Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto del Manifesto del Partito Comunista, Sintesi del corso di Storia Delle Dottrine Politiche

Il progetto politico della Lega dei Comunisti, uscito originariamente nel 1848

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 05/01/2023

Gab295
Gab295 🇮🇹

5

(3)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto del Manifesto del Partito Comunista e più Sintesi del corso in PDF di Storia Delle Dottrine Politiche solo su Docsity! KARL MARX & FRIEDRICH ENGELS MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA Pubblicato nel 1848, il Manifesto si apre con la celebre frase “Uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro del comunismo” cui segue un’ analisi che sottolinea l’odio delle classi dominanti verso chi ne metteva in discussione il potere: tutte le potenze europee erano disposte ad allearsi con i loro più grandi rivali pur di sopprimere le idee comuniste (il papa e lo zar, l’assolutista Metternich e il liberale conservatore Guizot, i radicali francesi rivoluzionari e i poliziotti tedeschi operatori di censura) in una caccia definita “santa” in richiamo alla santa alleanza tra lo zar Alessandro I, l’imperatore austriaco e il re di Prussia per sostenere l’assolutismo. Marx, considerando le numerose ed “infamanti” accuse di comunismo che vengono fatte tra i vari partiti politici giunge a due conclusioni: 1) il comunismo viene riconosciuto dalle potenze europee ed esse lo temono; 2) è tempo che i comunisti espongano le proprie reali intenzioni in contrapposizione alla “favola dello spettro”. Borghesi e proletari I borghesi sono i capitalisti moderni, proprietari dei mezzi di produzione, mentre i proletari sono gli operai salariati costretti a vendere la loro forza-lavoro per vivere. La storia di ogni società è storia di lotte di classi, che hanno avuto nomi diversi nel corso del tempo ma sono sempre riconducibili a due gruppi, cioè oppressori e oppressi, la cui lotta ha sempre condotto o a una rivoluzione o a una rovina di entrambe le classi in lotta. Marx non ritiene di aver inventato il concetto di classe sociale, ma di aver dimostrato che l’esistenza delle classi è legata a determinate fasi di sviluppo storico della produzione, che la lotta di classe porta alla dittatura del proletariato e che quest’ultima porta all’eliminazione delle classi. La classe contro cui si schiera Marx è la borghesia, che, sorta dalla società feudale, non è riuscita ad eliminare i contrasti tra le classi, ma creando solo una nuova condizione di lotta e oppressione. L’epoca della borghesia ha semplificato i contrasti e la società appare scissa in due grandi classi (borghesi e proletari). Segue un’analisi storica che racconta la nascita della borghesia: essa è nata a partire dai servi della gleba, dai quali si svilupparono borghigiani prima e borghesi poi; l’evoluzione della borghesia è andata di pari passo con quella del mercato, infatti è grazie allo sviluppo avvenuto in tutto il mondo nell’età moderna che la borghesia ha trovato terreno fertile per soppiantare la società feudale; e con la crescita dei mercati crebbero anche i bisogni e si passò così dalle corporazioni medievali alla manifattura e poi alla grande industria e alle macchine. La nascita della borghesia non è quindi casuale: essa è il prodotto di un processo di sviluppo iniziato già con la scoperta dell’America e conclusosi con la nascita della grande industria, e la stessa borghesia si è poi sviluppata con lo svilupparsi dell’industria, passando dall’essere ceto oppresso a ceto oppressore. La funzione della borghesia è stata dunque rivoluzionaria: non può esistere senza rivoluzionare gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione (i rapporti che si instaurano tra gli uomini durante la produzione) e tutto l’insieme di rapporti sociali; questa rivoluzione continua distingue l’epoca della borghesia da tutte quelle precedenti. La borghesia ha bisogno di sbocchi per estendersi dovunque, in tutto il mondo, e per mantenersi ha reso globale (o cosmopolita, come scrive Marx) la produzione e il consumo negli altri paesi: le nuove industrie soppiantano le vecchie e i nuovi bisogni rendono necessarie materie prime provenienti da lontano; in questo modo le nazioni sono dipendenti le une dalle altre. La borghesia ha portato la civiltà anche alle popolazioni più barbare costringendole ad adoperare il suo modus operandi economico creando “un mondo a propria immagine e somiglianza” (parallelismo con Dio). Essa ha poi reso la campagna (e l’agricoltura) una semplice propagazione della città (e dell’industria): la popolazione urbana è cresciuta sempre più e l’agricoltura è stata del tutto dominata dal capitale, la potenza economica della borghesia. I mezzi di produzione sono stati concentrati nelle mani di pochi e ne è conseguita una centralizzazione politica. Nel suo ancor breve periodo di dominio la borghesia si è affermata come la classe dominante per eccellenza, facendo più di quanto abbiano fatto tutti i suoi predecessori messi insieme. Così come la società feudale collassò quando i suoi rapporti di proprietà non corrisposero più alle forze produttive (forza-lavoro, mezzi di produzione, e conoscenze tecniche) anche la borghesia rischia di fare la stessa fine attraverso le crisi economiche: si rischia infatti la sovrapproduzione perché le forze produttive sono diventate troppo potenti e rischiano di inceppare tutta l’economia, e ciò ha ripercussioni su tutta la società. Per superare le crisi la borghesia distrugge molte forze produttive e cerca di conquistare nuovi mercati, sfruttando di più quelli già esistenti; ma tutto ciò gli si ritorce contro perché conseguono crisi più violente e i mezzi per prevenirle diminuiscono. La borghesia, dice Marx, ha creato sia le armi che la danneggiano, sia gli uomini che useranno quelle armi: i proletari. Inizia così l’analisi sulle caratteristiche dell’altra classe protagonista della suddetta lotta. Essi si sviluppano di pari passo con la borghesia e sono costretti a vendersi come una merce, e come tale sono soggetti alle oscillazioni del mercato. L’uso delle macchine ha fatto perdere ogni attrattiva per l’operaio, che è ormai costretto ad alienarsi nella ripetizione di gesti semplici e monotoni. Marx dice che il prezzo di una merce (e quindi anche del lavoro, poi inteso come valore della forza-lavoro) è uguale al suo costo di produzione: la forza-lavoro produce in un giorno un valore superiore a quello che possiede e che costa e, con lo sviluppo tecnologico, questa eccedenza aumenta sempre di più e si allunga la parte della giornata in cui il lavoratore deve regalare al capitalista senza essere pagato, mentre si riduce quella in cui produce l’equivalente del suo salario. Più i lavori sono “repugnanti” più scende il salario e più cresce l’uso delle macchine maggiore è la quantità di lavoro da svolgere nell’unità di tempo. Le masse di operai appaiono organizzate militarmente, come soldati che vengono sorvegliati da ufficiali e chi guadagna non lavora: non c’è più lavoro salariato quando non c’è più capitale. Le obiezioni mosse al comunismo riguardo ai prodotti materiali vengono estese, secondo Marx, anche ai prodotti intellettuali: infatti per i borghesi come eliminare la proprietà di classe significa eliminarla in toto, allo stesso modo eliminare la cultura di classe significa eliminare la cultura in genere. Marx afferma che le idee dei borghesi non sono altro che un prodotto dei rapporti della loro società, e il loro diritto non è altro che la volontà della loro classe innalzata a legge: la borghesia ha in comune con tutte le classi dominanti che l’hanno preceduta la caratteristica di far apparire i propri rapporti di produzione e proprietà non come rapporti storici ma come leggi eterne e naturali. Marx continua a demolire le critiche che i comunisti ricevono a proposito della famiglia (la quale si basa sul guadagno privato e trova il suo complemento nella forzata mancanza di famiglia dei proletari, ma con lo sparire del capitale spariranno sia la famiglia che il complemento), dello sfruttamento dei figli da parte dei genitori (i comunisti vogliono strappare l’educazione all’influenza della classe dominante), sulle donne (i borghesi le vedono come semplici strumenti di produzione e dietro al matrimonio borghese si cela una comunanza delle donne, che i comunisti renderebbero palese in quanto è sempre esistita), sugli ideali patriottici (gli operai non hanno patria e per questo non gli può essere tolta, come invece accusano i borghesi; in ogni caso gli operai si elevano a classe nazionale per ottenere il dominio politico, ma non nel senso della borghesia). Il dominio del proletariato farà scomparire ancor di più l’isolamento e gli antagonismi nazionali che già lo sviluppo della borghesia fa scomparire; abolendo lo sfruttamento tra gli individui si abolisce anche quello tra le nazioni e con lo scomparire degli antagonismi scompare l’ostilità tra le nazioni. I comunisti vogliono cambiare le condizioni di vita delle persone per renderle in grado di poter cambiare idee discostandosi da quelle inculcate dalla classe dominante (la storia è scritta dai vincitori: la classe che domina materialmente, domina anche spiritualmente ed è costretta, per raggiungere i suoi scopi, a rappresentare le proprie idee come le sole ad essere valide); con la dissoluzione dei vecchi rapporti si dissolvono anche le vecchie idee. A chi accusa il comunismo di abolire le verità eterne (libertà, giustizia ecc., che si affiancano a verità mutevoli), Marx ribatte dicendo che la storia della società si è svolta tramite antagonismi di classe, i quali, pur avendo avuto forme diverse, avevano in comune lo sfruttamento di una parte della società, e solo con la sparizione dell’antagonismo tra le classi si può eliminare questo tratto comune. Il comunismo si presenta dunque in rottura con il passato. A questo punto Marx analizza più nel dettaglio la rivoluzione vera e propria: questa inizia con il proletariato che diventa la classe dominante, strappando alla borghesia tutto il capitale e accentrando gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato (quindi del proletariato stesso) per aumentare la massa delle forze produttive, instaurando così la dittatura del proletariato. Inizialmente tutto ciò sarà possibile solo attraverso misure che appaiono economicamente insostenibili, ma che in seguito si riveleranno inevitabili per rivoluzionare il modo di produzione. Marx fa un breve elenco di queste misure (…). Con la sparizione delle differenze di classe il potere pubblico perderà carattere politico, il quale è organizzato per opprimere una classe sociale in favore di un’altra; se durante la lotta di classe il proletariato diventa la classe dominante, distruggendo i vecchi rapporti di produzione, esso abolisce anche l’antagonismo tra le classi e quindi anche il suo dominio di classe. Subentra così un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti. Letteratura socialista e comunista In questo capitolo Marx analizza le varie forme di socialismo non scientifico e le critica: 1. Il socialismo reazionario a) Il socialismo feudale L’aristocrazia francese era stata sottomessa dalla borghesia con la Rivoluzione francese del 1830 (il potere passò dai proprietari terrieri alla borghesia finanziaria), la quale favorì il movimento per la riforma elettorale inglese (1832) con cui si verificò un fatto analogo: il monopolio dei latifondisti (tory) si spezzò con l’ingresso in Parlamento dei borghesi, e si delinearono così i moderni partiti inglesi (conservatori, liberali e radicali). L’aristocrazia non era più in grado di lottare politicamente e le restava solo una lotta letteraria, ma per attirare l’interesse del popolo doveva forzatamente fingere di non considerare i propri reali interessi. Nacque così il socialismo feudale (formato ad esempio dai legittimisti borbonici francesi e dalla Giovane Inghilterra), che accusa la borghesia ma è incapace di comprendere la storia moderna, e proprio per questo il popolo è in grado di capire la fallacia di questo movimento. I feudali non nascondono il loro essere reazionari, infatti criticano la borghesia principalmente perché spazzerà via il vecchio ordinamento sociale e la rimproverano di produrre un proletariato rivoluzionario. Il socialismo clericale va d’accordo col socialismo feudale. b) Il socialismo piccolo-borghese Il socialismo piccolo-borghese è nato grazie ad autori come l’economista svizzero Simondi e si schiera in favore degli operai dal punto di vista della piccola borghesia, sempre oscillante tra una classe e l’altra nei paesi più sviluppati. I piccoli borghesi vedono avvicinarsi la loro fine in quanto parte della società. Questo tipo di socialismo colse acutamente le contraddizioni dei moderni rapporti di produzione, ma si rivela al tempo stesso reazionario e utopistico in quanto vuole o ristabilire i vecchi mezzi di produzione e di proprietà, o vuole imprigionare i mezzi moderni nel quadro dei vecchi rapporti di proprietà. Marx lo definisce quindi «un vile piagnisteo». c) Il socialismo tedesco o il «vero» socialismo Nel periodo in cui la borghesia aveva iniziato a lottare contro l’assolutismo feudale, fu importata in Germania la letteratura socialista e comunista francese; tuttavia, i tedeschi non tennero conto del fatto che in Germania non vi erano le stesse condizioni sociali che c’erano in Francia, e questa letteratura perse quindi ogni significato pratico, apparendo come un’«oziosa speculazione». Viene fatto un riferimento a Kant, portavoce della borghesia tedesca, che non si accorse degli interessi materiali alla base di quelli teorici dei borghesi. I letterati tedeschi alterarono le idee francesi mescolandole con la loro vecchia filosofia, attraverso un mero processo di traduzione, facendo nascere la cosiddetta “filosofia dell’azione” (dal titolo di un saggio di Moses Hess, uno dei maggiori rappresentanti del «vero» socialismo). La letteratura francese cessò così di esprimere la lotta di una classe contro un’altra, con i tedeschi convinti di aver difeso gli interessi dell’essere umano, che non appartiene però a nessuna classe, né alla realtà, ma solo alla fantasia filosofica. Questo socialismo si fece via via più serio, cercando di contrapporre al movimento politico le rivendicazioni socialiste, ma finì per essere solo uno strumento dei governi assoluti tedeschi come spauracchio contro la crescente borghesia; in tal modo rappresentava l’interesse reazionario della piccola borghesia tedesca, la quale costituiva la vera base sociale del paese. Il socialismo tedesco finì per riconoscere sempre meglio il suo ruolo di rappresentante della piccola borghesia, che temeva sia il concentramento del capitale che il proletariato rivoluzionario, e prese posizione contro la tendenza distruttiva del comunismo, schierandosi contro la lotta di classe. 2. Il socialismo conservatore o borghese Una parte della borghesia vuole portare rimedio ai mali della società per assicurare l’esistenza della società borghese. Di questo socialismo borghese sono stati elaborati veri e propri sistemi, ad esempio “La filosofia della miseria” di Proudhon, criticato da Marx nella “Miseria della filosofia” (1847) perché si vantava di criticare economia politica e socialismo attraverso una mera formula scientifica, mentre secondo Marx è al di sotto di entrambi perché non è entrato nei dettagli economici e non ha guardato oltre l’orizzonte borghese. I socialisti borghesi vogliono una società senza i conseguenti pericoli, una borghesia senza proletariato. La borghesia rappresenta il mondo in cui domina come il migliore di tutti, e da ciò i socialisti borghesi traggono un sistema, ma in fondo chiede solamente al proletariato di rinunciare a questa rappresentazione della società. Esiste una seconda forma di questo socialismo, più pratica, che cerca di distogliere gli operai da ogni rivoluzione, facendo credere che basti un cambiamento dei rapporti economici a giovare agli operai, intendendo però in tal senso solo dei miglioramenti amministrativi. Questo socialismo si riduce a una semplice figura retorica e consiste nel sostenere che i borghesi sono tali “nell’interesse della classe operaia”. 3. Il socialismo e il comunismo critico-utopistici
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved