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Riassunto del manuale "La Storia, Indagare, apprendere, comunicare", Sintesi del corso di Storia

Riassunto del manuale "Beatrice Borghi, La Storia. Indagare, apprendere, comunicare" (pp. 145-173/ pp. 245-257) per l'esame di Introduzione agli studi storici (Informatica Umanistica) 2022/2023

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 01/11/2023

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Scarica Riassunto del manuale "La Storia, Indagare, apprendere, comunicare" e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! La Storia. Indagare Apprendere Comunicare Introduzione L’interpretazione di un fatto storico implica necessariamente accettare prospettive, opinioni e considerazioni differenti dalle nostre. La storia si occupa della comprensione dei processi che hanno dato origine ad un fatto storico, delle motivazioni che hanno indotto le persone ad agire in un determinato modo e della valutazione del contesto in cui l'evento si è svolto. Tutto ciò implica una "immaginazione Storica" e una "empatia" adeguatamente disciplinate e accompagnate da conoscenze reali. L'empatia è legata sia alla creatività che all'immaginazione del bambino. Perché la storia non è una successione di fatti, di battaglie, di guerre, ma un complesso di vicende umane, di speranze e timori, di esperienze di vita. L’empatia implica processi tanto cognitivi quanto affettivi tali che la conoscenza, le capacità di ragionamento, l'espressione dei sentimenti e la scoperta dei punti di vista differenti si intrecciano con forme di comprensione che danno la possibilità al bambino di porsi al posto di un'altra persona. Indagare la storia Lo studio della storia serve per acquisire consapevolezza ed orientarsi sia nel passato che nel presente. In questo modo una persona è libera nelle scelte attuali e future. Di fronte ai rapidi cambiamenti della società moderna sono necessari adeguamenti nelle modalità di trasmissione della cultura. La ricerca storica mira a sapere quanto è accaduta nell’ultima parte del passato ovvero da quando esiste l’uomo. Storia e storiografia La storia è l’insieme dei fatti e dei cambiamenti verificati dalla comparsa del genere umano (circa 50000/100000 anni). La storia è multidisciplinare perché comprende tutti gli aspetti delle vicende umane. La storia cambia continuamente perché dipende dalle ricerche e ricostruzioni che gli storici fanno interpretando le fonti. Dobbiamo considerare che gran parte dei fatti sono ignoti perché le fonti coprono solo una piccola parte degli avvenimenti storici, la situazione peggiora man mano che si procede verso il passato. Non è vero che la storia inizia con l’invenzione della scrittura. Prima della scrittura sono presenti lunghi periodi di presenza umana che meritano di essere studiati. In altre parole, l’interesse dello storico è dovunque ci sia stata la presenza dell’uomo. La storiografia comprende tutte le forme di interpretazione, trasmissione e racconto della storia propriamente detta. La differenza tra storia e storiografia è come quella tra un fatto e il suo ricordo. Quando un fatto accade è qualcosa di oggettivo, quando si ricorda e si riporta un fatto si fa solo una sintesi del suo reale svolgimento. In altre parole, si riportano solo alcune immagini, sensazioni e prospettive interpretate in modo personale. La storiografia è soggettiva, parziale e provvisoria perché deriva da interpretazioni personali, influenzate dalla cultura, dalla società e dalle idee politiche di chi riporta la storia. Il compito degli storici è quello di riportare descrizioni più fondate e attendibili possibile. In ogni caso la storiografia non può produrre verità assolute ma si parlerà sempre di interpretazioni e ricostruzioni. I tempi della storia I fatti della storia si possono suddividere in: - Eventi: avvenimenti di breve o brevissima durata che il più delle volte hanno un'incidenza limitata, ma che a volte possono avere anche portata e ripercussioni molto persistenti (come i terremoti, cataclismi, grandi battaglie) - Fenomeni: andamenti, tendenze e svolgimenti che si svolgono durante periodi più lunghi, estesi almeno nell'arco di una generazione e di portata ampia, in campo economico, sociale, demografico e culturale - Evoluzioni: trasformazioni dl lunghissima durata e portata amplissima. Si estendono oltre le singole epoche storiche e a volte risalgono anche a tempi precedenti alla comparsa dell'uomo (mutazioni climatiche. geologiche, astronomiche) La periodizzazione è la suddivisione della storia in periodi di tempo, contraddistinti da una serie di caratteristiche specifiche che li distinguono dalle fasi storiche precedenti e successive. La periodizzazione è importante per dividere il passato in modo sintetico e per collocare temporalmente ogni evento. L’idea di dividere la storia in periodi è fonte di discussioni tra gli storici anche perché la periodizzazione più diffusa ha una chiara matrice eurocentrica e quindi condizionata da una certa cultura. La divisione prevalente in epoca è: - Protostoria: la fase più antica della storia dell’uomo suddivisa in Paleolitico, Mesolitico, Neolitico, Età del Rame, Età del Bronzo e Età del Ferro - Età antica - Medioevo - Età moderna - Età contemporanea Questa suddivisione è valida solo per i paesi occidentali, in aree geografiche diverse si evidenziano evoluzioni diverse. Le fonti della storia Alla base della conoscenza del passato ci sono le fonti ovvero le tracce lasciate dai fatti del passato sottoforma di manufatti, testimonianze, resti e documenti. La ricerca storica si basa sugli oggetti che si trovano intorno a noi sia nell’ambiente sia nei luoghi di conservazione dei beni culturali come musei, archivi e biblioteche. La fonte più importante e interessante della storia è la nostra esistenza perché i nostri modi di agire, pensare, relazionarsi, vestirsi, ecc sono il risultato dell’unione tra le situazioni attuali e le eredità del passato. Ecomusei Ecomusei e mappe di comunità: una risorsa per la didattica della storia e per la cura del territorio Negli anni 60 in Francia nasce il movimento culturale della “nuova museologia”. La Nouvelle Musèologie fu fondata a Marsiglia nel 1982 e consisteva nel promuovere forme museali che valorizzassero il capitale culturale nel suo complesso, comprendendo il patrimonio territoriale e immateriale delle comunità (beni ambientali, tradizioni locali, idee, valori tipici, ecc). I suoi esponenti principali furono Hugues De Varine e Georges Henri Riviere. Secondo Georges Henri Riviere un ecomuseo è un’istituzione che studia, conserva e valorizza la memoria collettiva di una comunità, delineando le linee per lo sviluppo futuro. In un ecomuseo gli abitanti della comunità diventano protagonisti attivi; il linguaggio visivo è la forma di espressione privilegiata. È difficile definire un ecomuseo perché sono diversi in base alle comunità in cui vengono fatti e variano in base al rapporto che la popolazione ha con la comunità stessa. Inizialmente gli ecomusei nascono per evitare che la memoria delle società rurali venisse cancellata dall’urbanizzazione. Ci sono alcune differenze tra museo tradizionale ed ecomuseo: - Il museo tradizionale conserva e mostra testimonianze materiali dell’uomo e del suo ambiente; l’ecomuseo si focalizza sul territorio e sui processi sociali che lo riguardano - Il museo tradizionale espone al pubblico i propri contenuti; l’ecomuseo si concentra molto sulla popolazione (come se fosse un’opera d’arte) Georges Henri Riviere ha definito alcuni elementi che caratterizzano l’ecomuseo: - L’ecomuseo è un’espressione dell’uomo, della sua natura e del tempo in cui vive - L’ecomuseo è un’interpretazione dello spazio in cui vive l’uomo - L’ecomuseo studia il passato e il presente della popolazione e del suo ambiente - L’ecomuseo preserva e valorizza il patrimonio naturale e culturale della popolazione Peter Davis ha identificato cinque criteri fondamentali dell’ecomuseo: 1) L’ecomuseo non è circoscritto in un luogo fisico definito e unico 2) L’ecomuseo promuove gli oggetti di interesse direttamente nel contesto di origine 3) La popolazione detiene e fruisce del patrimonio dell’ecomuseo Il carattere distintivo di un luogo comprende tutti gli elementi che entrano in gioco in un paesaggio come le persone, i luoghi e i simboli condivisi della comunità. I caratteri distintivi prevedono una complessità interna e non sono facili da comunicare perché comprendono una dimensione affettiva che è difficile da trasmettere. Il carattere distintivo comprende diversi aspetti: - Il dettaglio, ovvero tratti specifici di un territorio che hanno una certa importanza per la comunità locale - Le particolarità ovvero elementi insoliti e speciali che contribuiscono a definire l’identità (un determinato tipo di piante, una certa tradizione gastronomica, ecc) - La patina del tempo ovvero i segni lasciati sul territorio dalle diverse società che si sono susseguite, questi segni non dovrebbero essere rimossi - L’autenticità ovvero il reale e il vero di un certo luogo che assumono significato per coloro che vivono in un certo luogo Ci sono forze che tendono all’omogenizzazione dei paesaggi, privandoli delle cose visibili e invisibili che hanno significato per la comunità. Il globalismo è una tendenza inarrestabile, legata al rapido sviluppo di comunicazioni e tecnologie, che trasforma i fatti locali in fatti globali e dissolve gradualmente le unità nazionali e le tradizioni locali in favore di modi di vita più uniformi. La rottura delle tradizioni locali cambia lo scenario di vita delle persone, facendo perdere il significato ai luoghi e alle tradizioni locali. Nel 1884 viene realizzata a Dymock la prima mappa in formato A1. Negli anni successivi vengono realizzate oltre 2 mila mappe nel Regno Unito. L’associazione Commond Ground ha promosso diversi progetti, tra cui la creazione di una grande enciclopedia delle “peculiarità territoriali” pubblicate nel 2006. La Commond Ground focalizza la sua attenzione sui processi di sviluppo sostenibile delle comunità locali attraverso il recupero delle conoscenze al proprio interno. Costruire una mappa di comunità. I tempi e gli spazi Le mappe di comunità esprimono l’interazione tra natura e cultura di un territorio. Non esiste un percorso di elaborazione valido in assoluto per le mappe di comunità. Tuttavia, è possibile individuare alcune fasi fondamentali: - Definizione degli obiettivi e delle motivazioni del lavoro sulla mappa - Incontro preliminare di presentazione dell’iniziativa per aumentare il coinvolgimento della comunità locale - Formazione del gruppo di lavoro con la definizione dei ruoli - Identificazione dell’area, del contesto e delle tematiche che saranno oggetto della mappa - Ricerca e recupero delle informazioni sull’oggetto della mappa - Analisi e discussione dei risultati di ricerca per creare un sapere condiviso - Elaborazione della mappa - Restituzione alla collettività tramite la presentazione della mappa, definendo gli sviluppi futuri Ognuna di queste fasi può rimandare alle altre creando un percorso ciclico potenzialmente infinito La costruzione di una mappa comporta la riscoperta del patrimonio locale e di elementi di quotidianità (Es: riscoperta dei tempi lenti opposti a quelli frenetici degli impegni lavorativi, riscoperta di spazi inesplorati e abbandonati). I tempi Per realizzare una mappa occorrono tempi lunghi (mesi/anni) per alcuni motivi: - L’area e le tematiche analizzate sono vaste e ricche di storia - La disponibilità dei cittadini è limitata dagli impegni lavorativi e familiari - Alle persone serve tempo per elaborare e interiorizzare le idee emerse - Si possono verificare imprevisti (non necessariamente negativi) per cui ci si ferma e si torna alla fase precedente Tempi così lunghi possono abbassare l’interesse dei partecipanti quindi i gestori dell’iniziativa devono essere bravi a mantenere alto il livello di coinvolgimento Gli spazi L’elaborazione di una mappa di comunità porta alla riscoperta di spazi spesso dimenticati che non hanno più alcuna funzione nella società moderna. In questo modo i partecipanti riscoprono spazi come cantine di antiche case, boschi non più esplorati, ecc, capendo quello che sono stati, quello che sono e quello che potranno diventare. Le relazioni Lavorando alle mappe di comunità, individui diversi (età, sesso, status sociale, religione, ecc) si trovano a collaborare per un fine comune. In questo modo si realizzano scambi culturali che permettono una crescita personale favorendo relazioni più autentiche (in contrasto a quelle sempre più superficiali imposte dalla tecnologia e dalla globalizzazione) Conoscenze e competenze interdisciplinari: un dialogo tra le discipline La realizzazione di una mappa e più in generale di un ecomuseo prevede l’intrecciarsi di conosce interdisciplinari come quelle urbanistiche, archeologiche, letterarie, storiche, geografiche, ecc. Le conoscenze che tipicamente vengono legate sono quelle storiche e quelle geografiche perché la storia si realizza sempre in un certo territorio. Non basta raccontare insieme gli aspetti storici e geografici ma è importante capire i significati profondi della loro connessione. La mappa di comunità è un patrimonio in costante movimento che rappresenta la comunità a cui fa riferimento. Ogni mappa deve trovare uno spazio all’interno dell’ecomuseo e fornisce a chi la consulta una guida per capire la complessità della comunità locale (non solo a livello geografico ma sotto tutti i punti di vista). La mappa potrebbe essere usata per analizzare il territorio e quindi per gestirlo dal punto di vista della progettazione urbanistica, dello sviluppo agricolo, del turismo sostenibile, ecc. Questa però è un’idea molto poco condivisa e difficile da realizzare. È importante prendere in considerazione i turisti come fruitori della mappa. In questo modo i turisti vengono a contatto con gli aspetti più rilevanti della cultura locale, approfondendone la conoscenza. Contemporaneamente la comunità ha la possibilità di accogliere culture diverse e interessanti, senza rinunciare alla propria identità. È importante prendere in considerazione le generazioni future come fruitori della mappa in modo che possano conoscere e capire la cultura della loro comunità. Per essere capita da tutti i suoi fruitori la mappa deve rispettare i criteri di chiarezza, semplicità e completezza. Per questo si adottano alcuni accorgimenti come l’uso di didascalie, legende, fotografie, l’uso ragionato dei colori, ecc. Pratiche di comunità. Alcuni esempi di mappe Le mappe di comunità possono avere un’utilità nell’apprendimento della storia. La costruzione della mappa può essere un ottimo esempio di cittadinanza attiva. Le mappe sono un’idea piuttosto recente e quindi poco conosciuta. Per questo può essere utile che le persone vengano a contatto con le mappe di comunità già realizzate. Nessuna mappa realizzata può essere un modello standard per altre realizzazioni perché ogni mappa fa riferimento al proprio determinato contesto. Un esempio di mappa di comunità è quella di Raggiolo. Raggiolo è una piccola frazione del comune di Ortignano Raggiolo nella provincia di Arezzo. Il progetto di comunità si è svolto fra il 2004 e il 2005, è stato promosso dalla comunità montana del casentino in accordo con l’amministrazione comunale, con il contributo di un’associazione locale. In inverno il lavoro ha coinvolto circa 15 persone (su un totale di 80 residenti) mentre in estate fino a 30-40 persone. Principalmente hanno partecipato persone anziane quindi la mappa ha un orientamento al passato, piuttosto che al presente e al futuro. Comunque, al risultato finale hanno contribuito anche alcuni giovani autori con dei disegni. Fare storia locale costruendo mappe di comunità. Nuove pratiche di educazione al patrimonio Il Centro internazionale di Didattica della Storia e del Patrimonio (DiPast) ha introdotto l’uso didattico delle mappe di comunità per l’insegnamento della storia. Le mappe prevedono l’esplorazione e la ricerca sul proprio territorio. L’esplorazione andrebbe intesa nel suo significato più autentico ovvero il tentativo di scoprire ciò che è nascosto o ancora sconosciuto. Per riscoprire l’esplorazione vera e propria, secondo Bazzini e De Varine è importante percorrere a piedi un territorio facendosi guidare e raccontare dagli abitanti del posto. Questi ultimi sono in grado di comunicare, oltre alle informazioni superficiali, l’uso che fanno del territorio e i loro numerosi ricordi. Per la costruzione di una mappa ci si può quindi avvalere di escursioni e sopralluoghi. Nelle mappe di comunità la ricerca coinvolge tutti coloro che vogliono parteciparvi ed è applicata a tutti gli oggetti di interesse. Genericamente per l’elaborazione della mappa la comunità si pone alcune domande come: cosa rende speciale questo luogo? Cosa vorremmo per il futuro di questo patrimonio? Com’è cambiato il luogo nel tempo? Ecc. Le metodologie di ricerca più utilizzate sono le interviste e i questionari da rivolgere sia ai membri della comunità ma anche a chi ne è esterno (ma che comunque frequenta il posto). Tramite le interviste è importante fare emergere le storie invisibili che non si possono trovare con altri tipi di fonti. Dopo aver raccolto i materiali con questionari, interviste ed altre strategie, questi vengono condivisi e discussi all’interno del gruppo di lavoro. Si svolgono vari incontri per riflettere sulle conoscenze emerse e arrivare all’elaborazione di un sapere comunitario. Per raggiungere questo obiettivo è importante usare metodologie che stimolino la partecipazione e il contributo di tutti come il brainstorming. Al termine della ricerca e dell’interpretazione del patrimonio culturale si deve decidere come rappresentarlo e restituirlo alla comunità. Il termine mappa di comunità non deve far pensare che l’unico modo di restituzione sia una mappa. Le forme di rappresentazione possono essere varie e diversificate come: uno spettacolo teatrale, una realizzazione video, una rappresentazione grafica (mappa o altro), una festa pubblica, la creazione di siti web, ecc. Ogni comunità sceglie la modalità rappresentativa più adatta alle proprie caratteristiche ed esigenze. La storia condivisa Public history: la storia, patrimonio dell’umanità La public history è una novità introdotta negli anni 70 nel mondo accademico britannico e statunitense. Il suo sviluppo è dovuto ad alcune proteste giovanili negli anni ‘60 e ‘70, che aprirono dibattiti interni alla storiografia. In particolare i dibattiti riguardarono la composizione stessa della società americana, multietnica ma profondamente razzista e lontana dalla parità di genere. Un gruppo di studiosi californiani si rese quindi conto della necessità di includere nella narrazione storica anche le categorie sociali tradizionalmente emarginate: diedero quindi vita alla rivista “The public historian” attiva dal 1978 e avente fra i campi di interesse la storia orale, l'educazione storica nelle scuole e nei musei. Da lì la rete dei public historians si è diffusa prima in America meridionale e poi in Europa soprattutto nell'ultimo decennio. Non va tradotto letteralmente con storia pubblica che invece rimanda alle manipolazioni del passato messe in atto per fini ideologici con un preciso disegno politico. La public history consiste in pratiche individuali e collettive di conoscenza della storia diffuse in ambito pubblico. Fare public history significa insegnare e divulgare la storia legandola concretamente ai problemi attuali. Quindi significa fare una storia partecipata e condivisa dalla popolazione. Chi si occupa di public history è un esperto o un professionista che è parte integrante delle iniziative pubbliche. Il public historian (chi si occupa di public history) è chiamato a portare la conoscenza del passato nella società attuale per poter programmare e pianificare il presente e le azioni future. Il public historian deve valorizzare la relazione e il coinvolgimento tra le diverse comunità che interagiscono all’interno di uno spazio geopolitico. I tre concetti chiave della public history sono condivisione, partecipazione e cittadinanza attiva. L’obiettivo è quello di rendere i cittadini consapevoli e garanti del patrimonio storico, artistico e culturale del proprio passato. Le connessioni tra public history e la diffusione della storia
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