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RIASSUNTO DEL LIBRO: STRADA PER IL CATAI, ANDREOSE, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto dettagliato del libro capitolo per capitolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 10/04/2021

Gaiamilly
Gaiamilly 🇮🇹

4.2

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Scarica RIASSUNTO DEL LIBRO: STRADA PER IL CATAI, ANDREOSE e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LA STRADA PER IL CATAI, ANDREOSE CAPITOLO 1: DAI MERCANTI SOGDIANI A MARCO POLO A causa della mancanza delle fonti cinesi si è a lungo discusso se Marco Polo abbia effettivamente compiuto il suo viaggio in Cina ai tempi della dinastia Yuan. A questo interrogativo ha risposto lo studioso cinese Zhijiu che ha scoperto che i tre nomi dei delegati citati in una sezione del “Grande compendio per governare il mondo” che si conserva nell’enciclopedia cinese, sono identici a quelli riportati da Marco Polo, dimostrando così che egli si era davvero recato in Cina. Per capire Polo, è necessario prima capire le caratteristiche dei mercanti sogdiani che attraversavano la Via della Seta perché furono i principali protagonisti degli scambi commerciali per via terra dal III all’ VIII secolo. Un’importante caratteristica era la loro organizzazione in carovane che viaggiavano da una regione all’altra per fare affari (percorsi lunghissimi) ed utilizzarono le città lungo la Via della Seta come trampolini di lancio per i grandi affari (anche i Polo erano mercanti ma a differenza dei sogdiani avevano una missione diplomatica affidatagli dal Papa). Le carovane erano composte da più di 200 persone guidate dal capo-carovana ed i mercanti mercanti erano soliti fondare colonie durante il viaggio di cui, spesso, i capo carovana diventavano i leader. Alcuni, infine ritengono che la Via della seta sia stata in realtà in alcuni tratti interrotta ai tempi del viaggio dei Polo, mentre invece Andreose sostiene che questo non è vero, tralasciando la chiusura temporanea di alcune sezioni a causa di conflitti locali. Marco Polo è stato uno dei pochissimi viaggiatori che percorsero tutta la strada dall’Europa alla Cina e, grazie ai suoi resoconti, abbiamo una descrizione dettagliata della Via della seta nel XIII secolo. CAPITOLO 2: I DRAGHI ACCOVACCIATI E LE TIGRI CAMUFFATE Il drago e la tigre divennero 2 dei 4 “animali divini” che simboleggiavano i quattro punti cardinali (Drago verde = Est, Tigre bianca = Ovest, Uccello scarlatto = Sud, Tartaruga nera = Nord). Inoltre, secondo la filosofia taoista, il drago e la tigre erano i due animali divini responsabili dello Yang (cielo e fuoco) e dello Yin (terra e acqua). Secondo l’alchimia pratica di laboratorio cinese invece erano intesi come controparti corporee (piombo e mercurio). Ma non solo, infatti la coppia drago-tigre diventò anche un tema decorativo, soprattutto nei tempi taoisti. DRAGHI I draghi sono citati da Polo solo in 4 passaggi e solo come elementi artistici ed architettonici delle colonne del Palazzo di canne di bambù del Gran Khan per esempio, oppure come segni ciclici usati per la designazione degli anni da parte degli astrologi, oppure ancora, insieme ai leoni, come disegni per i tatuaggi del popolo della provincia di Jiaozhi Guo. Questi tatuaggi hanno non solo un uso estetico, ma anche apotropaico e coprono ampie parti del corpo. Va detto però anche che Marco Polo non pensò mai di aver visto un drago o un animsale simile e per questo non si sentì in obbligo di distinguerlo tra realtà e leggenda come fece per esempio per gli unicorni o per la salamandra. LEONI Con riferimento al dominio del Gran Khan, ci sono 18 passi che includono “leoni”, 16 dei quali si riferiscono senz’altro a tigri. Marco Polo ricorda che un grande “leone” addomesticato e senza catene, alle feste, era condotto al cospetto del sovrano e vi si prostrava come segno di venerazione (Thomas T. Allen sostiene che si trattasse di un leone e non di una tigre a sottomettersi di fronte a Kublai Khan). Il leone era associato quindi al potere supremo e per questo, quelli addomesticati insieme alle tigri e ad altri felini, servivano come animali domestici nelle corti reali già nell’antico Egitto. Il leone che si postrava ai piedi del sovrano era sicuramente un messaggio politico di grande impatto: il re/imperatore non esercitava il suo potere sugli esseri umani ma, grazie ai suoi poteri spirituali e magici, controllava anche la natura e gli animali. TIGRI La prima volta in cui Polo dimostra chiaramente nei suoi passi di non riferirsi ad un leone scrive che questi “leoni” sono più grandi di quelli di Babilonia ed hanno una pelliccia più bella e che i loro fianchi sono striati di nero, rosso e bianco. La seconda volta si ha quando descrive una spedizione di caccia di Kublai Khan a Cacciar Modun, in cui parla delle tende, ricoperte da pellicce dei colori sopra indicati. I passi in cui Marco Polo tratta delle tigri, si possono dividere in 3 tipologie principali: 1. Raffigurazioni di motivi e significati cosmologici, magici, artistici e politici collegati alle tigri 2. Presenza artificiosa delle tigri 3. Manifestazioni naturali di tigri Il paesaggio dell’Asia nel Devisement ha poco a che fare con la geografia fisica e con la materialità dei luoghi, la descrizione dei luoghi ha solo lo scopo di indicare la relazione che a loro oppongono gli uomini. Si possono fare due esempi a riguardo: 1. La descrizione del deserto del Lop si concentra di più sulla difficoltà del suo attraversamento che sulla natura spaventosa dei luoghi 2. Del fiume Qaramon si enfatizzano la larghezza e la profondità solo in relazione alla descrizione della quantità di navi imperiali che corrono sulle sue acque Tutto questo ci fa capire che per Polo la natura è un elemento abbastanza indifferente, perché intermedio tra un territorio ed un altro. Quale significato va attribuito alla parola “provence”, lemma che fu scelto da Rustichello da Pisa per tradurre la “provincia” di Polo? I dizionari di francese ed italiani distinguono tra un uso riferito all’antichità (= unità territoriali dell’impero romano), uno riferito alla realtà istituzionale medievale con un significato religioso (= circoscrizione ecclesiastica) e uno laico (= divisione territoriale). Andreose sostiene che sia quest’ultimo il significato che il Devisement attribuisce alla parola “provence”. La descrizione delle provences e delle cités insiste meno sulle caratteristiche corografiche che sulla qualità della loro antropizzazione. Questo è particolarmente evidente nella descrizione del luogo dei Mangi (Cina Song conquistata da Qubilai nel 1279): i Polo si soffermano sulle attività degli abitanti, sulle pratiche funerarie, sui prodotti ecc…ma nulla compare sulla fisionomia di questi luoghi. Tra le città cinesi che hanno una descrizione più dettagliata troviamo: Canbalu perché è la “Città nuova”, la capitale progettata da Qubilai, Quengianfu perché è la sede del palazzo del figlio di Qubilai, Mangalai e Quinsai perché è la città cinese che ricorda di più a Marco Polo la sua Venezia. L’uso lessicale del Devisement conosce solo termini riconducibili alla base FINIS. Il francese di Marco e Rustichello ricorre a un italianismo: “confine” è una parola attestata nella tradizione volgare (a metà del ‘200), mentre gli esiti di FINIS in francese sono rari e tardivi (fra ‘300 e ‘400). Il Devisement non sembra avere notizie riguardo l’articolazione amministrativa delle regioni della Cina Yuan e in più non ci parla dell’esistenza di due tradizionali confini asiatici: non si parla del Don (per i clerici medievali divide l’Europa dall’Asia) e neppure della Grande Muraglia (sistema difensivo nella Cina settentrionale, linea distintiva tra le culture nomadico-pastorali turco-mongole e l’ordinata realtà socio-economica cinese). Il viaggio dei Polo fu reso possibile dalla Pax mongolica, cioè da condizioni garantite dall’unificazione dell’Asia sotto una sovranità unica, sottoforma di federazione di poteri. CAPITOLO 4: I COLLEGAMENTI MARITTIMI TRA LA CINA E IL GOLFO PERSICO AL TEMPO DI MARCO POLO Marco Polo è il viaggiatore più famoso che, nel XIII secolo, raggiunse il Golfo Persico della Cina via mare. Nel 1291, scortò, insieme al padre e allo zio, la principessa mongola Kokejin della Cina alla corte dell’Ilkhanato. Il viaggio di Polo via mare trova riscontro nell’archivio ufficiale della dinastia Yuan e nell’opera del persiano Fami’u’t Tawarikh. Il viaggiatore e gli altri membri della spedizione partirono da Quanzhou e navigarono alla volta di Hormuz per circa due anni. La fonte cinese dimostra che fecero una tappa intermedia nella regione del Ma’bar (fascia costiera dell’India settentrionale). E’ probabile che nel viaggio d’andata i Polo, a causa delle cattive condizioni delle imbarcazioni, abbiano abbandonato il proposito iniziale ed abbiano viaggiato via terra. Marco fu uno dei tanti che, in quest’epoca, navigarono tra la Cina e il Golfo Persico. I vari viaggiatori vengono suddivisi in tre categorie:  Inviati ufficiali  Mercanti e immigrati  Missionari cattolici INVIATI UFFICIALI I primi esempi sono citati nella biografia di Abu Ali, alto funzionario e potente mercante del Ma’abar, che fuggì dal suo paese a causa di conflitti politici e arrivò in Cina. Prima che vi arrivasse ci fu uno scambio di ambascerie tra gli Yuan e l’Ilkhanato che passarono attraverso il Ma’abar. Dopo che i Mongoli ebbero sottomesso i Song meridionali, Abu Ali inviò ogni anno doni preziosi al governatore Yuan. Egli intrattenne buoni rapporti anche con l’Ilkhan Agaba e con il principe suo nipote Ghazan che poi fu Ilkhan dal 1295 al 1304. Quando gli ambasciatori della dinastia Yuan i due principi dell’Ilkhanato arrivarono via mare nel Ma’abar, Abu Ali predisponeva sempre vascelli per la loro tappa conclusiva. Ciò dimostra che i contatti diplomatici tra la dinastia Yuan e l’Ilkhanato attraverso l’Oceano Indiano incominciarono molto presto. Il primo periodo può essere fatto risalire agli anni tra il 1279 e il 1291. MERCANTI E IMMIGRATI I collegamenti marittimi tra la Cina e il Golfo Persico non si limitavano alle relazioni ufficiali infatti molti mercanti e immigrati provenienti dall’Iran si erano stabiliti nelle città della Cina sudorientale per esempio. Dal momento che i centri in cui risiedevano erano porti marittimi, almeno una parte di loro deve esservi arrivata dal mare. Un altro esempio potrebbe essere quello di Fakhr al-Din Ahmad, emissario delli’Ilkhanato che era un ottimo mercante marittimo e che si era stabilito nei porti cinesi via mare. Rispetto agli itinerari via terra, il trasporto via mare presentava notevoli vantaggi. Sulla base dei reperti conservati si può ipotizzare che almeno alcuni vasi persiani e colori per la pittura siano stati portati in Cina per mare. E’ proprio grazie ai trasporti marittimi che per esempio le porcellane bianche e blu create nella città di Jingdezhen nel XVI secolo furono vendute in Asia sudoccidentale e occidentale. MISSIONARI CATTOLICI Nei secoli XIII e XVI alcuni missionari cattolici europei raggiunsero la Cina via mare e lo sappiamo grazie ai loro resoconti e alle loro lettere. Il primo religioso ad arrivare in Cina via mare fu il francescano Giovanni da Montecorvino. Anche il minorita Odorico da Pordenone giunse in Cina via mare: egli navigò fino in India con un’imbarcazione locale (iase= una sorta di vascello legata da uno spago), poi prese una grande nave cinese da Kollam fino a Zaiton. Il francescano Giovanni de’ Marignolli, a capo di una missione diplomatica in Cina su incarico papale, nel suo viaggio di ritorno in Europa percorse alcuni tratti di mare. In generale, agli inizi del XVI secolo, le rotte marittime erano una valida scelta per i missionari cattolici europei che volevano arrivare in Cina. MOTIVI DELLA FORTUNA DEI COLLEGAMENTI MARITTIMI Gli Yuan ereditarono la politica marittima e l’arte della navigazione dai Song meridionali, ma sotto il loro impero i collegamenti vi mare tra la Cina e il Golfo Persico conobbero un grande sviluppo. Uno dei motivi principali di questo va ricercato nella situazione in cui si ritrovarono l’Impero cinese e l’Ilkhanato tra il XII e il XVI secolo. Odorico arrivò nella Cina meridionale nel 1323-1324 circa e poi raggiunse Dadu/Khanbalik verso il 1325; ripartì nel 1328 e potè assistere alle feste di corte sotto Yesun Temur (1323-28). Il Gran Qa’an Yesun Temur salì al trono nel 1323 nella Mongolia settentrionale dove sembra che Odorico non sia mai stato. Alla sua morte avvenuta a Shangdu durante il settimo mese lunare del 1328, la lotta dei i principi per la successione al trono diede il via a uno scontro tra le due capitali ed il figlio di Temur, suo successore, rimase ucciso durante una di queste battaglie. Si pensa che Odorico avesse già lasciato la Cina prima della sua morte. Odorico racconta che ogni anno il Qa’an da 4 feste: una per il giorno della sua nascita, una per il giorno della circoncisione e le altre due non le specifica. Odorico deve aver partecipato a 3 di questi festeggiamenti. La versione di Ramusio del 1574 sostituisce, banalizzando, la circoncisione con l’incoronazione, probabilmente perché non si aspettava che un imperatore mongolo si facesse circoncidere; menziona anche le ricorrenze delle nozze con l’imperatrice e della nascita del principe primogenito (non sono feste annuali). Nella cronaca di Yuan di Dadu sono elencate altre due occasioni annuali per una festa imperiale o per un banchetto a corte: la parata imperiale per la città e l’arrivo dell’imperatore a Dudu da Shangdu. I rappresentanti religiosi partecipavano ad entrambi gli eventi e lo stresso Odorico probabilmente era presente. LA GRANDE ASSEMBLEA E IL BANCHETTO Secondo la tradizione cinese, il rito della grande assemblea fu introdotto dai consiglieri di Qubilai nel 1272. Tutti i convenuti a parte imperatore e imperatrice, indossavano abiti di uno dei tre colori corrispondenti al loro lignaggio:  Funzionari dal primo al quinto grado  porpora  Sesto e settimo grado  rosso intenso  Ottavo e nono grado  verde I baroni portavano abiti di tre colori diversi a seconda del ceto:  Primo ceto  verde  Secondo ceto  rosso scuro  Terzo ceto  giallo Durante l’assemblea il Gran Qa’an riceveva doni dai suoi sottoposti. Odorico racconta che alcuni funzionari controllavano i baroni e se per caso qualcuno non si fosse presentato, gli avrebbero comminato pene severe in quanto avevano profanato il solenne rito. All’assemblea, poi, seguiva il banchetto. LA DESCRIZIONE DI MARCO POLO ALLA DATA DI NASCITA DI QUBILAI Nel testo di Marco la data è il 28esimo giorno della luna del mese di settembre. L’unica cosa in più che si sa viene dalla versione latina LT che aggiunge il dettaglio secondo cui il compleanno di Qubilai cadrebbe nel giorno dei santi Lucia e Geminiano. Il giorno a loro dedicato era il 16 settembre, finchè fu abolito nel 1969. Secondo tutto ciò il compleanno di Qubilai corrisponde al 16 settembre. CAPITOLO 6: TRA SAPERE TRADIZIONALE E OSSERVAZIONE DIRETTA: MARCO POLO E LA SALAMANDRA-ASBESTO Nel capitolo dedicato alla provincia di Chinchintalas Marco descrive l’estrazione di un minerale, l’asbesto (o amianto), che nel testo è identificato con la salamandra. È uno dei brani più citati del Devisement dou monde soprattutto dal punto di vista delle strategie retoriche impiegate per valorizzare l’esotico. Nei confronti del meraviglioso che si trova nel mondo naturale, Marco dà prova di un’attitudine scientifica, confutando sulla base della propria osservazione diretta il sapere corrente, che aveva nei bestiari il suo principale mezzo di diffusione. L’excursus offre l’occasione di correggere l’idee recue che la salamandra sia un animale in grado di vivere nel fuoco. Intorno ai due nuclei di salamandra e asbesto si erano creati complessi leggendari resistenti a spazio e tempo. Una serie di motivi ricorrenti si trova attestata a partire da Aristotele (per la salamandra) e da Strabone (per l’asbesto). Il mito della salamandra inizia a essere contestato nel XVI secolo, bisogna aspettare il XIX secolo quando l’impiego industriale dell’asbesto diventa comune, perché il fascino dei tessuti ricavati da questo minerale scompaia dalle narrazioni. IL TESTO Tra i notabilia della provincia di Chinchintalas che attirano l’attenzione di Marco, uno spazio a sé merita una montagna sul confine settentrionale. Il nucleo del racconto è la definizione del minerale estratto dalla montagna, che Marco chiama “salamandre”; la leggenda che associa l’animale al fuoco. La descrizione del trattamento del materiale rispecchia in realtà un approccio tecnico ben attestato nei manuali degli artigiani giunti dal Medioevo fino a noi; confrontando la spiegazione di Marco con altri testi che trattano dell’asbesto è possibile apprezzarne la ricchezza di dettagli, che non si limitano alla localizzazione e all’elenco di prodotti ottenuti dal minerale. Il capitolo si chiude con una curiosità: il Gran Khan ha spedito una tovaglia di salamandra al papa. IL RAPPORTO CON LA TRADIZIONE: TRA SCARTO E CONTINUITA’ La fable che Polo si incarica di smentire ha ascendenti illustri e numerosi; inizialmente i due plessi informativi che ruotano attorno all’asbesto e alla salamandra si fissano separatamente l’uno dall’altro. L’ASBETO Oggi con il termine “asbesto” si fa riferimento a un gruppo di circa trenta silicati fibrosi, ben noti grazie allo sfruttamento industriale di cui sono stati oggetto fino alla metà del XX secolo. Le proprietà del minerale erano conosciute nel mondo classico: Strabone (64 a.C – 19 d.C), nella sua Geografia, scrive che nell’isola di Carystos si trovava una pietra che poteva essere pettinata e filata, molto usate per produrre tovaglie che, immerse nel fuoco, ne uscivano candide. Questi tessuti venivano usati anche come sudari per i re, perché assicuravano la separazione delle ceneri del defunto da quelle della pira. Tra gli attributi dell’asbesto che rimbalzano da un testo all’altro troviamo:  Inconbustilità  Struttura filamentosa che ne permette la tessitura  Uso per la produzione di tovaglie, sudari ecc…  Sbiancaura/lavaggio dei tessuti ricavati dall’asbesto attraverso l’immersione nel fuoco  Utilizzo dei tessuti come dono e curiosità per stupire gli ospiti La fonte più importante nel medioevo è Plinio il Vecchio (23-79 d.C), come materiale inattaccabile del fuoco, detto “lino vivo”, è presentato nel libro XIX, 4, dove confluiscono alcuni dei motivi che abbiamo richiamato. LA SALAMANDRA Anche il topos della salamandra si fonda su un plesso informativo che resta costante nel tempo, pur subendo alcune importanti modifiche nello spazio. La salamandra compare nel repertorio animale occidentale, arabo ed ebraico, mentre nelle fonti cinesi troviamo come omologo una creatura leggendaria, il “topo di fuoco”, un roditore dal pelo lungo e setoso. I motivi della combustibilità e della velenosità dell’anfibio sono accolti nella tradizione latina e da quella semitica. Secondo Salvaneschi si può riscontrare una differenza quantitativa tra le fonti latine che tendono a soffermarsi più sulla velenosità della salamandra e quelle semitiche, che prediligono il tema dell’incombustibilità. Secondo Isiodoro la salamandra prende il nome dal fatto di spengere il fuoco, è la creatura più velenosa al mondo, avvelena gli alberi e i pozzi. Nel 1293 marco raggiunse Hormuz. A quel tempo Arghun era morto e suo fratello Gaikhatu era diventato Ilkhan. Coia e Marco, una volta sbarcati, fecero 2 cose: conferire con Gaikhatu e inviare la principessa a Ghazan, figlio di Arghun. (IPOTESI: non viene specificato quando Marco abbia lasciato la corte di Gaikhatu e vi è il consenso unanime che Marco non abbia incontrato Gaikhatu prima di Ghanzan) I CONFLITTI TRA GAIKHATU E GHAZAN Se Marco e Coia avessero incontrato prima Gaikhatu, lui non gli avrebbe permesso di inviare la principessa a Ghazan perché era in atto una lotta tra i 2 per il titolo di IlKhan e per la questione del levirato. LA RIVALITA’ PER IL TITOLO SI ILKHAN I 2 giovani erano i 2 potenti eredi dell’Ilkhan Arghun che morì nel 1291. Qualche giorno dopo la sua morte venne inviato un Amir (ministro) a khorasan per convocare Ghazan, il giorno dopo altri ministri furono inviati a Gaikhatu. Il figlio di Arghun, Ghazan, suo fratello Gaikhatu e suo cugino Baidu erano potenziali Ilkhan. Ghazan non si sottomise a Gaikhatu ma era furioso che quest’ultimo avesse preso il potere. LA QUESTIONE DEL LEVIRATO Il levirato era un’importante istituzione nel sistema matrimoniale mongolo, secondo cui la donna rimasta vedova doveva sposare il fratello o il figlio (avuto con un’altra donna) del marito defunto. Il levirato garantiva che la donna e i suoi beni rimanessero all’interno della famiglia. Quando morì Arghun, una delle sue mogli, si sposò con Gaikhatu. Questo infastidì molto Gahazan (ognuna di queste mogli possedeva delle orde, cioè accampamenti di principi e imperatori mongoli che fungevano da nucleo del loro potere e, sposandole, i nuovi mariti acquisivano le orde delle mogli). Il primo marito di Khatun era Abaqa e il secondo Arghun. Abaqa aveva promesso a Ghazan che una volta morta la moglie Khatun, le orde sarebbero passate a lui. LE NOTIZIE AGGIUNTIVE ALLA VERSIONE DI RAMUSIO Gli studiosi sono stati indotti, dalla versione del testo poliano di Ramusio, a pensare che prima marco abbia incontrato Gaikhatu e poi che questi abbia inviato la principessa a Ghazan. I merito all’itinerario di Marco in Persia, la lezione del resto dei manoscritti del Devisement dou monde differisce molto da quella ramusiana. Secondo questa versione del racconto, quando Marco e i familiari giunsero in Persia e appresero della morte di Arghun, affidarono la principessa a suo figlio Ghazan. Il testo non fa cenno a un primo incontro con Gaikhatu, ma afferma solo che Marco, Niccolò e Matteo Polo raccomandarono loro la fanciulla e portarono a compimento la loro ambasceria. In sintesi nella redazione di Ramusio ci sono 3 fatti particolari:  Sembra cme Marco, in veste di ambasciatore del Qa’an, dovesse prima incontrare l’Ilkhan Gaikhatu e quindi, per suo ordine, inviare la principessa a Ghazan  Ghazan si sarebbe trovato nella regione dell’Albero Secco e Marco vi avrebbe portato la principessa  I Polo sarebbero tornati alla corte di Gaikhatu e vi sarebbero rimasti per 9 mesi GLI SPOSTAMENTI DI GAIKHATU E DI GHAZAN NEL 1293 I Mongoli non si stabilivano in un solo luogo, ma sceglievano località diverse in inverno ed estate. Ogni anno al giungere della nuova stagione il Qa’an mongolo sfilava in parata tra le due capitali. Anche gli Ilkhan avevano 2 accompagnamenti. Durante il suo regno Gaikhatu trascorreva l’inverno nell’Arran e l’estate nell’Ala Tagh. Quest’ultima avrebbe dovuto rappresentare il baluardo di Gaikhatu quando il conflitto con Ghazan si inasprì (1293). Secondo Rashid-al Din nel 1291, Ghazan si accampò a Sultan Duvin nel Khorasan. Nell’estate 1292 Ghazan fece visita a Gaikhatu ma dovette poi cancellare il suo viaggio. Nel 1293 decise di rifargli visita ma nemmeno stavolta riuscì ad incontrarlo. Stette però un mese a Yuz Aghaj per sposare Khatun Eshul, nipote di Bulughan Khatun. Dopo incontrò Marco e Coia ad Abhar dove si sposò con Kokachin. In poche parole ogni inverno Ghazan si accampava presso Sultan Duvin ma d’estate tornava a ovest del Khorasan. Gaikhatu si rifiutò di vederlo nel 1293. L’ITINERARIO DI MARCO POLO Nel 1293 Marco Polo sbarcò a Hormuz e da li si spinse fino alla parte nordoccidentale dell Persia. Ghazan incontrò Marconsulla via di ritorno per Tabriz. Ghazan sposò Kokachin e non prese gli oggetti inviatogli dal Qa’an, tranne una tigre e qualche altro dono. Molti pensano che il momento in cui Marc partì dalla corte di Gaikhatu fosse da collocare nella seconda metà del 1294. Itinerario Marco Polo in Persia: 1. 1293 sbarca a Hormuz 2. Metà 1293 incontra Ghazan ad Abhar e assiste alle sue nizze con Kokachin 3. Incontra Gaikhatu a tabriz 4. Agosto 1293 arriva all’accampamento invernale di Gaikhatu nell’Arran 5. Prima dell’aprile 1294 lascia la corte di Gaikhatu e prosegue il viaggio di ritorno
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