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Teoria Sociologica: Identità Sociale, Potere e Conflitto - Prof. Millefiorini, Sintesi del corso di Sociologia

Sociologia generaleTeoria socialeSociologia comparata

La teoria sociologica, in particolare i concetti di identità sociale, autorità, status, differenziazione sociale, violenza e conflitto. Vengono presentate le due tradizioni fondamentali in sociologia: la positiva e la soggettiva. anche del concetto di patologia sociale, l'empowerment sociale e la solidarietà sociale precontrattuale.

Cosa imparerai

  • Che concetti tratta la teoria sociologica riguardo all'identità sociale?
  • Che concetti tratta la teoria sociologica riguardo alla differenziazione sociale?
  • Che significato ha la tradizione positiva nella sociologia?
  • Che significato ha il concetto di patologia sociale?
  • Che è l'empowerment sociale e come funziona?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 03/09/2021

I.G.67
I.G.67 🇮🇹

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Scarica Teoria Sociologica: Identità Sociale, Potere e Conflitto - Prof. Millefiorini e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Sociologia CAPITOLO 1 La sociologia può essere definita come lo studio dei fenomeni sociali. Il fenomeno sociale è qualsiasi manifestazione di comportamento umano che riguarda uno o più individui, che viene ripetuta nel tempo anche da diversi soggetti, a patto che essa rimandi a delle cause, motivazioni o necessità di ordine collettivo. L'unità sociologica elementare è costituita dall'interazione continuativa e strutturata nel tempo tra almeno due persone (es. famiglia). Weber ci dice che l'interazione è tale quando le persone coinvolte vi attribuiscono senso e significato, quindi riconoscono la valenza del proprio agire comune. La sociologia si occupa anche della regolarità empirica, cioè si interessa a quei fatti, circostanze che accadono ciclicamente in certe popolazioni che, però, non ne sono consapevoli, e per questo devono essere individuati dal ricercatore. Egli darà significato a questa tendenza perché dovrà spiegare le dinamiche che stanno alla base di questo fenomeno sociale. Il termine sociologia venne coniato da Comte, il quale la inserì nelle scienze positive con l'obiettivo di spiegare gli ambiti di studio occupati dalla filosofia ma con strumenti e metodi delle scienze empiriche, e di mettere in relazione i fatti collettivi, individuandone le cause e le conseguenze. In realtà è possibile risalire a un sapere sociologico già dal diciottesimo secolo, con l'Illuminismo e le conseguenze delle rivoluzioni di fine 700 (francese e industriale) che hanno avuto sulla società, intesa come unità sociologica, fino a toccare il singolo individuo. Si pose definitivamente e in modo sistematico, allora, il problema della società in quanto tale poiché questi sconvolgimenti produssero dei fenomeni sociali. In questo senso si proponeva anche come scienza normativa, cioè in grado di offrire soluzioni ai problemi comuni, percorsi di intervento. La sociologia si occupa di spiegare il problema di come una società stia insieme e duri nel tempo (problema d'ordine sociale o statica sociale), ma anche perché essa cambi e si trasformi (problema del mutamento o dinamica sociale); inoltre si propone di dare una Spiegazione teorica ed empirica al passaggio da società tradizionali a società moderne. Il problema d'ordine sociale si trova alla base di 4 delle 5 categorie fondamentali della sociologia individuate da Nisbet: e la comunità, che ha dato il via allo studio dell'identità sociale, socializzazione, integrazione e solidarietà (nonno del sistema sociale); ® l'autorità, legata al concetto di potere e di élites; e lo status, che ha contribuito a creare i concetti di classe sociale, ruolo, funzione; ® <il sacro, che è alla base degli studi di sociologia della religione. Il problema del mutamento, invece, è alla base della quinta categoria, cioè il concetto di alienazione, che implica ed è connesso a concetti come modemizzazione, movimento, differenziazione, specializzazione, conflitto sociale. Nell'elencare i concetti sociologici fondamentali, Weber aggiunge a comunità e status: ® l'agire sociale; e -lalottaoil conflitto; © il potere; ® <il gruppo sociale; Vi sono infine altri due concetti che entrambi non hanno trattato: - l'istituzione e - la cultura. POSITIVISMO ED EVOLUZIONISMO Per spiegare il fenomeno della modernizzazione, cioè il passaggio da società antica a società moderna, si sono sviluppate diverse correnti di pensiero. Comte elabora un approccio organicistico allo studio della società, che viene intesa come un organismo, perché come gli organismi, così le società sono costituite da parti comprensibili in relazione tra di loro, fino a creare l'umanità nel suo insieme, compresa attraverso le parti che la compongono. Lo stadio finale di questo processo di evoluzione, secondo Comte, coincide con la società industriale che avrebbe disposto di un pensiero razionale (SCIENTIFICO) per organizzare e govemare le società. Sulla base del positivismo di Comte e su quella dell'evoluzionismo di Darwin, Spencer elabora la sua teoria sociologica evoluzionista. Secondo lui, tutte le società umane, come gli organismi, hanno dei caratteri originari che permettono loro di evolversi quando necessario, passando da organizzazioni con parti poco differenziate tra loro a quelle in cui esse aumentano e distinguendosi sempre più tra di loro (es. organismi monocellulari che evolvono in pluricellulari). Durkheim si esprime sul concetto di integrazione, focalizzandosi sul concetto di divisione del lavoro e di solidarietà, distinguendo quest'ultima in meccanica e organica. Egli attribuisce il motivo della divisione del lavoro ad una crescita demografica delle popolazioni. In tutti i tipi di società, inoltre, deve esserci solidarietà che permetta di stare insieme. La solidarietà meccanica o per rassomiglianza è tipica delle società primitive o poco sviluppate, dove tutti i ruoli al suo interno si somigliano e non si differenziano molto. Qui troviamo una coscienza collettiva, poiché questo tipo di solidarietà si genera grazie alla facile e forte capacità di identificazione di ciascuno con i ruoli e compiti degli altri, essendo molto simili tra loro. Tutti i membri della collettività, quindi riconoscendosi e condividendo le norme e i valori tramandati, sono disposti ad accettarli e seguirli, non permettendo discostamenti o violazioni di essi. Con la progressiva suddivisione del lavoro si passa ad una solidarietà organica o per differenziazione o per complementarietà, dove troviamo una coscienza individuale. Qui il singolo deve responsabilizzarsi nei confronti della comunità a cui appartiene, e questa responsabilità individuale è quindi conseguenza della coscienza individuale, e si sviluppa e tecniche di raccolta secondaria, che vengono utilizzate quando per la ricerca servono informazioni da fonti secondarie, come gli archivi statistici, banche dati, fonti bibliografiche, ricerche già pubblicate, documenti d'archivio attendibili. Ci sono diverti metodi per il controllo empirico, tra cui: 1. Metodo statistico: utilizzato per ricerche quantitative, si ottengono dati relativi a popolazioni molto ampie di studio, quindi molti dati numerici. Esso richiede un campionamento preventivo che rappresenti la popolazione in esame. Attraverso l'elaborazione matematica dei dati, il ricercatore dovrà stabilire se le connessioni tra quei dati possono essere considerate variabili indipendenti (cause dei fenomeni) e quei dati che invece fanno parte delle variabili dipendenti (fenomeni in quanto tali). Es. studio sul suicidio di Durkheim, dove effettua un'analisi funzionale per mettere in risalto la connessione tra variabili. 2. Metodo comparato: si riferisce a quel tipo di ricerche e studi che prendono in considerazione un numero più ristretto di unità, dando la possibilità di studiarne a fondo l'analisi di ciascuna di esse. 3. Metodo sperimentale: utilizza il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo. Il primo viene sottoposto realmente agli stimoli, mentre il secondo non riceve nessuna sollecitazione. Il vantaggio è che permette una più chiara e precisa individuazione dei nessi causali tra le variabili, mentre lo svantaggio è che può essere utilizzato solo con gruppi limitati e quindi non significativi come campioni di popolazioni estese. Tuttavia, si rivela utile in sociologia nello studio del micro e quindi di piccole unità sociologiche. 4. Studio di caso: prende in esame una singola unità sociologica. Rapporto con scienze sociali Le scienze sociali studiano le manifestazioni della vita collettiva degli uomini nelle diverse sfere attraverso le quali essa si manifesta nella quotidianità, sfere interconnesse e in alcuni casi sovrapposte: è impossibile spiegare il funzionamento di una prescindendo dalle altre. Pe questo, col passare dei secoli, le scienze sociali hanno dato vita a diverse discipline, ciascuna con i suoi specifici ambiti di interesse e di ricerca. Ognuna delle scienze e delle discipline può avere connessioni con ognuna di tutte le altre. La sociologia si colloca all'interno delle scienze sociali perché vuole fornire una visione di insieme, una spiegazione complessiva circa il funzionamento dell'intera società. Si pone il problema di come connettere i livelli micro e quelli macro, infatti lo studio e l’analisi della società in una prospettiva verticale, oltre che orizzontale, dovrebbe aiutare a dare una spiegazione più completa delle dinamiche di mutamento che partono dai livelli meno visibili. Si pone sia il problema della spiegazione delle relazioni tra elementi e fattori sociali che Spiegano gli assetti l’organizzazione complessiva di una società in un certo momento, sia dei fatti che determinano i principali cambiamenti in una società. PROBLEMI SOCIALI DI FRONTE LA SOCIOLOGIA GENERALE CONTEMPORANEA La ricerca sociologica si pone anche il problema dello studio di una categoria specifica di fenomeni sociali costituita da minacce, pericoli, disagi presenti nella società che studia. Un problema sociale costituisce una categoria specifica di fenomeno sociale: una sorta di patologia riconosciuta dalla collettività che richiede una forma di intervento per rimuovere quel tipo di disagio, quindi la sociologia oltre a spiegare fenomeni, cerca anche di individuare e dare soluzione a problemi concreti. Questi problemi per essere individuati e affrontati hanno bisogno di una base teorica in grado di proporre ipotesi di spiegazione di fatti sociologicamente rilevanti e di dimostrarli su verifica empirica, delineando poi le modalità di intervento per risolvere i problemi in questione. Un problema è rilevante sociologicamente quando gli elementi ai quali è connesso toccano sia l'individuo che la collettività, anche se non necessariamente deve esserci la presenza del sentimento collettivo, infatti può emergere anche in seguito a delle ricerche (es. conseguenze nei fanciulli dell'uso delle tecnologie). C'è da dire che gli interventi che propone la sociologia generale non possono mai essere considerati come la miglior soluzione possibile, ma anzi si parla di soluzione con il miglior rapporto costi-benefici o come la più accettabile rispetto ad altre possibili. Ogni decisione che riguarda la collettività non può non essere “politica”, perché quando sono chiamati in causa interessi, la scelta del decisore non può non tener conto delle valutazioni che chiamano in cause ideali, valori, ideologie, mentalità. Ovviamente, non sempre c'è concordanza tra le scelte finalizzate alla risoluzione dei problemi e i sentimenti diffusi nella popolazione. La questione della a-valutatività della sociologia generale e delle scienze sociali è stata affrontata da Weber, che non nega l'interesse e la passione del ricercatore, ma semplicemente ritiene che egli non deve lasciarsi condizionare da giudizi personali non legati agli aspetti della ricerca. Per quanto riguarda i problemi di cui si occupa la sociologia da tempo, ritroviamo: e Quelli legati alla differenziazione sociale (forme di alienazione, anomia, erosione legame sociale) e Quelli conseguenti alla distribuzione ineguale di attività economiche e reddito (povertà, disuguaglianze sociali e territoriali, Terzo Mondo, decolonizzazione) * Quelli relativi alla violenza e devianza * Quelli relativi ai conflitti nel nucleo familiare e ai processi di socializzazione * Quelli relativi all'aggressività e discriminazioni nei confronti di categorie specifiche è Quelli relativi alle fasi della vita degli individui Per quanto riguarda, invece, i fenomeni tipici degli ultimi decenni, ritroviamo: e Nuove forme di fragilità e insicurezza della persona in seguito a sfiducia nelle società occidentali avanzate (teorie complottiste, nuove dipendenze) e Le questioni riguardanti i flussi migratori (integrazione sociale, aumento insicurezza nelle città) ® Degrado e vandalismo urbano e Bullismo e cyber-bullismo ® * Stalking, mobbing, aumento violenza nello sport e *Disuguaglianze di genere e Problemi sociali causati da globalizzazione La teoria sociologica ha sempre studiato la questione del rapporto tra individuo e società, e a questo proposito si sono sviluppate due principali tradizioni di fondo: quella positiva (oggettiva) che ritiene essere la società a fare l'individuo, e quella soggettiva, secondo la quale sono gli individui che fanno la società. Inoltre, la teoria sociologica ha individuato la questione micro-macro come uno dei principali oggetti di dibattito al suo interno. Per dimensione micro, meso e macro si intende il grado di estensione di una determinata unità sociologica. Le principali componenti micro sono le forme e i modi attraverso i quali i processi di socializzazione nella famiglia contribuiscono alla formazione del sé e dell'identità; le dinamiche della reciprocità e dello scambio tra i soggetti; i processi di attribuzione di senso e significato; le aspettative nelle relazioni. Le principali componenti macro sono costituite da tutti quei fattori che contribuiscono a dare un'identità alla società, come i valori, i simboli, le religioni, il diritto e le norme sociali, le ideologie, le credenze collettive, quindi sia elementi culturali che strutturali. Bisogna tener conto di: ® *micro-macro, cioè quanto il micro incida e modifichi il macro (es. cambiamenti nella forma del saluto) e -macro-micro, cioè quanto il macro dia forma e determini alcuni aspetti del micro (es. processi di socializzazione) ®@ *macro-macro, cioè quanto alcuni aspetti del macro intervengano a modificare altri aspetti del macro (es. movimenti collettivi che riescono a modificare importanti assetti di un sistema sociale) e *macro-micro-macro, es. decisioni politiche che vanno a toccare la vita del cittadino, il quale fornisce un feedback provocando la modifica o sostituzione della decisione presa ® *micro-macro-micro, es. cambiamenti nei processi di costruzione dell'identità individuale possono portare a diversi tipi di rappresentazioni social, le quali a loro volta possono veicolare nuove forme di interazione e di rapporti tra i sessi. Nello studio della connessione micro-macro, bisogna considerare gli anelli di congiunzione, cioè degli elementi posti tra i due livelli che li integrano tra di loro. Essi sono: e -llsenso (significato attribuito a un'azione) e *La morale attiva norme e comportamenti agendo direttamente sull'interiorità, senza mediazioni da parte di istituzioni, in grado di creare senso nella vita di ognuno e di essere sentite e difese. e Il potere politico facilita e supporta la circolazione del macro, inoltre svolge funzioni di unificazione, standardizzazione e stabilizzazione della cultura; produzione di senso e significato; legittimazione dei modelli valoriali e normativi. e La motivazione, infatti si può essere motivati a raggiungere un determinato scopo tanto più quanto esso sia socialmente riconosciuto da istituzioni che lo avvalorano. ® L'identità ® 2. Goffman afferma che gli individui controllano costantemente sé stessi, mascherando parte dei loro Sé e decidendo di accentuare alcuni aspetti piuttosto che altri. Come Mead, anche Goffman pone l'accento sul fatto che gli esseri umani sono riflessivi, capaci di monitorare le loro azioni e di manipolare il loro ambiente. Il Self per Goffman non è né autonomo né creativo, ma immerso nella scena che risulta dal modello drammaturgico. Egli è interessato alle interazioni face-to-face dove si è in presenza fisica dell'équipe di persone la cui interazione, insieme al contesto in cui si svolge, costituisce la scena dove emerge il Sé. Nella sua prospettiva, gli individui non seguono semplicemente un copione, ma sono anche essi gli autori. Uno dei concetti centrali dell'impostazione drammaturgica è costituito dalla facciata, quell'aspetto della rappresentazione fisso e generalizzato che aiuta il pubblico a definire la situazione, ed è costituita da ambientazione e facciata personale. Quindi, gli individui nell'interagire tendono a valorizzare le loro attività cercando di dare il più possibile l'impressione che sia tutto sotto controllo davanti agli altri. Un altro aspetto importante è la differenza fra scena e retroscena: mentre le rappresentazioni si svolgono sulla scena principale (ribalta) in cui è presente l'équipe, il retroscena comprende le attività di sostegno e preparatorie per la ribalta stessa. Il Sé, quindi, è creato tramite il rituale collettivo dell'équipe di una scena drammaturgica. Per Goffman, la stigmatizzazione ha a che fare con l'attribuzione di attributi negativi che causano diversità, non desiderabilità, discredito, esclusione, e che spesso dipendono dall'insieme di regole che governano i rapporti sociali, infatti è la società stessa stigmatizzare. Egli concepisce lo stigma come una sorta di prodotto sociale che assume in ogni cultura e in ogni contesto sociale significati diversi. ® 3.L'etnometodologia è lo studio delle conoscenze di senso comune e dell'insieme di procedure e considerazioni attraverso le quali i membri della società costruiscono il senso delle cose e agiscono nelle circostanze in cui si vengono a trovare. Garfinkel decise di utilizzare questo termine anche per indicare un campo che studiasse tutti i metodi condivisi dai membri della società per riuscire a realizzare l'ordine sociale delle interazioni. Nasce come critica al concetto di ordine sociale di Parsons, il quale sostiene che vi sia una relazione problematica tra ordine fattuale e ordine normativo. Il primo è la società così come appare nelle regolarità della vita quotidiana, mentre il secondo è un sistema di valori, norme, ruoli prescrittivi che gli attori interiorizzano attraverso il processo di socializzazione, per realizzare l'ordine sociale fattuale. Garfinkel si discosta da questa posizione, prendendo come punto di partenza la teoria fenomenologica di Schutz per trattare il suo concetto di ordine sociale. Questa teoria, infatti, si basa su un approccio cognitivo ed è legata al problema dell'intersoggettività. Gli individui nel corso della loro vita sperimentano diversi stili cognitivi, ognuno dei quali costituisce una provincia finita di significato, dove l'esperienza viene percepita ogni volta con un diverso accento di realtà. Una di queste province è la paramount reality, il mondo della vita quotidiana, da cui deriva il nostro senso dominante della realtà. | soggetti percepiscono il mondo della vita quotidiano come dato per scontato e intersoggettivo, cioè pubblico e comune a tutti. Secondo Schutz, l'intersoggettività si forma attraverso processi di tipizzazione, in base ai quali i soggetti usano schemi interpretativi già appresi o esperienze precedenti. In contrasto all'attore parsonsiano che agisce razionalmente in senso scientifico in ogni situazione, quello schutziano ha una vita interna costituita da ricordi, sogni, che permettono di realizzare l'ordine sociale attraverso un lavoro di accomodamento creativo, reciproco delle situazioni in cui si trovano gli attori. Garfinkel ha cercato di integrare la dimensione morale di Parsons con quella cognitiva di Schutz dell'azione sociale, cercando di applicarle attraverso esperimenti di rottura in contesti concreti, utilizzando diverse tecniche per creare caos, incomprensione, disordine nelle interazioni con altri soggetti. In tutte queste situazioni, ha notato che i membri della società reagivano tentando di normalizzare nuovamente la situazione, cioè cercavano di applicare delle procedure interpretative per rimediare alla discrepanza tra gli eventi attesi e quelli reali, sforzandosi di attribuire a questi ultimi un significato che potesse aiutarli a ristabilire l'ordine. Inoltre, notò che la rottura delle aspettative condivise provocava reazioni di aperta ostilità e indignazione nei soggetti, e questo perché agivano sulla base di un principio di collaborazione e di fiducia reciproca. Un altro concetto fondamentale è quello di indicalità o indessicalità, che si riferisce a tutte quelle espressioni e azioni che devono essere riferite necessariamente al proprio contesto di appartenenza per poterne comprendere il significato. Un esempio è il linguaggio, in quanto il suo significato dipende sempre dalle particolari situazioni d'uso. Un'altra proprietà su cui si basa l'analisi etnometodologica è quella della riflessività: nel momento in cui i membri agiscono, producono anche delle aspettative su ciò che stanno facendo e su come pensano che verrà percepito dagli altri il proprio comportamento. Dire che un'azione è riflessiva significa dire che in ogni momento del suo svolgersi essa mantiene, modifica o elabora il senso del contesto in cui si dispiega ed è a sua volta costituita da esso. BOX n.2 - LE NUOVE TECNOLOGIE DELL'INFORMAZIONE Gli etnometodologi si sono occupati molto dei temi legati alle tecnologie dell'informazione. Le loro indagini hanno mostrato come la tecnologia spesso non riesca a supportare l'attività pratica per la quale è stata progettata o come essa non permetta alle persone di impegnarsi realmente nelle proprie attività, perché gli strumenti tecnologici non coincidono con le pratiche con cui loro organizzano le proprie interazioni e azioni. | prodotti tecnologici da un lato sono sempre più autonomi, dall'altro costituiscono solo ciò che noi utilizzatori vogliamo, come un computer o cellulare. Questo filone ha enfatizzato l'importanza di studiare non la tecnologia in sé, ma come tecnologia in uso, in vari contesti sociali, cercando di capire le conseguenze che apporta al momento del suo utilizzo. BOX n.3 - LA SALUTE Goffman approfondisce le condizioni di vita in un ospedale psichiatrico e in altre istituzioni totali, e nota che l'elemento interessante riguarda il modo in cui persone estranee tra loro interagiscono tra di loro perché costrette a vivere a stretto contatto durante il periodo di ricovero, e questo costituisce un paradosso. Un altro contributo riguarda la stigmatizzazione sociale delle malattie (obesità, HIV, disabilità fisiche) che provoca sofferenza nell’individuo tanto quanto la malattia stessa, e in certi casi l'individuo può agire indebolendo le proprie azioni di coping verso la malattia, magari decidendo di non effettuare i trattamenti, non cercando aiuto medico quando necessario. Garfinkel cercò di individuare delle pratiche che potessero migliorare la degenza e la riabilitazione dei malati, strutturando una metodologia basata sull'aggiungere alla cartella clinica un record che rilevava ogni tipo di transazione tra malato e medico/paramedico e Viceversa. Da qui nasce il filone di studi dell'ethometodologia medica, che si interessa all'interazione dottore-paziente, linguaggio internazionale utilizzato dal personale medico-sanitario. BOX n.4 - IL LAVORO Garfinkel notava che molti studi sociologici sul lavoro si limitassero soltanto a riportare le caratteristiche sociali dei partecipanti, come reddito, etnicità, trascurando gli aspetti fondamentali dell'attività lavorativa, cioè l'insieme delle competenze, abilità, esperienze. Dalle prime indagini su queste pratiche lavorative si è sviluppato il filone del workplace studies, che ha posto al centro il lavoro come saper fare, cioè un insieme di competenze in grado di orientare concretamente l’azione, risolvere i problemi relazionali, prendere decisioni. CAPITOLO 3 - IL LIVELLO MESO: DAI MONDI VITALI ALLE ISTITUZIONI La socializzazione è una caratteristica propria degli animali superiori, soprattutto nell'essere umano è fondamentale a causa della vulnerabilità dei piccoli fino ai 4/5 anni. Uno degli elementi chiave è il passaggio da attore sociale passivo ad attivo. | problemi della socializzazione nell'età contemporanea sono legati a un continuo cambiamento dei codici condivisi tra attori sociali, e questo determina delle difficoltà nella trasmissione dei modelli tradizionali di socializzazione. Rocher definisce la socializzazione come un processo attraverso il quale la persona umana apprende e interiorizza gli elementi socioculturali del suo ambiente, integrandoli alla sua personalità attraverso l'influenza di agenti significativi, integrandosi così nell'ambiente sociale in cui deve vivere. Il problema della famiglia attuale è che il modello di famiglia nucleare ha bisogno di risorse relazionali che il sistema sociale fa fatica a fornire. Anche la tradizionale divisione del lavoro familiare è cambiata, così come l'identificazione del capofamiglia. BOX n.6 — LA VIOLENZA FAMILIARE La famiglia è un grande contenitore che spesso riflette in sé una miscela di limiti personali e frustrazioni sociali, e questo a volte comporta la comparsa nelle mura famigliare di violenza sui partner e sui bambini, infatti oltre il 90% di queste violenze vengono subite all'interno della famiglia o convivenza stabile. Quasi la metà dei femminicidi avviene a ridosso della richiesta di separazione, e sono più concentrati al nord, mentre tre milioni e mezzo di donne hanno subito stalking nel corso della vita. Ci sono altri dati che conferma la polivittimizzazione, cioè quando ad esempio un bambino è vittima di violenza fisica, ha un'elevata probabilità di essere contemporaneamente vittima anche di altre forme di violenza, sessuale o psicologica. La tipologia di violenza più diffusa è l'abuso psicologico, in particolare nei conflitti in famiglia o quando il bambino/adolescente viene terrorizzato. Le violenze fisiche più diffuse sono le percosse, gli abusi sessuali più diffusi riguardano i toccamenti, mentre la maggior parte dei casi di trascuratezza riguarda l’incuria e inadeguatezza del genitore. C'è stato anche un aumento rilevante della percentuale di minorenni stranieri vittime di abusi fisici e sessuali. La maggior parte delle vittime di violenza sono donne, anche se per alcune tipologie, tipo l'abuso sessuale, c'è uno scarto maggiore tra i due generi. La percentuale di adolescenti vittime di violenza è aumentata sensibilmente nel corso degli anni. Nei casi specifici di abuso sessuale, il responsabile è spesso di sesso maschile, mentre nei casi di trascuratezza è spesso di sesso femminile. La maggior parte degli abusi segnalati vengono messi in atto da persone conosciute, per lo più appartenenti al nucleo familiare o addirittura un genitore.] Il mondo vitale è la sfera sociale nella quale un individuo colloca le proprie relazioni che compongono la propria vita sociale, e gli permette la costruzione di senso individuale che procede dal dono e dalla fiducia. Il gruppo sociale è un insieme di individui che si trovano tra loro in una relazione cosciente e che condividono valori e finalità comuni, infatti senza la volontà di entrare in relazione con gli altri, il gruppo non esiste. Ancora, è un'unità collettiva reale, parziale, direttamente osservabile, fondata su atteggiamenti collettivi, continui e attivi, avente un'opera comune da compiere: costituisce un quadro sociale strutturabile, tendendo verso la coesione nella manifestazione della socialità. | gruppi primari, come la famiglia, svolgono una funzione mediatrice tra gli individui e il sistema sociale, contrastando le derive antisociali sia del singolo che del sistema. Il gruppo secondario, invece, costituisce un gruppo dove ci sono regole più astratte e una solidarietà minore poiché fondata su interessi parziali, non sempre convergenti. Questa distinzione risale al lavoro di Cooley, secondo il quale nei gruppi primari l'interazione è intima e diretta, mentre nei gruppi secondari nota più formalismo e freddezza. L'intimità nei gruppi primari porta a un processo di fusione di individualità in un comune insieme, quindi si forma una sorta di io collettivo che diventa un noi; però vi è anche una perdita relativa dell'autonomia individuale per rafforzare l'identità del gruppo. Ciò che distingue i gruppi dal resto della società è la presenza di confini, fissati dai criteri di appartenenza al gruppo, che possono essere più o meno chiari, più o meno definiti, più o meno stringenti. | gruppi formali prevedono procedure di ammissione, dei comportamenti da tenere per continuare a far parte del gruppo; in quelli informali, invece, questi criteri sono taciti, come nei gruppi di amici. La definizione di un gruppo comporta implicitamente l'individuazione di diverse categorie di non appartenenti, e in particolare Merton propose due ordini di non membri decisi a non far parte del gruppo: 1.Il non membro antagonista, che non è in possesso dei requisiti necessari e non vi può aspirare ponendosi nella posizione di outgroup 2. || non membro autonomo, che possiede i requisiti e rappresenta una minaccia per il gruppo stesso perché ne evidenzia la non completezza e la parzialità dei valori e delle norme interne adottate. Simmel spiega come nell'interazione tra membri di un gruppo l'individuazione di un gruppo antagonista sia causa di rafforzamento dell'integrazione e dell'identità del gruppo, infatti il conflitto tra gruppi genera integrazione e individuazione dei confini. Un gruppo che assume caratteristiche di stabilità strutturale può divenire un'associazione, che può essere definita come una collettività costituita volontariamente dai membri che desiderano fame parte, oppure istituita dall'alto, come nel caso dei consorzi, ordini professionali. Le caratteristiche delle associazioni possono essere identificate in: ® Struttura cooperativa per libera decisione dei membri e Affiliazione volontaria e Esistenza indipendente dallo stato Le associazioni servono a misurare la salute della società, e sono una manifestazione di potenzialità da esprimere attraverso la partecipazione. Alla base di ogni associazione ci sono interessi comuni, e sulla scorta di questi interessi sviluppa una propria subcultura che qualifica un determinato tipo di interazione sociale, e che orienta l'operato dell’associazione in determinati direzioni. Il movimento collettivo è basato sulla condivisione di valori, e si tratta di un comportamento diffuso che si produce fra più individui in virtù di determinati stimoli, situazioni, eventi o tensioni sociali. | comportamenti collettivi danno luogo a un movimento sociale quando gli attori sociali coinvolti sono caratterizzati da una solidarietà di fusione, e le relative azioni si inseriscono in un disegno di mutamento sociale. Alla base del movimento troviamo il conflitto sociale come regolatore delle spinte al cambiamento. Alberoni applica allo studio dei movimenti collettivi lo schema di Weber sullo stato nascente. Secondo lui, inizialmente il movimento ha caratteristiche peculiari come entusiasmo, creatività, ma trascorsa la prima fase il movimento diviene istituzione, infatti cominciano a prevalere i caratteri dell'organizzazione e della ripetizione procedurale, perdendo la sua ragione di essere. Touraine identifica tre principi dei movimenti sociali: ® L'identità, infatti l'attore collettivo definisce sé stesso sulla scorta di un conflitto sociale in cui l'attore si sente coinvolto e L'opposizione, infatti il conflitto fa identificare l'avversario, formando così la coscienza dell'attore collettivo ® La totalità, attraverso cui un movimento sociale esprime un progetto globale per la società nuova e migliore, diventando quindi un fattore di cambiamento sociale. Il movimento nasce nelle società attraverso il conflitto e induce la trasformazione della società stessa, e tra le ragioni che possono esserci alla sua origine, ritroviamo: e -Allargare l'area dei diritti civili e della partecipazione a processi di rilevanza collettiva (Movimento studentesco) e * Movimento legato alla rivoluzione fascista e * Movimenti di liberazione di una nazione da rapporti di dipendenza politico- economica esterni ad essa e Movimenti diretti all'estensione di diritti ad una parte della popolazione da essi esclusa e * Movimenti diretti all'affermazione di nuove credenze religiose Le reti sociali sono un complesso di relazioni, di legami tra un insieme di persone che entra in un rapporto di reciprocità con diversi gradienti comunicativi. L'importanza del concetto elaborato da Bames è tale da essere alla base della network analysis, l'attuale sofisticata metodologia che permette di individuare la regolarità delle relazioni sociali. È possibile identificare in una qualsiasi rete sociale delle caratteristiche strutturali e interazionali: le prime servono a distinguere la rete complessa dalle altre, le seconde sono l'insieme degli oggetti che valutano la densità relazionale di un gruppo attraverso la direzione delle relazioni, i contenuti. La rete complessiva è composta da tutte le connessioni esistenti tra le persone di un determinato dominio, e queste connessioni identificano delle aree a differenti densità di relazioni dove i soggetti si collegano agli altri tramite degli intermediari, che svolgono la funzione di gatekeeper. adattabili, con un relativo bisogno di risorse e con una rete di legami deboli che fa dell'adattamento il loro punto di forza per sopravvivere. Come per le organizzazioni formali, anche le istituzioni sono sistemi relativamente stabili di relazioni, retti da norme specifiche, che assolvono funzioni e interessi della vita sociale in quanto tale. Esse possono essere considerate forme complesse di mediazione simbolica per regolamentare le funzioni generali della vita sociale, come la socializzazione, riproduzione, controllo; perseguono interessi specifici ma allo stesso tempo svolgono questo ruolo di mediazione. A differenza delle organizzazioni, le istituzioni godono sempre della legittimazione ideologica almeno da alcuni settori della società. Nella concettualizzazione di istituzione ci sono diversi approcci e persino differenti definizioni: ® «Un gruppo organizzato che persegue uno scopo in maniera sistematica ® «Un gruppo organizzato che svolge funzioni socialmente rilevanti ed è valutato positivamente dai vari settori della società * Un complesso di valori, usi, costumi, di norme regolatrici della condotta * Pratiche consolidate, modelli di azione stabiliti, caratteristici di un'attività di gruppo * Sistemi simbolici diffusi * Elementi propri della struttura sociale come l'organizzazione familiare Le contro-istituzioni, invece, sono forme gerarchiche parallele allo schema ufficiale dell'istituzione, dove tutto funziona al contrario, infatti sono comportamenti organizzativi che rientrano nella sfera della lotta ai valori e/o del contrasto verso le procedure dell'istituzione principale, elevandosi loro stessi a istituzione. Istituzioni come la famiglia o la chiesa cattolica presentano lo stesso problema: come far convivere un ambiente esterno che tende velocemente al cambiamento con la necessità di conservare sé stesse. Rappresentano dei sistemi che non vogliono cambiare, ed è qui che interviene la capacità dell'uomo che riesce a rimodulare i fondamenti e gli obiettivi dell'istituzione prima che questa si annulli. BOX n.7 - LAVORO: OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE Attraverso il lavoro riusciamo a costruirci un'identità definita e interagire con più facilità con altre agenzie sociali, come famiglia, amici. Nello studio della società, per comodità, si tende a semplificare le diverse condizioni di lavoro tra occupazione e disoccupazione, ma in realtà si può identificare: e *Lostato di occupazione, per le persone di età pari o superiore a 15 anni che abbiano svolto almeno 1 ora di lavoro retribuito e *Lostato di inoccupazione, come l'essere alla ricerca attiva di una nuova occupazione e -Lenon forze lavoro, come persone ritirate dal lavoro, di età inferiore a 15 anni e quelle che non cercano attivamente un lavoro. Ci sono dati che mostrano il problema di una nazione divisa in due, il problema di discriminazione di genere ancora imponente, di una società dove il lavoro è indispensabile ma, specialmente al sud, è difficile da trovare e mantenere, oltre che creare. Ma la differenza tra l'essere occupato e disoccupato riguarda anche la differenza tra vita e morte, infatti sono in continuo aumento i suicidi per scarsità di lavoro o in generale per motivi economici, e rilevante è anche il numero dei tentati suicidi. CAPITOLO 4 - IL LIVELLO MACRO: LA CULTURA E L'ORGANIZZAZIONE SOCIALE È ancora valida la definizione di cultura di Tylor, intesa come l'insieme di conoscenze, credenze, capacità acquisite dall'uomo come membro della società. La sociologia però, rispetto all’antropologia, non si occupa della cultura in sé ma della struttura della società. Tuttavia, interpreta le culture come fenomeni non omogenei, che sono storicamente mutevoli e contraddittorie al loro interno. Sociologicamente la cultura va intesa come un grande contenitore di valori, simboli, norme, istituzioni che l'individuo apprende e interiorizza al fine di inserirsi nel contesto socioculturale di riferimento. In questa relazione c'è una forte ambivalenza: da un lato l'individuo ha bisogno della cultura, cioè di acquisire con la socializzazione una seconda natura artificiale che semplifichi il suo agire sociale, mentre dall'altro lato la componente più naturale della sua personalità vuole sottrarsi ai vincoli imposti dalla cultura stessa. In relazione a questo concetto, c'è la caratterizzazione duplice dell'attore sociale che allo stesso tempo riproduce e produce egli stesso cultura tramite i processi di interazione: da un lato mette in pratica ciò che gli offre la cultura, e dall'altro personalizza i modelli culturali appresi. L'obiettivo della sociologia, quindi, è quello di cercare di dare una spiegazione e comprensione delle scelte compiute dall'attore, tenendo conto sia del senso che egli attribuisce alle sue scelte, ma anche della tradizione culturale in cui è inserito. La tradizione è una forma di esperienza sociale che è radicata nella coscienza di gruppo e che è espressa in un sistema di simboli che vengono trasmessi attraverso le generazioni; non si oppone al mutamento ma è l'esperienza dove questo si realizza. Accanto alla tradizione possiamo ritrovare il concetto di religione che la sociologia esamina sia nei suoi aspetti culturali che istituzionali e organizzativi, e si interroga su come possa nascere, il significato che le credenze religiose assumono per i fedeli. Viene considerata un fenomeno sociale. In una prospettiva funzionalista, soprattutto per Durkheim, la religione assume una dimensione collettiva, inseparabile dalla comunità in cui opera ancora prima che diventi un sentimento personale, dato che le credenze e i rituali servono a rafforzare i legami sociali, la coesione morale della comunità e la struttura sociale. La religione diventa strumento di socializzazione e controllo sociale, portando solidarietà sociale e fornendo risposte sull'origine e lo scopo dell'esistenza umana. Tuttavia, questa può essere anche disfunzionale perché può portare all'intolleranza, conflitti tra fedeli, resistenza al mutamento. In particolare, Marx si oppone alla concezione di Durkheim, definendo la religione come l'oppio dei popoli, che nel fomire una temporanea consolazione alla sofferenza umana, li scoraggia nell'azione del mutamento sociale. Nella prospettiva conflittualista, la religione è considerata come una potente forza di trasformazione sociale. Weber esamina in particolare il ruolo attivo del carisma che si incarna nei profeti, ed è concepito come un dono straordinario attribuito dall'alto che serve a far scuotere i sistemi di credenze tradizionali, sovvertendo valori e consuetudini. Si pensava che con l'avvento della modernizzazione, ci sarebbe stata una privatizzazione della fede, ma in realtà le religioni non sono scomparse e hanno assunto un aspetto multiforme. Viene fatta una distinzione tra sacralizzazione della politica e politicizzazione della religione. La prima conferisce carattere sacro a entità terrene, come lo Stato, la nazione, mentre la seconda si riferisce ai fondamentalismi religiosi che vogliono conquistare il potere per ridisegnare la società e lo Stato secondo principi religiosi. La subcultura è una sezione circoscritta della cultura dominante, propria della società più ampia, di cui occupa un ambito specifico, non necessariamente contrapposto, in relazione a un fattore unificante, come l'etnia, la religione, l'età. Secondo Cohen, queste nascono dall'interazione tra attori sociali che presentano problemi simili di adattamento sociale e quindi equivalgono a strategie collettive volte a risolvere queste criticità: si sviluppano per rafforzare la propria identità, e hanno la necessità di esternare la propria appartenenza. Le subculture sono in grado di produrre, nella società, delle innovazioni e dei mutamenti. Queste innovazioni possono avere effetti positivi o incontrare barriere e difese nel contesto sociale e creare conflitti. Nel caso in cui vengono accolte positivamente, succede perché si tratta di pratiche nuove che portano con sé elementi positivi che fanno bene alla società. Una distinzione importante va fatta tra cultura materiale e cultura non materiale. La prima si riferisce alle conoscenze tecniche, organizzative che fanno funzionare un sistema sociale, mentre la seconda è composta da valori, norme, credenze su come orientarsi nel mondo. La cultura materiale rappresenta la fonte reale del mutamento a cui la seconda deve adattarsi. Questo processo può dare, però, origine al concetto di ritardo culturale, dato che la cultura materiale muta più velocemente rispetto a quella non materiale. Potrebbe creare tensioni e conflitti sia nelle relazioni tra gli elementi di una cultura, sia nei rapporti tra culture diverse. Le funzioni della cultura sono quattro, oltre a quella di soddisfare i bisogni sociali degli individui: ® formare la personalità sociale e attribuire identità individuali e collettive e ordinare in una gerarchia e realizzare i valori di una società, indicando le finalità individuali e collettive ® costituire il quadro di riferimento della coesione e della solidarietà sociale e fornire le basi della stratificazione e della struttura sociale, fissando in norme, ruoli e istituzioni il comportamento sociale degli individui - partecipazione. Sono collegati a una storia, esiste l'etimologia dei simboli così come l'etimologia della parola. Eraclito definisce l'uomo un animale etimologico, i codici che noi utilizziamo si fondano su segni che sono cambiati nel tempo. Le nozioni di tempo e spazio non sono le stesse per tutti perché sono legate all'esperienza, non c'è niente di innato (es. bambino orfano dalla nascita istituzionalizzato diverso dalla vita media dei bambini “normali”). Il concetto di tempo nell'animo umano perde significato nel momento in cui questo vive una particolare emozione di grande coinvolgimento, perdendo il senso del tempo. Platone dice che questa cosa significherebbe che l'anima è formata da più parti, quella razionale, irascibile, concupiscibile. San Tommaso spiega questa cosa dicendo che l'anima è una sola, l'aspetto razionale non è attivo in quel momento perché c'è l'altro prevalente ma non scompare, infatti quando si torna alla situazione di normalità ci rendiamo conto del tempo passato. | simboli servono a rendere tangibili delle realtà astratte e a rafforzare la partecipazione e la solidarietà sociale, soprattutto tramite simboli del passato (miti, tappe storiche di un popolo), simboli gerarchici (classificano e determinano ruoli nella società, facilitando l'assegnazione e accettazione dei ruoli rafforzando il ruolo e posizione di un soggetto nell'organizzazione), simboli magico-religiosi, simboli di partecipazione. Tra le forme simboliche complesse più significative troviamo i riti, definiti come pratiche collettive a contenuto simbolico e psicologicamente liberatorio, atte a rinforzare la coesione sociale e a perpetuare il portato culturale di riferimento. Esistono diversi tipi di riti: e riti di degradazione, per evidenziare perdite di status e/o disfunzionalità sociali individuali o collettive * riti di rinforzo, per celebrare particolari risultati positivi conseguiti * riti di rinnovamento, per supportare momenti importanti di cambiamento * riti di integrazione, per ribadire il senso di unità * riti di ricomposizione dei conflitti, per ricomporre gli equilibri sociali rotti. Le norme sociali nascono per semplificare il soddisfacimento dei bisogni individuali, ma richiedono imposizioni sul modo di comportarsi. Sono una costruzione sociale, si affermano quelle che con il tempo vengono selezionate socialmente con dei comportamenti, con la funzione di mantenere vivi determinati sentimenti morali e garantire il funzionamento di sistemi organizzati (che sono tali perché svolgono delle funzioni > a monte ci sono dei valori). Le norme richiedono uniformità di azione, pensiero, sono conseguenze di sentimenti morali e permettono che questi vengano riconosciuti e resi operanti a livello sociale. Determinano l'ordine e controllo sociale anche grazie al processo di socializzazione. La norma può essere non scritta, scritta, per applicarla è necessaria un'istituzione o no, è un'entità molto generale e onnicomprensiva. Ci sono tipi di norme formalizzate, come quelle giuridiche, chiamate statuite (es. Inghilterra senza Costituzione), mentre quelle consuetudinarie si sviluppano spontaneamente, sono meno vincolanti, non sono perlopiù formulate in forma scritta, e non presuppongono un apparato per la loro applicazione (es. saluto). [Peer Durkheim i codici legislativi (civile e penale) sono due diversi gradi di formalizzazione e conferimento di importanza a comportamenti, il Codice penale come nucleo più importante dei sentimenti morali perché sono talmente forti e vivi nelle coscienze che vengono tradotti in norme scritte che prevedono delle sanzioni. Nelle società del passato il Codice penale occupava gran parte dello spazio del diritto, i codici civili avevano un peso minore. Il diritto civile si è sviluppato con la divisione del lavoro e sviluppo economico (scambio di beni, produzione); distingue tra diritto repressivo penale e diritto restitutivo civile.] Ci sono delle norme di comportamento che hanno maggiore rilevanza sociale per diffusione, obbligatorietà, e il loro valore sociale. Nel concetto di norma troviamo costumi, pratiche, habitus. | costumi sono quelle norme che occupano uno spazio a livello sociale relativo alle manifestazioni legate ad espressioni collettive esteriori, della socialità; sono attività di grandi gruppi in presenza, che evocano convenzioni sociali. Devono essere rispettati, sono norme oltre che simboli, infatti in passato governavano intere società dato che un tempo la norma era un costume perché non c'era un vero e proprio potere politico. Ai costumi si associano un forte grado di immedesimazione, appartenenza alla tradizione. Le mode, invece, possono riguardare tutte le manifestazioni della vita sociale, sono molto diffuse e mutevoli ma hanno un basso livello di obbligatorietà e interiorizzazione. Rappresentano una delle forme di controllo sociale indiretto, esercitato sia dai suoi creatoti che dall'ambiente in cui si afferma, poiché è un potente incentivo alla socializzazione. L'efficacia delle norme dipende dalla presenza di una sanzione. Dal grado di severità della sanzione si capisce se le norme rispondono a funzioni di controllo della devianza (es. furto), mentre se sono meno severe i sentimenti morali accettano una certa varianza, non devianza (es. graffiti). Le sanzioni possono essere classificate in: e sociali, legate a sentimenti profondi ® psicologiche, non trovano formalizzazione a livello di norma giuridica ma sono presenti e *magico-religiose, ultraterrene (Inferno, Purgatorio) e «economiche, come le multe (diversa da ammenda = forma di sanzione penale, fedina sporca) L'habitus, secondo Bordieu, è un modo di porsi nei confronti del mondo che il soggetto apprende con l'esperienza e che lo predispone ad agire in un certo modo. È un atteggiamento che il soggetto sviluppa adeguandosi ai contesti in cui è immerso. Le pratiche sono manifestazioni del senso pratico, modi di fare a cui è legata una certa comprensione della realtà. Sono forme di norme che richiedono comportamenti necessari per un tipo di organizzazione e per renderla funzionante; sono forme di sapere normato che vengono messe in atto per rispondere a esigenze di funzionamento e buon govemo tra uomo e mondo di produzione. Quando si parla di ideologia, si è soliti distinguere l'approccio marxista da quello non marxista. Marx la considera come una falsa coscienza, cioè come deformazione della realtà che viene presentata soltanto dal punto di vista della classe dominante. Infatti, insieme ad Engels scrive che le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti, quindi quando una classe è in una posizione di dominio imporrà sempre i propri interessi a tutti i membri della società, presentando le loro idee come le uniche valide e razionali. Si tratta di una deformazione della realtà perché vengono mascherate le contraddizioni legittimando i rapporti sociali esistenti. Le interpretazioni non marxiste descrivono l'ideologia come un insieme di idee e credenze, che esaurisce in sé stesso il senso e il significato di tutto, dotate di una certa coerenza interna e associate a una determinata situazione sociale che, riflettendo una particolare valutazione sul genero umano, fornisce all'individuo strumenti per adattarsi o modificarlo. (Rush). Manheim fa una distinzione tra: e * ideologia totale, corrisponde a una visione generale del mondo in cui si è immersi, spesso inconsapevolmente; e ideologia parziale, modi di guardare la società e la politica che si trasformano in progetti che orientano l'azione (es. liberalismo, nazismo) e utopia, fuga creativa dalla realtà, rappresenta l'immagine di un mondo ideale in cui tutte le esigenze degli individui potrebbero essere soddisfatte. Parsons definisce l'ideologia come un sistema di credenze condiviso dai membri di una società e utilizzato dai gruppi sociali per dare un significato al mondo. Metafora degli occhiali: li portiamo per vedere la realtà esterna, se li togliessimo non potremmo comprendere nulla. Anche per lui cultura e ideologia non coincidono: l'ideologia è quel nucleo centrale della cultura che possiede una sua compattezza interna, coerenza, in grado di esercitare effetti utili e positivi sull'agire e spiegare la realtà esterna. Le funzioni dell'ideologia: ® conferisce identità agli attori ® Spinge all'azione attorno a valori condivisi, creando il legame di gruppo e «raccoglie attrazione consensuale da parte dei membri della collettività e * strumento di manipolazione della realtà (Marx) ® sostenere il potere o legittimare l'aspirazione a esso Le rappresentazioni sociali sono componenti della cultura, storiche nella loro essenza, che influenzano lo sviluppo dell'individuo dalla prima infanzia. Vengono create per rendere qualcosa di inconsueto, familiare. Secondo Moscovici, hanno un carattere prescrittivo e convenzionale: convenzionalizzano gli oggetti, le persone, eventi dando loro una forma precisa e categorizzandoli; si impongono a noi con una tale forza che deriva dalla combinazione di una struttura che è presente volontà di contribuire al bene comune. Ad egli si deve anche la distinzione tra capitale sociale bonding, che rafforza i legami interni e il sostegno reciproco tra i membri di una rete, ma anche l'omogeneità del gruppo, la chiusura sociale e la diffidenza verso gli estranei (es. organizzazioni criminali), mentre il capitale sociale bridging è in grado di alimentare solidarietà allargate e responsabilità sociale, poiché è più aperto verso l'esterno (es. movimenti per diritti civili, gruppi di volontariato). Dall'altro lato, però, una società senza conflitto sarebbe pietrificata, nella quale ci sono sempre gli stessi ruoli, nessun fluire di processi di innovazione, creatività, grazie ai quali la società può mantenersi viva. Il conflitto può essere definito come un tipo di interazione tra persone o gruppi, nel quale ciascuna parte cerca di assoggettare l'altra alla propria volontà, di infrangere la sua opposizione. Esso è una forma di socializzazione, perché non è un elemento da condannare per forza, in quanto contribuisce a formare la personalità (es. scontrarsi delle figure genitoriali) dell'individuo, rafforza l'identità di gruppo, sviluppando la cooperazione. Secondo Marx il conflitto nasceva per motivi economici, e in particolare quello tra classi lo considerava come il motore delle trasformazioni sociali. Secondo Simmel, invece, il conflitto è una dimensione che esiste da sempre e continuativamente nella società perché contribuisce a mantenere le identità di gruppo; è una forma di interazione sociale, di scambio, atta a risolvere i dualismi e giungere a un'unità, anche se determina l'annullamento da una parte del conflitto. Secondo Weber, il conflitto non è solo economico e culturale ma anche politico, giuridico, religioso, al fine di ottenere risorse; non si pone in una posizione opposta all'ordine sociale ma è intrecciato ad esso, infatti in alcuni casi non si distinguono. Se le norme definiscono il comportamento ideale degli individui, il comportamento reale di quest'ultimo presenterà sempre un certo grado di conformità o difformità dalla norma stessa. Il tipo di consenso che la norma riscuote può essere: e Consenso attivo, se la norma è interiorizzata dal soggetto e *Consenso-accordo, se è prestato in base a un ragionamento utilitaristico e *Consenso-conformità, se esso è la conseguenza della pressione del gruppo e del timore di incorrere nella sanzione Meno vengono interiorizzate norme e valori della cultura di riferimento, più l'individuo è propenso a violare le stesse norme, percepite come costrizione. La devianza, quindi, può definirsi come il comportamento di una persona o gruppo che viola le norme formali o informali di una certa collettività, al fine di sfuggire alla pressione sociale verso la conformità. Ovviamente questo concetto è sempre relativo, poiché le norme variano nel tempo e nelle culture, infatti non esistono comportamenti ritenuti oggettivamente devianti. Si può, quindi, immaginare il comportamento di un individuo su un continuum tra integrazione e anomia, e ogni gruppo sociale o società stabilisce poi il punto di devianza, dove non si accetta più il comportamento difforme dalla norma e associa ad esso una sanzione. La devianza può da un lato rafforzare la norma e accrescere la coesione del gruppo, ma dall'altro lato la diffusione e ripetizione del comportamento deviante porta al declino della norma e alla sua sostituzione o abolizione. Infatti, propone spesso norme alternative per regolare le interazioni, costringendo il gruppo a difendere o rivedere i propri valori e la propria identità. In un'ottica integrazionista, Durkheim sostiene che la devianza è utile a una società perché il fatto che noi vediamo comportamenti devianti che si contrappongono ai desideri morali rafforzano il desiderio di conformità delle norme, e fornisce indicazioni su ciò che è giusto e sbagliato. Merton ritiene che la devianza sia il risultato di una tensione tra mete definite da un contesto culturale, e mezzi che la struttura sociale offre per realizzarle. Da questa tensione derivano cinque atteggiamenti: 1. La conformità, se egli accetta sia le mete culturali sia i mezzi istituzionalizzati per realizzarle (es. successo personale > impegno nel proprio lavoro) 2. L'innovazione, se egli accetta le mete culturali ma utilizza mezzi non consentiti (es. attività criminali) 3. Il ritualismo, se non accetta più le mete ma utilizza in modo acritico i mezzi (es. comportamento burocratico) 4. La rinuncia, se rifiuta entrambi (es. emarginato sociale) 5. La ribellione, se rifiuta entrambi ma cerca di sostituirli con altri migliori. Secondo l'interazionismo simbolico, invece, la devianza viene considerata come l'esito di un processo di apprendimento svolto in un certo contesto sociale. Ispirandosi a questa prospettiva, elaborano la teoria dell'etichettamento, secondo la quale il comportamento deviante è un comportamento che la gente etichetta come tale, in modo tale che la devianza sia piuttosto una conseguenza dell'applicazione, da parte di altri, di norme e sanzioni nei confronti del colpevole. Questo fa spostare l'attenzione sul processo che rende devianti e sul ruolo svolto dalle istituzioni che dovrebbero prevenire e reprimere la devianza. Se è l'etichetta di deviante a rendere l'atto tale, ne consegue che il soggetto etichettato si riconosce come tale e finisce per agire secondo quando prevede questa etichetta, quindi diventa una sorta di stigma. Lemert distingue tra devianza primaria, cioè un atto che non ha conseguenze per l'autore (es. piccola trasgressione), e devianza secondaria, che suscita una reazione sociale di condanna e porta il soggetto a rifinire la propria identità. Durkheim introduce anche il concetto di anomia, cioè una situazione di assenza di norme che compromette la regolare armonia delle funzioni, alimenta i conflitti, e causa una situazione di sofferenza sociale per la mancanza di regole e coesione. Essa può nascere nei momenti di crisi economica e sociale quando si creano divari tra desideri individuali e capacità sociale di regolarli. CAPITOLO 5 — LE TEORIE DELL'AZIONE SOCIALE L'azione sociale nella teoria sociologica presuppone la presenza dell'attore sociale che interviene e agisce nella sfera sociale con altri attori, perché ci interessa la dimensione di collegamento del contesto sociale da parte della persona. Le teorie dell'azione sociale non prediligono a priori un punto di osservazione privilegiato sulle condotte umane, ma arrivano a conclusioni che possono essere olistiche (considerando i fattori macro come determinanti > Durkheim) o individualistiche (considerando quelli micro > Weber), partendo dall'analisi dell'attore sociale che agisce nel contesto e valutando la loro interazione. Durkheim è il padre della tradizione oggettiva in sociologia, e il fenomeno sociale per lui è quello che viene a costituire un vero e proprio fatto sociale, cioè i modi di pensare, sentire, agire, esterni all'individuo e provvisti di un potere di coercizione grazie al quale gli si impongono. L'azione sociale quindi, per lui, coincide col fatto sociale. Ritiene che non tutti i fatti sociali abbiano bisogno di una coercizione, infatti secondo lui essa quasi non si fa sentire quando ci atteniamo agli obblighi volontariamente, quando l'abbiamo sperimentato più volte e diventa come l'aria che respiriamo, ce ne accorgiamo quando manca che andiamo in sofferenza, li diamo per scontati, quindi non c'è bisogno di una sanzione per attenerci alle richieste dell'interazione. Durkheim esclude che la forza in grado di tenere insieme la società sia un reciproco accordo di scambi di ricompense, una sorta di contratto sociale tra i membri della comunità per il quale ognuno persegue i propri interessi rispettando delle norme che glielo permettano, quindi per lui la società non si tiene insieme solo attraverso la coercizione. Afferma, invece, che c'è qualcosa di precedente ancora più a monte che è alla base dell'integrazione sociale: introduce il concetto di solidarietà sociale precontrattuale, non fondata su forme di scambio, che si trova nella sfera dei sentimenti prima ancora della ragione, è spontanea, è un sentimento interiorizzato non veicolato da alcun tipo di coercizione ma anzi la richiede nei confronti di chi non lo vivono. Essa è essenziale per tenere insieme una società, e ha origine nelle prime società tribali ma resta presente ancora oggi. Nelle società tribali australiane, Durkheim notò che la società è oggetto di una forma di culto, in grado di risvegliare in ogni membro il sentimento del divino. La religione svolge anche una funzione di divinizzare la società, anzi è la società stessa a favorire questo, facendo vivere gli uni accanto agli altri, favorendo un senso di appartenenza, ed esaltando rituali, cerimonie, che danno un carattere di sacralità alla società. In queste società, così come in quelle più arcaiche e in certi ambiti di quella odierna, il soggetto agente viene investito dalla forte influenza che esercita su di lui il fatto sociale. A un livello ancora più profondo del soggetto agente si colloca, per Durkheim, non il fatto sociale ma l'idea e la rappresentazione della società come entità superiore che va oltre il soggetto e che ne influenza il pensiero e l'azione. con l'estendersi della solidarietà organica: non va a sostituire il diritto repressivo, che continua a rimanere presente anche nelle società a solidarietà organica (così come la coscienza collettiva), ma occupa uno spazio più ampio rispetto al primo e ne diventa la parte principale (così come la coscienza individuale). L'azione umana, secondo Weber, è sociale nella misura in cui, in forza del significato che l'individuo le attribuisce, essa tiene conto del comportamento degli altri e ne è a sua volta influenzata. Mentre Durkheim, che fa parte della tradizione oggettivista, spiega l'agire in base alla predominanza del fatto sociale sulle singole azioni del soggetto, Weber, considerato il progenitore della tradizione soggettiva, pone al centro l'interazione tra due o più soggetti e il fatto che le azioni tra di essi si determinano reciprocamente (il fenomeno della doppia contingenza di Parsons). In questa interazione assume un ruolo fondamentale il senso che essi conferiscono alle proprie condotte, infatti esso è in grado di tenere insieme: ® *L'azione del soggetto A rivolta nei confronti di un altro soggetto B e *Larisposta che il soggetto A riceve dal soggetto B e Il feedback che il soggetto A mette in atto in conseguenza della risposta del soggetto B La società, quindi, è il risultato dell'agire congiunto dotato di senso tra due o più soggetti, non è un sistema autonomo che prescinde dalla volontà degli individui, ma è tale in quanto gli individui sono consapevoli e ne hanno senso. Per supportare questa spiegazione è essenziale che il senso intenzionato del soggetto agente e quello recepito dall'altro soggetto, e viceversa, poggi su significati condivisi, e per avere ciò è necessario che entrambi dispongano di un patrimonio di rappresentazioni comuni che permetta loro di attribuire un significato alle loro azioni reciproche. Dunque, è il senso che unisce il livello micro al livello macro. Le rappresentazioni comuni sono interpretazioni di eventi, immagini del mondo, idee circa la famiglia, lo stato, il lavoro, regole morali o giuridiche, (anticipa la psicologia sociale di Moscovici) che una volta interiorizzate dai soggetti forniscono la base del reciproco relazionarsi e co-determinarsi delle azioni di ciascuno. Il processo attraverso il quale ognuno di noi connette agire, senso, significato, rappresentazioni comuni, è la comprensione, che conferisce all'azione l'attributo di sociale. Essa è infatti tale in quanto coloro che vi prendono parte possono attribuire un senso attingendo dal patrimonio condiviso di rappresentazioni e simboli. Tuttavia, è inevitabile che ognuno interpreti le azioni in modo soggettivo, in base alle proprie esperienze, ma comunque questa soggetti presuppone: e Che ciascuno attinga a rappresentazioni comuni, simboli e credenze presenti nella cultura dove si svolge l'agire dei soggetti e -Checiòrendai fatti prevedibili in base ad aspettative, fondate sempre sui significati e rappresentazioni condivisi e Che il procedimento della comprensione renda possibile la spiegazione causale dei fatti e degli eventi: per Weber ogni azione è determinata da fattori multipli, quindi per lui l'osservatore/ricercatore deve tener conto sempre di spiegazioni pluricausali dell'agire. Di conseguenza, l'agire sociale non sottostà a leggi, bensì a regole empiriche che permettono al ricercatore di formulare delle previsioni in termini condizionali. Weber distingue dei tipi ideali di agire, che non si presentano mai allo stato puro, ma sono dei concetti astratti che servono a raggruppare elementi con caratteristiche comuni, quindi per lui nella realtà non esistono. 1. Azione razionale: rispetto allo scopo e rispetto al valore. Nel primo c'è una razionalità logica, materiale nel valutare i mezzi per raggiungere uno scopo (es. nell'economia e nelle organizzazioni, come ricostruire il ponte di Genova dopo il crollo); nel secondo c'è una credenza guidata da valori che gli permette di agire senza pensare alle conseguenze. 2. Azione affettiva: determinata da affetti, passioni, stati d'animo. 3. Azione tradizionale: determinata da un'abitudine acquisita. Per Weber, l'azione affettiva è competenza della psicologia, mentre l'azione tradizionale dell'antropologia. Per lui l'azione razionale è quella che maggiormente interessa la sociologia, però fa rientrare in questo campo anche il costume, la moda, l'uso e la consuetudine, a condizione che ci troviamo in presenza di azioni dotate di un riferimento di senso comprensibile. Queste azioni non si presentano mai distinte l'una dall'altra, ma è rilevabile maggiormente una, e quelle sono osservabili sociologicamente. Il legame tra micro e macro per Weber sta nell'aderenza tra corso esterno e motivazione interna. Pareto sostiene che le azioni non logiche interessano sociologicamente perché costituiscono una parte importante delle condotte umane, sarebbe assurdo che una prospettiva sociologica non si ponesse anche il problema di azioni che non sono razionali dal punto di vista dell'osservatore. Riteneva che la non logicità fosse attribuibile a cause di origine sociale, alle disposizioni e tipo di organizzazione delle passioni umane che avviene prima di tutto socialmente. Sono le passioni che muovono le azioni collettive, quindi il sociologo deve tenerne conto per arrivare ad una spiegazione esauriente sul funzionamento della società. Egli distingue le azioni logiche da quelle non logiche. Le prime sono quelle che hanno un significato oggettivo e soggettivo coincidenti o identici (corrispondono alle azioni razionali rispetto allo scopo di Weber), forse meglio dire che hanno un significato molto condiviso e soggettivo che tendono a coincidere (es. sfera economica e organizzativa). Per quanto riguarda le seconde, può accadere che il soggetto metta in essere azioni nelle quali: ® non è presente un fine oggettivo né soggettivo: (corrispondono alle azioni tradizionali per Weber) quelle azioni eseguite meccanicamente (es. giocatore che ogni settimana gioca la stessa schedina del superenalotto) ® * non è presente un fine oggettivo ma uno soggettivo: il significato c'è per chi compie l'azione ma non per gli osservatori esterni, quindi non è pienamente condiviso ® è presente un fine oggettivo ma non soggettivo: dall'esterno hanno un significato ma difettano di un significato soggettivo percepito dal soggetto, azioni compiute inconsapevolmente ma che svolgono una funzione importante e razionale (es. istinto di conservazione in caso di tentato suicidio) ® «è presente sia un fine oggettivo sia soggettivo ma sono diversi tra loro: azioni effettuate con una finalità soggettiva che al termine dell'azione si rivela differente rispetto a risultati ottenuti, ma che si rivelano diversi rispetto alle intenzioni iniziali dell'attore. Questo caso viene approfondito da Merton, che introduce il concetto di funzione manifesta e latente presente in determinate condotte. In alcuni casi si osserva una discrepanza tra le due, come nell'esempio dei rituali delle tribù durante i periodi di siccità: sebbene i membri della tribù siano convinti che questo rituale serva ad invocare la pioggia (funzione manifesta), in realtà l'antropologia ha dimostrato che queste danze svolgono una funzione latente di rafforzare i legami di solidarietà. Secondo Pareto, l'attore sociale rarissimamente pensa che le sue azioni non siano dotate di logicità, è sempre convinto dell'intrinseca logicità delle proprie azioni perché egli tende a rivestire di una vernice di logicità le proprie azioni e tende a giustificarle comunque e dovunque, in modo scontato, senza rifletterci. Questa propensione è una necessità dell'animo umano di disporre sempre di una spiegazione, quindi c'è un legame tra impulsi profondi e il bisogno di una razionalizzazione delle azioni, di rivestirle di una logicità. Secondo Pareto, gli unici tipi di azione che hanno logicità sono quelli della sfera economica e organizzativa, e la disciplina scientifica che li studia è l'economia, mentre la sociologia si occupa delle azioni non logiche. Egli fa una distinzione tra oggettività del fine di un'azione e della sua utilità, sia in termini individuali che collettivi, e dice che queste coincidono solo nelle azioni logiche, mentre in quelle non logiche, pur essendo tali, c'è una grande parte di loro che è utile ai fini dell'ordine e dell'equilibrio sociale. A questo punto Pareto parla di residui e derivazioni. Gli ultimi sono idee e credenze che formano un unicum, sono delle ideologie, giustificazioni di comportamenti collettivi che partono dalle pulsioni, istinti. Queste vengono utilizzate in un determinato periodo storico per Spiegare e giustificare condotte o pratiche diffuse allora (es. rapimento di Aldo Moro). Le derivazioni variano nel tempo perché i sentimenti di carattere sociale variano, cioè i residui. Essi sono manifestazioni di sentimenti o di istinti, e si costituiscono delle condotte che scaturiscono da sentimenti o da istinti profondi. Ci sono diverse tipologie: e istinto delle combinazioni: necessità tipico dell'animo umano legato alla creatività, capacità di associare e mettere insieme aspetti, elementi e fattori per ottenere vantaggi; ® © persistenza degli aggregati: desiderare che le cose vengano conservate così come sono, istinto di conservazione delle cose sia materiali che immateriali, bisogno di mantenimento sia per le cose individuali che collettive; Si parla di concordia discors, che è un principio equilibratore e ordinatore dell'interiorità dei singoli e della collettività. Questo continuo opporsi tra forze, generate dalla ricerca di soddisfazione dei bisogni e degli impulsi degli uomini, costituisce la principale causa dell'evoluzione delle società umane. È proprio l'evoluzione, infatti, che genera differenziazione, alla base del processo di individualizzazione: più la società si sviluppa e si differenzia, a seguita della dinamica della concordia discors, più emerge la personalità dell'individuo. L'azione reciproca degli individui e dei gruppi tra loro può avvenire in modo pacifico o conflittuale, ma non sempre l'uomo entra in contatto con gli altri per scopi egoistici, infatti può farlo anche per l'altro, cioè il dare, che è una delle funzioni sociologiche più forti. Si può anche donare al fine di perseguire scopi, infatti è la motivazione che sta alla base dello scambio secondo Simmel, che porta alla costruzione sociale. Partendo dalla dimensione dello scambio, infatti, si vengono a formare le istituzioni. È la ripetuta e dura prova della quotidianità che verifica che determinate condizioni della convivenza umana sono migliori rispetto ad altro, e che quindi porta alla istituzionalizzazione. Si tratta di un processo evoluzionistico di continua correzione dell'errore, e spesso vanno oltre la consapevolezza degli individui. Le funzioni dell'unità sociale, cioè i bisogni e interessi del livello micro, si istituzionalizzano in concreto grazie ai gruppi di individui, infatti le istituzioni sono fatte di individui, e le norme e le idee sono dimensioni macro che vivono solo grazie all'interiorizzazione e alla ripetizione a livello micro, due aspetti centrali del processo di identificazione dell'individuo. Nelle formazioni sociali superiori all'individuo emergono tratti che unificano gli individui e che possono arrivare ad annullame le differenze. In questo modo la società riveste di oggettività i suoi membri, anche se comunque stare in contatto con un altro implica sempre considerare una parte soggettiva in cui si riconoscono. La società e lo stare in società, per Simmel, significa per l'individuo poter percepire in forma viva l'insieme di oggettività impersonali. Ad esempio, a noi viene trasmesso oggettivamente la lingua, che poi adattiamo al nostro modo di essere e pensare con la nostra parola, il cui utilizzo varia da persona a persona: allo stesso modo, norme, codici, simboli corrispondono alla lingua, mentre lo stare in società da parte dell'individuo corrisponde alla sua parola. L'oggettivazione è un aspetto intrinseco al processo di modernizzazione, infatti più i legami tradizionali e la società chiusa cedono il passo a una società sempre più ampia e differenziata, più gli strumenti oggettivanti aumentano il proprio ruolo e la propria funzione. L'altro inevitabile processo legato all'oggettivazione, è l'astrazione e la simbolizzazione, infatti la costruzione di società sempre più complesse richiede che gli appartenenti a questa società possano comunque continuare a pensare e a rappresentarsi la comunità nella quale vivono. Bisogna fare una distinzione tra il concetto di istituzione intesa come struttura fisicamente esistente, e quello di oggettivazione, cioè sistemi di norme, segni e simboli oggettivanti. Le prime fanno riferimento a qualunque organizzazione che svolga determinate funzioni estese e consolidate in un aggregato sociale; i secondi sono mezzi di scambio, comunicazione, procedure di condotta, come il la lingua, la moneta, il diritto, e sono il risultato di processi di costruzione cumulativa di tipo evoluzionistico all'interno delle società umane. Le istituzioni fanno da tramite tra micro e macro, cioè da una parte rendono operativi i sistemi di norme, segni e simboli, e dall'altra trasmettono agli individui la forza delle norme, segni e simboli macro, rendendoli vivi. Questi ultimi, quasi sempre, hanno bisogno di istituzioni fisiche per essere concretamente operativi (es. banche centrali per la moneta, tribunali per il diritto). | sistemi di valori e norme non oggettivati (morale, onore, fedeltà, gratitudine) sono doppiamente legati al micro: sono appresi e interiorizzati, come i sistemi oggettivati, ma a differenza loro sono interiorizzati e riattivati da veri e propri sentimenti, e hanno la funzione di integrare e tenere unite le piccole parti nel grande tutto, mentre i sistemi oggettivati in genere hanno la funzione di facilitare lo scambio. Queste dimensioni devono non solo essere apprese e interiorizzate, ma anche in grado di creare senso nella vita, e quindi essere sentite ed eventualmente difese, facendole proprie. Anche i modi di vestire sono sistemi di norme non oggettivati e anche molto più flessibili rispetto agli altri, infatti servono a creare riconoscimento, quindi hanno una funzione identitaria e comunicativa. Questi sistemi sono resi visibili a partire dall'interazione diretta tra gli individui, proprio come la lingua. Per Simmel, sono i sentimenti più profondi legati alla coscienza morale che garantiscono l'integrazione sociale, si torna sempre alla congiunzione tra elemento interiore e di valenza di significato sociale che garantisce il funzionamento dell'intera società. Simmel, infine, spiegò la presenza di forze macro che si impongono direttamente agli uomini senza mediazione delle istituzioni e che ne orientano, in alcuni casi, l'agire. È come se il macro partisse in automatico nella mente e nelle azioni dei singoli, senza interazioni tra livelli superiori e micro. Qui il macro vive direttamente e continuamente nell'azione degli individui, nelle loro interazioni quotidiane. [La burocrazia è un'ulteriore norma messa a difesa della norma stessa, è una necessità da parte dello Stato di aumentare il controllo sulle attività e sul comportamento dei cittadini. Quando questo meccanismo è partito, si è autoriprodotto, ed è diventato col tempo un meccanismo perverso, perché più lo Stato si burocratizzava più il cittadino aveva diffidenza e più cercava di aggirare le norme.] Schutz riprende, sviluppa e affina l'approccio dell'agire dotato di senso di Weber, e aggiunge e sottolinea che l'attore svolge la sua azione non in un istante, bensì entro una dimensione temporale, ed è proprio questa osservazione che lo mette in condizione di tirar fuori una serie di considerazioni ed elementi che arricchiscono la spiegazione. Egli distingue varie fasi: e momento dell'intenzione o progettualità, che conferisce appunto il senso all'agire del soggetto in quanto implica consapevolezza e volontarietà dell'azione; ® fase del vissuto/esperito/sentito durante il compimento dell'azione; ® fase dell'azione compiuta ex-post, riflettere sull'azione stessa. Per il principio di indeterminazione applicato alla società, l'azione iniziale non può mai coincidere con l'azione finale, perché il nostro agire può deviare anche interiormente in quanto dobbiamo relazionarci agli altri e tener conto dei loro comportamenti, ma anche perché l'interpretazione ex-post dell'azione è influenzata da stati d'animo relativi al tempo ultimo e non al primo, quindi questa spiegazione non sarà mai la stessa relativa alle motivazioni originarie. Schutz, inoltre, ha distinto il concetto di azione da quello di comportamento: il primo fa riferimento a un processo distinto in 3 frasi che abbiamo elencato prima, mentre il secondo è un tipo di condotta che avviene in modo non programmato, che risponde solo a stimoli esterni e quindi la rende una reazione, e non un'azione consapevole. Egli afferma che la dinamica tra attori sociali non sarebbe possibile se nell'interazione non venisse posto in essere un continuo scambio di informazioni attraverso sistemi di segni (anche lui colloca il problema della cultura, quello che Simmel chiamava codici di sistemi oggettivati), non si pone il problema della soggettivazione e oggettivazione. Schutz spiega che le province finite di significato nel loro insieme costituiscono il mondo sociale, che va distinto dal concetto di mondo vitale: quest'ultimo è il mondo in cui assorbiamo continuamente informazioni e rappresentazioni della realtà perché siamo in contatto affettivo, comunicativo, face-to-face con persone e situazioni della vita quotidiana, costruiamo rappresentazioni delle province finite di significato che esulano dal nostro mondo Vitale. La realtà della vita quotidiana costituisce la sfera primaria entro la quale il soggetto si interfaccia non solo con essa, ma anche con quelle retrostanti ad essa, infatti dall'interazione con familiari e amici, il soggetto agente può spostarsi poi a ulteriori sfere, come quella del volontariato o partecipazione politica. Queste scelte sono sempre influenzate e orientate dall'ambiente comune dove il soggetto viene a contatto con diverse idee, motivazioni, come capita con l'utilizzo dei mezzi di comunicazione. Schutz, inoltre, introduce la distinzione tra mondo ambiente, cioè l'insieme dei rapporti diretti che il soggetto intrattiene con i suoi simili, e mondo dei contemporanei, cioè la sfera dei rapporti più ampi che il soggetto stabilisce con gli altri membri della società a cui appartiene. Berger e Luckmann affermano che la realtà è una costruzione sociale, e quindi l'ordine socialmente costruito consiste in attività umana soggetta a consuetudine: ogni azione che viene ripetuta frequentemente si cristallizza secondo uno schema fisso, che viene riprodotto con un'economia di sforzo. Ciò significa che, grazie alla tipizzazione dei comportamenti, riduciamo la fatica da sforzo psicologico nell'attribuire significati e decifrare codici, e queste routine sono il risultato di una tipizzazione o una istituzionalizzazione incipiente, da cui poi si passa a una vera e propria istituzionalizzazione, un processo più avanzato della tipizzazione. Con Spencer e Radcliffe-Brown l'utilizzo del concetto di struttura sociale ha ancora un'accezione descrittiva, infatti sarà grazie a de Saussure e Lévi-Strauss che assumerà una rilevanza teorica. In particolare, de Saussure introduce l'idea che una lingua sia un sistema con un ordine proprio, rispetto al quale il senso attribuibile ai suoi termini dipende dalle connessioni tra loro. Il suo modello strutturale si basa su un sistema di differenze, infatti la concezione di una lingua è il prodotto di un paragone strutturale dove contano le relazioni tra fonemi ed elementi semantici. Lévi-Strauss, partendo da questo approccio, definisce la struttura come un insieme di parti dotato di una propria coerenza che si rivela e prende forma nello studio delle trasformazioni che permettono di trovare proprietà simili in sistemi diversi. Ad esempio, nel caso di una lingua, i termini che la compongono trovano spesso corrispondenze in un'altra lingua, dove termini diversi svolgono la stessa funzione, cosa che un'opera di traduzione permette di cogliere. Per lui, ciò che permette di individuare una struttura, è la sua capacità di spiegare i fatti osservati e di prevederne altri, laddove queste ultime sono tipiche di proprietà distintive di un metodo scientifico. L'idea di sistema deriva dalle scienze biologiche, dalle quali viene definita come entità composita costituita da più elementi connessi tra loro e interagenti, che scambia energia e informazioni con un ambito esterno, in grado di reagire ed evolvere come un tutto, seguendo leggi di funzionamento proprie. Il concetto originario di sistema trova la sua estensione in quello di sistema complesso, dove vale il principio di equifinalità, secondo il quale un sistema è in grado di raggiungere autonomamente lo stesso stato di omeostasi, a prescindere dall'intervento di singoli fattori causali. Un sistema non può esistere in assenza di un ambiente, infatti c'è un interdipendenza duale tra queste entità, rispetto alla quale un particolare sistema implica il suo particolare ambiente e viceversa. Non soltanto il sistema è condizionato dall'ambiente in cui si trova, ma l'ambiente stesso è influenzato dalla presenza del sistema. Questo rapporto tra ambiente e sistema rinvia alle condizioni di apertura del sistema stesso, per evidenziare lo scambio continuo fra loro. Un sistema aperto è quello che realizzando uno scambio adeguato con l'ambiente in cui si trova, riesce a sopravvivere e riprodursi nel tempo. Un sistema chiuso, invece, è quello che in assenza del necessario scambio con l'ambiente vede il disordine interno crescere, fino a compromettere la capacità di sopravvivenza e riproduzione del sistema stesso. Ma poiché il concetto di sistema aperto poneva il problema di conservazione dei confini, e quindi di esistenza del sistema stesso, si parla poi di sistema operativamente chiuso, la cui natura non compromette la capacità di sopravvivenza e riproduzione. È stesso il sistema a decidere, non l'ambiente, poiché nel momento in cui definisce i propri confini determina in modo autoreferenziale, le condizioni di identità che ne contraddistinguono l'esistenza. Dall'autoreferenza e dalla capacità di auto-organizzazione, cioè il sistema scambia energie e informazioni con l'ambiente in maniera selettiva, viene introdotto il concetto di autopoiesi, ovvero ciò che permette a un sistema sociale di riprodurre le proprie strutture interne attraverso l'interazione con l'ambiente, in modo tale da mantenere la propria identità e confini nel tempo. Anche il concetto di funzione trova le sue origini nelle scienze biologiche, dove si intende l'attività di una cellula o di un sistema organico volta a soddisfare un bisogno dell'organismo. Sia per Spencer che per Durkheim, la funzione esprime la corrispondenza tra i movimenti vitali di un organismo e i suoi bisogni fondamentali che quegli stessi movimenti contribuiscono a soddisfare. Malinowski, affrontando questo concetto, ipotizza che la società sia articolata su tre livelli sistemici (biologico, struttura sociale, simbolico), e che ciascuno di essi sia caratterizzato da bisogni fondamentali di natura diversa, e sono considerati in modo gerarchico, partendo dal basso con i sistemi di tipo biologico. | sistemi relativi alla struttura sociale sono quelli di maggiore rilievo per l'analisi sociologica, infatti Malinowski ipotizza che siano regolati sulla base di istituzioni. La sua analisi prosegue fino a individuare quattro tipi di bisogni fondamentali di una società: adattamento, autorità politica, socializzazione educativa e controllo sociale. Parla di funzionalismo assoluto, pone il principio dell'unità della cultura, nelle società arcaiche da lui studiate, ogni società si distingue in quanto dispone di una cultura originaria e singolare, ogni elemento culturale è indispensabile per far funzionare il sistema. Fino a qui il concetto di funzione si colloca a un livello elevato di astrazione e generalizzazione teorica. Con Merton questo concetto assumerà un carattere operazionalizzabile, infatti la sua idea è che nelle scienze sociali l'analisi funzionale debba seguire gli stessi obiettivi conoscitivi delle discipline scientifiche, cioè la spiegazione dei fenomeni in base allo studio delle loro conseguenze per le strutture in cui sono implicate. Introduce dei concetti connessi all'idea di funzione sociale: 1. Equivalente funzionale, stabilisce che una stessa funzione possa essere svolta da elementi intercambiabili, cioè all'interno di diversi sistemi, elementi diversi possono svolgere la stessa funzione. 2. Disfunzione, determina l'esistenza di conseguenze che ostacolano la permanenza o l'adattamento del sistema in condizioni di stabilità, cioè la sua riproduzione in condizione di omeostasi nel corso del tempo. 3. Funzione latente, implica che fra le conseguenze osservate id un sistema possano esservene di non comprese o di non attese, e proprio la natura imprevista di queste conseguenze fa sì che spesso esse si realizzino in forma di disfunzioni, alcune delle quali possono considerarsi disfunzioni latenti. Con Parsons, il sistema viene considerato nella sua totalità, individuando le funzioni che garantiscono la sua riproduzione nel tempo. Egli individua quattro imperativi funzionali ai quali ogni società o sistema sociale dovrebbe rispondere per sopravvivere e riprodursi: ® Stabilità normativa del proprio modello culturale e Il perseguimento dei fini e L'integrazione dei propri membri e L'adattamento all'ambiente fisico, naturale e sociale. Il sistema non viene più concepito come un insieme di elementi interagenti, bensì come totalità formata da operazioni e processi che hanno un senso proprio, a prescindere dagli elementi che la compongono. Il metodo dell’osservazione partecipante, secondo Merton, è importante poiché dinanzi a ogni oggetto materiale, istituzione, l'antropologo si domanda perché esso esista, quale contributo apporti per essere necessario e per trovare posto nell'insieme culturale. Parsons è il penultimo sociologo che ha proposto una teoria complessiva della società, con l'ambizione di spiegare le società del ‘900 e i tratti essenziali attraverso i quali esse nascono e si sviluppano. Individua quelle funzioni essenziali che ritroviamo in tutte le società, senza le quali non possono stare in piedi, per questo è un funzionalista. La sua intenzione era di costruire un sistema teorico che spiegasse il funzionamento sociale e l'intero sistema dell'azione umana, partendo dal concetto di azione non solo come fenomeno sociale, ma come azione umana, consapevole o inconsapevole che sia, includendo i sentimenti, i pensieri. | quattro contesti fondamentali dell’azione umana, secondo Parsons, sono: 1. Contesto culturale 2. Contesto sociale 3. Contesto psichico 4. Contesto biologico Ogni azione umana si inserisce in tutti e quattro i contesti, risultato di interazione tra questi quattro livelli. Crea una distinzione puramente teorica, idealtipica, che configura il quadro complessivo dell'azione umana, il terreno sul quale si ricongiungono tutte le scienze dell'uomo. Ognuno di questi contesti viene considerato come un sistema a sé stante interdipendente dagli altri, i quali costituiscono l’ambiente circostante nel quale quel sistema agisce. Per avvalorare questa sua spiegazione, individua una doppia gerarchia di questi sottosistemi che dipende da due variabili: l'informazione e l'energia vitale. Se consideriamo l'informazione, questi livelli sono posti in un ordine gerarchico che vede andare il contesto con più informazioni (culturale) a quello meno carico (biologico); se prendiamo l'energia vitale, si parte dal sistema biologico fino al culturale. | quattro contesti costituiscono ognuno un sistema, infatti anche la cultura è un sistema aperto al contesto esterno, cioè sistema sociale (insieme delle strutture, organizzazioni, istituzioni che compongono la società), contesto psichico, ecc. Il sistema culturale è aperto perché riceve input da altri sottosistemi che possono richiedere un feedback, un mutamento di alcune parti del suo sistema. Il sistema biologico è aperto perché, ad esempio, non facciamo i nostri bisogni per strada poiché esso è regolato dal contesto esterno, cioè dagli altri sistemi. Li suddivide in due raggruppamenti: 1. Sistema dell'azione sociale, formato dal contesto culturale e quello sociale 2. Sistema della personalità, formato dal contesto psichico e quello biologico Questi due sistemi rappresentano il micro e il macro, interconnessi perché c'è una gerarchia e perché spiega l'anello di congiunzione attraverso la psicoanalisi freudiana e la suddivisone della personalità nei tre livelli dell'es, lo, e Super-io, ed è rappresentato proprio dal Super-lo che entra nel sistema della personalità regolando norme, attività sociali del sistema dell'azione sociale. Il concetto di istituzionalizzazione serve a differenziare il contesto culturale da quello sociale, ed è la traduzione di idee, valori, simboli in concreti insiemi di formazioni sociali che li custodiscano, esercitino e vivifichino nella società. Il sistema sociale è l'insieme di quelle rappresenta un elemento di partenza per l'evoluzione verso un'unica cultura universale. Teoria che fa leva sull'egemonia della cultura occidentale e sulla titolarità del progresso come miglioramento continuo. Teoria ben presto criticata da Boas il quale si oppone alla diversità biologica degli esseri umani appartenenti a diverse etnie, ma assume come unica diversità quella culturale. Allo stesso modo Weber definisce la cultura come una sezione finita dell'infinità del mondo a cui viene attribuito senso e significato dal punto di vista dell'uomo. Ogni sezione è quindi unica, ma inevitabilmente legata alle altre sezioni. Quello che per Maffesoli assume i termini di realitat (infinità priva di senso, reale) e mondo reale (insieme delle sezioni finite con senso e significato). La cultura è quindi quella parte di realitat a cui è applicato il riduzionismo del paradigma moderno (mito di Procuste: Eleusi simbolo della religione misterica>ignoto ; Atene> mondo umano equilibrio e armonia. Il passaggio dall'ignoto è possibile solo mediante una riduzione delle parti superflue, irrazionali, a vantaggio della ragione). Ciò porta a dire che le capacità intellettive dell'uomo non possono confrontarsi con la realitat senza una mediazione che semplifichi quest ultima. La semplificazione è necessaria, ma deve essere relativizzata, cioè deve tener conto anche della complessità e dei limiti della parte di verità che rappresenta. La cultura oggettiva è quindi quell'insieme di province di significato prodotte da semplificazioni operate al suo interno, tuttavia non ha bisogno di iperspecializzare ed eliminare i rapporti tra le varie parti, altrimenti di farebbe ricorso a quella che Morin definisce intelligenza cieca (incapace di percepire i legami tra i diversi ambiti disciplinari e il contesto comune che da a loro senso). ECCEZIONALISMO COGNITIVO E INCERTEZZA: Il paradigma moderno non fa altro che ridurre ed escludere i legami tra le varie parti della realitat a cui l'uomo da senso, come fa notare Shiva, la quale definisce la scienza come una disciplina che fa leva sull'eccezionalismo cognitivo, ovvero sull'idea per cui la scienza produce un sapere assoluto a prescindere da antecedenti storici, sociali e culturali. Ma questo dogmismo scientifico, e conseguentemente tecnoscientifico, non è accettabile perché è evidente come il mondo, l'uomo, la società non sono svincolati dalla storia, dalle relazioni sociali e dalla cultura, e comunque di come la stessa scienza ha dimostrato con i suoi stessi mezzi di essere limitata, relativa, indeterminata e incompleta. A questo punto anche il sapere definito certo nel XX secolo, non è più tanto certo, nonostante la scienza non abbia accettato questa sua condizione per non perdere l'egemonia cognitiva. CULTURA SOGGETTIVITA' E IDENTITA’: Accettando il paradigma delle false certezze scientifiche l'uomo si è sottratto alla responsabilità di scegliere, fonte infinita di incertezza sulle conseguenze che ne derivano. Allo stesso modo, si è sempre più strutturata l’idea di progetto come schema di certezze da seguire. Weber a proposito stabilirà la dicotomia “azione razionale rispetto allo scopo” (azione economica tesa alla massimizzazione dei profitti) e “azione razionale rispetto ai valori” (razionalità che attua come giudizio la soggettività). Nella società attuale è sicuramente più comodo il primo tipo di razionalità, sintetizzato dalla frase “business is business", che fa della definizione weberiana di “uomo culturale capace di assumere con consapevolezza posizione nel mondo e di attribuirgli un senso”, una visione forse troppo ottimista. Tutto ciò fa della cultura soggettiva, da una parte una forza creatrice da cui la cultura oggettiva trae origine; da un'altra la capacità di giudizio e orientamento che consente di vivere nella società dandole un senso; da un'altra ancora il processo circolare di trasformazione dell'esperienza e dello studio nello strumentario critico e cognitivo che alimenta e consente creazione e valutazione. Nella normalità, cultura oggettiva e soggettiva dovrebbero essere bilanciate, ma il paradigma razionale fa si che prevalga sempre quella oggettiva. Ma nella quotidianità è sempre più richiesta l'espressione della cultura soggettiva, nelle scelte apparentemente banali tramite cui si selezionano i materiali della cultura oggettiva e si applicano ai propri interessi. Significa scegliere, attuare il motto delfico del “conosci te stesso", e rendersi unici attraverso le proprie inclinazioni e interessi, conferendo senso e significato al mondo, non attraverso il consumo e le merci come prevede la società attuale. LA MORALE: Il problema sta nel fatto che la scienza non ha mai avuto voce in capitolo circa i problemi essenziali dell'uomo (bene/male, giusto/sbagliato) , affrontati sempre con la logica esclusiva dell'aut/aut, che esclude di fatto la quotidianità a vantaggio dell'eventualità degli eventi, la pratica a vantaggio della teoria assolutamente perfetta. La cultura soggettiva in ultima istanza è questo tentativo di mettere in primo luogo la propria volontà, di scegliere piuttosto che di avere scelte dettate dall'esterno dai dogmi imposti, e dove la “sensatezza”" risiede nell' agire secondo il contesto in cui ci si trova, piuttosto che agire secondo concetti astratti e universali. IL RUOLO Tutti sono portatori sani di ruoli fin dalla nascita, sono tutti esperti nel giudicare le interpretazioni proprie e altrui e nel valutare sanzioni positive o negative che esse meriterebbero. Si tratta però di un sapere tacito, incorporato, di cui si dispone senza esserne consapevoli, che può derivare dall'esperienza soggettiva o dai processi di socializzazione che danno vita a una “cultura implicita, che non si impara, ma si respira”, che si applica ma senza chiedersi come e perché. Il ruolo è parte ineliminabile di se stessi, che influenza le scelte ei comportamenti, e spesso riesce a presentarsi come tutto il “sé” pur essendo molto vicino a una maschera. “Ruolo” deriva dal latino “rotulus” è ha due significati particolarmente istruttivi: 1) Elenco delle cause da trattare in tribunale nell'antica Roma, era inderogabile 2) Canovaccio della commedia romana (traccia su cui l'attore decide in base allo spettacolo come comportarsi; a differenza del copione, dove l'attore deve eseguire un testo prescritto e rispettare spazi e tempi). Ci si trova di fronte a due oggetti apparentemente distinti, Dahrendorf indica nel ruolo l'anello di giunzione dei due opposti: 1) Da una parte una componente normativa che si configura come obbligo; 2) Dall'altra una libertà variabile di interpretazione che descrive il concetto di azione; La retorica modema, tende però a negare ogni forma di immagine autonoma e soggettiva, quindi nella comprensione diffuse del ruolo, questo viene percepito come un'odiosa costrizione ridotta a un'imposizione senza motivo. MODELLI DI COMPORTAMENTO E ASPETTATIVE: Il ruolo è un insieme di modelli di comportamento finalizzato alla soddisfazione di un bisogno o desiderio diffuso nel corpo sociale> si tratta di un modo per rendere più semplice la vita dei membri del gruppo> è uno strumento prezioso per l'azione soggettiva, in quanto consente di ottimizzare le proprie risorse e di entrare in relazione con gli altri su basi di reciprocità. Come infatti aveva già affermato Durkheim: l'opposizione tra norme e libertà è falsa > la libertà soggettiva può esistere solo grazie alle norme (la realtà esterna è il margine di libertà dell'attore). Le regole fomiscono il supporto necessario all’azione individuale (sicurezza istituzionale) fatta di stabilità necessaria a consentire il progetto; il margine di libertà è l'entità che non si può misurare, che sfuma le pretese soggettive, croce e delizia dell'essere umano. Il ruolo può essere compreso come “l'insieme delle aspettative che derivano dall'occupare una specifica posizione sociale” > aspettativa è ciò che è lecito, giusto aspettarsi, ma di cui non si è certi. E' il luogo del condizionale, lo scarto tra realtà e visione del mondo, ed è molto importante poiché gran parte della vita di fonda su di essa. LE DIMENSIONI IMPLICITE DELL’ASPETTATIVA RELAZIONALITA’: Parlare di aspettative vuol dire aspettarsi qualcosa da qualcuno, quindi la presenza ineliminabile dell'altro, e questo mette in evidenza il carattere bidirezionale della relazione, in quanto nell'idea di aspettativa è evidente la contemporaneità tra l'aver titolo ad aspettarsi e l'esser colui da cui ci si aspetta. L'aver tenuto fede alle aspettative altrui dà titolo a chieder conto di eventuali mancanze, e riequilibrare realizzando mancati comportamenti o cose simili. Il gioco delle aspettative permette di costatare quanto una relazione sia molto più del “do ut des" (dare per avere) che ormai è la chiave interpretativa della tarda modernità. FARE COME SE: Il sapere dell'incertezza può essere parte della saggezza, ma rischia di essere un ostacolo all'agire, portando alla paralisi e all'angoscia. Si scopre che l'unica tattica possibile ad immaginare e progettare anche se è tutto nelle mani del destino, è “fare come se” le garanzie esistessero. L'essere umano è capace di credere e non credere allo stesso tempo in qualcosa e di gestire così l'altrimenti intollerabile tensione che scaturisce dalla sua incertezza essenziale. LA FIDUCIA: La fiducia si evoca ovunque (politica, economia, finanza, rapporti) ma resta introvabile. E' il fondamento del “come se”, ciò che permette di superare l'abisso che divide il progetto dalla sua realizzazione, che trasforma una semplice aspettativa in un reale supporto all'azione e all'esistenza> se non si credesse di poter realizzare qualcosa, non si giungerebbe neanche al tentativo di farlo. Il passaggio dall'immaginazione alla realizzazione non può fare a meno della fiducia, che ha due concezioni: “concezione razionale” (ritiene che sia la mancanza di informazioni e di capacità di controllo sulla realtà a determinare il ricorso alla fiducia), e la “concezione normativa” (che fa riferimento al paradigma del legame sociale>quando si ha a che fare con individui, la rischiosità dell'azione chiama in causa altri elementi, quali aspettative e varie rappresentazioni). Accanto alla fiducia istituzionale e interpersonale, dovremmo aggiungere la fiducia “naturale o ingenua” caratterizzata dalla spontaneità senza intenzioni. In conclusione possiamo dire che la fiducia è : un'aspettativa positiva riguardo il fatto che l'altro porterà a termine un compito che ha effetti su di noi. LA RELIGIONE: è oggetto di studio per pochi, come se fosse di poco conto e di nessun interesse per il resto della società. Eppure Weber, Simmel e Durkheim l'hanno considerata centrale per nella comprensione del loro tempo. Ridurre la religione al suo elemento strumentale di controllo e direzione delle masse rischia di fame perdere di vista altri aspetti di grande rilevanza. impediva all'uomo di realizzare la propria volontà e di avere piena padronanza sulla propria vita e sul mondo. Libertà e controllo sono due parole chiave per comprender gli ultimi secoli di storia delle nostre società: entrambe vengono interpretate secondo un paradigma esclusivo che prevede la schiavitù da una parte, l'assoluta mancanza di intralci e dominio totale dall'altra. Nel secondo dopoguerra, quando per una serie di singolarità dovute agli sconvolgimenti bellici molte cose cambiano, e la modernità economicista si impone come unico criterio e codice interpretativo della realtà. Codice tuttavia incapace di cogliere dimensioni essenziali dello “stare-insieme”" e atto ad alimentare aspettative di impossibile realizzazione, come quelle relative appunto alla condizione soggettiva e alla libertà e autonomia che dovrebbero caratterizzarla. Non che l'individuo non esistesse prima della modernità, si trattava però del soggetto empirico, cioè l'esemplare individuale della specie umana cosi come la si incontra in tutte le società, e non dell'essere morale indipendente , autonomo e di conseguenza non-sociale, portatore dei nostri valori supremi, che si incontra nella nostra ideologia moderna dell'uomo e della società. La declinazione modema di autonomia e libertà è priva di fondamenti e fuorviante. L'essere umano è tutt'altro che indipendente. Come afferma Morin “è un sistema aperto per il quale la relazione con l'ambiente circostante è costitutiva. Un mondo di atomi è un mondo infelice e sottomesso al potere di tumo, perché il “noi” è pericoloso solo per chi intende sfruttare la solitudine e lo smarrimento altrui per i propri fini; mentre nella riscoperta della collaborazione e della vicinanza all'altro sta una delle soluzioni al disagio contemporaneo e delle strategie migliori di dispiegamento del Sé. CAPITOLO 8 IL CAMBIAMENTO SOCIALE Parsons spiega che prima avviene un cambiamento nella struttura con una segmentazione dei ruoli e formazioni sociali e poi avviene un cambiamento nella loro deontologia ed etica iniziale, in termini di valori culturali. Questi gruppi in genere inizialmente mostrano una grande apertura di azione e possibilità, successivamente l'ambiente sociale impone loro di attenersi a norme e valori maggiormente condivisi. Può accadere anche il contrario, dove i gruppi esercitano un'influenza all'intera collettività, ma bisogna vedere se è funzionale questo cambiamento. Le élites possono essere politiche, culturali, economiche, che contribuiscono al cambiamento sociale. Il cambiamento è stato una dimensione costante della storia umana. Emerse ben presto la necessità di dare un senso al passato, tramite la storiografia, ma anche di interpretare il presente e cercare di formulare previsioni future. La cultura di ogni società contiene determinate rappresentazioni degli aspetti fondamentali della realtà, come la rappresentazione del tempo che indica la direzione che, secondo quella società, la successione di eventi del mondo è destinata a prendere. Ci sono due modi per rappresentare il tempo: ® quello circolare: Lo schema circolare rappresenta l'idea che non esiste un vero e proprio cambiamento storico, in quanto ogni evento che si è verificato in passato è destinato a ripetersi prima o poi, più o meno uguale al precedente. ® quello lineare. Per quanto riguarda il concetto lineare del tempo, è emerso col cristianesimo e si basa sulla narrazione biblica della creazione, che prevede un inizio del tempo e una sua fine sempre per volontà divina. Ogni eventuale cambiamento, quindi, viene percepito come un turbamento dell'ordine divino, una catastrofe. Con la modemità viene sovvertita questa rappresentazione del tempo, attraverso due concetti: il progresso e l'evoluzione, che implicano un'idea positiva dello scorrere del tempo, e l'dea che la realtà che si sperimenta nella vita quotidiana non è immutabile ma può cambiare in meglio. È proprio la sociologia del mutamento che si occupa di individuare le cause e le condizioni per cui questo si verifica, e i possibili esiti che ciò potrebbe avere in futuro. L'approccio positivista è il primo in ordine cronologico ad aver interpretato il cambiamento sociale, e coincide con l'emergere stesso della sociologia come scienza autonoma. Qui ritroviamo Durkheim che, come Comte, vede la supremazia della società sull'individuo, sia perché questa lo modella, sia perché i suoi interessi prevalgono su quelli individuali. Entrambi rappresentano una legge del mutamento sociale come un movimento dal piccolo al grande e dal semplice al complesso. Durkheim sostiene che il cambiamento è un fenomeno interno alle società, in quanto conseguenza di fenomeni sociali che tutto sono tranne che naturali. Questi fenomeni sono di due tipologie: da una parte c'è l'aumento di densità morale, per cui i rapporti sociali si estendono oltre i loro confini iniziali, dall'altra parte c'è la densità materiale, come l'aumento demografico, l'urbanesimo, la nascita di mezzi di trasporto e di comunicazione, che facilitano l'interazione tra gli individui. In alcuni passaggi de La divisione del lavoro sociale, egli sottolinea come il passaggio da una società semplice a una complessa avvenga quando entrambe le categorie si verificano. Tuttavia, sostiene che la densità demografica è condizione necessaria affinché si verifichi anche la densità morale, che porta effetti positivi sul processo di divisione del lavoro. A differenza di Comte che considerava il cambiamento come una sorta di necessità naturale, per Durkheim esso rimane un fatto sociale indipendente dalla volontà dei singoli, ma avviene solo in determinate condizioni che, teoricamente, potrebbero anche non verificarsi affatto. Nell'approccio marxista ritroviamo il concetto di materialismo storico, dove per materialismo si intende il fatto che una società va osservata e compresa in base al modo in cui gli individui collaborano al fine di soddisfare i loro bisogni materiali, mentre per storico si indica il fatto che i caratteri di una società in una certa epoca sono il risultato di un processo di cambiamento dovuto al conflitto tra classi sociali che lottano per far prevalere i loro interessi a discapito di quelli delle altri classi. In sostanza, per Marx ed Engels la struttura di ogni epoca viene considerata come il risultato di precedenti azioni umane. La corrente storicista, nata in Germania alla fine del XIX secolo, si contrappone al positivismo che sostiene che la realtà sia una sola, regolata in tutti i suoi ambiti dalle stessi leggi. Emerge la consapevolezza dell'impossibilità di cogliere delle leggi precise del divenire umano, che dunque va descritto come un succedersi di eventi dai quali non è possibile estrapolare alcuna regolarità. Lo struttural-funzionalismo non lascia spazio al cambiamento sociale, infatti nasce con il proposito di individuare le funzioni che impediscono a una sistema sociale di entrare in crisi e di crollare su sé stesso, e ogni variazione dell'equilibrio sociale viene percepita come una minaccia per la sopravvivenza del sistema. Di fronte a una strutturazione così rigida, come si Spiega che una società si trasformi col tempo? Parsons ci dice che all'interno di ogni sistema sociale esiste una forte tendenza alla complessità e alla differenziazione, per cui aumenta il numero delle funzioni necessarie al sistema e di conseguenza anche le istituzioni preposte alla loro implementazione. Inoltre, egli individua due tipi di cambiamento: 1. Cambiamento esogeno, che consiste in modifiche delle condizioni esterne ad un sistema sociale, causando il cambiamento del sottosistema economico di quest'ultimo, e anche degli altri sottosistemi della vita sociale (es. scoperta del petrolio, innovazioni tecnologiche) 2. Cambiamento endogeno, che origina all'intemo del sistema sociale quando personalità carismatiche o riformatori religiosi impongono una trasformazione della dimensione culturale della società, mutandone i valori, le norme. L'approccio della strutturazione di Giddens mostra come il cambiamento storico sia il frutto della combinazione fra gli elementi strutturali della società (istituzioni, usanze) e quelli che invece sfuggono a schematizzazioni precise, cioè le azioni degli attori sociali, individuali o collettivi. L'approccio della sistemica, invece, sostiene che un sistema sia un insieme integrato di parti che presenta delle caratteristiche non riconducibili alle parti stesse. Tra gli agenti del cambiamento sociale troviamo le élites, che hanno un carattere prevalentemente conservatore. Nella versione più classica di tale teoria, pertanto, risulta difficile conciliare l’idea di élite con quella di cambiamento sociale. Il fondatore stesso della corrente elitista, Mosca, per esempio, sottolinea come nel confronto fra élites e massa, la seconda sia destinata comunque a soccombere, indipendentemente dalle istanze di cambiamento sociale o di rinnovamento di cui questa potrebbe essere portatrice, mentre le prime sono destinate a prevalere per un semplice discorso quantitativo: essendo formate da un numero relativamente ristretto di persone, al loro intero la comunicazione e quindi l'organizzazione risulta estremamente più facile rispetto alle masse. I gruppi di potere, in latri parole, essendo tesi alla conservazione della loro posizione ai vertici della società, sono per natura da considerare ostili ad ogni forma di cambiamento e di innovazione; ed essendo inoltre destinati, o quanto meno favoriti, a prevalere sulle masse, ne deriva che il cambiamento viene ad assumere, da un punto di vista elitista, un ruolo del tutto marginale nella vita sociale. Ragionamento analogo vale per un altro autorevole esponente della corrente elitista, Michels. Egli sottolinea che ogni forma di organizzazione delle attività umane prevede che determinati individui esercitino delle funzioni decisionali o di controllo, e che il fine di questi individui sia invariabilmente quello di mantenere tale posizione. Pareto, che forse è il più illustre esponente di tale scuola, sembra riconoscere invece una certa corrispondenza fra successione di élites e cambiamento sociale, per cui ad ogni epoca emergerebbe una minoranza di persone che sono quelle più in grado di interpretare e guidare le esigenze della società in quell'epoca specifica. Elias e Taylor hanno individuato nel corso della storia, specialmente quella occidentale, una linea di cambiamento che comincia appunto dai vertici, ovvero dalle élites, per diffondersi via via a strati più larghi della società. Una simile tendenza al cambiamento dall'alto verso il basso è stata individuata anche in altri fenomeni, come quello della diffusione della moda. scambio di informazioni, si creano le condizioni per una divisione del lavoro più specializzata. e Secondo Weber, il passaggio da feudalesimo a capitalismo ha portato anche trasformazioni nei valori culturali di una società, per cui il lavoro da strumento di sussistenza, diventa mezzo per mostrare la benevolenza di Dio a colui che ottiene successo nel proprio ambito professionale. CAPITOLO 9 “LA MODERNITA'. ORIGINI, CARATTERI, EVOLUZIONE” “COMUNITA’ E SOCIETA” Tonnies fu il primo ad usare i termini comunità e società. Ha posto l'accento sul tipo di volontà dei membri dell'una e dell'altra. Una comunità si caratterizza per una volontà essenziale, o organica, mentre la società si caratterizza per una volontà arbitraria, cioè una formazione del pensiero stesso, la quale possiede una realtà solo in relazione al suo autore. L'autore evidenzia anche come una comunità sia in genere espressione di legami più elementari, ma saldi, mentre in una società non c'è unità. In una simile organizzazione sono prevalenti i rapporti secondari e formali. Ciò implica che nel passaggio da una comunità ad una società si è rotta in qualche modo una forma di unità dei gruppi e la loro stabilità, ma allo stesso tempo si possono instaurare legami più liberi, non determinati dalla nascita. Le riflessioni di Tonnies riprendono quelle di Durkheim sulle differenze di capacità cognitive tra un contesto di solidarietà meccanica e chi vive in un contesto di solidarietà organica (maggiore capacità di astrazione mentale, essendo costretti sin dalla prima infanzia a gestire una quantità di impulsi e di informazioni maggiore che nel passato). IL PROCESSO DI RAZIONALIZZAZIONE E BUROCRATIZZAZIONE: Dai tempi dell'Illuminismo e dell'epoca delle rivoluzioni, è stata posta tanta fiducia nella ragione: la razionalità avrebbe dovuto essere il quadro di riferimento e di orientamento dell'agire umano e l'elemento ordinatore della vita collettiva. L'unica forma di razionalità capace di assolvere questa funzione è stata l'economia, che si fonda su un unico valore: l'interesse. La razionalità moderna ha esteso il ruolo del mercato, creato strutture sempre più sofisticate di comunicazione e le ha innestate come protesi sulla realtà per razionalizzarla, creando dei mondi che possono andar bene per un individuo astratto e generalizzato, ma non per la realtà (sui grandi scenari della società globale non vengono considerate emozioni, istinti, sfociando in episodi di violenza e odio razziale). L'etica e la morale sono state ridotte a fatto marginale della vita di gruppo e mediante l'economia si è costituito un ordine sociale necessario alla crescita in densità della società, ma ha anche portato ad un parallelo disordine e conflitto. Tale tendenza è ciò che Weber ha definito razionalizzazione ed indica il destino dell'occidente, sostituendo l'incerto, i sentimenti e i valori con il prevedibile, il calcolo e il fine razionalmente posto. L’INDIVIDUALIZZAZIONE E LA DIVISIONE DEL LAVORO: SIMMEL: vede nella divisione del lavoro il fattore che ha determinato la “tragedia della cultura moderna”, in quanto concorre a conferire l'individualità, ma anche l'alienazione. L'autore si preoccupa su come l'individuo possa preservare l'indipendenza di fronte alle trasformazioni del mondo del lavoro. L'autore si interessa del passaggio dal piccolo al grande gruppo, da cui derivano i concetti di individualismo quantitativo (autonomia dell'individuo in un gruppo ampio e autonomo) e di individualismo qualitativo (riconoscimento delle caratteristiche che rendono un individuo unico). Simmel spiega come la capacità di autonomizzazione venga, nelle società moderne, reso possibile grazie alla condizione di compartecipazione che a ciascuno è data rispetto ai gruppi. RIFLESSIVITA': Termine in relazione con le grandi trasformazioni culturali e materiali, che hanno compiuto il passaggio da un'economia di sussistenza a carattere agricolo (tipica del Medioevo) ad una a carattere monetario-capitalista. Si comincia quindi a delineare una situazione in cui il potere politico da una parte ha compiti del tutto nuovi (non difende più solo i confini e controlla il rispetto dell'ordine sociale voluto dalle divinità), sviluppo economico all'interno dei confini dei nuovi Stati; dall'altra i centri del potere non si relazionano più con dei sudditi ma con dei cittadini che pretendono la partecipazione attiva nella gestione del potere: queste condizioni favoriscono la nascita degli stati-nazione moderni. Tutto ciò implica la necessità di raccogliere informazioni relative a territori su cui esercitano la loro sovranità, poi c'è un ciclo di scoperte geografiche, che lasciano scoprire l'esistenza di numerose civiltà diverse da quella cristiana (quindi i costumi, i simboli e i valori che erano stati assimilati attraverso i secoli, ora possono essere messi in discussione. Poi c'è stata l'invenzione della stampa a caratteri mobili, che è stato un rilevantissimo cambiamento di tipo cognitivo, crescita delle informazioni nei settori alfabetizzati, contribuendo a indebolire l'idea che la realtà esistente sia perfetta e immutabile. Acquisiscono la consapevolezza che il mondo non è sempre stato uguale a se stesso, ma soggetto a leggi storiche ed inevitabili cambiamenti. Inoltre c'è la Riforma protestante, con cui la chiesa romana perde il suo potere politico, poi la Rivoluzione scientifica che stabilisce che un giudizio possa essere considerato vero solo se formulato con criteri oggettivi di raccolta e trattamento dati: questo metodo entrerà presto a far parte del senso comune delle società moderne. La modernità si basa su una serie di processi storici che hanno fomito all'individuo una grande mole di informazioni, che inevitabilmente portano a mettere in discussione l'ordine esistente delle cose. IL DISINCANTO DEL MONDO: Il concetto di disincanto di WEBER propone una concezione di vocazione e di personalità finalizzata a costruire la speranza per vivere una vita dotata di senso in un'epoca in cui prevale un forte disorientamento culturale. L'autore sostiene che il mondo della scienza naturale e quello della scienza dell'uomo sono divisi e si differenziano dalla spiegazione e dalla comprensione dei fenomeni. Ciò vuol dire che per capire e ricostruire il significato di un'azione degli uomini è necessario risalire al senso che essi hanno dato alle loro azione, cosa impossibile. Per questo si deve individuare il tipo ideale per ogni azione, da qui Weber definisce l'idealtipo, ottenuto mediante l'accentuazione unilaterale di uno o di alcuni punti di vista. Si tenta di riunire soggetto e ragione nel gioco della modernità e di fornire la modernità di un nuovo statuto oltre la frammentarietà che emerge come elemento distintivo; qui è fondamentale la complementarietà di libertà e solidarietà. MODERNITA' RIFLESSIVA: Beck imputa l'incertezza che caratterizza la modernità riflessiva alla tecnologia e alla politica modeme, che implicano sempre qualche forma di rischio. Per l'autore la modernità consisterebbe in un cambiamento radicale delle forme in cui si manifesta la diseguaglianza sociale. Definisce ciò società del rischio, in quanto la nuova forma di diseguaglianza sta nella maggiore o minore probabilità di difendersi da tali rischi; nel mondo contemporaneo tali rischi sono di natura artificiale. Prendere consapevolezza di tali rischi significa doversi misurare con una storia secolare ed una struttura culturale. Secondo Giddens la riflessività è tipica di ogni società umana, ma la riflessività moderna si caratterizza perché le rappresentazioni del mondo e i modelli di azioni sono reinventati in seguito alle informazioni che gli individui hanno in relazione a tali azioni. Il problema è che non è possibile prevedere in anticipo l'intensità e la direzione dell'influenza che tali conoscenze sociologiche andranno ad esercitare sull'azione sociale. DIFFERENZIAZIONE E INTEGRAZIONE: ECONOMIA E LAVORO NELL'EPOCA CONTEMPORANEA: A tutti i mutamenti culturali e cognitivi si sono aggiunti i cambiamenti materiali e tecnologici. A partire dal secondo dopoguerra, si sono verificate una serie di innovazioni tecnologiche, che sempre più sofisticate, porteranno la nostra civiltà sempre più vicina a un mondo senza lavoratori. E' in atto una quarta rivoluzione industriale: questo non significa che il lavoro sia finito, ma le nuove tipologie di occupazione impongono di definire in altro modo il rapporto dell'individuo con la società e la sua capacità di integrazione (non più col lavoro). Il lavoro a tempo indeterminato viene sostituito da forme atipiche di occupazione, che enfatizzano una mobilità senza sicurezza, e proprio la precarietà e l'incertezza occupazionale minano i progressi di socializzazione, perché marginalizzano i rapporti tra gli individui. Il termine “lavoro” assume significati diversi, tra cui i due più importanti: e “LAVORO SOSTANZIALE” (l'attività lavorativa volta a soddisfare direttamente un bisogno del lavoratore, indipendentemente dal reddito corrispettivo, ma come soddisfazione morale e psicologica) e "OCCUPAZIONE" (attività che è indipendente dal suo contenuto sostanziale, ed è offerta sul mercato in cambio di reddito) Il lavoro non è più un fine, ma è un mezzo: la situazione di non occupazione dei disoccupati, l'essere fuori dalla produttività economica vuol dire trovarsi in uno stato di esclusione anche sociale. “DISEGUAGLIANZA E DISCRIMINAZIONI DI GENERE”: La mobilitazione delle donne e la sua subordinazione all'uomo in termini sociali, politici, economici e culturali, è ancora lontana dall'aver raggiunto un'uguaglianza, ma è innegabile che ci sono stati passi avanti. L'avvento della globalizzazione, ha portato a contatto la cultura occidentale con altre, dove esperienze di liberazione e di emancipazione femminile erano e sono ancora assenti. Un paradosso come questo sembra ancora lontano dall'essere risolto. LE TEORIE DELLO SVILUPPO “LE POLITICHE PER LO SVILUPPO TERRITORIALE”: Varie teorie dello sviluppo (basate sul principio che il mutamento sociale sia un processo che ha trasformato le società agrarie in società industriali): ROSTOW: Propone un modello capitalistico e anticomunista, secondo il quale la crescita economica è un processo automatico se si assume che la società sia in grado di rispondere ai potenziali di crescita disponibili, raggiungendo il take off, uno stato in cui l'economia riesce a rendere produttivi gli avanzamenti tecnologici. ORGANSKI descrive quattro stati di modernizzazione: e Unificazione primitiva: prevede la costituzione e il mantenimento di un potere politico centrale; Industrializzazione: trasforma l'economia e favorisce lo sviluppo del terzo stadio; Welfare state: terzo stadio affermato;
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