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Riassunto del libro La politica dell'Unione europea, Sintesi del corso di Scienza Politica

riassunto molto dettagliato e completo del libro La politica dell'Unione europea

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Laura.Santinato
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Scarica Riassunto del libro La politica dell'Unione europea e più Sintesi del corso in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! LA POLITICA DELL'UNIONE EUROPEA PARTE PRIMA: DA DOVE VIENE L’UE 1. LA STORIA DELL’UE, | PRIMI 20 ANNI INTRODUZIONE Un punto di svolta dopo la Seconda guerra mondiale (IIWW) fu segnato dal discorso di Winston Churchill a Zurigo nel 1946 dove chiedeva che il continente europeo si trasformasse negli “stati uniti d'Europa” superando guerre e nazionalisti; le prospettive sono: democrazia, prosperità, allargamento e modernizzazione. Non è facile raccontare la storia dell'UE perché ha radici molto profonde, non coincide semplicemente con la nascita delle istituzioni europee, ma è un lungo processo. Un modo per comprendere lo sviluppo dell'UE è guardare alla dinamica tra l'integrazione e le diverse esigenze degli stati europei post IIWW. Si tratta di un resoconto di come gli stati europei hanno lottato per affrontare e plasmare un sistema internazionale in evoluzione con la creazione di istituzioni. TUTTE LE STRADE PORTANO A ROMA Già dall’Ottocento, i liberali vedevano nel commercio internazionale come uno strumento per favorire la diffusione di istituzioni basate sullo stato di diritto e sul rispetto di diritti politici e civili fondamentali. Anche tra il periodo delle due guerre l’idea di un'Europa unita è forte, con il Movimento dell’Unione paneuropea e l'Associazione per la cooperazione europea, soffocati però dagli eventi degli anni 30. Alla fine della IIWW il dibattito torna in auge vito che gli stati si ritrovano a dover ricostruire le infrastrutture economiche e l'ordine politico interno e internazionale, in un mondo pieno di sfide senza precedenti su molti fronti. Il primo problema è che gli stati protagonisti della IIWW dovevano allearsi in uno dei due fronti (USA o URSS) per mantenere l'equilibrio. Si dovevano inoltre trovare delle soluzioni ai regimi totalitari e UK e Francia dovevano arrendersi al fatto di non essere più potenze imperiali e coloniali. Molti leader di svariate fazioni politiche vedevano nella stretta cooperazione europea una risposta alle sfide postesi davanti: l’Europa era già contesa dalle due superpotenze, la Francia era umiliata dalla sconfitta e divisa dalla collaborazione con la Germania nazista, in UK l'economia e l'impero coloniale erano in ginocchio, l’Italia e la Germania erano ormai potenze sconfitte con il grande problema dei regimi totalitari in eredità. L'Europa centro-orientale in risposta alla liberazione sovietica dal nazismo, si proiettava verso una sottomissione a Mosca. Trai paesi europei ini difficoltà si stava diffondendo l’idea che un’unione politica avrebbe potuto far esercitare loro un peso maggiore di quello che avrebbero potuto esercitare da soli. Molti sostenitori dell’integrazione come De Gasperi guardavano all'Europa come un modo per modernizzare gli stati nazione e garantire ai cittadini il soddisfacimento delle esigenze. L'Europa unita serviva a generare consenso per il nuovo ordine basato su welfare e alleanza transatlantica. Questo significava l'accettazione dell'economia di mercato e della democrazia liberale come base, con patti internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, oltre che patti militari come la NATO. Il percorso di integrazione è assolutamente stato caratterizzato da contingenze, improvvisazione ed incertezza a causa dei diversi obiettivi che perseguivano gli stati e delle risorse che avevano. Tutto ciò è visibile al Congresso d'Europa del ‘48 con la presidenza di Churchill, dove vi parteciparono anche Adenauer, De Gasperi, Daladier e Mitterand. Il congresso portò alla creazione del Consiglio d'Europa (CDE) e alla firma della CEDU oltre alla creazione dell’unione doganale ed economica. Questo si accompagnò ad un desiderio di unità, ma la realizzazione rimase una questione aperta. Nel 1950 il mit europei, prendendo forma con la firma del trattato di Parigi del 1951. Obiettivo: avviare un processo di unità europea non stro degli esteri francesi R. Schuman propone di creare la CECA con la Germania ed eventualmente altri paesi attraverso una grande e ambiziosa unità politica ma riunendo le industrie strategiche del carbone e dell’acciaio in un mercato comune con un'unica autorità di governo. | paesi firmatari oltre Francia e Germania furono l’Italia e i tre paesi del Benelux. Il governo francese propose anche la Comunità europea di difesa (CED) con la creazione di un esercito europeo mantenendo un esercito nazionale (salvo per la Germania che non avrebbe dovuto avere quest’ultimo). Il tutto sarebbe stato sotto il controllo NATO e sarebbero state gestite da un ministro europeo della difesa. Il piano fallì, il parlamento francese non rati essere una minaccia militare. La bocciatura della CED trascinò con sé il sogno di creare una Comunità politica europea (CPE), che 1 ò il trattato per la paura della mancata efficienza e della Germania che avrebbe comunque potuto avrebbe combinato CECA e CED. Questo dimostra quanto più facile sia trovare accordo su argomenti economici piuttosto che di sicurezza o politica estera. La firma del trattato di Roma del ‘57 può coincidere con l’inizio della storia istituzionale dell'UE. In quest'occasione i sei stati fondatori rafforzarono la cooperazione della CECA per formare la CEE e l’EURATOM, era un momento di grande entusiasmo per tutti i leader europei nonostante le difficoltà avute per arrivare alla firma del trattato (esperienza negativa CED e per le diverse visioni che gli stati avevano dell’integrazione europea). È grazie a uomini come Jean Monnet che si ritrovarono delle armonie di interessi, facendo sì che chi desiderava un'integrazione maggiore la porta fosse lasciata aperta e chi desiderava mantenere maggiormente la propria sovranità erano assicurati dalla creazione di un libero mercato e di un'unione doganale. Gli obiettivi principali del trattato di Roma erano: Libera circolazione delle merci Libera circolazione dei servizi Libera circolazione dei capitali Libera circolazione delle persone PONE Fin dall’inizio, l'architettura politica e istituzionale dell'UE ha dovuto trovare un modo per dare voce e rappresentanza a interessi diversi. Questo ha portato al coinvolgimento di molte istituzioni diverse e nel 58 la CEE ha adottato e adattato molte istituzioni della CECA; venne anche creata l'istituzione politica del Consiglio dei ministri con la rappresentanza diretta dei sei governi e l'istituzione di un vero Parlamento. Infine, fu istituita la Corte di giustizia della Comunità europea (CGCE). I TRENTA GLORIOSI Il trattato di Roma ha permesso di creare una vera unione doganale, che ha permesso la comunità di relazionarsi come un unico partner commerciale. Il tutto fu un successo, tanto che addirittura il UK chiese di entrare nel 1961. Nel 1967 vennero unite CECA CEE e EURATOM con il trattato di fusione in un'unica struttura: la Comunità Europea (CE). Il primo periodo della CEE: coincide con gli anni d’oro del dopoguerra con un incremento economico enorme. Per questo motivo il periodo fra il dopoguerra e gli anni Settanta viene chiamato “les trentes glorieuses”, inoltre l'economia sociale di mercato trovava consenso in tutte le fazioni politiche di tutto il continente. Lo stato era diventato il centro della vita dei cittadini offrendo i servizi sociali essenziali, occupazione e costruzione di campioni industriali nazionali e soprattutto l'integrazione europea non sembrava essere una minaccia alla sovranità statale. Le prime tensioni: la realizzazione effettiva di un mercato comune si è rivelata essere più difficile di quanto sperato, dato che è necessario il riconoscimento delle regole utilizzate da tutti gli stati per la libera circolazione in tutta la comunità. Gli stati membri pur riconoscendo i benefici di un mercato comune dovevano affrontare le pressioni interne, un esempio è la Francia di De Gaulle che vedeva nell'Europa una limitazione della propria sovranità. De Gaulle era anche avverso all’entrata di UK nella Comunità europea tanto da creare la “crisi della sedia vuota”. In questa crisi mancò la rappresentanza francese per sei mesi > Commissione delle Comunità europee propose l'istituzione di un bilancio autonomo (da finalizzare non più con i contributi versati dagli Stati membri, bensì con i versamenti dei prelievi e dei diritti doganali), ed un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo. La reazione della Francia fu estremamente dura e portò i transalpini a disertare i lavori della Comunità. La politica della sedia vuota, cioè dell'assenza e del boicottaggio di tutte le sedute degli organi comunitari con conseguente arresto dell'attività della Comunità, si protrasse per sette mesi, nonostante i tentativi degli altri cinque paesi membri di raggiungere un accordo con la Francia. La situazione si sbloccò nel dicembre dello stesso anno, a seguito del parziale insuccesso elettorale di De Gaulle, ed anche perché i sette mesi di linea dura francese erano stati in sostanza avari di risultati. La crisi fu formalmente risolta con il compromesso di Lussemburgo, ovvero: i governi degli stati membri della CEE previdero la possibilità di un rinvio dell'adozione a maggioranza qualificata di una delibera del Consiglio nel caso in cui uno Stato membro invocasse il pregiudizio di "propri interessi molto importanti". Interpretato come un diritto di veto, il compromesso di Lussemburgo, ha per lungo tempo impedito che si precedesse a maggioranza qualificata anche nei casi in cui essa era prevista dai Trattati. 2 Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna. IL BIG BANG E LE SUE SFIDE Il consiglio europeo di Copenaghen del 93 ha ribadito l'impegno europeo a estendere l'adesione UE agli stati oltre il muro di Berlino, a patto che rispettassero 3 criteri: - Essere una democrazia liberale - Vere un’economia di mercato funzionante - Disporre della capacità di attuare la legislazione e le politiche comunitarie | criteri di Copenaghen (acquis comunitario) hanno avviato un processo dispendioso di negoziazioni e assistenza vero l'Europa orientale, tanto da dare 18 miliardi in assistenza finanziaria. Nel 2004 si parla di big bang perché si è passati ad essere in 25 stati improvvisamente, e si è arrivati al numero massimo di 28 (ora 27). L’UE era un modo per rendere democratici i paesi usciti dal comunismo, come l’esperienza tedesca e italiana del dopoguerra (con l'integrazione di una economia di mercato aperta). L’allargamento è sempre stato visto come un importante successo dell'UE, anche se tra 2004 e 2007 si registravano comunque importanti differenze sul funzionamento della democrazia liberale. Ovviamente l'allargamento ha portato a nuove sfide: le istituzioni europee erano state pensate per 6 membri quindi il passaggio a 28 ha costituito uno shock, si temeva una paralisi del processo decisionale ma a Nizza e Amsterdam si è risolta la situazione. La dichiarazione di Laeken ha evidenziato che molte questioni non possono essere affrontate solo dagli stati membri e che inoltre vi è un deficit democratico nelle istituzioni europee. Si convoca quindi la Convenzione per il futuro dell'Europa con personalità di spicco nazionali e europee presieduta sa Valéry Giscard d’Estaing. Lo scopo era quello di rendere l'Europa qualcosa di più concreto nella vita dei cittadini, che non fosse solamente un'istituzione tecnocratica tanto che nel 2004 si arrivò a stipulare un trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (TCE). Esso avrebbe comportato molte riforme istituzionali come una nuova formula per il calcolo della maggioranza qualificata, la creazione del presidente del consiglio europeo, la figura del ministro degli affari esteri dell'UE. Il TCE non è mai entrato in vigore perché respinto con i referendum francesi e olandesi nel 2005. IL TRATTATO DI LISBONA E OLTRE In risposta al rifiuto del TCE, nel 2007 viene approvato il trattato di Lisbona. Esso è stato pensato tra il 2005 e 2007, lavorando ai margini del TCE sotto la Guida di Amato, con il ritorno all'idea di un trattato intergovernativo. Il nuovo trattato crea la figura dell’alto rappresentate per gli affari esteri e la politica di sicurezza, spogliandolo del compito ministeriale e mettendolo a capo del servizio europeo per l’azione esterna. Il trattato viene respinto dagli irlandesi e approvato solo nel 2009 dopo ulteriori modifiche. Nel 2008 i leader europei erano sicuri che l'euro avrebbe retto alla crisi finanziaria americana, e gli stati decidono di agire in maniera coordinata, anche se l'armonia durò poco. Il primo segnale di problemi all'euro fu quando l’Irlanda fornì garanzie statali per la solvibilità delle sue banche con la conseguenza che i suoi debiti nel settore privato sarebbero stati trasferiti nel bilancio statale. Lo scossone maggiore è arrivato nel 2010 e il problema è che manca un consenso su come affrontare la sfida e si sono create ulteriori spaccature fra stati membri e cittadine attorno alla questione europea. C'era chi sosteneva che con la crisi l'UE avrebbe dovuto riunirsi politicamente. Il problema non era tanto lo stato delle finanze, ma quanto più l’asimmetria strutturale dei paesi dell’eurozona. La principale frattura politica è stata quella che vedeva la contrapposizione fra paesi del Nord Europa e Europa meridionale, i primi non volevano una politica fiscale comune e gli altri invece auspicavano meccanismi di debito europei e un ministro del tesoro UE. Vennero messe in discussione con la crisi due questioni fondamentali: la solidarietà e il rispetto delle regole. Un'altra crisi contemporanea è stata quella dei migranti, esplosa nel 2015. Ha messo in discussione sia l'UE che la democrazia liberale degli stati membri. Sono stati messi in dubbio i valori degli stati membri e la moralità degli stessi. Tutto ciò ha portato a molteplici linee di frattura; i paesi ex sovietici forse non avevano completamente appreso la visione universalistica UE sostenuta dai paesi fondatori; Polonia e Ungheria sono stati i paesi più riluttanti all’abbraccio dei valori europei 5 universalistici forse perché avevano da poco acquisito la propria indipendenza. Nella questione di migranti, Italia e Grecia pensavano che tutti i paesi europei avrebbero dovuto farsi carico della quota di migranti mentre gli stati che non erano luogo di arrivo dei migranti sostenevano che dovevano essere rimpatriati. La crisi dei migranti ha rischiato di mettere in discussione anche la libertà di circolazione delle persone e per non rischiare ciò si è arrivati all'accordo Schengen > progressiva riduzione dei controlli alle frontiere; è stato poi integrato nel trattato di Amsterdam e ne fanno parte tutti i paesi, meno UK e Irlanda. Le ragioni dello spazio Schengen sono sia economiche (evitare un costo aggiuntivo per l'industria) che politiche (permette ai cittadini di sentirsi parte di uno spazio comune). Molti stati però dal 2015-2016 hanno reintrodotto i controlli alle frontiere con l'aumento delle entrate dei migranti. Questo ha aperto una vecchia questione, chi esercita il controllo sui confini? Un'ulteriore crisi si ha con la questione Brexit: nel 2016 il 52% dei britannici firma per uscire dall'UE. UK è sempre stato uno stato a disagio nell'UE perché non ne condivideva molti obiettivi, ma era comunque un pilastro importante per quanto riguarda l’economia rafforzata e la libera circolazione delle persone. | movimenti politici contrari all'UE erano lo UK indipendence party e alcune parti del Partito Conservatore. Dopo il referendum, sono passati due anni di negoziati e il 31 gennaio 2020 hanno definitivamente abbandonato l'Europa. La Brexit ha causato due problemi: - crisi dell'obiettivo Ue, ovvero che l'integrazione sarebbe stata sempre maggiore fomentando il senso di appartenenza nazionale e non comunitaria - in discussione il metodo Monnet di portare avanti un’integrazione lenta e per step crisi economica, crisi dei migranti e Brexit hanno messo in discussione l'UE allo stesso livello del dopoguerra. CAP. 3. LE TEORIE DELL’INTEGRAZIONE PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO DI UNA TEORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA? Le teorie dell’integrazione sono utili per farci capire quattro questioni essenziali 1. questione ontologica: capire esattamente cosa stiamo guardando, chi sono gli attori chiave della politica, cosa guida il loro comportamento e con quali conseguenze 2. questione di previsione: possono permetterci di capire il percorso che ci porta verso dove vogliamo andare 3. questione di rilevanza: spiegare perché l'UE è importante questione di scienza: cercare di capire perché degli stati sovrani abbiano deciso di governare assieme degli ambiti di policy destinati al governo nazionale tradizionalmente IL DIBATTITO TRA POLITICA COMPARATA E RELAZIONI INTERNAZIONALI La comunità europea ai suoi albori non solo presentava una nuova realtà politica, ma anche una sfida per gli studiosi. L’UE è stata quindi un importante esempio di intensa cooperazione e interdipendenza fra stati sovrani che fino a poco tempo prima erano nemici. | dibattiti intellettuali attorno all’UE si sono fatti importanti negli anni Novanta quando si è capito che stava diventando una realtà concreta. Ora si presentava la questione se fossero più adatti gli studiosi di politica comparata o di relazioni internazionali per affrontare la questione. Coloro che hanno adottato l'approccio tradizionale hanno riprodotto la classica divisione già presente negli studi di relazioni internazionali tra intergovernativismo (realismo) e neofunzionalismo (liberalismo). | sostenitori della politica comparata hanno sostenuto che l’UE fosse un sistema politico che prende deci: ioni sulla distribuzione delle risorse nella società. Per loro occorrevano strumenti per capire come funzionavano le istituzioni europee. E gli strumenti usati per studiare gli stati come federalismo e istituzionalismo secondo loro erano più utili rispetto ad altri. REALISMO E INTERGOVERNATIVISMO Il realismo ha dominato il panorama degli studi internazionalistici per tutta la guerra fredda; in questa prospettiva si premette che il SI è anarchico e che gli unici attori rilevanti sono gli stati, i quali possono contare solo su sé stessi. Ciò che conta sono il potere e la capacità materiale di incidere sul comportamento degli altri stati. il clima è di perenne paura e incertezza e si è alla continua ricerca dell'equilibrio di potere dato che quest’ultimo è visto come un gioco a somma 0. Se gli stati scelgono di stipulare accordi con altri stati è solo per interesse personale per garantirsi la sopravvivenza, quindi, l'integrazione europea non comporta la sostituzione dello stato, ma il suo salvataggio. L’intergovernativismo è l'adattamento del realismo allo studio dell’integrazione europea. Sostiene che siano gli interessi degli stati a guidare il processo di integrazione. Anche se l'integrazione si è mossa molto più velocemente rispetto a quello che pensavano i realisti, essi sostengono che comunque si è mossa in settori non strategici. Inoltre si sono create sì delle forme di cooperazione, ma senza cedere il controllo ultimo a un'istituzione sovranazionale grazie al potere di veto. Secondo questa teoria gli stati sovrani si sono limitati a rendere l’integrazione europea un mero accordo tra stati sovrani perché c'era troppa differenza tra essi per l'emergere di un’autorità politica comune. Anche a seguito della caduta del muro e dello slancio in avanti dell'UE, i realisti non abbandonavano le proprie posizioni. Il delicato equilibrio post 89 avrebbe fatto sì che non si sarebbe potuta sviluppare una potenza egemone europea rendendo molto più facile per tutti gli stati europei scegliere di integrarsi senza il timore che un partner più potente avrebbe potuto calpestare i loro interessi. Per loro la fine della guerra fredda significava instabilità e un nuovo equilibrio con tensioni. All’alba del 2000, il lancio della moneta comune era un buon pretesto per spiegare gli interessi degli stati dato che nell’eurozona vi erano entrati anche paesi del patto di Varsavia. Di recente è stato inaugurato il nuovo intergovernativismo per comprendere perché l’accelerazione dell’integrazione dopo la crisi finanziaria, non vi sono stati sostanziali cambiamenti. Gli stati hanno addirittura intensificato la loro cooperazione, però attraverso strutture che controllano e garantiscono la difesa degli interessi nazionali. Le istituzioni come il MES , creato per aiutare gli stati in difficoltà assomiglia più a una istituzione internazionale come il FMI piuttosto che alle istituzioni UE. NEOFUNZIONALISMO E LIBERALISMO Il liberalismo ha lo stesso assunto di base del realismo, ovvero che l’arena internazionale è anarchica per poi giungere a diverse conclusioni: la mancanza di autorità porta gli attori al self-help e alla cooperazione. Quindi è possibile la pace grazie a meccanismi che portano alla fiducia reciproca degli attori: la cooperazione porta il gioco ad essere a somma positiva per cui è molto più conveniente cooperare dati i vantaggi assoluti di tutte le parti coinvolte; vale anche e soprattutto per l'integrazione europea. Alcuni affermano che le O.l. possono raggiungere una grande autonomia dagli stati imponendo l'ordine attraverso delle loro decisioni. Il neofunzionalismo è uno dei principali approcci teorici dell’integrazione europea e deriva proprio da liberalismo. Funzionalismo: l'integrazione fra stati diventa indipendente nel momento in cui ci si concentra su funzioni, interessi tecnici e settoriali. Parti della società possono condividere interessi comuni al di là dei confini nazionali. L'impronta funzionalisti ca si vede in due grandi teorici dell’integrazione europea quali Monnet e Schuman nell'esperienza della CECA. L'integrazione funzionale di un settore, secondo loro, avrebbe potuto creare uno slancio per l'integrazione di altri settori. Neofunzionalismo: la complessità delle politiche pubbliche moderne crea l’effetto spill-over perché l'integrazione in un settore ha conseguenze anche in un altro. Gli attori spingeranno per avere più integrazione per affrontare interessi comuni e condivisi. (passaggio da low policies a high policies per la crescente ricaduta a causa dell’integrazione). Le istituzioni sovranazionali inoltre avrebbero potuto agire sulla base delle loro scelte per creare maggiore integrazione. Il neofunzionalismo è stato l'approccio principale negli anni 80 perché vi è stato un effetto a catena enorme in cui si è passati da semplici politiche economiche fino a politiche pubbliche e così via. Secondo i neofunzionalisti è stata proprio la logica neofunzionalista ad aver spianato la strada verso un mercato unico. La differenza fra neofunzionalismo e integroverna 1. intergovernativismo: poco più di una cooperazione rafforzata, lo stato si comporta con una logica di redistribuzione del potere nelle relazioni e non secondo politica interna 2. neofunzionalismo: base di un nuovo tipo di ordine internazionale, la politica interna è vincolata. L’intergovernativismo liberale: gli stati agiscono in base a preferenze che emergono da lotte tra diversi gruppi sociali ed economici. Gli stati non sono per forza attori unitari, vi sono alcuni interessi che prevalgono su altri e l'integrazione avviene perché gli stati pensano sia utile al perseguimento dei propri obiettivi. FEDERALISMO Il manifesto di Ventotene: 1941 da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli in esilio dal regime fascista che chiedono un'Europa liberale e unita guardando all’EU come una federazione di stati per garantire la democrazia e la stabilità, al fine di superare il nazionalismo 7 aumenta per i vari trattati commerciali, ambientali, ecc. le conclusione del consiglio europeo contengono sempre più spesso dichiarazioni su questioni di politica internazionale. 5. Giustizia e affari interni: è il CE che ha definito le linee in questi campi. È il CE il luogo in cui avvengono molte discussioni importanti come quelli per la gestione dei flussi migratori. Il trattato di Lisbona ha previsto una clausola di attivazione del freno di emergenza in tre settori relativi alla giustizia e agli affari interni.: le misure di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale dei lavoratori migranti, la cooperazione giudiziaria in materia penale, la fissazione di forme comuni per alcuni reati. Si può aggiungere poi un sesto ambito che riguarda le nomine che il CE è chiamato a fare: il suo presidente permanente, l'alto rappresentante per la PESC, il presidente il vice e i membri del comitato esecutivo BCE, il presidente della Commissione, e poi esprime la preferenza nel processo di nomina del segretario generale del consiglio. IL PROCESSO DECISIONALE ci si incontra due volte per semestre ma se il presidente lo trova opportuno può convocare anche riunioni straordinarie. Le riunioni si tengono a Bruxelles. La durata ordinaria delle riunioni è di due giorni. Il presidente del Consiglio europeo assicura la preparazione e la continuità dei lavori. Il presidente del CE con la collaborazione della presidenza di turno del consiglio e con il presidente della commissione, prepara un progetto di orientamenti per le conclusioni del CE. L'agenda delle riunioni è molto densa e alcuni temi sono sempre presenti perché molto importanti, altri invece dipende dalle circostanze. Uno dei temi maggiormente discussi è quello della crisi migratoria. Il consiglio europeo comincia nel pomeriggio: ha luogo una sessione plenaria in cui il leader del PE è presente. Poi segue una cena, importante per lo scambio delle opinioni informali. Il dopocena è dedicato a incontri bilaterali organizzati dal presidente. Nella notte i funzionari stendono le bozze delle conclusioni, oggetto della sessione plenaria del giorno successivo. Alla fine saranno adottate le decisioni e si potranno tenere le conferenze con la stampa. Il presidente del CE ha il compito di favorire il raggiungimento del più ampio accordo possibile. In caso di conflitti può addirittura sospendere le sessioni. Il CE si pronuncia per il consenso e l'unanimità si ritiene raggiunta quando non vi sono voti contrari + regola dell'astensione semplice: l'astensione dei membri nulla osta all'adozione delle deliberazioni del CE per le quali è richiesta l'adesione. Tuttavia a volte il CE può procedere a una votazione, valida se sono presenti i due terzi dei rappresentanti. La maggioranza qualificata viene calcolata come nel Consiglio: favorevole almeno il 55% dei membri che rappresentano il 65% della popolazione. Alcune rare volte si vota a maggioranza semplice. Il segretariato generale del consiglio redige un verbale di ogni riunione con decisioni e dichiarazioni. CAP. 5. IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA LA COMPOSIZIONE è composto da un rappresentante di ciascuno stato membro a livello ministeriale abilitato a impegnare il governo dello stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto. + un membro del governo per stato membro (es ministro) e nel caso di paesi federali possono esservi più membri. Vi sono ora 10 formazioni nel CUE. Le formazioni del Consiglio sono stabilite con decisione del CE a maggioranza qualificata. Nonostante questo, il consiglio è un unico soggetto, e da ciò derivano tre conseguenze: 1. qualsiasi formazione del consiglio può adottare un atto giuridico relativo a una materia che ricade nelle competenze dell'UE. Quindi un atto del consiglio ha lo stesso valore giuridico indipendentemente da quale sia la formazione che lo ha elargito. 2. Assenza di gerarchie tra le diverse formazioni, anche se il consiglio Affari Generali ha un ruolo di coordinamento di tutte le altre formazioni e prepara le riunioni del consiglio europeo. 3. Le norme applicabili alla presidenza valgono per tutte le persone che esercitino la presidenza di una delle formazioni dell’insilaggio. Compresa quella affari esteri. Vi sono raramente delle riunioni congiunte di formazioni, chiamate sessioni Jumbo. 10 Il consiglio può riunire per delle riunioni informali dei ministri con lo scopo di favorire uno scambio su vedute di temi di grande rilevanza. Il consiglio affari generali è composto dai ministri degli affari europei degli stati, e ha il compito di garantire la coerenza dei lavori di tutte le formazioni del Consiglio, preparare le riunioni del CE, e assicurare che le decisioni prese da quest'ultimo vegano implementate. Il consiglio affari esteri invece è formato dai ministri degli esteri ed elabora l'azione esterna dell'UE secondo le linee strategiche definite dal CE e assicura la coerenza dell'azione comunitaria. Il consiglio economia e finanza è formato dai ministri dell'economia e delle finanze, è responsabile della politica economica, delle questioni sulla fiscalità, dei mercati finanziari e dei movimenti di capitali, oltre che dalle relazioni economiche con i paesi terzi. Prepara il bilancio annuale e si occupa degli aspetti giuridici della moneta unica. Coordina le posizioni UE con FMI e Banca Mondiale. Hanno dato vita, inoltre, all'Eurogruppo che si occupa della preparazione delle riunioni del vertice euro. Alle riunioni del consiglio possono partecipare anche funzionari o assistenti, con 4 o 5 persone per unità, il compito è far sì che il capo della delegazione sia sufficientemente informato. La sede del consiglio è a Bruxelles, anche se alcune sessioni si tengono a Lussemburgo. | lavori del consiglio sono preparati dal comitato dei rappresentanti presso l'UE (COREPER): rappresentanti permanenti presso l'UE, si divide in sue parti: — COREPER parte prima: rappresentati permanenti aggiunti — COREPER parte seconda: rappresentanti permanenti il COREPER non è un organo decisionale , gli accordi in esso raggiunti possono essere messi in discussione dal consiglio. È un organo preparatorio dei lavori e delle decisioni del consiglio, serve a coordinare e preparare i lavori delle formazioni e cercare un accordo fra i governi nazionali. Ogni decisione del consiglio è accompagnata da un rapporto del Coreper in cui si evidenzia il grado di consenso tra i rappresentanti permanenti su una determinata questione e vengono illustrate le varie opzioni. Il Coreper Il è presieduto dal rappresentante permanente e il Coreper | dal rappresentante permanente aggiunto dello stato membro che esercita la presidenza del consiglio affari generali. | punti all'ordine del giorno del Coreper sono discussi alla vigilia degli incontri dai più stretti collaboratori dei rappresentanti che si riuniscono in “Gruppo Mertens” e “Gruppo Antici” | lavori del Coreper sono preparati dai comitati specializzati e da circa 150 gruppi di lavoro noti come organi preparatori del consiglio. Uno dei più importanti è il Comitato economico e finanziario, promuove il coordinamento delle politiche degli stati membri per il funzionamento del mercato interno, valutando la situazione economico finanziaria e prepara una relazione periodica. Il Comitato di Politica economica ha poi il compito di elaborare raccomandazioni strategiche sulle politiche strutturali per il miglioramento del potenziale di crescita e dell'occupazione e fornire sostegno al comitato economico e finanziario con il monitoraggio dell'evoluzione macroeconomica a breve termine. Il comitato speciale agricoltura si riunisce settimanalmente per preparare i lavori del consiglio agricoltura e pesca. Il comitato politico e di sicurezza è composto dagli ambasciatori degli stati membri e presieduto da un rappresentante dell'alto rappresentante. Si riunisce due volte a settimana e deve seguire l'evoluzione della situazione internazionale consigliando strategie e opzioni politiche al coniglio, garantendo il controllo politico e la direzione strategica delle operazioni. | gruppi di lavoro sono generalmente istituiti tramite una decisione del Coreper e sono formati da delegati di ciascuno stato membro. Dal 2009 la presidenza al consiglio è esercitata da gruppi predeterminati di tre stati per 18 mesi che compongono il trio di presidenza seguendo un sistema di rotazione paritaria degli stati membri che tiene conto della diversità e degli squilibri tra essi. Ogni trio di presidenza inaugura il suo mandato presentando un programma di 18 mesi che verrà poi articolato in tre programmi 11 semestrali. Lo stato che esercita la presidenza ha il compito di garantire la presidenza di tutti gli organi preparatori del consiglio della maggior parte degli organi preparatori orizzontali relativi alla PESC e PSDC. Se non riesce a garantirlo, la funzione può essere svolta da un delegato del trio di presidenza o della presidenza successiva. | compiti della presidenza sono articolati: devono sia preparare le riunioni che il loro svolgimento. Nello svolgimento delle riunioni la presidenza persegue l'efficienza, premurandosi che le discussioni siano su temi considerati dal Coreper o dai comitati con sultivi. Non aggiunge punti all'ordine del giorno, si astiene dal fare lunghe presentazioni e introduzioni dei singoli punti dando per scontato che le delegazioni siano già informate. La presidenza agisce da mediatore con il compito di inquadrare il dibattito e di suggerire testi di compromesso. Un paese può esercitare parecchi vantaggi dalla presidenza: esposizione ai media, centralità nella politica comunitaria e possibilità di incidere nell'agenda. Infine un altro vantaggio è l'accesso diretto a informazioni sensibili sulle preferenze di policy degli altri paesi. Vi sono anche degli svantaggi: uno è la grande mole di lavoro, poi le pressioni di dover raggiungere accordi può portare la presidenza su posizioni distanti dall'interesse nazionale ed infine, una presidenza senza successi può gettare un'ombra sulla qualità e sulle capacità della classe politica di un paese. Il consiglio è coadiuvato dal segretariato generale, un membro del quale assiste ogni riunione a qualsiasi livello del consiglio. | funzionari, infatti, illustrano il dossier in discussione e per informare a riguardo del contesto politico. Fornisce consulenza e sostegno ai membri del consiglio UE e al CE. I POTERI Il Consiglio dell'UE svolge quattro funzioni: - Legislativa - Esecutiva - Orientativa - Di discussione La funzione legislativa si attua su proposta della commissione e in cooperazione con il parlamento europeo. Nel tempo i rapporti tra PE e CUE sono diventati con iltempo sempre più collaborativi anche se non mancano forti tensioni. Comunque i dossier adottati nella prima o seconda lettura sono aumentati al 97%, dato che deve essere messo in relazione all'aumento di incontri informali tra rappresentanti delle due istituzioni (a discapito della trasparenza. A dire il vero, il CUE non è privo di potere di iniziativa legislativa, infatti, deliberando a maggioranza semplice può chiedere alla commissione di procedere agli studi che esso ritiene più opportuni. Il Consiglio ha poi la possibilità di adottare raccomandazioni o opinioni che possono generare pressioni sulla commissione per proporre iniziative legislative. La presidenza semestrale ha poi numerosi modi per intervenire sull’agenda. Il consiglio è poi responsabile del coordinamento di politiche degli stati membri in ambiti come la politica economica, la politica di bilancio o la politica di occupazione. Inoltre esso è anche detentore di importanti ruoli esecutivi perché tramite comitati creati con funzionari nazionali, essi non sono formalmente parte del consiglio ma sono comunque legati ad esso. Il consiglio conclude poi gli accordi internazionali dell'UE prima negoziati dalla commissione sulla base di un mandato dello stesso CUE. In ambito di PESC il Consiglio ha una particolare importanza perché spetta al consiglio stabilire gli obiettivi e la durata delle operazioni militari e il dispiegamento delle forze inviate nelle aree di crisi. Il consiglio poi ha una funzione politica perché è il luogo di confronto e mediazione tra gli interessi nazionali dei diversi paesi, con diversi incontri tra ministri e rappresentanti permanenti per sviluppare una cultura del compromesso. IL PROCESSO DECISIONALE Il processo decisionale nel consiglio è lungo e articolato; sulla base delle decisioni della presidenza il consiglio adotta l'ordine del giorno all’inizio di ogni riunione (modifiche solo a unanimità).l’ordine del giorno si articola in deliberazioni legislative e attività non legislative, a loro volta suddivisi in punti A e punti B, solo i punti a delle deliberazioni legislative vengono adottati in seduta pubblica. 12 A. Ex ministri o sottosegretari dei governi nazionali B. Sievita di nominare persone di partiti estremisti o antieuropeisti C. una commissione con rappresentanti di un solo genere difficilmente otterrà la fiducia del Parlamento Europeo Il presidente il presidente ha il compito di imprimere una linea politica coerente all'operato dei commissari, - definisce gli orientamenti nel cui quadro la commissione esercita i suoi compiti - ha anche il potere di rimuovere un commissario dal suo incarico - rappresenta la commissione presso e altre istituzioni europee e sulla scena internazionale | portafogli dei commissari I commissari si occupano dello sviluppo delle politiche in un determinato settore di competenza chiamato portafoglio. Alcuni portafogli tendono ad essere specifici, altri più Generali: tutto dipende da come il presidente decide in piena autonomia di organizzare il lavoro del collegio dei commissari. Ciò non vuol dire che il presidente non sia soggetto a pressioni quando deve allocare gli ambiti di responsabilità. Il presidente può modificare la ripartizione delle competenze nel corso del mandato. I gabinetti I commissari possono contare ciascuno su di un gabinetto, la cui dimensione varia dalle 29 persone per il presidente alle 16 persone. | membri del gabinetto devono essere di almeno tre Paesi diversi ed è preferibile che il capo di gabinetto provenga da un paese diverso rispetto al commissario con cui lavora. | membri dei gabinetti svolgono dei compiti: essi preparano tutte le decisioni che il commissario deve prendere raccogliendo informazioni da varie fonti, partecipando alle riunioni con i rappresentanti di altre istituzioni e rappresentanti di interessi di varia natura, negoziando con gli altri gabinetti. LA STRUTTURA AMMINISTRATIVA La commissione dispone di una struttura amministrativa con complessa. è composta dalle direzioni Generali DG, dalle agenzie ed agli altri servizi che rendono possibile il lavoro della commissione. Si tratta di un apparato dai numeri contenuti. Molte delle divisioni amministrative portano il nome di direzioni generali, che sono servizi settoriali o policy-oriented. Le dimensioni delle dg variano in base alle loro funzioni nonché a livello di expertises. Le direzioni generali hanno una struttura terna vel ale piramidale. Al vertice si trova il direttore generale, scelto dal collegio dei commissari sulla base di alcuni criteri, tra cui la sua competenza ed esperienza, la sua nazionalità, l'equilibrio geografico tra Paesi, la rotazione delle cariche e le pari opportunità. Il direttore generale è il principale interlocutore del relativo commissario: Il commissario decide gli orientamenti che il direttore generale dovrà seguire nella sua azione; il direttore generale verrà sempre informato il commissario di ogni dossier, decisione o problema dovesse incontrare nell'espletamento dei suoi compiti. | direttori generali dispongono di un notevole margine di manovra per concepire le politiche settoriali di loro competenza. I servi; Le DG si occupano di molte cose: ®@ preparano documenti strategici e proposte legislative, @ stendono piani di azione e programmi di lavoro, e collaborano all'implementazione degli atti legislativi, e oltrea valutare l'impatto delle politiche. Alle DG si affiancano i servizi della commissione, che si occupano di questioni amministrative più Generali o questioni tecni che specifiche. Il segretariato generale è funzionalmente dipendente dal presidente della commissione. Il segretario generale: - Gestisce i processi decisionali della commissione - garantisce che le politiche dell'Unione siano in linea con le proprietà puliti del presidente. - Contribuisce a definire gli obiettivi strategici della commissione, - formula politiche intersettoriali, - risolve eventuali problemi di gestione e coordinamento che dovessero emergere nell'operato delle varie DG, 15 - coordinala pianificazione e programmazione delle iniziative della commissione, - Favorisce lo sviluppo di un'amministrazione Europea trasparente. Le agenzie esecutive Ultime componenti dell'apparato amministrativo della commissione sono le agenzie esecutive. Sono create dalla commissione per un periodo di tempo limitato per gestire compiti specifici relativi a programmi dell'unione, sono anch'esse perlopiù basate a Bruxelles. Le altre agenzie Le agenzie esecutive non vanno confuse con altre tipi di agenzie dell'Unione, che hanno lo status di entità giuridiche separate, istituite per eseguire compiti specifici. Queste altre agenzie si dividono in 1. agenzie decentrate, che contribuiscono all'attuazione delle politiche dell'Unione e rafforzano la cooperazione tra l'unione e i governi nazionali. 2. Agenzie perla politica di sicurezza e di difesa, istituite per svolgere compiti molto specifici di natura tecnica, scientifica e amministrativa nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell'Unione. 3. Agenzie e organismi di EURATOM, ossia organismi costituiti per contribuire alla realizzazione degli obiettivi del trattato che istituisce la comunità europea dell'energia atomica. 4. altre organizzazioni, in cui sono compresi organismi istituiti nell'ambito dei programmi dell'Unione e dei partenariati pubblico-privato tra cui la Commissione Europea e l'industria. I POTERI DELLA COMMISSIONE EUROPEA La commissione ha un numero di poteri classificabili in quattro categorie: potere di iniziativa; potere di controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione; competenze di esecuzione e poteri normativi e consultivi. 1) Potere di iniziativa La commissione ha il monopolio dell'iniziativa nel processo legislativo dell'Unione ed elabora le proposte degli atti che dovranno essere adottati dal Parlamento e dal Consiglio. Il consiglio e, quando previsto, il Parlamento, non possono decidere senza una proposta della commissione e quando lo fanno devono basare la propria decisione sulla proposta presentata da quest'ultima. La commissione è oggetto di pressioni da parte delle istituzioni europee, dei governi nazionali, le autorità regionali o locali, di rappresentanti di interessi privati nonché multinazionali e imprese. Di tutte le proposte originati dalle istituzioni europee, quelle che la commissione considera politicamente più vincolanti sono quelle del Consiglio Europeo. Una rete di comitati Nella formulazione di una proposta legislativa la commissione fa anche uso dei contributi esterni ricorrendo a un'ampia rete di comitati. Questi si dividono in comitati di esperti, Expert committee o comitati consultivi, consultive committee. Comitati di esperti Sono composti le funzionari dei governi nazionali o esperti della materia oggetto di discussione. Il loro compito è offrire rapporti di alto livello affinché la commissione possa venire a conoscenza dei punti di vista diversi. Questi gruppi di esperti possono essere permanenti o temporanei e sono presieduti da un rappresentante della commissione. Si attivano su richiesta della commissione. Gli esperti possono essere nominati A. atitolo personale, tipo A Per rappresentare un interesse comune a diverse organizzazioni di portatori di interesse, tipo B Altri ancora rappresentano specifiche organizzazioni, come associazioni ONG, tipo C Altri le autorità degli Stati membri, tipo D Altri le entità pubbliche come autorità di paesi terzi o organizzazioni internazionali tipo E mpoo» Comitati esecuti) Sono composti da rappresentanti di interessi funzionali, senza riferimenti ai governi nazionali. Sono formati da rappresentanti di organizzazioni transeuropee come la confederazione Europea dei sindacati. Il comitato di esperti è più influente perché: 1. laloro consultazione da parte della commissione è obbligatoria per legge; 16 2. possonooffrire alla Commissione il punto di vista dei governi nazionali; 3. tendono ad essere più stabili e a riunirsi regolarmente. Oltre alle proposte legislative, la commissione redige il progetto di bilancio che propone al consiglio e al parlamento. Nell'ambito della relazione con i Paesi terzi, la commissione negozia gli accordi nazionali e internazionali che sono poi sottoposte al consiglio stesso per l'approvazione. Tale potere negoziale della commissione riguarda anche le discussioni per l'adesione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. In materia di politica estera e di sicurezza gli accordi sono negoziati dall'alto rappresentante. 1.1) iniziativa legislativa limitata la commissione dispone di un potere di iniziativa legislativa limitata. La sua azione si esplica attraverso la formulazione di raccomandazioni o pareri. Nel caso dell'Unione economica monetaria alla commissione spetta il potere di presentare al consiglio raccomandazioni per il progetto di indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. @e Inoltre, la commissione può avanzare proposte di valutazione da parte del consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo da parte di un determinato stato membro, ®e esprime raccomandazioni sulle misure da adottare in caso di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di un paese non appartenente all'area dell'euro nonché sul tasso di cambio tra la moneta unica e le altre monete e sugli orientamenti generali di politica di cambio ® elabora valutazione dei piani di politica nazionale e progetti di raccomandazioni specifiche per paese nel quadro del semestre europeo 2) Potere di controllo La commissione può avviare contro uno stato una procedura di infrazione. La procedura di ne è articolata in tre fasi 1- nella fase informale la commissione invia allo stato membro una lettera di costituzione in mora in cui richiede informazioni e osservazioni entro un termine preciso, di solito due mesi. Se lo stato non risponde oppure offre una risposta insoddisfacente, la commissione le puoi inviare una formale richiesta di conformarsi al diritto dell'Unione invitando lo stato a notificare tutte le misure adottate per adempiere ai suoi obblighi. 2- Se il paese continua a non conformarsi alla legislazione viene avviata la fase giurisdizionale o formale in cui la commissione può adire la corte europea di giustizia se lo stato continua a essere inadempiente e la corte ravvisa violazioni del diritto dell'Unione, la stessa Corte può imporre sanzioni e adottare misure che spingono lo stato a conformarsi i suoi obblighi. 3- Se, dopo la sentenza della corte la commissione ravvisa nuovi inadempimenti puoi deferire una seconda volta il paese alla corte di giustizia proponendo sanzioni pecuniarie che possono consistere in una somma forfettaria o in pagamenti giornalieri. 3) Competenze di esecuzione La commissione è titolare anche di competenze di esecuzione, ossia è attiva nella gestione supervisione e implementazione delle politiche comunitarie. Alcune di queste competenze esecutive sono conferite dai trattati. ® Tradiesseviè l'esecuzione del bilancio, ® ilpotere diautorizzare gli stati membri ad avvalersi delle misure di salvaguardia previste dai trattati, e ilpotere difar rispettare le regole della concorrenza. La commissione è responsabile della gestione dei fondi stanziati tramite pacchetti di salvataggio finanziario per la crisi del debito di taluni stati membri e al potere di modificare la procedura di voto in seno al meccanismo europeo di stabilità MES. 4) Poteri normativi e consul Altre competenze di esecuzione sono delegate dal Parlamento e dal Consiglio allorché siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione. | limiti dell'azione della commissione sono fissati in appositi regolamenti adottati dal Parlamento e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. Atti di esecuzione 17 2. le elezioni servono più come un grande sondaggio per lo stato e per il consenso dei partiti nazionali che non come una modalità di identificazione di una classe politica parlamentare Europea 3. L'investimento politico ed economico dei partiti politici è assai limitato | partiti politici europei | partiti politici sono gli attori essenziali della vita politica del Parlamento Europeo. Essi possono essere studiati secondo tre prospettive: quella dei partiti politici europei, quella dei gruppi politici del Parlamento Europeo, quella dei partiti nazionali. Per quanto riguarda il finanziamento: i partiti politici europei devono avere la propria sede in uno stato membro; i suoi membri devono essere, in almeno un quarto degli Stati membri, deputati al Parlamento Europeo, ai parlamenti nazionali, ai parlamenti regionali o alle assemblee regionali oppure i suoi partiti membri devono aver ricevuto virgola. In almeno un quarto degli Stati membri, almeno il 3% dei voti espressi in ognuno di tali stati membri in occasione delle ultime elezioni del Parlamento Europeo devono rispettare i valori sui quali è fondata l'Unione i suoi membri devono aver partecipato alle elezioni del Parlamento Europeo o aver espresso pubblicamente l'intenzione di partecipare alle prossime elezioni del Parlamento Europeo. | principali partiti politici europei sono: 1) Il partito popolare Europeo, 1976, centrodestra 2) partito dei socialisti europei, 1992, centro-sinistra 3) l'alleanza dei democratici e dei liberali per l'Europa, 1976, liberali, 4) ilpartito verde europeo, 2004, europei I gruppi politici | gruppi politici sono il principale strumento di attivazione dell'attività partitica nel Parlamento Europeo. Un gruppo politico è composto da un numero minimo di 25 deputati e rappresenta almeno un quarto degli Stati membri. | deputati che non aderiscono a nessun gruppo politico sono noti come deputati non iscritti. Sono un fattore di identificazione ideologica e i gruppi devono essere formati sulla base di affinità politiche. Nel parlamento non è possibile formare un gruppo misto. La vicinanza idrologica non è sufficiente a indurre lo stesso grado di disciplina parlamentare che fanno registrare i gruppi politici dei parlamenti nazionali. Motivi: ® Il Parlamento Europeo non sostiene un vero governo come succede nei paesi membri e quindi non vi è la logica tipica della di @ Vièilfatto che i parlamentari sono cittadini di un determinato stato membro e questo può indurre a preferire un voto orientato dall'interesse nazionale piuttosto che dall'ideologia. ®e Vièilfatto che i parlamentari sono liberi di organizzare intergruppi al fine di svolgere scambi informali di opinioni su argomenti specifici tra diversi gruppi. Occorre evidenziare come le debolezze dei gruppi politici siano contra bilanciate da alcune dinamiche tipiche del Parlamento Europeo. Per esempio, molte questioni hanno una connotazione tecnica o riguardano principi universali. Le regole decisionali che ione tra maggioranza e opposizione che si può trovare in questi ultimi. costringono al parlamento a pronunciarsi a maggioranza assoluta spingono i tre gruppi maggiori, popolare, socialista e liberale a collaborare. Infine, il processo decisionale interno al Parlamento Europeo è e il dialogo interistituzionale è organizzato in modo tale da favorire sempre il compromesso. | gruppi politici svolgono anche una funzione politica fondamentale: i gruppi parlamentari nominano i presidenti delle commissioni parlamentari, contribuiscono a definire l'agenda dei lavori, decidono del tempo necessario per i dibattiti in seduta plenaria. | partiti politici nazionali Anche i partiti nazionali sono coinvolti nel funzionamento del Parlamento in almeno tre modi: attraverso la selezione dei can didati alle elezioni europee, attraverso la definizione dei programmi elettorali e attraverso le delegazioni nazionali dei partiti del Parlamento Europeo. I membri del Parlamento europeo Chi sono i membri del Parlamento Europeo? ad ogni elezione la composizione del Parlamento Europeo varia misura maggiore di quella dei parlamenti nazionali. Tre profili tipici di europarlamentare: A) politici giovani che usano il Parlamento come trampolino di lancio verso la politica nazionale 20 B) euro-esperti, hanno già una carriera politica nazionale vedono nel Parlamento Europeo un passaggio conclusivo della loro carriera o il naturale proseguimento della loro esperienza, C) euro-politici, coloro che considerano il Parlamento Europeo il luogo in cui desiderano svolgere la loro carriera. Il presidente del Parlamento europeo Il presidente del Parlamento Europeo è eletto a scrutinio segreto alla maggioranza assoluta dei voti espressi. Se dopo tre scrutini nessun candidato ha ottenuto il necessario consenso, possono essere candidati al quarto scrutinio soltanto i due deputati che, al terzo scrutinio, abbiano ottenuto il maggior numero di voti punto in caso di parità è programmato il candidato più anziano. Il presidente resta in carica per due anni e mezzo. Alla fine del suo mandato si procede ad una nuova elezione, normalmente sulla base di un patto siglato inizio legislativo tra i tre principali gruppi politici. Dal 1979 nessun deputato italiano era stato mai eletto presidente. Nel gennaio 2017 è arrivato Antonio Tajani <3. Il presidente di i lavori del Parlamento e dei suoi organi. Egli dispone di tutti i poteri necessari per presiedere alle deliberazioni del Parlamento e per assicurarne il buon svolgimento. Trasmette inoltre alle commissioni le comunicazioni che sono di loro competenza. Infine rappresenta il Parlamento. I POTERI | poteri del parlamento riguardano quattro ambiti: le competenze di tipo costituzionale e i poteri di ratifica, la partecipazione al processo legislativo; i poteri in materia di bilancio, e i poteri di controllo dell'esecutivo. 1) Le competenze di jpo costituzionale e i poteri di ratifica 21 2) La partecipazione al processo legislativo Il Parlamento Europeo partecipa all'adozione degli atti legislativi con modalità differenti, a seconda della singola base giuridica. Nell'ambito della politica estera o nella fase di avvio di una riforma per via ordinaria o semplificata dei trattati, così come nell'ambito della politica fiscale, della concorrenza o dell'armonizzazione delle legislazioni non correlate al mercato interno e di alcuni aspetti della politica sociale, il Parlamento ha solo potere consultivo. Il Parlamento deve approvare attraverso la procedura di approvazione i regolamenti dei fondi strutturali e di coesione oltre che nell'ambito dell'adozione di nuovi atti legislativi sulla lotta alla discriminazione. Il trattato di Maastricht ha concesso al parlamento anche un diritto di alla commissione di presentare una proposta. iziativa legislativa, limitato però alla facoltà di chiedere 22 @ Scelta del personale> i governatori della banca centrale nazionale restano in carica per almeno 5 anni, mentre i membri del comitato esecutivo della BCE devono stare in carica 8 anni non rinnovabili. | membri del comitato esecutivo sono rimovibili in caso di incapacità o di colpe gravi. ® Scelta operativa> la BCE e le banche centrali nazionali devono disporre delle competenze degli strumenti necessari per condurre una politica monetaria efficiente e hanno facoltà di decidere in autonomia quando in che modo farvi ricorso. Indipendenza non significa isolamento. La BCE non è distaccata dalla Comunità europea e da qualsiasi diritto comunitario. B) La trasparenza La Banca Centrale fornisce al pubblico e ai mercati inmodo aperto, chiaro e tempestivo tutte le informazioni rilevanti su strategia, valutazioni e de politica monetaria. Usa una strategia comunicativa basata su numerosi strumenti: conferenze stampa, bollettino mensile, audizioni pubbliche del presidente, discorsi e interviste, working papers and occasional papers. 01 Gli organi decisionali della BCE sono il consiglio direttivo il comitato esecutivo. AI primo spettano le decisioni di politica monetaria, mentre il secondo sovraintende alla loro implementazione e alla gestione corretta della Banca Centrale Europea. Consiglio direttivo Il consiglio direttivo è formato da 6 membri del comitato esecutivo ed ai governatori delle banche centrali dei paesi dell'area Euro. Il consiglio direttivo adotta negli indirizzi e prende le decisioni necessarie ad assicurare l'assolvimento dei compiti, formula la politica monetaria e stabilisce necessarie indirizzi per la sua attuazione. Adotta il regolamento interno della BCE, esercita funzioni consultive e decide comeilsistema europeo delle banche centrali debba essere rappresentato. | governatori delle banche centrali nazionali detengono a rotazione il diritto di voto in seno al consiglio direttivo. La rotazione funziona secondo le regole seguenti: i governatori delle banche centrali del nazionali dell'eurozona sono suddivisi in diversi gruppi in base alle dimensioni delle loro economie e dei loro settori finanziari. | governatori dei paesi che occupano dalla prima alla quinta posizione espongono collettivamente di 4 voti mentre tutti gli altri 11 voti. | governatori esercitano a turni diritti di voto, con una rotazione mensile. | membri del comitato esecutivo mantengono il loro diritto di voto in via permanente. Il consiglio direttivo decide per consenso, Ma in caso di voto si applica il principio della maggioranza semplice. In caso di parità, il voto del presidente prevale. Il comitato esecutivo Il comitato esecutivo è composto dal presidente e dal vice presidente della BCE ed altri quattro membri. Tra i compiti del comitato esecutivo vi sono quello di preparare le riunioni del consiglio direttivo, attuare la politica monetaria nell'area dell'Euro conformemente agli indirizzi e alle decisioni del consiglio direttivo e trasmettere istruzioni alle banche centrali nazionali, oltre a provvedere alla gestione corrente della BCE. Il consiglio generale Il presidente della Banca Centrale Europea, il vicepresidente e i governatori delle banche centrali nazionali ditutti ipaesimembri formano il consiglio generale, alle cui riunioni possono partecipare anche gli altri membri del comitato esecutivo, il presidente del Consiglio dell'Unione è un membro della commissione europea. | comitati del SBEC Gli organi decisionali della BCE sono affiancati nello svolgimento dei loro compiti dai comitati del sistema europeo banche centrali, composti da rappresentanti della banca stessa e delle banche centrali nazionali dell'eurosistema. | membri dei comitati sono designati dalle rispettive banche centrali nazionali. Il mandato dei comitati è attribuito dal consiglio direttivo, al quale si rispondono tramite il comitato esecutivo. LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA La storia La CGUE è deputata a dirimere le controversie che possono insorgere tra gli stati membri, tra le istituzioni dell'Unione, ovvero tra le istituzioni e gli stati oltre a pronunciarsi sulle controversie che vedono contrapposte persone fisiche e giuridiche diverse dagli 25 Stati e istituzioni dell'Unione. La Corte rappresenta un caso unico nel panorama degli organi di giurisdizione internazionali o sovranazionale, per origini natura e funzioni. La corte è un organo giurisdizionale gerarchicamente superiore agli organi di giurisdizione ordinaria degli Stati membri e agisce per garantire il rispetto del diritto dell'Unione e del suo primato sul diritto degli Stati membri. La corte di giustizia dell'Unione Europea La Corte di giustizia nasce a Lussemburgo nel 1952 grazie al trattato di Parigi. Nel 1988 nasce un tribunale e nel 2004 il tribunale della funzione pubblica dell'Unione. La Corte di giustizia dell'Unione Europea comprende la Corte di giustizia, il Tribunale e i Tribunali specializzati e assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati. La Corte di giustizia è composta da un giudice per stato membro ed è assistita da 11 avvocati generali. | giudici eleggono tra di loro un presidente che guiderà i lavori della Corte identificando per esempio il giudice relatore. Gli avvocati generali assistono la corte e hanno il compito di presentare un parere giuridico, denominato conclusioni. - le cause vengono da sezioni di tre o cinque giudici. La Corte può anche riunirsi in seduta plenaria o in grande sezione, con 15 giudici. - La seduta plenaria serve per dichiarare dimissionario il mediatore europeo o pronunciare le dimissioni di un commissario europeo che è venuto meno agli obblighi o quando una causa riveste un eccezionale importanza. - Lagrande sezione viene adita quando lo richiede uno stato membro o un'istituzione parte della causa, nonché per cause particolarmente complesse. Tribunale Il tribunale è composto da almeno un giudice per stato membro, dal 1° settembre 2019 giudici per stato membro sono due. Non ci sono avvocati generali. I giudici | giudici e gli avvocati generali della Corte di giustizia e giudici del tribunale sono scelti tra personalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza tra giureconsulti di notoria competenza. Sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per sei anni e il loro mandato è rinnovabile. | candidati proposti dai governi devono essere valutati da un apposito comitato incaricato di fornire un parere. Il comitato, detto comitato 255, è composto da sette personalità scelte tra ex membri della Corte di giustizia e del tribunale, membri degli organi giurisdizionali nazionali e giuristi. Diversi modi per adire la corte: 1- Il rinvio pregiudiziale In base al rinvio pregiudiziale i giudici nazionali possono rivolgersi alla Corte di giustizia per chiarire l'interpretazione del diritto dell'Unione. La domanda pregiudiziale può anche riguardare la validità di un atto adottato dalle istituzioni dell'Unione. La Corte non si sostituisce al giudice nazionale di rinvio, Ma si limita a fornire a quest'ultimo una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia a esso sottoposta. Il rinvio pregiudiziale serve ad altre funzioni: 1. Aiutare le corti nazionali a emettere sentenze in linea con il diritto europeo, 2. Favorire un'interpretazione uniforme a livello nazionale del diritto europeo, 3. Favorire il rapporto tra il privato cittadino e la corte. Un caso importante di rinvio pregiudiziale è stato sollevato nel 2012 dalla Corte costituzionale federale tedesca e relativo a una serie di decisioni del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea sull'acquisto sui mercati secondari del debito Sovrano degli Stati membri. La Corte costituzionale federale tedesca riteneva che la Banca Centrale avesse violato il divieto di procedere all'acquisto diretto dei titoli di debito pubblico. Alcuni paesi sarebbero stati tentati in questo modo di allentare i vincoli di bilancio e di non attuare le politiche di condizionalità al fine di assicurare una progressiva diminuzione del debito pubblico. La corte dimostrava di non condividere timori espressi. 2- Ricorso per inadempimento Il ricorso per inadempimento consente alla corte di controllare l'adempimento da parte degli Stati membri degli obbligl dal diritto dell'Unione su richiesta della Commissione Europea o di uno stato membro. Il ricorso alla corte è preceduto da una 26 stal fase amministrativa avviata dalla commissione in cui questa chiede allo stato di rispondere agli eventuali addebiti. Se la Corte di giustizia accerta l'inadempimento, lo stato è tenuto a porvi fine immediatamente, se la corte constata ulteriori inadempimenti può imporre il pagamento di una sanzione pecuniaria alla nazione. Un esempio è stato la gestione dei rifiuti in Campania per cui l'Italia era stata condannata nel 2010 ma non avendo risposto adeguatamente con delle misure adatte, la Corte di giustizia aveva condannato nuovamente l'Italia per non aver adottato le misure necessarie ed è stata costretta a pagare alla commissione una multa di €120.000. 3- Ricorso per annullamento Nel ricorso per annullamento il ricorrente chiede l'annullamento di un atto di una istituzione, di un organo o di un organismo dell'Unione. Ad esempio, la commissione chiedeva l'annullamento delle decisioni di non adottare provvedimenti previsti per i Paesi con i disavanzi pubblici eccessivi. Altri ricorsi Un altro tipo di ricorso è quello per carenza attraverso cui la Corte può verificare se l'inerzia di un'istituzione, di un organo o di un organismo dell'Unione sia legittima oppure no punto la Corte di giustizia può essere adita con impugnazioni limitate alle questioni di diritto contro le sentenze e ordinanze del tribunale. Il procedimento Il procedimento prevede una fase scritta e una fase orale. Occorre operare una distinzione tra il procedimento di rinvio pregiudiziale e quello relativo agli altri ricorsi, ossia ricorsi diretti e impugnazioni. La frase scritta ha lo scopo di esporre alla corte le posizioni e gli argomenti delle parti del procedimento, nonché nell'ambito del rinvio pregiudiziale, le osservazioni che le parti intendono formulare. Nella successiva fase orale i giudici hanno la possibilità di incontrare le parti per raccogliere ulteriori informazioni e per ascoltare le dichiarazioni dell'avvocato generale. Il procedimento prende inizio con il deposito presso la cancelleria di un ricorso o della decisione di rinvio del giudice nazionale. > vedi figura 8.3 pag. 177 L'impatto delle sentenze Le sentenze hanno efficacia immediata e diretta all'interno degli Stati membri, non richiedono alcun atto di recepimento o trasposizione e obbligano gli stati ad adottare tutti i provvedimenti necessari ad assicurare l'ottemperanza. Attraverso le sue sentenze la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha fissato i principi fondamentali del diritto europeo. 1963 Sentenza van Gend & Loos + La corte ha introdotto il principio dell'effetto diretto del diritto comunitario negli Stati membri che attualmente consente cittadini europei di far valere direttamente norme dell'Unione dinanzi ai loro Giudici nazionali. 1964 sentenza Costa > ha stabilito La supremazia del diritto comunitario sulla legislazione nazionale, per cui l'integrazione nel diritto di ciascuno stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie hanno per corrolario l'impossibilità per gli Stati di far prevalere contro un ordinamento giuridico da essi accettato un provvedimento unilaterale ulteriore, a meno di non voler mettere in pericolo l'attuazione degli scopi del trattato. 1991 sentenza Francovich e altri> La corte ha elaborato un principio essenziale, quello di responsabilità di uno stato membro nei confronti dei singoli per i danni che sono stati loro causati dalla violazione del diritto comunitario da parte dello stato in questione. 1979 Sentenza Cassis de Dijon + Per quanto riguarda la libera circolazione delle merci. Stabilisce che qualsiasi bene legalmente prodotto venduto in uno stato membro deve essere ammesso nel mercato di un altro stato membro a meno che non si verifichino delle esigenze imperative tassativamente previste e per motivi di interesse generale. 1993 sentenza Kraus + il caso della libera circolazione delle persone. Ha stabilito che la situazione di un cittadino comunitario titolare di un diploma universitario post laurea è disciplinata dal diritto comunitario anche per quanto riguarda i rapporti fra tale cittadino il suo stato membro di origine. 1995 Sentenza Bosman + ha concluso che lo sport a livello professionistico è un attività economica il cui esercizio non può essere ostacolato da norme che disciplinano il trasferimento dei giocatori o che limitano il numero dei giocatori cittadini di altri Stati membri dell'Unione. 27 Nelle istituzioni europee siedono rappresentanti di governi o partiti che esprimono posizioni ideologiche molto diverse. La rilevanza della dimensione ideologica della politica europea è cresciuta con la decisione di nominare la Commissione Europea sulla base dell'esito delle decisioni del Parlamento. 4) Dispersione della leadership Nell'UE la leadership politica è dispersa: nell'UE non c'è un governo, non ci sono maggioranza di stabili e ci sono diverse istituzioni che devono collaborare. L'istituzione, la coalizione o la persona che esercita la leadership può cambiare. Un elemento che aiuta a spiegare questo mutare delle capacità di leadership della commissione è quello dei più o meno buoni rapporti che si creano tra i paesi membri. Elementi sovranazionali e intergovernativi Un'altra caratteristica dei processi decisionali europei è la compresenza di elementi sovranazionali e intergovernativi. > Sono sovranazionali quelle politiche in cui la commissione, il Parlamento Europeo e la Corte europea di giustizia esercitano un potere in una qualche misura indipendente dal controllo dei governi nazionali e il voto nelle istituzioni intergovernative può venire deciso da una maggioranza qualificata di paesi. > Sono intergovernative quelle politiche in cui si registra una primazia delle istituzioni in cui siedono i governi nazionali rispetto alla commissione e al Parlamento Europeo, in cui la Corte esercita un ruolo marginale e in cui il meccanismo di voto prevalente è l'unanimità. Sono gli stati membri che decidono se una politica è più sovranazionale o intergovernativa nel momento in cui decidono fino a che punto desiderano che l'unione si occupi di alcune materie. Lo fanno sulla base di diverse considerazioni come: A. Ritenere che una politica presenti importanti aspetti di tecnicalità B. Ritenere che una politica produca maggiori benefici se gestita da un organismo indipendente Non è detto che una volta che una politica sia sovranazionale o intergovernativa resti sempre tale. Wallace ricorre alla metafora del pendolo in cui ogni singola politica si muove in modo indipendente da un polo sovranazionale e uno intergovernativo. L'oscillazione della politica dipende da 4 Fattori: 1) Ilcontesto rimanda all'inadeguatezza dello stato nel post guerra, nel contesto della globalizzazione ecc 2) i fattori funzionali, geopolitici, dell'attaccamento economico o politicamente simbolici 3) i fattori motivazionali legati alla promozione di interessi, di specifiche idee eccetera 4) i fattori istituzionali, ossia la specifica configurazione di attori che si viene a creare una specifica LE DINAMICHE ISTITUZIONALI NEI PROCESSI DECISIONALI 4 dinamiche che l'UE usa per prendere la decisioni: - Il metodo comunitario - Il transgovernativismo intenso - Centralismo sovranazionale - . Nuove modalità di governance Le quattro dinamiche si applicano nei diversi ambiti di policy a seconda delle diverse competenze dell'Unione, lad dove l'Unione ha competenze esclusive prepara il metodo comunitario o quello del centralismo sovranazionale; nelle materie in cui l'unione esercita solo competenze di sostegno, coordinamento o completamento, prepara il transgovernativismo intenso o le nuove modalità di governance. Negli ambiti delle competenze concorrenti, la dinamica è più incerta. 1- il metodo comunitari Il metodo comunitario nasce con l'Unione Europea stessa. Inizialmente si basava su @ l'alta autorità, oggi Commissione Europea, che aveva il diritto di proporre delle iniziative legislative e l'assemblea parlamentare che diventerà Parlamento aveva il compito di analizzare ed esprimere un parere sulle proposte della commissione il Consiglio dei ministri, oggi consiglio prendeva tutte le decisioni finali all'unanimità la Corte di giustizia Europea stabiliva chi in caso di dispute avesse ragione 30 Dagli anni 50 il metodo comunitario è rimasto invariato. Gli atti legislativi tutta la legislazione Europea viene adottata attraverso il metodo comunitario. Gli a vincolanti sono: legislati A) iregolamenti, che hanno portata generale sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabile In ciascuno degli Stati membri. B) Le direttive, che vincolano lo stato membro cui sono rivolte circa il risultato da raggiungere ma non rispetto alle forme e ai mezzi che restano di competenza nazionale ioni, che sono obbligatorie e direttamente applicabili in tutti gli elementi ma solo per i destinatari. di valore vincolante sono: e Leraccomandazioni che permettono alle istituzioni europee di rendere noto le loro posizioni e di suggerire linee di azione senza imporre obblighi giuridici a carico dei destinatari. ® ll parere permette alle istituzioni europee di esprimere la loro posizione. Vi sono tre procedure legislative principali: A. La procedura legislativa ordinaria È stata introdotta con il nome di procedura di codecisione con il trattato di Maastricht. La procedura legislativa ordinaria si basa sul principio di parità tra il Parlamento Europeo e il consiglio. Deve esserci accordo pieno di entrambi sullo stesso testo. Il consiglio decide attraverso un voto a maggioranza qualificata ma in alcuni ambiti come la politica fiscale è necessaria l'unanimità. La procedura legislativa ordinaria comincia con una proposta legislativa della Commissione europea che viene inviata in prima lettura al Parlamento Europeo. Quest'ultimo adotta la sua posizione a maggioranza semplice. Il testo passa quindi al Consiglio che adotta la sua posizione con un voto a maggioranza qualificata. Nel settore della sicurezza sociale, della cooperazione di polizia e cooperazione giudiziaria in materia penale la proposta può essere sottoposta al Consiglio Europeo su richiesta di uno stato membro e ciò sospende la procedura legislativa ordinaria fino a che il Consiglio Europeo, entro un termine di quattro mesi, non rinvii la questione al Consiglio. Se il Consiglio approva la posizione del parlamento, l'atto è adottato nella formulazione proposta dal Parlamento. Se invece il consiglio propone degli emendamenti, il testo torna emendato al Parlamento Europeo per una seconda. Entro tre mesi il Parlamento deve decidere se: 1. approvare la proposta così come è stata modificata dal consiglio, nel qual caso è adottata 2. non prendere alcuna decisione 3. respingere la posizione del consiglio a maggioranza assoluta dei suoi membri che comporta la bocciatura dell'atto 4. adottare a maggioranza assoluta dei suoi membri emendamenti alla posizione del consiglio, che sono quindi trasmessi alla commissione e al consiglio perché esprimano il loro parere Il consiglio esamina quindi il testo in seconda lettura. Nel caso lo approvi entro tre mesi l'atto è adottato. Il consiglio deve votare a maggioranza qualificata, ma per superare l'eventuale parere negativo espresso dalla Commissione sugli emendamenti, è richiesta l'unanimità. Nel caso di mancata approvazione del testo, entro sei mesi è convocato il comitato di conciliazione composto da un numero uguale di rappresentanti del consiglio e del parlamento, assistiti dalla commissione. Il comitato esamina le posizione del Parlamento e del consiglio e entro un termine di sei settimane elabora un progetto di testo comune che deve essere adottato a maggioranza qualificata dei rappresentanti del Consiglio e a maggioranza dei rappresentanti del Parlamento. Qualora l'accordo non venga trovato, la procedura finisce. Se l'accordo trova il consenso dei membri del comitato di conciliazione ÎIl testo deve essere approvato entro sei mesi dal consiglio e dal Parlamento. La commissione può modificare o ritirare la sua proposta in qualsiasi momento. Ciascun Parlamento nazionale ha a disposizione 8 settimane per inviare un parere motivato, in cui espone le ragioni per le quali ritiene che un progetto di atto legislativo sia non conforme al principio di sussidiarietà. Qualora almeno un terzo dei parlamenti nazionali ritenga che una proposta legislativa non sia conforme a tale principio questa dovrà essere esaminata dalla Commissione+> cartellino giallo. 31 Se il progetto non è conforme al principio di sussidiarietà secondo la maggioranza dei parlamenti nazionali per il progetto deve essere esaminato dalla Commissione > cartellino arancione. Per rendere meno gravoso questa procedura, (come se fosse possibile) le istituzioni coinvolte hanno approvato una serie di accordi interistituzionali. | tre principali sono: A. La dichiarazione del comune sulle modalità pratiche della procedura di codecisione del 2007 che riconosce esplicitamente l'importanza del sistema di loghi itegrazione econo! preferen: riduzione dei dazi doganali fra certi paesi. Area di libero scambio: abolizione dei dazi doganali interni fra i paesi partecipanti per alcune o tutte le merci. Unione doganale: fissazione di dazi uguali per i paesi terzi e politica commerciale comune. Mercato comune: norme comuni sui prodotto e libera circolazione di beni, capitali e servizi. Unione economica e monetaria: mercato unico con un'unica valuta e una sola politica monetaria. Piena integrazione economica: unione economica e monetaria con l'armonizzazione della politica fiscale e di altre politiche economiche. Area le: CAP. 10: LA POLITICA ECONOMICA E FINANZIARIA INTRODUZIONE In questo capitolo si ripercorreranno alcuni dei pilastri della politica economica e finanziaria dell'Unione, la concorrenza, il commercio, il mercato unico e l'uem, per evidenziare fino a che punto l'Europa si sia spinta e quali sono le sfide che ora la attendono. Tuttavia, negli ultimi decenni l'integrazione economica si è economica era il modo migliore per rispondere alle esigenze della società ha cominciato a erodersi. approfondita, ma il consenso sul fatto che l'unione LA POLITICA DELLA CONCORRENZA Uno dei settori in cui le istituzioni dell'Unione esercitano competenze esclusive è la politica della concorrenza. I fini L'obiettivo è garantire che gli operatori economici Di tutta l'unione possono svolgere la loro attività senza indebito vantaggio. La politica della concorrenza nell'Unione Europea si è concentrata su due aspetti: A) garantire che i gruppi imprenditoriali dominanti non abusino della loro posizione di potere B) Impedire agli stati di aiutare le proprie imprese a svantaggio delle imprese di altri Stati membri. Il ruolo della commissione europea La commissione deve garantire che le imprese non agiscano per limitare la concorrenza e che gli stati non concedono loro aiuti tali da falsare le regole europee in materia. La commissione deve garantire che le imprese non creino cartelli o che assumano posizioni quasi monopolistiche. La commissione: e Controllagli accordi tra imprese, @ Assicura che nessuna singola impresa o gruppo di imprese assuma una posizione dominante e Esaminai progetti di concentrazione tra imprese per verificare che la concorrenza non venga ridotta quando imprese concorrenti si fondono La Commissione agisce in modo indipendente dagli Stati membri. La Commissione svolge inoltre un ruolo importante nel garantire che gli stati membri non falsino la concorrenza sovvenzionando indebitamente industrie o imprese, controllando attentamente i fondi che sono loro destinati. Se non ci fossero delle regole comunitarie, gli stati membri sarebbero sotto la pressione delle imprese nazionali o gruppi sociali che li costringerebbero a intervenire con aiuti finanziari diretti. Gli stati sarebbero costretti a intervenire per proteggere le proprie industrie vanificando l'obiettivo del mercato unico ossia rendere più competitive le imprese e le industrie europee. Gli aiuti di stato Gli aiuti di stato devono rispondere a 4 domande fondamentali: + le autorità statali hanno fornito sostegno sotto forma di sovvenzioni, interessi e sgravi fiscali, garanzie e così via? + È possibile che il sostegno incida sugli scambi tra i paesi dell'Unione? + ilsostegnoè selettivo? + Laconcorrenza è stata falsata o potrebbe esserlo in futuro? 35 Se la commissione trova, chi anche solo in queste domande, ha risposta positiva può intervenire. Ad esempio l'Unione ha ritenuto illecita la specifica agevolazione fiscale della Apple all'irlanda perché aveva fatto del paese una destinazione di investimento attraente. LA POLITICA COMMERCIALE L'Unione doganale La politica commerciale è stato il primo settore in cui gli stati membri dell'Unione hanno concesso volentieri quote di sovranità nazionale. Una zona di libero scambio globale, sarebbe stato difficile da gestire senza un'unione doganale. Il ruolo della commissione europea Una politica commerciale comune implica anche che le decisioni su tutte le questioni relative al commercio devono essere assunte a livello dell'Unione. La Commissione Europea è stata incaricata di negoziare le relazioni commerciali con il resto del mondo, sia singoli stati sia organizzazioni internazionali come l'organizzazione mondiale del commercio OMC. Le linee politiche sono stabilite dagli Stati membri attraverso il consiglio, ma è la commissione che attua e dirige la politica commerciale. | singoli stati membri non possono perseguire le proprie relazioni commerciali con altri Stati e devono invece accettare trattati e accordi negoziali. L'Unione ha tradizionalmente cercato di creare un regime commerciale multilaterale globale ed è stato un attore centrale nella creazione e nel consolidamento di organizzazioni internazionali come l'OMC. Ha preferito sostenere questa opzione piuttosto che quella di cercare accordi bilaterali per molteplici ragioni: 1. eracoerente con l'identità dell'Unione che preferiva soluzioni negoziate basate su regole multilaterali, 2. gli approcci multilaterali evitavano di dover fare scelte difficili in caso di interessi contrastanti tra gli stati membri. Crisi del multilateralismo e accordi bilaterali All'inizio del nuovo millennio è apparso evidente che il sistema commerciale globale basato sul multilateralismo aveva perso il suo slancio. L'Unione ha quindi adottato il nuovo approccio che integra il costante impegno per una riforma dell'OMC, in base al quale l'unione firma accordi di libero scambio ampi e completi su base bilaterale con grandi partner commerciali. IL MERCATO COMUNE Le 4 libertà, libertà di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone sono il fondamento su cui poggia l'unione e la base del mercato comune, noto come mercato interno. Il neofunzionalismo e l'integrazione economica. La costruzione del mercato interno assomiglia molto alla dinamica enfatizzata dalla teoria neofunzionalista (si veda capitolo 3) ogni qualvolta è stata presa una decisione di integrare maggiormente una delle quattro libertà fondamentali ci sono state parallelamente pressioni verso un'ulteriore integrazione. Non sono mancati gli ostacoli e le battute d'arresto: l'eliminazione delle tariffe tra gli stati membri e la creazione di un'unione doganale si è dimostrata facile rispetto alla gestione delle barriere non tariffarie, ossia l'insieme delle norme e regolamenti nazionali che rendono difficile l'ingresso nel mercato di un altro stato membro. Dal rapporto Spaak alla armonizzazione delle norme nazionali L'obiettivo di creare un mercato unico è emerso fin dalla conferenza di Messina del 1955 ed dal rapporto Spaak del 1956. Il rapporto suggeriva un approccio più organico attraverso la creazione di una unione doganale e di un mercato comune. Esistono diversi modi per rimuovere i vincoli che ostacolano la piena promozione delle quattro libertà: 1. trovare un accordo su norme comuni, ossia standardizzazione o armoi eliminare le differenze tra la legislazione dei paesi membri. 2. un secondo modo di creare il mercato unico si è basato sull'accettazione delle norme degli Stati membri. Il mutuo riconoscimento prevede che gli stati sono liberi di conservare le proprie norme nazionali, ma non possono impedire la libera circolazione di persone, bene, servizi o capitali. | paesi mantengono il diritto di far rispettare le proprie norme ma devono anche accettare il fatto che gli altri Stati membri possono fare lo stesso. ine delle norme nazionali, in modo da Nel 1979 la sentenza Cassis de Dijon ho contribuito a stabilire il principio di mutuo riconoscimento, affermando che non vi era alcuna ragione valida per cui i prodotti fabbricati e commercializzati in uno stato membro non potessero essere introdotti in un altro stato membro. 36 Resistenze alla creazione nel mercato comune Molti settori rimangono largamente sotto il controllo esclusivo nazionale o sovranazionale, come i servizi e gli appalti pubbli: resistenza alla creazione del mercato comune ha sempre attinto da due fonti diverse: ® Unanazionale > gli stati dovrebbero accettare che forse le grandi industrie all'interno dei loro confini potrebbero essere dominate dai concorrenti europei @ Unasociale+> l'opposizione sociale al mercato unico affonda le sue radici nel timore che esso crei una corsa al ribasso per quanto riguarda i i lavoratori, i salari e le politiche sociali La UNIONE ECONOMICA E MONETARIA L'UEM si riferisce all'impegno ad avere una politica monetaria unica e a coordinare la politica macroeconomica per il corretto funzionamento del mercato unico e dell'euro. Dal rapporto Werner all'UEM: le tre tappe dell'UEM | piani di costruzione dell'UEM sono stati discussi fin quasi dal jo del processo di integrazione, si veda capitolo 2. Il rapporto Werner del 1970 ha ispirato molto da vicino il rapporto Delors della fine degli anni 80 in cui si prefiguravano le tappe per la costruzione di una moneta unica. Il principio alla base di questi due relazioni e della stessa UEM è che l'integrazione delle diverse economie deve essere un processo graduale. Quando i leader europei si sono incontrati a Maastricht concordavano sul fatto che esistevano motivi economici politici convincenti per arrivare al processi di creazione di una moneta unica. Si sono stabilite tre fasi: 1) i paesi avrebbero rimosso tutti gli ostacoli alla circolazione dei capitali tra gli stati membri entro il 1993. 2) Glistati avrebbero dovuto iniziare una graduale processo di convergenza tra le loro politiche economiche nazionali al fine di omogeneizzare i sistemi economici nazionali stessi. Per esempio, le loro banche centrali avrebbero dovuto essere indipendenti dal controllo politico diretto. In questa seconda fase sarebbe nato l'Istituto monetario europeo IME, un organismo di coordinamento composto dalle banche centrali nazionali, il cui compito era quello di rafforzare la cooperazione tra di esse nella preparazione all'introduzione della moneta unica. L'aspetto più visibile della seconda fase è diventato noto con il nome di parametri di Maastricht: gli stati che volevano passare la terza fase, cioè alla creazione e l'uso dell'Euro, dovevano dimostrare che le loro economie convergevano in settori d chiaramente. Essi avrebbero dovuto raggiungere entro la fine del 1997 i seguenti obiet - stabilità dei prezzi, - finanze pubbliche sane e sostenibili, - stabilità dei tassi di interesse, - stabilità dei tassi di cambio. Obiettivi dei criteri di convergenza | criteri di convergenza offrivano dei parametri Chiari per definire quali stati membri avrebbero potuto aderire alla moneta unica in modo che la decisione fosse tecnica e non una scelta. L'obiettivo era quello di far sì che la politica monetaria comune avesse lo stesso impatto sulle economie diverse dei paesi dell'eurozona. 3) l'ultima fase della moneta unica era una frase aperta, iniziata nel gennaio 1999 con la creazione dell'Euro e la sua graduale introduzione nella vita quotidiana degli Europei dal 1 gennaio 2002. 37 determinata importanza, ha inoltre sviluppato strutture e strumenti di una politica estera. Tuttavia, sotto questo punto di vista, non possiede alcuni degli strumenti classici che gli attori del sistema internazionale hanno usato tradizionalmente, come ad esempio la forza militare per difendere le frontiere, ma anche per influenzare i paesi. La politica estera è ad oggi ancora gelosamente custodita dagli stati sotto forma di competenza esclusiva (è attualmente una tra le aree in cui si esercita maggiormente la sovranità nazionale), sebbene l'Ue giochi un ruolo sempre più importante negli affari globali, nonché un ruolo di leadership in alcuni ambiti come, ad esempio, il cambiamento climatico (seppur sempre vincolata agli Stati membri e alle loro preferenze di politica estera). Una politica estera efficace ha bisogno di volontà d'azione ed impegno degli attori del sistema internazionale, ma anche di strumenti adatti ad azioni diplomatiche, alla definizione di interessi strategici ed al conseguimento degli stessi. La politica estera è il risultato di interessi interni, di capacità di proiettare il potere e vincoli geopolitici. Per l'Europa è fondamentale elaborare una posizione comune su come affrontare un mondo in rapida evoluzione e sempre più instabile. Con l'approfondimento dell'integrazione tale necessità è diventata una delle sfide più importanti al fine di trattare con il resto del mondo. Gli strumenti economici di politica estera - POLTICA COMMERCIALE: In un'economia globale altamente interdipendente, la politica commerciale è fondamentale nelle relazioni esterne per influenzare il sistema internazionale. L'accesso al grande mercato europeo è uno strumento utile che l'Unione Europea può utilizzare per far sì che gli altri attori del sistema internazionale modifichino il loro comportamento o rispondano alle preferenze dell’Unione. Ad esempio, l'UE ha fornito aiuti allo sviluppo e stipulato accordi commerciali in concomitanza con riforme democratiche e tutela dei diritti umani. L'unione non è una potenza militare, ma può utilizzare il commercio come strumento coercitivo. Le sanzioni commerciali verso la Russia in risposta alla crisi con l'Ucraina a partire dal 2014 ne sono un esempio. Il commercio è parte essenziale delle relazioni europee con gli Stati Uniti, la Cina e da altre potenze emergenti. - AIUTI ALLO SVILUPPO ED ALLA COOPERAZIONE: L'Unione Europea insieme ai suoi Stati membri è il maggiore donatore di aiuti esteri nell'economia globale (oltre 75 miliardi di euro nel 2017). In dato settore però le responsabilità tra l'Unione e gli Stati membri non sono chiaramente identificabili, Sebbene entrambi siano tenuti ad evitare duplicazioni EA non promuovere obiettivi contraddittori. L'unione europea è impegnata a porre lo sviluppo sostenibile al centro delle sue relazioni con gli attori esterni. L'obiettivo di eliminare la povertà rientra in questa categoria film del 1957. Il fondo europeo di sviluppo è il principale strumento dell'unione europea (non rientra nella normale procedura di bilancio dell'UE). È rivolto principalmente alle regioni dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (i paesi ACP), In particolare agli stati che in passato avevano legami coloniali con i membri dell'unione. Sono inoltre forniti anche aiuti ai territori d'oltremare ancora controllati da alcuni Stati membri. Con i paesi ACP l'Unione Europea ha stabilito una serie di accordi nel periodo post-coloniale: - Convenzione di Yaoundé (1963): accesso commerciale preferenziale alle ex colonie; - Convenzione di Lomé (1974): Ingresso del Regno Unito nella Cee, estensione adesione da 46 a 68 paesi ACP - Accordodi Cotonou (2000): collega gli aiuti alla governance democratica e alla tutela dei diritti umani Le politiche europee si sono evolute con l'agenda internazionale, ed al contempo hanno loro stesso plasmato l'agenda mettendo al centro lo sviluppo umano e sostenibile, divenuto parte della strategia per la sicurezza umana dell’ONU e fondamentale nelle relazioni bilaterali con i paesi in via di sviluppo. Dal 2009 gli aiuti allo sviluppo si sono focalizzati su: 1. commercio e finanza 2. cambiamento climatico 3. sicurezza alimentare 4. migrazione funzionale allo sviluppo 5. rafforzamento legami e sinergie tra sicurezza e sviluppo nel contesto di un'agenda globale per la costruzione della pace Questi 5 settori sono in stretta correlazione con l'agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile i suoi obiettivi di sviluppo del millennio. L'Unione Europea è centrale nella promozione approvazione di questo documento. Per raggiungere tali obiettivi la Commissione ha fissato un obiettivo dello 0,7% del reddito nazionale lordo da destinare agli aiuti allo sviluppo al di là delle frontiere dell'UE. - STRUMENTO EUROPEO DI VICINATO: A cavallo tra le relazioni economiche e politiche con i paesi in via di sviluppo; pilastro centrale della politica europea di vicinato avviata nel 2004. Mira ridurre la povertà, aiutare le economie ad integrarsi in mercati competitivi e a promuovere i diritti umani e la democrazia. Risulta uno strumento di politica estera poiché consente all'Europa di estendere la propria influenza 40 geostrategica e contribuire a mantenere le proprie frontiere esterne stabili in luoghi come l'Africa settentrionale, Europa orientale e Caucaso. L'Unione Europea edi suoi membri devono affrontare sfide particolari quando si tratta di utilizzare la leva economica nelle relazioni con gli attori esterni. Come gli Stati del sistema internazionale, anche l'Europa deve bilanciare i propri interessi economici nelle relazioni di politica estera, tenendo conto dei singoli interessi statali in politica estera. L'Europa è favo revole ad un approccio multilaterale alle relazioni economiche esterne, ma non sempre gli Stati membri sono altrettanto favorevoli. Il sostegno all'ampliamento delle relazioni economiche, in particolare ad accordi di libero scambio, è sempre più oggetto di contestazioni da parte di alcuni Stati membri. Pertanto, stipulare un accordo con il Giappone gli Stati Uniti è già di per sé stesso difficile, ma lo è ancora di più trovare un consenso all’interno di tutti gli Stati membri. Dalla cooperazione politica alla politica estera e di sicurezza comune | primi tentativi di stabilire una componente di politica estera e di sicurezza all’integrazione economica si sono verificati anche prima che nascesse l'Unione Europea. Negli anni '50 il fallimento della CED ha permesso alla NATO di dominare l'architettura di sicurezza europea per la maggior parte del periodo della guerra fredda. Con ciò non si è mai spenta la speranza di sviluppare una politica estera europea. Il trattato di Maastricht ha introdotto la politica estera e di sicurezza in comune PESC, un processo lento ed in gran parte in completo volto a permettere all'UE di assumere un ruolo internazionale commisurato al suo potere economico. La PESC È stato il primo tentativo sistematico di inserire nei trattati norme che avrebbero dotato l'Unione Europea di strumenti per portare avanti una politica estera e principi fondanti per la stessa. La politica estera mira a promuovere gli ideali del multilateralismo e della democrazia, preservare la pace in Europa e all'estero, promuovere la cooperazione, lo sviluppo, la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani fondamentali. La PESC corrisponde al secondo dei tre pilastri del trattato di Maastricht ed era caratterizzata da procedure intergovernative. La politica estera comune era, e ancora è, essenzialmente il risultato di un consenso e accordo unanime tra stati sovrani che continuano a considerare le relazioni con gli altri stati una loro prerogativa. Nonostante molti stati siano restii a rinunciare al controllo della politica estera, la PESC si è evoluta nel tempo ed ha aiutato l'Unione Europea ad essere un attore globale. Il trattato di Maastricht l'ha dotata di due strumenti per la promozione della cooperazione sistematica: posizioni comuni e azioni comuni. Gli Stati membri, attraverso un voto unanime, decidono di adottare una posizione condivisa su una questione di interesse comune allineando le loro posizioni; possono inoltre procedere ulteriormente quando ritengono di avere interessi importanti in comuni tali da permettere loro di non limitarsi ad una sola dichiarazione ma di dover definire anche i mezzi per sostenerla. Anche in questo secondo caso la decisione deve essere presa all'unanimità. L'unanimità può rappresentare un ostacolo, sebbene spesso abbia incoraggiato gli Stati a non utilizzare il loro potere di veto anche laddove sembrava esservi solo una maggioranza qualificata. La PESC si è sviluppata lentamente nella prima parte degli anni '90. La natura intergovernativa ha visto come protagoni: rappresentanti diplomatici nazionali e non le istituzioni europee. Infatti, il ruolo della PESC è stato limitato: era più influente sulle questioni economiche ma meno su quelle strategiche. - Fallimenti della PESC nella fase iniziale: dissoluzione della lugoslavia e successivo conflitto nei Balcani. - Successi: partenariati strategici, accordi globali che individuano interessi obiettivi con paesi esteri, tra cui Russia, Stati Uniti e nuove repubbliche formatesi in Asia centrale. L'Europa hai avviato tentativi di stabilire relazioni strutturate con altri stati del Mediterraneo adottando una posizione comune su questioni difficili come il conflitto israeliano palestinese. È stato stabilito il principio secondo cui gli Stati membri devono coordinare le loro politiche estere e, cosa importante, le loro attività su scala globale. Le carenze della pesca nel trattato di Maastricht sono legate all’incapacità dell'Europa di fornire una risposta coerente tempestiva agli avvenimenti avvenuti nei Balcani negli anni '90. Il trattato di Amsterdam e il trattato di Nizza hanno infatti introdotto due importanti serie di T. di Amsterdam: 1. Hacercato di aggirare il potere di veto dei singoli membri, introducendo misure che consentissero l’asensione senza ostacolare gli Stati desiderosi di procedere su questioni politiche che non avrebbero raggiunto all'unanimità. È stato inoltre consentito di adottare alcune decisioni strategiche comuni a maggioranza qualificata. 2. Siè cercato dirisolvere il problema della mancanza di una figura identificata come responsabile della politica estera dell'Unione Europea attraverso la creazione dell'Alto rappresentante per la PESC. Tale figura è la voce nell’ambito della politica estera del Consiglio, nonché la sua più evidente espressione. Scelto dagli Stati membri e prende parte alle sedute del consiglio. T. di Nizza: 1. Ulteriori misure per facilitare il processo decisionale nell'ambito della PESC forme: UM 2. Ha conferito nuovi poteri al Comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio per fissare strategie e obiettivi nella gestione delle crisi Entrambi trattati hanno reso la PESC più efficiente e la figura dell'alto rappresentante ha potuto acquisire una certa vi ità influenza politica (questo anche grazie a Javier Solana, primo ad aver esercitato tale carica). Tuttavia, vi era ancora l'impressione che l'Europa non avesse gli strumenti per diventare un attore globale di primo piano punto il trattato di Lisbona ha cercato di porre rimedio: - Ha attribuito maggiori poteri e risorse alla figura dell'alto rappresentante per la PESC, ponendolo come membro del consiglio e della commissione (di cui è addirittura vicepresidente). Con questo è maggiormente in grado di garantire il coordinamento tra le due istituzioni e di consentire alla commissione di svolgere un ruolo più diretto in tutti i settori della politica estera. - ha datoall'alto rappresentante gli strumenti amministrativi e politici necessari per condurre la politica estera attraverso l'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), il corpo diplomatico dell'Ue. - L'alto rappresentante possiede anche il CPS, composto da rappresentanti degli Stati membri (ambasciatori), incaricato di monitorare la situazione internazionale nei settori coperti dalla PESC e di contribuire alla definizione delle politiche. Ad avere ricoperto il ruolo di alto rappresentante a seguito di tali modifiche introdotte sono state la britannica Catherine Ashton (2009-2014) e l'italiana Federica Mogherini (2014-2019). Entrambe hanno ottenuto il massimo successo possibile nei limiti imposti dagli Stati membri. Catherine Ashton ha contribuito alla risoluzione delle tensioni tra Serbia e Kosovo; Federica Mogherini ha contribuito alla firma di un accordo sul controllo dello sviluppo di armi nucleari in Iran. Il trattato di Lisbona ha inoltre conferito all'UE una personalità giuridica: - L'articolo 47 TUE: diritto di firmare trattati internazionali e di aderire alle organizzazioni internazionali - L'articolo 216 TFU distingue le questioni su cui l'unione europea ha competenza esclusiva e questioni in cui le competenze sono condivise con gli Stati membri - L'articolo 2 TUE ribadisce l'impegno della politica estera dell'Europa a favore della salvaguardia della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani, nonché l'impegno a favore del multilateralismo Oltre a questo, in ambito PESC ci si è concentrati sullo sviluppo della componente “sicurezza” delle relazioni esterne dell'unione europea. Innanzitutto, non è possibile parlare di sicurezza in Europa senza prima considerare gli impegni che quasi tutti gli Stati membri hanno assunto nei confronti della NATO. Uniche eccezioni: Svezia, Irlanda ed Austria. Pertanto, qualsiasi tentativo di creare una componente di sicurezza dell'Europa potrebbe incidere sulle relazioni con gli Stati Uniti che continuano a fornire copertura nucleare per garantire la sicurezza europea dalle altre potenze nucleari come la Russia. In merito si cita la creazione della politica europea di lifesa (PESD) del 1996. Elemento centrale di tale politica è la preparazione delle operazioni dell'Unione europea occidentale, che prevedeva il coinvolgimento della stessa UEO e della NATO. Tuttavia, la PESD icurezza e di faceva parte dell'alleanza transatlantica e non era un'istituzione strettamente comunitaria. Inoltre, gli Stati Uniti hanno insistito sulla difesa delle “tre D”: nessuna disconnessione, nessuna duplicazione e nessuna discriminazione. Erano infatti preoccupati che questo tipo di iniziativa avrebbe portato gli Stati membri dell’UE a svincolarsi dagli impegni NATO e a cominciare a duplicare le infrastrutture di difesa. Erano inoltre preoccupati che l'unione europea cominciasse a trattare in modo diverso gli Stati non membri dell'UE nell'ambito della NATO. Nel 1998 si è tenuto un incontro a San Malò per capire come trasformare la PESD in qualcosa di più concreto all’interno dell’Unione europea e non della NATO. La dichiarazione di San Malò ha dato il via ad un processo di bilancio delle esigenze di sicurezza e degli impegni strategici degli Stati membri, anche a seguito delle complicazioni date dagli allargamenti del 2004 e 2007. Ad esempio, le preoccupazioni dell'Italia guardano fondamentalmente verso sud e derivano dalle conseguenze dell'instabilità del Medio Oriente e Nord Africa. Gli Stati baltici e la Polonia guardano ad est, preoccupati di ricadere nuovamente sotto l'influenza russa. La Croazia è ancora preoccupata per le tensioni dei Balcani. Nel secondo dopoguerra si era sviluppata l'Unione Europea Occidentale (UEO), essa rappresentava una tra le prime architetture di sicurezza europee. Tuttavia, era il prodotto di un'Europa divisa dalla guerra fredda e come tale non poteva svilupparsi diversamente. La dichiarazione di San Malò costituiva un tentativo di formulare la politica europea di sicurezza e di difesa, definite successivamente nel Consiglio di Colonia del giugno 1999. Il successivo vertice di Helsinki del dicembre 1999 ha chiarito l'obiettivo di creare una capacità di sicurezza (e militare) autonoma dell’Unione, con l'ambizioso obiettivo di creare un'unità di dispiegamento rapido di 60.000 soldati per far fronte alle crisi come quelle verificatesi nei Balcani. La PESD è stata integrata nel trattato di Nizza dando così alla PESC la capacità di i al fine di raggiungere i propri obiettivi pol comune PSDC, volta a rafforzare le capacità europee militari e lo spiegamento dimissioni al di fuori dell'Europa per mantenere la lizzare strumenti mi ica estera e di sicurezza. Da quel momento la PESD e ha continuato ad evolversi, diventando poli pace, prevenire i conflitti, rafforzare la sicurezza internazionale in modo conforme ai principi della Carta delle Nazioni unite. Anche il trattato di Lisbona ha impattato sulla politica di sicurezza e di difesa. Gli articoli 40 e 42 TUE stabiliscono che gli Stati membri, desiderosi e disposti di strumenti e mezzi necessari, possono procedere all’instaurazione di una cooperazione strutturata permanente nel settore 42 itare, notificandola all'alto rappresentante, e sottoponendola alla decisione a L’UE nelle relazioni transatlantiche Le relazioni dell’UE con gli USA sono un pilastro del SI dalla fine della WWII e sono servite ad ancorare gli stati membri nell’alleanza transatlantica. Gli USA e l'UE hanno un partenariato che ha avuto inizio con il riconoscimento ufficiale della CECA da parte degli americani (il primo stato a farlo) nel 1952. Il partenariato si è evoluto con la fine della Guerra Fredda, con la stipulazione di due documenti: la Dichiarazione transatlantica sulle relazioni CE-USA (1990); Nuova agenda transatlantica (1995). Quest'ultima promuove pace, democrazia e stabilità, nonché espansione del commercio globale e risposte comuni alle sfide internazionali. Entrambi i documenti sono stati la guida da seguire quando le relazioni si sono inasprite (es: guerra in Iraq del 2003). Le relazioni transatlantiche hanno sofferto le posizioni molto diverse intraprese dalle due parti sulle questioni chiave dell’agenda internazionale. La decisione di invadere l’Iraq nel 2003 senza una risoluzione dell’ONU ha portato ad un clima ostile tra USA ed alcuni stati membri (in particolare Germania e Francia). Negli anni ‘90 gli USA hanno intrapreso azioni a favore di maggiore multilateralismo, in particolare nel tema della lotta contro il cambiamento climatico. La tensione è aumentata dopo l'elezione del presidente repubblicano D. Trump nel novembre del 2016, che ha deciso di abbandonare l'accordo di Parigi sul cambiamento climatico (2015), minacciando di imporre tariffe sui prodotti industriali euroepi e di ritirarsi unilateralmente da un accordo sulle armi nucleari con l'Iran che l'UE ha contribuito a garantire, nonché da un accordo sul controllo delle armi nucleari con la Russia. La risposta europea riflette le opportunità ed i vincoli alla quale è costretta: - da una parte vi sono state numerose richieste di accelerare la creazione di una politica estera e di sicurezza dotata di strumenti efficaci per garantire una risposta europea unita ed efficace nell'affrontare le sfide senza contare sulle garanzie americane. L'allora presidente della Commissione Europea Junker al momento dei fatti ha tenuto un discorso denominato “L'ora della sovranità europea” sottolineando che il sistema internazionale, fattosi sempre più pericoloso, ha posto le basi per l'esercizio del potere sovrano europeo - dall’altra parte molti stati europei, come la Polonia ed altri membri dell'est, hanno deciso di legarsi sempre più con gli USA, spesso in contrasto con i loro partner europei. L’UE e la Russia Le relazioni russe con l'UE ed i suoi stati membri si sono notevolmente trasformate successivamente alla Guerra fredda. La fine dell’Unione Sovietica ha aperto le possibilità per un'Europa allargata. Negli anni ‘90 in particolare questa possibilità ha portato UE e RU a stipulare un partenariato strategico per affrontare meglio i problemi comuni, specialmente quelli relativi al “vicinato condiviso” (= Balcani ed Europa orientale). Sempre in questi anni si sono intensificate le relazioni economiche e politiche tra i due partner, soprattutto nel settore dell'energia. Tra UE e Russia il rapporto è sempre stato difficile a causa di questioni geopolitiche e di sicurezza che hanno portato l'Europa a aprirsi verso i paesi dell'Europa centro-orientale nella sfera di influenza russa. Le relazioni tra le due sono sempre state condizionate dall’adesione della maggioranza dei membri europei alla NATO. In particolare, l'adesione dei paesi baltici alla NATO, parallela alla decisione di aderire all’UE, è stata considerata dalla Russia come espansione di una più ampia comunità transatlantica di sicurezza volta a contenere la Russia stessa in materia di sicurezza. Da un lato l'UE ha visto nella Russia un partner economico importante, ma dall’altro ha sempre dubitato del suo impegno a favore del multilateralismo, dello stato di diritto e della creazione di un'Europa libera da rivalità geopolitiche o geostrategiche. L'invasione russa della Crimea nel 2014 e la sua presenza consertante in Ucraina Orientale hanno provocato tensioni. Gli stati membri dell’UE sono stati uniti nel decidere di applicare severe sanzioni contro molte figure importanti del regime di Putin e contro alcuni importanti interessi economici. Anche se questo ha significato svantaggi per alcuni stati membri che, come l’Italia, hanno subito rilevanti perdite commerciali. Altri stati invece hanno continuato ad intensificare le relazioni economiche, specialmente nel settore energetico. È il caso della Germania con l'espansione del gasdotto Nord Stream 2, nonostante le obiezioni della commissione europea, di stati membri e anche degli USA. L’allargamento della politica estera L'espansione territoriale europea ha avuto come conseguenza il confinare con luoghi politicamente instabili. Con la fine della Guerra Fredda, l'annessione di ex-stati URSS è stata vista come un modo efficace per affrontare potenziali conflitti sociali e politici ai confini dell’UE. In quel periodo infatti l'annessione era vista come un mezzo per cambiare i comportamenti e persino 45 la traiettoria dello sviluppo politico dei territori vicini. L’allargamento diventa pilastro centrale delle relazioni europee con i Caucaso e persino il Medio Oriente e il Nord Africa. I Balcani: il Consiglio ha avviato il processo di stabilizzazione e associazione (PSA) nel 1999, basato sulla premessa che i paesi della regione avrebbero potuto presentare domanda di adesione all'UE qualora avessero soddisfatto i criteri di Copenaghen. L’UE investe risorse umane e finanziarie per contribuire a generare crescita economica e trasformazioni democratiche: la Croazia è l’unico paese cha ad oggi ha completato con successo il processo; il Montenegro e la Serbia hanno invece iniziato i negoziati di adesione. La Macedonia e l'Albania sono paesi candidati, mentre gli altri hanno lo status di potenziali candidati. L’UE ha un interesse strategico ad assicurarsi la stabilità della regione. Negli anni ‘90 infatti, nell’area, è stato necessario un intervento NATO a causa di guerra civile e conflitti etnici, che ha portato numerosi rifugiati in cerca di asilo in Europa. Nell'ambito della PSDC, l'UE mantiene un ruolo chiave per la stabilità di Bosnia ed Erzegovina attraverso la missione EUFOR Althea. Tra il 2003 ed il 2012 l'UE ha inviato una missione di polizia (EUPM)) nel territorio. In Kosovo l'UE ha invece inviato una missione al fine di aiutare le autorità locali a difendere lo stato di diritti (EULEX). Le missioni PSDC sono state dispiegate anche in Macedonia. L’allargamento e la prospettiva di diventare membro dell'UE hanno dimostrato essere strumenti molto importanti per esercitare influenza sul comportamento degli stati in materia di politica estera. L'allora presidente della Commissione Junker, nel discorso sullo stato dell’Unione tenuto nel 2017, si è dimostrato fiducioso in questo ambito, così come il Consiglio. L'esempio della Turchia invece potrebbe non essere incoraggiante: coinvolta nell’integrazione europea fin dai primi anni Sessanta, firmando nel 1963 un accordo di associazione che prevedeva l'unione doganale tra Ankara e Bruxelles. Vi sono voluti più di 30 anni prima che l'unione fosse effettivamente istituita (1995). Nel 1997 è stata dichiarata la possibile ammissione turca all’UE a condizione di portare a termine il processo di soddisfacimento dei criteri di Copenaghen. Formalmente la Turchia è ancora un candidato e le sue prospettive di adesione sono molto scarse. Rimangono irrisolte le principali questioni politiche, soprattutto quelle relative allo stato di diritto. Nonostante la mancanza di un calendario chiaro per l'adesione di altri paesi all'UE, il processo di allargamento rimane importante perché si tratta di un modo per contrastare altri stati, come Russia o Cina, e la loro influenza nelle regioni che lambiscono l’ Europa. Si ricorda che però una delle condizioni di ingresso all'UE è la risoluzione delle questioni frontaliere (anche se questo aspetto è stato ignorato per l'adesione di alcuni stati, come Cipro). Conclusioni - Il sistema internazionale è diventato molto più incerto e per molti versi anche più pericoloso, da quando la PESC è stata introdotta alla fine della Guerra Fredda. - Ue:maggiore enfasi sull'utilizzo di mezzi coercitivi per perseguire i suoi obiettivi di politica estera. - Il ruolo dell’Ue come attore globale rimane indefinito - Vincoli istituzionali: politica estera in gran parte intergovernativa (sia dal punto di vista decisionale che attuativo); il che porta ad uno stallo. - Differenze tra gli stati membri si riflettono in differenze negli interessi strategici da perseguire a livello comunitario. Cap. 12. POLITICA E SICUREZZA INTERNA INTRODUZIONE | cittadini europei hanno potuto constatare che la sicurezza quotidiana sia sempre più legata all’appartenenza all'UE: le questioni di sicurezza interna non sono più limitate ai confini nazionali. Gli attentati di Parigi (novembre 2015, con fuga dei terroristi a Bruxelles) e quelli che hanno poi seguito, hanno evidenziato come l’area di libera circolazione delle persone sia sottoposta a sfide continue. le questioni relative agli affari esteri, come la sicurezza interna e le migrazioni, sono infatti emerse come sfide importanti per l’Unione e la sua sopravvivenza. Gli affari interni non sono ambiti a cui gli stati membri rinunciano facilmente, infatti vi sono diverse questioni irrisolte ed aperte riguardanti il trasferimento dei compiti a livello europeo, come: chi controlla le frontiere, la 46 circolazione delle persone e chi ne garantisce la sicurezza, bilanciare la sicurezza con il rispetto dei diritti democratici fondamentali, garantire che il concetto di cittadinanza europea rispecchi diritti garantiti a tutti i cittadini dell'UE. Ad oggi l'UE ha un ruolo in ambiti di competenza tradizionalmente statale. Nonostante esista l'ambito “giustizia ed affari interni” chiamato “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (SLSG), esso rimane ancora ampiamente caratterizzato da dinamiche decisionali intergovernative poiché riguarda questioni politiche sensibili. Ad oggi UE e stati membri sono incerti: da un lato si vogliono garantire le libertà fondamentali che consentono il funzionamento del mercato unico; dall'altro si vuole comunque mantenere il controllo su alcuni strumenti, come la gestione delle frontiere, che potrebbero costruire un ostacolo alla costruzione dell’Unione. Da Trevi a Lisbona Nel trattato di Maastricht si decise di includere gli affari interni. Questo segnò un grade passo in avanti per l'integrazione economica, coinvolgendo infatti tutti gli aspetti della società, anche quelli che richiedevano azioni da parte di polizia o tribunali. Tuttavia, quel momento non segnò il rispettivo inizio della cooperazione degli stati membri in un settore tradizionalmente considerato di competenza nazionale. Nel 1957 nasce il gruppo Tr. inizializzato con il vertice di Roma) composto da una rete di ministeri della Giustizia e dell'Interno, esterno alle istituzioni del trattato, nato poco dopo l'attacco terroristico alle olimpiadi di Monaco di Baviera del ‘72, episodio che aveva segnato l'ingresso del terrorismo internazionale nell’agenda europea. La preoccupazione principale del gruppo era infatti il terrorismo internazionale. Tuttavia, nel tempo la cooperazione si è estesa alle questioni relative all'attività criminale transfrontaliera in generale. La cooperazione in questo ambito è diventata ancora più forte con l'accordo di Schengen. Esso ha subito un rafforzamento nel 1990 diventando Convenzione di Schengen: promuove la completa abolizione di tutte le frontiere interne e crea essenzialmente una frontiera esterna comune per gli stati firmatari. Con questo gli stati membri accettano di non poter controllare completamente chi entra o esce dal loro territorio. Inizialmente l'accordo non rientrava nell’ambito del diritto europeo ed era intergovernativo tra gli stati partecipanti. È diventato comunitario solo con il trattato di Amsterdam, sebbene non si applichi ad alcuni paesi europei e di contro si applichi ad alcuni paesi non membri dell'UE (vedi fig. 12.1 pag. 278: non so se le mie pagine digitali corrispondono con le vostre). La decisione di eliminare le barriere interne ha reso ancora più evidente la necessità di cooperare negli affari interni. Schengen infatti riguardava anche condivisioni di informazioni e possibilità per le autorità giudiziarie e di polizia di rintracciare più facilmente le attività illegali oltre alle proprie frontiere nazionali. La creazione del terzo pilastro del trattato di Maastricht mirava a garantire la libera circolazione di merci, capitali e persone senza però compromettere la sicurezza dei cittadini europei. Il trattato è stato importante perché ha introdotto nel diritto europeo la nozione di cittadinanza europea cercando di darle sostanza. Il trattato di Amsterdam ha segnato un grande passo avanti in materia di giustizia e affari interni, spostando molte delle competenze europee dal primo al terzo pilastro, quindi caratterizzate da metodo comunitario e voto a maggioranza qualificata. Si tratta delle decisioni in materia di libera olazione, visti, asilo e cooperazione in materi; itto civile. Il terzo pilastro intergovernativo è rimasto per le questioni di polizia e quelle relative al diritto penale. Tale trattato ha inoltre introdotto l’idea che “affari interni” non comprendesse solo questioni di sicurezza interna, ma anche uno spazio più ampio di libertà, sicurezza e giustizia. Con il trattato di Lisbona si sono eliminati i pilastri, inserendo lo spazio di Libertà, sicurezza e giustizia all’interno della stessa Parte Ill del TFUE, ovvero in “Politiche e azioni interne all'Unione”. In tale Parte sono inseriti gli articoli relativi alle politiche di controllo delle frontiere, asilo ed immigrazione, cooperazione giudiziaria in materia penale, cooperazione di polizia e questioni di diritto civile. Inoltre, tale trattato ha cercato di rendere il metodo comunitario come meccanismo decisionale principale per le questioni di giustizia e sicurezza; le decisioni più rilevanti e le questioni relative alle politiche di sicurezza interna rimangono però intergovernative. Ad esempio, l’art. 68 TFUE conferisce potere di definizione di orientamenti strategici della programmazione legislativa ed operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, al Consiglio europeo. Il ruolo della Commissione è stato anch'esso rafforzato con l'introduzione di un ricorso nei confronti degli stati membri che non rispettino le disposizioni previste in materia di SLSG. Il parlamento europeo rimane invece limitato: lo SLSG rimane ancora per molti aspetti intergovernativo. 47 tra le forze di polizia degli stati membri nei settori come la prevenzione e la lotta contro il terrorismo, ecc. (non è una forza di polizia). - Altre agenzie esecutive affiancano l’europol: Eurojust istituita nel 2002 per sostenere e rafforzare il coordinamento e la cooperazione tra autorità nazionali nella lotta contro la criminalità transnazionale. Il trattato di Lisbona prevede che per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, il Consiglio possa istituire una Procura europea, a partire dall’Eurojust, estendendo la possibilità per la procura di agire nella lotta contro la criminalità grave transnazionale. | negoziati per l'istituzione di una procura sono stati molto complessi. - Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) istituito nel 1999: ha come mandato la quello della lotta contro la corruzione nelle istituzioni dell'UE. è un'agenzia indipendente che collabora con le autorità di polizia e giudiziarie degli stati membri per garantire che i fondi dell'UE siano utilizzati correttamente e che i funzionari europei non accettino pagamenti illeciti La strategia di sicurezza interna dell'UE Il cambiamento istituzionale più importante è stato il passaggio dall'utilizzo del metodo decisionale intergovernativo a quello comunitario in settori che vanno dal diritto d’asilo a quello dell’immigrazione fino alla cooperazione giudiziaria in materia civile. Il t. di Lisbona ha promosso un'ulteriore comunitarizzazione nell’ambito della sicurezza interna, facilitando l'elaborazione di politiche comuni e conferendo un ruolo maggiore al PE. Ad oggi la cooperazione in materia di sicurezza interna, visto il terrorismo internazionale e le migrazioni, è ancora più necessaria. La Strategi: icurezza interna adottata nel 2010 (valevole fino al 2014) ha identificato le principali sfide per la sicurezza interna, tra cui oltre a quelle già elencate, rientra anche la criminalità organizzata, quella informatica, quella transfrontaliera, la violenza, le catastrofi naturali e quelle provocate dall'uomo ecc. Si è anche proposto un rafforzamento delle agenzie come l’Europol al fine di approfondire la cooperazione tra stati membri, nonché maggiore riconoscimento delle legislazioni nazionali in materia di sicurezza interna. Nel 2005 è stata approvata la strategia antiterrorismo dell'UE, organizzata intorno a 4 temi: 1. Prevenire: ricerca di strategie comuni per garantire che la radicalizzazione dei giovani e il reclutamento di terroristi non avvenga all’interno dell’UE e a livello internazionale 2. Proteggere: riferita ai cittadini e alle infrastrutture; adozione di strategie comuni alle frontiere e condivisione di informazioni 3. Perseguire: coloro che compiono atti terroristici, indagando e perseguendo terroristi oltre frontiera e su scala mondiale, impedendo l’accesso ai finanziamenti e al materiale necessario per gli attentati. 4. Rispondere: si intende prepararsi a gestire e ridurre al minimo le conseguenze degli attentati terroristici, migliorando la capacità di gestione, gli effetti immediati, il coordinamento delle risorse e le esigenze delle vittime. Tra le varie conseguenze della strategia, una delle più importanti è la disciplina dell’uso dei dati del codice di prenotazione (PNR) ovvero informazioni personali fornite dai passeggeri che vengono raccolte e conservate dai vettori aerei (es: nome, data di viaggio, itinerario, bagagli ecc.). | PNR possono essere utilizzati per valutare i passeggeri prima dell'arrivo o della partenza in relazione a criteri di rischio prestabiliti, o per individuare determinate persone, per contribuire all'elaborazione di tali criteri di rischio e per l’utilizzo in indagini o azioni penali specifiche. Tale disciplina è limitata al fine di salvaguardare i diritti fondamentali alla protezione dei dati personali, al rispetto della vita privata e alla non discriminazione, infatti si conservano solamente per un periodo di 5 anni e dopo 6 mesi sono dissociati dai dati identificativi personali. Il trasferimento dei dati PNR ai paesi terzi può avvenire solo ed esclusivamente in circostanze molto limitate e valutate caso per caso. Vi è stato un caso importante in merito a queste limitazioni sollevato dal PE: in merito all'accordo UE e Canada, la CGUE si è pronunciata asserendo che l’utilizzo fatto da questo paese terzo violasse i diritti fondamentali dei cittadini europei in materia di privacy. Le decisioni riguardanti il terrorismo sono prese a livello del Consiglio. Nel 2007 è stata creata dai ministri degli interni la posizione di Coordinatore europeo antiterrorismo che ha il compito di coordinare i lavori del Consiglio nella lotta al terrorismo, monitorare l'attuazione della strategia e garantire che l'UE abbia un ruolo attivo nella lotta al terrorismo, non solo all’interno degli stati membri ma anche a quello globale. La Commissione assiste gli stati membri nell’attuazione della strategia antiterrorismo e nei negoziati con i paesi terzi su questioni come, ad esempio, il reperimento di finanziamenti per le reti terroristiche e l’accesso ad armi biologiche o chimiche. Gli attacchi terroristici del 2015-2016 a Parigi e Bruxelles hanno mostrato come gli stati membri collaborino poco dal punto di vista dello scambio di informazioni. La direttiva per lo scambio dei dati sui passeggeri che entrano ed escono dall’UE non affronta la questione della circolazione all’interno dell’UE, soprattutto nello spazio Schengen. La criminalità organizzata è un’altra questione transfrontaliera nata dallo spazio del mercato unico di Schengen. La lotta contro le attività criminali è lasciata agli stati, sebbene vi siano settori chiave in cui l'UE può svolgere un ruolo importante, tra cui ad 50 esempio quello della criminalità informatica, la tratta di esseri umani e il traffico di droga. In merito al traffico di droga è stato approvata nel 2012 la Strategia globale in materia di droga (valevole fino al 2020), al fine di contribuire a ridurre sia domanda che offerta all’interno dell'Ue, nonché ridurre i rischi ed i danni alla società da essa causati. Questa strategia sostiene le politiche nazionali e fornisce un quadro d’azione coordinato e un coordinamento politico per la cooperazione esterna dell'UE. a tal proposito è stata attivato un piano d'azione i cui obiettivi sono, ad esempio, legati alla prevenzione del consumo di droga, miglioramento delle terapie di tossicodipendenza ecc. Controllo delle frontiere: la politica in materia di visti, immigrazione ed asilo L'abolizione dei controlli alle frontiere interne promossa da Schengen ha comportato che le frontiere terrestri esterne per molti degli stati membri siano, di fatto, quelle dei membri periferici. Vi sono due modi per gestire le frontiere esterne comuni: - Collettivamente: gli stati rinunciano al potere sovrano nella gestione di chi possa o meno attraversare ed eventualmente vivere nei propri confini - Promuovere una qualche forma di riconoscimento reciproco delle politiche di controllo alle frontiere ed al funzionamento degli stati partner: ovvero accettare le decisioni di altri paesi. Gli stati membri hanno deciso di combinare le due soluzioni: vi sono alcune politiche comuni nei confronti di cittadini di paesi terzi, eccezion fatta per UK ed Irlanda (in particolare per i turisti o i residenti che non sono cittadini di uno stato membro) il cui ingresso nell’UE deve essere registrato e verificato mediante controlli alle frontiere, compreso un timbro sui loro documenti di viaggio. L’UE ha inoltre stabilito una politica comune in materia di visti, affinché lo spazio Schengen funzioni correttamente. | paesi devono garantire che l'ingresso sia registrato e verificato da controlli alle frontiere (timbro su documenti di viaggio). Questo non compromette tuttavia la sicurezza interna. La politica comune riguarda il transito e i soggiorni previsti nello spazio Schengen, di durata non superiore ai 90 gg, e per il transito attraverso le zone internazionali degli aeroporti degli stati aderenti a Schengen. | progressi verso una politica comune per soggiorni più lunghi sono invece lenti e governati dagli stati membri. La decisione di richiedere il visto o consentirne l'esenzione a paesi terzi è presa a seguito di negoziati bilaterali tra l'UE ed il paese interessato. La valutazione si basa sui progressi dei paesi terzi in materia di stato di diritto, lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e all'immigrazione clandestina, nonché miglioramento della capacità amministrativa del controllo delle frontiere e sicurezza dei documenti. L'UE si è attenuta alla politica per cui i paesi terzi non possono attuare discriminazioni tra gli stati membri dell’Unione nelle loro decisioni in materia di visti. Es: Canada e USA non possono non richiedere il visto ai cittadini europei se lo chiedono ai cittadini bulgari e rumeni. Gli stati membri possono stabilire condizioni specifiche in materia di visti con stati terzi confinanti, ma la politica in materia di i (VIS): consente agli visti è decisa per lo più a livello comunitario. Tale politica è stata integrata dal sistema di informazione vi: stati Schengen di scambiarsi informazioni sui visti. Si compone di due sistemi distinti: 1. Banca dati centrale del VIS 2. Sistema automatico per il riconoscimento elle impronte digitali (AFIS) È collegato con tutti i consolati degli stati Schengen che rilasciano visti. Le guardie di frontiera possono confrontare la corrispondenza tra la persona in possesso di un visto biometrico e la persona che ha presentato la domanda. Un altro importante sistema di condivisione dei dati è il Sistema di Informazione Schengen (SIS), dal 1995 supporta il controllo alle frontiere esterne e cooperazione in materia di applicazione della legge negli stati Schengen. Consente alle autorità competente di inserire e consultare segnalazioni su determinate categorie di persone/oggetti scomparsi. Sono 30 paesi coinvolti nel SIS: tutti gli stati membri e i paesi non parte di Schengen (eccezione per Irlanda e Cipro). Eu-LISA, l'agenzia per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala, gestisce VIS e SIS. La questione dell’immigrazione è emersa come questione politica centrale della politica interna di molti stati membri, diventando un tema che sta influenzando i loro rapporti con le istituzioni dell’UE e con gli altri partner. In particolare, alla fine della Guerra Fredda ed inizio delle tensioni mediorientali, il fenomeno è diventato degno di nota. Il t. di Maastricht ha facilitato la cooperazione tra i paesi in materia di immigrazione. Con il Consiglio di Tampere (ottobre del ‘99) si affrontare le condizioni economiche, sociali e strutturali che spingono le persone a cercare di emigrare verso l'Europa. Questo ha iniziata a delineare una politica comune con approccio globale all'immigrazione. L’ambizione europea era quella di evidenziato come il tema dell’immigrazione non riguardasse solo l'ambito degli affari interni europei, bensì la sua politica estera. All’interno del programma di Tampere vi son le norme comuni sulle modalità di trattamento dei cittadini dei paesi terzi (in questo rientrano anche tematiche come il razzismo ed altre conseguenze delle discriminazioni). 51 Il t. di Lisbona, negli artt. 79 e 80, affronta il tema dell’immigrazione precisando chiaramente le competenze dell’Unione; il trattato è diventato base giuridica agli obbiettivi della politica di immigrazione europea. La politica dell'UE cerca di garantire un trattamento equo ai cittadini dei paesi terzi. Con il T. di Lisbona la procedura legislativa ordinaria è applicata sia alle procedure di immigrazione clandestina che a quella legale. Nel caso di un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi le misure provvisorie sono adottate solamente dal Consiglio previa consultazione del parlamento; le competenze europee sono condivise con gli stati membri per quanto concerne il numero di migranti autorizzati ad entrare in un paese membro allo scopo di cercarvi un lavoro; la corte di giustizia ha la piena competenza in materia di immigrazione ed asilo. L'art. 80 TFUE (applicato alle richieste d'asilo): stabilisce che gli stati membri devono conformare le loro azioni ai principi di solidarietà e di equa ripartizione (anche sul piano finanziario), se in circostanze eccezionali alcuni membri si trovano difronte ad un flusso improvviso di immigranti. L’UE ha adottato una serie di misure sulla migrazione LEGALE per alcune categorie di lavoratori migranti: - Perilavoratori altamente qualificati di paesi terzi è stata introdotta la c.d. “carta blu dell'UE”: procedura accelerata per il rilascio di un permesso speciale di soggiorno e di lavoro. | visti carta blu hanno lo scopo di evitare competizioni tra i paesi membri nei paesi terzi per evitare professionisti molto richiesti. - La direttiva sul permesso unico, invece, definisce una procedura comune e semplificata per i cittadini di paesi terzi che presentano domanda di permesso di soggiorno e di lavoro in uno stato membro. Essa stabilisce un insieme di comuni diritti per gli immigrati che soggiornano LEGALMENTE in uno stato membro - La direttiva 2014/36 UE disciplina le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadii impiego in qualità di lavoratori stagionali (per un periodo massimo di 5-9 mesi). - La direttiva 2014/66 UE stabilisce condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell’ambito di trasferimenti intra-societari, consentendo alle imprese e società multinazionali di semplificare il distacco temporaneo dei relativi manager, specialisti e tirocinanti, nelle filiali e succursali ubicate nell'UE. Le stesse misure sono adottate, attraverso altre direttive, per gli studenti e ricercatori, per il ricongiungimento familiare e per i residenti di lungo periodo. dei paesi terzi per motivi di Sebbene le strategie di integrazione siano di competenza nazionale, l’UE può monitorare, comparare, e finanziare le stesse. La politica di immigrazione è stata promossa dalla Commissione, soprattutto dopo il t. di Lisbona. L'approccio adottato, denominato GAMM, stabilisce un quadro generale per quanto riguarda i rapporti dell’Ue con i paesi terzi basato su quattro pilastri: 1. Migrazione regolare e mobilità 2. Immigrazione irregolare e tratta di esseri umani 3. Protezione internazionale e politica d'asilo 4. Aumento dell'incidenza dell’immigrazione e della mobilità sullo sviluppo AI GAMM hanno fatto seguito gli orientamenti strategici approvati dal Consiglio Europeo (2014) e l'agenda europea sulla migrazione (2015). Nel 1999 l’UE ha creato un Sistema europeo comune d'asilo (CEAS): fornisce protezione ed uno status adeguato a tutti i cittadini di paesi terzi che necessitano di protezione internazionale in uno degli stati membri e garantire che non vengano rimpatriati in paesi in cui possono essere vittime di persecuzioni e violenze. Le linee guida del sistema sono legate agli impegni assunti attraverso la Convenzione di Ginevra del 1951 ed il successivo protocollo del 1967. Fino al t. di Maastricht gli stati avevano cooperato su base bilaterale o intergovernativa per affrontare le questioni relative all’asilo. Il trattato ha invece inserito la politica d'asilo nell’architettura istituzionale europea, evidenziando il ruolo della Commissione e l'obbligo in capo al Consiglio di informare il parlamento in merito alle decisioni assunte. Il t. di Amsterdam ha amplificato il ruolo delle istituzioni europee in materia di legislazione d'asilo attraverso un meccanismo istituzionale specifico: 1. Periodo TRANSITORIO DI 5 ANNI, con diritto di iniziativa condiviso tra la Commissione e gli Stati membri e decisione all'unanimità in seno al Consiglio previa consultazione del parlamento. La Corte di Giustizia ha acquisito competenza anche in casi specifici (prima del t. di Maastricht non aveva alcuna competenza). 2. Superatii 5 anni il Consiglio può decidere di applicare la normale procedura di codecisione. Da questo momento in poi è possibile adottare decisioni a maggioranza qualificata. Queste modifiche sono state adottate già al vertice di Tampere, in cui il consiglio europeo è stato chiamato a dare espressione concreta allo SLSG e ha proposto lo sviluppo di un sistema comune di asilo che fornisce protezione a coloro che ne hanno bisogno. Questo vertice è caratterizzato da un alto grado di fiducia dei paesi membri nel fatto che l'apertura delle frontiere 52 Lo strumento principale utilizzato inizialmente è l'Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, OCM, ovvero insieme di strumenti giuridici destinati a proteggere gli agricoltori europei in diversi settori agricoli compreso l'allevamento. Essa attuava tre tipi di interventi principali: 1. Prezzo garantito 2. Sostegno pubblico 3. Misure di protezione alle frontiere europee a limitazione delle importazioni L'agricoltura era considerata un'attività economica altamente volatile, pertanto si credevano necessari incentivi per evitare che gli agricoltori abbandonassero data attività per cercare una fonte di reddito più prevedibile e regolare. La politica agricola comune, PAC, Si basa sul principio per cui i prodotti agricoli devono poter circolare liberamente nell'unione. Non è però basata sul principio per cui ai mercati spetti la fissazione dei prezzi o il modellamento dell'offerta. Essa infatti mira garantire un reddito di base per gli agricoltori, indipendentemente dall' andamento dei prezzi. Questo significa stanziamento di fondi al fine di assicurare prezzi garantiti, stabilimento di quote di produzione per evitare un eccesso di offerta sui mercati con la conseguente diminuzione dei prezzi a livelli non sostenibili per gli agricoltori. L'intervento dell'unione europea si concretizza in acquisti di eventuali eccedenze di produzione. | prezzi e i redditi sono garantiti assicurando che le importazioni di prodotti alimentari siano allo stesso prezzo a prezzi superiori a quelli fissati dalla commissione. Qualora essi siano inferiori si sarebbero applicate delle tariffe volte ad impedire la concorrenza internazionale. Per rendere i prodotti alimentari europei competitivi sui mercati mondiali la PAC prevedeva anche compensazioni per gli agricoltori che avessero venduto i loro prodotti a prezzi fissati dei mercati internazionali: con prezzi più bassi di quelli fissati dall'unione europea, la commissione avrebbe pagato la loro differenza. Il finanziamento proveniva da un fondo specifico denominato Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG). Il sostegno politico alla PAC è stato diffuso tra i membri, soprattutto a causa delle inefficienze del sistema agricolo di alcuni paesi i cui costi si sarebbero altrimenti spartiti ai sistemi efficienti degli altri membri. Nei primi anni di fissazione dei prezzi del sostegno al reddito da parte della commissione, l'obiettivo era garantire un reddito agli agricoltori, aumentare la produzione e la produttività dell'agricoltura per garantire autosufficienza europea. La PAC ha avuto successo su entrambi i fronti, sebbene non manchino i problemi. Negli anni '80 le forme di intervento pubblico stavano distorcendo i mercati agricoli in Europa e oltre, rivelandosi un costo peri consumatori. Vi erano enormi scorte di prodotti agricoli che la commissione aveva acquistato per evitare che i prezzi scendessero e che andavano eliminati a causa del naturale deperimento senza che potessero essere commercializzate prima. Gli agricoltori non avevano dovuto adattarsi alla domanda del mercato a causa delle garanzie di prezzo fornite dal FEAOG, questo ha causato sovrapproduzione, depressione dei prezzi mondiali dei prodotti agricoli, attriti con i partner commerciali dell'Europa e gravi difficoltà economiche in molti paesi in via di sviluppo. La sovrapproduzione richiedeva che sempre più risorse dell'unione europea fossero destinate al mantenimento della Politica agricola comune in un momento in cui cominciavano ad emergere richieste di risorse per altre politiche pubbliche. Vi è stato un lungo periodo di tentativi di riforma; la riforma della PAC è stata difficile graduale. L'agricoltura in Europa era legata alla garanzia del reddito e qualsiasi tentativo di cambiamento suscitava proteste a causa del grande significato politico e culturale che aveva l'agricoltura in Europa. Negli anni '80 sono stati utilizzati due mezzi principali per ridurre la sovrapproduzione: - Limitazione della produzione: sotto forma di quote; Gli Stati avevano la possibilità di produrre una determinata quantità di prodotto alimentare. Le quote hanno consentito il controllo del bilancio della PAC senza alienare il sostegno degli agricoltori, dal momento che i prezzi garantiti sono stati mantenuti - Abbassamento dei prezzi gara! ha portato all'eliminazione dell'incentivo per gli agricoltori a continuare a produrre senza alcun riferimento alla domanda del mercato. Box 13.1: la vicenda delle quote del latte in Italia: esempio di limitazione alla produzione; introdotto nel 1984 al fine di affrontare un grave problema di sovrapproduzione di prodotti lattiero-caseari in UE. Negoziate stato per stato ed introdotte al fine di evitare un'offerta eccessiva e il crollo della remunerazione degli allevatori. | produttori che sforavano i massimali non violavano nessuna legge, ma si vedevano costretti a negoziare con altri produttori nazionali l'acquisto di quote altrui o a pagare una multa. Quando uno Stato membro superava la sua quota doveva essere pagato un sovrapprezzo sulle eccedenze da parte delle latterie dei singoli produttori che avevano superato la loro quota individuale. | produttori italiani hanno costantemente prodotto più di quanto sia stato loro assegnato, confidando sul fatto che lo stato avrebbe pagato le loro multe. Ciò non è accaduto ed è intervenuta la commissione e la corte di giustizia dell'unione europee. L'Italia è stata condannata ribadendo che il pagamento delle multe da parte dello Stato costituiva una forma di aiuto contrari al regime della concorrenza europea 55 a favore dei produttori di latte italiani. Questo ha scatenato l'opposizione dei produttori lattiero-caseari. Nel 2015 è stata abolita tale quota sebbene il problema non sia stato risolto: l'Italia deve ancora pagare le multe del passato. La PAC è stata la prima politica redistributiva dell'unione europea oltre che il suo principale impegno fiscale. L'attuazione è nelle mani della Commissione, al Consiglio Agricoltura spettano le decisioni riguardanti i prezzi garantiti e l'assegnazione delle quote di produzione. Le pressioni per ridurre le spese della Politica agricola comune nel bilancio dell'unione europea si unirono alle spinte derivate dai negoziati internazionali volte a ridurre le sovvenzioni agricole che penalizzava i paesi in via di sviluppo. Da quel momento in avanti si prende in considerazione la possibilità di riformare la PAC. L'approccio tradizionale è infatti stato pensato per affrontare il timore di una crisi alimentare all'indomani della guerra creando un settore agricolo produttivo. Nel 1990 i tentativi di riforma furono arrestati a causa dello scontro tra Europa e Stati Uniti. L'Europa avrebbe voluto liberalizzare il commercio internazionale sebbene la politica agricola basata sul sostegno dei prezzi costituisce un ostacolo. La commissione ha quindi proposto una serie di riforme radicali al fine di modificare le basi della politica di sostegno dei prezzi dei prodotti per trasformarle in forme di aiuto diretto agli agricoltori. Vi è stato un consenso politico tra alcuni dei maggiori Stati membri a sostegno delle riforme (Germania, Francia, Regno Unito) che ha permesso alla commissione di attuare dei cambiamenti, introducendo importanti riduzioni dei prezzi garantiti e compensando i piccoli produttori che avrebbero avuto difficoltà ad affrontare la concorrenza internazionale. Il processo di riforma è proseguito al consiglio europeo di Berlino del Marzo 1999 quando la commissione ha presentato un pacchetto di riforme legate all’Agenda 2000: una serie di nuovi principi della PAC. il principio cardine è stato quello della multifunzionalità, ovvero il riconoscimento che la tac non debba occuparsi solo della produzione ma anche di sviluppo sociale, culturale e storico dei territori; Di protezione dell'ambiente e di sostenibilità. Gli obiettivi della PAC erano essenzialmente quattro: Collegare maggiormente l'agricoltura europea ai mercati mondiali preparare l'allargamento dell'unione europea rispondere meglio alle nuove esigenze della società in materia di salvaguardia dell'ambiente e qualità dei prodotti rendere la PAC più compatibile con le richieste dei paesi terzi PONE La riforma del 2003 si articolava in due pilastri: il primo includeva le risorse tradizionali dedicate agli interventi sui mercati e agli aiuti diretti agli agricoltori; il secondo era destinato allo sviluppo rurale. L'allargamento del 2004 ha comportato nuove sfide per la PAC: i nuovi Stati membri avevano importanti settori agricoli ma non così produttivi rispetto a quelli dell'unione europea e non in grado di sopravvivere alle pressioni concorrenziali derivanti dall'apertura al mercato interno. Ciò avrebbe comportato un onere finanziario insostenibile per il bilancio dell'unione. A seguito della riforma del 2013 si è raggiunto l'ultima tappa del processo di adeguamento della PAC (obiettivi 2014-2020), la quale è riorganizzata nel modo seguente: ulteriore riduzione di un sostegno generico ai redditi continuando sulla strada intrapresa nel 2003 il sostegno agli obiettivi specifici; Consolidamento dei due pilastri della PAC; prosecuzione dello smantellamento del sistema delle quote di produzione; Approccio più integrato mirato e territoriale per lo sviluppo rurale. Inizialmente il trattato di Roma aveva previsto che la procedura di elaborazione di attuazione della PAC si articolasse su una proposta della commissione, sul parere del Parlamento europeo ed eventualmente del comitato economico e sociale europeo e sulla decisione del consiglio a maggioranza qualificata. il Parlamento europeo era coinvolto solamente nell'ambito della procedura di consultazione. Dal trattato di Lisbona, il TFUE hai steso alla tacca e l'utilizzo della procedura legislativa ordinaria, consolidando in tal modo il ruolo di autentico co legislatore del Parlamento anche nel settore dell'agricoltura, sebbene rimangano eccezioni a favore del consiglio. Nel nuovo trattato manca una chiara definizione delle aree di competenza delle due istituzioni legislative, che comporta il sorgere di inevitabili conflitti costituzionali. A riguardo è intervenuta anche la corte di giustizia dell'unione europea la quale, attraverso le sue sentenze, ha ribadito che le riforme della PAC dovranno chiarire la portata delle basi giuridiche esistenti per meglio equilibrare i colegislatori. In passato le istituzioni europee hanno dimostrato di saper collaborare anche al di fuori del quadro normativo, in particolare nell'ambito della procedura della cosiddetta “comitatologia”. Da quando sono state create le prime OCM, i comitati hanno costituito un compromesso: La gestione è stata affidata alla commissione, previo parere di un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri il quale prenda posizione a maggioranza qualificata. Nel quadro dei comitati consultivi, le organizzazioni professionali europee hanno sempre partecipato in modo diretto al processo decisionale tramite il Comitato delle organizzazioni professionali agricole (COPA) e la Confederazione generale delle cooperative agricole (COGECA). lambito della consultazione è inoltre stato esteso con la creazione di gruppi di dialogo civile per sostenere la commissione nell'attuazione della PAC. 56 La politica ambientale L'unione europea non aveva una politica ambientale al momento del trattato di Roma. Solamente a partire dagli anni '60 essa è diventata parte delle conquiste più importanti europee, facendo acquisire all'Europa il ruolo di attore centrale sulla scena mondiale. La politica ambientale è un elemento importante per la legittimità delle istituzioni europee e per lo sviluppo di un senso di solidarietà al di là dei confini nazionali. Tuttavia, le preoccupazioni ambientali in un'economia industrializzata si rivelano un argomento politicamente sensibile: alcune decisioni possono incidere sulla competitività e sulla produttività. La politica ambientale riguarda solamente sia gli interessi nazionali in senso stretto, che quelli industriali. Infatti tale politica non sempre ha riscosso consenso unanime tra gli Stati membri. ‘evoluzione di lo sviluppo della politica ambientale ha inizio con una serie di programmi d'azione per l'ambiente, il primo presentato dalla Commissione nel 1973; contemporaneamente è stata creata la direzione generale Ambiente della Commissione. | programmi d'azione fungono da tabelle di marcia per l'Europa al fine di sviluppare una politica ambientale concreta. Il già citato primo piano pone l'enfasi sulla precauzione (ovvero l'approccio di gestione del rischio in base al quale se vi è la possibilità che una data politica o azione possa danneggiare il pubblico o l'ambiente, e se non c'è ancora consenso scientifico sulla questione, la politica o l’azione in questione non dovrebbe essere perseguita) e sulla prevenzione (principio in base al quale i danni ambientali scientificamente prevedibili e certi devono essere contrastati fin dall'inizio). Tale programma ha riguardato quattro settori: 1. gestione ambientale 2. definizione di norme ambientali 3. competenze 4. integrazione delle politiche Ha inoltre cercato di tracciare i confini tra i livelli di autorità che dovrebbero affrontare le questioni ambientali. Il secondo programma d'azione riguarda l'elaborazione di un quadro politico dell'unione europea per l'ambiente ponendo l'accento sullo sviluppo della ricerca delle competenze scientifiche. Questi primi programmi sono stati elaborati dalla Commissione e deliberati dal Consiglio senza una base giuridica per la politica ambientale. Solamente con l’AUE Si introduce il nuovo titolo ambiente, gettando le basi giuridiche per una politica ambientale comune finalizzata a salvaguardare la qualità dell'ambiente, la salute umana e garantire un uso razionale delle risorse naturali. Il trattato di Maastricht inserisce l'ambiente nel primo pilastro, attribuendo al Parlamento europeo un ruolo di colegislatore e facendo sì che il Consiglio si esprima con voto a maggioranza qualificata. Il successivo trattato di Amsterdam stabilisce l'obbligo di integrare la tutela ambientale in tutte le politiche settoriali dell’Unione europea al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Infine, il trattato di Lisbona stabilisce che gli obiettivi della politica ambientale siano: salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente; Protezione della salute umana; utilizzazione accordo razionale delle risorse naturali; Promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere il problema dell'ambiente. L'art. 192 del TFUE riguarda i principi che guidano la politica ambientale dell'unione europea: il già citato principio di precauzione, azione preventiva, correzione dei danni ambientali e il principio “chi inquina paga”. Tali principi sono alla base delle scelte politiche e appli in ogni politica pubblica europea. Ad esempio, nel negoziare accordi commerciali con paesi terzi, i negoziatori europei devono garantire che le disposizioni di tale articolo siano rispettate. Vi è stato infatti un episodio di forte contesa nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti, che vedono nell'impegno europeo a rispettare il principio di precauzione di prevenzione un ostacolo agli scambi all'attività economica, nonché un ostacolo al commercio. L'evoluzione della politica ambientale europea riflette gli sviluppi istituzionali, la natura mutevole delle sfide ambientali e la crescente preoccupazione della società per il tema della sostenibilità. Nel settimo programma di azione europeo si parla infatti di tale argomento, formulando previsioni da raggiungere entro il 2050. In dato anno L'Europa si immagina il rispetto dei limiti ecologici del pianeta, un'economia circolare in cui nulla viene sprecato e risorse naturali gestite in modo sostenibile. sono stati identificati 9 obiettivi prioritari, tre in particolare sono da sottolineare: 1. Proteggere, conservare e valorizzare il capitale naturale dell’Unione 2. Trasformare l'unione in un'economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’utilizzo delle risorse, verde e competitiva 3. Salvaguardare i cittadini dalle pressioni legate all'ambiente e dei rischi per la salute e il benessere 57 La Commissione e il Parlamento europeo hanno cercato di sottolineare la dimensione ambientale della politica energetica ma il successo è stato limitato. Il trattato stabilisce che le decisioni prese a livello europeo non incidano sul diritto di uno Stato membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue forme energetiche o la scelta di esse, e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico. La scelta delle fonti attraverso una decisione all'unanimità significa, ad esempio, che stati contrari all'energia nucleare come l'Italia o che fanno ampio uso del carbone come la Polonia, possono adottare decisioni contrarie a quelle che servono per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti a livello europeo. La commissione affrontato queste preoccupazioni nel pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei” (novembre 2016) nel quale si propone un nuovo regolamento sulla governance dell'unione energetica. Tale regolamento ridurrebbe il margine della discrezionalità degli Stati membri. Tuttavia, molte proposte di questo pacchetto, già nel 2016, non erano ancora state approvate dagli Stati membri La politica regionale L'unione europea dispone di pochissimi strumenti per la redistribuzione della ricchezza e delle risorse tra gli Stati membri, ad eccezione delle politiche che mirano ad affrontare i problemi della disparità strutturali all’interno e tra gli Stati membri, con particolare attenzione allo sviluppo regionale. tutti gli Stati membri presentano importanti differenze economiche tra le regioni del loro territorio; non solo l'Italia ma anche la Francia, la Spagna, e la Germania hanno un divario tra regioni ricche e regioni più povere. Questi divari rischiano di aggravarsi con la creazione di un mercato comune, vista la possibilità che gli investimenti e le attività economica si concentrino regioni già ricche o vicino al centro del motore economico dell'Europa. In tutta Europa, inoltre, grandi regioni hanno subito deindustrializzazione e declino economico. Una delle sfide è garantire che la concentrazione degli investimenti dell'attività economica non crei regioni periferiche e che la politica regionale non sia vista dagli stati come un mezzo per fornire aiuto di Stato all'industria. Già nel momento della firma del trattato di Roma si era consapevoli di tale pericolo e della necessità di un livello minimo di coesione sociale. Nel primo decennio dell’Unione europea sono stati introdotti due programmi: il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo agricolo di orientamento e di garanzia. Il Fondo europeo di sviluppo regionale (1975) è stato istituito per promuovere la crescita delle zone più arretrate degli allora paesi membri. Successivamente è stato integrato dal Fondo di coesione del 1994. Un altro passo importante è stato l'Atto unico europeo, che ha fatto della coesione economica e sociale una competenza comunitaria. Il fondo di coesione è stato la risposta politica per affrontare le possibili esternalità dell’UEM e la creazione del mercato unico. Tale fondo si rivolgeva ai quattro Stati membri più poveri dell'unione europea all'epoca (Irlanda, Grecia, Portogallo e Spagna) con particolare attenzione ai trasporti ed altre infrastrutture e alla protezione dell'ambiente. L'allargamento del 2004 ha rappresentato una sfida per l'impegno a sviluppare la coesione economica e territoriale. | nuovi membri dell'Europa centrale e orientale e erano ancora in fase di ristrutturazione economica, il che significava maggiori fondi europei nei loro confronti, a discapito dei paesi già membri. Questo ha portato l'unione a sviluppare un approccio più globale alla coesione nell’ambito della strategia Europa 2020, sviluppata nel 2010 e da attuarsi nel periodo 2014-2020. Tale strategia è un pacchetto di misure volte a promuovere lo sviluppo economico, il cui obiettivo è quello di consentire alle regioni strutturalmente deboli di ridurre al minimo gli svantaggi e di aiutare le medesime regioni a beneficiare degli sviluppi dell'economia in generale. Vi sono 5 fondi che costituiscono il nucleo centrale della strategia di sviluppo economico, chiamati fondi strutturali di investimento europei: - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR): promuove uno sviluppo equilibrato delle diverse regioni dell'unione europea - Fondo sociale europeo (FSE): sostiene progetti in materia di occupazione e investe nel capitale umano europeo - Fondodi coesione: finanzia progetti nel settore dei trasporti dell'ambiente nei paesi in cui il reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90% della media dell’Unione europea - Fondoeuropeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR): per la risoluzione di sfide specifiche cui devono far fronte le zone rurali europee - Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP): aiuti ai pescatori al fine di utilizzare metodi di pesca sostenibili e alle comunità costiere nel diversificare le loro economie. I fondi strutturali e di coesione sono diventati del 1988 una parte centrale del bilancio dell'unione europea, rappresentando la importante politica redistributiva europea. Sono stati determinanti per la trasformazione economica di Stati membri come l'Irlanda, il Portogallo, la Spagna e di gran parte degli Stati membri che hanno aderito nel 2004. Il tentativo europeo di creare una più stretta coesione economica, sociale e territoriale ha avuto risultati misti: nonostante lo sviluppo del mercato unico e della moneta unica, mancano strumenti fiscali centrali più efficaci per trasferire risorse dalle parti 60 più ricche della società e del territorio a coloro che ne hanno bisogno. Il problema principale è che gli Stati membri sono disposti a sostenere trasferimenti finanziari per promuovere la coesione, ma finora si sono posti alla creazione di una tesoreria centrale che renderebbe trasferimenti più ampi e intensivi. Conclusioni l'unione europea ha sviluppato un’ampia gamma di politiche pubbliche che sfidano la logica della sovranità nazionale, contro il controllo esclusivo nazionale su settori chiavi della vita sociale ed economica. Nonostante l’approfondimento dell'integrazio ne gli Stati non hanno rinunciato al controllo delle questioni importanti quali energia, ambiente e agricoltura; le decisioni più importanti in materia di assegnazione delle risorse, vengono ancora decise a livello intergovernativo e all'unanimità. Questa è la logica del liberalismo ed intergovernativismo. Alcune delle più grandi ambizioni dell’Unione europea, come il ruolo di leader nella politica globale in materia di cambiamento climatico, sono state ridotte a causa dell'imposizione degli stati nazionali. Capitolo 14. DEMOCRAZIA E LEGITTIMITÀ Introduzione Se si parla di democrazia e legittimità dell'unione europea significa che la stessa è più di un’organizzazione internazionale. Non si ha però a che fare con uno stato nazione: l'Unione europea costituisce una sfida politica intellettuale. | leader politici europei hanno posto l’attenzione su questioni di democrazia e legittimità a partire dagli anni '90 con la discussione riguardante il deficit democratico. Come già ribadito in precedenza sono state attuate diverse riforme dei trattati al fine di avvicinare le istituzioni europee ai cittadini e rendere più trasparente il processo decisionale; ad esempio, il ruolo del Parlamento è stato rafforzato. Le riforme sono state integrate da una serie di politiche e programmi, come l’Erasmus, Il cui scopo è quello di dare ai cittadini un maggior senso di appartenenza. Con la crisi finanziaria migratoria, tutti gli sforzi sono stati soverchiati dalla sensazione che l'unione europea non abbia la legittimità politica per agire. Il deficit democratico dell'UE e il trilemma politico Dani Rodrik (2015) Introduce il concetto di “trilemma politico” della globalizzazione, secondo il quale le società oggi devono scegliere tra i benefici dell'interdipendenza o globalizzazione, della democrazia e della sovranità nazionale. AI massimo e se possono avere due dei tre benefici. Con integrazione si intende che un maggior numero di decisioni è preso a livello europeo, ovvero sovranazionale; esse sono inoltre adottate attraverso la procedura legislativa ordinaria in cui il ruolo del Parlamento è determinante. Tale procedura consente alle istituzioni più democratiche dell'UE di svolgere un ruolo incisivo, ma allo stesso tempo può minare la sovranità nazionale. Dall'altro lato gli Stati potrebbero esercitare la sovranità tramite l'adozione di decisioni all'unanimità nei processi decisionali intergovernativi sebbene questo sia a discapito delle istituzioni democraticamente elette. Il quadro di Rodrik è utile per comprendere il dibattito sul deficit democratico, emerso dopo l'entrata in vigore dell’AUE del trattato di Maastricht. Le caratteristiche di tale deficit sono: 1. Alivello nazionale il primato del governo a discapito del controllo parlamentare 2. il ruolo sempre più marginale dei parlamenti nazionali non è stato compensato da un rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo che rimane relativamente debole: sebbene i suoi poteri siano stati rafforzati attraverso l'estensione della procedura legislativa ordinaria, politicamente attraverso la selezione del presidente della commissione e una maggiore visibilità dei gruppi parlamentari, continua ad avere un ruolo marginale nella gestione della moneta unica e della politica estera. Inoltre, le elezioni del Parlamento europeo non hanno assunto ancora l'importanza di quelle nazionali 3. La natura del processo decisionale dell'Ue dimostra l'esistenza o di una distanza tra le preferenze degli elettori e le politiche che emergono dai processi necessariamente complessi e che devono valere per numerosi stati sovrani. L’UE e deve essere fondamentalmente un sistema basato su regole, dal momento che questo è l'unico modo per far accettare agli Stati membri di rinunciare al potere politico. La garanzia che le regole siano applicate allo stesso modo a tutti i paesi rassicura gli Stati membri che le preferenze politiche espresse dagli elettori delle elezioni nazionali di un altro membro non porteranno a un'applicazione diversa delle regole delle politiche condivise. È diffusa la sensazione che le istituzioni dell'Ue siano geograficamente e politicamente distanti dai cittadini e dagli elettori. La commissione è un organo percepito in gran parte come tecnocratico ed il potere che esercita sulle istituzioni democratiche nazionali e giudicato da molti sproporzionato. Si aggiunga inoltre la critica sull’indipendenza della Bce. 61 5. GliStati europei hanno dovuto mettere mano a profondi cambiamenti in parti importanti dello Stato sociale per ottenere la necessaria disciplina fiscale ed adeguarsi alla concorrenza globale nel commercio e al necessario reperimento di investimenti. Alcune decisioni sono note come politica di austerità e sono attribuibili all'appartenenza all'Eurozona; d'altro lato è facile per i leader nazionali dare tutta la colpa di queste politiche alle istituzioni europee. Questo ha contribuito a far percepire l'UE come una macchina tecnocratica lontana dai cittadini, focalizzata solamente sulla disciplina fiscale, liberalizzazione economica e disinteressata alle scelte degli elettori. L'argomento del deficit democratico ritrai un sistema politico che enfatizza il ruolo del potere esecutivo a livello nazionale, sebbene sempre più decisioni vengono prese a livello europeo, sotto un controllo democratico debole. Due studiosi, G. Majone e A. Moravcsik, i modi diversi sostengono che la questione della democrazia non si applica non dovrebbe applicarsi all'UE. Majone sostiene che l’UE sia fondamentalmente un organismo di regolamentazione, la cui funzione primaria è garantire il corretto funzionamento delle quattro libertà previste dal trattato e produrre i risultati di politica pubblica che gli Stati membri hanno cercato di creare quando hanno deciso di rinunciare a una parte della loro sovranità. le procedure le istituzioni democratiche non sono necessarie quindi, ma anzi rischiano di minare la ragione stessa dell'Ue. egli pone l'esempio con le regole del Fiscal Compact: ci esse fossero determinate dagli esiti democratici delle elezioni nazionali, gli Stati membri non potrebbero mai essere certi che sarebbero interpretate in modo coerente; ipoteticamente la Francia non avrebbe interesse a mantenere la disciplina fiscale qualora l'Italia allentasse i suoi controlli sui bilanci se i cittadini italiani esprimessero questa preferenza. Moravcsik argomenta il deficit democratico come il sostenere essenzialmente l'esistenza di un certo numero di controlli democratici e di equilibri sul processo decisionale europeo. Il più importante è il fatto che il Consiglio sia composto da rappresentanti dei governi democraticamente eletti, e risponda del proprio operato; il Consiglio inoltre deve condividere ampie parti del processo decisionale con il Parlamento europeo, eletto direttamente. Il processo decisionale dell'UE e più trasparente e soggetto a controlli più democratici di quanto non avvenga nella maggior parte degli Stati membri. Un altro argomento relativo al deficit democratico mette in evidenza le inadeguatezze dei nostri concetti attuali: la democrazia è sempre stata concepita intorno allo stato nazionale, le decisioni prese a maggioranza sono dotate di adeguate tutele per le minoranze. Secondo questa logica le decisioni prese a livello europeo che non tengono conto dei risultati elettorali in un determinato Stato membro sono intrinsecamente antidemocratiche. Il caso greco illustra che i mandati conferiti dagli elettori ai governi possono entrare in conflitto con le posizioni espresse dagli altri governi all’interno del consiglio o nel corso dei negoziati con la commissione. La commissione la Bce si preoccupano quindi di garantire che le decisioni siano applicate in modo uniforme a tutti i paesi indipendentemente dalle preferenze dal colore politico di un governo rispetto ad un altro; questo atteggiamento assicura che le scelte fatte da tutti gli Stati membri e persino dal Parlamento europeo non siano vincolate alle preferenze degli elettori di un singolo Stato membro. [box 14.1: caso greco. la crisi finanziaria iniziata nel 2010 ha portato una serie di finanziamenti da parte della troika (commissione europea, Bce e FMI) per garantire il rispetto degli obblighi di debito. Il governo greco di centrodestra, in cambio, ha accettato di realizzare una serie di riforme. nel gennaio 2015 si sono tenute le elezioni che hanno visto la vittoria di un partito populista di sinistra totalmente opposto alle condizioni stabilite dai programmi di salvataggio accordati con la troika. A questo governo è stato chiesto dagli elettori greci di rinegoziare gli accordi e porre fine al programma di austerità. Questo ha dato inizio a un periodo teso di negoziati con la commissione e gli altri Stati membri. All’ultimatum dato dalla troika il governo greco ha risposto con l'istituzione di un referendum, il cui esito è stata un’ampia maggioranza di elettori che ha respinto le condizioni poste dal pacchetto di salvataggio. Il governo greco è però tornato al tavolo delle trattative senza far valere il mandato conferitogli dagli elettori, ovvero respingere qualsiasi proposta che continuassi imporre riforme e austerità fiscale. la posta in gioco era infatti la permanenza nell'euro. Inoltre, il governo greco stava negoziando anche con governi che sostenevano di avere anch'essi un mandato da parte dei loro elettori di non trasferire risorse gli Stati in crisi economica senza un chiaro impegno ad attuare le riforme che garantissero che le crisi non si sarebbero ripetute in futuro]. Tale dibattito continuerà finché non vi sarà un consenso sulla natura della democrazia e sull'opportunità di valutare l'unione europea allo stesso modo dei suoi Stati membri. Dal trattato di Maastricht in poi è emerso chiaramente come, sia le istituzioni che gli Stati membri, siano preoccupati per l'esistenza del deficit democratico. Per questo motivo sono stati introdotti 5 strumenti: 1. Iniziativa dei cittadini europei, ICE: riforma più importante del trattato di Lisbona, finalizzata a dare ai cittadini una maggiore voce in capitolo nell'Ue. l'articolo 11 del TUE stabilisce che le istituzioni europee debbano dare ai cittadini la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'unione. 62 o ritirare il progetto di atto. Qualora la commissione decide di mantenere la proposta deve spiegare in un parere motivato al Parlamento europeo al consiglio perché la proposta è conforme al principio di sussidiarietà. Gli strumenti di controllo dirette e indirette dei cittadini sulle istituzioni dell'Ue hanno prodotto un graduale rafforzamento del Parlamento europeo e dell’assemblee nazionali elette. Il collegamento tra l'elezione Della commissione e l'esito delle elezioni del Parlamento europeo ha conferito agli elettori un ruolo più diretto nella definizione di questa istituzione. Tuttavia rafforzare la democrazia europea può compromettere la sovranità nazionale; questo è uno dei motivi per cui i leader nazionali hanno preso solo piccoli provvedimenti per affrontare il problema del deficit democratico. Molti membri e molti dei loro cittadini vedono la questione nei termini presentati dal trilemma di Rodrik: l'aumento della democraticità europea potrebbe produrre una diminuzione della democraticità nelle istituzioni nazionali o della sovranità nazionale. Gli europei possono avere istituzioni europee democratiche solo se rinunciano alla democrazia nazionale OA decisioni più efficaci a livello europeo. ma di fronte alla rinuncia alla sovranità nazionale ad una nuova formulazione del concetto di democrazia, i cittadini leader politici si pongono anche altre questioni: lui oggi è definibile come fonte di legittimità e di identità politica? Legittimità e identità politica Legittimità è un termine molto controverso; Il punto fondamentale è che essa implica la sensazione che un'autorità pubblica abbia il diritto di governare e che i cittadini abbiano il dovere di obbedirla. La questione della legittimità europea non è stata una questione politica centrale nei primi decenni dopo l'entrata in vigore del trattato di Roma; Era diffusa l'idea che l'integrazione avrebbe dovuto portare pace e prosperità nell'Europa occidentale e non si erano sollevati dubbi sul suo legittimo diritto di prendere decisioni. la fine del boom economico avviatosi nell'immediato secondo dopoguerra ha portato i cittadini ad interrogarsi sulla legittimità dell'UE. il ruolo dell'Europa cresceva in molti settori della politica pubblica ed in ambiti chiave tradizionalmente gestiti dagli stati, come la politica monetaria; le decisioni prese a livello europeo hanno cominciato ad avere un impatto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini a partire dagli anni '70 . e quindi emersa la necessità di garantire che le decisioni fossero prese ed autorità politiche riconosciute come aventi diritto di farlo. è sorta quindi la domanda essenziale se l’UE possa essere considerata una forma legittima di governo. Coloro che consideravano l'integrazione come un progetto essenzialmente economico, ritengono che ruolo dell'UE sia semplicemente quello di garantire le 4 libertà previste dal trattato, ovvero uno strumento per promuovere forme negative di integrazione di libertà, limitandosi a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Nel momento in cui l'integrazione ha dovuto di occuparsi ditemi come le questioni di giustizia è diventato però importante vedere se essa potesse creare anche solidarietà tra gli Stati e tra i cittadini. nelle società democratiche la legittimità è una conseguenza delle istituzioni europee di rappresentare la società o dalla loro capacità di prendere decisioni considerate rispondenti alle necessità dei cittadini. F. Scharpf, applicando il concerto di legittimità all'UE, ha parlato di: - legittimità dell'input (il governo del popolo): Riguarda essenzialmente i modi con cui le preferenze della società diventano politica pubblica. Per le moderne democrazie liberali ciò ha coinciso essenzialmente con la democrazia rappresentativa e l'equilibrio tra maggioranza e tutela dei diritti delle minoranze - legittimità dell'output (il governo per il popolo): si concentra sulle decisioni prese a livello europeo e sul loro impatto sulla vita dei cittadini. Le istituzioni dell’Ue sono legittime, qualora siano percepite come fornitori di beni pubblici. La discussione sulla legittimità dell Ue si è focalizzata sulla possibilità omeno di generare un demos, ovvero basarsi sulla collettività che ha deciso di governare insieme e di conseguenza accetta che le decisioni possono essere prese a maggioranza. Un demos è un gruppo di persone che si sente sufficientemente connesso tra loro e condivide un sufficiente senso di appartenenza per riconoscere le reciproche rivendicazioni su ciò che dovrebbe essere fatto, ed esprime solidarietà verso gli altri. Esso è diverso da un ethos, Che genere legittimità per chi governa sulla base di forme di appartenenza esclusive, basate su fattori come l'etnia, una presunta razza o una comune eredità storica. L’UE non si basa sull'idea di etnia. Îl dibattito quindi sia concentrato sulla questione dell'esistenza di un demos europeo argomentando che gli europei non accetteranno politiche redistributive in mancanza di un seppur limitato certo senso di attaccamento reciproco e un senso di appartenenza a una comunità politica, con le sue regole, istituzioni e politiche. L'unione ha quindi bisogno di una forma di autorità politica legittima che non sia ancorata un identità culturale e ho un passato storico, ma che si basi sul calcolo razionale dei benefici dell'integrazione economica e di un maggiore potere negoziale sulla scena internazionale? Questa ed altre questioni sono state poste nel corso del tempo. 65 Le istituzioni europee hanno dimostrato di essere convinte della necessità di creare un demos per dare una risposta a queste domande ; | tentativi di rafforzare i meccanismi democratici a cui si è accennato in precedenza non sono stati solo esercizi di ingegneria istituzionale. In quest'ottica l'UE ha creato una serie di simboli comuni che normalmente sono associate ad uno stato nazionale, come ad esempio la bandiera europea. nel 2003 il progetto di trattato costituzionale stabiliva che l'UE avesse dei simboli che permettessero i cittadini di identificarsi maggiormente con l'Europa. Oltre alla bandiera, simbolo di solidarietà e armonia, l’UE e avrebbe avuto un suo inno e un suo motto. questo proposito è stato però respinto nel 2005 e nel trattato di Lisbona sono scomparsi tutti i riferimenti simboli europei. Il vessillo, ovvero quello identificato comunemente come bandiera, non è infatti la bandiera ufficiale in quanto alcuni Stati membri si sono posti a dare all'unione lo stesso tipo di simboli che connotano gli Stati nazionali. L'unione europea ha sviluppato una serie di politiche che sono servite a creare un senso di appartenenza a una comunità più ampia; la più importante è di più grande successo è stato il progetto di scambio Erasmus. Esso è stato istituito nel 1987 (a seguito dell’intuizione dell’italiana Sofia Corradi) e ad oggi fa parte del progetto Erasmus+. L’erasmus riguarda la mobilità anche del personale docente amministrativo delle università. L'unione europea offre un'ampia gamma di politiche volte a promuovere scambi culturali nell'ambito delle arti creative. Nel 2007 è stata lanciata dal consiglio l'agenda europea per la cultura, e la quale si è prefissata tre obiettivi: promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale ; Promozione della cultura come catalizzatore della crescita, dell'occupazione, dell'innovazione e della competitività; Promozione della cultura come elemento vitale nelle relazioni internazionali dell'unione. Nel 2018 è stata approvata una nuova agenda europea per la cultura, il cui caposaldo è la costruzione di uno spazio europeo dell'istruzione entro il 2025. La promozione della diversità culturale si estende anche alla politica linguistica. Il corretto funzionamento del mercato unico richiede che la lingua non funge da ostacolo. L'articolo 3 TUE stabilisce che l'unione debba rispettare la diversità culturale e linguistica dei suoi Stati membri; La tutela della diversità linguistica è integrata anche dalla carta dei diritti fondamentali,che vieta la discriminazione su base linguistica. le istituzioni dell'Ue hanno adottato approcci linguistici diversi. n Ad esempio, il Parlamento ha una politica multilingue globale che prevede la traduzione simultanea in tutte le 24 lingue ufficiali dell'unione; La commissione cerca di trovare un equilibrio tra il rispetto di tutte le 24 lingue e i costi di traduzione, tuttavia la legislazione tradotte nelle lingue ufficiali sebbene alcuni documenti possono essere pubblicati in una sola lingua o in una combinazione di lingue. L'inglese comunque utilizzato come lingua predominante. L’UE ha una serie di programmi di finanziamento anche per la promozione di una seconda lingua, tra cui il Erasmus, ma finanzia anche la traduzione di libri, film e altri prodotti culturali. La competenza in materia di traduzione interpretazione e riconosciuta a livello mondiale. Le politiche culturali e linguistiche europee evidenziano alcune sfide che essa deve affrontare in relazione alla questione dell'identità politica europea: sebbene l'unione cerchi di promuovere la diversità tra gli Stati membri Ue negli Stati membri, definendola un valore da proteggere promuovere, essa deve anche formare un senso di appartenenza dell’Unione, facendo riferimento a un sistema di insieme comune di valori e patrimonio. Nonostante gli sforzi gran parte della società europea non comprende ancora che l'unione sia un'autorità politica che merita la loro lealtà. Conclusioni Una soluzione il trilemma sarebbe che i cittadini europei cominciassero a considerare la sovranità nazionale come un ostacolo alla risoluzione delle sfide politiche che hanno dovuto affrontare e alla necessità di affrontare tali sfide attraverso istituzioni democratiche. Se gli europei provassero un forte senso di attaccamento un demos europeo, non ci sarebbe bisogno di rinunciare alla sovranità nazionale per raggiungere la democrazia a livello europeo e sviluppare istituzioni in grado di promuovere la solidarietà transfrontaliera senza sollevare questioni di legittimità. l'emergere di partiti populisti e movimenti contrari all'integrazione europea indica che l'unione non ha ancora trovato una soluzione il trlemma e che non è ancora emerso il forte senso di attaccamento che potrebbe aiutare a trovare quella soluzione. Gli europei esprimono il sostegno molte politiche comunitarie e si identificano addirittura con esse, ma ciò non equivale a identificarsi con una comunità politica e ad accettarne gli obblighi. La domanda sull’esistenza di un demos europeo rimane aperta, soprattutto se le soluzioni si prospettano vengono identificate come un gioco a somma zero tra l'unione e gli Stati membri. Capitolo 15. L'INTEGRAZIONE DIFFERENZIATA CAPITOLO TOTALMENTE UGUALE AL CAP. 1 DI DIFFERENZIAZIONE INTEGRATA (addirittura stesse parole/frasi/definizioni) 66 Introduzione Il tema dell’integrazione differenziata riguarda il dibattito sul futuro dell'unione europea, e riguarda la persecuzione di diversi gradi di integrazione su materie specifiche da parte dei diversi Stati membri. Questo tema è stato da sempre discusso nell’Unione europea e forme di integrazione differenziata sono state adottate fin dal 1957 . Tuttavia, solo negli ultimi anni è diventato preponderante nell'agenda politica. In passato suscitava grandi perplessità, dal momento che si immaginava un processo di integrazione unico e per tutti i paesi. Ad oggi se ne trova ampia traccia nelle dichiarazioni più importanti e nei documenti ufficiali. Per esempio nella Dichiarazione dei 27 Stati membri del consiglio europeo, del Parlamento europeo e della commissione europea firmata il 25 Marzo 2017. L'integrazione differenziata Ha giocato un ruolo importante permettendo ai paesi desiderosi di integrarsi di più di farlo, senza essere vincolati dal potere di veto di coloro che non avrebbero voluto seguirli. Quando si fa riferimento questo concetto ci si trova di fronte a un fenomeno indefinito. Vedi definizioni introduzione cap. 1 differenziazione integrata (sono le stesse e con la stessa spiegazione). L'integrazione differenziata rimane un ambito di confusione semantica: Europa più velocità, Europa a standard molteplici, avanguardia europea, nucleo europeo, Europa cerchi concentrici , gruppo pioniere, integrazione flessibile, a geometria variabile, Europa à la carte, cooperazione flessibile, sono solo alcune delle espressioni usate per indicare le diverse forme che l'integrazione differenziata può assumere. Molto spesso termini diversi vengono utilizzati per descrivere lo stesso fenomeno o addirittura lo stesso termine viene definito con fenomeni diversi. Tra le molte tipologie proposte quella suggerita da Tekin e Wessels pare particolarmente utile; essa fa riferimento a due concetti: 1. allargamento 2. approfondimento Vedi capitolo 1 differenziazione integrata in cui c'è tutta la spiegazione (tale e quale a questa su questo libro) La storia dell'unione europea e l'esito della tensione che si è venuta a creare tra allargamento e approfondimento. Per Faber e Wessels l'allargamento e l’approfondimento Sono stati i motori dell'integrazione. Tuttavia, la sfida di oggi dell'unione euro pea riguarda le soluzioni adottabili per conciliare queste due dinamiche. Secondo i due studiosi questo può richiedere di sperimentare altri strumenti oltre a quelli già adottati. L'approfondimento delle competenze è andato sempre più di pari passo con l'adozione di forme di integrazione differenziata: man mano che le politiche comunitarie diventavano sempre più integrate, alcuni paesi chiedevano di esserne esentati dall'adozione; l'allargamento ha inoltre crescente differenziazione, infatti i trattati di adesione siglati dei nuovi paesi membri contengono deroghe ed altri accorgimenti legali. L'unione europea è diventata un nucleo organizzativo di stati il cui livello di centralizzazione di estensione territoriale varia a seconda della funzione. Le forme dell’integrazione differenziata Combinando allargamento e approfondimento di Tekkin e Wessels si identificano 6 forme principali di integrazione differenziata. Vedi capitolo 1 differenziazione integrata, stessa spiegazione e stessi esempi messi anche nello stesso ordine. Conclusioni L'integrazione differenziata è tra le caratteristiche essenziali dell’integrazione europea, in particolare dopo l'approvazione del trattato di Maastricht, Come conseguenza dell'allargamento dell'approfondimento delle competenze comunitarie. Tuttavia, come ricorda Corbett, oggi l'unione europea si caratterizza più per retroguardie che per avanguardie: vi sono più occasioni in cui i piccoli gruppi di paese decidono di non adottare specifiche politiche comunitarie che i casi in cui gruppi di paesi decidono di integrarsi di pit Se l'integrazione differenziata si a lungo andare politicamente e istituzionalmente sostenibile lo potremo sapere solo tra qualche anno. Capitolo 16. OPINIONE PUBBLICA ED INTEGRAZIONE EUROPEA 67 l'allargamento dell'unione europea. ad oggi referendum su eventuali nuove adesioni sono diventato obbligatorio in Francia; Possono essere evitati solo qualora un’ampia maggioranza parlamentare si esprime a favore dei nuovi membri. solamente due referendum hanno riguardato l'adozione dell'euro, il motivo sta nel fatto che, ad eccezione di Danimarca Regno Unito, tutti i paesi membri sono obbligati dai trattati ad aderire alla moneta comune non appena sono in grado di farlo. Uno dei referendum più eclettici si è tenuto in Italia, dove è stata approvata una specifica legge costituzionale volta ad aggirare il divieto di sottoporre a referendum abrogativo le leggi di autorizzazione a ratificare trattati. Secondo Hobolt 3 fattori spiegano il comportamento di voto in occasione dei referendum europei: 1. Gradodisostegnoall'unione europea: più esso è elevato, più il cittadino esprime il suo consenso ad una maggiore livello di integrazione 2. Presenzadi considerazioni di second'ordine: più significativo il sostegno al governo in carica più è probabile che l'elettore si esprime in senso favorevole in un referendum voluto dallo stesso governo 3. elettori senza particolari orientamenti politici: seguono tendenzialmente la posizione espressa dal partito che hanno votato nelle ultime elezioni | referendum offre agli elettori un potere d'influenza apparentemente maggiore di quanto offerto dalle elezioni europee; Tuttavia esso costringe gli elettori ad esprimere il proprio sostegno opposizione ad una determinata questione, impedendo di articolare la propria posizione. Questo comporta spesso la creazione di maggioranza e non omogenee e addirittura contraddittorie. Le elezioni politiche nazionali Un altro modo che i cittadini possono utilizzare per influire sulle decisioni europee e, soprattutto, indicare cosa pensi dell’integrazione europea è quello delle elezioni politiche nazionali con cui si individuano i rappresentanti degli Stati membri che siederanno nel consiglio europeo e nel consiglio. Si tratta di influenza diretta; nei sistemi parlamentari (=Italia) è il seguente: | cittadini legge il Parlamento; Il Parlamento nomina un governo; Il governo partecipa con i suoi rappresentanti alle riunioni delle istituzioni europee intergovernative. È da notificare il fatto che le elezioni nazionali non si giocano su temi europei. A volte però, nemmeno le elezioni per il Parlamento europeo trattano tematiche che riguardano l'integrazione europea. Eppure, l'aumento delle competenze dell'unione europea e le difficoltà che sono derivate per molti paesi dalla crisi economica, hanno spinto i partiti di molti paesi a confrontarsi con il tema dell'integrazione. Molti elettori percepiscono l'unione europea non come una soluzione ai loro problemi, ma come un vincolo ad adottare più politiche soddisfacenti; Il semestre europeo infatti costringe le istituzioni politiche nazionali a negoziare politiche macroeconomiche nazionali conle istituzioni europee. Spesso però le istituzioni politiche nazionali fanno ricadere la responsabilità delle decisioni impopolari su quelle europee. L'integrazione europea è un processo ampio parte dell’indebolimento Dei confini degli stati nazionali chi ha un impatto sui sistemi di partito della democrazia. Questo genere di processo può essere chiamato globalizzazione 0, più precisamente, denazionalizzazione (Zurn). Adottando questo punto di vista l'integrazione europea è un tassello ad un più ampio cambiamento della struttura di competizione politica (che vede la creazione di nuovi centri di potere sovranazionali), della creatura della competizione economica (basata su delocalizzazioni, liberalizzazioni, creazione di imprese multinazionali, mobilità del lavoro e immigrazione) e della competizione culturale (aumento del grado di disomogeneità culturale tipico degli stati nazionali). nasce quindi una divisione nei sistemi politici nazionali che contrappone i vincitori delle conseguenze indotte dalle trasformazioni globali ai perdenti. | probabili vincitori sono coloro in grado di competere più facilmente nel nuovo contesto internazionale (lavoratori altamente qualificati con mobilità lavorativa), mentre i perdenti sono i cittadini più attaccati alla loro comunità nazionale o locale (coloro che mancano di una qualificazione tale da permettere loro la mobilità). È plausibile pensare che i vincitori siano favorevoli all'apertura dei confini e ad una maggiore integrazione europea, a differenza dei perdenti che potrebbero privilegiare la difesa delle tradizioni e la sovranità nazionale. Queste dinamiche rendono il conflitto tra integrazione europea (ma anche globale) e isolamento della comunità nazionale un elemento importante nella competizione politica. la dinamica vincitori e perdenti descritto in precedenza la si ritrova infatti nell'offerta politica di alcuni paesi. Il concetto di euroscetticismo esprime in parte questa nuova frattura; essa non coincide con quella che tradizionalmente ha caratterizzato i sistemi dei partiti nazionali: l'euro scetticismo e la critica alla denazionalizzazione non appartiene né alla destra né alla sinistra. Non sono mancati tentativi di riforma delle tradizionali piattaforme partiti che a sinistra, la Terza via proposta da Tony Blair in Europa alla fine degli anni '90, mirava superare la tradizionale distinzione tra sinistra socialdemocratica e sinistra radicale, cercando di conciliare il neo liberalismo economico con la giustizia sociale. 70 A destra la nascita dei nuovi movimenti populisti radicali ha enfatizzato i rischi culturali indotti dalla denazionalizzazione permettendo loro di esprimere una più aperta critica nei confronti dell’integrazione. i partiti meno minacciati sono stati quelli cattolico democratici, probabilmente perché molti dei padri fondatori dell'unione europea provenivano da quella tradizione. Uno studio della Deutsche Bank pubblicato nell'ottobre 2018 mostra la crescita dei partiti critici un po' in tutta Europa (vedi tabella 16.4, pp.377). Se quanto detto fino ad ora è vero, ovvero se è confermato che l'unione europea è diventata un tema importante anche nelle elezioni politiche nazionali, ne deriva che l'unione europea sta conoscendo un processo di politicizzazione. Hooge e Marks definiscono tale processo come crescente litigiosità nelle fasi decisionali dei processi di integrazione nazionale. Inizialmente si pensava che la politicizzazione fosse evitabile; dalla metà degli anni '80 però la situazione è cambiata. Le conseguenze della politicizzazione rimangono oggetto di dibattito. Hooge e Marks ritengono che il trattato di Maastricht ha segnato un importante discontinuità: il trasferimento di sovranità degli Stati membri alle istituzioni europee ha reso l'integrazione europea oggetto di conflitti intensi su temi come la sede dell'autorità politica, l'identità e la redistribuzione finanziaria. Secondo loro l'unione europea è diventata un progetto fortemente dibattuto tra i cittadini, che hanno cominciato a dimostrare il loro dissenso su molti temi. Di conseguenza la politicizzazione poterebbe avere un effetto negativo sull’integrazione nella misura in cui condizionale posizioni dell'élite politiche. Vi sono altri autori più ottimisti: Habermas e Hix ritengono che la politicizzazione sia la precondizione per un ulteriore rilancio dell'integrazione europea. Conclusioni | cittadini europei sono generalmente più freddi verso l'unione europea dell'élite politiche dei loro paesi e generalmente tendono ad essere influenzati sui temi europei dalle dinamiche della sfera politica nazionale. Le elezioni europee sono pochi decisive e gli strumenti di partecipazione politica sono poco conosciuti o poco utilizzati. Questo comporta che i referendum sui temi europei siano svolti guardando alla propria situazione politica nazionale piuttosto che a quella europea. Tuttavia, dagli anni '90 si è registrato un aumento del grado di politicizzazione In Europa, che ha portato l'unione europea ad essere oggetto di dibattito anche in occasioni delle elezioni politiche nazionali. La distanza tra i cittadini e le istituzioni europee sarà forse colmata nel momento in cui si affermerà la nascita di una sfera pubblica europea, ovvero spazio di scambio dibattito su temi europei. La nascita di questa sfera comporterebbe che lo stesso tema venga dibattuto allo stesso tempo e con gli stessi significati in tutti i paesi, riducendo la distanza tra gli attori politici i cittadini. In questo campo il ruolo dei mass media dovrebbe essere centrale, così come la comunicazione da parte delle istituzioni europee. Ad oggi la sfera pubblica resta lontana dall’affermarsi. 71
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