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Riassunto del Manuale di linguistica italiana: storia, attualità, grammatica Serianni, Schemi e mappe concettuali di Storia della lingua italiana

Riassunto del Manuale di linguistica italiana: storia, attualità, grammatica Serianni

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 17/05/2022

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Scarica Riassunto del Manuale di linguistica italiana: storia, attualità, grammatica Serianni e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! Manuale di linguistica italiana; Serianni- Antonelli Riassunti Capitolo 1; Alle radici dell’italiano 1.1 L’italiano è una lingua di origine indoeuropea. L’indoeuropeo non è una lingua storicamente accertata, ma ricostruita dagli studiosi in base alla comparazione tra più lingue note. Verso la fine del II millennio, le popolazioni parlanti quel dialetto indoeuropeo che sarebbe diventato latino si stanziarono in Italia. Nei primi secoli del I millennio all’epoca della fondazione di Roma 753 a. C. il latino è parlato solo in questa città, ma a stretto contatto con le popolazioni etrusche a nord, e con la lingua osco-umbra a est e a sud. Sono lingue che hanno notevole influenza sul latino. Solo di origine etrusca parole come: populus-catena-taberna Sono di altre lingue italiche le parole che designano nomi di animali: bos(bue)-lupus-bufalus Decisamente importante è l’influsso esercitato dal greco. Sono vari i grecismi come -oliva-, molte parole marinaresche come -prora- -delphinus-. Il greo ha fornito al latino l’impalcatura concettuale di molto lessico astratto. Ciò è accaduto: - Attraverso l’assegnazione di nuovi significati a parole già esistenti come -ratio( calcolo e poi ragione) - Tramite nuove formazioni come -qualitas- e -medietas-, sostantivi coniati da Cicerone Il greco inoltre ha permeato tutto il vocabolario religioso poiché è stata la prima lingua della comunità cristiana fuori dalla Palestina. 1.2 Il latino volgare L’italiano deriva dal latino e appartiene alla famiglia delle lingue romanze. Dobbiamo ricordarci che solo una parte del vocabolario latino è arrivata fino a noi senza soluzione di continuità (le parole dette di trafila popolare). La maggior parte è stata recepita nei secoli per via scritta e dunque non sempre presenta le trasformazioni di suono e significato proprie dei vocaboli di uso ininterrotto. Queste parole sono parole di trafila dotta, dette anche latinismi o culturismi. Il latino studiato nelle scuole non è il latino che si parlava a Roma, si studia il latino classico ma si usava il “latino volgare” che variava a seconda dei luoghi. Il latino volgare è alla base delle lingue neolatine. Un tipo di latino caratterizzato da innovazioni, ma anche da tratti arcaici. Per esempio la caduta della -m- finale da -fontem> fonte è un fenomeno documentato già in trascrizioni arcaiche, poi tenuto a freno dalle scuole e riaffermatosi nel tardo impero. Ovviamente ci sono molte differenze geografiche e le fonti di cui possiamo disporre sono: - Le iscrizioni di carattere privato, come i graffiti pompeiani - Le testimonianze dei grammatici che attestano la vitalità della lingua. Ad esempio nell’Appendix Probi un autore ignoto del III secolo ha compilato a scopi didattici una lista di 227 coppie di parole secondo lo schema -speculum non speclum-. Al primo posto la forma corretta e al secondo quella errata. - Opere letterarie - Il confronto tra le varie lingue romanze, ad esempio It. Passsare; frn. Passar; spg. Pasar < *passare< passus sicuramente più vitale di -transire 1 La variazione linguistica La lingua non è un organismo immobile, si modifica in rapporto a diversi fattori. - Diacronia (attraverso il tempo) - Diatopia (attraverso il luogo) - Diastratia (attraverso lo strato) - Diafasia (attraverso il parlare) - Diamesia (attraverso il mezzo) La classificazione dei suoni della lingua italiana La classificazione dei soni della lingua italiana viene fatta in base a diversi parametri come la distinzione tra vocali e consonanti che si basa sul fatto che nell’articolare le prime l’emissione d’aria non incontra ostacoli e che nella realizzazione delle seconde l’aria incontra ostacoli. Le vocali si distinguono in base alla posizione che la lingua assume durante l’articolazione: - Centrale la -a- che si realizza con la lingua appiattita sul pavimento della bocca - Anteriori o palatali la -e- aperta (è), la -e- chiusa (é) e la -i- che si realizzano con la lingua in posizione avanzata e sollevata verso il palato duro - Posteriori o velari la -o- aperta (ò), la -o- chiusa (ó) e la -u- che si realizzano con la lingua in posizione arretrata e sollevata in corrispondenza del palato molle Le consonanti vengono divide in base a tre parametri: 1. Il modo di articolazione , ovvero il tipo di ostacolo incontrato dall’aria durante l’emissione - Occlusiva  se c’è una chiusura che interrompe l’uscita dell’aria - Costrittiva/fricativa/aspirante  se c’è un restringimento che non interrompe l’aria - Affricata  se è costituita da un elemento occlusivo e un elemento costrittivo connessi tra loro 2. Luogo di articolazione , che permette di classificare le consonanti in - Labiali  articolate con le labbra - Labiodentali  labbra e denti - Dentali/alveolari la punta della lingua tocca gli alveoli degli incisivi superiori - Palatali e velari 3. Tratti accessori come carattere orale o nasale del suono - La presenza o assenza di vibrazione delle corde vocali, che è alla base della distionzione delle consonanti sonore o sorde A vocali e consonanti si aggiungono due semiconsonanti: - Iod palatale, ovvero il suono della -i- in -ieri o -notaio - Wau velare, ovvero il suono della -u- in -uomo o -buono 2 1.5 Dal latino all’italiano: le parole Gran parte del vocabolario latino classico si trova in italiano o nelle altre lingue romanze. Diverse parole proprie del lessico poetico elevato scompaiono però senza lasciare traccia, se non in alcuni toponimi. L’innovazione segue tre direttrici fondamentali: 1. Si preferiscono parole espressive, più trasparenti e immediate, e anche morfologicamente più regolari. 2. Escono d’uso le parole di scarso corpo fonico 3. Per effetto di queste due tendenze, molte parole semplici sono sostituite dai rispettivi diminutivi, fonicamente più corposi Cambiamenti del significato  - Per influsso della semantica cristiana - Per la collisione omofonica - Per metonimia 1.6 I latinismi I latinismi o cultismi sono una componente essenziale dell’italiano contemporaneo. Non vanno dimenticati i latinismi morfologici: parole italiane che presentano meccanismi di formazione tipici del latino. 1.7 Latino e italiano nella letteratura Nel medioevo si utilizzava il latino. Anche i grandi scrittori trecenteschi utilizzavano il latino. Sono nel XVI secolo si fa strada con Salviati una corrente che predilige il volgare. Inoltre il latino e il volgare hanno convissuto per molto tempo, il latino era una fonte di nobilitazione. La poesia macaronica, nata nell’ambiente universitario padovano prende il nome da macarone “gnocco di formaggio” nel senso di cibo grossolano e la sua caratteristica è la fusione di italiano e latini per parlare di argomenti bassi e triviali. 1.8 Latino e italiano nell’uso giuridico Anche se il più antico documento ufficiale in volgare italiano (placido campano 960) è un testo giuridico, per molti secoli la lingua dei testi normativi è stata il latino. Fino al XV secolo è stata la lingua abituale nelle cancellerie. Nel 1993 per esemplificare e rendere più comprensibile ai cittadini la lingua della burocrazia, la Presidenza del consiglio dei Ministri ha emanato un codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche. 1.9 Latino e italiano nella scienza e nell’insegnamento Un impulso decisivo all’uso del volgare nella fisica viene da Galileo che a partire dal 1610 nei suoi scritti ricorre sistematicamente al volgare. 1.10 Latino e italiano nella Chiesa Fin dai primi secoli il latino cristiano appare permeato di tratti linguistici volgari. Già con la circolazione della “Vulgata” di San Girolamo, una versione delle sacre scritture. L’esigenza di un sermo humilis corrispondeva all’esigenza di essere più vicini al popolo. L’invito ad usare i volgari risale al Concilio di Tours 813. Tra Quattrocento e Cinquecento, latino e volgare convivono nei cosiddetti “sermoni mescidati”, che fioriscono soprattutto in area lombarda. 5 Capitolo 2; Formazione e diffusione dell’italiano 2.1 Linguistica interna ed esterna La linguistica interna studia l’evoluzione di una lingua dal punto di vista delle sue strutture, senza tener conto delle circostanze storiche e culturali che hanno condizionato il suo sviluppo. La linguistica esterna si occupa di fattori “esterni” che agiscono sulla lingua condizionandone lo sviluppo. I fattori esterni che incidono sullo sviluppo di una lingua possono essere distinti in tre tipologie fondamentali: 1. Fattori extraculturali, come la configurazione geografica e le trasformazioni del territorio, influiscono in misura limitata sull’evoluzione linguistica. I condizionamenti più forti si hanno con i nomi di luogo. 2. Fattori culturali in senso lato come i fenomeni economici e demografici o gli eventi storico-politici e militari. 3. Fattori culturali in senso stretto sono quelli che incidono più direttamente e più in profondità sulla lingua. Rientrano in questa categoria l’alfabetismo e la scolarizzazione. 2.2 Il policentrismo medievale Dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente 476 d.C. fino all’unità d’Italia 1861, la nostra penisola è stata caratterizzata da frammentazione politica. L’evoluzione del latino non ha prodotto una sola lingua parlata, bensì molte varietà linguistiche. Il primo volgare parlato in Italia che era riuscito a raggiungere prestigio era il Siciliano illustre adottato dalla scuola poetica siciliana sorta nel XIII secolo per impulso di Federico II di Svevia, re di Sicilia dal 1198 e imperatore del Sacro romano impero dal 1220. Quel siciliano è stato poi tramandato in una veste fonetica fortemente toscanizzata e dunque meno lontana dal modello linguistico destinato ad affermarsi nei secoli successivi. La lingua della scuola poetica siciliana ha lasciato molte tracce nell’italiano letterario. Un caso particolare è rappresentato dalla Cronica dell’Anonimo romano 1357-1358. Si tratta della testimonianza più importante che ci è rimasta del volgare romanesco, anteriore alla fase di avvicinamento al toscano e quindi ancora permeato di tratti linguistici centromeridionali, tra i quali spicca l’assenza di anafonesi in parole come -lengua e -pento (dipinto). Sono numerosi i testi non letterari che raccontano un Italia in cui coesistono molteplici lingue. 2.3 L’ascesa del ceto mercantile e le cancellerie Nel corso del Medioevo comincia ad affermarsi una nuova classe sociale: quella dei mercanti, che per esigenze professionali scrive in volgare. I mercanti devono saper tenere in ordine i registri, rappresentano una preziosa abilità linguistica. Nelle attività del mercante sono importanti le lettere. Dalle lettere dei mercanti toscani e dei loro corrispondenti emerge lo sforzo di depurare la propria lingua dei tratti più legati all’uso locale, nel tentativo di facilitare la reciproca comprensione, tutt’altro che scontata. Ai cancellieri che invece vogliono scrivere messaggi comprensibili oltre i confini della corte vengono in soccorso da un lato il latino e dall’altro il toscano. Nel corso del Quattrocento le corti sono centri di promozione culturale e artistica, in cui viene incoraggiata la produzione letteraria in volgare. Nasce la letteratura cortigiana che si può considerare l’applicazione in campo letterario delle coinè regionali. Queste esperienze hanno vita breve perché alle soglie del Cinquecento comincia a fissarsi il canone letterario delle Tre Corone che consacra il toscano trecentesco come modello linguistico vincente. 2.4 La formazione della lingua letteraria 6 Il toscano conquista una posizione di prestigio perché la sua produzione letteraria toscana può contare su autori e opere percepiti come modelli. È proprio Dante nel De vulgari eloquentia a discutere per la prima volta dell’esistenza di una lingua comune, sia pure su base letteraria e fondata principalmente sul linguaggio poetico. Il De vulgari, rimasto incompiuto a metà del II libro è la prima trattazione organica riguardante il volgare, ma è scritta in latino perché si rivolgeva alla comunità dei letterati. Il problema che si pone in questo trattato è quello dell’esistenza di un volgare letterario che chiama “illustre”. Dopo aver individuato 14 varietà idiomatiche, Dante le passa in rassegna una per una e arriva alla conclusione che il volgare illustre non coincide con nessuno dei volgari italiani, ma va rintracciato nella lingua della tradizione poetica che parte dai poeti siciliani e arriva agli stilnovisti. La commedia ha una ricchezza plurilinguistica e pluristilistica. La diffusione del poema dantesco nell’Italia settentrionale e poi anche meridionale è così capillare che parola ed espressioni contenute nella Commedia cominciano a formare il tessuto di una lingua che di avvia a diventare comune. Al plurilinguismo dantesco di oppone di solito il monolinguismo di Petrarca. Nel Canzoniere si serve di una lingua selezionata ed elegante. Il lessico si compone di poche parole-chiave simboliche ed evocative, mentre vengono evitati vocaboli legati all’uso quotidiano. Il Canzoniere diventa subito un modello stilistico e linguistico e innesca un vasto processo d’imitazione. Diversamente da Dante e Petrarca, Boccaccio non ha alle spalle una significativa tradizione di prosa narrativa. Per il Decameron, Boccaccio mette a punto un impasto linguistico che coincide essenzialmente con il fiorentino parlato delle persone colte, con qualche apertura a forme e parole di altri volgari. 2.5 La codificazione grammaticale Il Cinquecento viene ricordato come il secolo della questione della lingua. L’Italia si presentava frammentata ma possedeva una tradizione letteraria condivisa. La nascita della stampa sollecitava la ricerca di una lingua comprensibile in tutta la penisola, per assicurare la massima diffusione ai libri in volgare. Nasce la questione della lingua. La discussione vede fronteggiarsi diverse teorie: - La tesi del latino come unica lingua letteraria - La teoria che vede nella lingua cortigiana lo strumento più adatto a superare la frammentazione linguistica - La posizione definita italiana o italianista, dal letterato Trissino che sulla base di un’errata interpretazione del concetto dantesco sostiene che Dante e Petrarca avevano scritto non in fiorentino, ma in italiano. - La risposta dei fiorentinisti che oppongono al ridimensionamento del primato di Firenze implicito nelle altre tesi l’argomento della naturale superiorità del fiorentino vivo. - La tesi classicista e arcaizzante che Pietro Bembo espone, nel 1525, nel dialogo Prose della volgar lingua. Bembo trasferisce dal latino al volgare il principio di autorità: bisognava imitare Petrarca in poesia e Boccaccio in prosa. La sua proposta risulta vincente perché guarda a modelli già affermati. Petrarca viene preferito a Dante. Quanto a Boccaccio, la scelta di Bembo cade sulla prosa complessa e latineggiante della cosiddetta cornice e non su quella delle novelle. 7 Per uso riflesso s’intende qualsiasi uso non spontaneo del dialetto e in particolare la sua trasformazione a fini d’arte. La definizione si deve a Benedetto Croce che nel suo saggio La letteratura dialettale riflessa 1926 colloca la nascita del fenomeno nel XVII secolo. I più antichi esempi che possono essere ricondotti a un uso riflesso del dialetto sono i cosiddetti “ testi in improperium”, caratterizzati dalla parodia della parlata altrui. - Canzone del Castra fiorentino, si prende di mira il marchigiano - Nel Contrasto di Cielo d’Alcamo sono contrapposte due varietà del siciliano. La commedia cinquecentesca di offre come il luogo privilegiato per dar voce alle parlate escluse dalla cittadella letteraria Il dialetto poi negli anni viene introdotto nel cinema ecc. 3.5 Chi parla dialetto oggi? Al momento dell’Unità d’Italia la gran parte della popolazione capiva soltanto il dialetto. Anche a causa dell’analfabetismo. Oggi nella lingua della narrativa si concede un’apertura maggiore al dialetto: - Dialetto per dispetto: uso del dialetto spesso mescolato al linguaggio giovanile - Dialetto per difetto: inserti dialettali usati per connotare personaggi negativi o comunque per segnalare una condizione di inferiorità o inadeguatezza - Dialetto per idioletto: uso di un dialetto letterariamente ricreato come lingua d’autore e perciò in grado di raccontare un mondo a parte - Dialetto per diletto: uso ludico di tratti dialettali Diversa è la funzione che il dialetto assume nella poesia. Nel secondo Novecento, la poesia “neodialettale” trovava nel dialetto una lingua incontaminata e capace di produrre un distacco dalla quotidianità. Dalla fine degli anni ottanta però i dialetti diventano inadatti a soddisfare quest’esigenza di alterità. Si verifica in questi anni nella canzone italiana un recupero del dialetto. 3.6 Dialetti d’Italia: il Settentrione Per delimitare un’area linguistica ci si serve del concetto di isoglossa, nozione basilare nel campo della geografia linguistica. L’isoglossa è l’insieme dei punti di un’area che presentano lo stesso fenomeno linguistico. L’area linguistica racchiude in genere diversi fasci di isoglosse, che non sono mai compatti. I dialetti settentrionali, ad eccezione fatta per quelli veneti, appartengono all’area gallo-italica. Avendo subito in vario modo l’influsso del sostrato celtico, presentano caratteri di fondo comuni anche se i singoli esiti possono divergere da dialetto a dialetto. Ad esempio: - La tendenza a perdere la vocale finale diversa da -a è generale, ma in Liguria è limitata solo alle sillabe -no, -ne, -ni - È comune a molti dialetti settentrionali il nesso -CL- - Caratteristica generale è l’obbligatorietà dell’espressione del pronome soggetto; in Veneto il pronome viene raddoppiato 3.7 I dialetti d’Italia: il Centro e la Toscana 10 L’area mediana comprende i territori laziali a sudest del Tevere, i territori Umbri a est del Tevere, l’Aquilano e le Marche centrali. Vanno considerati a parte i dialetti toscani e il romanesco. I dialetti dell’area mediana condividono alcuni tratti con i dialetti meridionali, ad esempio le assimilazioni. I dialetti mediani sono caratterizzati soprattutto da tre fenomeni: 1. Metafonesi 2. La conservazione della distinzione latina tra -O e -U 3. Il neutro in -o, che è alla base di opposizioni del tipo -lo ferro I dialetti toscani sono distribuiti su quattro aree: l’area fiorentina, l’area toscano-occidentale. L’area senese, l’area arentino-chianaiola (Arezzo, Cortona). Si possono tuttavia individuare alcuni fenomeni comuni tipici: - L’assenza della metafonesi - Il dittongamento di E e O toniche in sillaba libera - La riduzione di -RJ- a -J- - Il passaggio di costrittive delle affricate palatali sorde e sonore - La cosiddetta gorgia  fenomeno che consiste nell’alterazione delle occlusive sorde intervocaliche che può portare a spirantizzazione, all’aspirazione o alla scomparsa. 3.8 I dialetti d’Italia: il Mezzogiorno I dialetti meridionali si dividono in alto-meridionali e meridionali estremi. L’area alto-meridionale comprende le Marche meridionali, gran parte del Lazio meridionale, l’Abruzzo, Il Molise, Puglia ecc. Ad esclusione del Salendo, della Lucania, e parte della Calabria. Ci sono vari fenomeni che caratterizzano i dialetti alto-meridionali: 1. La metafonesi e il dittongamento metafonetico 2. L’indebolimento delle vocali finali 3. La spirantizzazione di B anche in posizione iniziale che nei dialetti campani convive con la forma rafforzata rappresentata da bb- 4. Le assimilazioni progressive -ND>NN 5. L’evoluzione DJ, J, GE, GJ> j 6. Il pronome soggetto di 3° persona derivato dal latino IPSUM, accusativo di ipse Ai dialetti meridionali estremi appartengono le parlate del Salento, della Calabri meridionale e della Sicilia. Si distinguono per: 1. Sistema vocalico di tipo siciliano, cinque vocali in cui spiccano l’esito -i da -I lunga, -I breve, -E lunga e l’esito -u da -U breve, -U lunga, -O lunga. 2. Per la conservazione delle vocali finali 3. Per la pronuncia cacuminale di -dd- 4. Per la pronuncia fricativa alveolare di -r-,-str-,-tr 3.9 Dal dialetto all’italiano regionale 11 La coesistenza tra dialetto e italiano rappresenta un continuum all’interno del repertorio linguistico. Si può pensare a una scala dal basso verso l’altro: dialetto locale, dialetto regionale, l’italiano regionale, italiano comune. Le principali varietà di italiano regionale sono: - Italiano settentrionale - Italiano centrale - Italiano meridionale - Italiano di Sardegna Le varietà regionali dell’italiano presentano tratti caratteristici che derivano soprattutto dal contatto con i dialetti locali. L’italiano regionale veneto si caratterizza per: mancata pronuncia delle consonanti doppie, indebolimento della laterale palatale, scambio tra pronomi -li per -gli e viceversa, 4° persona dell’imperfetto in -avimo,- evimo,-avino, uso della -a dopo i verba sentiendi. L’italiano regionale friulano si caratterizza per: cancellazione dei pronomi atoni come -ci e -ne. L’italiano regionale campano si caratterizza per: confusione tra i suoni -p e -b e -t e -d, uso dell’infinito passivo nelle completive L’italiano regionale siciliano: costrutti infinito passivo in dipendenza div erbi volitivi o desiderativi , costrutti come senza + participio. Capitolo 7; l’italiano e le altre lingue 7.1 Nessuna lingua è pura Nel Saggio sopra la filosofia delle lingue Melchiorre Cesarotti si schierava contro un vecchio pregiudizio di matrice classicista, affermando che nessuna lingua e pura. Affermazione secondo cui le lingue naturali sono il risultato dell’incontro con più componenti. A differenza di ciò che sostengono i puristi del primo Ottocento, l’ingresso di parole straniere è da considerarsi un arricchimento per la lingua. L’aveva già intuito nel Cinquecento Machiavelli che nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua trattava l’argomento. In epoca fascista ci fu una lotta ai forestierismi che assunse una dimensione ufficiale. Da una parte si vietava per legge l’uso delle parole straniere nei nomi degli esercizi pubblici. Dall’altra una Commissione per l’espulsione dei barbarismi della lingua italiana, nominata dall’Accademia d’Italia provvedeva a pubblicare su un bollettino più di 1500 vocaboli stranieri. Da questo atteggiamento di lotta e chiusura si distinse il neopurista Bruno Migliorini, secondo il quale non bisognava guardare ai principi astratti di bellezza e provenienza di una parola, ma bisognava accettare tutti quei prestiti per cui mancasse un corrispondente in italiano e che non fossero in contrasto con le strutture fonomorfologiche della nostra lingua. 7.2 Il prestito linguistico 12 Dopo che i secoli precedenti avevano portato in italiano qualche episodico prestito d’ambito economico e giuridico-amministrativo, la storia degli scambi tra Italia e Inghilterra prende consistenza soprattutto nel Rinascimento, quando la moda italianizzante si diffonde presso la nobiltà inglese. Dal Cinquecento iniziano a essere pubblicate grammatiche d’italiano in inglese. Nel Seicento si verifica un’inversione di tendenza: l’interesse inglese per la cultura italiana diminuisce, mentre in Italia comincia a diffondersi tra gli intellettuali una certa anglofonia. Tra l’Ottocento e il Novecento un maggior numero di anglicismi di diffonde grazie alla lingua dei giornali e alle traduzioni di grandi romanzieri. È solo con la fine della seconda guerra mondiale, tuttavia che l’anglicismo assume le dimensioni attuali. Ai prestiti veri e propri si aggiungono anche gli anglolatinismi o anglogrecismi e gli pseudoanglicismi. Questi ultimi sono vocaboli dall’aspetto inglese, che però non esistono né in inglese né in americano. Ad esempio. - Mister - Antidoping Stupisce l’amplio lemmario del Grande dizionario della lingua italiana dell’uso, il 29 % sono inglesi. 7.6 Spagnolo e portoghese Fino dal XV secolo l’influsso dello spagnolo sull’italiano consiste quasi esclusivamente nel ruolo d’intermediario per la diffusione degli arabismi. Più significativo è l’apporto nei dialetti meridionali. Quando nel Cinquecento la Spagna di Carlo V divenne lo stato più potente d’Europa lo spagnolo divenne la lingua straniera più diffusa. Oggi in italiano rimangono solo una parte dei 900 spagnolismi entrati nella lingua tra Cinquecento e Seicento. -Regalo, -burla, -appartamento (leggere sul libro) 7.8 Lingue germaniche medievali e tedesco I più antichi germanismi sono prestiti entrati in latino prima del IV secolo, come brace, sapone e vanga. Sono molto antichi vocaboli di ambito militare. Molti prestiti si devono all’azione del superstrato germanico all’epoca delle invasioni barbariche. Pur essendo difficile risalire con esattezza al periodo d’entrata di ogni vocabolo si è soliti distinguere tre strati: - Prestiti goti: oltre ai termini guerreschi si hanno parole che testimoniano gli insediamenti sul territorio e anche che rimandano invece a un’immagine fisica negativa - Prestiti longobardi; è il contingente più significativo e comprende nomi di luogo( Lombardia) - Prestiti Franchi: risalgono probabilmente all’epoca delle dominazioni dei Franchi, come bosco, guanto, grigio Tra Settecento e Ottocento entrano in italiano vocaboli del lessico minerario e del costume. Dal tedesco provengono parole anche di ambito intellettuale come -plusvalore Nel Novecento, gli avvenimenti legati alle guerre hanno fatto di che il lessico militare fosse il campo semantico privilegiato. 7.8 Arabo ed ebraico 15 L’elemento ebraico in italiano è costituito quasi esclusivamente da vocaboli entrati nell’uso nei primi anni del cristianesimo. Nel medioevo grazie agli scambi commerciali e alla dominazione musulmana sulla Sicilia abbiamo altri prestiti: - Parole della lingua comune come -assassino, -zucchero - Termini di lessico scientifico - Vocaboli di organizzazione politica come -sceicco e -califfo L’afflusso di islamismi si arresta a partire dalla caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi che aprì una fase di conflittualità tra l’Europa e l’Impero ottomano. (Leggere paragrafi 7.9 Lingue esotiche, 7.10 l’italiano all’estero) Capitolo 10; Dizionari per ogni esigenza 10.1 I dizionari nel tempo Nella storia della tradizione lessicografica s’incontrano glossari bilingui. Per l’italiano un esempio è il Glossario di Monza X secolo, una lista di poco più di 60 lemmi che affiancano una forma romanza e una greca bizantina. Un altro precursore dei dizionari è la lista di parole trascritte per uso privato, come il Vocabulista di Luigi Pulci 1432-1484 con circa 700 parole. Solo nel Cinquecento si cominciano a redigere liste di parole che si avvicinano di più alla moderna idea del dizionario. Si tratta soprattutto di elenchi di vocaboli attestati in Dante, Petrarca e Boccaccio. Raramente affiora una vera attenzione per la lingua parlata, come avviene nel Dittionario 1568 di Francesco Sansovino, nel quale più che alle citazioni di scrittori si interessò all’uso moderno tosco-fiorentino, contrapposto a quelle di altre regioni. Il primo vero dizionario dell’italiano si deve all’iniziativa dell’Accademia della Crusca, nata a Firenze nel secondo Cinquecento su iniziativa di un gruppo di letterati fiorentini. Nel 1582 entrò nel gruppo Salviati che trasformò il gruppo. Gli accademici avevano stemmi personali detti pale e il motto faceva riferimento al pane. Lo stemma dell’accademia era il frullone. Gli accademici si dedicarono ad una monumentale raccolta lessicografica che fu pubblicata a Venezia nel 1612. Nessuna altra lingua europea poteva vantare un’opera così. Il vocabolario della Crusca comprendeva le voci usate dagli scrittori, il lemmario era integrato attingendo scalarmente ad autori minori del Trecento. Ci sono cinque edizioni: - 1612 - 1623 - 1691 - 1729 - 1738 - 1853-1923 INCOMPLETA 10.2 I dizionari storici 16 Lo scopo del dizionario è quello di registrare il patrimonio di una tradizione scritta fornendo una documentazione che illustri le varie accezioni via via registrate. Nell’Ottocento ci fu la quinta edizione del Vocabolario della Crusca, rinnovata nell’organizzazione e selettiva nel lemmario. Il vocabolario era promosso da Tommaseo e Bellini Spostandoci in epoche recenti, nel 2002 si è conclusa con il ventunesimo volume la quarantennale pubblicazione del Grande dizionario della lingua italiana di Battaglia e Squarotti. GDLI Rivolto a un pubblico di specialisti e centrato sull’italiano più antico è il glossario degli antichi volgari italiani GAVI. Pubblicato a cura di Colussi nel 1983. 10.3 I dizionari etimologici La curiosità etimologica si trova in diverse culture antiche. Costruire l’etimo di una parola nasceva dall’aspirazione di afferrare la realtà concettuale preesistente al linguaggio. Dal secolo scorso l’etimologia ha basi scientifiche e non si limita ad individuare la provenienza di un vocabolo, i moderni dizionari mirano a ricostruire la storia di una parola. I dizionari etimologici italiani compilati con criteri scientifici sono stati pubblicati tutti negli ultimi cinquant’anni. Risulta ormai invecchiato il Dizionario etimologico italiano DEI, di Battisti e Alessio. Il Dizionario etimologico della lingua italiana DELI, di Cortelazzo e Zolli permette di organizzare con chiarezza il materiale. I suoi punti di forza sono: - Assegnazione di una data di prima attestazione a tutte le forme lemmatizzate, con indicazione della fonte, riferimento agli ambiti semantici di sviluppo e alla fortuna di ogni parola. - Ampiezza di documentazione - Indicazioni bibliografiche Nel 20120 è apparso a opera di Alberto Nocentini un Etimologico che fa tesoro di alcune innovazioni del DELI e si segnala per la ricchezza dei riscontri con altre lingue. Dal 1979 esce il fascicolo Lessico etimologico italiano diretto da un linguista svizzero, arrivato nel 2011 a coprire fino alla C e una prima sezione della D, con 6 fascicoli dedicati ai germanismi. 10.4 I dizionari di sinonimi 17
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