Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto del libro "La sociologia dell'arte" di Nathalie Heinich, Sintesi del corso di Sociologia

Riassunto dettagliato del libro "La sociologia dell'arte".

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 04/04/2023

eleonora-sansone-1
eleonora-sansone-1 🇮🇹

4.8

(5)

4 documenti

1 / 41

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto del libro "La sociologia dell'arte" di Nathalie Heinich e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! La Sociologia dell’arte – Nathalie Heinich Presentazione dell’edizione italiana, Marco Santoro Già ai primi del 900 un sociologo italiano scrisse un libro che affermava la possibilità di una sociologia artistica. L’attenzione per l’arte era già presente nella sociologia positivista, che ebbe interpreti come George Simmel e Max Weber, i padri fondatori della sociologia. Il secondo fece studi sulla musica in ambito sociologico. Mentre Durkheim non si è interessato molto al tema, ma le sue ricerche sulle forme di classificazione hanno fatto strada a una sociologia delle distinzioni estetiche e costruzione dei generi. Anche Adorno fece ricerche sulla sociologia musicale, mentre Elias ne fece sul processo di civilizzazione con riferimenti alle arti. In questo libro, Nathalie Heinich presenta gli sviluppi storici e i risultati conseguiti nel campo della sociologia dell’arte. Vengono passati in rassegna i principali autori e studi rilevanti per la costruzione storica di questo campo di ricerca. Viene dato spazio ai sociologi e agli studi di storia sociale e di estetica. L’autrice, nota per le sue ricerche sugli artisti e le istituzioni artistiche, riesce a unire questo sguardo con la specificità del punto di vista sociologico. Il pregio di questo libro sta nell’importanza di identificare ciò che nella sociologia dell’arte attiene specificamente alla sociologia come disciplina. Spesso la sociologia dell’arte, soprattutto in Italia, viene praticata con strumenti e interrogativi di vecchie generazioni intellettuali. Mentre si registra una crescita d’interesse per l’economia dell’arte, adesso la sociologia dell’arte non trova ancora quel riconoscimento, anche istituzionale, che altrove le è stato accordato. Anche per questo in Italia i sociologi, se si occupano di arte, lo fanno col solo obiettivo di parlare dell’arte, senza cercare di produrre della buona sociologia, ma della sociologia in generale. In Italia la sociologia dell’arte ha difficoltà di consolidamento a causa delle ancora forti influenze del passato, è debole il rapporto con le tendenze recenti della ricerca sociologica. Il tipo di studi sociologici dell’arte che c’è in Italia è ancora molto lontano da quello che si sta istituzionalizzando in comunità scientifiche più ampie, come quella francese e angloamericana. L’autrice sostiene che l’arte per il sociologo è oggetto di studio insieme buono e cattivo, perché lo mette in comunicazione con una tradizione di studi con una forte legittimazione culturale e con alcuni dei valori fondamentali della società in cui opera, ma allo stesso tempo è cattiva nel caso in cui il sociologo non cerchi di parlare dell’arte, ma di riprodurre della semplice sociologia. Le ragioni per cui la sociologia empirica, quindi per cui la stessa sociologia dell’arte, ha difficoltà a diventare adulta sono anche altre, legate ai modi in cui la sociologia è istituzionalizzata in Italia. Una ragione è la debole cultura della ricerca empirica nella sociologia italiana e la difficile ricezione nazionale di due delle maggiori fonti della nuova sociologia dell’arte: la scuola di Bourdieu e la tradizione di Chicago. Ben poco continua a circolare della grande produzione di sociologia dell’arte francese che ha in Bourdieu il suo centro d’ispirazione. Il risultato di questa disattenzione per gli aspetti sociali delle arti, e forse una delle sue cause, è che pochi in Italia sembrano interessati a comprendere perché solo certe e poche persone vadano a teatro, o perché sono più i laureati ad ascoltare musica classica nella popolazione. Che queste pratiche e istituzioni possano essere fattori di riproduzione delle disuguaglianze o di democratizzazione, non sembra interessare la sociologia italiana che si occupa d’arte, anche se pare interessata a riconoscere nella gestione delle istituzioni artistiche un potenziale terreno di confronto politico e simbolico ma anche un fattore ti controllo sociale e di costruzione del consenso, al quale i mondi dell'arte oggi contribuiscono con la mediazione delle industrie culturali. Introduzione Solo una microba parte della produzione sociologica riguarda l’arte, questo perché 1. I criteri che ne delimitano i confini sono assai labili, perciò non è facile stabilire ciò che appartiene o no al suo campo; 2. Essa pone delle sfide fondamentali alla sociologia in generale, mettendone in discussione i limiti. Non è facile delimitare il campo della sociologia dell’arte, perché tratta sia di una materia molto vicina all’arte, sia delle scienze sociali connesse alla sociologia. Ma la sociologia dell'arte può estendersi ben oltre i confini della sociologia generica, perché i sociologi che studiano l'arte non si differenziano dagli storici delle società o dell'arte. 1.Sociologia dei sociologi dell’arte C’è una grande varietà delle tradizioni intellettuali dal punto di vista sociologico riguardanti i sociologi dell’arte. Questi hanno avuto origine nelle università, spesso insegnavano lettere o storia dell’arte più che sociologia. Questa disciplina diventa una sorta di sociologia del commento, incentrata sulle opere, di cui si propongono interpretazioni, è una materia legata alla storia, estetica, filosofia e critica dell’arte e pubblica i suoi risultati in riviste o opere specialistiche. Diversa è la sociologia dell’arte che si è sviluppata nell’arco dell’ultima generazione. Questa adotta una metodologia turistica ed esclude quasi del tutto lo studio delle opere. I risultati vengono comunicati in forma di rapporti e di ricerca, la “letteratura grigia”, e raramente in opere accessibili al pubblico. Una terza sociologia dell’arte è quella che si pratica nella ricerca scientifica: istituti o fondazioni all’estero. Qui la produzione è molto varia: va dal commento letterario all’analisi statistica. Si usa l’indagine qualitativa, cioè interviste e osservazioni. Questa sociologia dell’arte è quella delle tre che meglio risponde ai criteri della ricerca scientifica, incentrata su una funzione d’indagine, non dipende dalle lungaggini accademiche o dalle funzioni normative. 2.La specificazione della sociologia Rispetto alla duplice tradizione della storia dell’arte, che si occupa del rapporto fra artisti e opere, dell’estetica, che riflette sul rapporto tra pubblico e opere, la sociologia dell’arte si presenta in numerose varianti che riflettono la molteplicità continua ad applicare nel Rinascimento. Nel medioevo si sviluppa un sistema prospettico lineare, non naturalistico, ma che corrisponde a una visione del mondo, una forma simbolica particolare che racchiude la nozione d’infinito. Questo modo di intendere la prospettiva costituisce un processo di razionalizzazione della visione, si è passati a un’oggettivazione della soggettività, da uno spazio psicofisiologico a uno matematico. 3.Tre generazioni Gli studiosi che fanno sociologia dell’arte non provengo dalla storia culturale o dalla sociologia generale, ma sono degli specialisti di estetica e di storia dell’arte, che vogliono rompere con la tradizione incentrata sul binomio artisti/opere. Con l’introduzione del termine “società” nell’arte si è arrivati a questa nuova disciplina, che ha tre tendenze principali. La sociologia dell’arte è l’interessarsi all’arte e alla società, anche se questo modo di vederla è più riferibile all’estetica sociologica. All’inizio del XX secolo si comincia a stabilire un collegamento fra arte e società sia a livello estetico che filosofico, ma questa disciplina assunse un carattere speculativo, in conformità con la tradizione germanica dalla quale, in genere, aveva avuto origine. Per questo per molto tempo nelle università si è insegnata una sociologia dell’arte che era ancora un’estetica sociologica. La seconda generazione proviene dagli storici dell’arte e da una tradizione empirica, sviluppata soprattutto da studiosi dell’Inghilterra e Italia, che non cercano di costruire un ponte tra l’altre società, ma hanno cercato di immergere l’arte nella società, usando documenti per fare ricerca. Questa corrente, col nome di storia sociale dell’arte, ha permesso di integrare il problema degli autori e opere, con quello dei contesti in cui essi vivono e si evolvono. Questi storici sociali non aspirano a una teoria dell’arte o della società, ma sono riusciti a ottenere risultati concreti, che arricchiscono la conoscenza storica. La terza generazione tratta una sociologia di investigazione empirica. Questa disciplina si è sviluppata in Francia e negli Stati Uniti, ma qui l’università ha svolto un ruolo secondario. Quest’ultima generazione condivide con la precedente la destrezza dell’indagine empirica, non applicata al passato, ma al presente, facendo ricerca, non tramite documenti, ma mediante la statistica, interviste e osservazioni. L’oggetto degli storici di questa generazione indaga l’arte come società, cioè l’insieme delle interazioni, delle istituzioni, degli oggetti in un processo evolutivo comune teso a creare arte. Quest’ultima è il punto d’arrivo del problema, la ricerca non tende a ciò che è interno o esterno all’arte, ma a ciò che la produce e che essa produce. In questa direzione procede la recente sociologia dell’arte, che studia concretamente le situazioni, anche se i confini tra le tre generazioni sono labili. SECONDO CAPITOLO – PRIMA GENERAZIONE: L’ESTETICA SOCIOLOGICA Norbert Elias racconta un’intervento da sociologo che fece a casa di Marianne Weber, dove spiega come nell’architettura gotica si alzavano i campanili, non per elevarsi spiritualmente, ma per competere con le altre città, per affermare la propria potenza rendendo visibili i luoghi di culto. La prospettiva si sposta dalle tradizionali interpretazioni religiose o di gusto a una spiegazione fondata su cause esterne all’arte, meno legittime perché determinate da interessi materiali, mondana. Questa svalutazione dell’importanza e autonomia dell’arte, attribuendo la sua costruzione ad un fatto sociale, è uno dei momenti fondatori della sociologia dell'arte. Questa causa, individuata da Elias, è sociale, perché data da interazioni fra gruppi, ma altri autori si riferiscono a cause materiali o culturali, che portano ad altrettante tradizioni intellettuali, oltre che alla sociologia dell’arte. Hippolyte Taine applicava l’arte al modello scientifico, affermando che l’arte e la letteratura cambiassero in base alla razza, ambiente, al momento, ma soprattutto il contesto, che determinano la nascita dell’opera d’arte. Charles Lalo pone le basi di un’estetica sociologica distinguendo, nella coscienza estetica, i fatti anestetici, come il soggetto di un’opera, e i fatti estetici, come le proprietà plastiche, affermando che “non si ammira la Venere perché è bella, ma è bella perché la si ammira”. Stessa cosa la diceva Marcel Mauss nella sua teoria della magia, perché l’efficacia di quest’ultima era il risultato della credenza nei poteri del mago e non viceversa. 1.La tradizione marxista Con la tradizione marxista, il problema dell’arte, dal punto di vista sociologico, diventa determinante nell’applicazione delle tesi del materialismo. Solo raramente Marx, nelle sue opere, affronta i problemi relativi all’estetica, usando la constatazione dell’eterno fascino dell’arte greca, suggerendo che non c’è correlazione tra alcune epoche artistiche e lo sviluppo della società in generale. Plekahanov pone le basi di un approccio marxista all’arte. Quest’ultima è un elemento della sovrastruttura, determinata dall’infrastruttura, materiale ed economica, di una società. Lukács propone questa teoria in un’applicazione più fluida, dove i diversi generi di stile di vita di un’epoca legano le condizioni economiche e la produzione artistica, ad esempio, rilegge la letteratura alla luce delle lotte fra il proletariato e la borghesia, analizza il ritmo dello stile attraverso i rapporti tra società e lavoro, che solo il realismo letterario è in grado di rappresentare. Anche Raphaël e Goldmann contribuiscono a questa sociologia marxista. Francis Klingender esamina i rapporti fra la produzione pittorica e la rivoluzione industriale, considerando le opere come incoraggiamento e gli artisti come protagonisti di quel processo. Antal s’interroga sulle ragioni della coesistenza, nello stesso contesto, di opere diverse sul piano formale, come le madonne di Masaccio (progressista) e Gentile da Fabriano (retrogada). Lui vede in queste opere la diversità delle concezioni del mondo a seconda delle classi sociali. L’intera storia dell’arte si è fondata sul materialismo storico, dove le opere sono il riflesso delle condizioni socio economiche. Lui ha una visione propria dell’analisi marxista e tratta il soggetto da un punto di vista ideologico più che scientifico. È stato criticato per il modo arcaico di considerare le epoche, inoltre considerava le opere in sé stesse, isolandole dai contesti e dalle condizioni di produzione. L’approccio marxista è stato molto contestato dagli specialisti scettici, perché trovare delle cause che colleghino le opere d’arte, frutto di un lavoro individuale, e le classi sociali, espressione di generalità, è un’operazione destinata al fallimento se si vuole solo conoscere la realtà, piuttosto che dimostrare un dogma. Hadjinicolaou considerava le opere d’arte come strumenti per la lotta di classe, come ideologie illustrate, dove lo stile di Masaccio è espressione della borghesia mercantile, composta da religiosità e razionalità. IL DIO NASCOSTO DI LUCIEN GOLDMANN Lui ha tenuto conto delle accuse nei confronti dell’analisi marxiste, troppo meccaniche nei rapporti tra infrastrutture economiche e sovrastrutture culturali, perciò ha inserito tra i due degli elementi intermedi, mostrando sia la visione del mondo di un gruppo sociale che la struttura letteraria di un’opera. Nel “Dio nascosto”, Goldmann, usando la filosofia di Pascal e le tragedie di Racine, rintraccia una struttura, la visione tragica del mondo, che i due autori mostrano attraverso la somiglianza tra la nobiltà di toga e quella di corte, che dipendono economicamente dalla monarchia, ma questi gruppi sociali sono opposti sul piano ideologico e politico. 2.La scuola di Francoforte In parallelo con la corrente marxista, erano stati pubblicati dei saggi sull’arte da filosofi tedeschi che facevano parte del gruppo della scuola di Francoforte. Questa corrente riflette sui rapporti fra l’arte e la vita sociale, insistendo sull’arte in quanto attività soggetta a fatti non solo artistici. Ma questo gruppo si allontana dalla tradizione marxista e dalla sociologia dell’arte di tenore non idealizzante, esaltando la cultura e l’individuo. Faceva parte di questo gruppo Adorno, che nel suo saggio presenta la musica moderna come un fatto sociale in cui il modernismo moderato, ben integrato nell’ideologia dominante, si oppone al radicalismo, in cui l’intento di conferire autonomia all’arte procede insieme alla volontà di sovvertire l’ideologia. L’arte e la letteratura sono per lui strumenti per una critica della società che hanno una forza di negatività. Adorno difende l’autonomia dell’arte e dell’individuo contro la massa. Benjamin tenta di far convergere l’ideale progressista e i fenomeni culturali, riconoscendo nell’arte e cultura dei mezzi che le masse possono usare per uscire dall’alienazione imposta dalla società. L’AURA DI WALTER BENJAMIN Nel suo saggio riflette sugli effetti che le innovazioni, come la fotografia, esercitano sulla percezione dell’arte. Quando si amplia la ricezione di massa si perde l’”aura” se il committente è un’eccezionalità, allora lo saranno anche le prestazioni e le tariffe, più alte. Haskell afferma che il gusto per il realismo aumenta con la democratizzazione del pubblico, perciò un mecenatismo, che lascia carta bianca agli artisti, ha ostacolato le innovazioni dell’Italia nell’età barocca, non favorendo la ricerca di soluzioni nuove. Un altro storico dell’arte, Kampers, ha analizzato le caratteristiche economiche, politiche ed estetiche che differenziano le grandi categorie dei mecenati. 2.Istituzioni Nikolaus Pevsner, era l’autore di uno studio sulle accademie, con il quale dava inizio a una storia istituzionale dell’arte. Teyseedre ha ricostruito minuziosamente l’insieme delle istituzioni in cui si svolsero i primi dibattiti accademici, con la Fondazione dell’accademia Royal della pittura e scultura e la formazione di gruppi di esperti d’arte, che fecero dibattiti sul primato del disegno o del colore. Harrison e White si sono interessati alla pittura francese nel XIX secolo, utilizzando il trattamento d’archivio, hanno messo in luce due realtà in contrastato: 1. il conservatorismo e l’elitarismo delle accademie, in mano ad anziani e conservatori. 2. L’aumento dei pittori e l’ampliamento delle possibilità offerte dal mercato. Queste due realtà differenti spiegano perché le nuove forme di espressione artistiche poterono farsi strada soltanto scontrandosi con il sistema vigente. 3.Contestualizzazione Molti storici dell’arte si sono interessati al contesto di produzione o ricezione delle opere, come Meiss, che insiste sulla loro dimensione materiale, e vede nella peste del XIV secolo una condizione determinante per la produzione pittorica in Toscana, grazie all’epidemia si è riaccesa la religiosità, che è stata usata per contrastare l’arte dell’umanesimo. Altri, come Duby, sulla dimensione materiale e culturale dell’opera, spiegando l’emergere di nuove forme artistiche, attraverso tre fattori sia materiali che culturali: i nuovi tipi di clientela, causati dalla diversa distribuzione geografica delle ricchezze; le nuove credenze e mentalità, grazie alla diffusione della cultura cortese; la ricerca di soluzioni plastiche per creare nuove forme espressive. Confrontando questi due lavori, si può notare che quando l’indagine si fa particolarmente sottile la semplice prospettiva materialista deve far posto a parametri più specifici del processo creativo. Ad incrementare le produzioni della storia sociale dell’arte non è stato tanto il contesto materiale, ma quello culturale, già presente nella storia culturale. Raymond Williams ha studiato la comparsa ed evoluzione dei termini culturali, i mutamenti dei rapporti autore-pubblico e la nascita di un’autonomia dell’autore. Brucke ha indagato il funzionamento del sistema dell’arte nella società, interessandosi alla cultura popolare, ai suoi generi, protagonisti, le sue forme di trasmissione e trasformazioni. Clark ha studiato la Francia del XIX secolo, soffermandosi sulle relazioni fra gli artisti e la politica, per evidenziare le ideologie che emergevano dalle loro opere, poi ha ricostruito il contesto parigino in cui hanno lavorato Manet e i suoi successori. Charle ha studiato i rapporti tra scuole e generi letterari. Differenziandosi dai marxisti, questi storici sociali praticano analisi ravvicinate su fenomeni delimitati e documentabili con precisione. Questa impostazione è usata da storici dell’arte che hanno introdotto preoccupazioni sociali nelle loro problematiche, come Shapiro e Gombrich, che hanno fatto analisi su ricerche microsociali, come mecenatismo, critica d’arte. Il primo dei due analizza lo stile come elemento di unione tra un gruppo sociale e un singolo artista e propone una storia di questa nozione, che gli permette di dimostrare come le costanti stilistiche svolgano un ruolo nelle tendenze al nazionalismo e razzismo nella cultura europea. In Italia la microstoria favorirà l’incontro di storici dell’arte come Castelnuovo e Ginsburg, aperti alla sociologia. In un articolo di entrambi gli studiosi, esaminano la dipendenza che c’è tra i centri e le periferie nel mondo dell’arte, si ripensano le individualità degli stili, che non dipendono più dai grandi nomi, cari agli specialisti, ma dai rapporti tra piccoli e grandi centri. Un altro brillante storico dell’arte, Baxandalle, ha lavorato sulla contestualizzazione delle pratiche artistiche. Esamina degli aspetti della cultura visiva del 400, cioè i quadri di riferimento nell’organizzazione della visione. Studia il sorgere dell’interesse dei letterati per le immagini; ricostruisce il contesto degli scultori del legno tedeschi, collegando la paura dell’idolatria e lo sviluppo di una percezione specificatamente estetica, attenta alla forma e al soggetto. L’attenzione del contesto culturale è presente negli studi della storica dell’arte Alpers, che analizza la cultura visiva dell’epoca in cui lavorano i pittori olandesi e l’uso della cartografia. Studia i modi in cui Rembrandt costruisce la percezione della sua opera cambiando il suo stile pittorico, concentrando la sua attenzione su generi a quel tempo minori, che gli permettono di attribuire maggiore importanza alle caratteristiche formali piuttosto che al soggetto, per una percezione solo estetica. L’artista diventa il costruttore della propria ricezione nella nuova storia sociale dell’arte degli anni 80. Una tendenza presente in Gamboni, che esplicita le modalità paradossali attraverso cui le arti visive sono riuscite a emanciparsi dal modello letterario dominante. Allo stesso modo Tia DeNora ha analizzato le condizioni di ricezione della musica di Beethoven, che non sono dati tipici dell’epoca, ma un fenomeno evolutivo che l’autore aveva contribuito a creare. LA CULTURA VISIVA DI MICHAEL BAXANDALL Lui riteneva che la pittura fosse troppo importante per essere lasciata solo ai pittori. Questo perché all’epoca un dipinto era il prodotto di un rapporto sociale e un fossile della vita economica. Lui studia la struttura del mercato, dove il denaro, commissioni e contratti hanno un ruolo primario; come il committente divenga un compratore di talenti, delle qualità dell’artista. Analizza anche come si guardava un quadro, la sua funzione religiosa. Lui era interessato alla cultura profana, linguaggio del corpo e dei gesti, simbolismo dei colori, applicazioni della geometria e aritmetica al commercio. Tratta lo sguardo morale e spirituale analizzando il vocabolario di un erudito, così dimostra che la pittura è un materiale della storia sociale e non un oggetto di speculazione intellettuale. 4.Amatori In questa prospettiva ci collochiamo dalla parte della ricezione delle opere, impostazione che produce un complesso intreccio tra attori e azioni, tra oggetti e sguardi. Questo approccio rimane esterno rispetto alle opere in sé stesse, rompe col voler spiegare le opere, che ha pesato a lungo sull’arte e società. Haskell è una testimonianza di quest’evoluzione, lui ha affrontato un problema di ricezione in un suo studio sulle riscoperte nell’arte. Anche la storia sociale del collezionismo è una novità recente, ma fra le categorie che s’interessano all’arte c’è anche la nozione di pubblico. Thomas Crow ne descrive la nascita e l’evoluzione nel quadro dei nuovi Salons di pittura, organizzati dall’Académie. Parallelamente alla critica d’arte il pubblico interessato all’arte ha favorito l’emancipazione del gusto degli amateurs dalle norme accademiche e dalla gerarchia dei generi che privilegiava la pittura di soggetto storico e svalutava i generi minori. Anche negli studi letterari il pubblico dei lettori ha conquistato il suo posto, grazie a Schücking, che invitava a studiare i fattori costitutivi del gusto dell’opera. Escarpit ha proposto una sociologia della letteratura, che univa l’indagine storica e quella empirica e s’interessa alla circolazione delle opere. Un libro esiste solo grazie alla produzione, distribuzione, fruizione, così gli specialisti hanno cominciato a riflettere sulle competenze, modelli e strategie della lettura. Cartier costruisce una storia sociale del libro, studiando in cosa consistevano le pratiche di lettura. La sociologia della ricezione è nata in Germania. La “scuola di costanza”, con Iser, Robert Jauss, insiste sulla storicità dell’opera e ne sottolinea la pluralità delle ricezioni. Ricostruiscono l’orizzonte di attesa tra l’opera vecchia e quella nuova, in base alla scala delle reazioni del pubblico e della critica, poi si colloca l’opera nella sua serie letteraria. Questa corrente è programmatica e continua a mettere in risalto l’opera anziché l’esperienza del rapporto con la letteratura. Il problema della percezione estetica dell’opera è per il sociologo interessante quanto quello dei suoi significati e usi pratici. Robert Klein studiava le variazioni del valore artistico e i modi in cui l’arte moderna tende ad affrontare la questione. Belting studia lo statuto dell’immagine e come esso si modifica a seconda del tipo di pubblico. Junod riflette sulla storicità della percezione estetica, cioè la capacità di andare oltre il contenuto, per privilegiare le forme. Marin si è occupato della percezione estetica della cultura classica dei letterati, dove mette in evidenza le condizioni che, nel 400 determinano la valutazione dei frescanti italiani. Ha analizzato l’atteggiamento denigratorio da parte di letterati verso la pittura di 1.La sociologia dell’arte ha una storia Nelle ultime due generazioni la sociologia si è resa autonoma elaborando problematiche e acquisendo metodi propri, allo stesso modo ha fatto la sociologia dell’arte, che è entrata a far parte della sociologia e si è emancipata dall’estetica e dalla storia dell’arte prendendo una strada propria. Mentre i fondatori erano ancora estremamente legati alla sociologia e alla storia dell’arte, talvolta anche alla filosofia. Rifarsi ai termini standard di arte e società o all’arte nella società, significa ad oggi rifarsi a uno stadio superato e concluso della disciplina. Adesso la sociologia dell’arte è una branca del sapere con una storia, alcune delle sue problematiche sono oggi sorpassate, altre incominciano appena ad emergere, perciò c’è stato un progresso nelle scienze sociali: oggi non si può più immaginare un’arte che non collabori col contesto sociale, così com'è impossibile immaginare l’arte nella società, perché si costituiscono insieme, non una dentro l’altra. L’arte è una forma sociale. Chiariti questi punti, i sociologi dell’arte possono dedicarsi alla ricerca delle regolari ricorrenze degli aspetti che compongono l’esistenza dei fenomeni riconducibili all’arte. I lavori ispirati ai metodi sociologici presentano il vantaggio di proporre risultati concreti, progressi nelle conoscenze, non come accade nell’estetica sociologica, dove si arriva a pure e semplici concezioni dell’arte o società. Uno dei modi per presentare i risultati di questa sociologia empirica sarebbe farlo in funzione dei metodi, l’altro sarebbe procedendo per aree geografiche o per scuole. La materia si potrebbe esporre anche in relazione alle diverse tipologie d’arte, a seconda che producano beni unici, beni riproducibili all’infinito che ne conservano le unità originali o lo spettacolo dal vivo. Si può adottare una ripartizione che rispetti i diversi momenti dell’attività artistica: ricezione, mediazione, produzione, opere. Queste suddivisioni provengono dal passato, sono preesistenti. UN PRECURSORE: ROGER BASTIDE Il titolo della sua opera, Art et société, rimandala alla preistoria della sociologia dell’arte e si pone in un’estetica sociologica, anche se l’opera anticipa le sfide che dovrà affrontare la disciplina e testimonia una conoscenza eccezionale della sua storia. La materia è suddivisa in maniera moderna: sociologia dei produttori, degli amatori e delle istituzioni, giungendo infine all’arte come istituzione, produttrice di rappresentazioni. Qui Bastide fa capire di essere consapevole che ai tempi erano ancora ai primi tentativi d’indagine empirica. Lui denuncia il normativismo, sostanzialismo sociale e l’ideologismo filosofico, che impediscono la sociologia dell’arte di costruirsi come disciplina scientifica. QUALCHE BILANCIO Una prova dell’autonomia della sociologia dell’arte è la pubblicazione di lavori che ne fanno un bilancio complessivo, ognuno parte da un punto di vista diverso: Zolberg studia tutte le correnti più importanti per dimostrare la pertinenza di un approccio sociologico, contrario alle concezioni individualistiche e soggettive dell’estetica tradizionale. Hennonne rilegge principali autori in base all’opposizione: società nell’arte e arte nella società. Furió traccia una mappa degli autori internazionali, dei precursori ai più recenti. QUINTO CAPITOLO – LA RICEZIONE Mauss spiegava come basti che il pubblico creda ai poteri del mago per renderli efficaci. Allo stesso tempo Marcel Duchamp diceva: “È lo sguardo dell’osservatore a fare il quadro”, perché l'arte, come i fenomeni sociali, non è un dato di natura, ma un fenomeno costruito nella storia, attraverso delle pratiche. La sociologia dell’arte è finalmente libera da un progetto esplicativo incentrato sulle opere, ora può studiare qualsiasi aspetto del mondo dell’arte, senza dover seguire i valori estetici o dimostrazioni sociologiche. Lo studio della ricezione non porta a una migliore comprensione delle opere in sé, ma permette di conoscere e capire il rapporto tra attori e fenomeni artistici. 1.La morfologia dei pubblici Uno degli atti che hanno contribuito a fondare la sociologia dell’arte, negli anni 60, è stato applicare i metodi d’indagine statistica di Lazarsfeld alla frequentazione dei musei di Belle Arti. Questi erano sondaggi di opinioni, che sono diventati strumenti preziosi per misurare le differenze tra i comportamenti in base alle stratificazioni sociali delle persone intervistate, cioè età, ambiente sociale, sesso. Bourdieu, rispondendo a una domanda di carattere istituzionale, conduce un’indagine empirica in equipe, aprendo nuove problematiche nelle pratiche culturali. La sua opera, “l’amore dell’arte”, ha contribuito ad innovare la sociologia accademica e ha portato a conclusioni che hanno trasformato l’approccio a questo tipo di problemi. Un primo risultato è che non si è parlato del pubblico in generale, basandosi sul conteggio degli ingressi, com'era stato fatto in precedenza, ma si è parlato dei pubblici come socialmente differenti a seconda delle fasce d’appartenenza. Il risultato era che l’accesso alla cultura dei musei era caratterizzata da una disuguaglianza sociale: più si era in basso nella scala sociale e meno frequentavano, mentre chi era più in alto, aveva più presenze. Un secondo risultato sta nella ricerca di una spiegazione del fenomeno: in base all’origine sociale si riesce a evidenziare l’influenza, mentre prima l’amore dell’arte era sempre stato attribuito a una disposizione individuale. Bourdieu fa così una critica delle disposizioni alla cultura, mette in rilievo il ruolo primario della famiglia. C’è una correlazione fra le pratiche estetiche e l’appartenenza sociale che forma il gusto, che non è dato solo dal diletto del singolo individuo. L’influenza dell’origine sociale non sta solo nella differenza dei redditi e dei livelli di vita, ma guardando il livello di studi, si può aggiungere alla nozione di capitale economico, anche quella di capitale culturale. L’accesso ai beni simbolici non è condizionato solo dai mezzi economici, ma dai gusti, abitudini. Il capitale culturale diventa un fattore determinante per dare una spiegazione dei fatti, perciò l’amore per l’arte è composto soprattutto da frazioni della classe dominante, cioè gli intellettuali, più ricchi sia di capitale culturale che economico. Queste conclusioni hanno anche applicazioni pratiche: dato che in precedenza i musei, ignorando i fatti sociali di accesso alla cultura, non inserivano spiegazioni riguardanti le opere, che ritenevano chiarimenti superflui, perciò, sfatando l’illusione della trasparenza dei valori artistici, Bourdieu denuncia il fatto che i musei ostacolino una democratizzazione dell’accesso all’arte. Così anche le università, che invece che democratizzare l’accesso al sapere, aumentano il divario fra dominanti e dominati. Quindi dagli anni 60, nell’ambito della gestione dei musei, sono stati compiuti notevoli progressi e la vocazione democratica, già presente nella sociologia dell’arte, ha trovato la possibilità di essere messa in pratica. 2.La sociologia del gusto La sociologia, al contrario dell’idealismo, sceglie di privilegiare inclinazioni culturali proprie degli attori, rispetto alle qualità estetiche delle opere. Da ciò nascono due indirizzi di ricerca: statistica, delle pratiche culturali e sociologica, del gusto. A collegare queste due sarà il concetto di habitus, che è il sistema di disposizioni degli attori, che gli permette di compiere in modo strutturato il loro lavoro. Bourdieu, con questo termine intende un’insieme di capacità, abitudini, dei caratteri distintivi che formano l’individuo attraverso il condizionamento, non cosciente, di un ambiente sociale. Questa nozione permette di capire in cosa consiste l’impedimento dell’accesso ai luoghi di alta cultura: l’impossibilità di star bene in un ambiente, senza sentirsi a disagio perché non si è al proprio posto, cosa che si manifesta nelle posture del corpo, caratteristiche del vestiario, nel modo di parlare o muoversi. LA DISTINZIONE Il capitale culturale si manifesta in delle pratiche simboliche, agendo tramite degli habitus. Nell'opera di Bourdieu, “Distinzione”, si utilizzano diversi metodi, come indagini statistiche, interviste. I modi di stare a tavola, di leggere, di classificare il gradimento, di vendere libri o dischi, forniscono un supporto statistico all’idea che le scelte estetiche avvengano in funzione dell’appartenenza sociale, perché dettate dalla ricerca di stili di vita che permettano di distinguersi sul piano sociale. In quest’opera Bourdieu insiste questo ruolo del gusto come qualcosa di naturale, non dato da motivazioni sociali. Alla sociologia della distinzione manca solo di entrare in contatto con altri ambiti di ricerca e potrà diventare sociologia critica del dominio. 3.Pratiche culturali L’altro indirizzo di ricerca è quello della misurazione statistica delle pratiche culturali, che è stato fondato negli anni 60, nello sviluppo dei servizi studi che L’indagine si sposta sui membri di un foto club in cui un gruppo, che si richiama al modello della pittura, si contrappone a un altro più popolare che mette al primo posto la tecnica. Si passa alla fotografia di reportage, poi a quella pubblicitaria e alle teorie estetiche sulla fotografia. Infine si studia la professione di fotografo, caratterizzata da una grande diversità da atteggiamenti legati alle differenze di estrazione sociale. In quel periodo la fotografia mancava di un approccio estetico, in una situazione simile agli storici sociali dell’arte che si riferiscono alle teorie del passato. 5.L’ammirazione per l’arte La sociologia dell’arte tende, perciò, a una sociologia dei valori, perché l’arte è oggetto d’investimenti più vasti di quelli che interessano gli specialisti quando studiano le opere. Nei registri di valore l’estetica è solo una possibile modalità per qualificare opere e autori, insieme alla morale, sensibilità e altri tipi di giudizio che non hanno la stessa pertinenza se riferiti alla qualità artistica dell’opera. Così il rifiuto assume la stessa importanza dell’ammirazione, i profani valgono quanto gli iniziati, le persone quanto le opere, la vita degli artisti attira l’attenzione tanto quanto i loro lavori. Fra i quadri e chi li guarda si inseriscono due ordini di mediazioni: 1. le categorie culturali, cioè percezione, identificazione, valutazione, 2. gli oggetti, cioè strumenti, immagini, cornici, tutti concorrono a dare forma alle emozioni. LA GLORIA DI VAN GOGH La fortuna critica degli anni successivi alla morte dell’artista ci fa capire che la sua opera non è stata ignorata o incompresa, ma notata e celebrata dai critici d’arte. Ma la diffusione delle biografie sulla sua vita hanno alimentato l’idea che la sua logica morte sia dipesa dall’incomprensione di cui sarebbe stato vittima. Bisogna tenere conto delle molteplici sfaccettature che ha assunto l’ammirazione per il pittore. Accresce così un sentimento di debito collettivo verso il sacrificio dell’artista alla propria arte ed esistono varie forme di risarcimento individuale. Il compito del sociologo non è né di credere nell’unicità del grande creatore, né di denunciare tale credenza come semplice rappresentazione o costruzione sociale artificiale, ma deve soltanto analizzare la singolarità come regime di valorizzazione, capace di determinare emozioni collettive, mentre quelle espresse dagli attori rappresentano l’unicità e originalità. SESTO CAPITOLO – LA MEDIAZIONE La mediazione è ciò che sta fra un’opera e la sua ricezione, si può intendere come una sociologia del mercato, degli intermediari culturali, critici, istituzioni: campi in cui la sociologia classica trova applicazioni in sintonia con problematiche e metodi. La sociologia delle mediazioni ha assunto un senso che ci mostra le suddivisioni tradizionali della disciplina. 1.Le persone Un’opera trova il posto che le compete solo grazie a una rete complessa di attori che cooperano fra loro, come mercanti, collezionisti che l’acquistano, esperti, critici che la commentano. L’opera d’arte non troverà spettatori per guardarla, così come un testo musicale o opera letteraria non troveranno uditori o lettori senza qualcuno che li interpreti. Moulin ha disegnato una mappa di queste categorie di attori, intervistando e osservando l’ambiente. L’autrice esamina la costruzione dei valori artistici, processo dovuto all’azione delle diverse categorie dei professionisti. Questa prospettiva permette di distinguere ciò che l’arte ha in comune con altri campi e ciò che costituisce la sua specificità: il ruolo che svolge la posterità, l’importanza attribuita alla nozione di rarità, fattore che fa aumentare il prezzo delle opere. In un saggio di 25 anni dopo, l’autrice trasferisce il suo interesse dagli aspetti dell’arte moderna a quelli dell’arte contemporanea, come alla funzione delle istituzioni, che contribuiscono a determinare la divisione tra un’arte orientata verso il mercato e una orientata verso il museo. Greenfeld ha messo in relazione gli stili degli autori e le categorie di pubblico in Israele e ha constatato che gli artisti possono avere due diverse carriere in base a se scelgono l’arte astratta o quella figurativa. L’autrice dimostra che con l’affermarsi dell’arte concettuale, il modo di rapportarsi all’arte si è contestualizzato e il criterio d’innovazione si è imposto su tutti gli altri. Plattner fa ricerca sul mercato locale della città di San Luis, ricostruendo la struttura dei rapporti tra artisti, mercanti e collezionisti. Quando nel mercato dell’arte si studiano gli attori più coinvolti nella circolazione dei valori monetari, si sconfina nel campo dell’economia dell’arte, che ha avuto un suo sviluppo con le industrie culturali. Si può adottare una prospettiva vicino alla sociologia delle professioni, mettendo in luce il ruolo di coloro che fabbricano e distribuiscono musica. Stessa cosa si può fare con i curatori delle mostre d’arte, una categoria che tende a trasformare il ruolo di professionista in quello di autore, a causa delle esigenze di singolarità degli artisti. Anche l’attività dei critici può essere oggetto di una sociologia della ricezione così si potrà mettere in evidenza il nesso fra opposizione sociale o politica dei critici e le loro prese di posizione estetiche. Verdrager ha cercato d’individuare le tipologie di regimi valutativi adottati dai commentatori. DAL CURATORE ALL’AUTORE DI MOSTRE Negli anni 80 è nato l’autore di mostre, un intermediario culturale che ha sostituito il conservatore di un museo, che in passato era incaricato di selezionare un certo numero di opere delle sue collezioni o di quelle che si faceva prestare da altri musei, per poi redigere i testi del catalogo, anonimi. Mentre il curatore scrive un saggio introduttivo che firma e il suo nome risulta citato nella stampa e nella mostra. Il lavoro del curatore è più complesso, perché i temi delle mostre rispecchiano problematiche più personali, si cercano artisti e opere poco noti, ci si rivolge a specialisti di varie discipline e l’allestimento richiede un lavoro minuzioso. Però i curatori hanno acquistato un potere determinante, perché spesso hanno l’occasione di lanciare artisti che diventeranno noti in seguito. 2.Le istituzioni Le istituzioni hanno una storia e logiche proprie, coinvolgono diverse discipline delle scienze sociali. Baumol mostra come le amministrazioni facciano aumentare i costi dello spettacolo, grazie a sovvenzioni che inducono ad aspettarsi qualità superiori a ciò che offre il mercato. Allo stesso modo in Francia gli enti pubblici che gestiscono la musica contemporanea hanno creato un mondo chiuso, in cui più si scelgono gerarchicamente gli uditori e più c’è diminuzione di pubblico. Ci sono numerose indagini di sociologia delle organizzazioni, nate dalla volontà degli enti pubblici, che cercano esperti per la diffusione culturale. La storia culturale, in Francia, ha prodotto numerosi studi sulle amministrazioni pubbliche, che analizzano l’evoluzione dei tre indirizzi delle politiche culturali: formazione di collezioni, forme di aiuto diretto agli artisti e sforzo di estendere la cultura artistica a pubblici più vasti. Martorella ha spiegato come l’organizzazione interna di un ente lirico e le sue collezioni, pesino sulla produzione musicale e sull’ambiente artistico. Così anche Guildbaut ha scritto le strategie operative delle principali personalità o centri decisionali, che possono influenzare e orientare la gerarchia dei valori. Anche i musei agiscono sul valore economico e culturale delle opere, mentre le mostre sono una mediazione con il pubblico. Sono le “accademie invisibili” ad orientare la politica culturale e a esercitare la propria influenza sull’attività creativa. I DILEMMI DELL’AZIONE CULTURALE A partire dagli anni 60 l’azione culturale dei pubblici poteri In Francia ha affrontato il dilemma dell’uguaglianza di accesso alla cultura. La rivendicazione di un principio democratico è spesso in contrasto con la tradizione culturale, perché essa è in gran parte sinonimo di privilegio, ma anche perché si tende a valutare la qualità dell’arte in termini di avanguardia, escludendo i non iniziati. Per superare questo problema si è fatto ricorso a diverse politiche, come negare il problema, lasciando che le cose andassero da sé: questa è la politica liberale che produce esclusione. La seconda politica cerca di negare il problema, ma la cultura deve andare verso tutti. Questo è stato fatto in Francia, cercando di avvicinare opere di qualità e pubblici meno dotati di risorse. Questa politica ha avuto successi, ma anche fallimenti, come rifiuti, che hanno suscitato sentimenti di inadeguatezza in persone che non possedevano gli strumenti necessari per apprezzare alcune opere. La terza politica, quella populista, ha affrontato il problema rovesciando il sentimento di inadeguatezza in segno di grandezza, rivendica il diritto alla differenza ed elogia la cultura popolare, ma questa raggiungere la sua autonomia. Ma il concetto di autonomia del campo e quello di mediazione possono essere formulati in base all’approccio della sociologia del riconoscimento. Questa problematica, applicata all’arte, può fondarsi sul modello proposto da Bowness, che ha il vantaggio della semplicità e integra l’articolazione spaziale e temporale della costruzione della notorietà di un’artista. Questo modello coniuga tre dimensioni: la prossimità spaziale rispetto all’artista, cioè che questi può conoscere personalmente i suoi pari, mercanti e collezionisti; lo scorrere del tempo rispetto alla vita presente dell’autore, cioè il giudizio rapido o lento delle persone che lo guardano; infine l’importanza del riconoscimento dell’artista, in base alla competenza dei giudici. Tutto questo evidenzia l’economia delle attività artistiche in epoca moderna, dove l’originalità è un criterio discriminante della qualità e fa dell’arte il luogo privilegiato dove applicare il regime di singolarità. Nei mediatori il piccolo numero dà più qualità del grande. Un grande artista può essere riconosciuto in tempi brevi, se accade grazie ad artisti o specialisti qualificati, ma se è riconosciuto dal pubblico, probabilmente è un’artista mediocre o che pratica un genere minore. In questi punti è contenuta la logica delle avanguardie, che gli specialisti non comprendono quanto appaia strana agli occhi dei profani, che non ammettono che il denaro sia il giusto metro della misurazione della grandezza dell’arte o pensano che sia una mediazione debole, perché troppo standardizzata. Mediazione, campi e riconoscimento vanno considerati come punti di vista diversi da cui seguire la carriera di un’opera, dal momento in cui nasce fino a quando arriva agli occhi di tutti, perché un’opera può essere tale solo se esce dal chiuso lavoro di un atelier, per poter entrare nel campo e operarvi grazie a mediazioni articolate nello spazio e nel tempo. La mediazione ci fa capire come funzionano le cose in una rete di relazioni, ma è la teoria dei campi che ci spiega come la rete si struttura. La teoria del riconoscimento è ciò che evidenzia la rete di mediazioni e l’articolazione strutturata. SOCIOLOGIA DELLA MEDIAZIONE La nuova sociologia delle scienze, introdotta da Latour e Hennion, esorta i sociologi a svincolarsi dall’opposizione fra analisi interna ed esterna, come da quella fra valore intrinseco delle opere e la credenza in tale valore. Queste sono le condizioni elementari su cui basare una sociologia della mediazione, ispirate al programma di Bloor: seguire le operazioni della selezione dei grandi momenti della storia dell’arte e non trascurare i percorsi attraverso cui le opere sono giunte fino a noi. Dall’altro lato, non bisogna dividere due realtà inseparabili, cioè il mondo delle opere e quello del sociale, ma darsi come oggetto di ricerca il lavoro degli attori per separare delle realtà. SOCIOLOGIA DEI CAMPI Il modello proposto da Bourdieu, per la sociologia dei campi, permette di soddisfare la scala unidimensionale inserendola nella dimensione economica e culturale. Si può così rappresentare i diversi campi della vita collettiva nella loro pluralità dei fattori, cioè posizioni gerarchiche, volume e tipi di capitale. Così il campo della letteratura non si riferirà all’opposizione originaria fra individuo e società, ma alle relazioni concrete fa produttori, editori, lettori. La stessa cosa accade nella posizione di un campo rispetto agli altri. Ripensare alle attività della sfera creativa in termini di campo significa evitare l’idealismo estetico e il riduzionismo tipico marxista, che vede nella creazione artistica un riflesso degli interessi di classe. SOCIOLOGIA DEL RICONOSCIMENTO Bowness, nella sua opera, analizza la vicenda delle arti visive nella modernità e illustra i quattro cerchi del riconoscimento: il primo è composto da chi pratica l’arte, poche persone ma con un parere importante per gli artisti; il secondo è composto da mercanti e collezionisti che operano con transizioni private in contatto diretto con gli artisti; il terzo è quello degli specialisti, che esercitano le loro funzioni in istituzioni pubbliche, ambiti lontani dagli artisti; il quarto cerchio è formato dal pubblico, importante dal punto di vista quantitativo, ma lontano dagli artisti. In base a questo modello possiamo rileggere le differenze che separano l'arte contempera da quella moderna. Le posizioni del secondo e del terzo cerchio si sono invertite, perché nel processo di riconoscimento, l’intervento degli intermediari tende a precedere l'azione del mercato privato e questo è uno degli aspetti della crisi dell’arte contemporanea. 5.Una gerarchia specifica Il problema del riconoscimento ci riporta all’impossibilità di capire i fenomeni artistici, se non si considera la stratificazione dei pubblici, che produce elitarismo e sfasamenti temporali fra i momenti e le modalità della riuscita di un’artista. Contro questa distinzione dell’arte si è costituita una componente della sociologia dell’arte. La sociologia del dominio rivela le disuguaglianze, ma è meno capace di agire nei sistemi di accreditamento verso l’attore e le istituzioni, che non possono agire liberamente. Bisogna quindi cambiare il sistema sociologico e cominciare ad osservare le relazioni d’interdipendenza, per capire fino a che punto sia necessario essere riconosciuti nella società senza essere ridotti al rapporto di forza o alla violenza simbolica. La problematica del riconoscimento permette anche di sciogliere le gerarchie estetiche, superare la rappresentazione dell’individuo che si confronta con le sue sensazioni soggettive e l’estetica delle opere d’arte separate dal mondo ordinario e dotate di un valore oggettivo. In questa prospettiva al sociologo interessa descrive la crescita in oggettività, cioè l’insieme delle procedure che permettono a un oggetto, dotato delle proprietà richieste, di acquisire i valori che ne fa un’opera agli occhi delle diverse categorie di attori. Pubblicazione o mostra, quotazione o circolazione sul mercato, sono alcuni dei fatti costitutivi della crescita in oggettività, unita alla crescita di singolarità, che costituiscono la grandezza artistica. LA FRAGILITÀ DELLE ISTITUZIONI I premi letterari sono una forma particolare di istituzione e se un sociologo ne volesse mettere in evidenza il carattere artificioso, come gli accordi fra giurie ed editori, si ridurrebbe a fare accuse già espresse dagli attori stessi. Il sociologo può interessarsi all’azione che fanno i premi sui loro beneficiari, che hanno effetti che mettono in luce problemi fondamentali di giustizia e coerenza. I premi creano scarti di grandezza brutali nei confronti degli altri artisti e costituiscono una forma di riconoscimento che non piace agli scrittori che aspirano a un giudizio estetico positivo da parte di una piccola cerchia di specialisti, che non spera in un successo di denaro o notorietà. La vulnerabilità di fronte alla critica è una caratteristica delle istituzioni artistiche in epoca moderna e il fatto che sia la critica a conferire l’ufficialità ai soggetti che si sono formati marginalmente, la espone all’accusa di snaturare una sperimentazione che tende all’espressione autonoma di una singolarità indipendente dal giudizio altrui. SETTIMO CAPITOLO – LA PRODUZIONE Seguire il percorso dalla ricezione alla mediazione significa incontrare i creatori, produttori d’arte, che sono sempre stati presenti nella storia dell’arte in modo individuale, tranne quando sono stati raggruppati in scuole per motivi stilistici. Lo studio dello statuto collettivo degli artisti è un risultato per la sociologia dell’arte e delle sue professioni. 1.Morfologia sociale Foucault descrive la categoria di autore, operazione complessa, che sta alla base della sociologia delle professioni, che vuole stabilire la morfologia sociale degli artisti, cioè quanti e chi sono. Ma è un’impresa difficile da realizzare, infatti istituti di statistica avevano assegnato gli artisti nella rubrica “vari e diversi”. Tutte le indagini sull’argomento si sono scontrate con questo problema, sia quella sugli scrittori che quella sulle arti visive fino a quella sugli attori del teatro. Eliot Freidson suggeriva di considerare come artisti tutti quelli che si definivano tali, che si autodefinivano. La definizione degli artisti si scontra con: 1. la distinzione fra arti maggiori e minori o mestiere d’arte, 2. la separazione tra professionisti e amatori. In questo caso non si possono usare i criteri classici della sociologia delle professioni, cioè titolo di studio, appartenenza ad associazioni, reddito, perché l’attività artistica è di solito abbinata a un secondo mestiere che procura reddito, inoltre si può imparare l’arte senza aver avuto un insegnamento istituzionale e le accademie e corporazioni dopo un po' coordinare le azioni riguardo ai momenti dell’attività, cioè concezione, esecuzione, ricezione, sia ai tipi di competenze, come i titoli di testa e di coda dei film, sia alle categorie dei produttori, come ribelle, professionista. Queste descrizioni rivelano l’esperienza reale come collettiva, coordinata, sottoposta a condizionamenti materiali e sociali. Così l’autore riesce a sradicare delle tradizioni, come l’individualità del lavoro creativo, l’originalità o singolarità dell’artista. Ogni sociologo, deve fare una scelta fondamentale quando si trova davanti all’alternativa tra, se limitarsi a dimostrare la relatività dei valori, oppure comprendere come e perché gli attori li considerino valori assoluti. Stabilire dei fatti è indispensabile per individuare le rappresentazioni, ma comunque il sociologo deve scegliere tra fermarsi al primo stadio, conformandosi al progetto positivista, mostrando la verità nascosta dalle rappresentazioni, oppure considerare il primo stadio come un momento d’ispirazione, destinato a individuare le logiche della formazione delle rappresentazioni. BECKER E BOURDIEU Il concetto di mondo dell’arte, in Becker, mostra le interazioni che vanno a formare, etichettare un oggetto come opera d’arte. La nozione di campo, di Bourdieu, insiste sulle strutture, le gerarchie interne, i conflitti e la posizione rispetto ad altri campi di attività. Queste due nozioni mettono entrambe in evidenza la pluralità degli attori che operano nel mondo dell’arte e tengono conto delle posizioni e contesti. Le due tendenze, in linea con il progetto positivista, hanno come oggetto l’esperienza reale e non le rappresentazioni degli attori, qui considerate come illusioni da condannare. Queste due sociologie hanno anche in comune l’approccio critico in sociologia, cioè il tentativo di abbattere le credenze di senso comune nell’autonomia dell’arte e nella singolarità dell’artista. 4.La sociologia dell'identità Altro indirizzo per la sociologia dei produttori d’arte è l’analisi dell’identità collettiva dei creatori nelle sue dimensioni soggettive, con riferimento alla sociologia delle professioni, e oggettive, con riferimento alla sociologia delle rappresentazioni. Questo prova che mettere in luce situazioni nascoste o inespresse, non vuol dire smontare criticamente idee o miti popolari, ma che grazie a questo nuovo approccio si può far emergere la logica che sta sotto alle rappresentazioni dell’attività creatrice che si formano nella mente delle persone. Queste rappresentazioni permettono di spiegare dei fatti oggettivi della ricerca empirica: la difficoltà a definire i margini fra artisti professionisti e dilettanti; la rivendicazione dell’essere autodidatta; l’aumento del numero degli artisti in certi periodi, segno di accrescimento del prestigio. Quest’ultima caratteristica è fondamentale per capire lo statuto di un’artista in epoca moderna, ma anche il posto che la sociologia gli riserva. Quest’ultima si trova a un bivio: la denuncia democratica dell'elitarismo nell’arte e l’esaltazione estetica dei valori anti-borghesi. Questa posizione contiene una contraddizione simile a quella che sta nell’espressione “frazione dominate dalla classe dominante”, riferita alle classi in cui il capitale culturale prevale su quello economico. Il metodo da usare per questa analisi non è l’osservazione diretta, ma l’analisi dei discorsi, delle immagini, caratteristiche tipiche della sociologia qualitativa. Nella prospettiva di questa sociologia comprendente si può ricostruire lo spazio concesso agli scrittori contemporanei operanti in un regime vocazionale, in cui non è l’attività creatrice che serve a guadagnarsi la vita, ma è il guadagnarsi la vita che serve a conquistarsi il tempo per creare. Ci sono numerosi ideal-tipi di scrittori che si possono raggruppare intorno a diversi temi: l’indeterminatezza dello statuto e legami con altri, vocazione e ispirazione, pubblicazione e riconoscimento, modelli di vita e statuto di grande scrittore. Questo è un tentativo di capire in che modo la scrittura può creare un’identità di scrittore diversa dalle altre attività che definiscono un individuo. La sociologia dei produttori d’arte può anche offrire gli strumenti per capire le rappresentazioni degli attori. Il sociologo che cerca d’inserire il proprio oggetto nei quadri di riferimento canonici della sociologia, concluderà che l’ispirazione degli artisti è un'illusione e un mito, dato che i creatori sono votati al lavoro. Ma se si cercherà di capire la logica di queste diverse rappresentazioni, si noterà che nelle testimonianze degli attori si alternano momenti d’ispirazione e altri di lavoro. Quando si devono ricostruire le carriere degli artisti, la sociologia positivista ed esplicativa riesce a rilevare la presenza di carriere simili e la loro correlazione con fattori non artistici: di origine sociale, mondana, politica. La sociologia comprendente si rivolge agli interessati per capire il loro punto di vista sulla carriera intrapresa, in più cerca di capire perché i creatori facciano fatica a pensare la loro attività come una carriera. Quest'ultima implica un’omologazione dei mezzi e una personalizzazione dei fini perseguiti dal creatore, mentre l’artista vuole mirare ad un obiettivo non personalizzato e con mezzi personali, una creazione originale e individuale per arrivare alla grandezza dell’arte. Quindi la specificità dei fenomeni artistici spinge la sociologia a toccare i propri limiti estremi, ma la apre a percorsi del tutto nuovi. IL MOZART DI NORBERT ELIAS Elias ha scritto un saggio su Mozart, che analizza la situazione oggettiva del musicista a corte, come un miscuglio d’inferiorità sociale e superiorità creatrice. Lui era vittima di una sproporzione di grandezza che scava un solco fra l’habitus borghese delle sue origini e l’ambiente della corte, dov’era obbligato a vivere. Inoltre c’era un solco fra il principe onnipotente, incapace di apprezzare l’arte del suo servitore, e il servitore straordinariamente dotato, ma tenuto in posizione inferiore. In un campo ancora poco autonomo, in cui c’erano poche possibilità sia di mediazione fra il creatore e il suo pubblico e sia che le capacità del primo fossero riconosciute dal secondo, perché gli artisti non avevano quasi nessuna possibilità di essere riconosciuti per i propri meriti, inoltre non gli era consentito di porre innovazioni. In Mozart c’era un’altra tensione, di ordine psichico, dovuta all’ambivalenza dei suoi rapporti con il padre. Così Elias può analizzare l’artista con un approccio psicoanalitico, che gli permette di spiegare come Mozart finì per vivere la posizione del genio in uno stato di depressione che contribuì alla sua morte. LA PAROLA ARTISTA Questa parola si è sviluppata nel XVIII secolo per sostituire quella di artigiano. Il secolo dopo il termine si estende ai musicisti e teatranti, poi al cinema. Artista nasce come descrittivo, per poi diventare valutativo, con giudizi di valore positivi. Questa parola appare spesso con valore qualificativo anche quando è sostantivo. L’evoluzione del termine rispecchia la valorizzazione progressiva della creazione e la tendenza a spostare l’interesse dall’estetica dell’opera alla persona dell’artista. Perciò si tende a trattare i maggiori artisti del passato come rappresentativi della loro categoria. Altri segni di questa valorizzazione sono la pubblicazione di opere narrative, i cui eroi sono artisti. Nel romanticismo l’attività degli artisti era pensata come conseguenza di una vocazione, non più di un apprendistato, e l’eccellenza non deriva dalle capacità, ma dalla singolarità. I contorni della categoria di artista sono tanto più sfumati quanto più accresce il prestigio di chi ne fa parte. OTTAVO CAPITOLO – LA QUESTIONE DELLE OPERE La sociologia delle opere è l’aspetto più ricco di aspettative e più controverso della sociologia dell’arte. 1.L’ingiunzione a parlare delle opere Fare la sociologia delle opere in quanto tali, passare dall’analisi esterna a quella interna è un’ingiunzione, principio sia degli specialisti d’arte, sia dei sociologi dell’arte e può applicarsi a programmi diversi, dalla scelta di analizzare le componenti materiali dell’opera alla tendenza a relazionare le caratteristiche estetiche dell’opera con proprietà ad esso non pertinenti. La sociologia non può, quindi, limitarsi a studiare il contesto e le istituzioni, i problemi di status o i quadri percettivi. Quest’ingiunzione pone un problema, perché si basa sulla supremazia della sociologia, che ha la stessa pertinenza delle altre discipline, incentrate su un oggetto ben definito. Non ha lo scopo di scoprire qualcosa di nuovo sull’arte, ma vuole insegnare qualcosa di quella materia agli specialisti di quelle discipline, i quali dovrebbero convertirsi alla sociologia. A questo modello si può opporre quello di competenze distribuite, che permette di stabilire reti di connessioni tra le discipline, senza un rapporto competitivo. Il secondo problema è quello di adottare involontariamente un punto di vista estraneo alla sociologia, perché l’ingiunzione, obbliga a studiare le opere, implica un pregiudizio nel mondo degli studi e attribuisce maggiore importanza alle opere rispetto alle persone. Il sociologo che gerarchica e passa fra “grande arte”, di élite e “arti minori”, di massa. È un indirizzo di ricerca su cui hanno lavorato Peterson, sulla costruzione storica della nozione di cultura e Zolberg e Cherbo, sul modo in cui le attività marginali spostano i confini dell’arte contemporanea. Alla terza categoria appartengono i confini che distinguono arte e non-arte. 3.Interpretare: il problema della specificità Interpretazione può essere la spiegazione di un oggetto mediante i fenomeni esterni ad esso, cioè i rapporti di causa ed effetto tra due entità, come una biografia di un’artista rispetto all’opera, oppure può indicare l’estrazione di elementi privilegiati per ricavare un modello generale a partire da un corpus empirico, ad esempio le strutture architettoniche ricavano forme simboliche a partire dalle cattedrali e testi medievali. Ma può indicare anche la ricerca di un senso nascosto, come le trasformazioni del potere monarchico in epoca classica. La sociologia dell’arte si è sempre occupata di interpretazione: a proposito dell’estetica sociologica, cioè le opere intese come riflesso del sociale. Ma la sociologia dell’ultima generazione ha seguito molto poco questo approccio. Secondo il sociologo Pequignot, il saggio di Foucault su Velasquez dimostra la possibilità di una sociologia delle opere, capaci di rintracciare dei fenomeni generali in certi temi e strutture formali, ma il punto di vista di Pequignot possiede il problema del ruolo che svolgono le preoccupazioni del commentatore e le caratteristiche del suo oggetto. Le opere prese isolatamente, come nel testo di Foucault in genere non si prestano così bene alla proiezione di significati generali, inoltre il margine lasciato all’interpretazione si riduce ulteriormente a causa dalle analisi pertinenti solo alle opere narrative o figurative e non lo sono per la musica. Inoltre la pertinenza di queste analisi è limitata dal grado di autonomia delle opere prese in esame: esse risultano più appropriate alla pittura del Rinascimento che all’arte contemporanea. Un altro problema riguarda le categorie per cui il pensiero inquadra le opere analizzate, perché se si assumono le classificazioni e le scale di valori indigene come fossero categorie oggettive, si rischia di riprodurre il lavoro degli attori. Non si può interpretare sociologicamente l’arte barocca senza studiare il termine barocco, apparso più tardi dell’arte a cui dà il nome, perché si mescolerebbe descrizione stilistica e periodizzazione cronologica. Un terzo problema riguarda il progetto di queste analisi, che le conduce a contrapporsi all’idealizzazione e all’autonomia dell’arte, perché se si interpretano le opere come espressioni di una società o classe sociale, significa attribuirgli un potere straordinario e contribuire ad idealizzarle. Il progetto critico della sociologia dell’arte esigerebbe che le opere d’arte fossero considerate produzioni, soggette solo a condizionamenti interni, che non vogliono significare nulla delle società in cui nascono. Ma così crollerebbe l’intero progetto interpretativo, quindi bisogna scegliere tra critica ed ermeneutica. DISCIPLINE INTERPRETATIVE Nella sociologia dell’arte di terza generazione l’opera di Bourdieu, “educazione sentimentale”, analizzata da Flaubert, è uno dei principali esempi d’interpretazione di un’opera. Bourdieu descrive in quest’opera l’incertezza dei giovani borghesi, che esitano tra la scelta di una bohème o di ereditare la vita borghese, più conformista e meno rischiosa. Foucault propone l’analisi del quadro di Velazquez, in cui il pittore ritrae se stesso per raffigurare la coppia regnante riflessa nello specchio nello sfondo del quadro. Così le immagini del re e dalla regina vengono poste in secondo piano, in modo non tradizionale. Anche la storia letteraria ha contribuito all’interpretazione sociologica delle opere, un esempio è il saggio di Dubois, dove individua i segni della competenza di Proust per rappresentare la realtà in senso sociologico. Un’altra categoria d’interpretazioni proviene dalla storia culturale: Todorov analizza la pittura fiamminga rinascimentale come sintomo e strumento del processo di rendere individuale e secolare il divino. 4.Osservare: per una sociologia pragmatica L’approccio pragmatico consiste nell’analizzare che cosa fanno le opere d’arte, osservarle in situazioni tramite l’indagine empirica. Le opere possiedono delle proprietà intrinseche che agiscono sulle emozioni di coloro che le ricevono; sulle loro categorie cognitive, dando valore o scompigliando gli schemi mentali; sui loro sistemi di valori, sottoponendoli alla prova degli oggetti di giudizio; sullo spazio percettivo, tracciando il percorso dell’esperienza sensoriale e delle categorie di valutazione che permettono agli osservatori di assimilarli. Così la pittura ci mostra, attraverso lo sguardo, il mondo circostante. La finzione letteraria costruisce un immaginario collettivo degli affetti, ruoli e riflette la realtà della storia. L’arte contemporanea è quella che riesce meglio a smontare il concetto comune di arte, e non riesce a mostrare lo stato della società industriale o lo statuto degli artisti nella modernità, perché vìola i confini mentali e materiali fra arte e non-arte. Per studiare le azioni esercitate dalle opere bisogna descrivere le condotte degli attori, oggetti, istituzioni, mediazioni partendo dalle opere d’arte e riflettendo su di esse, in più bisogna descrivere tutto quello che, in riferimento alle proprietà formali delle opere, rende queste condotte necessarie. Il sociologo può studiare le opere in sé, mostrando come decostruiscono i criteri tradizionali di valutazione e come producano strutture dell’immaginario, per trattarle come attori della vita sociale, che interagiscono con oggetti naturali ed esseri umani. L’estetica sociologica tenderà a stabilire che cosa faccia si che un’opera d’arte possa definirsi autentica o proverà a studiare i processi sociali che ne provocano l’alienazione, la perdita di autenticità. La sociologia critica mostrerà come e perché il modo di procedere dell’estetica sociologica racchiude una costruzione sociale che nasconde i processi di imposizione di legittimità estetica attraverso la violenza simbolica sugli attori, indotti a crederci. La sociologia pragmatica studierà le procedure di autentificazione usate dagli esperti e le competenze richieste, elencherà le proprietà degli oggetti ai quali gli attori attribuiscono un valore di autenticità e i contesti in cui questo avviene, analizzerà le emozioni provocate negli attori in presenza di un oggetto percepito come autentico. Quando gli attori si interessano alle opere bisognerà capire cosa motiva il loro interesse, come si giustifica e quando l’investimento sull’arte non passa attraverso le opere, bisognerà capire gli attori attraverso gli oggetti che amano o disprezzano. L’arte non può essere ridotta all’ordine del discorso, questo porta a considerare le opere come se avessero struttura di enigmi, processo che implica l’analisi e poi il trattamento di questi enigmi. Non si può trattare la sociologia dell’arte solo dal punto di vista formale o materiale, perché significa prescindere dalla sua specificità, quindi il sociologo applica la propria disciplina al campo dell’arte studiando il modo in cui gli attori investono uno di questi momenti per consolidare il rapporto con l’arte e non privilegiando un determinato tipo di studio. Perciò non spetta al sociologo scegliere i propri oggetti, ma deve lasciarsi guidare dagli spostamenti degli attori nel mondo dell’arte. PRAGMATICA DI UNA INSTALLAZIONE Boltanski realizzò al museo di Parigi un’installazione di tante pile di vestiti usati disposte su due ripiani, che provocò reazioni contrastanti. Quella di rifiuto potrebbe essere ritenuta la conseguenza della trasgressione dei limiti dell’arte del senso comune, cioè del senso di bellezza, di valore dei materiali, di competenza specifica e di lavoro effettuato dall’artista. L’ammirazione per l’opera può nascere dal fatto che l’autore ha superato questi confini, l’opera può esercitare sui visitatori un forte impatto emotivo che non si può descrivere né come ammirazione né come rifiuto. Questo è collegato alla composizione degli oggetti che formano l’installazione: gli abiti sembrano più umani perché usati, si è indotti ad associarli alle persone che li hanno portati; che siano ammucchiati alla rinfusa impedisce di pensarli come reliquie, come cose di individui con una precisa identità; che siano accuratamente piegati e impilati impedisce di vederli come scarti da gettare; che siano esposti in un museo li esclude dal mondo delle merci. Questi elementi dell’opera presentano uno statuto imprecisabile cui si aggiunge il numero, che rende generale ciò che è connesso all’individuale, al privato. L’operazione di questo artista riproduce la struttura di un dispositivo di concentrazione, di fronte al quale alcuni spettatori reagiscono con una certa sensibilità, che si aggiunge al loro grado di familiarità o accettazione dell’arte contemporanea. CONCLUSIONE – UNA SFIDA ALLA SOCIOLOGIA La sociologia empirica della terza generazione ha provato che la sociologia dell’arte può avere criteri di rigore, metodi controllati e risultati positivi, che sanciscono l’appartenenza di una disciplina alle scienze sociali e non più agli studi umanistici. Sulle ricerche fatte a partire dagli anni 60 restano indubbi 2 fatti: un salto di qualità quando non li cerca. Così il relativismo descrittivo, è usato per dimostrare il variare dei valori estetici, è considerato una relativizzazione dei valori di senso comune che vuole prendere posizione sui valori. Rifiutarsi di adottare una posizione normativa significa astenersi da un giudizio sulla natura dei valori. Quindi il problema non è ritornare all’idealismo, ma trattare alla stessa maniera l’idealismo e sociologismo, perché sono entrambe rappresentazioni da analizzare. Questo tipo di analisi mostra le logiche che usano gli attori per orientarsi, ma il sociologo non ha più il compito di prendere partito nel merito, ma deve analizzarle e rifiutarsi di assumere una posizione normativa o pronunciare giudizi di valore. ARTE E POLITICA Per capire la prospettiva critica in sociologia dell’arte, bisogna esaminare il tema arte e politica, attraverso il quale si afferma il fatto che l’arte è determinata da istanze extra-artistiche e che non è pura e disinteressata. Questo tema affascina certi teorici dell’arte impegnata. Il sociologo non critico, in questa situazione, ha due opzioni: considerare il modello delle avanguardie come una proposizione scientifica, perciò deve dimostrarne l’erroneità, perché le avanguardie assumono come regola la coincidenza tra arte e politica, che è un’eccezione. Oppure può intervenire sul piano sociologico dell’oggetto di ricerca, considerando la concezione arte e politica come una rappresentazione di senso comune, perciò deve capire la logica che sta sotto e risalire all’epoca romantica, quando la figura dell’artista comincia ad orientarsi verso la creazione sia artistica che politica. 5.Dalla spiegazione alla comprensione Un’altra sfida che la sociologia dell’arte lancia alla sociologica generale, è capire se si deve lasciare che il punto di vista esplicativo, costruito sul modello delle scienze naturali continui a governare la parte essenziale della ricerca, oppure affiancargli un approccio delle scienze umane. Nel primo caso si tratta di far emergere delle correlazioni tra i fatti studiati e delle causalità esterne ad essi, come le origini sociali, il contesto economico. Nel secondo caso si dovrà mostrare le logiche che danno coerenza all’esperienza vissuta dagli attori, ricorrendo anche ai resoconti che quest’ultimi producono spontaneamente o su sollecitazioni esterne. Questi due procedimenti sono complementari, perché la figura del genio incompreso si può spiegare con le proprietà di quanti ne affermano la grandezza, anziché con le qualità dell’artista, mettendo, però, in evidenza il senso che questa rappresentazione assume per i sostenitori dell’artista. Ma questa posizione incontra lo scoglio della volontà di egemonia, che tende a costringere i ricercatori a scelte esclusive di altre possibilità. Inoltre l’approccio esplicativo focalizza l’interesse sul reale, a scapito delle rappresentazioni, che appaiono con ostacoli alla verità. Il punto di vista della comprensione pone sullo stesso piano il reale e le rappresentazioni. La sociologia ha il solo compito di spiegare la verità del reale, ma questa disciplina sa essere anche produttiva, se vuole rendere esplicite le rappresentazioni, dotate di coerenza propria. Quindi la sociologia dell’arte non deve per forza oscillare fra essenzialismo e critica, fra analisi interna ed esterna, può interessarsi alle persone, contesti, oggetti, in base al grado di pertinenza attribuito loro dagli attori e può descrivere le azioni e rappresentazioni per comprenderle. ARTE E SINGOLARITÀ In un’ottica non critica o normativa, fare una sociologia della singolarità, non significa volere provare la fondatezza della credenza nella singolarità dell’arte, non si tratta di ritornare ad una concezione estetica di un’arte svincolata da ogni fatto sociale, ma di mettere in luce cosa significa per gli attori, un regime di valori fondato sulla singolarità. Quest’ultima non è una proprietà delle opere o degli artisti, ma un modo di qualificazione che privilegia l’unicità, l’originalità e che fa la grandezza dell’arte. Il regime di singolarità si oppone a quello di comunità, che privilegia ciò che è comune, condiviso, che vede nella singolarità una devianza. Quindi non spetta al sociologo dire se l’arte è o no singolare, ma lui deve accertare a quali condizioni gli attori producono quel tipo di qualificazione e con quali conseguenze sulla produzione artistica, sulla mediazione e sulla ricezione. L’accezione di singolarità non è riducibile a particolarità o specificità, perché essere singolare vuol dire essere reso insostituibile grazie a delle operazioni concrete che la sociologia pragmatica permette di descrivere. 6.Verso una quarta generazione? La caratteristica di una quarta generazione sarebbe di non sostituirsi alle precedenti, ma completarle, superando una prospettiva essenzialista e normativa, non sarebbe più rivolta alla spiegazione degli oggetti e dei fatti, ma alla comprensione delle rappresentazioni. Questa generazione studierebbe la sociologia dell’arte stessa come produzione degli attori, non più arte e società. Gli attori sanno interpretare i legami che uniscono l’arte e il mondo vissuto, per affermarli e per negarli. L’arte si è costituita come il luogo prediletto della spiritualità e dell’individualità, i due nemici della sociologia.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved