gioco politico, ma dopo il collasso dell'unione sovietica il partito comunista entra in crisi e attua un processo di transizione. - Craxi (PSI) denuncia le insufficienze e propone come soluzione un percorso riformistico di ricostruzione con profonda revisione delle istituzioni del ’48. Le spine del potere. Tangentopoli secondo Elias Canetti Il sistema politico italiano necessita un cambiamento profondo, ci si illude che la politica nazionale non serva più a molto perché si crede che la società civile sia in grado di fare da sola e il luogo delle decisioni non è più Roma ma Bruxelles. La Repubblica dei partiti è tollerata per mancanza di alternative, per questo motivo perde di rilievo. Il ceto di governo è accusato di essersi preoccupato di salvaguardare il proprio potere. Negli anni ‘80, però, gli italiani si ritengono soddisfatti della democrazia e solo per pochi la disonestà dei politici è un problema, dimostrando un periodo di alta partecipazione elettorale. Alla classe politica vengono attribuite responsabilità maggiori di quelle che ha. La guida sarà Elias Canetti per 4 ragioni: - il suo approccio letterario che rifiuta schemi troppo rigidi - la sua attenzione alle componenti pre-civili e animalesche - per lui la massa e il potere sono due modi alternativi che gli umani hanno per sfuggire alla morte - con lui si è in un mondo privo di colpe Comprendere la crisi: Massa = il momento nel quale il timore di essere toccati si capovolge nel desiderio di stare stretti e Uniti tutti insieme e le differenze sociali si dissolvono. - La massa aperta è la massa che non si pone alcun limite, è fragile perché esiste finché cresce. - La massa chiusa è quella che si crea per stabilizzare la massa aperta, è quella istituzionalizzata. - Le masse virtuali si formano attraverso i mezzi di comunicazione, è la forma più spregevole di massa aizzata perché gode del linciaggio da distanza di sicurezza.
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