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Riassunto del libro "Storia dell'idea d'Europa" di Federico Chabod, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto discorsivo del libro "Storia dell'idea di Europa" di Federico Chabod, corso di Storia Moderna della prof Cavallera dell'Università degli Studi di Milano.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018
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Scarica Riassunto del libro "Storia dell'idea d'Europa" di Federico Chabod e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! FEDERICO CHABOD (Aosta 1901-Roma 1960) è stato uno storico, alpinista e politico italiano . Esponente del pensiero laico e anticlericale. Nel 1936 progettò una storia della politica estera italiana dal 1861 al 1914 alla quale lavorò fino al 1951. Vicino al Partito d'Azione, partecipò alla resistenza in Valle d'Aosta, prese parte alla stesura della Dichiarazione di Chivasso e divenne in seguito primo presidente del Consiglio della Valle, contribuendo ad assicurarle la condizione di regione a statuto speciale. Nel 1946 fu chiamato alla facoltà di Lettere dell'Università di Roma e, lo stesso anno, alla direzione dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce. Fu direttore della Rivista storica italiana e della Scuola di storia moderna e contemporanea dell'Università di Roma, membro dell'Accademia nazionale dei Lincei, della British Academy, dottore honoris causa all'Università di Oxford e di Granada, presidente della Società internazionale degli storici. Opere: L'Italia contemporanea, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Lezioni di metodo storico, Scritti su Machiavelli, Scritti sul Rinascimento, Il ducato di Milano e l'impero di Carlo V, Lo Stato e la vita religiosa a Milano nell'epoca di Carlo V, Storia di Milano nell'epoca di Carlo V, Carlo V e il suo impero, Storia dell'idea d'Europa, Idea di Europa e politica dell'equilibro, L'idea di nazione. STORIA DELL’IDEA D’EUROPA Premessa Rispondere al quesito come e quando i nostri avi abbiano acquistato coscienza di essere europei. Impulso alla ricerca storica derivi sempre da ansie affetti e timori del presente, da problemi ben vivi in tutti e per tutti. L’impulso alla ricerca è sempre soggettivo. Ogni storico si one interrogativi che nascono dalla sua coscienza. Per questo la ricerca storica non è mai finita, ma è sempre in divenire. Ma poi ogni storico deve pensare alla ricerca della verità senza usare il proprio giudizio, o le proprie idee. La ricerca perciò si compone di due momenti: quello soggettivo e quello oggettivo. Interesse del libro è indagare l’Europa culturale, morale e politica. CAPITOLO PRIMO Il concetto di Europa deve formarsi per contrapposizione, deve scontrarsi con ciò che non è Europa. La prima contrapposizione (con l’Asia) è opera del pensiero greco. Tra le guerre persine e Alessandro Magno si forma il senso di un’Europa opposta all’Asia per costumi e organizzazione politica e che rappresenta la “libertà”. Europa limitata geograficamente perché la si identifica con la sola Grecia o con i popoli che hanno rapporti stretti con essa (Sud Italia, coste della Gallia e spagnole). Già autori greci come Erodoto e Ippocrate parlano di un’Europa geografica e un’Europa morale/culturale (es Sciti). Aristotele addirittura distingueva tra Grecia, Europa (popoli del Nord) e Asia. Quindi quando si parla di Europa dal punto di vista politico- culturale-morale si pensa alla Grecia e ai popoli in strettissimo rapporto con essa, i criteri di valutazione per questa definizione sono: “libertà” politica (si è cittadini e si vive secondo leggi) ellenica contrapposta alla “tirannide” asiatica; costumi; organizzazione politica; capacità militare . Il primo criterio è importante perché da allora all’idea di Europa si assocerà quella di libertà, all’idea di Asia quella di servitù (ad esempio dopo Azio, si racconterà di un Oriente come terra di schiavitù). Quindi fra V e VI secolo a.C. sorge una coscienza europea contro una asiatica in un clima di difesa, dapprima, ma poi acquista un carattere di offesa (questa contrapposizione si trova in Isocrate). Ma ci fu l’ecumene ellenica che fece sparire questa contrapposizione, e successivamente ci fu l’ecumene romana che portò la contrapposizione sul piano Romano-barbaro. E poi il cristianesimo portò la contrapposizione sul piano cristiano-pagano. E in queste visioni unitarie l’Europa non ha acquistato una sua fisionomia morale. La parola Europa è usata come termine geografico, mentre per indicare l’ambito culturale-morale si usa Christianitas. In età carolingia (e non solo) si forma una seconda contrapposizione tra: cristianità occidentale = Europa, sottoposta a Carlo Magno; cristianità orientale = Bisanzio, sottoposta all’imperatore. Inoltre l’aggettivo “europaeus” nasce nel XV con Enea Piccolomini. La contrapposizione cristiano-pagano si sovrappone a quella romano-barbaro? Ci sono due tesi: per E. Sestan i due concetti si fondono, chi non è cristiano è barbaro. Per R. De Mattei una simile equivalenza non sussiste, anzi ci sono due contrapposizioni: pagano-cristiano e romano-barbaro. La seconda tesi pare spuntarla sulla prima, ma bisogna riconoscere che l’accostamento barbaro-pagano avveniva spesso. Nel Medioevo, dunque, non si parla di Europa, ma di Cristianità, ovvero il genere umano governato da un solo capo nel temporale l’imperatore, in quello spirituale il papa. Due poteri che sono i due volti di un essere bifronte. Teoricamente questo concetto, geograficamente parlando, si estende su tutto il mondo, ma praticamente coinvolge, dapprima, i territori dell’ex-impero romano e poi si propaga verso Nord-Est . Dante usa la parola Europa, non fornisce confini precisi, ma sicuramente coinvolge solo la pars occidentis, è il blocco dell’Europa centro-sud occidentale. A quest’Europa (non geografica ma politica-culturale-morale) si aggiungono nel Medioevo anche Inghilterra e Germania, ma si era già staccata (introno al IV secolo) la parte dei Balcani, la Tracia, e parte della penisola anatolica, ovvero l’impero bizantino. A Occidente si mescolano Germani e Romani, mentre ad Oriente i Romani tornano ad essere Greci, e perciò la distinzione Occidentali-Orientali diviene più netta, e le differenze nei costumi, nelle tradizioni, nell’aspetto fisico e nei modi di essere sono evidenti. I concetti di Oriente e Occidente, quindi sono cambiati rispetto al V-IV secolo a.C. L’Oriente europeo si allontana. Questa contrapposizione culmina con lo scisma in ambito religioso, in ambito politico culmina con le crociate e il tentativo di riconquistare l’Oriente da parte occidentale. Il nome Europa viene assunto per indicare gli Occidentali. È attraverso questi contrasti che si inizia a precisare i caratteri dell’Europa romano-germanica. Dopo la conquista turca, quelle zone divengono il nemico per l’Europa centro-occidentale. Prima che Bisanzio fosse capitolato ci fu un momento di riscoperta fratellanza tra Greci e Latini (Franchi), ma coi turchi tutto finì e l’Oriente europeo cessò di far parte della coscienza cristiana occidentale. Però chi sta ai margini viene accolto: Ungheria, Transilvania perché confinanti con i Turchi, la Polonia perché confinante con i Tartari. Questi concetti sono bene espressi da Macchiavelli nei “Discorsi”. La Russia non fa parte dell’Europa, Germania e Ungheria “bonificate” moralmente e culturalmente dalle barbarie sì. I limiti del confine di questa versione dell’Europa oscillano e variano nei secoli. Il senso dell’unità culturale, oltre che religiosa europea si va pian piano affermando (Europa dei letterati, degli uomini uniti nel culto dell’intelligenza, dei dotti…) grazie all’Umanesimo e a figure come Piccolomini ed Erasmo da Rotterdam. Questo modo di sentire sarà precisato da Voltaire quando parlerà della “repubblica letteraria” stabilitasi in Europa. Inizialmente però gli umanisti italiani erano “nazionalisti”, contrappongono al “gentil sangue latino” (cioè gli italiani) i “barbari”, cioè i non italiani (Petrarca e lo stesso Piccolomini), ma poi le cose cambiano, l’Umanesimo si propaga nel resto dell’Europa centro-occidentale, e barbaro diviene il non-europeo. Infatti il senso dell’unità spirituale europea è più vivo in Erasmo che in Piccolomini. Ma ancora il concetto supremo non è la cultura europea, ma la Chrisitanitas, di mezzo c’è sempre la religione in cui si fonde il fattore culturale e questa era la posizione degli umanisti. Essa è antitetica rispetto a Voltaire che considera nella sua “repubblica” tutti gli uomini di cultura a prescindere dalla religione. Rispetto al Medioevo, però, la cultura è cresciuta di statura, quasi portandosi all’altezza della fede, ma essa resta la “primogenita”, e quindi il termine usato è christianitas. CAPITOLO SECONDO La prima formulazione dell’Europa come comunità, non geografica, che ha caratteri terreni e laici è del Macchiavelli, è una formulazione di carattere politico. In lui il senso della differenza tra i vari continenti è fortissima. Questa diversità consiste in istituzioni, modi di essere e storia. Macchiavelli dimentica la christianitas e l’impero, e si concentra sull’Europa che ha una sua individualità basata su un proprio caratteristico modo di organizzazione politica. E ciò la differenzia dall’Asia che ha lo stesso sistema di governo fin dall’antichità (monarchia dispotica), mentre l’Europa dalla Grecia in poi ha sperimentato molti sistemi di governo, dalla repubblica alla monarchia non assoluta. Questa diversità ha favorito lo sviluppo in Europa di virtù, della capacità di fare. Perché il governo repubblicano dà adito alla competizione e sprona alla virtù dei singoli. Vediamo anche in lui quel senso di libertà che vedremo dominante nel 700, anche se in lui è molto diverso da Montesquieu e Voltaire. Il sunto è che Europa significa molte virtù individuali, Asia vuol dire dispotismo. Per parlare dell’Oriente dispotico si parte dalle guerre persiane. Macchiavelli, infine, delinea il carattere dell’Europa, quest’ultimo cambierà nel tempo e l’Europa avrà sue caratteristiche morali, culturali, economiche, di costumi, ma manterrà sempre, anche e anzitutto caratteristiche politiche. Questo non nuovo messaggio viene enunciato quando i due poteri universali sono in crisi e si stanno affermando gli stati nazionali. L’idea della necessaria molteplicità di Stati si inserisce nella pubblicistica attraverso la sua applicazione pratica, ovvero la dottrina dell’equilibrio europeo. Quest’ultima sbocciata in Italia, ma poi diffusasi in tutta Europa. Molteplicità per salvare le libertà degli stati dall’universalismo. Questa dottrina si avvaleva della diplomazia stabile (ambasciatori stranieri nei vari stati). I danni della molteplicità furono le guerre. E gli utopisti fantasticavano su possibili organizzazioni internazionali permanenti. Da queste vie usciva un’Europa come di un corps politique, unitario per certi principi comuni, diviso in vari organismi religione, nell’ “Esprits des lois” il cristianesimo appare la religione che meglio si accorda con il governo temperato, mentre la religione musulmana e i riti cinesi si accordano col dispotismo. Montesquieu ritiene anche che, siccome il cristianesimo ha per fine la felicità ultraterrena, produce anche quella terrena. Il punto focale per Montesquieu è l'odio contro il dispotismo e l'amore della libertà. Voltaire, invece, ha come nocciolo centrale la cultura. In questo modo Montesquieu cambia idea e guarda con simpatia il Medioevo, mentre per Voltaire questo periodo rimane negativo. Montesquieu afferma anche che la repubblica, cioè lo stato che rappresenta il più alto ideale di libertà e di virtù civica, non può essere che di piccola estensione, anche la monarchia temperata non può andare oltre una certa estensione, i grandi imperi, invece, presuppongono il dispotismo. I caratteri essenziali che contraddistinguono l'Europa rimangono: libertà contro dispotismo, attività incessante contro pigrizia e mollezza, progresso delle scienze e della tecnica contro tradizionalismo e immobilità, vita di società, brio e gaiezza contro isolamento. Per Montesquieu l'europeo moderno è superiore sia al suo passato sia agli altri continenti. Molto diversa la figura di Voltaire, ma anche in lui c'è uno degli esempi di coscienza europea. Scrisse nel 1756 “Essai sur les moeurs et l'esprit des nations”. Parla dei continenti. Elogia indiani e cinesi e ritiene quest'ultimi superiori a tutte le altre nazioni dell'universo. Si afferma la superiorità religiosa e morale dell'oriente. Ovviamente in polemica con il fanatismo religioso, il cattolicesimo e la guerra. Ci sono anche evidenti frecciate antiassolutistiche. Inoltre c'è anche una forte avversione al malo uso della politica e alla ragion di stato. Voltaire è avverso al cattolicesimo per principio, mentre rispetto al potere assoluto è avverso ai modi di applicazione. Per gli illuministi una religione deve essere puramente etica e razionale. Tutto il resto è soltanto un assurdo errore della mente umana. Polemica contro le imposte, contro la religione e contro la guerra. L'Europa, però, prende la sua rivincita nel campo delle scienze e delle lettere, cioè culturalmente e spiritualmente. Infatti i cinesi furono iniziatori in quasi tutti i rami del sapere umano, ma ad un certo punto si fermarono; gli occidentali, invece, riuscirono a superare il limite. Anche Voltaire si esalta pensando ai progressi prodigiosi della scienza. Scienza e progresso sono solo europei. Oltre alla scienza ci sono accanto le arti e le lettere. L'Europa di Voltaire è tale perché è anche patria di una tradizione artistico- letteraria ineguagliata. Negli altri continenti non c'è lo stesso livello di poesia o arte. Nella storia dell'umanità ci sono state quattro epoche in cui essa si è formata. L'età di Pericle > il secolo da Pericle ad Alessandro Magno; l'età di Cesare e Augusto; l'età del Rinascimento > dalla caduta di Costantinopoli in poi; infine il secolo di Luigi XIV. Nonostante tutte le polemiche alla religione e alla morale dell'Europa, essa anche per Voltaire appare alla testa del genere umano. Quest'ultima è un’unità culturale anzitutto. Poi, comunque, non rinnega il fatto che l'Europa sia unità religiosa e politica come la descrivevano Machiavelli e Montesquieu. Voltaire, quindi, sente l'Europa degli artisti e dei letterati, degli scienziati e delle accademie, e impone a quest'Europa il sigillo definitivo di un corpus solo, di un'unità culturale e spirituale ben distinta dal resto del mondo. Europa culturale dunque. Oltre a questa c'è anche l'Europa dei costumi e della vita di società. Anche la libertà delle donne in Europa è superiore a quella in Cina. Gli scrittori sopracitati e altri hanno creato un'immagine d’Europa precisa e quest'immagine è, da allora, continuamente viva è presente. Comune è la fede, l'orgoglio nell'Europa, che è la regina della terra. CAPITOLO QUINTO Ma questo europeismo viene contrastato a partire dalla seconda metà del XVIII secolo dall'idea di nazione. Nasce così il contrasto: particolare contro generale; individualità contro universalità. E negli assertori della individualità nazionale è fortissimo l'atteggiamento polemico contro l'europeismo. Rousseau è avverso all’europeismo propugnato dai vari Montesquieu e Voltaire. Crede che le nazioni siano diverse l'una dall'altra e quindi non si può applicare ovunque le stesse regole e pretendere di imporre leggi uniformi. Ogni popolo ha un proprio passato e una propria anima nazionale. Rousseau non nega la realtà, infatti non misconosce che l'Europa sia un’unità civile; ma questa società reale ha grandi difetti, soprattutto quello di rendere troppo uniforme la vita, di sacrificare l'originalità e la personalità delle singole parti. Perciò propone un’organizzazione internazionale, su base federale, che trasformi l'Europa in un vero corpo politico, solido ed efficiente. In campo culturale e in tutto quel che è vita, costumi e usanze, Rousseau è risolutamente avverso ad un europeismo che non rispetti le caratteristiche nazionali. Su tali basi la coscienza europea entra in crisi. C’è un solo programma, un solo modo di vivere oppure un ideale per ogni patria, programmi diversi, modi di vivere diversi? La nazione rivendica i suoi diritti anche a costo di incrinare il senso dell'unità d'Europa. Nasce quindi l'amor di patria e molti pensatori e intellettuali scrivono opere riguardo questo soggetto. Tuttavia, anche nel divampare della passione nazionale, soprattutto tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX, il senso dell'unità europea, cioè di una comunanza di cultura, di modi di vivere, di principi, non si annulla. All'inizio esso si esprime sotto forma di rimpianto. Però esso si supera e si cercano i rimedi. Uno di essi è quello presentato da Federico Novalis che scrive “Cristianità o Europa” e parla, nostalgicamente, di quando l'Europa era una terra cristiana e in un'unica cristianità abitavano i popoli, e un unico grande interesse comune univa le province più remote. La riforma protestante ha separato la cristianità. E la popolazione venne trascinata nelle guerre di religione. Questo prelude all'atteggiamento dei romantici, ovvero quello di riabilitare il Medioevo. Si distinguono così due idee di Europa: l'idea dell'età romantica e l'idea dell'illuminismo, esse hanno caratteristiche diverse. Dopo la rivoluzione e Napoleone, l'idea di nazione insorge contro quella d'Europa. In risposta a ciò si aprono due strade. 1) Quella dei conservatori > ristabilire il “sistema di stati” europeo prima della Rivoluzione francese, esponente di questa strada è il principe Metternich. Questo europeismo è tipico del 700 di stampo prettamente politico e conservatore. L'idea che questi hanno d'Europa è quella di un corpo politico complessivo, fondato sulle grandi potenze, sul loro concerto e sull'equilibrio europeo. Ma questa strada è in contrasto con l'idea di nazione e rifiuta di accettare anche l'idea di libertà. Quindi la conciliazione tra nazione ed Europa non avvenne. 2) Quella di Giuseppe Mazzini. Costui esalta la nazione e la pone in connessione strettissima con l'umanità. La nazione è un mezzo necessario per il compimento dell'umanità. Ora l'umanità è ancora Europa, il pensiero di Mazzini è rivolto all'Europa dei popoli che sta per trionfare contro la vecchia Europa dei principi. L'idea di missione è dunque il mezzo per accordare sviluppo delle singole individualità nazionali ad una più ampia comunità civile. L'idea non era nuova, ma venne ripresa da pensatori francesi e tedeschi passati. Mazzini quindi tenta di salvaguardare contemporaneamente i diritti delle singole Nazioni e diritti dell'Europa. Quali furono le ripercussioni che questa nuova strada ebbe sulla coscienza europea? Storicizzare i caratteri tipici della civiltà europea. Si cerca di indagare nel passato come e quando gli apporti, di molte nazioni, alla civiltà europea siano stati dati. Si arriva, dunque, a conoscere che le nazioni maggiori nella storia hanno contribuito all'infinita varietà e ricchezza della presente civiltà europea. Così la coscienza europea della prima metà dell'800 accoglie tutti i motivi illuministici, e li arricchisce dei motivi di considerazione storica. CAPITOLO SESTO L'Europa è unità civile, l’800 accetta in pieno l'affermazione del secolo che lo ha preceduto. Questa civiltà non può essere cercata e la sua storia non si riassume nella storia di uno solo degli stati europei. L'Europa è il risultato dei contributi delle diverse nazioni, questo aspetto viene esaltato dal romanticismo. Ci si interroga riguardo lo svolgimento storico che ha portato a un tale punto di arrivo, è un'esaltazione della varietà nell'unità. La civiltà europea può esistere in quanto sono esistite ed esistono molte civiltà nazionali, ciascuna delle quali dà qualcosa che le altre non possono dare. Il connubio tra particolare e generale, tra una nazione ed Europa è dunque felicemente concluso. Grande importanza è riservata anche alla libertà politica. La monotonia e la semplicità di alcuni paesi nel passato li hanno portati alla decadenza, tutti i continenti tranne l'Europa. La civiltà europea, infatti, è varia e anche tempestosa, questo fa sì che si rinnovi in continuazione. Questa diversità è visibile anche nella letteratura e nell'arte e in molti altri campi. L'Europa moderna è la madre delle libertà. Guizot, colui che ha scritto "Cours de l'histoire moderne" ha presentato le tesi sopra citate. Costui differisce da Montesquieu e Voltaire per il fatto che anche la Grecia e Roma antiche sono accomunate ai paesi dell'oriente, dal punto di vista dell'immobilità e dell'unità di pensiero. L'Europa moderna quindi si distacca anche dall'età Antica Greco-Romana. Rivaluta anche il Medioevo e il sentimento religioso, non per forza cattolico. Tra le varie nazioni comunque c'è quella che ha dato di più delle altre e che meglio riassume il carattere generale europeo. Nasce così il concetto di primato di una nazione sulle altre. Questo concetto prende spunto dall’idea di missione di una nazione verso l'umanità. Nel primato si accentua il diritto di una nazione a guidare le altre, le maggiori nazioni europee rivendicano tale primato di civiltà. Ciò recava in sé germi pericolosi. A forza di insistere sui titoli di merito di una nazione singola, tutta la grandezza della civiltà comune finiva col concentrarsi in quella sola nazione, senza più bisogno, dunque, della collaborazione delle altre. In Guizot il primato sembrerebbe essere dato alla Francia. Per lui la civiltà consiste in due motivi: lo sviluppo della condizione sociale e lo sviluppo della condizione intellettuale. Affinché la civiltà sia piena, occorre che questi due fatti si verifichino simultaneamente. Si scorge che la civiltà francese è la più completa, la più conforme al tipo di civiltà sopra descritta, quella che meglio rappresenta la storia dell'Europa nel suo insieme, secondo Guizot. Si perviene ad una situazione di equilibrio tra senso dell'unità generale e senso del particolare. Questo equilibrio rischia di non durare molto, perché esaltare il primato di un particolare popolo condurrà alla sopravvalutazione di quel popolo, aprendo la via al nazionalismo moderno che sarà la negazione del senso unitario europeo. Altra differenza con il Montesquieu sta nel significato di tirannide. Il primo usa il significato classico ovvero dominio dispotico. Il secondo per tirannide intende un dominio esclusivo di un qualsiasi gruppo o tendenza, anche se si chiami democrazia. Un'altra novità dello scrittore francese è affermare che alla base di ogni potere c'è la forza. Altra novità è l'apprezzamento della religione, grazie alla quale è nata la società civile. Nel Settecento è sorta una coscienza europea, essa si è integrata nel romanticismo e arricchita di elementi nuovi, storicizzata. La conclusione degli uomini del 700 e della prima metà dell'800 è identica: il senso della superiorità della civiltà europea su tutte le altre, passate e presenti, e la fiducia piena nell'avvenire, che dovrà vedere ulteriori progressi e nuovi splendori dell'Europa.
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