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Riassunto del libro "Storia dell'Ucraina in 100 date" di Giulia Lami, Appunti di Storia Contemporanea

Riassunto data per data del libro della professoressa Lami

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 11/09/2023

Wassim.Kantari
Wassim.Kantari 🇮🇹

4.6

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Scarica Riassunto del libro "Storia dell'Ucraina in 100 date" di Giulia Lami e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! L’Ucraina in 100 date L’intento del libro è quello di dare una dignità storica alla storia ucraina, a lungo interpretata attraverso una visione sbilanciata nei confronti della Russia, quasi a voler fare dell’Ucraina una mera provincia di quel paese. Non è un caso che coerentemente a questa visione russocentrica, Putin, nel discorso del 21 febbraio che portò all’apice dell’escalation pre-invasione, parla dell’Ucraina come di un’invenzione di Lenin e Stalin, ignorando il percorso storico e la legittimità stessa del popolo ucraino. 400 a.C. – VI Secolo d.C. Attorno al 400 a.C., sulla riva del Dnipro, viene innalzato un tumulo (detto kurgan) che copre ricche inumazioni. Tornando dietro, in realtà, troviamo tumoli risalenti fino al 4500 a.C. La studiosa Gimbutas ha ipotizzato che le primitive culture kurgan fossero da associare agli indoeuropei. L’ipotesi più accreditata è che i popoli indoeuropei abitassero la zona a nord del mar Nero e del mar Caspio e poi si siano espanse in tre differenti ondate: - 4400-4300= ristretta, verso nord - 3500-3000= oltre il mare di Aral, e verso ovest, lungo la costa di mar Nero e Anatolia - 3000-2800= verso Iran, India, Asia centrale a est ed Europa centro-orientale a ovest Queste tre ondate diffusero una lingua che sta all’origine delle attuali lingue indoeuropee. Anche le lingue slave sono indoeuropee, ma prima della comparsa degli slavi abbiamo una lunga serie di popoli nomadi di origine iranica arrivati sui territori dell’Ucraina attuale, come cimmeri, sciti, sarmati. Ne abbiamo notizia dai greci che entrano in contatto con loro, grazie alle città fondate sulla riva settentrionale del mar Nero. Degli slavi si inizia a parlare nei testi nel VI secolo d.C., quando da un’area collocata tra la Vistola e il Dnipro, si mossero poi in diverse direzioni, dal Nord-est ai Balcani, in modo prevalentemente pacifico. Presto la loro lingua si divise in tre sottogruppi: - Slavo occidentale (slovacco, ceco, polacco) - Slavo meridionale (bulgaro, macedone, serbo e croato) - Slavo orientale (ucraino, russo, bielorusso) Fra VII e VIII secolo, gli slavi orientali si espansero nello spazio di Ucraina, Russia, e Bielorussia, dividendosi in vari gruppi tribali uniti da comuni credenze religiose e strutture comunitarie simili, con una debole gerarchizzazione della società e un modo di governo democratico. 482 Una leggenda presente nella “Cronaca degli anni passati” (XII secolo) racconta che la città di Kyiv sarebbe stata fondata da tre fratelli, Kyj, Scek e Choryv e dalla sorella Lybid’. Alcune fonti dicono che la città abbia preso il nome da Kyi, principe dei poliani, una delle maggiori tribù che costituivano il popolo degli anti, che vengono ritenuti gli immediati predecessori degli slavi. La data ufficiale di fondazione viene posta nel 482, anche se gli scavi attestano la presenza di un insediamento molto più antico. Kyiv divenne presto uno snodo essenziale nella via commerciale che collegava il vasto mondo degli slavi orientali al mar Nero e quindi al Mediterraneo. La via commerciale interessò presto anche i vichinghi, che provenienti dalla Scandinavia, dalla Svezia e dal Gotland, si mossero verso i Baltici e poi verso l’attuale Novgorod, da cui partirono per esplorare il Dnipro. Sulla loro strada incontrarono Kyiv contribuendo a renderla il centro della Rus’ di Kyiv. 1 Il termine Rus’ venne usato per indicare questo insieme statale che si estendeva sull’attuale Ucraina, Bielorussia e parte della Federazione russa. 882 Il dibattito sul rapporto fra variaghi e slavi ha contrassegnato la storiografia per le implicazioni nazionaliste, alcuni studiosi si sono opposti alla teoria normannista (per cui la Rus’ di Kiev sarebbe nata grazie all’arrivo di questo popolo), in quanto l’enfasi sull’apporto normanno porterebbe a negare la capacità degli slavi orientali di formare uno Stato indipendente. In realtà, anche se l’impatto scandinavo fu minimo in termini linguistici e non mutò la lingua degli slavi-orientali, furono i vichinghi che offrirono loro un potente sviluppo politico, nonché commerciale e militare, che si espresse nel Rus’ di Kyiv. Oleh, principe di Novgorod e cognato di Rjurik (il capostipite della dinastia Rjukiride), è la figura storicamente attestata a cui viene attribuita la fondazione dello Stato di Kyiv e la sua trasmissione ai successori Ihor, Ol’ha e Svjatoslav. 911 Oleh, dopo una campagna contro Costantinopoli, riesce a concludere un vantaggioso trattato fra Impero bizantino e la Rus’ di Kiev, che inaugura una stagione di proficui rapporti commerciali. Il suo regno, estendendo il proprio controllo su diverse città nella rotta commerciale per Costantinopoli, si pone come un attore di primo piano nel panorama politico dell’epoca. Oltre che con i bizantini, Oleg si è fatto valere anche con i cazari, a capo di un potentato in concorrenza con Kyiv, ma anche utile per sbarrare la strada ai popoli nomadi incombenti dalle steppe. La classe dirigente cazara, di lingua turca e religione pagana, stretta fra la pressione cristiana e quella islamica, decise di convertirsi all’ebraismo, rimanendo tolleranti nei confronti di altri culti. La fine del regno cazaro, a causa delle invasioni mongole, ha dato luogo alla teoria che i suoi abitanti, rifugiandosi nell’Europa orientale, vi portassero l’ebraismo in misura molto maggiore di quanto possano aver fatto gli ebrei provenienti dall’area tedesca. Questa visione è ancora sostenuta da storici, in contrasto con la visione tradizionale della provenienza degli ebrei ashkenaziti da Roma e dal Reno. 941 Il successore di Oleg, Ihor, non fu altrettanto fortunato. Dovette combattere a lungo con popolazioni restie a pagare i tributi che il principe e il suo seguito esigevano attraverso i loro agenti e non riuscì a mantenere buoni rapporti con Costantinopoli, contro cui lanciò una campagna fallimentare nel 941, perché la sua flotta fu distrutta dal fuoco greco, un miscuglio infiammabile creato dai bizantini per aver ragione delle navi nemiche. Furono più di successo una serie di attacchi portati alle città musulmane della costa del mar Caspio nel 945, ma sulla via del ritorno cadde in un’imboscata dei drevliani, una delle tribù slave che si erano ribellate alle pesanti esazioni di cui erano oggetto. Sua moglie Olha ne vendicò la morte avviando una rappresaglia. Le cronache sono molto elogiative nei suoi confronti, forse anche perché si convertì al cristianesimo (cambiando il nome in Elena) nel 955 e intrattenne buoni rapporti con Costantinopoli. Suo figlio Svjatoslav non la seguì sul terreno religioso: principe guerriero per eccellenza, soggiogò nuove tribù verso est, attaccò i cazari e collaborò con i bizantini contro il potente regno di Bulgaria. Ottenne grandi successi, aprendo nuove strade commerciali alla Rus’ verso l’Eurasia e il Danubio, ma i bizantini alla fine posero fine alle sue pretese. Fu costretto a siglare nel 971 un trattato sfavorevole, e venne ucciso in un agguato. La Cronaca degli anni passati narra che il suo teschio fu trasformato in una coppa. 2 Il primo a subentrare nei territori di Rus’ fu il Granducato di Lituania, che ne incorporò la maggior parte, Kyiv compresa, tanto che da alcune fonti è definito Granducato di Lituania, Rus’ e Samogizia. I regnanti di Lituania, i Gediminidi, dal nome di Gedimino (1275-1341), fondatore della dinastia, sono stati definiti i grandi signori della guerra dell’Europa del XIII-XIV secolo. La Lituania ebbe la fortuna di salvarsi dall’invasione mongola, grazie alla sua posizione a ovest della Rus, e, riuscendo a far fronte agli attacchi provenienti dagli svedesi e dai Cavalieri teutonici stanziati in Livonia, mise le basi per diventare una grande potenza nel XV secolo. I granduchi accettarono il battesimo, secondo il rito cattolico, solo nel XIV secolo, una scelta praticamente obbligata per poter stringere un’alleanza strategica con la Polonia al fine di tutelarsi da possibili invasioni dei cavalieri teutonici da nord e della Moscovia, ormai in via di emancipazione dal “giogo mongolo”, da est. Mentre la Polonia di Casimiro il Grande (1310-1370) si impadronì della Galizia e di parte della Volinia (praticamente l’attuale Ucraina occidentale), la Lituania si estese su quasi tutte le altre terre ucraine. Il granduca Jogaila (Jagellone) siglò l’unione di Krewo nel 1385 e sposò la regina di Polonia Jadwiga, garantendosi l’accesso al trono di Polonia. I domini lituani si unirono con quelli polacchi, prima con un’unione dinastica, in cui le due entità rimasero separate, e poi con un’unione di fatto che avverrà più tardi (XVI secolo). La dominazione lituana si applicò su un territorio abitato in larga parte da slavi, ma che potremmo definire multietnico, in cui le differenze venivano tollerate, tanto più che i lituani rimanevano per lo più pagani. In questa fase non è sbagliato parlare di ucraini e bielorussi come ruteni, cioè della Rus’, della Rus’ potevano essere definiti anche quelli che definiamo propriamente russi, perché tutti e tre i popoli slavo-orientali avevano coabitato nell’ampio spazio della Rus’ prima della sua disgregazione. Da questo momento in poi, però, seguirono traiettorie storico-politiche diverse che portarono ad evoluzioni linguistiche diverse: Polonia-Lituania e Moscovia restarono realtà separate, e spesso in conflitto fino al XVIII secolo. 1569 Nel 1569 l’unione dinastica fra Granducato di Lituania e Regno di Polonia si trasformò in unione interstatuale con l’Unione di Lublino, che diede origine alla Confederazione polacco-lituana. Le terre ucraine finirono prevalentemente nella parte polacca, mentre quelle bielorusse rimasero in Lituania. Gli ucraini, così come i bielorussi, detenevano una posizione subalterna all’interno della confederazione, e questo in quanto ortodossi. Le condizioni dei contadini ucraini, che precedentemente erano liberi nello Stato lituano, peggiorano perché vennero sottomessi ai signori, secondo il diritto polacco i contadini non dovevano avere diritti di proprietà ma solo di utilizzo delle terre in cambio di canoni in natura o lavoro. Nella dialettica fra nobiltà e contadini si inserivano gli ebrei, che servivano i nobili nella gestione delle loro proprietà, e che divennero simbolo di oppressione per le masse, diventando anche oggetti di pogrom. 1572 Il regno degli ultimi Jagelloni (Sigismondo I e Sigismondo II) viene ricordato come il secolo d’oro della cultura polacca, per la forte influenza del Rinascimento italiano, nella cui diffusione giocò un grande ruolo la regina Bona Sforza, regina di Polonia e Lituania. Ci fu una fioritura della vita culturale, sotto tutti i punti di vista, artistico, letterario e scientifico, basti pensare a Copernico. Allo stesso tempo, fu un periodo di crescita economica, simboleggiata dal volume di esportazione del grano, di materie prime e prodotti come legno e catrame. 5 Gli ucraini di origine non contadina, per quanto sottorappresentati, ebbero la possibilità di beneficiare di queste condizioni, e, per esempio, di diffondere la loro cultura, nelle città ucraine sorgevano scuole e stamperie, che pubblicavano libri in lingua slava orientale (l’ucraino si stava sviluppando in maniera indipendente dalla lingua parlata in Moscovia, ma lo slavo orientale restava la lingua letteraria), creando un ambiente favorevole al mantenimento di un senso identitario ucraino e questo era importante, perché gli ucraini erano minoranza. Una minoranza debole anche politicamente, quindi, presto molti nobili ucraini si avvicinarono alla cultura polacca iniziando a definirsi di nazionalità polacca, ma di origine rutena. 1596 Abbiamo visto come la frattura dal punto di vista politico dei popoli slavi orientali avvenne con la caduta del Rus’ di Kyiv, dal punto di vista religioso, invece, la frattura è da collocare più avanti. Quando il metropolita si spostò da Kyiv a Vladimir nel 1299 e poi a Mosca nel 1325, l’allontanamento tra Kyiv e Mosca si accentuò, finché Mosca nel 1448, giunse a proclamare l’autocefalia, ovvero la separazione dal Patriarcato di Costantinopoli, che fu formalizzata da Costantinopoli nel 1589. In questa situazione di debolezza, fra la rivalità con Mosca e la ridotta autorità di Costantinopoli dopo la conquista ottomana, la condizione della chiesa ortodossa in Polonia-Lituania non era facile. Con l’affermarsi della Controriforma, il cattolicesimo riprese vigore e molti nobili polacchi protestanti tornarono cattolici, seguiti anche da nobili ucraini “occidentalizzati”. Nacque allora la proposta di un’unione religiosa che annullasse le differenze fra cattolicesimo e ortodossia, secondo un progetto di ricomposizione dello scisma che era già praticato dalla Chiesa romana attraverso specifici accordi locali con Chiese di altro rito, basati sul riconoscimento dell’Autorità del Papa. Nel 1596 con l’Unione di Brest, nacque la chiesa greco-cattolica ucraina, detta uniata o unita, a fianco di quella ortodossa. All’inizio la gerarchia ortodossa non osteggiò l’Unione, in quanto vedeva la possibilità di preservare la propria Chiesa, ricomponendo il distacco fra élite cattolica e classe inferiore ortodossa. Tuttavia, l’Unione non venne accettata da parte della popolazione ortodossa e del clero (oggi in Ucraina il 10% della popolazione appartiene a questa Chiesa). 1632 Petro Mohyla (1596-1646) fu promotore dell’identità culturale e religiosa ucraina all’interno della Polonia-Lituania. Era un poliglotta e fu uno dei primi a stampare libri in ucraino. Nel 1632 fondò il Collegio di Kyiv o Collegio Kyjevo-Mohyliano, detto anche Accademia, dove si sviluppò la cultura ortodossa ucraina. La Chiesa uniate si trovò molto presto in una posizione subalterna rispetto alla Chiesa cattolica e in più si trovò a fronteggiare l’ostilità della Chiesa ortodossa, le cui ragioni vennero sempre più sostenute, in particolare da una componente specifica della società ucraina: i cosacchi. 1648 Cosacco è un termine di origine turco-tatara, designante un libero guerriero, inizialmente applicato a tatari al servizio, per missioni militari o diplomatiche, di sovrani nella zona al confine con la steppa. Presto il termine sarebbe stato applicato anche a ucraini e russi che avrebbero svolto le stesse funzioni. È tipica della comunità cosacca l’impostazione militare della vita all’interno di una forma democratica di governo, che vedeva come organo principale l’Assemblea di tutti i cosacchi (kolo) e il Consiglio, che dispensava la giustizia ed eleggeva gli ufficiali e il capo cosacco, l’etmano, che era dotato di grande potere ma poteva anche essere deposto. In Ucraina, si 6 insediarono nelle foreste, lungo le rive o sulle isole oltre le rapide del Dnipro, dove avevano il loro principale campo fortificato, o Sic, da cui il termine Zaporozci per designarli. Con l’Unione di Lublino, i cosacchi furono sottomessi al re di Polonia, che si servì di loro per proteggere il proprio territorio e per rafforzare il suo esercito. La Polonia-Lituania cercò di fare dei cosacchi un ordine militare specifico, registrandone un certo numero da inserire nel proprio esercito, ma questo processo non si estese a tutti i cosacchi. In ogni caso i cosacchi ottennero numerosi privilegi e costituirono una forza specifica, in grado di avanzare rivendicazioni politiche (l’inserimento nella nobiltà polacca di alcuni cosacchi) e religiose (tutela della confessione ortodossa), spesso deluse. Si giungerà nel 1648 alla rivolta cosacca di Chmelnyckyj (8melnitski), che porterà sotto la sovranità russa quasi metà del territorio ucraino. Nel 1648 anche l’Ucraina fu teatro di un sommovimento sociale e la guida venne assunta proprio da Chmelnyckyj. Egli era figlio di un piccolo nobile ucraino passato nelle file dei cosacchi registrati e dopo aver ricevuto una buona educazione presso un collegio di gesuiti in Galizia, aveva seguito le orme del padre. Nella battaglia di Cecora tra polacchi e turchi, nel 1620, suo padre venne ucciso e lui venne fatto prigioniero a Costantinopoli, da cui fu liberato due anni dopo dietro pagamento di un riscatto. Si stabilì nella proprietà di famiglia e continuò la sua carriera nell’esercito cosacco fino a ricoprire il grado di capitano. Secondo una storia, ormai romanzata in varie forme, nel 1646, un nobile polacco si sarebbe impadronito della sua proprietà uccidendo il figlio e la moglie. Non ottenendo riparazione dalle autorità polacche, cercò rifugio presso la Sic, di cui divenne etmano dopo due anni, facendosi interprete delle frustrazioni dovute alle misure anti-cosacche. Alleatosi con i tatari di Crimea, Chmelnyckyj fu in grado di sconfiggere le truppe polacche, dando il via ad una sollevazione che incendiò il Palatinato (divisione amministrativa polacca) di Kyiv e si estese a macchia d’olio, sostenuta da capi cosacchi anche più estremisti di Chmelnyckyj, fino a raggiungere la Bielorussia. Si apriva la possibilità di garantire all’Ucraina un’effettiva parità con Polonia e Lituania all’interno di una nuova Confederazione. Ma così non fu. 1649 Il problema per Chmelnyckyj era quello di ottenere un accordo vantaggioso con i polacchi. Vi furono vari contatti fra le due parti che portarono nell’agosto del 1649 al trattato di Zboriv, che riconosceva i palatinati di Kyiv, Braclav e Cernihiv (denominati Ucraina) come Stato autonomo all’interno della Polonia-Lituania. Vi erano tutte le condizioni per organizzare la struttura del nuovo Stato ucraino, ma le ostilità coi polacchi non finirono e l’accordo non trovò applicazione. Chmelnyckyj giunse alla conclusione che solo un’alleanza con la Moscovia avrebbe potuto garantire il successo ucraino. La Moscovia non era più potente della Polonia, ma stava accrescendo la sua potenza. Durante l’Epoca dei Torbidi (il periodo di anarchia che andò dal 1584, anno della morte di Ivan IV, detto il terribile, al 1613, anno in cui si insediò il primo zar dei Romanov: Michele I) la Polonia era intervenuta nelle vicende moscovite, riuscendo ad occupare Mosca più volte, al punto che Ladislao IV Vasa di Polonia rivendicò il trono di Mosca. I primi sovrani Romanov, Michele e Alessandro, erano riusciti a riportare ordine nel paese e a rafforzare l’istituto regio, al contrario di quanto accadeva in Polonia, dove il re, eletto di volta in volta, faticava ad imporsi sulla nobiltà che si riteneva autonoma dal potere centrale. Nel regno di Moscovia, lo zar aveva completamente sottomesso i residui della grande nobiltà, i boiardi, perseguitati da Ivan IV, e aveva iniziato a promuovere una nobiltà di servizio che dipendeva dal sovrano. Dotata da esso di terre e manodopera, non era in grado di contrastare l’affermazione del potere regio, che si esercitava attraverso un apparato burocratico sempre più centralizzato. La Moscovia costituiva un polo di attrazione per molti abitanti ucraini e bielorussi, membri del clero, contadini e cosacchi non registrati che si stanziarono in una zona di frontiera, la cosiddetta Sloboda Ucraina. In questo senso, 7 ucraina potesse essere ristabilita, e che l’Etmanato potesse smettere di essere solo uno stato cuscinetto con una funzione militare, per diventare uno stato civile e moderno. Ma con la presa di potere di Caterina II si ritornò alla politica di Pietro il Grande. L’Etmanato scompare e l’Ucraina viene integrata nel corpo dell’impero, attraverso la cooptazione delle élites, una strategia tipica di ogni sistema imperiale, e all’emarginazione e persecuzione di qualsiasi interferenza col progetto accentratore. E’ quindi con Caterina la Grande, che in nome della modernizzazione dello stato mirava anche ad una sua omogeneizzazione, che finisce qualsiasi autonomia dell’Ucraina. 1768 E gli ucraini dell’altra sponda del Dnipro, la cosiddetta riva destra, allora polacca, come vivevano? Con la pace tra Moscovia, Polonia-Lituania e Impero ottomano nel 1714, iniziò il ripristino dell’autorità polacca sulla riva destra. Venne restaurato il sistema di amministrazione basato sul palatinato, con a capo un voivoda designato dal re polacco, il cui potere era limitato da quello delle dietine in mano alla nobiltà polacca o polonizzata. L’autorità reale si era indebolita, a causa del sistema elettivo che rendeva il sovrano dipendente dagli interessi delle fazioni nobiliari cui doveva la propria defezione, nella quale giocavano anche influenze straniere. I magnati avevano rafforzato la propria posizione rispetto ad altri strati della società e soprattutto a spese dei contadini, sottoposti a regime servile. La gestione delle proprietà era affidata agli ebrei. La chiesa cattolica e quella uniata si erano rafforzate e la seconda sopravanzava quella ortodossa. Si giunse quindi ad un punto di rottura con la nascita del movimento degli hajdamaky, che alimentò una forma di guerriglia contro proprietari terrieri polacchi, gli intermediari ebrei, il clero cattolico e uniato e in tre occasioni (1734, 1750, 1768) assunse la forma di rivolta contadino-cosacca, che mirava a riconquistare le libertà. La rivolta del 1768 prese il nome di Kolijivscyna, si verificò quando parte della nobiltà polacca, riunita nella Confederazione di Bar, nata allo scopo di ribellione armata, insorgeva contro Stanislao II Augusto Poniatowski, eletto quattro anni prima grazie all’influenza dei russi. La Kolijivscyna, guidata da Zaliznjak, si oppose alla Confederazione, attribuendole il fine di distruggere gli ortodossi e raccogliendo consenso contadino. Si estese al Palatinato di Kyiv, alla Volonia, alla Podolia e a Braclav. Il simbolo più noto è la presenza di Uman’, grazie al passaggio del difensore della città, Gonta, nelle file dei ribelli. Gonta e Zaliznjak massacrarono polacchi ed ebrei. I russi temevano l’espansione della ribellione, quindi Caterina intervenne contro di loro. Zaliznjak fu condannato a morte, Gonta fu ucciso dai polacchi come traditore. Uman rappresenta per i polacchi la barbarie ucraina, per gli ebrei una catastrofe e per gli ucraini una fonte di ispirazione per il futuro. 1772 Nell’ultimo trentennio del Settecento la Polonia andò incontro alla sua fine attraverso tre spartizioni che la portarono ad essere divisa tra Austria, Prussia e Russia. Nella prima spartizione la Prussia ottenne il Baltico, la Russia si espanse a nord est e l’Austria creò il regno di Galizia-Lodomeria a cui aggiunse poi la Bucovina, a partire dai palatinati di Galizia-Rus’ e Belz. La capitale divenne Leopoli, che sarebbe rimasta austriaca fino alla prima guerra mondiale. La Galizia comprendeva il voivodato ruteno e una parte di Piccola Polonia, Cracovia compresa. Quindi, la popolazione della parte occidentale era prevalentemente polacca, mentre quella orientale era in maggioranza ucraina. Vi era inoltre una forte presenza di ebrei hassiditi, un movimento di rinnovamento spirituale ebraico fondato da Ba’al Shem Tov. 1784 10 Caterina II, procedendo alla spartizione della Confederazione polacco-lituana, in un certo senso attuò anche una spartizione delle terre ucraine fra Austria e Russia, destinata a permanere nel tempo, diversificando i destini delle varie componenti del mondo ucraino. Quando la zarina ottiene il controllo della Crimea, oltre a quello del mar Nero e del mar d’Azov, procede a smantellare le strutture amministrative e militari dell’Etmanato, che viene diviso in tre province imperiali. Da un lato, questo processo può essere visto come una persecuzione anti- cosacca e non mancano elementi a supporto di questa interpretazione, ma da parte cosacca vi fu una forte spinta verso l’omologazione al modello russo. Lo strato superiore cosacco fu incorporato dalla nobiltà russa, i soldati cosacchi furono inquadrati nell’esercito imperiale, il clero fu subordinato allo Stato, i contadini vennero asserviti con il consenso della stessa élite cosacca, che voleva partecipare dei diritti e dei privilegi della nobiltà russa. Leggere questi complessi processi solo con il metro del nazionalismo fa torto alla logica di quel tempo, in cui l’appartenenza sociale prevaleva su quella etnica e a tratti anche su quella religiosa. E’ questo saper tenere insieme territori abitati da popolazioni diverse ma con elité disposte a collaborare con il potere che rende efficiente il modello imperiale. 1793 L’Austria non partecipò alla seconda spartizione della Polonia-Lituania. Questa nuova spartizione traeva origine dal tentativo della confederazione di ristrutturarsi, nel 1791, infatti, venne approntata una costituzione (la prima in Europa), che era avanzatissima per l’epoca e apriva la strada ad un nuovo assetto istituzionale e sociale. A quattro anni di distanza dalla costituzione americana e a due anni dalla Rivoluzione francese, questo riformismo non piacque alla nobiltà conservatrice polacca, che chiese l’intervento russo, intervento che portò alla seconda spartizione del paese, questa volta solo fra Russia e Prussia. La Confederazione perse i palatinati di Kyiv, Braclav, Podolia e Volinia orientale, ingigantendo l’impero russo che andò ad inglobare quasi tutte le terre di lingua ucraina (ad eccezione della Galizia dominata dall’Austria). 1794 Dei centri marittimi che la Russia fondò sul mar Nero, il più importante fu Odessa, che sorse sul villaggio tataro di Chadzibej, dove i russi erano riusciti nel 1789 a conquistare la fortezza ottomana di Yeni-Dunya, e che si trovava in un’ottima posizione, per l’ampiezza della baia sottostante, per la profondità delle sue acque, per il clima mite, per la vicinanza alle foci dei principali fiumi dell’Europa orientale. Odessa venne concepita come finestra verso il sud, speculare rispetto a San Pietroburgo, che era una finestra verso il nord. La città è stata costruita con un gusto neoclassico, esaltando ordine e razionalità e con un piano urbanistico ben preciso. Venne costruita da De Ribas, un ex militare napoletano d’origine spagnola, entrato al servizio dei russi nel 1772, per questo, ma non solo per questo Odessa è parzialmente italiana, anche perché fin da subito conobbe l’arrivo di diverse persone provenienti da varie regioni della nostra penisola. La città divenne presto la più cosmopolita dell’Impero, tant’è Vladimir Zabotinskij, un esponente del Sionismo e fondatore dell’Irgun, ricorderà che almeno sette popoli contribuirono alla creazione della città. Odessa oggi è una città a rischio perché si trova sulla linea del fuoco. 1795 Con la definitiva spartizione della Polonia nel 1795, tutti i territori ucraini finirono divisi fra l’Impero russo che ne deteneva la maggioranza, organizzandoli come gubernii (governatorati) di Volinia, Podolia, Kyiv, Cernigov, Poltava, Chark’ov, Ekaterinoslav, Cherson, Tauride, e quello 11 austriaco, composto da Galizia, Belz, Bucovina, Ucraina subcarpatica, Transcarpazia ucraina. L’appartenenza a due imperi diversi, durata parecchio tempo, ha creato una serie di differenze interne all’ucraina, che hanno finito per rendere estremamente problematica l’idea di un’unità degli ucraini. Considerando anche le acquisizioni di Caterina II a spese dei tatari e dell’Impero ottomano, cioè Crimea e Mar Nero, la cosiddetta Nuova Russia creava un altro pezzo del suo mosaico imperiale. Non importava che le terre della Riva destra fossero state polacche dal medioevo, e che i cosacchi avessero espresso la loro volontà di indipendenza. Nei censimenti sarebbero sempre stati riportati come russi, ogni differenza non aveva ragione di esistere, se non limitatamente, come variazione locale tollerata. 1796 Alla morte di Caterina, nel 1796, si diffonde l’idea che la riunificazione delle terre russe sia avvenuta, e che ora sia necessario assimilare le élites dei nuovi territori, questa integrazione avverrà abbastanza facilmente, anche perché i nobili ucraini erano attratti dalla grandeur russa. Ma esisteva comunque un’Ucraina che non aveva voce (la stragrande maggioranza della popolazione era composta da contadini poveri e mancava quasi del tutto la classe media) e non per nulla è stata definita, a inizio Ottocento, una nazione non storica, priva di una memoria collettiva di statualità e di una consapevole élite politica, ma non storico non coincide con privo di identità. 1805 Il ruolo delle università nello sviluppo della cultura ucraina fu molto importante. Abbiamo citato l’Università di Charkiv, fondata nel 1805 da Karazin, un’illuminista caduto spesso in disgrazia, e dall’altra parte, nella Galizia austriaca, l’Università di Leopoli, già fondata nel 1661 da Giovanni II Casimiro e rintitolata all’imperatore Giuseppe dopo l’avvento degli Asburgo, oggi porta il nome di Ivan Franko, una figura che vedremo più avanti. 1812 Nell’ottobre del 1812, con l’invasione francese della Russia, iniziò la guerra patriottica, che culminò in una vittoria grazie al ripiegamento dei russi e al ruolo giocato dall’inverno. Napoleone nel 1807 aveva creato il granducato di Varsavia con le terre polacche tolte ad austriaci e prussiani e si era guadagnato il favore dei polacchi che lo avevano seguito in Russia. All’arrivo nel paese egli contava di trovare l’appoggio degli ucraini, fortemente legati alla tradizione francese grazie a Mazepa e Orlyk e alle loro azioni anti-russe, ma non lo trovò. Il governo zarista comunque non riconobbe particolarmente questa fedeltà a Mosca, che gli ucraini speravano di capitalizzare ottenendo maggiore autonomia, e anzi, il felice esito spinse Alessandro I a perseguire politiche più centraliste. 1815 Il congresso di Vienna si riunì fra il 1814 e il 1815 nella capitale austriaca, per ripristinare l’ordine precedente all’avventura napoleonica, sottovalutando la portata di cambiamenti intercorsi, che avevano fortemente cambiato abitudini e aspirazioni dei popoli. Una delle questioni più controverse fu la sistemazione della Polonia. La maggior parte del ducato di Varsavia, creato da Napoleone nel 1807, ad eccezione di Torun, Danzica e della Posnania che andarono alla Prussia, toccò alla Russia che la incluse nel suo Impero con il nome di Regno di Polonia. Il nuovo regno fu visto con favore dai polacchi perché avrebbero potuto esercitare una certa autonomia, avere la costituzione e il diritto di mantenere proprie forze armate. Cracovia venne costituita città libera, mentre la parte orientale della Galizia polacca rimaneva all’Austria. La Russia si vide riconosciuto il possesso della 12 federazione di repubbliche slave che comprenderesse, oltre all’Ucraina, anche la Russia, ma senza zar, e senza nobili e schiavi. 1846 Nella piccola repubblica urbana di Cracovia, lasciata libera dal Trattato di Vienna, scoppiò nel 1846 un’insurrezione ispirata dagli emigrati polacchi a Parigi, che portò alla creazione di un governo nazionale polacco che però durò solo 9 giorni venendo poi schiacciato dalle truppe austriache. I leader polacchi avevano contato su un’estensione generalizzata della rivolta ma incontrarono resistenza da parte dei contadini, che furono leali alla monarchia asburgica. Questa insurrezione fu quindi esplicativa del distacco che c’era tra una nobiltà polacca decisa a cambiare regime, e una popolazione contadina che non aveva alcuna sensibilità verso i principi espressi dai rivoluzionari, e quindi nessun interesse a unirsi alla rivolta. Non si sa quanti furono i nobili uccisi dai contadini, ma si pensa circa 2000. 1847 La Confraternita cirillo-metodiana fu individuata e stroncata prima di dare frutti. Segue un’inchiesta e un processo con condanne. L’indagine venne condotta dal generale Dubelt e dal conte Orlov, capo della Terza Sezione, e anche se gli arrestati non furono trovati colpevoli di reati specifici, furono puniti con varie pene, da un periodo di detenzione a uno di confino con relative proibizioni. Nicola I seguì personalmente la questione, tanto la riteneva grave, nel libro viene citata la condanna a Sevcenko, che fu particolarmente dura: “Taras Sevcenko, invece di nutrire venerazione per i membri della famiglia augustissima, che gli hanno concesso l’onore di riscattarlo dalla servitù della gleba, componeva poesie in lingua piccolorussa del contenuto più impertinente. Vi piangeva la presunta schiavizzazione dell’Ucraina e osannava la gloria del governo degli etmani. Le sue poesie potrebbero far attecchire l’idea che l’Ucraina possa esistere come stato sovrano. Per detto spirito inqualificabile egli deve essere considerato uno dei criminali più pericolosi. Provvedimento approvato dalle massime autorità: aggregare Sevcenko al rango di soldato semplice a un reggimento speciale di stanza a Orenburg, con la proibizione di scrivere e dipingere.”. 1848 Il ’48 mira a mettere in crisi l’assetto fuoriuscito dal congresso di Vienna e il ruolo dell’Austria, opponendo al principio della proprietà territoriale dinastica quello della sovranità nazionale. Ovunque nacquero spontaneamente organi rappresentativi dove i principali gruppi etnici discussero delle prospettive di unificazione o di trasformazione delle compagini statali. Ovviamente questo era possibile nell’impero asburgico, che per quanto illiberale concedeva piccoli spazi di libertà, ma impensabile nell’impero zarista. I polacchi della Galizia crearono il Consiglio Nazionale Polacco, sollecitando la formazione di una Guardia nazionale. Anche gli ucraini della Galizia crearono la prima organizzazione politica, il Consiglio Supremo Ruteno che aveva dichiarato che i ruteni appartenevano ad unico popolo che parlava una sola lingua, ma riaffermò la fedeltà alla Monarchia da cui si aspettava di veder riconosciuti i propri diritti. Proponevano di dividere la Galizia in due parti, una polacca e una rutena, corrispondenti alla ripartizione della popolazione nella regione: ad ovest del fiume San predominavano i polacchi, ad est gli ucraini. Una delegazione rutena partecipò al Congresso slavo di Praga dove ebbe modo di intrecciare legami con altre nazionalità dell’Impero. Il problema dei ruteni era spinoso perché erano un’ampia nazionalità divisa su più territori e una loro unione era geopoliticamente impossibile. Esistevano ucraini anche in Bucovina, dove convivevano con i rumeni, e in Transcarpazia, quindi sotto la parte ungherese della Monarchia. Qui erano rappresentati solo da contadini e basso clero. 15 1855 Poiché il ’48 non toccò la Russia, Nicola I fu spinto a vedere nella sua politica di stampo poliziesco una sostanziale correttezza. Gli ultimi anni del suo regno conobbero un inasprimento delle misure di sicurezza, ma Nicola I morì nel 1855, durante la guerra di Crimea, che ruppe quel mito di potenza di cui si ammantava dalle guerre napoleoniche. La guerra mise in luce l’arretratezza russa, e ciò portò Alessandro II a mirare subito ad un’opera di riforma, che partì da un allentamento della repressione, questo permise un maggiore dibattito e una maggiore “libertà” (tra molte virgolette). La confraternita cirillo-metodiana poté riprendere la propria attività di studio e di insegnamento, e per esempio Sevcenko verrà liberato nel 1860, anche se poi morì l’anno dopo. Sempre nel 1860 Kostomarov ottenne la cattedra di Storia russa all’Università di Pietroburgo ed ebbe l’occasione di fondare Osnova, una rivista di stampo ucrainofilo, e di promuovere il circolo culturale Hromada, un modello per una intensa attività di pubblicazione di materiali riguardo l’Ucraina e la formazione di associazioni analoghe in varie località. Dall’estero si fece sentire la voce di Herzen, che a Londra fondò nel 1857 il Kolokol. Egli fu uno dei pochi sostenitori non ucraini della causa ucraina, la sua rivista pubblicò un testo di Kostomarov, in cui tratteggiava il passato dell’Ucraina esaltandone le specificità, come avrebbe poi fatto in un altro articolo “Le due nazionalità della Russia”, dove mise in luce come fossero due le nazionalità gemmate dal grembo della Rus’, sostenendo che dal punto di vista storiosofico il Cosaccato-Ucraina avrebbe incarnato la tendenza federativa, mentre la Moscovia, influenzata dall’Orda d’Oro, avrebbe sviluppato una tendenza accentratrice. Questa contrapposizione fra una Russia autoritaria e un’Ucraina democratica sarebbe rimasta una chiave polemica dei rapporti tra i due stati fino ai giorni nostri. 1861 Il 19 febbraio 1861 venne firmato il Manifesto sull’abolizione della servitù da Alessandro II. Questo era il più grande sogno di Sevcenko, ma non lo vide mai trasformato in realtà perché morì il 10 marzo di quell’anno, poco prima che il manifesto fosse reso pubblico. Egli, rientrato dall’esilio, non aveva avuto il permesso di stabilirsi in Ucraina. Fu sepolto a San Pietroburgo e solo qualche mese dopo la sua salma venne portata a Kyiv, dove una folla enorme assistette alla cerimonia, da cui però fu bandito ogni discorso. Venne sepolto alla sommità di un kurgan, sulla riva del Dnipro, come aveva chiesto nella sua lirica “Testamento. 1863 Dato che si trattava di una grande potenza, arretrata, ma che comunque non voleva restare indietro rispetto alle altre potenze europee, la Russia ha avuto diverse e periodiche esigenze di modernizzazione, ma non è mai riuscita a reggere i contraccolpi che ogni cambiamento inevitabilmente ha generato. Così avvenne per il Manifesto del 1861: il processo di liberalizzazione cominciò ad essere frenato dalle autorità, spaventate dalla possibilità di perdere il controllo sulla società. La diffusione di manifesti clandestini critici della riforma agraria, la scoperta di un’organizzazione populista clandestina, Terra e libertà, che prendeva il nome da un motto del Kolokol, e poi la rivolta polacca del 1863 (Rivolta di Gennaio), allarmarono il governo, che tornò indietro sui suoi passi. La reazione politica, e soprattutto culturale, anti-polacca non si fece attendere e colpì anche gli ucraini, che si stavano organizzando in hromady, delle comunità. Si giunse addirittura a ritenere che l’ucrainismo fosse un intrigo polacco anti-russo. Nel 1863 una circolare del ministro Valuev stabilì che non esistendo una lingua piccolorussa, non saranno più permesse pubblicazioni in quella “lingua”, l’intento era bloccare lo sviluppo di una letteratura 16 popolare che collegando intellettuali e contadini, poteva assumere il carattere di un moto centrifugo. Paradossalmente, è proprio in questo clima repressivo che nasce il canto patriottico “Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina né la sua libertà” (1863) del poeta Cubynskyj, suonato per la prima volta in pubblico a Leopoli nel 1864. Adottato come inno nazionale nel 1917 dalla Repubblica popolare ucraina, vietato quando è diventata una Repubblica sovietica, è ritornato ad essere l’inno ufficiale dell’Ucraina dal 2003. 1867 L’Austria conobbe profondi momenti di crisi fra gli anni ’50 e ’60 che la obbligarono a grossi cambiamenti. Nel 1866, dopo la sconfitta con la Prussia, l’Austria fu costretta a rinunciare al ruolo di leader del mondo germanico, ceduto alla Prussia; fu poi obbligata a scendere a patti con l’Ungheria, giungendo, nel 1867 ad un Compromesso, per cui il regno di Ungheria, pur rimanendo unito all’Austria nella persona dell’imperatore, otteneva l’autogoverno in tutti i campi tranne in quello economico (in parte), militare e diplomatico. L’impero diventava austro-ungarico e si dotava di una nuova costituzione, per cui venivano garantiti gli universali diritti di stampa, parola e associazione e pari diritti alle varie nazionalità, con misure specifiche di tutela della lingua in campo amministrativo ed educativo. Per le nazionalità minori cominciava un periodo di lotta politica per l’applicazione effettiva dei diritti previsti dalla costituzione. 1868 La situazione in Galizia era segnata da una predominanza dell’elemento polacco, in Transcarpazia di quello magiaro, in Bucovina di quello romeno. L’elemento ruteno aveva difficoltà a collocarsi e a promuovere un discorso univoco, poiché era diviso tra i vari stati. Questo porta ad una sfasatura nell’evoluzione linguistica, culturale e politica dei ruteni della Galizia rispetto a quelli della Bucovina e della Transcarpazia per non parlare della Russia e delle due rive. Tre sono gli orientamenti in Galizia rispetto alla questione identitaria: vecchio ruteno, ucrainofilo e russofilo. Tutti si riconoscono come popolo della Rus’, che parla lingua rusina o rutena. Per gli ucrainofili questa va considerata ucraina, per i russofili russa, per i vecchi ruteni rutena. Diverge l’interpretazione delle proprie origini: russofili e vecchio ruteni ritengono che gli slavi orientali fanno parte di una sola nazionalità, postulato rifiutato dagli ucrainofili, per i quali gli ucraini sono una distinta nazionalità vivente su un vasto territorio etnografico che si estende dai Carpazi agli Urali. Diverge l’interpretazione sulla storia postkieviana: i russofili accettano la teoria russa del passaggio della sovranità dalla Rus’ di Kiev alla Moscovia, per cui la Galizia sarebbe una terra russa, separata dalla Russia dalla dominazione polacca e austriaca, mentre per gli ucrainofili la Rus’ di Kiev corrisponde ad una civiltà specifica centrata sul territorio ucraino. 1874 Il terzo congresso archeologico si svolse a Kyiv e fu l’occasione per riunire gli specialisti di molti paesi. Osservatore fu Rambaud, ritenuto un’autorità in materia di storia russa. L’auditorio, narra lui, si appassionò specialmente per le “Canzoni storiche del popolo piccolo russo”, pubblicate da Drahomanov e Antonovyc, allora professori all’Università di Kyiv. Nella freschezza della scoperta di questo vasto repertorio Rambaud spiega che “questi canzoni formano la storia poetica dell’Ucraina, delle sue lunghe sofferenze, delle sue lunghe lotte ai tempi del terrore turco e tataro”. Un contemporaneo di Rambaud, il musicologo Emilè Durand scriveva di Taras Sevcenko, individuandolo come il poeta nazionale della Piccola Russia e spiegando che era il poeta popolare per eccellenza in quanto le sue poesie erano conosciute a memoria dai contadini. 17 polacca, imputarono la sconfitta agli ucraini, accusandoli di avere agito come quinte colonne del nemico. Seguirono rappresaglie, arresti, e deportazioni nel campo di detenzione di Talerhof, che conterà 40 mila detenuti di lingua ucraina considerati russofili. La fiducia negli Asburgo crollò, ma a ciò non corrispose un sostegno alla Russia, anche perché la zona poi occupata dall’impero russo venne sottoposta ad un’immediata russificazione che prese di mira la lingua, la cultura e le sue istituzioni, come la chiesa Greco Cattolica, che vide centinaia di suoi preti esiliati in Russia e sostituiti da preti ortodossi. 1915 Il contrattacco austro-tedesco riportò quasi tutta la Galizia, la Bucovina, e anche parte della Volinia sotto il controllo austriaco alla fine del giugno 1915, ma da parte ucraina la fiducia nei confronti degli austriaci era persa. Gli ucraini presero consapevolezza del fatto che entrambi gli imperi non avrebbero mai riconosciuto le proprie aspirazioni nazionali, e che solo un loro eventuale crollo avrebbe potuto aprire nuovi spazi.  1916 Nel maggio del 1916 l'offensiva del generale Russo Brusilov rovescia nuovamente la situazione, e alla fine dell'anno la Bucovina, la parte orientale della Galizia e la Volinia occidentale vanno alla Russia, che però non riesce a impadronirsi di Leopoli.  1917 In Russia nel febbraio 1917 ebbe luogo una prima fase rivoluzionaria che vide la rinuncia al trono di Nicola II e la formazione di un governo provvisorio, inizialmente liberale, e poi socialista. All'interno del grande quadro delle rivoluzioni del 1917, l'Ucraina del Dnipro (quella occidentale con Lviv era ancora contesa nel conflitto) conobbe uno sviluppo storico interessante. Presto a prendere il potere effettivo fu la Rada, ovvero il parlamento, che si era formato a Kyiv e che era presieduto dal noto storico Hrusevskyj. L'orientamento politico della Rada era fondamentalmente di sinistra, con una pluralità di posizioni al suo interno: il partito socialdemocratico ucraino del Lavoro, il partito Socialrivoluzionario ucraino (di cui faceva parte Hruscevskyj), e il Partito Socialista federalista ucraino, oltre ad una serie di altri partiti minori, ma socialisti, espressione di altre componenti nazionali (ebraica e polacca). Il 10 giugno la Rada emana il I fondamentale, dove si dichiara che il popolo ucraino è libero di determinare il proprio destino, affidando al neonato segretario generale, Vynnycenko, il compito di guidare il paese. Quando ad ottobre i bolscevichi si impadronirono del potere, la Rada prese atto della scomparsa del Governo Provvisorio e non riconobbe l’autorità del nuovo governo centrale. Il 7 novembre, la Rada emanò il suo III universale proclamando la fondazione della Repubblica Popolare Ucraina. I bolscevichi non avevano intenzione di permettere all’Ucraina di rendersi indipendente e iniziarono una strategia per impadronirsi di Kyiv e rovesciare quello che veniva definito il governo borghese ucraino, anche se in realtà le misure previste dal terzo universale erano indubbiamente rivoluzionarie: abolizione del diritto di proprietà sulle terre signorili ed ecclesiastiche e loro distribuzione e contadini, giornata lavorativa di 8 ore, nazionalizzazione delle industrie, abolizione della pena di morte, fine alla guerra… 1918 I bolscevichi posero la loro base operativa a Charkov, e proclamarono un nuovo governo sovietico ucraino, che era in realtà subordinato al governo di Pietrogrado, per scalzare la Rada. La Rada il 9 gennaio 1918 emanò il suo IV universale che proclamava l'esistenza di una Repubblica Popolare 20 Ucraina indipendente: ben presto le truppe sovietiche si installarono a Kiev e la Rada si trasferì a Zitomir. I bolscevichi, per rinsaldare il successo della rivoluzione di ottobre, avevano optato per una pace separata tra Russia e imperi centrali. Le trattative di pace si svolsero a Brest Litovsk e videro affluire, per propria iniziativa, anche i delegati dei paesi ex zaristi in cerca di indipendenza: Ucraina, Finlandia, Polonia, stati baltici. Fu in questa sede che l'Ucraina venne riconosciuta come uno stato sovrano da tutte le parti in causa, bolscevichi compresi. Le clausole del trattato erano generose: all'Ucraina veniva riconosciuta la sovranità su un territorio più ampio di quello formato dalle nove province precedenti, e otteneva l'impegno da parte dei bolscevichi di evacuare le loro truppe ove presenti. La Repubblica Popolare Ucraina si impegnava a fornire agli ex nemici materie prime e soprattutto i cereali. Era la fine dell'isolamento in cui si era trovata e il primo riconoscimento esterno di una sua statualità ma quanto questo riconoscimento fosse fragile lo si capisce dal fatto paradossale che proprio mentre il trattato veniva firmato, i bolscevichi s’insediavano a Kyiv. La Rada fu soccorsa dagli imperi centrali, in particolare dai tedeschi, che liberarono Kyiv, mentre il governo sovietico ucraino riparò in Russia. La Rada non era però in grado di esigere dei contadini quanto richiesto dai tedeschi, in termini di grano e prodotti della terra, per questo, il 28 aprile i tedeschi sostituirono la rada con un governo che avrebbe dovuto mostrarsi più efficiente e collaborativo. Il nuovo capo dello Stato ucraino era il Generale Skoropadskyj, di famiglia nobile cosacca, conservatore e anti-rivoluzionario. La reazione delle forze politiche della Rada non si fece attendere: nacque un nuovo organo, il direttorio, in cui i principali esponenti erano i socialdemocratici ucraini Vynnycenko e Petljura, con il compito di liberare Kiev dall'etmano e dai tedeschi. Dalla Galizia austriaca arrivò un appoggio determinante, che indusse le truppe tedesche e ritirarsi da Kiev il 14 dicembre. Il 19 dicembre nella capitale si insediava il direttorio.   1919 Il 22 gennaio 1919 avvenne la storica dichiarazione di unità della Repubblica Popolare Ucraina con la Repubblica Popolare dell'Ucraina occidentale (che comprendeva la Galizia, la Bucovina e la Transcarpazia) celebrata con una cerimonia che fu anche filmata. Il sogno di un’Ucraina indipendente si era realizzato, ma si trattava di difenderlo, e questo fu impossibile. Già nel febbraio del 1919 il direttorio venne scacciato da Kyiv, dove i bolscevichi insediavano la già creata Repubblica socialista Sovietica Ucraina. Ma la partita non era ancora finita, perché le armate bianche del generale Anton Denikin arrivarono presto a controllare gran parte dell’Ucraina, scacciando i comunisti da Kyiv e avviandosi a conquistare Mosca. 1920 Il successo dei bianchi fu di breve durata. Il 4 aprile 1920, il generale Denikin venne sconfitto dall'armata rossa. Wrangler venne nominato comandante supremo di quanto restava delle forze bianche. Questi cercò di accordarsi con il direttorio e con Machno, ma l'accordo con il direttorio giungeva ormai troppo tardi per invertire le sorti della guerra che volgeva a favore dei bolscevichi, mentre il tentativo di accordo con Machno cadde nel vuoto. Machno, nonostante si rendesse conto della distanza ideologica che esisteva fra il suo anarco-comunismo libertario e il rigido marxismo bolscevico, continuò sostanzialmente ad appoggiare i bolscevichi, nella lotta contro Bianchi, polacchi e seguaci di Petljura. Il tentativo controrivoluzionario era così concluso. I bianchi, pur presenti in varie zone della Russia, non erano riusciti a coordinarsi né a guadagnare consenso presso le popolazioni, per la ristrettezza di visione politica, per l'incapacità di collaborare con le nuove realtà nazionali che erano nate dal crollo dell'impero zarista e l'Intesa non aveva avuto maggior successo nel sostenere la causa anti bolscevica. Il 1920 fu un anno cruciale nei rapporti fra Ucraina del Dnipro e quella della Galizia orientale. Il 22 gennaio del 1919 le due repubbliche si fusero in 21 un'unica Repubblica Popolare Ucraina, ma rimanevano due realtà separate, anche fisicamente da Rossi, Bianchi, corpi di spedizione dell'Intesa, polacchi. Uno dei fattori che hanno portato alla vittoria dei bolscevichi nell'Ucraina del Dnipro è senz'altro il difficile rapporto della Repubblica Popolare Ucraina con la Repubblica Popolare dell'Ucraina occidentale. Fra le personalità di Petljura e Petrusevyc si deve aggiungere la diversa valutazione della situazione, perché gli obiettivi dei due paesi non fecero durare a lungo la cooperazione inaugurata nel gennaio del 1919. Petljura doveva fronteggiare i bolscevichi, mentre Petrusevyc doveva lottare con i polacchi, che si erano contrapposti alla Repubblica Popolare dell'Ucraina occidentale fin dalla sua proclamazione nel 1918, cacciando da Leopoli i suoi rappresentanti e dimostrando che non avevano intenzione di cedere la Galizia. Petljura era disposto ad un accordo con i polacchi, che peraltro erano sostenuti dalla Intesa, che aveva proprio fra i suoi obiettivi la ricostituzione dello Stato polacco. Dopo una collaborazione bellica di breve durata e di scarsa efficacia, fu gioco forza per Petljura puntare sui polacchi per un ultimo tentativo di salvare l'Ucraina del Dnipro dai bolscevichi. Petljura venne costretto il 5 dicembre 1919 a rifugiarsi a Varsavia e trasse giocoforza da questa contingenza e siglò con i polacchi un accordo politico ed economico, cui seguì una convenzione militare. Egli otteneva il riconoscimento della UNR e la benevolenza dei polacchi nei confronti delle aspirazioni dell'Ucraina del Dnipro, in cambio del riconoscimento alla Polonia delle terre ucraine occidentali, ormai largamente in mano polacca. Il 25 aprile del 1920 le forze polacco-ucraine davano inizio alle operazioni belliche arrivando fino a Kiev. Il contrattacco sovietico non si fece attendere ed ebbe successo ma si arenò davanti alla resistenza polacca. Nell'ottobre del 1920 fra polacchi e sovietici si giunse ad un armistizio, per il quale le truppe ucraine furono lasciate ancora una volta sole a combattere, senza però possibilità di riuscita. Questo armistizio fu d'aiuto ai bolscevichi per sconfiggere le residue truppe Bianche di Wranger. 1921 Il 1921 segnò la fine dell'Indipendenza ucraina. La pace di Riga del 18 marzo del 1921 fra polacchi e russi portò al riconoscimento della Repubblica socialista Sovietica Ucraina da parte dei polacchi e viceversa all’incorporazione della Galizia orientale, insieme ad altre terre ucraine, nella Repubblica polacca. Il resto delle terre abitate da ucraini fu diviso fra gli stati successori dell'Austria-Ungheria: la Transcarpazia andò alla neonata Cecoslovacchia, la Bucovina alla Romania, che si garantì, dopo complesse vicende legate alla guerra civile russa, anche parte della Bessarabia. Gli ucraini erano ancora una volta divisi tra diverse entità statali. Desta quasi stupore che gli ucraini siano riusciti a creare governi nazionali, dotarli di truppe, difendere dalle aggressioni interne esterne, ad abbozzare una struttura statale, a promulgare leggi, perseguire obiettivi di unificazione e potenzialmente di recupero di terre irredente. La storia dell'Ucraina non è una storia di statualità debole, ma di statualità negata in un contesto troppo variegato e conflittuale. 1922 L’Ucraina orientale era uscita distrutta dalla guerra civile e dalle politiche del Comunismo di guerra, tra cui quella delle requisizioni forzate di grano, che aveva pagato con una tremenda carestia. Questo contesto generale di malessere indusse Lenin ad introdurre la nuova politica economica, che fu in vigore dal 1921 al 1928, e che ridiede fiato all'economia, mettendo un freno temporaneo al processo di centralizzazione proprio del programma bolscevico. Nel 1922 fu avviata la costruzione dell'unione delle Repubbliche Socialiste sovietiche, di cui l'Ucraina Sovietica, con la Russia, la Bielorussia e la Transcaucasia fu uno degli stati fondatori. La costruzione dell'Unione Sovietica fu un'impresa enorme che permise alla nuova entità fra il 1922 e il 1944 di ricoprire tutto il territorio già zarista, ad esclusione della Finlandia e di quello tornato a suo tempo sotto la sovranità polacca. Nei progetti originali di Stalin le nuove entità avrebbero dovuto entrare a far parte della Repubblica socialista federativa Sovietica russa, con un semplice Statuto di autonomia, ma questa prospettiva richiamava a tal punto l’idea della Russia una indivisibile, che gli stessi 22 alla fine dell’URSS. Oggi questa chiesa non esiste più, ma perché si è di recente unita con la Chiesa ortodossa-Patriarcato di Kiev dando vita nel 2018 alla nuovissima Chiesa ortodossa dell’Ucraina, che ha ottenuto dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli il tomos di autocefalia, uscendo dall’orbita del patriarcato di Mosca. Se dovessimo individuare una logica nei fatti succitati dovremmo concordare con il giurista polacco Lemkin, autore della Convenzione sul genocidio, che si vollero colpire il cervello e l’anima dell’Ucraina, per privare i contadini di qualsiasi supporto istituzionale. Il 1930 è infatti l’anno in cui la dekulakizzazione procede a gran ritmo con migliaia di collettivizzatori spediti nelle campagne per spingere i contadini a entrare nelle fattorie collettive. 1931 Lo specchiato comunista Kravcenko che chiederà asilo politico negli USA nel 1943 diede alle stampe la biografia dal titolo “Ho scelto la libertà” (1946). Il libro fu un caso letterario e politico enorme, perché denuncia i crimini staliniano in un tono sobrio. Come studente di ingegneria, e membro entusiasta del partito, Kravcenko nel 1931 viaggiò in Ucraina per brevi missioni in fabbriche e villaggi, e da essi tornò estremamente turbato da ciò che vide, famiglie deportate perché magari resistevano alla collettivizzazione e moltissime sentenze capitali svolte senza alcun processo. 1932 I fatti occorsi tra il 1929 e il 1931 non furono che il preludio della tragedia che colpì l’Ucraina, il granaio d’Europa si diceva al tempo. Stalin, non riuscendo ad ottenere la sottomissione dei contadini nei tempi e modi previsti, decise di procedere allo sterminio per fame di una parte della popolazione rurale. Nel 1932 ebbe inizio l’holomodor. Questa parola viene da holod (fame) e moryty (sterminare), quindi letteralmente è traducibile come sterminio per fame. È una parola composta, coniata negli anni ’80 dalla Musijenko, per denunciare l’intenzionalità della carestia che ebbe luogo in Ucraina nel 1932-1933, da allora è entrata nel lessico storiografico e politico. Per l’holodomor morirono sei milioni di persone, di cui due terzi in Ucraina. Lemkin, che aveva coniato l’espressione genocidio nel 1944, non aveva dubbi sulla natura genocida di quella carestia che non era ancora stata definita holodomor ma di cui tutti sapevano, il problema era che inizialmente l’URSS, uscita vittoria dalla guerra contro il nazi-fascismo, non poteva essere portata alla sbarra per “un’infelice politica agricola”, che in fondo le aveva garantito un’industrializzazione vincente, rispetto all’arretratezza di partenza. Secondo Lemkin, l’Ucraina si prestava a un genocidio selettivo, perché la sua élite era ristretta e facilmente colpibile: una volta eliminata, si poteva attaccare il corpo vivo del paese, infliggendogli una perdita che ne avrebbe stroncato la resistenza. Da giurista polacco-ebreo, egli non dubitava che la posizione geografica dell’Ucraina e la sua prolungata resistenza alla russificazione ne facessero un obiettivo naturale di un sovietismo impregnato di imperialismo russo. 1933 Il 1933 è stato l’anno in cui le consegne di grano previste dal piano divennero irrealizzabili. Di qui nuove accuse di pigrizia, sabotaggio, furto e nuove misure punitive: requisizioni dei beni alimentari, divieto di lasciare la campagna, sorveglianza armata fuori dai villaggi e nelle stazioni, chiusura dei confini del paese. In pratica morte per fame di milioni di contadini. Il ruolo attivo dello Stato-partito è innegabile ed è questo che fa la differenza fra “carestia” ed “holodomor”. Il dato più sconcertante è che la leadership sovietica vide nel contadino il baluardo del nazionalismo, perché depositario naturale della lingua, dei costumi, della religione, mentre il contadino ucraino era pre-nazionale, in quanto non interessato alla questione dell’indipendenza, ma della sopravvivenza, venendo da una lunga storia di fame di terra e da una condizione di inferiorità economica e sociale. Inoltre, aveva subito pesanti politiche di russificazione per cui era abituato a non identificarsi come ucraino, termine che aveva una valenza politico-risorgimentale-identitaria per gli intellettuali delle città. Fu 25 comunque, in buona misura, dopo l’holodomor che molti identificarono il giogo sovietico con quello moscovita e si rinsaldò il sentimento di diversità. 1934 Il 15 giugno 1934, in Polonia, viene assassinato l’ex ministro degli interni Pieracki, da un membro dell’OUN, come ritorsione per la campagna detta di pacificazione condotta dalle autorità polacche ancora nel 1930 contro gli attivisti ucraini. Ad essere incriminato sarà Stepan Bandera (1890-1964), leader dell’OUN, condannato prima a morte e poi all’ergastolo. Nel ’39, nel caos derivante dall’invasione tedesca, scappò. Gli anni ’30 videro una serie di processi contro membri dell’OUN, che alla fine del decennio rivendicava di essere l’unica vera forza politica in grado di sostenere gli interessi degli ucraini, sia in Galizia che all’estero. Con l’ascesa di Hitler, l’attenzione dell’OUN si spostò verso la Germania, per ragioni più tattiche che ideologiche. Il problema del rapporto fra OUN e Germania nazista è storiograficamente rilevante, perché riguarda direttamente la questione della collaborazione con i tedeschi durante la seconda guerra mondiale. In questa fase, gli ucraini fuori dall’URSS sono alla ricerca di sostenitori della propria causa nazionale e non li trovano presso gli Stati filopolacchi, quali la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Le potenze revisioniste, critiche verso l’ordine di Versailles, diventano quindi i referenti più naturali. 1935 Il 12 maggio del 1935 muore Pilsduski. Stalin non aveva dimenticato che Pilsduski e Petljura erano stati alleati contro i bolscevichi nel 1920 e sempre temeva che potesse riannodarsi una collaborazione ucraino-polacca, non considerando che il nazionalismo ucraino era un problema ben più rilevante per la Polonia che per l’URSS. Stalin continuava a malvedere l’Ucraina, memore della sua opposizione all’armata rossa nella guerra civile, e il rifiuto dei contadini di consegnare il grano lo interpretava come nazionalismo. 1937 Il 1937 è l’anno della grande purga In Ucraina furono vittime anche membri leali durante l’holodomor, a scanso di resipiscenze morali. Vennero sottoposti ad un esame severo tutte le minoranze, specie tedesche e polacche. 1938 Stalin invia in Ucraina Kruscev con il compito di farne una fortezza socialista. I suoi timori erano legati al fatto che Hitler potesse sfruttare la carta dell’irredentistimo ucraino, a partire dalla questione delle Transcarpazia, passata a far parte della Cecoslovacchia alla fine della Prima guerra mondiale. Nella mutilazione e federalizzazione che subì la Cecoslovacchia fra la Conferenza di Monaco (29-30 settembre 1938) e la Conferenza di Vienna (2 novembre 1938), emerse come nuova realtà autonoma una Carpato-Ucraina con capitale Chus, con governo ucrainofilo, una sua forza militare, pieni di diritti culturali e linguistici: essa ottenne l’appoggio degli ucraini di Galizia. La sua autonomia durò pochissimo perché Hitler cedette all’Ungheria la Cecoslovacchia. La Carpato- Ucraina dichiarò la sua indipendenza il 15 marzo 1939, mentre Hitler entrava a Praga, e la difese con l’aiuto di uomini dell’OUN dagli ungheresi, che però ne ebbero presto ragione. 1939 Il 23 agosto 1939 a Mosca venne firmato il patto Molotov-Ribbentropp, un patto di non aggressione, ma in pratica un accordo per la definizione delle reciproche aree di influenza in Europa orientale, con relative possibilità di spartizione. Il 1° settembre Hitler invase la Polonia, mentre Stalin varcò il confine polacco il 17 settembre per “difendere” i popoli fratelli ucraini e bielorussi. L’URSS occupava così la Volinia polacca, la Galizia e la Bucovina. Vennero tenute elezioni per una Assemblea nazionale dell’Ucraina dell’Ovest che subito chiese a Kyiv e Mosca di annettere la regione all’URSS. I rapporti con la popolazione ucraina in Galizia furono buoni all’inizio, perché i sovietici volevano promuovere socialmente gli ucraini, favorendone l’inserimento nelle istituzioni prima precluse loro dalla predominanza polacca. Fu lanciata una campagna di ucrainizzazione, che trasformò università, scuole, teatri, case editrici polacche in ucraine. Le iniziali simpatie da parte di 26 comunisti e partiti di sinistra svanirono presto davanti alla volontà di epurazione che si esercitò sui membri del Partito comunista dell’Ucraina occidentale, sospettato di nazionalismo, e alla sorveglianza poliziesca cui furono subito sottoposti i quadri ucraini appena promossi nel governo locale e nell’educazione. Anche qui l’ucrainizzazione trovava un ostacolo nello spettro del nazionalismo. Si aggiunga che i sovietici vollero agire contro la Chiesa, sia greco-cattolica, sia ortodossa, che in Galizia aveva sempre costituito un punto di riferimento. 1940 Nella primavera del 1940 la maggior parte degli ufficiali dell’ormai disciolto esercito polacco fu uccisa nella foresta di Katyn e in altri siti. Su questi eccidi di massa regnò a lungo la disinformazione perché quando le fosse comuni furono scoperte, il crimine venne attribuito ai tedeschi e la menzogna andò avanti per decenni. In realtà, l’eliminazione, condotta da forze dell’NKVD, mirava ad annientare i ceti dirigenti, impedendo una futura resistenza polacca. L’NKVD si mise a caccia anche dei membri dell’OUN, che riteneva un pericolo massimo, determinando l’espatrio anche di Stepan Bandera, verso zone controllate dai tedeschi. Nel 1940 i sovietici deportarono anche decine di migliaia di polacchi perché “nemici del popolo” o potenziali “quinte colonne del nemico”, la conquista tedesca di Parigi faceva infatti temere a Stalin un possibile attacco all’URSS da parte dell’alleato. Nel frattempo, Stalin decise di occupare altre parti assegnate alla sua sfera di influenza ai sensi del Patto, e cioè gli Stati baltici, la Bessarabia meridionale, e la Bucovina settentrionale, queste ultime due, per la loro popolazione anche ucraina, finirono nell’Ucraina sovietica. Anche qui si registrano le stesse politiche per Galizia e Volinia, con il corredo di arresti e deportazioni di elementi “ostili”. 1941 L’operazione Barbarossa partì il 22 giugno 1941 lungo una linea che andava dal mar Baltico a nord fino al mar Nero a sud, in cui la Germania si avvalse di truppe rumene, ungheresi, e italiane. Le terre ucraine divennero subito zona di passaggio delle truppe tedesche provenienti dalle postazioni polacche già occupate: in tre settimane caddero in mano tedesca Galizia, Volinia e parte dell’Ucraina della Riva destra. In agosto i tedeschi ebbero ragione dell’Armata rossa nella zona di Uman’. In settembre giunsero nella regione di Kyiv, da cui Stalin non aveva voluto ritirare le proprie truppe, perché la salvaguardia della capitale ucraina rivestiva un alto valore simbolico. La città cadde in mano tedesca il 19 settembre 1941. Alla fine dell’anno l’Armata rossa era in ritirata da tutta l’Ucraina. Nel contempo, vi furono coloro che accolsero i tedeschi e collaborarono al loro attacco all’URSS. Fu una scelta che avrebbe pesato fatalmente sugli ucraini e sul loro destino a liberazione avvenuta (1944), ma che fu dettata sicuramente anche dalla speranza di un miglioramento delle proprie condizioni di vita (che sicuramente non potevano peggiorare rispetto alla gestione sovietica), mentre altri ancora una volta pensarono di poter ottenere un riconoscimento per l’Ucraina. Particolarmente ingannevole si rivelò la prospettiva disegnata dall’ideologo Rosenberg, nato in Estonia, ministro del Reich per i territori orientali, che immaginava una serie di Stati indipendenti e filotedeschi dal Baltico alla Georgia, come strumento per minare l’URSS. Il progetto di Rosenberg non fu attuato, lasciando spazio alla visione di Himmler, convinto, come altri gerarchi, della necessità di una politica razziale, antiebraica e antislava, ma soprattutto convinto della necessità di sfruttare al massimo, in termini di uomini e risorse, i territori conquistati. 1942 All’inizio del 1942 la collaborazione fra OUN e tedeschi terminò. I tedeschi, dopo aver sfruttato l’organizzazione, ne neutralizzarono i membri, arrestandoli e fucilandoli. Le fazioni dell’OUN guidate da Bandera avevano messo a disposizione i battaglioni Roland e Nachtigall. Bandera entrò a Leopoli il 29 giugno 1941, proclamando l’indipendenza dell’Ucraina, un gesto simbolico, ma che i tedeschi non tollerarono, venne quindi arrestato e rinchiuso a Sachenhausen, mentre due suoi fratelli vennero portati ad Auschwitz. Bandera a differenza dei due fratelli riuscì a sopravvivere. L’altra fazione dell’OUN, guidata dall’antagonista di Bandera, Andrij Melnyk (1909-1959), inviò gruppi di seguaci in Ucraina centrale e orientale per impiantare una rete di contatti, selezionare 27 Il periodo del disgelo promosso da Cruscev mise fine alle pratiche che avevano caratterizzato la stalinizzazione. L’Ucraina, come componente del sistema pansovietico ne costituiva un tassello importante e se ora poteva godere di uno status di un’autonomia controllata, il cui primo indice era l’incremento della presenza ucraina nel Partito comunista ucraino e nel suo Comitato centrale, ma non per questo si sottraeva alla logica di insieme. Si apriva una fase di ricerca di identità che trovava riflesso anzitutto nella cultura. 1967 Dal 12 al 17 novembre 1967 ebbe luogo a New York il primo World congress of Free ukrainians, che riunì tutte le organizzazioni e associazioni dell’emigrazione ucraina, ad esclusione di quelle filosovietiche. Nei mesi successivi nasce l’associazione Comunità dello studente ucraino, che voleva costituirsi come un punto di riferimento di carattere culturale per i propri coetanei. L’intento era di rappresentare l’intera diaspora ucraina al di fuori del blocco socialista, nelle persone di padri e figli inseriti in Nord America. La diaspora era frutto dell’ondata di migrazione connessa alla Seconda guerra mondiale e in essa la presenza di elementi nazionalisti era molto rilevante. I più giovani guardavano con interesse e partecipazione l’evoluzione della cultura ucraina nel vecchio mondo comunista e avrebbero voluto intrecciare rapporti con chi era rimasto. Ad attirare la loro attenzione era in particolare un gruppo: la generazione degli anni Sessanta, un movimento di rinascita culturale ucraino su cui proiettavano le proprie istanze sessantottine, non del tutto consci della complessa situazione in URSS, dove i migliori elementi venivano ostacolati e repressi dalla dirigenza comunista ucraina (Selest era segretario del partito, era ucraino e a favore della repressione). 1972 Il 12 gennaio 1972 il KGB inizia gli arresti degli intellettuali ucraini del movimento, accusati di tramare contro lo Stato. Alcuni elementi della comunità newyorkese fondarono allora il Comitato per la difesa dei prigionieri politici sovietici, il primo di molti atti per creare una rete di supporto verso la dissidenza sovietica. Nel 1975 si giunge alla firma degli accordi di Helsinki, il culmine della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. Visto che l’atto finale della conferenza aveva un’importante sezione riguardante i diritti umani, in URSS si aprì uno spiraglio di rivendicazione per i dissidenti, nacque così il gruppo di Helsinki, un’organizzazione indipendente che monitorava il rispetto degli accordi nei paesi del Patto di Varsavia. Il gruppo fu ovviamente perseguitato e represso, ma con difficoltà. Il movimento di Helsinki fornì ai dissidenti ucraini la possibilità di rivendicare i propri diritti nazionali, a difesa della cultura e soprattutto della lingua ucraina, visto che ormai, a causa delle politiche di russificazione portate avanti dalla dirigenza sovietica, l’uso della lingua russa era diffuso ad ogni livello. 1986 Il 1986 fu l’anno della drammatica esplosione della centrale nucleare di Chernobyl. L’impianto dipendeva direttamente da Mosca, senza autonomia direttiva a livello locale. Questo divenne drammaticamente evidente dopo l’incidente del 1986, perché la dirigenza ucraina si trovò esclusa dalle decisioni che vennero prese dall’alto, volte a negare la gravità dell’accaduto e i rischi per la popolazione. Con Gorbacev e la Perestrojka, però, il panorama ucraino si vivacizzò molto. Vennero ristampate opere prima censurate, si riscoprivano gli studi storici, a partire da Hruscevskji, e fu quindi naturale che emergesse anche il tema dell’Holodomor e della resistenza armata al regime sovietico negli anni Quaranta e Cinquanta condotta dall’OUN e dall’UPA. 1990 Nel 1990 l’Ucraina come le altre repubbliche dichiarò la sua sovranità, ma dopo la dichiarazione d’indipendenza della Lituania, Gorbaciov spinse i comunisti a serrare i ranghi contro le spinte centrifughe. In Ucraina, dove comunque i comunisti avevano ancora la maggioranza, venne emanata una legge che vietava le dimostrazioni vicine al palazzo del parlamento. Ci fu a questo punto uno sciopero della fame di decine di studenti, provenienti anche da Leopoli, sulla grande 30 piazza (Majdan) della Rivoluzione d’ottobre, ora nota come piazza Indipendenza o semplicemente come Mahdan. La protesta rientrò e i comunisti tirarono un sospiro di sollievo, ma ormai il vaso di pandora era stato rotto. 1991 La reazione alle iniziative indipendentiste non poteva essere l’uso della forza; quindi, si decise di indire un referendum sulla continuazione o meno dell’Unione, che ebbe luogo a marzo del 1991, in cui la maggioranza dei cittadini optò per una “Unione riformata” (in Ucraina il 71%). Il golpe dell’agosto ’91 portò al potere Eltsin. Il golpe durò due giorni ma Eltsin obbligò Gorbaciov a rassegnare le dimissioni da segretario del partito comunista, di cui sospese le attività e assunse il controllo del governo dell’Unione. Il 24 agosto il parlamento ucraino dichiarò l’indipendenza quasi all’unanimità. Già allora Eltsin non nascose la preoccupazione circa Crimea, Ucraina e Donbass. Il 1° dicembre un referendum confermò la decisione del parlamento ucraino L’8 dicembre Eltsin firmò con il presidente eletto dell’Ucraina, Kravcuk, e il presidente della Bielorussia, Suskevic, un accordo a Minsk per preservare l’unione degli slavi orientali, che si tradusse nella costituzione della CSI (Comunità stati indipendenti), cui si aggiunsero il 21 dicembre le repubbliche dell’Asia centrale. Questo organismo, però, non era neanche lontanamente un sostituto dell’URSS, i diversi stati restavano indipendenti. La Russia divenne l’erede legale dell’ex URSS e venne accettata al suo posto nell’ONU, mentre l’Ucraina diventava uno Stato sovrano e il secondo stato per estensione in Europa dopo la Russia. Nel 1993 l’Ucraina decise di non diventare un membro a pieno titolo della CSI, che aveva creato, non volendosi legare ad esso militarmente. Questo lasciava aperte questioni che si sarebbero apparentemente risolte durante gli anni 90’ con una serie di accordi. Ricordiamo il Memorandum di Budapest del 1994, che prevedeva lo smantellamento dell’arsenale nucleare ereditato dall’URSS e l’adesione al trattato di non proliferazione nucleare in cambio di garanzie sulla sua sicurezza e indipendenza da parte degli altri paesi firmatari (Russia, che riceveva le armi smantellate, USA e Regno Unito, poi anche Cina e Francia). Nello stesso anno l’Ucraina firmò un accordo di cooperazione con l’UE ed entrò nella Partnership for Peace con la NATO. La politica dell’Alleanza atlantica era quella di creare legami con gli ex avversari, inclusa la Russia, che firmò lo stesso accordo dell’Ucraina. Nel 1997 venne firmato un altro trattato di cooperazione con la NATO, che aprì un centro di informazione a Kyiv. Tutto questo non significava che l’Ucraina avesse prospettive di entrare nell’UE o nella NATO ma beneficiava della politica di vicinato dei paesi fuori dalle strutture euroatlantiche. 1994 L’Ucraina non aveva solo il problema della collocazione geopolitica fra Est e Ovest ma anche quello della transizione politica ed economica. Le riforme di Kravcuk delusero le aspettative, perché venne lasciato spazio ad una privatizzazione non controllata, di cui beneficiarono solo gli ex dirigenti sovietici. Il presidente lasciò il posto nel 1994 a Kucma, ex primo ministro, che nello stesso anno istituì una Corte Costituzionale e nel 1996 varò la nuova costituzione. Ormai però l’economia ucraina era in mano a gruppi oligarchici che godevano dello sfruttamento di ampie reti clientelari. Kucma fu bravo a gestire questo sistema e venne rieletto nel 1999. Il compito di attuare le riforme, non più procrastinabili, per ottenere i finanziamenti del FMI e dell’UE, vennero affidate al primo ministro Viktor Juscenko, già governatore della Banca centrale, che rimase in carica dal 1999 al 2001; sono merito suo le norme anti-corruzione, la lotta alla burocrazia e al mercato nero, le liberalizzazioni, la riduzione del debito, e la riforma agraria di questo periodo. Kucma tentò di rafforzare la presidenza a scapito del parlamento per crearsi un potere personale, ma venne travolto dallo scandalo dell’omicidio del giornalista Gongadze, di cui si sospettò essere egli coinvolto (scandalo delle cassette). Juscenko entrò in politica con il partito “La nostra Ucraina” ma non riuscì a vincere le elezioni parlamentari del 2002. A guidare il governo come primo ministro arrivò Viktor Janukovyc, uomo di fiducia del magnate Rinat Achmetov. 2004 31 Nel novembre 2004 avrebbe potuto realizzarsi la svolta attesa dall’opposizione sia parlamentare, sia civile, rappresentata per esempio dal movimento Ucraina senza Kucma, che aveva dato prova di saper riempire le piazze. Juscenko si era candidato a presidente, stringendo un’alleanza elettorale con Julija Tymosenko (promettendole la carica di primo ministro), questa era già stata membro del governo Kucma assieme a Juscenko, ma poi era passata all’opposizione con il partito da lei fondato La nostra Patria. Questa alleanza elettorale puntò molto sulle riforme indicate dall’UE come necessarie per l’Ucraina (liberalizzazioni, lotta al mercato nero e alla corruzione), mentre l’altro principale candidato: Viktor Janukovyc, primo ministro e filo-russo, puntò molto sulle accuse contro i nazionalisti ucraini dell’Ovest, che discriminavano le popolazioni russe della zona. Janukovyc era sostenuto dalla Russia, che temeva l’orientamento pro-occidente di Juscenko e di perdere l’influenza sull’Ucraina. Al primo turno, Juscenko e Janukovic presero il 40% circa ciascuno, si giunse quindi al secondo turno, dove contro le previsioni di exit polls indipendenti, che davano Juscenko vincitore con un grande scarto, Janukovyc venne dichiarato vincitore per 3 punti percentuali. Immediatamente, vennero denunciati i brogli elettorali e dalle piazze nacque la cosiddetta Rivoluzione arancione. La Corte costituzionale, presa in esame la situazione, optò per un terzo turno di ballottaggio che diede la vittoria a Juscenko. 2010 Il 2010 fu un altro anno cruciale per la trasformazione interna e la collocazione internazionale dell’Ucraina. L’alleanza tra Juscenko e la Tymosenko non aveva retto alla prova, per la sovrapposizione di poteri fra governo e presidenza, che, dato l’antagonismo dei due personaggi, bloccò seriamente il paese. I conflitti riguardarono diverse questioni, come le scelte di politica energetica, la crisi finanziaria del 2008. Juscenko in questi anni puntò molto sulla politica culturale, intesa come recupero selettivo della memoria, concettualizzando l’holodomor come genocidio, ma facendolo soprattutto in chiave anti- russa, e celebrando i combattenti dell’UPA contro il regime sovietico. Questa sua politica aprì un ulteriore contenzioso con la Russia di Putin, che lo indicò come sciovinista antirusso. In particolare, fu materia di controversia il riconoscimento di Bandera come Eroe dell’Ucraina, che provocò forti reazioni negative non solo nell’Est e nel Sud del paese, ma anche fra l’intellighenzia liberale a Kyiv e Leopoli, oltre ad alienare all’Ucraina i suoi amici europei. Queste affrettate riabilitazioni e celebrazioni posero le basi per la legittimazione del passato “fascista” dell’Ucraina, a cui molti giovani si riallacciarono senza conoscerne in realtà nulla. Dall’altro lato, la stigmatizzazione da parte russa di questi fenomeni era facile ed è qui che cominciò a crearsi la narrativa dell’ucraino nazista che sarà centrale nella propaganda russa di discredito della politica ucraina dal 2010 al 2022. Nel 2010 le elezioni presidenziali furono vinte da Janukovyc. Laddove Juscenko aveva interpretato il sentimento antirusso, egli fece il contrario. Nel luglio 2012 venne promulgata una nuova legge per regolamentare la questione linguistica che finiva con il favorire la lingua russa in diverse regioni, in contrasto con l’articolo 10 della Costituzione che riconosceva l’ucraino come unica lingua di Stato, pur tutelando le minoranze. Si apriva un contenzioso sulla lingua che avrebbe reso la questione linguistica altamente divisiva e negativa per l’unità del paese. Presto apparve chiaro che egli mirava a mettere in piedi un regime autoritario, in quanto rafforzò il ruolo del presidente e il controllo sulla magistratura. La Tymosenko venne condannata a sette anni di carcere con l’accusa di tradimento per le trattative condotte con la Russia ai tempi della guerra del gas, mentre altri membri dell’opposizione si trovarono indagati e costretti ad emigrare. 2013 Il 2013 fu un altro anno di svolta. L’Ucraina portava avanti due trattative di accordi economici supportate da gruppi diversi di oligarchi a seconda dei loro interessi: Putin proponeva una zona di scambio comune tra Russia, Ucraina e Bielorussia mentre l’UE proponeva un accordo di associazione con Georgia e Moldavia. Quando Janukovyc si trovava al vertice di Vilnius del 28-29 novembre 2013 e avrebbe dovuto firmare l’accordo con l’UE non lo fece, lasciando intendere che 32
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