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Riassunto del libro METAFORA E VITA QUOTIDIANA (Lakoff, Johnson), Sintesi del corso di Linguistica Generale

Riassunto dettagliato del libro "Metafora e vita quotidiana" per l'esame di Linguistica Generale con il prof. Cardona (programma 2020/2021)

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 12/08/2021

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d.p 🇮🇹

4.3

(12)

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Scarica Riassunto del libro METAFORA E VITA QUOTIDIANA (Lakoff, Johnson) e più Sintesi del corso in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! RIASSUNTO DEL LIBRO "METAFORA E VITA QUOTIDIANA” DI LAKOFF E JOHNSON 1. I CONCETTI CON CUI VIVIAMO La metafora non è un artificio retorico ed è così presente nel linguaggio, tanto che non se ne può fare a meno. Il nostro sistema concettuale è di natura metaforica, e per questo la metafora riveste un ruolo di primo piano nella nostra percezione della realtà. Noi, però, non siamo consapevoli del nostro sistema concettuale: pensiamo e agiamo in modo automatico. Per individuare le metafore, bisogna prendere in considerazione il linguaggio, una fonte importante per determinarne la natura. Prendiamo in esame il concetto di discussione, e la metafora per cui la discussione è una “guerra”. Non solo parliamo delle discussioni come una guerra, ma esse stesse sono degli scontri verbali, perché culturalmente le viviamo in quest'ottica. Una discussione in cui nessuno vince e nessuno perde è vista come una conversazione piacevole, anzi sembrerebbe strano definirla discussione. Nonostante guerra e discussione siano concetti diversi, una discussione è strutturata, compresa ed eseguita come una guerra, e il linguaggio con cui la definiamo è proprio per questo letterale, e non retorico o fantasioso. Non siamo quasi mai consapevoli della metafora. In questo caso, essa condiziona il nostro modo di vivere e definire una discussione. L'essenza della metafora è comprendere e vivere un tipo di cosa in termini di un altro. La metafora non è quindi una questione di linguaggio, anzi sono proprio i processi del pensiero umano ad essere largamente metaforici. 2. LA SISTEMATICITÀ DEI CONCETTI METAFORICI I termini di guerra rappresentano un modo sistematico di parlare delle discussioni nella loro accezione bellica. Questo perché una parte del sistema concettuale che caratterizza il concetto di combattimento caratterizza anche una parte del concetto di discussione. Un altro esempio può essere il concetto metaforico di “il tempo è denaro”. Questa metafora deriva dal modo in cui il concetto del tempo si è sviluppato nella moderna Europa occidentale e in tutte le civiltà industriali. Concepiamo, quindi, iltempo come fosse una merce pregiata come il denaro. Per quanto riguarda i concetti metaforici de "il tempo è denaro", iltempo è visto come una risorsa limitata, come una merce preziosa; tutto ciò fa parte di un sistema basato su una sotto -categorizzazione: il tempo, essendo denaro, implica che sia una risorsa limitata, il che a sua volta implica che esso sia una merce preziosa. Questo dimostra uno dei modi in cuì le metafore possono caratterizzare un sistema coerente di concetti metaforici e, conseguentemente, un sistema di espressioni metaforiche per essi. 3. LA SISTEMATICITÀ METAFORICA: METTERE IN LUCE E NASCONDERE La sistematicità che ci permette di comprendere un aspetto nei termini di un altro finisce, però, per nascondere alcuni altri aspetti che possano essere incompatibili con quel concetto metaforico. Per esempio, focalizzarsi troppo sull'aspetto bellicoso di una discussione finisce per far perdere di vista l'aspetto cooperativo di essa. Un altro caso più sottile è quello che Michael Reddy ha chiamato METAFORA DEL CANALE: ovvero, noi parliamo del linguaggio secondo una metafora complessa: “le idee sono oggetti, le espressioni linguistiche contenitori e la comunicazione l'atto di spedire qualcosa”. Il parlante prende le idee (oggetti), le mette in contenitori (espressioni linguistiche) e li “spedisce” ad un ascoltatore, che estrae queste idee. Reddy trovò più di cento espressioni, circa il 70% di tutte le espressioni usate per parlare del linguaggio. In questo caso è molto più difficile rendersi conto della metafora, poiché è così convenzionale tale modo di parlare, da risultare quasi impossibile pensare che non faccia parte della realtà. Ma a ben guardare, vengono nascosti molti aspetti del processo comunicativo. Innanzitutto, il fatto che “le espressioni sono contenitori del linguaggio” e che “i significati sono oggetti” implica che le parole e i significati abbiano una propria esistenza, indipendente dal contesto. Queste metafore sono, quindi, valide nel momento in cui tutti i partecipanti comprendono il significato allo stesso modo e il contesto non è rilevante. Ci sono però molti casi in cui il contesto è importante. Rilevante è l'esempio di Pamela Downing che, durante una conversazione, ascoltò la frase “Siediti al posto del succo di mela!"; apparentemente, questa frase può apparire priva di senso, ma lo acquista se pensiamo che è stata pronunciata mentre un ospite, sceso per fare colazione, trovò la tavola apparecchiata con tre posti col succo d'arancia e un posto col succo di mela. A quel punto, diventa chiaro a cosa ci si sta riferendo. In alcuni casi, inoltre, una stessa frase può assumere diversi significati a seconda del contesto: la frase “Abbiamo bisogno di fonti alternative di energia" può assumere un significato diverso se a pronunciarla è il presidente della “ESSO” o il segretario nazionale di “Europa Verde”. Ciò dimostra che il concetto metaforico permette una comprensione parziale di ciò che stiamo dicendo. Va anche detto che la strutturazione metaforica è parziale, non totale: per esempio, iltempo non è realmente denaro, perché una volta speso non si può riottenere. Una parte del concetto NON è adattabile alla vita reale. Allo stesso modo, i concetti si possono estendere oltre il loro impiego comune: per esempio, se le idee sono oggetti, si possono abbellire, manipolare, ordinare. Quindi, quando un concetto è strutturato da una metafora, lo è solo parzialmente. 4. METAFORE DI ORIENTAMENTO Le metafore di orientamento hanno a che fare con l'aspetto spaziale: su, giù, destra, sinistra, avanti, indietro, ecc... Esse conferiscono un “aspetto spaziale" alla metafora: per esempio, “contento” è su (“Oggi mi sento su di morale"). Queste metafore, però, soffrono maggiormente il contesto culturale in cui vengono utilizzate. La metafora SU/GIÙ fu studiata da William Nagy. Per esempio, contento è su, triste è giù. La testa abbassata è generalmente associata ad emozioni negative, mentre alzata è sinonimo di emozioni positive ("Mi sento su/giù di morale"). Conscio è su, mentre inconscio è giù. Gli esseri umani sono in piedi quando sono svegli, e dormono sdraiati (“alzarsi dal letto/cascare dal sonno"). Salute e vita sono su, mentre malattia e morte sono giù; le malattie ci costringono a stare sdraiati ("è caduto in malattia"). Avere controllo è su, mentre essere dominati è giù. In genere, in una lotta il vincitore sta sopra al vinto (“ho il controllo su di loro/loro sono sotto il mio potere"). Più è su, meno è giù; ciò è legato alla quantità di qualcosa: più ce n'è, più il livello sale (“le entrate stanno salendo/sono crollate"). Condizione sociale elevata è su, mentre condizione sociale bassa è giù; ciò è legato al concetto di potere e dominazione (il concetto di “arrampicata sociale"). Buono è su, cattivo è giù; ciò che è buono per una persona sta sempre su (“fare un lavoro 2) l'oggetto usato per l'utente (“il panino al prosciutto ha lasciato una mancia scarsa"); 3) l'istituzione per le persone responsabili (“io non approvo le azioni del governo"). Queste metafore ci permettono di concettualizzare qualcosa per mezzo della sua relazione con qualcos'altro. Quando pensiamo ad un Picasso non ci stiamo riferendo solo alla singola opera, ma anche al ruolo e all'importanza che l'artista ha avuto nella storia dell'arte. All'opposto, una frase del tipo “il panino al prosciutto deve ancora pagare” è disumanizzante, in quanto chi la pronuncia vede la persona non come essere umano, ma solo come cliente. Il simbolismo culturale e religioso è un caso particolare di metonimia, perché ci permette di comprendere meglio i concetti religiosi e culturali. La Colomba per lo Spirito Santo è un simbolismo fortissimo, in quanto tale uccello è percepito come mite, amichevole e portatore di pace, ed è tipicamente visto come qualcosa che scende dal cielo tra gli umani. È per questo motivo che, invece, tale concetto religioso non sia associato per esempio ad un tacchino. 9. CRITICHE ALLA COERENZA METAFORICA 9.1 Un'apparente contraddizione metaforica Charles Fillmore ha osservato due modi diversi di organizzare iltempo, apparentemente contradditori nell'’organizzazione metaforica: 1) il futuro è davanti, mentre il passato è dietro ("nelle settimane che abbiamo davanti/ormai è alle nostre spalle"); 2) il futuro è dietro, mentre il passato è davanti (“nelle settimane seguenti/nelle settimane precedenti"). Bisogna, però, considerare alcuni fattori circa l'organizzazione davanti/dietro, visto che alcune cose, come macchine o persone, ne hanno una, mentre altre, come gli alberi e soprattutto il tempo no. Non è un'organizzazione universale: per esempio, nel caso della frase “la palla è davanti al masso”, la frase sarebbe corretta per noi, ma non per qualcuno che sta invece dalla parte opposta rispetto a noi, che direbbe invece “/a palla è dietro al masso”. Il tempo è anche spesso strutturato come un oggetto che si muove, in cui il futuro è rivolto e si muove verso di noi (“il tempo dell'azione è arrivato”). Se i tempi futuri sono rivolti verso di noi, quelli che li seguono sono ancora più in là: per questo, le settimane seguenti sono le stesse settimane davanti a noi. NON c'è quindi contraddizione: semplicemente, quella relativa altempo è una struttura metaforica così complessa, che riesce quasi difficile riconoscerla. 9.2 Coerenza vs Consistenza Un altro modo con cui concettualizziamo il passare del tempo è che il tempo sta fermo e noi ci muoviamo attraverso di esso ("ci stiamo avvicinando alla fine dell'anno"). Ci sono quindi due sottocasi della stessa metafora, non consistenti, ma si combinano e sono coerenti tra loro: 1) il tempo è un oggetto che si muove verso di noi; 2) il tempo è fermo e noi ci muoviamo dentro esso verso il futuro. Le metafore possono essere coerenti o consistenti: 1) metafore coerenti => metafore di una stessa categoria generale, ma che forniscono immagini differenti (si veda l'esempio “l’amore è un viaggio”. Essa può dare origine, per esempio, all'immagine “/a nostra relazione sta affondando”, oppure, per esempio, anche all'immagine “siamo ad un binario morto". Entrambe queste immagini sono coerenti in quanto entrambe sono metafore di viaggio, ma forniscono differenti immagini, in quanto si riferiscono a due tipologie di viaggio diverse); 2) metafore consistenti => metafore che danno origine a un'UNICA immagine. 10. ULTERIORI ESEMPI Rispetto alla vita e alla morte, le idee sono organismi (sia nel senso di persone che di piante) Idee come persone => “la teoria della relatività ha fatto nascere molte nuove idee in fisica" Idee come piante => “finalmente le sue idee hanno dato i propri frutti” Idee come prodotti => “state davvero sfornando nuove idee” Idee come merci => "è importante il modo in cui confezionate le vostre idee" 11. LA NATURA PARZIALE DELLA STRUTTURAZIONE METAFORICA La strutturazione metaforica è necessariamente parziale. Prendendo in esame la metafora “le teorie sono costruzioni”, le parti del concetto costruzione più utilizzate sono le fondamenta e l'involucro esterno, mentre il pavimento, le stanze e i corridoi non vengono associati al concetto di teoria. La metafora ha quindi delle parti inutilizzate, che non fanno parte del linguaggio letterale, ma di quello fantasioso o figurato. Quindi, sia le espressioni letterali sia quelle figurate possono considerarsi esempi della stessa metafora. Esistono tre sottospecie della metafora fantasiosa: 1) estensioni della parte usata di una metafora (“questi fatti sono i mattoni della mia teoria”); 2) esempi della parte non utilizzata di una metafora letterale (“la sua teoria ha lunghi e tortuosi corridoi”); 3) esempi di nuovi modi di pensare a qualcosa (“le teorie classiche sono patriarchi che generano molti figli"), completamente fuori dal nostro sistema concettuale. I concetti metaforici espressi in esempi come “il tempo è denaro", "le teorie sono costruzioni",..., sono figurativi, e non letterali, poiché solo una parte è utilizzata per strutturare i concetti. Esiste anche una serie di metafore marginali rispetto al nostro linguaggio: si veda per esempio il concepire la montagna come una persona nell'espressione ai piedi della montagna. Queste metafore vanno distinte, poiché non sono casi sistematici, ovvero non sono utilizzate convenzionalmente nel nostro linguaggio. 12. COM'È FONDATO IL NOSTRO SISTEMA CONCETTUALE? Se il nostro sistema concettuale si basa sulle metafore, è possibile apprendere concetti in maniera diretta? Quelli probabilmente appresi in maniera più diretta sono i concetti spaziali come SU/GIÙ: abbiamo un corpo e siamo in posizione eretta. Ogni volta che ci muoviamo, effettuiamo un programma motorio che in qualche maniera coinvolge il nostro orientamento su/giù. Conseguentemente, essendo concetti rilevanti per il nostro funzionamento corporeo, emerge la loro priorità su altre forme di strutturazione dello spazio (cioè, su/giù è visto come prioritario su davanti/dietro, dentro/fuori ). Il concetto di SU viene quindi appreso tramite l'esperienza che il nostro corpo fa col campo gravitazionale. Ma NON sarebbe lo stesso per un oggetto sferico che vive fuori da ogni gravità, per il quale il significato di tale concetto non dipende solo dalla sua fisiologia, ma anche dal suo presupposto culturale. Tutta la nostra esperienza è completamente culturale, ma possiamo distinguere esperienze fisiche (come il tenersi eretti) ed esperienze culturali (come il partecipare ad una cerimonia di nozze). Le metafore di orientamento e quelle ontologiche sono basate su correlazioni sistematiche interne alla nostra esperienza (per esempio, la metafora “il campo visivo è un contenitore” è basata sulla correlazione fra ciò che vediamo e uno spazio fisico delimitato). Per quanto riguarda le basi della metafora, sì noti anche che noi concettualizziamo il non fisico in termini del fisico, cioè concettualizziamo ciò che è delineato meno chiaramente in termini di un qualcosa che è più chiaramente delineato. Si vedano gli esempi “Giorgio è in cucina”, “Giorgio è in Marina", "Giorgio è in uno stato di euforia"; vi è un concetto emergente (in) e due metafore emergenti che definiscono parzialmente i gruppi sociali e gli stati emotivi. Quindi, si possono avere esperienze ugualmente fondamentali, ma concettualizzazioni delle stesse che possono non essere ugualmente fondamentali. 13. LE BASI DELLE METAFORE STRUTTURALI Le metafore basate su concetti fisici semplici sono fondamentali nel nostro sistema concettuale, poiché senza di esse non potremmo muoverci nel mondo. Tuttavia, non sono molto ricche e non ci dicono un granché sull'oggetto in questione. Rilevanti, a tal proposito, sono le metafore strutturali, che costituiscono la fonte più ricca, in quanto, al di là del semplice orientare i concetti, quantificarli e riferirsi ad essi, consentono di utilizzare un concetto altamente strutturato e delineato per strutturarne un altro. Come a quelle di orientamento ed ontologiche, anche le metafore strutturali sono basate su correlazioni sistematiche interne alla nostra esperienza. Facciamo riferimento alla metafora “La discussione è una guerra": le discussioni, per esempio, possono usare tattiche di intimidazione (“perché io sono più grande di te"), minaccia ("perché se tu non lo fai, allora i .."), evasività ("perché ti amo"). Vi sono, però, settori (legale, accademico, diplomatico, ecclesiastico) in cui queste tattiche sono disapprovate, e che propongono una forma più elevata di discussione “razionale”. Ma anche in tali casi ideali, la nostra concezione di guerra e il modo in cui la portiamo a termine sono basate sulla nostra esperienza del combattimento fisico. Dunque, tutte le discussioni contengono in forma nascosta quelle tattiche “irrazionali” e “scorrette” che una discussione ideale dovrebbe evitare. Si vedano questi esempi: 1) “è possibile assumere che...” (intimidazione); 2) “non sarebbe scientifico fallire nel..." (minaccia); 3) “il lavoro manca del necessario rigore per...” (insulto). “conversazione” è ulteriormente strutturata tramite corrispondenze con elementi della gestalt per “guerra”. La comprensione delle gestalt multidimensionali è la chiave per comprendere la coerenza nelle nostre esperienze. Percepiamo la coerenza in esperienze di tipo diverso quando possiamo caratterizzarle in termini di gestalt dotate di queste dimensioni. 15.2 Cosa significa per un concetto corrispondere ad un'esperienza? Trovarsi in una conversazione è un'esperienza strutturata: non appena ci ritroviamo in questa, stiamo già classificando la situazione in termini delle dimensioni della gestalt (chi sta parlando, a chi tocca, e così via...). Proprio perché sovrapponiamo la gestalt della conversazione, riusciamo a percepire le azioni di parlare e ascoltare come un tipo particolare di esperienza, in questo caso una conversazione. Invece, quando esse corrispondono alla gestalt della guerra, percepiamo l'esperienza come una guerra. Bisogna quindi distinguere tra: 1) l'esperienza così come la strutturiamo; 2) e i concetti che impieghiamo per strutturarla (cioè, le gestalt multidimensionali). Il concetto specifica certe dimensioni naturali, e il modo in cui sono correlate (per esempio, esiste una correlazione tra il concetto di conversazione e la reale attività del conversare). In questo modo, selezioniamo gli aspetti più importanti di un'esperienza e, successivamente, possiamo categorizzarla, comprenderla e ricordarla. 15.3 Strutturazione metaforica vs sottocategorizzazione | criteri per definire la sottocategorizzazione sono: 1) stesso genere di attività; 2) sufficienti tratti strutturali in comune. Mentre, per la metafora, i criteri sono: 1) differenza nel tipo di attività; 2) strutturazione parziale. Tuttavia, una suddivisione netta tra metafora e sottocategorizzazione non è sempre possibile. Consideriamo ad esempio “/a discussione è una guerra”: è una sottocategorizzazione o una metafora? Non è semplice definire se lottare e discutere appartengano allo stesso tipo di attività. Entrambe richiedono di colpire e infliggere dolore, sia esso fisico o psicologico. In questo caso, si potrebbe vedere come sottocategorizzazione. Ma se interpretiamo il dolore come puramente fisico, allora “la discussione è una guerra” è da interpretarsi in senso metaforico. Sottocategorizzazione e metafora sono i due estremi di un continuum. Una relazione tra due concetti A e B è da considerarsi sottocategorizzazione quando appartengono allo stesso tipo di cose o attività; diversamente è da considerarsi metafora. Ma quando non è chiaro, come in questo caso, la relazione si colloca in un qualche punto intermedio di questo continuum. | casi meno chiari richiederanno lo stesso tipo di strutture degli altri casi più delineati. In un caso poco chiaro di A e B, sia A che B sono gestalt che strutturano alcuni tipi di attività, e l'unico problema sarà se le strutture siano dello stesso tipo. La coerenza è più di una strutturazione in termini di gestalt multidimensionali. Quando un concetto è strutturato da più di una metafora, normalmente le strutturazioni metaforiche si combinano tra loro. 16. LA COERENZA METAFORICA 16.1 Aspetti specializzati di un concetto Il concetto “discussione” ha aspetti specializzati in altri ambiti: per esempio, il concetto di “discussione razionale” che la distingue dalla “discussione irrazionale”. Oppure ancora, nella stessa discussione razionale possono esserci ulteriori specificazioni: la discussione in forma scritta, con un solo partecipante, i cui avversari sono assenti o ipotetici,... Infine, c'è anche una differenza tra processo (l'atto di argomentare) e prodotto (ciò che viene detto nell’argomentazione). Va posta particolare attenzione ad alcuni punti che nelle discussioni quotidiane non sono così importanti: 1) contenuto => sufficienti elementi a sostegno della tesi; 2) progresso => sviluppare il discorso linearmente per muoversi verso una conclusione; 3) struttura => connessione logica tra le varie parti; 4) forza => capacità di una tesi di resistere alle critiche; 5) importanza => alcuni punti sono più importanti da difendere rispetto ad altri; 6) evidenza => dettagliare alcuni punti che altrimenti resterebbero indiscussi; 7) linearità => come ci si muove dalle premesse alle conclusioni; 8) chiarezza => sufficiente comprensione da parte di chi legge. Tali punti NON sono focalizzati dal concetto “la discussione è una guerra", mentre sono molto importanti nella discussione “razionale”. Di conseguenza, si possono mettere a fuoco tali aspetti: 1) “l'argomentazione è un VIAGGIO” ("partiamo dalla premessa che...", “procediamo passo per passo"); 2) “l'argomentazione è un CONTENITORE" ("i tuoi argomenti sono vuoti”); 3) “argomentazione è una COSTRUZIONE" ("devi sostenere l'argomentazione con fatti solidi”). Nessuna di queste tre metafore (se prese isolate) ci dà una comprensione estesa, ma nel loro insieme ci restituiscono una comprensione di cosa è una discussione razionale. 16.2 Coerenza all'interno di una singola metafora La metafora “l'argomentazione è un viaggio" si lega al fatto che ci deve essere un inizio, uno sviluppo e una conclusione, con relativo progresso tra tali fasi. Sappiamo che un viaggio definisce un percorso ("stai seguendo il mio argomento?”, “non seguo più la tua argomentazione”). Il percorso può anche essere inteso come superficie, e quindi il percorso di un'argomentazione può essere una superficie (‘abbiamo coperto questi punti"). Tutti questi casi rientrano nella metafora “l'argomentazione è un viaggio”, rendendone coerenti tutti gli esempi. 16.3 Coerenza tra due aspetti di un unico concetto “"L'argomentazione è un viaggio” è la metafora che usiamo quando vogliamo parlare dello scopo, della direzione e del procedere di una discussione. Quando invece vogliamo parlare del contenuto di una discussione usiamo la metafora "l’argomentazione è un contenitore". La sovrapposizione di queste due metafore è la progressiva creazione di una superficie: come l’argomentazione copre più terreno (viaggio), acquisisce più contenuto (contenitore). Le due metafore sono coerenti in quanto possono combinarsi assieme, ma NON sono completamente consistenti, in quanto non esiste un'unica immagine che si combina completamente con entrambe le metafore. In conclusione: 1) le implicazioni metaforiche connettono tutti gli esempi di una o due strutturazioni metaforiche di un concetto; 2) un'implicazione metaforica comune può stabilire una corrispondenza attraverso metafore differenti; 3) le varie strutturazioni metaforiche di un concetto illuminano differenti aspetti di un concetto; 4) una completa consistenza attraverso metafore diverse è rara. È invece tipica la coerenza. 17. COERENZE COMPLESSE ATTRAVERSO METAFORE Gli stessi tipi di coerenza che caratterizzano esempi semplici, capitano anche in casi complessi. Vi sono due casi per tale complessità: 1) numerose metafore strutturano parzialmente un unico concetto; 2) quando discutiamo un concetto, utilizziamo altri concetti metaforici e ciò produce ulteriori sovrapposizioni. Ad esempio, la metafora “capire è vedere” si sovrappone a varie metafore: 1) metafora del viaggio; 2) metafora della costruzione (dove ciò che è visto è la struttura del contenitore: per esempio se guardiamo alla struttura dell'argomentazione); 3) metafora del contenitore (dove ciò che è visto è il contenuto). Invece, la metafora “più e meglio” si sovrappone a tutte le metafore dell'argomentazione, e ci permette di vedere la qualità in termini di quantità. 18. ALCUNE CONSEGUENZE PER LE TEORIE DELLA STRUTTURA CONCETTUALE Quando si sono occupati di concetti metaforici, i linguisti hanno utilizzato due strategie: l'astrazione e l'omonimia. L'astrazione si oppone al punto di vista della gestalt, sostenendo che vi sia un unico concetto astratto e neutrale di una parola (per esempio, puntello). Questa teoria non può spiegare i fatti che riguardano i tipi metaforici (di orientamento, fisici, strutturali) e le proprietà (sistematicità, coerenza,...). 2) la nostra interazione col mondo fisico; 3) la nostra interazione con altre persone nella nostra cultura. Questi tipi naturali di esperienza sono prodotti della natura umana. Alcuni di essi possono essere universali, mentre altri possono variare da cultura a cultura. Alcuni esempi sono amore, tempo, lavoro, felicità,... Sono connessi con tipi naturali di esperienza e sono strutturati in modo chiaro: forniscono una sufficiente struttura interna per definire esperienze meno concrete. 19.2 Proprietà interazionali Poiché i concetti utilizzati per definire emergono dalle nostre interazioni, il concetto che attraverso esse viene definito metaforicamente è compreso in termini di proprietà interazionali. Per esempio, prendendo il concetto di pistola, gli si possono assegnare dei modificatori come nera oppure, per esempio, falsa. Essi sono diversi: mentre nero aggiunge una proprietà supplementare a pistola, falso genera un concetto nuovo che NON è una sottocategoria, anche se tale nuovo concetto non ci dice cos'è una pistola falsa. Abbiamo, quindi, bisogno di un'analisi dettagliata di come falso cambia il concetto pistola: deve mantenere le proprietà di attività motorie e percettive proprie di una pistola. In poche parole, una pistola falsa non funziona come una pistola vera, e non è stata costruita per essere una pistola. Il modificatore falso preserva alcuni tipi di proprietà, e ne nega altri. Falso preserva: 1) le proprietà percettive (una pistola falsa assomiglia a una vera); 2) le proprietà di attività motoria (la si impegna come una pistola vera); 3) le proprietà finalizzate (serve ad alcuni degli stessi scopi di una pistola vera). Falso nega: 1) le proprietà funzionali (una pistola falsa non spara); 2) la storia della sua funzione (se è stata costruita per essere una pistola vera, allora non può essere falsa e viceversa). Quindi, i concetti di un'esperienza o di un oggetto sono caratterizzati da gestalt multidimensionali, le cui dimensioni emergono naturalmente dalla nostra esperienza del mondo. Quindi, concettualizziamo una pistola in termini di una gestalt multidimensionale. Se consideriamo le proprietà percettive, esse non sono inerenti alle pistole stesse, ma a come interagiamo con esse. Il concetto pistola è quindi in parte definito da proprietà interazionali, che hanno a che fare con la percezione, l’attività motoria, scopi, funzione, ecc... 19.3 Categorizzazione La posizione oggettivista è inadeguata a spiegare i processi di comprensione, poiché secondo tale posizione una categoria è definita in termini d'insieme, e ogni cosa nell'universo è interna o esterna alla categoria. Questa visione, però, non evidenzia i seguenti punti: 1) secondo Rosch, noi categorizziamo le cose in termini prototipici (per esempio, una sedia prototipica ha uno schienale, quattro gambe,...), e le cose non prototipiche sulla base della loro relazione con la cosa prototipica (per esempio, la sedia da barbiere); 2) identifichiamo diversi tipi di sedie, non perché hanno sufficienti proprietà in comune col termine prototipico, ma perché sono sufficientemente somiglianti con esso; 3) le proprietà interazionali sono dominanti nella determinazione di una sufficiente somiglianza; 4) le categorie possono venire estese in vari modi e secondo diversi scopi, tramite diversi modificatori (hedges), che estrapolano il prototipo e definiscono diverse relazioni: a) per eccellenza => membri prototipici; b) a rigor di termini => casi non prototipici, ma classificati nella categoria; c) liberamente parlando => casi che condividono abbastanza proprietà per far sì che in determinati contesti siano considerati parte della categoria; d) tecnicamente => categoria circoscritta relativamente ad alcuni scopi tecnici, ecc; 5) le categorie sono illimitate, come anche gli hedges dimostrano, ma NON sono casuali. | concetti non sono definiti solo in base alle proprietà intrinseche, ma soprattutto in base a quelle interazionali. 20. COME LA METAFORA PUÒ DARE SIGNIFICATO ALLA FORMA Noi parliamo in ordine lineare; in una frase diciamo alcune parole prima di altre. Sappiamo quale parola occupa la prima posizione in una frase, oppure sappiamo se due parole sono vicine o lontane l'un l'altra, poiché concettualizziamo la forma linguistica in termini di spazio. Come ha dimostrato Dwight Bolinger, un'esatta parafrasi non è possibile, perché il cambio di forme implica un cambio di significato. Possiamo dare una spiegazione a questo fenomeno: 1) noi spazializziamo la forma linguistica; 2) le metafore spaziali si applicano alla lingua in quanto spazializzata; 3) le forme linguistiche sono esse stesse dotate di contenuto grazie alle metafore di spazializzazione. 20.1 Più forma vuol dire più contenuto Per esempio, la metafora del canale fornisce una relazione spaziale tra forma e contenuto: le espressioni linguistiche sono contenitori e i loro significati ne sono il contenuto. Conseguentemente, se il contenitore (ovvero, la forma) è più grande, anche il suo contenuto (ovvero, il significato) è più grande. Ci si aspetta che la spazializzazione metaforica del linguaggio sia presente in tutte le lingue: per esempio, si usa l'espressione “è molto molto molto alto” per indicare l'altezza di una persona che è molto più alta di quanto l'espressione “è molto alto” riesca ad esprimere. In tal caso, si assiste a una duplicazione; la duplicazione indica i casi in cui più forma vuol dire più contenuto. In particolare, la duplicazione: 1) applicata ai nomi, trasforma il singolare in plurale o collettivo; 2) applicata ai verbi, indica continuazione o completamento; 3) applicata agli aggettivi, indica intensificazione o aumento; 4) applicata ad un termine usato per qualcosa di piccolo, indica diminuzione. 20.2 La vicinanza è potenza di effetto La metafora “la vicinanza è potenza di effetto" ha effetto semantico (si veda, per esempio, “chi sono gli uomini più vicini a Kant?"). Può anche essere applicata alla forma sintattica di una frase: ad esempio, nella frase “/ohn non partirà fino a domani”, la negazione ha come effetto quello di negare il predicato partire. Tuttavia, in inglese c'è una regola definita negative transportation: si veda, per esempio la frase “Maria non pensa che John partirà domani”, nella quale la negazione nega il termine partire e non pensare. Tale frase ha lo stesso significato di “Maria pensa che John non partirà domani”. Nel primo caso la negazione è più lontana, e risulta quindi più debole, diversamente dal secondo caso, dove è più vicina. La stessa cosa si può dire della causalità: nelle frasi “Sam ha ucciso Harry" e "Sam ha causato la morte di Harry", il rapporto di causalità è più diretto nella prima frase che non nella seconda. Si può dire, quindi, che le differenze di significato sono descritte dalla metafora “la vicinanza è potenza di effetto”, dove la vicinanza riguarda la forma, e la potenza d'effetto riguarda il significato. 20.3 L'orientam ento I0-PER-PRIMO Cooper e Ross hanno osservato che l'immagine che la nostra cultura ha di un suo membro prototipico determina un orientamento di concetti all'interno del nostro sistema culturale, a seconda di quanto siano simili alle proprietà del prototipo. Le metafore di orientamento si basano sul fatto che siamo in posizione eretta, quindi guardiamo di fronte a noi, compiamo azioni, ecc... Ciò fornisce la base della nostra esperienza per sentirci più su che giù, più avanti che dietro, ecc... Cooper e Ross hanno quindi definito l'orientamento io-per-primo: su, davanti, attivo e buono sono orientamenti verso la persona prototipica, al contrario di giù, dietro, passivo e cattivo. La parola il cui significato è più vicino alle proprietà della persona prototipica viene prima: questo principio è una conseguenza del nostro sistema concettuale, e stabilisce una correlazione tra forma e contenuto. Dal momento che parliamo in modo lineare, dobbiamo continuamente scegliere quali parole dire per prime: di conseguenza, quelle con il significato più vicino le mettiamo in prima posizione. 20.4 Coerenza metaforica nella grammatica: uno strumento è un compagno È comune, per un bambino che gioca, comportarsi col suo giocattolo come se fosse un compagno, tanto che il bambino gli parla, se lo tiene vicino al cuscino la notte,... Un simile comportamento è riscontrabile anche negli adulti, che trattano certi strumenti significativi (come automobili, ecc...) come se fossero compagni, dando loro nomi, parlando ad essi, ecc... A tal proposito è rilevante la metafora “uno strumento è un compagno" che si può riflettere in questi esempi: 1) lo e la mia vecchia Chevrolet abbiamo visto gran parte del paese insieme; 2) Domenico sta facendo una tournée con il suo preziosissimo Stradivarius. di una metafora. Se una nuova metafora entra nel nostro sistema concettuale, essa modifica tale sistema e le azioni che da esso hanno origine. L'idea che le metafore possano creare realtà va contro la classica teoria della metafora, secondo cui le metafore riguarderebbero solo il linguaggio. Questa posizione deriva dalla convinzione che ciò che è reale è esterno ed indipendente da come le persone concettualizzano il mondo. Gli autori (Lakoff e Johnson), invece, sostengono che la metafora è un mezzo per strutturare il nostro sistema concettuale e i tipi di attività che noi compiamo. 22. LA CREAZIONE DELLA SIMILARITÀ Le metafore convenzionali di orientamento, ontologiche e strutturali sono basate su correlazioni all'interno della nostra esperienza. Queste correlazioni possono essere di due tipi: 1) correlazioni basate sull'esperienza (per esempio, la metafora “più e su”); 2) similarità basate sull'esperienza (per esempio, “la vita è un gioco d'azzardo”). Le metafore convenzionali strutturali possono essere basate su similarità che derivano da metafore di orientamento ed ontologiche. Le nuove metafore (per esempio, “l’amore è un'opera d'arte fatta in collaborazione") selezionano una certa gamma di esperienze (per esempio, esperienze d'amore) e definiscono una similarità strutturale fra l'intera gamma di esperienze messe in luce e qualche altra gamma di esperienza (per esempio, la gamma delle esperienze richieste dalla produzione di un'opera d'arte in collaborazione). Le similarità possono essere similarità rispetto alla metafora: ad esempio, la metafora “l'amore è un'opera d'arte fatta in collaborazione" definisce un unico tipo di similarità. L'idea che le metafore possano creare similarità va contro la classica “teoria della comparazione”, secondo la quale le metafore possono descrivere soltanto realtà preesistenti, e secondo cui le metafore sono un fatto puramente linguistico (e così non esisterebbero azioni o pensieri metaforici). Secondo Lakoff e Johnson: 1) la metafora è in primo luogo una questione di pensiero e azione, e non solo una questione linguistica; 2) le metafore basate su metafore convenzionali sono reali nella nostra cultura, poiché le metafore convenzionali definiscono ciò che noi consideriamo reale; 3) la metafora può essere basata su similarità isolate, ma sono più rilevanti le similarità create dalla metafora; 4) la metafora fornisce essenzialmente una comprensione di un tipo di esperienza in termini di un altro, cioè le nostre esperienze possono essere di natura metaforica. La comprensione fornita dalla metafora può implicare similarità già esistenti, crearne di nuove, ecc... Le similarità esistono e possono essere oggetto di esperienza solo relativamente al sistema concettuale. Quindi, l'unico tipo di similarità rilevanti per la metafora sono quelle basate sull'esperienza, e non quelle oggettive. 23. METAFORA, VERITÀ E AZIONE Le nuove metafore hanno il potere di definire la realtà, tramite una rete coerente di implicazioni che mettono in luce alcuni aspetti di essa rispetto ad altri. Accettare una metafora che ci costringe a focalizzare solo gli aspetti della nostra esperienza che tale metafora mette in luce, ci porta a considerare le implicazioni della metafora come vere. Queste verità sono vere se vediamo la realtà come definita dalla metafora. Ad esempio, se non vediamo la “crisi energetica come una guerra", non possiamo porci il problema della sua oggettiva verità o falsità. Tuttavia, le domande più importanti NON sono quelle sulla verità, ma quelle che riguardano un'azione appropriata. Questo, perché nella maggior parte dei casi il problema sono le azioni sancite dalla metafora: noi stabiliamo obiettivi, prendiamo impegni, eseguiamo piani,..., sulla base del modo in cui strutturiamo la nostra esperienza attraverso la metafora. 24. LA VERITÀ 24.1 Perché preoccuparsi di una teoria della verità? L'idea di VERITÀ non deve essere legata alla posizione oggettivista. L'idea che esista una verità oggettiva e assoluta non è solo sbagliata, ma anche pericolosa: la verità è sempre legata ad un sistema concettuale definito in larga parte dalle metafore. Dato che la maggior parte delle nostre metafore ci sono state imposte da chi detiene il potere (capi politici, religiosi, economici, pubblicitari, ecc...), in una cultura dell'oggettivismo sfrenato e della verità assoluta tali figure definirebbero ciò che è assolutamente e oggettivamente vero. Bisogna quindi dare una descrizione della verità libera dall'oggettivismo e basata sulla comprensione. In breve, la verità è basata sulla comprensione, e la metafora è il principale mezzo di comprensione. Capire come le metafore possano essere vere, rivelerà il modo in cui la verità dipende dalla comprensione. 24.2 L'importanza della verità nella nostra vita quotidiana La verità è importante, perché ci permette di sopravvivere nel mondo: alcune sono così ovvie, che dobbiamo sforzarci per diventare consapevoli di esse: dov'è la porta di casa, cosa si può mangiare e cosa no, qual è il distributore di benzina più vicino, quali negozi vendono ciò che ci serve,... Da ciò si evince l'enorme estensione dell'insieme di verità che rivestono un ruolo nella nostra vita. 24.3 Il ruolo della proiezione nella verità Abbiamo bisogno di una sufficiente comprensione del mondo per acquisire ed usare tali verità. Parte di questa comprensione è organizzata in termini di categorie che emergono dalla nostra esperienza diretta (orientamento, oggetto, sostanza, causa,..... Quando le categorie che emergono direttamente dalla nostra esperienza NON possono venire applicate, le proiettiamo su aspetti del mondo fisico con i quali abbiamo meno esperienza (ad esempio, proiettiamo un orientamento contestuale davanti/dietro su oggetti che non hanno di per sé un davanti e un dietro: data una roccia di medie dimensioni nel nostro campo visivo, e una palla fra noi e la roccia, percepiremo la palla come davanti alla roccia, ma gli hausa [etnia africana] farebbero una proiezione diversa, e direbbero che la palla sarebbe dietro alla roccia). La stessa cosa vale per gli oggetti come contenitori (per esempio, qualcosa è dentro o fuori la foresta), e per l'orientamento su/giù (per esempio, “il libro sullo scaffale". Però, per quanto riguarda il soffitto, diciamo più spesso “sul soffitto" anziché “sotto al soffitto”). La verità è quindi relativa al modo in cui comprendiamo il mondo, proiettandovi sopra l'orientamento e la struttura di un'entità. 24.4 Il ruolo della categorizzazione nella verità Per comprendere il mondo, e muoverci al suo interno, abbiamo bisogno di categorizzare le cose e le esperienze in cui ci imbattiamo. Alcune categorie emergono direttamente dall'esperienza. Vi sono delle dimensioni naturali nelle categorie che usiamo per gli oggetti, che sono quindi gestalt dotate di queste dimensioni: 1) percettive (apparato sensorio); 2) motorie (interazioni motorie); 3) funzionali (funzionamento dell'oggetto); 4) applicative (uso dell'oggetto). Ognuna di queste va a specificare delle proprietà interazionali. Esistono anche delle dimensioni naturali sulla cui base categorizziamo eventi, attività, e così via... La categorizzazione è un modo naturale per identificare un oggetto o un'esperienza, mettendo in luce alcune proprietà (che corrispondono ad ogni dimensione), a discapito di altre. In genere, le asserzioni vere che facciamo sono basate su come categorizziamo le cose, quindi da ciò che viene messo in luce, tralasciando ciò che viene trascurato o nascosto. Inoltre, dato che le dimensioni naturali derivano dalle nostre interazioni, le proprietà derivate da esse NON sono proprie degli oggetti, ma interazionali, basate sugli apparati umani. Bisogna scegliere le categorie in base agli scopi e alla percezione in una data situazione. Supponendo che, per una cena, ci venga chiesto di portare quattro sedie, quattro sedie di legno andrebbero anche bene, e la frase “ho portato quattro sedie” risulterebbe vera; ma se la cena fosse stata una cena formale, con gli stessi oggetti la frase sarebbe stata ingannevole o falsa, in quanto non adatti ad una tale situazione. Ciò dimostra che le categorie non sono strettamente fissate agli stessi oggetti, ma predicano proprietà interazionali in relazione solo al funzionamento umano. La verità dipende dalle categorizzazioni in quattro modi: 1) un'asserzione può essere vera solo in relazione ad una sua interpretazione; 2) la comprensione implica sempre una categorizzazione umana, che è una funzione di proprietà interazionali e di dimensioni derivate dall'esperienza; 3) la verità di un'asserzione è sempre relativa alle proprietà messe in rilievo dalle categorie utilizzate; 4) le categorie non sono fisse, né uniformi, ma sono definite dai prototipi e dalle somiglianze di famiglia tra prototipi, e sono modificabili a seconda del fine. La verità dipende, quindi, dall'adeguatezza della categoria da essa utilizzata, e questa a sua volta varia con gli scopi umani e altri aspetti del contesto. 24.8 Comprendere una situazione: sommario La nostra descrizione della verità è basata sulla comprensione. Centrale in questa teoria è l’analisi di cosa significhi comprendere una situazione. 24.8.1 Comprensione diretta e immediata Vi sono molte cose che noi comprendiamo direttamente dal nostro diretto coinvolgimento fisico: 1) struttura di entità => noi comprendiamo noi stessi come entità delimitate e facciamo direttamente esperienza di certi oggetti con cui entriamo direttamente in contatto, in quanto entità delimitate; 2) struttura di orientamento => noi comprendiamo noi stessi e gli oggetti come dotati di certi orientamenti, relativi all'ambiente in cui ci muoviamo; 3) dimensioni di esperienza => vi sono alcune dimensioni dell'esperienza, significative nelle nostre interazioni dirette con gli altri, e con il nostro immediato ambiente fisico e culturale. Sulla base di queste categorie, noi categorizziamo le entità che incontriamo direttamente e le esperienze dirette che abbiamo; 4) gestalt basate sull'esperienza => le nostre categorie di oggetto e sostanza sono gestalt che devono possedere almeno queste dimensioni: percettiva, di attività motoria, stadi, sequenze lineari, propositi,...; 5) background => una gestalt basata sull'esperienza serve normalmente come background per comprendere qualcosa che noi viviamo; 6) mettere in luce => ossia, evidenziare quegli elementi adeguati alle dimensioni della gestalt; 7) proprietà interazionali => proprietà appartenenti a un oggetto o a un evento; sono il prodotto delle nostre interazioni; 8) prototipi => ogni categoria è strutturata in termini di un prototipo. 24.8.2 Comprensione indiretta Sebbene molte cose (concetti astratti, emozioni, tempo,...) possano essere direttamente vissute, nessuna di esse può essere interamente compresa in se stessa. Nella comprensione indiretta vengono comunque utilizzate le risorse della comprensione diretta (vedi sopra). Tutte le risorse usate nella comprensione diretta e immediata sono utilizzate nella comprensione indiretta attraverso la metafora. 24.8.3 La verità è basata sulla comprensione Questi otto aspetti validi sia per la comprensione diretta che per la comprensione indiretta, sono usati sia che comprendiamo una situazione in termini metaforici che non metaforici. Poiché comprendiamo situazioni in termini del nostro sistema concettuale, possiamo comprendere asserzioni utilizzando quel sistema di concetti come vero, ossia se corrispondono o meno alla situazione come noi la comprendiamo. Lo stesso vale per le metafore, poiché molti dei nostri concetti sono di natura metaforica. 24.9 L'approccio esperienziale alla verità Noi comprendiamo che un'asserzione è vera in una data situazione, quando la nostra comprensione dell'asserzione corrisponde alla nostra comprensione della situazione. Questa è la formulazione della teoria esperienziale della verità, che presenta le seguenti caratteristiche: 1) dal momento che noi comprendiamo situazioni e asserzioni in termini del nostro sistema concettuale, la verità per noi è sempre relativa a quel sistema concettuale. Poiché la comprensione è sempre parziale, non abbiamo accesso all'intera verità, né ad alcuna descrizione definitiva della realtà; 2) per capire una certa cosa dobbiamo collocarla in uno schema coerente, in relazione a un sistema concettuale. Quindi la verità dipenderà parzialmente dalla coerenza (teoria della coerenza); 3) anche la comprensione richiede una base nell'esperienza. Da un punto di vista esperienziale, il nostro sistema concettuale emerge dal nostro continuo agire nel nostro ambiente fisico e culturale (teoria pragmatica); 4) la teoria esperienziale della verità ha alcuni elementi in comune col Realismo classico, anche se il Realismo classico si concentra più sulla realtà fisica che non su quella culturale o personale. Per la teoria esperienziale, i concetti umani corrispondono solo a proprietà interazionali; 5) persone con un sistema concettuale diverso dal nostro possono comprendere il mondo in maniera diversa. Infine, si può dire che la teoria esperienziale della verità non ha nulla di radicalmente nuovo; include alcune intuizioni fenomenologiche (come, per esempio, il rilievo alla centralità del corpo nella strutturazione della nostra esperienza). Inoltre, essa si avvicina alla visione di Wittgenstein: la descrizione della categorizzazione sulla base di somiglianze di famiglia, enfasi sul significato come relativo al contesto e al sistema concettuale,... 24.10 Elementi della comprensione umana nelle teorie della “verità oggettiva” La teoria della verità basata sulla comprensione NON è una teoria della verità “puramente oggettiva”, ma nella filosofia occidentale tradizionalmente la verità assoluta è contemplata, e si tenta di darne una teoria. Alcuni approcci contemporanei a questo problema contengono incorporati aspetti della comprensione umana, molto spesso esclusi da approcci più tradizionali. Il caso più ovvio è quello della teoria dei modelli di Kripke e Montague. Secondo tale teoria, i modelli sono costituiti da un universo di discorso, che è considerato un insieme di entità. Relativamente a tale insieme di entità, possiamo definire stati del mondo, in cui sono specificate tutte le proprietà che le entità hanno e tutte le loro relazioni. Nella frase “c'è nebbia davanti alla montagna" avremmo un'entità che corrisponderebbe a nebbia, un'entità che corrisponderebbe a montagna, collegate dalla relazione davanti. Tuttavia, tali modelli non corrispondono al mondo in se stesso, in quanto nel mondo non vi sono entità ben definite corrispondenti a montagna, nebbia e non vi è un davanti intrinseco alla montagna. Tali strutture sono imposte dalla comprensione umana, per cui non è una descrizione della verità oggettiva e assoluta. La stessa cosa vale per i tentativi di fornire una teoria che tengono conto delle restrizioni imposte dalla definizione di verità di Tarski: “S è vero solo se P..." (dove P è un'asserzione). Il prototipo sarebbe “la neve è bianca” è vera solo se “la neve è bianca”: essa avrebbe senso, poiché l'entità neve ha bianca come proprietà intrinseca. Tuttavia, in “c'è nebbia davanti alla montagna”, essa è vera solo se c'è nebbia davanti alla montagna. Le diverse descrizioni della verità generano diverse descrizioni del significato: per esempio, può dipendere dalla comprensione. Inoltre, il significato è sempre significato per qualcuno. Le teorie standard assumono che sia impossibile dare una descrizione della verità in se stessa, a prescindere dalla comprensione umana. Le metafore sono strumenti per la comprensione che poco hanno a che vedere con la realtà oggettiva, ammesso che esista. Per cui, visto che le metafore sono parte intrinseca del nostro sistema concettuale, della nostra comprensione, emerge che un'adeguata descrizione della verità può essere basata solo sulla comprensione. 25. IL MITO DELL'OGGETTIVISMO E DEL SOGGETTIVISMO 25.1 Le scelte offerte dalla nostra cultura Seguendo la teoria per cui la verità è sempre relativa a un sistema concettuale, emergerebbe la resa dell’oggettivismo e il trionfo del soggettivismo: ciò è basato sull'erronea assunzione culturale che l'alternativa all'oggettivismo sia un soggettivismo radicale (ovvero, se non si è oggettivi, si è per forza soggettivi). Qui, il termine MITO non è usato in senso peggiorativo; come le metafore, anche i miti sono necessari per dare un senso a ciò che succede attorno a noi. Il mito dell'’oggettivismo è particolarmente insidioso: NON pretende di essere un mito, e rende sia i miti che le metafore oggetto di spregio. Inoltre, va integrato non col mito del soggettivismo, ma col mito dell'esperienza. 25.2 Il mito dell'oggettivismo Il mito dell'oggettivismo presenta tali caratteristiche: 1) il mondo è fatto di oggetti dotati di proprietà, indipendentemente da persone o cose che ne hanno esperienza; 2) ricaviamo la nostra conoscenza del mondo attraverso l'esperienza che facciamo con gli oggetti in esso contenuti; 3) comprendiamo gli oggetti in termini di categorie e concetti che corrispondono alle loro proprietà intrinseche; 4) vi è una realtà oggettiva, e su di essa possiamo dire cose che oggettivamente sono vere o false. Ma in quanto esseri umani, siamo soggetti ad errori di qualsiasi tipo (illusioni, emozioni, pregiudizi,...). La scienza ci viene in aiuto con metodologie che aiutano a superare le limitazioni soggettive e comprendere da un punto di vista universalmente valido ed imparziale; 5) le parole hanno significati fissi: per descrivere la realtà abbiamo bisogno di parole chiare e precise che corrispondano alla realtà; 6) le parole possono essere oggettive e parlare oggettivamente solo se usano un linguaggio ben definito, semplice e diretto che corrisponde alla realtà, in modo che si possa comunicare in modo 26. IL MITO DELL'OGGETTIVISMO NELLA FILOSOFIA E NELLA LINGUISTICA OCCIDENTALI 26.1 La nostra critica al mito dell'oggettivismo Il mito dell'oggettivismo ha dominato la cultura occidentale, e in particolare la filosofia occidentale, dai presocratici a oggi. La filosofia occidentale si basa sulla convinzione di poter accedere a verità assolute. Il mito dell’oggettivismo è fiorito sia nella tradizione razionalista che in quella empirica; queste due tradizioni differiscono solo nel modo in cui si arriva alla verità: per i razionalisti, solo la nostra capacità innata ci permette di conoscere le cose come sono realmente; per gli empiristi, la nostra conoscenza è basata sulla percezione (sia diretta che indiretta), ed è costruita sulla base degli elementi ricavati dalla sensazione. Anche la sintesi kantiana ricade nella tradizione oggettivista: ciò è basato sull'affermazione di Kant, secondo cui, relativamente ai tipi di cose con cui gli umani fanno esperienze, possiamo avere una conoscenza e leggi morali universalmente valide. La tradizione oggettivista si è mantenuta fino ad oggi tramite Frege, Husserl, e in linguistica con Chomsky (neorazionalismo). La spiegazione della metafora offerta dal manuale va contro tale tradizione oggettivista. Per Lakoff e Johnson, la metafora è essenziale per la comprensione umana ed è un meccanismo per creare nuovo significato e nuove realtà nelle nostre vite. Il significato di una frase è dato nei termini di una struttura concettuale, la quale è basata sull'esperienza fisica e culturale, come sono le metafore convenzionali. La maggior parte della struttura concettuale di un linguaggio è di natura metaforica. Inoltre, la verità è sempre data relativamente a un sistema concettuale e alle metafore che lo strutturano. La verità, quindi, non è assoluta od oggettiva, ma è basata sulla comprensione. 26.2 Come le teorie standard del significato sono radicate nel mito dell'oggettivismo Il mito dell'oggettivismo, che è la base della tradizione oggettivista, ha conseguenze molto specifiche per una teoria del significato. 26.2.1 Il significato è oggettivo L'oggettivista caratterizza il significato puramente in termini di condizioni di verità o falsità oggettiva. Dal punto di vista oggettivista, le convenzioni del linguaggio assegnano a ogni frase un significato oggettivo che determina oggettive condizioni di verità. In generale, il concetto oggettivista di comprensione è limitato alla comprensione delle condizioni di verità o falsità. 26.2.2 Il significato è autonomo Dal punto di vista oggettivista, il significato oggettivo NON è un significato “per” qualcuno. Si può dire che le espressioni in un linguaggio naturale hanno un significato oggettivo solo se quel significato è indipendente da qualunque cosa facciano gli esseri umani, sia parlando che agendo. Cioè, il significato deve essere autonomo. Frege distingue il senso (SINN), ossia il significato oggettivo e autonomo di un segno, dall'idea, che deriva dalle memorie, dalle impressioni che ognuno vive. Secondo i lavori di Frege, ma anche di Montague, il significato di una frase NON dipende in alcun modo di come le persone lo capirebbero. 26.2.3 Fare corrispondere le parole al mondo senza l'intervento della comprensione umana La tradizione oggettivista vede la semantica come lo studio del modo in cui le espressioni linguistiche possono corrispondere direttamente al mondo senza l'intervento della comprensione umana. Lewis ha tentato di fare una descrizione di come il linguaggio può corrispondere al mondo in modo così generale e arbitrario, tale da poter essere adeguato a qualsiasi fattore psicologico o sociologico riguardante l'uso e la comprensione del linguaggio. 26.2.4 Una teoria del significato è basata su una teoria della verità La possibilità di una descrizione della verità oggettiva, indipendente da ogni comprensione umana, rende possibile una teoria del significato oggettivo. È possibile che una frase in se stessa corrisponda o meno al mondo. Se corrisponde è vera, altrimenti è falsa. Ciò dà direttamente origine a una descrizione oggettivista del significato basato sulla verità. Secondo Lewis, il significato per una frase è qualcosa che determina le condizioni di verità della frase. 26.2.5 Il significato è indipendente dall'uso La spiegazione oggettivista della verità richiede che anche il significato sia oggettivo. Se il significato deve essere oggettivo, deve escludere tutti gli elementi soggettivi, cioè tutto ciò che è peculiare di un particolare contesto, o cultura, o forma di comprensione. 26.2.6 Il significato è componenziale - La teoria dei blocchi Secondo il mito dell'oggettivismo, il mondo è composto di oggetti; essi hanno proprietà intrinseche ben definite, indipendente da qualunque essere ne faccia esperienza, e con relazioni fisse. Ciò dà vita alla teoria dei blocchi da costruzione. Le teorie oggettiviste del significato sono tutte di natura componenziale, ossia teorie a blocchi da costruzione. Se il mondo è fatto di oggetti ben definiti, noi possiamo dar loro nomi in un linguaggio, possiamo avere predicati (a un posto) corrispondenti a ognuna di queste proprietà, e predicati (a più posti) corrispondenti a ogni relazione. Possiamo, così, costruire frasi che corrispondono direttamente a ogni situazione nel mondo. Il significato di un'intera frase dipenderà interamente dal significato delle sue parti e dal modo in cui si combinano insieme. 26.2.7 L'oggettivismo permette la relatività ontologica senza la comprensione umana I positivisti logici (Come Carnap) tentarono di portare a termine un programma oggettivista, cercando di costruire un linguaggio formale (logico) universalmente applicabile. Tuttavia, Quine reagì a tale approccio, e sostenne che ogni linguaggio include la sua propria ontologia, e ciò che costituisce un oggetto, una proprietà o una relazione può variare da linguaggio a linguaggio. Questa posizione è conosciuta come relatività ontologica. Tale tesi sostiene che ogni linguaggio naturale ritaglia ciò che è nel mondo in modi diversi, sempre selezionando oggetti che esistono realmente e proprietà e relazioni che esistono realmente. La versione relativista sostiene che il significato e le condizioni di verità sono date oggettivamente, ma non in termini universali, bensì relativamente a un dato linguaggio. Ad ogni modo, anche tale approccio (come a quello dell’oggettivismo) esclude la comprensione umana, definita irrilevante per il significato e la verità. 26.2.8 Le espressioni linguistiche sono oggetti: la premessa della linguistica oggettivista Poiché le espressioni linguistiche sono oggetti che hanno proprietà “in” e “per” se stesse, stanno in relazioni fisse le une con le altre, indipendentemente da ogni persona che le parla o le comprende, tali espressioni linguistiche hanno parti: le parole sono fatte di radici, prefissi, suffissi, infissi; le frasi sono fatte di parole e locuzioni; i discorsi sono fatti di frasi. Lo studio della struttura a blocchi di costruzione, delle proprietà intrinseche delle parti e delle relazioni fra esse, è stata tradizionalmente chiamata grammatica. La linguistica oggettivista evidenziava l'approccio scientifico alla linguistica. Anche in tal caso vi erano una tradizione empirista e una tradizione razionalista. La tradizione empirista considerava i testi i soli oggetti di studio scientifico. La tradizione razionalista (Jakobson, Chomsky,...) vedeva il linguaggio come dotato di una realtà mentale, e le espressioni linguistiche come oggetti mentalmente reali. 26.2.9 La grammatica è indipendente dal significato e dalla comprensione Secondo il mito dell'oggettivismo, gli oggetti linguistici che esistono sono indipendenti dal modo in cui le persone li comprendono. Da ciò, ne consegue che la grammatica si possa studiare indipendentemente dal significato o dalla comprensione umana. Ciò è stato riassunto dalla linguistica chomskiana, che sostiene che la grammatica è una questione di pura forma. Ogni aspetto della lingua che implica la comprensione umana è, per definizione, esterno allo studio della grammatica. L'uso di Chomsky del termine “competenza” (al posto di “esecuzione”) è un tentativo di definire certi aspetti del linguaggio come i soli legittimi ad essere considerati “linguistica scientifica”, che include le questioni di pura forma, mettendo da parte le altre. ista della comunicazione: una versione della metafora del CANALE 26.2.10 La teoria oggetti Nella filosofia e linguistica oggettivista, i significati e le espressioni linguistiche sono oggetti che esistono autonomamente. Una tale posizione dà origine a una teoria della comunicazione, che corrisponde molto da vicino alla metafora del CANALE. Si vedano questi esempi: 1)i significati sono oggetti; 2) le espressioni linguistiche sono oggetti; 3) le espressioni linguistiche hanno dei significati; 4) nella comunicazione, un parlante invia un significato fisso ad un ascoltatore, tramite un'espressione linguistica associata a quel significato. Eventuali errori sono soggettivi: essendo il significato fisso, o non sono state usate le parole giuste, o si è stati fraintesi. 26.2.11 Come sarebbe una teoria oggettivista della comprensione Gli oggettivisti riconoscono che una persona può comprendere una frase come SIGNIFICANTE di qualcos'altro, diverso dal suo oggettivo significato letterale (normalmente chiamato significato del 27.2.2 La rinuncia oggettivista: “Non è affar nostro” La sola alternativa rimasta all'oggettivista è rinunciare ad ogni tentativo di descrivere le relazioni tra i due sensi di “digerire” (cibo e idee) in termini di similarità, e volgersi a una posizione di omonimia forte: vi è, quindi, UNA sola parola “digerire”, con due significati completamente diversi e non collegati. Tuttavia, la posizione di omonimia forte non può spiegare la sistematicità esterna, la sistematicità interna, l'estensione della parte utilizzata della metafora, le similarità che noi di fatto vediamo fra i due sensi di “digerire”. Gli oggettivisti potrebbero ammettere di non riuscire a spiegare tali similarità, e che ciò non sarebbe affar loro. Le sole metafore riconosciute in quanto tali dagli oggettivisti sarebbero quelle non convenzionali (come “/e vostre idee sono fatte di pastafrolla", o “l'amore è un'opera d'arte fatta in collaborazione"), dal momento che esse riguardano il significato del parlante e non il significato oggettivo della frase. Essi potrebbero persino ammettere che le proprietà interazionali e le gestalt empiriche sono fondamentali per come gli esseri umani comprendono le loro esperienze tramite la metafora, pur ancora ignorando le basi dell'esperienza. Questa risposta oggettivista evidenzia la differenza tra oggettivismo ed esperienzialismo, sulla base della verità assoluta e del significato oggettivo completamente indipendente dall'azione umana. 27.2.3 L'irrilevanza, ai fini umani, della filosofia oggettivista La metafora convenzionale è diffusa ovunque nel linguaggio e nel sistema concettuale umani, e una descrizione adeguata della comprensione richiede proprietà interazionali e gestalt basate sull'esperienza. 27.2.4 Modelli oggettivisti al di fuori della filosofia oggettivista Il mondo reale, a differenza della matematica, non è un universo oggettivista, specialmente in ciò che riguarda l'essere umano: esperienza umana, istituzioni umane, linguaggio umano, sistema concettuale umano. La filosofia oggettivista è empiricamente scorretta, in quanto fa false previsioni riguardo al linguaggio, alla verità, alla comprensione, e al sistema concettuale umano; essa fornisce basi inadeguate per le scienze umane. Tuttavia, molti matematici, logici, linguisti, psicologi hanno creato modelli oggettivisti per le scienze umane. Ciò non vuol dire che essi siano privi di interesse, o che non ci sia spazio per questi modelli nelle scienze umane, ma vuol dire che essi non devono necessariamente appartenere alla filosofia oggettivista. Anzi, si può credere che abbiano una funzione importante nelle scienze umane, senza adottare la premessa oggettivista che corrisponde in modo accurato al mondo come è realmente. Prima di capire quale ruolo resta per i modelli oggettivisti, bisogna considerare alcune proprietà delle metafore ontologiche e strutturali: 1) le metafore ontologiche sono tra gli strumenti più fondamentali per comprendere la nostra esperienza: ogni metafora strutturale ha come sottocomponenti un insieme di metafore ontologiche; 2) ogni metafora strutturale è internamente consistente, e impone una struttura al concetto che sta strutturando (per esempio, “la discussione è una guerra" impone la struttura di guerra al concetto di discussione); 3) talvolta, si possono trovare metafore consistenti le une con le altre (insiemi consistenti di metafore); 4) ogni insieme consistente ci permette di comprendere una situazione in termini di una struttura di entità ben definita con relazioni consistenti tra le entità; 5) il modo in cui un insieme impone una struttura si può rappresentare con un modello oggettivista; in tale modello, le entità sono quelle imposte dalle metafore ontologiche, e le relazioni tra le entità sono quelle date dalle strutture interne delle metafore strutturali. Strutturare una situazione in termini di un insieme è in parte come strutturarla in termini di un modello oggettivista, escludendo le basi empiriche delle metafore, e ciò che le metafore nascondono. La domanda da farsi è, quindi, se effettivamente la gente applica un modello oggettivista alle proprie esperienze. Un caso particolare in cui ciò avviene è nella formulazione delle teorie scientifiche, per esempio in biologia, psicologia, linguistica,... Le teorie scientifiche sono tentativi di estendere consistentemente un insieme di metafore ontologiche e strutturali. Tuttavia, ciò potrebbe avvenire non solo nell’elaborazione di teorie scientifiche, ma anche in un ampio numero di situazioni, nei quali le persone cercano di applicare modelli oggettivisti alle loro esperienze. Un motivo per cui ciò potrebbe accadere è che, se ciò avviene, si possono fare inferenze (cioè, deduzioni) riguardo alla situazione che non sono in conflitto tra loro. Avere una base per le aspettative e per l’azione è fondamentale per sopravvivere, ma un conto è imporre un singolo modello oggettivista in alcune situazioni della vita, un altro è affermare che esso rifletta esattamente la realtà. La ragione per cui i nostri sistemi concettuali hanno metafore inconsistenti per un singolo concetto è che non vi sono metafore che potrebbero farlo: ognuna ne dà un determinato aspetto, e ne nasconde un altro. Sembra necessario un continuo cambio di metafore. Un vantaggio per lo studio dei modelli oggettivisti formali nelle scienze umane è che ci permettono di comprendere, in parte, la capacità di funzionare e ragionare in termini di un insieme consistente di metafore, e che inoltre ogni insieme probabilmente nasconde infiniti aspetti della realtà. Tuttavia, un limite dei modelli formali, è che non danno modo di includere le basi empiriche per la metafora, e quindi non sono in grado di fornire un mezzo per capire come i concetti metaforici consentano una comprensione dell'esperienza. 27.3 Sommario Il programma oggettivista è incapace di darci una descrizione soddisfacente della comprensione umana, e di tutto ciò che ne comporta. Fra questi problemi, vi sono: 1) il sistema concettuale umano; 2) il linguaggio e la comunicazione umani; 3) le scienze umane (psicologia, antropologia, sociologia e linguistica), e così via... 28. ALCUNE INSUFFICIENZE DEL MITO DEL SOGGETTIVISMO Nella cultura occidentale, la principale alternativa all'oggettivismo è stata tradizionalmente considerata il soggettivismo. Tuttavia, il soggettivismo non è l'unica alternativa all’oggettivismo. Vi è anche una terza possibilità, ossia il mito esperienzialista che, essendo basato sull'esperienza, è un'adeguata base per le scienze umane. Consideriamo brevemente alcune posizioni soggettiviste su come le persone comprendono le loro esperienze e il loro linguaggio. Tali posizioni derivano principalmente dalla tradizione romantica, e attualmente sono ancora presenti nei filoni della fenomenologia e dell'esistenzialismo. Queste interpretazioni soggettiviste presentano queste caratteristiche: 1) il significato è privato: il significato è sempre questione di ciò che è significativo e rilevante per una persona; 2) l'esperienza è olistica: non vi è nessuna naturale strutturazione della nostra esperienza; 3) i significati non hanno una struttura naturale: il significato per un individuo è questione dei suoi personali sentimenti, esperienze. Tali posizioni negano che la metafora permetta di comunicare esperienze che non sono comuni, e negano che sia la struttura naturale della nostra esperienza a rendere possibile ciò. 29. L'ALTERNATIVA ESPERIENZIALE: DARE NUOVO SIGNIFICATO Al VECCHI MITI Il fatto che i miti del soggettivismo e dell’oggettivismo abbiano resistito così a lungo nella cultura occidentale vuol dire che entrambi svolgono una qualche importante funzione. Entrambi hanno una base nella nostra esperienza culturale. 29.1 Che cosa l'esperienzialismo preserva delle motivazioni dell'oggettivismo Il mito esperienziale condivide con quello oggettivista l’attenzione sulla verità e sulla conoscenza fattuale, ma anche la preoccupazione per la correttezza e l'imparzialità nei casi in cui ciò può essere conseguito in modo ragionevole. Non condivide, invece, che vi sia una verità assoluta, e che essa serva ad affrontare i problemi della conoscenza, della correttezza e dell'imparzialità. Secondo l'esperienzialismo la verità è sempre relativa alla comprensione, che è basata su un sistema concettuale NON universale. Tuttavia, ciò non impedisce di soddisfare quelle preoccupazioni dell'oggettivismo riguardo la conoscenza e l'imparzialità: l'’oggettività è ancora possibile, ma assume un nuovo significato. Essere oggettivi è sempre relativo a un sistema concettuale e a un insieme di valori culturali. Secondo il mito esperienziale, la conoscenza scientifica è ancora possibile. Tuttavia, riconoscere che la scienza non produce una verità assoluta porterebbe a una valutazione ragionevole di ciò che è la conoscenza scientifica, e di quali sono i suoi limiti.
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