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Riassunto del Manuale di Psicologia Dinamica di Amadei, Cavanna e Zavattini, Sintesi del corso di Psicologia Dinamica

Riassunto del Manuale di Psicologia Dinamica di Amadei, Cavanna e Zavattini Esame di Psicologia Dinamica, prof.ssa Cavanna

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 15/09/2021

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Scarica Riassunto del Manuale di Psicologia Dinamica di Amadei, Cavanna e Zavattini e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Dinamica solo su Docsity! Il primo capitolo parla della prospettiva freudiana. È importante sottolineare come verso la seconda metà dell’800 la follia iniziò ad essere esaminata sia dal punto di vista fenomenologico che dal punto di vista organico: venivano perciò classificate le nevrosi in base alla loro sintomatologia e studiate le possibili alterazioni cerebrali che potevano esserne la causa. Freud non riponeva molta fiducia nelle spiegazioni organiche, , lui poneva la sua attenzione sull’esperienza soggettiva di ogni paziente. Freud costruisce il suo pensiero sulla base del modello darwiniano, che spiega le basi biologiche del comportamento umano e studia il rapporto di adattamento tra organismo e ambiente, e il modello demistificante, che sostiene che ogni fenomeno non sia come ci appare e indaga come mai esistano inganno e autoinganno per comprendere il vero significato della realtà. Questa è una buona base per comprendere il pensiero di Freud e le sue intenzioni di trovare un metodo per riuscire cosa c'è dietro alla sintomatologia osservabile. Freud è anche convinto che mediante lo studio della patologia si possa conoscere il funzionamento psichico normale. Freud sviluppa la teoria della nevrosi, per spiegare come secondo lui alla base della paralisi isterica non ci fosse alcuna causa organica, ma solo un'alterazione del normale funzionamento psichico e dell’attività cerebrale inconscia. Secondo Freud il funzionamento psichico è governato da quattro principi fondamentali: il principio di costanza, secondo il quale l'apparato psichico si sforza di mantenere più bassa possibile la quantità di eccitamento interno, il principio del determinismo psichico, secondo il quale ogni azione mentale ha una causa determinante, il principio del piacere, secondo il quale l'apparato psichico richiede una scarica di tensione pulsionale immediata in funzione della ricerca del piacere ed il principio di realtà, secondo il quale l'apparato psichico regola la tendenza istintuale ad una scarica immediata in base alle esigenze della realtà. Freud arriva in seguito ad elaborare la teoria della seduzione, nella quale sostiene che alla base di una nevrosi vi sia un'esperienza traumatica di tipo sessuale vissuta nell'infanzia. In questa teoria distingue tre diversi tipi di isteria: l’isteria ipnoide, nella quale l’esperienza traumatica viene vissuta in stato crepuscolare, ossia in uno stato di alterato di coscienza (questo giustifica l'utilizzo dell’ipnosi come terapia), l’isteria ritentiva, nella quale la scarica emotiva viene impedita a causa della natura dell'evento traumatico, e l’isteria da difesa, nella quale viene impedito il ricordo dell'evento traumatico. Nasce il concetto di oblio da difesa La difesa è un normale meccanismo del funzionamento psichico che aiuta a tenere lontano il dispiacere, perciò alla base della patologia vi è una deviazione del funzionamento psichico che non permette la ricerca del piacere e l'allontanamento del dolore. A seguito dell’oblio da difesa viene introdotto il concetto di rimozione la rimozione opera sia a livello inconscio, impedendo a contenuti ideativi intollerabili di essere trasferiti nel conscio, sia a livello di pulsioni, impedendo la scarica pulsionale che provocherebbe dispiacere. Il meccanismo è articolato in quattro fasi: (1) si subisce un'esperienza traumatica, (2) si mette in atto la rimozione, (3) la difesa riesce e l'affetto che ne consegue si manifesta mediante un sintomo, (4) il contenuto rimosso torna conscio e compaiono nuovi sintomi. Freud in una seconda fase sostituisce il concetto di trauma sessuale con quello d infantilismo della sessualità, secondo il quale la differenza tra normalità e patologia dipende dall’intensità della pulsione sessuale e da come questa viene impiegata, per elaborare seguentemente la teoria della fantasia sessuale, nella quale sosteneva che il trauma sessuale infantile fosse solo una fantasia: i desideri intollerabili non vengono integrati ed il loro affetto si manifesta sotto forma di sintomo. | desideri possono comunque esprimersi, ad esempio attraverso i sogni. Nella teoria dei sogni Freud sostiene proprio che questi ultimi servano per esprimere il contenuto rimosso sotto forma di simboli, in modo tale da appagare il desiderio inaccettabile. | meccanismi che riguardano il lavoro onirico sono la condensazione, grazie alla quale in una sola rappresentazione possono confluire più significati, la simbolizzazione che permette al contenuto latente di esprimersi mediante simboli onirici e lo spostamento, che permette di spostare l’importanza emotiva da alcuni elementi del sogno ad altri per eludere la censura. Freud sostiene che il funzionamento mentale sia dettato da comportamenti istintuali fissati ereditariamente e pulsioni, ossia spinte che promuovono uno stato di tensione in modo tale da orientare il comportamento umano all'eliminazione della tensione stessa. Freud in due fasi diverse distinguerà tipi diversi di pulsione: inizialmente parlerà di pulsione dell’autoconservazione e pulsione sessuale, che garantiscono rispettivamente la sopravvivenza dell’individuo e quella della specie, in seguito parlerà di pulsioni di vita e di morte, regolate dalle difese in base alle esigenze della società. Freud sostiene che sin dall’infanzia operino queste pulsioni e che sia presente un’organizzazione sessuale che segue degli stadi dello sviluppo precisi, caratterizzati dal defluire della libido, ossia della componente quantitativa e qualitativa della pulsione sessuale, che può accumularsi e bloccarsi ad uno stadio causando una fissazione o subire una regressione ad uno stadio precedente. Gli stadi dello sviluppo secondo la teoria psicosessuale di Freud sono caratterizzati tutti da una zona erogena che provoca del piacere al bambino e si distinguono in: 1. Fase orale (18 mesi): la zona erogena è la bocca e la fase è caratterizzata dapprima da un funzionamento primario che porta il bambino ad una mera ricerca del piacere, che si evolve in funzionamento secondario quando egli impara a comunicarli alla madre affinché vengano soddisfatti i suoi bisogni primari di sopravvivenza. 2. Fase sadico-anale (18 mesi-3 anni): questa fase è caratterizzata dall’acquisizione da parte del bambino del controllo del suo sfintere anale, zona erogena in questo periodo. Se il bambino impara a controllarsi mediante punizioni e minacce potrebbe sviluppare forme di sadismo, mentre se il controllo viene acquisito semplicemente per il compiacimento dei genitori il bambino potrà capire come amare ed essere amato. 3. Fase fallica/edipica (3 anni-5/6 anni): è la fase dell’autoerotismo e la zona erogena diventa quella genitale. Questa fase è caratterizzata dal complesso edipico che, solo se superato, permetterà il passaggio allo stadio dell’organizzazione sessuale adulta. Il bambino, guidato dalla libido, prova dei desideri sessuali inconsci nei confronti del genitore del sesso opposto e dell’aggressività nei confronti del genitore dello stesso sesso; supererà il complesso di edipo solo una volta che avrà messo da parte l’odio nei confronti del genitore dello stesso sesso e inizierà ad identificarsi in lui. Freud pensava che fosse proprio il mancato superamento del complesso edipico a causare la patologia, anche se questa visione ad oggi è stata superata siccome è chiaro che il bambino maschio superi il complesso a causa dell’angoscia da castrazione, ma nel caso della bambina femmina non è chiaro come avvenga il superamento. 4. Periodo di latenza (6 anni-pubertà): in questa fase gli impulsi sessuali vengono repressi. Il bambino sviluppa il super-io e rivolge le sue intenzioni ad apprendimento ed esplorazione della realtà. Freud parla del narcisismo considerandolo un particolare stadio posto tra l’autoerotismo e l’amore oggettuale e ne distingue due tipi: il narcisismo primario, caratterizzato da pulsione auto-erotica e nel quale la libido viene investita sul soggetto, ed il narcisismo secondario, caratterizzato dalla pulsione allo-erotica e nel quale la libido viene investita sugli oggetti. In base al superamento avvenuto o meno del narcisismo primario si può parlare di fase normale o fase patologica. L'ultima parte del capitolo si occupa della spiegazione del funzionamento psichico secondo Freud e delle due topiche, in cui passa da una rappresentazione topografica dei processi psichici ad una rappresentazione strutturale. Nella prima topica Freud parla di tre sistemi Inconscio, Preconscio e Conscio. L’inconscio è guidato esclusivamente dal principio del piacere, mentre il Conscio da quello di realtà ed è lo sguardo alla realtà circostante. | contenuti inconsci possono passare alla coscienza attraverso il Preconscio, ma sia prima che dopo quest’ultimo la censura si assicurerà di ciò che può passare nel sistema Conscio. Il sistema Inconscio agisce per processi primari, ossia superficiali, per somiglianze e alla ricerca del piacere, mentre il Conscio per processi secondari, caratterizzati da struttura logica e da un'attenta valutazione della realtà. Nella seconda topica Freud concepisce l'apparato psichico come suddiviso in tre istanz Es, lo e Super-lo. L’lo ha sia funzione regolatrice tra le esigenze dell’Es, serbatoio della libido governato dal principio del piacere, e del Super-lo, istanza morale e sede degli ideali, sia funzione di mediatrice tra le esigenze del mondo esterno edi desideri dell’Es, facendo sì che essi vengano espressi mediate modalità di soddisfacimento accettabili. È importante sottolineare come tutte le istanze abbiano sia aspetti consci che aspetti inconsci. Il capitolo ci guida nelle proposte di diversi autori che si sono occupati di spiegare il funzionamento psichico e inconscio. Il concetto di motivazione assume un ruolo centrale in questo percorso; Freud in prima linea pensava che le pulsioni avessero proprio una componente motivazionale guidata dal determinismo psichico, le cui componenti di determinismo multiplo e di funzione multipla spiegano che ogni azione mentale ha dei fattori determinanti e innumerevoli intenzioni consce e inconsce. Secondo Freud il sistema inconscio è inoltre guidato dal principio del piacere, che porta l'apparato psichico a ricercare una scarica immediata in funzione della ricerca di soddisfacimento, il quale si appoggia sul principio di costanza e sul principio di realtà. || principio di costanza porta l'apparato psichico a cercare di mantenere costante il livello di eccitamento in modo da preservare la salute dell’individuo, mentre il principio di realtà comporta lo sforzo dell’apparato psichico di regolare la tendenza istintuale di scarica immediata in base alle esigenze della realtà. Questi schemi motivazionali possono entrare in conflitto e portare l'individuo, in modo cosciente o meno, a compiere determinate scelte o mettere in atto determinati comportamenti. Da questa spiegazione deriva la distinzione tra inconscio descrittivo, ossia ciò che può essere portato alla coscienza (preconscio), ed inconscio dinamico, ossia ciò che influenza gli eventi psichici senza mai arrivare alla coscienza e che corrisponde appunto al sistema inconscio. Mentre Freud sostiene quindi che il sistema inconscio sia guidato dalla spinta motivazionale data dalle pulsioni, Melanie Klein sostiene che il contenuto primario dei processi mentali inconsci sia la fantasia essa è precoce, onnipresente e dinamica, e influenza le percezioni e le relazioni oggettuali del bambino; quando entra in contatto con un oggetto, infatti, il bambino prova delle sensazioni positive o negative e le attribuisce all'oggetto come se esso gliele procurasse intenzionalmente e per questo motivo va amato o odiato; la fantasia inconscia opera proprio in questi termini. L’introiezione di oggetti parziali come “ideali” o “persecutori” esiste già nel lattante, ed hanno un ruolo fondamentale nella strutturazione della vita fantastica del bambino che si esprime in modo simbolico nelle sue attività, ad esempio nel gioco. In questo senso la Klein concorda con Freud nel ritenere il simbolismo esito di conflitti intrapsichici legati al concetto di rimozione. | coniugi Sandler hanno proposto una nuova formulazione del concetto di Inconscio, che distinguono in Inconscio Passato e Inconscio Presente: l'inconscio passato è la sede dei desideri e contenuti inconsci passati e può essere paragonato al sistema Inconscio definito da Freud, l'inconscio presente è la sede dei contenuti e dei desideri inconsci che riguardano il presente e hanno origine da quelli passati, esso può essere paragonato al sistema del Preconscio, anche in questo caso agisce una prima censura che controlla i desideri passati dai quali hanno origine quelli presenti in modo da adeguarli alle esigenze per l'appunto presenti e una seconda censura che agirà nel passaggio alla Coscienza, facendo in modo che alcuni di questi desideri rimangano inconsci o meno. Con l’arrivo della prospettiva interazionale ci si focalizza sulle relazioni interpersonali. Fonagy, che si colloca nella prospettiva appena citata, sostiene l'importanza riflessiva del Sé, che permette al bambino di pensare ai propri stati mentali e a quelli altrui. Il concetto fondamentale è quello di mentalizzazione, ossia quell’attività mentale immaginativa che porta a percepire ed interpretare i comportamenti propri e altrui come il risultato di stati mentali interni ed intenzionali, e cioè appunto come il risultato di desideri, credenze, aspettative, bisogni, obiettivi e sentimenti. La mentalizzazione è ciò che guida e spiega le risposte che ognuno di noi assume nell’interagire con le altre persone nel mondo. Esistono anche proposte che riescono a conciliare l’idea di inconscio psicoanalitico e le neuroscienze, le quali vedono l'inconscio come un processo di codificazione, come quella di Modell. Egli introduce l’idea dell’esistenza dell’Inconscio della veglia, un livello intermedio di un'elaborazione inconscia, a più livelli, che interpreta la realtà e sceglie ciò che è più significativo per il sé, che si affianca a ciò che Freud descrive quando parla di come funziona l'elaborazione inconscia nella formazione dei sogni. Infine, nell'ultima parte del capitolo, viene spiegata la distinzione che fa Eagle tra Inconscio psicoanalitico e Inconscio cognitivo: egli sottolinea come i processi inconsci vengano considerati dalla psicoanalisi come guidati dalle sole pulsioni e dal principio del piacere, ossia privi di logica e razionalità. L’inconscio cognitivo è la sede di processi mentali inconsci intelligenti e complessi, guidati dalla logica e dalla razionalità, che a differenza di quelli irrazionali non sono recuperabili dall'esperienza cosciente. Questa concezione rappresenta un rilevante cambiamento, si passa dalla psicologia classica che si fonda sull’irrazionalità dei processi inconsci ad una psicologia contemporanea orientata alla realtà razionale, alle rappresentazioni inconsce di ciò che avviene nella realtà costruite su aspettative e convincimenti che guidano il soggetto. In questo capitolo vengono spiegate le posizioni che assumono i diversi autori nella spiegazione degli affetti, ossia le emozioni che vengono percepite e che si esprimono anche come stati somatici. Nella concezione freudiana l'affetto emerge inizialmente in termini quantitativi, veniva infatti considerato la quantità di eccitazione finalizzata all'aumento o alla diminuzione della tensione, in seguito verrà presa in considerazione anche la sua natura qualitativa, ossia il piacere o il dispiacere provocati da un'esperienza. Freud sosteneva che l'affetto avesse una componente corporea, ossia la localizzazione corporale dell'effetto e la scarica corrispondente, e una componente fisica, ossia la percezione dei movimenti corporei e la sensazione di piacere e dispiacere. L'esperienza corporea fa in modo che si realizzi quella fisica, perciò segna il passaggio dell’affetto dalla dimensione fisiologica a quella psicologica. L’io si occupa di regolare gli affetti, ma l'aspetto quantitativo di questi è incontrollabile e può essere la base di una psicopatologia. Freud infatti sosteneva che alla base di una patologia vi fosse l'impossibilità di scaricare un accumulo di energia psichica, ossia di affetto, la quale si manifesta sotto forma di sintomi. Il lavoro analitico, in questo caso, viene inteso come processo di abreazione: riesce a far emergere il ricordo rimosso ed esprimere l'affetto che lo accompagna a parole, esso si presenterà in modo intenso e violento ma il sintomo smetterà di essere cronico. Freud distingue diversi modi in cui agisce l'affetto alla base della psicopatologia: mediante conversione (isteria di conversione), spostamento (nevrosi ossessiva) e trasformazione (nevrosi d’angoscia o melanconia) la quale venne descritta in modo più approfondito. La trasformazione dell’affetto viene messa in atto quando l’affetto sceglie di accedere alla consapevolezza per via diretta trasformandosi in angoscia, ossia quando non si lega a una rappresentazione che prende il posto della rappresentazione originale a cui esso era legato. Quando si determina un eccessivo accumulo di energia pulsionale da scaricare che rimane bloccato nell’Es, l'individuo prova sensazioni spiacevoli che vengono percepite dall’Io come angoscia. In questo caso l'angoscia assume il ruolo di segnale per l’lo e lo spinge a trovare un modo per scaricare l'accumulo energetico, perciò in questo caso può essere una risposta funzionale e adattiva appropriata agli stimoli. Altra visione importante è quella della Klein, che spiega gli affetti in funzione delle relazioni oggettuali e delle fantasie inconsce. Secondo l’autrice l'affetto crea l'oggetto al quale si connette il bambino, poiché esso è una combinazione tra l’esperienza reale di quel determinato oggetto e la proiezione di sentimenti sullo stesso. La concezione della Klein si contrappone a quella di Freud per vari motivi: la Klein pone al centro le relazioni oggettuali, definisce le pulsioni come forze psicologiche legate agli oggetti interni (e non biologiche), reputa il conflitto come derivante da affetti contrapposti generati dalle pulsioni e non dall’incompatibilità tra esigenze pulsionali ed esigenze della realtà o da un accumulo di energie, sostiene che gli affetti vivano negli oggetti (soprattutto interni) e non si annullino con le scariche e, infine, li reputa fattori motivazionali primari. Un’ulteriore differenza tra i due autori sta nella concezione del rapporto tra rappresentazioni inconsce e affetti: per Freud si differenziano le une dagli altri poiché le prime non possono passare direttamente alla coscienza (collegamento verbale) mentre la Klein ha risolto il problema mediante il concetto di fantasia inconscia (che comprende pulsioni, affetti e rappresentazioni). Bion sostiene che gli affetti si trasformino in conoscenza: egli pensa che gli affetti siano necessari per il raggiungimento della maturità psichica, poiché la metabolizzazione delle emozioni è alla base della costruzione del pensiero conscio e inconscio e permette l'acquisizione dell’abilità di gestire i pensieri. Kernberg elabora il modello psicologia dell’lo-relazioni oggettuali e sostiene che l'affetto sia una disposizione innata con funzione comunicativa, che permette a caregiver e bambino di leggere l’uno le risposte affettive dell’altro, funzione organizzativa, poiché si occupa di organizzare le relazioni oggettuali interiorizzate delle pulsioni e delle rappresentazioni, e funzione motivazionale. Gli affetti sono accompagnati da cognizioni che permettono di sapere se uno stimolo è “buono” o “cattivo” e man mano che le relazioni con l'oggetto procedono gli affetti andranno ad integrarsi agevolando la loro organizzazione. Vi sono inoltre molti autori che sostengono l’importanza dei fattori ambientali nella spiegazione degli affetti. Sullivan e Bowlby, ad esempio, sostengono l’importanza dell’ambiente interpersonale, ossia della ® Personalità borderline, capaci di relazioni oggettuali poiché tendono a idealizzare ma con una sessualità caotica; ® Personalità nevrotiche, rimaste fissate al livello edipico, non riescono a combinare amore e sessualità senza sentirsi in colpa; ® Personalità capaci di amore maturo. Per quanto riguarda la concezione dell'amore per Freud non sono rinvenute esplicite teorie, nonostante Bergmann ne abbia identificate tre: (1: sessualità infantile) nella prima infanzia la sessualità del bambino è autoerotica, successivamente viene indirizzata ai genitori, nel periodo di latenza viene scissa in sentimenti sessuali appassionati e tenerezza, per poi reintegrarsi nell'adolescenza e rivolgersi verso un oggetto dell’amore non incestuoso; (2: narcisismo) la persona proietta l'ideale dell’io sull'oggetto d'amore, se l’amore viene ricambiato la tensione tra io e ideale viene eliminata finché dura lo stato d'amore; (3) si può parlare d'amore solo se vi è stata una sintesi adeguata a tutti gli istinti sotto la supremazia del genitale e al servizio della riproduzione. Le spinte motivazionali guidano l’individuo nelle azioni in base all'obiettivo e sono di fondamentale importanza, anche per la loro influenza sulla sofferenza psichica: spinte motivazionali in conflitto possono essere alla base dello sviluppo di una psicopatologia. Freud propone una concezione unimotivazionale secondo la quale il movente ultimo di ogni comportamento umano è la scarica della pulsione, perciò quest'ultima è la motivazione primaria che guida ogni azione. In un primo momento spiegava la sua tesi partendo dal principio di costanza, secondo il quale l'apparato psichico si sforza di mantenere costante la somma di eccitazione interna, ma dopo aver elaborato la teoria sessuale spiega come in realtà ogni azione sia spinta dalla libido, ossia dalla pulsione sessuale che segue il principio del piacere e dal quale derivano tutte le possibili motivazioni individuali. Freud si rende conto che non tutte le azioni umani seguono una logica del piacere e si trova a dover riconoscere l'autonomia ed il ruolo motivazionale centrale della pulsione aggressiva. Infatti, le pulsioni di morte (thanatos) spingono verso la disgregazione e la dispersione energetica mentre quelle di vita (eros) si sforzano della conservazione energetica, ed entrambe guidano le azioni dell'individuo, anche intrecciandosi tra di loro. Freud inoltre sostiene che il motivo per cui non ci rendiamo conto di come le nostre azioni siano guidate dalla pulsione libidica è la natura inconscia di queste ultime. Uno dei concetti più importanti introdotti da Freud è quello di determinismo psichico. Un altro tema molto dibattuto in fatto di motivazione è il ruolo dell'oggetto libidico. Al pensiero di Freud, il quale sostiene che l'oggetto non sia la meta principale ma solo il mezzo utilizzato per raggiungere la scarica pulsionale, la Klein gli assegna un ruolo centrale poiché pensa che le relazioni con l'oggetto siano precoci nel bambino (fantasia inconscia) e che queste, insieme agli affetti che ne derivano, siano il vero agente motivazionale. Fairbair ribalta la visione freudiana, il vero fine libidico è instaurare relazioni soddisfacenti con gli oggetti e che sia il piacere il mezzo per raggiungere tale relazione. Infatti egli sostiene che il bambino sia guidato sin dalla nascita dal principio di realtà e vada alla ricerca del reale e che quando ciò non avviene, ossia quando la ricerca del piacere non è legata alla relazione con un oggetto, si ha la psicopatologia. Queste prospettive portano alla psicoanalisi relazionale, in cui la relazione con l'oggetto è centrale e secondo la quale i modelli relazionali appresi possono determinare o meno una patologia (modelli troppo rigidi non adattabili al contesto). Il maggiore esponente della psicologia dell'Io, Hartmann, introduce il concetto di autonomia dell’lo, secondo il quale l’lo non ha semplicemente funzione di mediatore tra Es e Super-io, ma possiede anche propri interessi e motivazioni indipendenti, tra le quali la più importante è l'adattamento; sulla stessa linea si pone il pensiero di Erikson, il quale sostiene che l'adattamento al mondo esterno è il fine primario del processo evolutivo e dipende dalle motivazioni che spingono l’individuo a ricoprire i ruoli adeguati. Abbiamo parlato di concezioni unimotivazionali, le quali però ignorano molti elementi che spingono alla motivazione. Lichtenberg, maggiore esponente dell’infant research, critica queste concezioni ed elabora una teoria multimotivazionale: egli sostiene l’esistenza d sistemi motivazionali, organizzati ed integrati dal Sé al fine mantenere unificato il senso di identità. Questi sistemi sono: 1. Sistema motivazionale basato sulla regolazione delle esigenze fisiologiche: consiste nei bisogni fisici primari necessari alla sopravvivenza; 2. Sistema motivazionale di attaccamento-affi relazioni; 3. Sistema motivazionale esplorativo-assertivo: consiste nella spinta alla conoscenza per la conoscenza stessa, data da curiosità e voglia di scoprire e dominare il mondo in funzione del piacere (non correlato alla libido); 4. Sistema motivazionale avversivo: consiste nei comportamenti aggressivi attivati in risposta a stimoli percepiti come minacciosi o che inducono disagio; zione: consiste nel bisogno di stabilire e mantenere 5. Sistema motivazionale sensuale-sessuale: consiste nei bisogni di piacere sensuale e di eccitamento sessuale. Questi sistemi sono individuabili in ogni momento della vita e si caratterizzano per diversi livelli di dominanza e modalità di espressione, questo spiegherebbe le differenze individuali nel perseguimento di determinate motivazioni. Come ho già anticipato all’inizio, un conflitto tra spinte motivazionali oppure la loro mancata soddisfazione possono essere alla base di una psicopatologia. Il rapporto tra lo e Sé è andato via via articolandosi. Freud reputa l’lo la parte organizzata della personalità, che si occupa di portare armonia laddove vi siano dei conflitti intrapsichici; l’io fa infatti da mediatore tra Es e Super-lo essendo lo sguardo alla realtà e quindi colui che regola i desideri delle due istanze in modo tale da adeguarsi ad essa. Nel suo modello l’io ed il Sé coincidono. Hartmann, esponente della psicologia dell’io, definisce l’io l'organo specifico dell'adattamento ed il suo sviluppo non è dato esclusivamente dai conflitti, in quanto esistono degli apparati di autonomia primaria sarebbero innati che si integrano con l’lo, egli infatti introduce il concetto di sfera dell’lo libera da conflitti. In seguito l’lo svilupperà anche un'autonomia secondaria che fa riferimento alla capacità di resistere alla regressione. Inoltre Hartmann sostiene anche che l’lo non derivi dall’Es, ma che entrambi facessero parte di un'iniziale matrice indifferenziata che segue un percorso biologico che li porterà a differenziarsi (maturazione SN, relazioni buone, acquisizione linguaggio o principio di realtà). In questa visione il Sé è l’intera persone, mente e corpo, ancora considerato come soggetto distinto dal mondo. Jacobson si sofferma sullo sviluppo dell’lo infantile e sull’influenza che possono avere le cure materne. Egli riprende il concetto di matrice indifferenziata e sostiene che solo con la scoperta del mondo degli oggetti il Sé possa distinguersi in fisico e mentale Nella fase iniziale di narcisismo primario, del sé psicofisiologico, le pulsioni vengono scaricate all’interno, venendo esternalizzate successivamente. Dopo queste due fasi vi è quella della neutralizzazione delle pulsioni, che vengono internalizzate favorendo la formazione delle rappresentazioni del Sé e quelle del mondo oggettuale. In conclusione anche per Jacobson il sé rappresenta la persona nella sua totalità fisica e corporea, mentre la tappresentazione del Sé coincide con le immagini mentali che formano l’esperienza mentale durante l'interazione col mondo reale. Il Sé sviluppa parallelamente allo sviluppo del rapporto con gli oggetti, in particolare con quello materno. Anche Mahler riprende il concetto di matrice indifferenziata sostenendo che in un ambiente medio prevedibile (Hartmann), ossia sano e gratificante, lo sviluppo del Sé avviene in tre fasi: 1. Faseautistica normale (1 mese): prevalgono i bisogno fisiologici e la necessità di raggiungere un equilibrio omeostatico; 2. Fase simbiotica-normale (2-5 mesi): avviene una fusione allucinatoria con la madre, oggetto deputato al soddisfacimento dei bisogni, e non vi è perciò distinzione tra lo e Non-lo; 3. Fase della separazione-individuazione (5 mesi- 3 anni): avviene la realizzazione del Sé separato e autonomo e si conquista la costanza dell'oggetto. Questa fase comprende: differenziazione, sperimentazione, riavvicinamento, individualità e costanza dell’oggetto emotivo. Ad introdurre definitivamente il concetto di Sé al centro della psicologia dinamica fu Kohut, il quale sosteneva che tutte e tre le istanze psichiche, Es, lo e Super-lo, abbiano ciascuna delle visioni diverse e contrastanti del Sé, poiché esso non è un’istanza ma una struttura interna della psiche, investita di energia pulsionale e duratura. L'obbiettivo fondamentale dello sviluppo è il raggiungimento di una coesione del Sé, ossia un equilibrio narcisistico omeostatico della personalità. Il bambino ha infatti la necessità di compiere un investimento di carattere narcisistico su altri significativi (figure di accudimento), che egli percepisce come legati al suo essere e definiti per questo oggetti-Sé. Per Kohut il senso del Sé si sviluppa mediante la relazione con l’altro non in quanto oggetto, ma in quanto conferma narcisistica di se stessi. All’interno della relazione si fanno esperienze di oggetto-Sé che permettono l'emergenza, il mantenimento ed il completamento del Sé. In questa concezione il Sé viene visto come distinto in Sé agente, ossia come soggetto che prova e sente affetti e pensieri, in Sé metacognitivo, ossia oggetto dell'individuo stesso che cerca di conoscersi, viene quindi concepito non più come struttura sottostante all’lo, ma come fondamento dell'identità globalmente e soggettivamente percepita. Gli elementi che connotano il Sé e spiegano il suo funzionamento sono: e Sécomeorganizzatore della personalità: secondo Kernberg il Sé si occupa di organizzare e integrare la realtà psichica, ossia le rappresentazioni oggettuali che riflettono la percezione che una persona ha di sé in relazione con individui significativi. | principali compiti sono separare le immagini del Sé da quelle dell'oggetto, passare dalla scissione del Sé e dell'oggetto alla loro integrazione, strutturare l’identità dell'Io mediante l'integrazione delle immagini positive e delle immagini negative del Sé e dell’oggetto in un sistema coerente del Sé e, infine, integrare lo e Super- lo. * Séinrelazioneall’altro: Stern sostiene che esistano un S6 preverbale, dato dall'esperienza di essere agente, di avere un’intenzione e dal senso di coesione fisica, ed un Sé rispecchiato che dipende dal feedback sociale e da sentimenti positivi di riconoscimento e di legittimazione dell’esistenza. Il Sé si struttura mediante il tipo di relazioni che instaura in 4 sensi: Sé emergente, che corrisponde alla possibilità di acquisire le prime esperienze affettive e percettive, il Sé nucleare, ossia la capacità di sperimentare se stessi come distinti dagli altri, il Sé soggettivo, che consiste nella capacità del bambino di comprendere che le esperienze soggettive possono essere condivise, ed il Sé verbale, che permette con l'acquisizione del linguaggio di instaurare un altro tipo di relazione e di organizzare il Sé. e Séinrelazione agli affetti: il Sé ha una base relazionale e gli stati psicologici dell'adulto originano dalla qualità affettiva della relazione con i caregiver; in questo senso Emde introduce il concetto di nucleo affettivo del Sé, il quale è organizzato biologicamente ma dipende dalla disponibilità emotiva della figura di accudimento. Infine Damasio propone il concetto di Sé neuronale distinto in diversi stadi: proto-Sé, il cui prodotto principale sono sentimenti primordiali o spontanei del corpo, Sé nucleare, che si forma con l’interazione tra organismo e oggetto, e Sé autobiografico, che affiora dalla storia autobiografica memorizzata. I meccanismi di difesa sono processi di cui l’lo si serve per evitare pericoli, angoscia e dispiacere, ma talvolta possono diventare essi stessi un pericolo, impedendo il ricordo e generando sintomi. Il concetto di difesa è stato introdotto da Freud, il quale l’ha sostituito in seguito col concetto di rimozione, e nella sua prospettiva vengono visti come tentativi di escludere dalla consapevolezza delle pulsioni inaccettabili. Anna Freud integra la visione del padre sostenendo che le difese non si limitano a contrastare le pulsioni inaccettabili, ma anche emozioni, esigenze del Super-lo e situazioni. Secondo gli psicologi dell’lo le difese hanno anche una funzione adattiva, favorendo l'interazione con la realtà e l’ambiente. In questa visione le difese non vengono viste esclusivamente come una limitazione, la differenziazione tra sviluppo sano e psicopatologia dipende dal modo in cui l'individuo le utilizza. Kernberg propone un modello gerarchico ed evolutivo delle difese, considerando la difesa un fenomeno intrapsichico legato sia al concetto di Sé che a quello di relazione oggettuale interiorizzata. Le difese primitive teorizzate da Kernberg sono: la scissione, che permette di contrastare la loro contraddittorietà, l’idealizzazione, che porta alla creazione di un oggetto totalmente buono per proteggere da quelli completamente cattivi, la proiezione e l’identificazione, che permettono di escludere dal Sé tutta l'aggressività, la negoziazione, che permette di allontanare le emozioni sgradevoli, e l’onnipotenza, che costituisce un rifugio dai sentimenti di vuoto e disperazione, identificandosi con un oggetto totalmente buono. Bowlby con la teoria dell’attaccamento ha riletto il concetto di difesa in relazione al costrutto di modello operativo interno, passando da una visione intrapsichica ad una visione relazionale: le strategie di difesa sono delle strategie cognitive fondate sull’esperienza affettiva, le quali organizzano e programmano il comportamento, diventando con iltempo automatiche. Lichtenberg invece sostiene che i meccanismi di difesa siano dei pattern regolativi dell’attività mentale inconscia che contribuiscono alla flessibilità dei sistemi motivazionali. Ogni processo psicologico può essere usato a scopo difensivo, nonostante questo esistono dei principali meccanismi di difesa posti su un continuum che va dal più primitivo al più evoluto: lozione: processo attraverso il quale viene impedito l’accesso alla coscienza di impulsi inaccettabili; jone: la diminuzione o la perdita della motivazione necessaria per svolgere una determinata attività, allo scopo di evitare il conflitto dato da impulsi proibiti inconsci; e Isolamento: un episodio viene staccato dal suo significato emotivo in modo tale da allontanare l'emozione dolorosa che rimane inconscia; ® Annullamento: atti inconsciamente motivati ad annullare in modo simbolico un altro atto o pensiero inaccettabile; e Formazionereattiva: tenere lontano un impulso inaccettabile manifestando un tratto del carattere totalmente opposto che apparirà rigido e inappropriato; ® Intellettualizzazione/razionalizzazione: l’idea viene separata dal sentimento per evitare intimità e dipendenza/tentare di dare una spiegazione logica e razionale ad un comportamento irrazionale; ® Spostamento: indirizzare su un oggetto poco minaccioso un sentimento originariamente provato per un oggetto percepito come pericoloso (transfert, fobie); e Conversione: trasposizione di un conflitto intrapsichico in sintomi somatici, motori o sensori; ® Regressione: ritorno ad una fase di sviluppo psicosessuale precedente a quella fallica a causa di gravi conflitti centrati su desideri tipici di questo stadio; ® Proiezione: tentativo di eliminare un oggetto interno proiettandolo su un oggetto esterno; ® Rivolgimento contro il Sé: deviare l'aggressività da un’altra persona e se stessi; e Negazione/diniego: rifiuto di ciò che si trova spiacevole della realtà mediante fantasia e comportamento; e Sublimazione: soddisfare gli impulsi inaccettabili mediante attività sostitutive; sentirà indebolito il proprio senso di identità e la propria capacità di azione, con la possibilità che si sviluppi una psicopatologia. Il riconoscimento è alla base dell’interazione tra caregiver e bambino, preceduto dall’attenzione e seguito dalla sintonia. Stern, in relazione al modello di Sander, introduce il concetto di sintonizzazione degli affetti nel processo terapeutico. La sintonia si instaura mediante il riconoscimento e la condivisione sia di affetti tradizionali, sia di affetti vitali. Secondo questa prospettiva i fattori eziopatogenetici che conducono alla patologia, ossia la disattenzione, il disconoscimento e la dissintonia, sono degli eventi reali relazionali, subiti attivamente e non deterministici, e causano l'emergenza di una compromissione nella regolazione delle emozioni che aggraveranno la relazionalità già alterata. Schore individua nella dissintonia diadica (asintonia) l'evento che può far deviare verso la psicopatologia, poiché un inadeguato riconoscimento conduce ad un elevato stato di stress nel quale l’individuo è incapace di regolare le proprie emozioni e quindi anche di controllare lo stress stesso. Tale inadeguatezza dipende da una relazione di attaccamento che emana pericolo anziché sicurezza e può incidere anche sul funzionamento dei sistemi di controllo cerebrale, in particolare a causa dell’eccessivo rilascio di ormoni dello stress (cortisolo) che alterano il funzionamento del Brain Stress Copying System. Il setting è un parametro fondamentale che definisce le varie forme di trattamento e consiste nell'insieme di procedure che regolano i ritmi spaziotemporali delle sedute e le modalità del rapporto tra psicoterapeuta e paziente, soprattutto agli aspetti inconsci della loro comunicazione. Il setting può essere letto da due diversi punti di vista: quello esterno, che fa riferimento alle regole formali e invarianti da seguire nel trattamento, e quello interno, che fa riferimento all'assetto mentale dello psicoterapeuta. Il setting esterno influenza quello interno: crea l’ambiente favorevole al mantenimento del giusto assetto mentale ed allo svolgimento del lavoro mentale. Nel setting tutto assume valore terapeutico. Freud fornisce dei consigli riguardo la tecnica da utilizzare, nonostante non abbia mai parlato specificatamente di “setting”: e Necessità di incontri preliminari per valutare l’analizzabilità del paziente; ® La stanza dev'essere tranquilla e la postazione comoda, in modo tale da favorire il rilassamento fisico al fine di favorire la suggestione ipnotica; e Deve essere stipulato un contratto che fissi tempi, frequenza, modalità delle sedute e onorari; ® Il paziente deve essere sincero (regola fondamentale); ® Lo psicoterapeuta deve attivare un'attenzione fluttuante; e Gliaspetti personali dello psicoterapeuta devono restare ignoti in modo tale che il paziente possa rispecchiarsi il lui (regola dello specchio); ® Lo psicoterapeuta deve evitare i consigli (frustrazione dei desideri inconsci -> regola dell’astinenza). In questa prospettiva queste regole esistono al fine di permettere un isolamento dal mondo esterno e l'emergenza del transfert, visto come una visione distorta dello psicoterapeuta da parte del paziente. Il terapeuta dev'essere neutrale e svolgere semplicemente il ruolo di interprete, l’unico partecipante attivo è il paziente. Con la nascita delle nuove teorie psicoanalitiche, ossia la psicologia dell’lo, la psicoanalisi delle relazioni oggettuali, la psicoanalisi interpersonale e la psicologia del Sé, ci si avvia verso la modificazione del setting. Tutte queste prospettive sono accomunate dal modello dell’arresto evolutivo, secondo il quale la patologia ha origine da distorsioni generate dalle fantasie di fasi dello sviluppo precedenti a quella edipica. L’attenzione si sposta sulla relazione terapeutica del qui ed ora, il terapeuta ed il setting assumono un ruolo centrale. La Klein sostiene che lo psicoterapeuta ed il paziente sono coinvolti in una relazione reciproca, vissuta intensamente dal paziente, non può esistere neutralità poiché il transfert non può non assumere una connotazione affettiva. Secondo Winnicott l'obbiettivo della cura è fornire le funzioni genitoriali mancanti, le quali hanno causato una fissazione nello sviluppo. Si parla di madre-ambiente, il setting ha profondo valore terapeutico e deve ricondurre il paziente alla dipendenza primitiva. Sulla stessa linea si pone il pensiero di Kohut, che sottolinea l’importanza del transfert nella possibilità di individuare le strutture psicologiche deficitarie e facilitare la maturazione del Sé dal momento in cui lo sviluppo è stato bloccato. Il setting interno inizia ad assumere importanza. | coniugi Baranger introducono il concetto di campo bipersonale: la relazione terapeutica lega le due persone inestricabilmente in uno stesso processo dinamico. Di fondamentale importanza diventa anche il linguaggio non verbale del corpo. Tra i molti contributi italiani è rilevante quello di Ferro che propone i quadranti del setting (aspetti prevalenti): ® Setting come insieme di regole formali; e Setting come assetto mentale dello psicoterapeuta; ® Rotture del setting da parte del paziente; ® Rotture (formalio sostanziali) del setting da parte dello psicoterapeuta. Le rotture si distinguono in: ® Variazioni: nel rapporto col paziente, non esclusivamente a valenza negativa, che si possono essere imposte, conquistate e occasionali; e Modificazioni nella tecnica; ® Deviazioni rispetto all’inizio del rapporto che possono sembrare irrilevanti ma possono avere conseguenze dannose, proprio perché non vengono riconosciute dallo psicoterapeuta come trasgressioni ma possono essere viste dal paziente come violazioni del contratto stipulato all’inizio e minare l’alleanza terapeutica. Nel setting vi sono anche aspetti che possono essere limitanti; in questo senso Bondi riconosce due patologie del setting l'ossessività e l'imitazione. È importante che ogni limitazione, ogni rottura, ogni aspetto del setting vengano analizzati facendo riferimento a quello ideale, proprio per non cadere nelle due patologie del setting. Con i contributi dell’infant research, della teoria dell’attaccamento e della prospettiva intersoggettiva si passa ad una definitiva visione relazionale del setting, nel quale viene valorizzato il contesto intersoggettivo, ossia al modo in cui il terapeuta fa uso della sua soggettività nella relazione e soprattutto all'influenza che questa ha sulla natura del transfert. Viene introdotto il concetto di “self disclosure”, ossia l’atto di presentare al paziente elementi personali, controtrasferali e/o della sua vita privata, che si contrappone alla neutralità e all’astinenza di Freud. Questo gruppo ha anche introdotto gli importanti concetti di sloppiness, ossia la condizione per la quale non si può capire cosa accade realmente nella seduta ma che se accettata e vissuta senza paura assume potenzialità creativa finalizzata al cambiamenti, di self-righting, ossia la spinta alla guarigione e alla proposizione di aspetti fondamentali della terapia, e quello d resilienza. Il capitolo si conclude con la visione in merito di Kohut, che reputa l’empatia un fattore imprescindibile, che permette di immergersi nell'esperienza dell'altro pur rimanendo consapevoli della propria. Il paradigma dell’attaccamento è stato elaborato da John Bowlby e pone le origini della psicopatologia nelle esperienze di separazione precoce e in altre situazioni emotive avverse legate alla relazione genitore- bambino. Egli introduce il concetti di Modelli Operativi Interni, in base alle ripetute interazione affettive con i caregiver, alla loro accessibilità emotiva, alla loro responsività sensibile e alla coerenza dei modelli narrativi, il bambino costruisce uno schema mentale che comprende le rappresentazioni di sé, dell'altro e della relazione e che darà vita ad aspettative e modalità di previsione che influenzeranno il comportamento di quest’ultimo. L'autore indagò gli effetti della lontananza dalla madre e distinse in tre fasi le sequenze comportamentali messe in atto dal bambino: protesta, disperazione e distacco. Il ritiro ed i sentimenti di angoscia e paura sono generati dalla combinazione di segnali che non costituiscono un pericolo di per sé ma possono indicarne un aumento e l’assenza di figure protettive. Alla genesi di una psicopatologia possono esserci uno stile di attaccamento ansioso/insicuro, caratterizzato da assenza di responsività, indisponibilità emotiva, separazioni temporanee e minacce di abbandono, un’attivazione di modelli multipli e incompatibili, dati da un’incoerenza tra le dinamiche dedotte dal bambino ed il MOI verbalizzato dal genitore, e la perdita della figura di attaccamento, ossia un lutto non metabolizzato. La risoluzione del lutto nei bambini segue fasi simili a quelle nell’adulto: stordimento, ricerca e struggimento per la persona perduta, disorganizzazione (decostruzione MOI), riorganizzazione. Quando l'elaborazione del lutto non avviene si avvierà un processo di lutto cronico, dove si rimane in una fase di rabbia e disorganizzazione, o di lutto mancato, in cui non si supera la fase di stordimento. All'origine dei processi di lutto sano e patologico vi è quello di esclusione difensiva di informazioni sgradite e dolorose, la cui attivazione prolungata nel bambino (incentivata da relazioni complicate col caregiver) può portare ad una disattivazione parziale o totale del sistema di attaccamento oppure reazioni cognitivo-emotive non collegate alle situazioni interpersonali (incapacità di risalire a causa di pensieri e sentimenti: fobie, ipocondrie e depressione). Mary Main (Adult Attachment Interview) ridefinì il costrutto di MOI come un insieme di norme consce e inconsce che consentono di organizzare le informazioni riguardanti l'attaccamento e di permetterne o limitarne l’accesso in rapporto a esperienze, sentimenti e idee concernenti l'attaccamento stesso. L’AAI è un'intervista semi-strutturata che indaga gli stati della mente rispetto all’attaccamento attraverso domande focalizzate sul passato delle relazioni con i propri genitori. | costrutti su cui poggia sono: e Coerenza: rispetto dei principi della conversazione razionale di Grice (massime di qualità, quantità, relazione, modo); un atteggiamento incoerente distanziante e sprezzante potrebbe indicare una difficoltà nel connettere passato e presente, mentre un'attitudine preoccupata potrebbe causare una resistenza che porta a travolgere lo psicoterapeuta con materiale emotivo o a vagare su argomenti irrilevanti. ® Disorganizzazione: causata dall’evocazione di eventi potenzialmente traumatici come lutti o abusi, discorsi caratterizzati da crolli della capacità metacognitiva come lapsus (ragionamento e discorso) o reazioni comportamentali estreme. Determinanti di un attaccamento disorganizzato possono essere il comportamento di cura disorganizzato da parte del caregiver, una separazione da un caregiver adeguato, la deprivazione materna per tutto il primo anno di vita, o più. | modelli disorganizzati sono il prodotto di un’esclusione difensiva. e Mentalizzazione: la capacità dell'individuo di avere presenti il proprio stato, i propri desideri e i propri fini, ma anche quelli dell'altro. Esperienze profondamente traumatiche possono inibire le funzioni riflessive, mentre un'elevata funzione riflessiva è indice di resilienza. Gli stati della mente rispetto all’attaccamento, ossia quelli che si vanno ad indagare con l’AAI, sono: ® Sicuro:stato che si associa ad un attaccamento sicuro, caratteristico di persone sicure e autonome, capaci di mettere in atto strategie di coping flessibili, funzionali e adattive e di instaurare relazioni stabili e soddisfacenti. Nell’intervista non violano le massime di Grice, sono collaborativi, aperti e disponibili ad esaminare criticamente i propri processi di pensiero ed i loro comportamenti. e Distanziante: si associa ad un attaccamento insicuro/evitante. È caratteristico di persone riluttanti a cercare sostegno negli altri a causa della predominanza dell’evitamento di relazioni connesse all’attaccamento. Il loro discorso, povero e scarsamente elaborato, viola le massime di qualità e quantità ed è caratterizzato da idealizzazione e normalizzazione delle relazioni. Le strategie di coping più utilizzate sono il diniego, intellettualizzazione, ritiro sociale preventivo e negazione della propria vulnerabilità. Una terapia in questi casi deve basarsi su empatia e confronto. Questo stato è prevalentemente associato a indici di esternalizzazione dell'angoscia (DCA, abuso di alcol o droghe, disturbi della condotta). * Preoccupato: si associa ad un attaccamento insicuro/ambivalente. È caratteristico di individui estremamente ansiosi e con un’iperattivazione cronica del sistema di attaccamento. Il loro discorso è incoerente e disorganizzato, le frasi lunghe e incomprensibili. La terapia deve assicurare una continua disponibilità emotiva e una tolleranza verso frammentazione e caos da parte del psicoterapeuta. Questo stato mentale si esprimerebbe mediante disturbi con una fondamentale componente internalizzante (depressione o borderline). * Irrisolto/disorganizzato: il discorso è disorganizzato a causa degli argomenti che riguardano lutti e abusi. Durante la terapia i pazienti sono confusi perché non in grado di ricordare trami precoci e successivi e nonostante a livello conscio vogliano alleviare la loro sofferenza, a livello sono costretti a ricreare la relazione di attaccamento disorganizzato/disorientato pericolosa che li porterà a reputare inutile la terapia. Bisogna rispondere con una modalità ferma ma empatica, che aiuti a distinguere le vecchie relazioni da quelle nuove, con l’obiettivo di conquistare sicurezza. Questo stato si associa a disturbi con componente dissociativa (PTSD, disturbo dissociativo della personalità). L'importanza della valutazione dell’attaccamento di evince a livello dell'esito del trattamento, in termini di miglioramento nella coerenza del discorso e nella capacità di mentalizzazione, del processo psicoterapeutico, in quanto informa sulla relazione terapeutica, e dell’interazione tra stati della mente di paziente e psicoterapeuta, siccome il non allineamento tra i due stati mentali permette al terapeuta di fornire spontaneamente risposte controcomplementari alla riproposizione della costante relazionale negativa messa in atto dal paziente. Attualmente l'applicazione della teoria dell’attaccamento in psicoterapia viene messa in atto da due orientamenti: attachment-informed psycotherapy e attachment-based psycotherapy. La psicologia dinamica e la teoria dell’attaccamento continuano ad evolversi intrecciandosi e arricchendosi a vicenda, nonostante inizialmente vi fossero numerose obiezioni a quest’ultima, che Fonagy riporta in sei punti: Semplifica il sistema motivazionale Inconscio che è alla base del comportamento per la psicoanalisi; Ignora la ricchezza e la diversità degli stati affettivi umani; Ignora eventuali vulnerabilità biologiche del bambino; Ignora le scoperte sullo sviluppo dell’lo in fase post-edipica; Si concentra solo su aspetti della relazione bambino-caregiver che riguardano la separazione (ignorando aspetti proiettivi e interiorizzati); 6. È riduzionista, considera solo gli aspetti evolutivi ignorando quelli simbolici dello sviluppo. URENDE Nonostante ciò l’autore riconosce anche dei punti di contatto: ® L’enfasisui primi anni di vita; e L’importanza sulla sensibilità e sul rispecchiamento materni; ® La contrapposizione tra realtà psichica e realtà esterna: le aspettative distorcono la percezione della relazione; e Lemotivazioni alla base della relazione; ® L’importanza delle rappresentazioni soggettive delle relazioni nel comportamento interpersonale; ® La visione della relazione come contesto di sviluppo cognitivo; ® La visione della funzione riflessiva come fondamentale per lo sviluppo. Alla luce dello sviluppo di nuove teorie cognitiviste Fonagy rivaluta la teoria dell’attaccamento. Nell'ambito cognitivista McLean propone la teoria del cervello tripartito, con la quale suggerisce di considerare i sistemi motivazionali come organizzati in tre livello gerarchici: 1. Livello rettiliano: i sistemi di attacco-fuga, esploratorio e territorialità controllano i comportamenti e le funzioni fisiologiche necessari al mantenimento dell’omeostasi corporea; 2. Livello limbico: i sistemi dell’attaccamento, che consiste nella richiesta di cura e vicinanza, di accudimento, che consiste nell'offerta di cura, di rango, che consiste nelle condotte aggressive di competizione, e di sessualità regolano la comunicazione fra i membri dello stesso gruppo; 3. Livello neocorticale: in questo livello agiscono i sistemi di quello limbico con l'aggiunta del sistema cooperativo paritetico, che consiste nella percezione di obiettivi raggiungibili attraverso un’azione congiunta, e di due correlati: il gioco sociale e l'affiliazione al gruppo. Questo livello permette all'uomo di sviluppare la sua intersoggettività, condividendo l’esperienza e costruendo strutture di significato. Come esito di questo sviluppo delle neuroscienze cognitive Fonagy e Target fondano il paradigma della enactive mind: essi sostengono che la mente è attiva e dà senso all'ambiente sociale anche cambiando se stessa come risultato dell'interazione. Questo rende evidente come lo sviluppo mentale del bambino sia strettamente correlato alla relazione coi caregiver. In questa concezione l'attaccamento non viene più concepito come un sistema astratto di aspettative, ma nell’ambito di una cognizione incorporata come basato sui significati delle cose, i quali non sono universali ma emotivamente più importanti. Con quella che viene chiamata “rivoluzione cognitiva” le teorie psicodinamiche di origini freudiana sono state messe da parte e hanno perso di interesse fino ad un recente ritorno di tematiche come l'inconscio, la motivazione, i conflitti e le difese. Ciò è avvenuto proprio grazie alla teoria dell’attaccamento, che fa “da ponte” tra le teorie classiche e quelle che le avevano sostituite, in diversi modi: e Riconoscendo che molte componenti del sistema comportamentale dell’attaccamento, tra cui i MOI, operano a livello inconscio per mezzo di manovre difensive; Mettendo in rilievo la centralità delle rappresentazioni mentali del Sé e degli altri nello sviluppo della personalità e il percorso che va dalla dipendenza sociale all'autonomia matura; Riconoscendo, attraverso sempre i MOI, che i residui mentali delle esperienze con particolari partner diventano poi elementi basilari delle cognizioni di una persona e dei comportamenti che determineranno le relazioni successive; Stimolando una ricerca approfondita e sistematica dei temi psicodinamici, in cooperazione con altre varie discipline, come la psicologia della personalità e dello sviluppo, la psicologia sociale e quella clinica. Ciò ha portato alla creazione di misure affidabili e ben fondate di processi connessi con l’attaccamento e svariati strumenti di indagine, tra cui Strange Situation, AAI, metodi neuroscientifici come EEG e fMRI per verificare empiricamente gli enunciati teorici di base ed esaminare gli aspetti difensivi ed inconsci del funzionamento del sistema di attaccamento, e così via. La ricerca in psicoterapia studia diverse questioni, i principali ambiti sono: 1. Outcome research (ricerca di risultati misura i occupa di studiare con strumenti standardizzati le differenze pre e post-terapia. Questo tipo di ricerca è nata con l’obiettivo di valutare se la psicoterapia fosse efficace per la cura della sofferenza mentale, ma risultava complicato applicare il doppio cieco a questo scopo siccome era difficile definire cosa fosse psicoterapeutico o placebo. In sostanza, ci si focalizzava esclusivamente sui cambiamenti riguardanti determinate variabili a seguito del trattamento, senza considerare cosa avesse causato quelle modificazioni*. Nonostante ciò si è arrivati a dimostrare l'efficacia della psicoterapia, poiché i risultati ottenuti dopo un trattamento erano nettamente superiori sia rispetto ai controlli non trattati che al placebo. Ad oggi, grazie allo sviluppo di trattamenti standardizzati, gli approcci utilizzati in questo ambito sono quello sperimentale e quasi-sperimentale, che si differenziano dal diverso grado di controllo, ossia dal tipo di assegnazione dei partecipanti (causale e non casuale), e che a differenza dei primi studi si occupano di identificare il rapporto causa-effetto tra la variabile indipendente (trattamento) e quella dipendente (sintomatologia). *In seguito il focus si è spostato sullo studio del rapporto tra processo e risultato, per niente considerato dalla ricerca dei risultati; vennero effettuati degli studi prospettici (dall’inizio alla fine della terapia) su casi singoli intensivi e si arrivò alla manualizzazione delle tecniche psicoterapeutiche sperimentate. 2. Processresearch: indaga aspetti misurabili della terapia durante il suo corso, indipendentemente dal risultato. L'obiettivo diventa approfondire i microprocessi terapeutici interni alle prassi psicoterapeutiche e capire la specificità di ciascun modello, per contrastare il “paradosso dell’equivalenza”. Diventa a questo scopo necessario classificare, descrivere e misurare ciò che paziente e psicoterapeuta fanno. Questo tipo di ricerca consiste nel selezionale un livello di analisi che permetta di osservare ciò che accade durante il trattamento, identificare le variabili più adeguate per descrivere i fenomeni d'interesse al livello di analisi selezionato , descrivere la frequenza o la percentuale di occorrenza con cui questi fenomeni si presentano e valutare la relazione tra i costrutti selezionati. Gli strumenti utilizzati sono audio e videoregistrazioni. Una rilevanza importante in questo ambito viene data anche alla narrativa, che a permesso di arrivare a comprendere l’importanza dell'alleanza terapeutica e dell’insight per il valore prognostico del trattamento. 3. Process-outcome research: questo tipo di ricerca nasce dall’integrazione delle due correnti e studia, quindi, la relazione tra ciò che accade in psicoterapia ed il risultato. Vengono utilizzati il Randomized Controlled Trials egli studi prospettici sui singoli casi, e ciò permette di avere risultati sia quantitativi che qualitativi. La scelta di uno o dell’altro metodo dipende dalle caratteristiche e dalle necessità degli oggetti di studio. In questo tipo di ricerca bisogna fare attenzione ad alcuni aspetti: è necessario mantenere il focus sull’individuo, piuttosto che sulla media dei membri di un gruppo, bisogna esaminare eventuali fattori non controllati poiché possono essere causa di deviazioni e, infine, è necessario rinviare generalizzazioni e sottolineare le eccezioni tanto quanto le regole.
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