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Riassunto del manuale 'UN VIVAIO DI STORIA' di Aurelio Musi, Dispense di Storia Moderna

Riassunto molto dettagliato del manuale di Musi, dal capitolo I al XVI.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 07/10/2021

Giulia100898
Giulia100898 🇮🇹

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Scarica Riassunto del manuale 'UN VIVAIO DI STORIA' di Aurelio Musi e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! UN VIVAIO DI STORIA, L'EUROPA NEL MONDO MODERNO 1.UNA GLOBALIZZAZIONE L'età moderna è quella in cui gli europei diventano 'i primi al mondo'. L'espressione usata da Cristoforo Colombo dopo la sua prima spedizione fu: 'otro Mundo". Alcuni anni dopo, nel 1502, il fiorentino Amerigo Vespucci -in una lettera indirizzata a Lorenzo de Medici- parla di 'Mundus novus' a testimonianza del nuovo, ed enorme, continente sconosciuto. 1492—scoperta dell'America. Non è uno spartiacque rigido tra Medioevo ed Età moderna, tuttavia tale scoperta è da intendersi come evento periodizzante, che ha avuto significato e importanza enormi per la genesi del mondo moderno. Il mondo cambia sotto molteplici aspetti: ® viene rimodellato il sistema dei rapporti internazionali, che porterà mutamenti nelle rotte commerciali (il traffico si sposta dal Mediterraneo all'Atlantico), nei prodotti (nel nuovo mondo vengono importati viti, lino, canapa, caffè ed esportati mais, pomodoro, tabacco e le patate) negli equilibri tra paesi (i paesi coloniali si rafforzarono sempre più); e sitrasformano le basi dell'economia mondiale, dando il via al capitalismo commerciale e finanziario e alle figure commerciali di banchieri, armatori, grandi mercanti ecc; si da inizio al fenomeno dell'espansionismo europeo; si da il via al processo di spartizione del globo tra le grandi potenze. Per i contemporanei di Colombo il significato di scoperta era complesso, e portava su di sé una duplice accezione: da una parte quella di entrare in contatto con terre sconosciute, di convertire al cristianesimo popoli pagani, di immettere nuove merci/prodotti sul mercato e dall'altra quella fantastica del sogno di vivere nel mondo idealizzato da romanzi cavallereschi e di avventura, di procurarsi gloria e fama e di godere dell'età dell'oro. I costi della conquista furono abbastanza alti: gran parte della popolazione autoctona fu sterminata, nelle Americhe vennero portate epidemie e malattie virali, vennero destrutturate culture indigene e provocati disastrosi crolli demografici (il Messico passò da 20 mln a 2 mln di abitanti). Tuttavia il ciclo di scoperte geografiche-conquiste-colonizzazione significò un incontro tra culture diverse— lo scambio fu inutile vista la tendenza degli europei ad assorbire/annullare le culture indigene. Tre continenti furono colpiti da questo ciclo: Asia, America e Africa. Dopo la fase delle esplorazioni marittime (1492-1519), iniziò la fase dell'esplorazione della parte interna del continente americano e del controllo delle regioni ricche e popolose. Dalla scoperta alla conquista fin dal primo 400 ci sono i presupposti per le esplorazioni transoceaniche. Spagna e Portogallo hanno fattori che preparano il terreno alle esplorazioni come quelli economico-organizzativi, tecnologici e lo sviluppo della teoria e strumenti geografici. Il Portogallo conta sulla disponibilità di capitali di mercanti italiani. Ma anche in Andalusia sorgono fondazioni commerciali. A metà XV secolo è pronta la base tecnologica per l’esplorazione: la caravella che può navigare lontano dalle coste e rimanere in mare più a lungo. C'è lo sviluppo della teoria e delle tecniche geografiche. Viene vista la mappa tolemaica del mondo che mostra che le navi possono navigare tranquillamente tra l'Africa e le Indie (Malesia, Indie orientali, China). La Spagna possiede la bussola. Nella seconda metà del 400 volevano circumnavigare l’Africa per raggiungere Poceano Indiano e l'Asia e controllare il traffico delle spezie. 1445- I portoghesi avevano scoperto Capo Verde. Negli anni 70 esplorano la Guinea, attraversano il Congo, raggiungono l’Africa sudoccidentale. 1487— Bartolomeo Diaz doppia la punta mediorientale del continente (prende il nome di Capo di Buona Speranza). L'esplorazione africana consenti di sfruttare risorse quali gli schiavi, l’oro della Guinea, l’avorio, il cotone, lo zucchero, il pepe di Madera. Per giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni africane i giuristi inventarono la formula terra nullius, cioè una terra non sottoposta a nessuna signoria, abitata da selvaggi senza ordinamento né leggi civili di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese. L'impero portoghese aveva due limiti: difficoltà nel gestire le risorse commerciali e coloniali; dipendenza dai mercanti stranieri, soprattutto italiani. Espansione portoghese Prima di Colombo ci fu l'occupazione castigliana delle Canarie che fu portata a termine tra il 1477 e il 79 -anno del trattato di Alcagovas tra Spagna e Portogallo: il Espansione spagnola Portogallo riconosceva i diritti castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosceva i diritti portoghesi sulle altre isole dell'Atlantico e sulle coste africane a sud di capo Bojador. Il principio che giustificava l'occupazione dei territori era la fede, la guerra contro gli infedeli. «Il Portogallo era riuscito grazie a Giovanni II (1481-95) a rafforzare l'autorità statale, a reprimere le spinte della grande nobiltà, a sfruttare le risorse d'oltremare. L'interesse portoghese era orientato verso l’India mentre la Spagna voleva completare la reconquista. COLOMBO: nel 1479 si stabilisce in Portogallo. Il suo progetto è raggiungere le indie orientali partendo dalle coste atlantiche dell’Europa. Le mappe medievali e dei geografi arabi, le ricerche di Paolo Toscanelli i miti e le fantasie delle terre sconosciute oltreoceano sono i presupposti per il suo progetto. Presenta il progetto a Giovanni II, re del Portogallo ma la risposta è negativa. Il sovrano non crede alla fondatezza del progetto e non vuole investire energie al di fuori della strategia africana. Si rivolge allora ai reyes catolicos: nel 1486, per le ristrettezze finanziarie e gli impegni della corona, la risposta è negativa. Nel 1491 la risposta è invece positiva. 17 aprile 1492— la Capitolazione di Santa Fè concede a Colombo il titolo di ammiraglio, viceré e governatore delle terre eventualmente scoperte ma rivendica allo stato la legittimità della spedizione. Il 1492 è l’anno anche del completamento della reconquista. La prima spedizione è effettuata con 3 caravelle: la Nina, la pinta e la Santa maria. 12 ottobre 1492 Colombo avvista la terra. Crede di essere arrivato in China o Giappone ma in realtà è a Guanhani, isola delle Bahamas. La seconda spedizione è di proporzioni più grandi: 1500 uomini (tra cui non nobili ma cavalieri che non avevano titoli nobiliari, borghesi, artigiani, contadini), 17 navi. In comune avevano il miraggio dell'oro. Colombo torna a casa con un carico di schiavi. 1498— terza spedizione con sole 6 navi e torna con oro, perle e preziosi. Raggiunse il Messico, le coste dell'America latina. A Santo Domingo, disordini, violenze, epidemie rendono difficile l'’amministrazione di Colombo. Tutte le province hanno un sistema di rappresentanza autonomo. Tutti i decreti legislativi sono redatti in nome del re e si riferiscono al diritto pubblico: amministrazione, giustizia e finanza. Al vertice c'è il Consiglio del Re, formato da grandi dignitari, dai pari, dagli ufficiali della Corona. Durante il regno di Francesco I lo strumento reale di governo sarà il consiglio degli affari (segreto ristretto, solo pochi consiglieri intimi del re). Il sovrano riunisce i consiglieri che deliberano le questioni da lui presentate. Il consiglio del re è un organismo di origine medievale e diventa l'istituto centrale dello stato. Come si trasforma il consiglio dei re? Nel medioevo i consiglieri erano legati al re da un rapporto personale. Un sistema gerarchico di controllo collegava il vertice del consiglio, il cancelliere, agli ufficiali fiscali e giudiziari delle province, divise in distretti amministrativi detti bailliages. I funzionari esercitavano nei bailliages poteri equiparabili alla stessa regalità e subirono una specializzazione: esattori, luogotenenti, capitani generali. I caratteri che connotano il sistema moderno di amministrazione francese sono: specializzazione delle funzioni, formazione di un corpo di funzionari, creazione di un ramo esecutivo dipendente dal sovrano. Il Consiglio si articola in: 1. Sezione di Stato con competenze di natura politica; 2. Consiglio des parties con competenze giudiziarie; 3. Consiglio delle finanze. 1547— creazione di 4 segretari del re responsabili dei 4 dipartimenti in cui era diviso il regno. Al progetto di centralizzazione della monarchia francese corrisponde la tendenza dei ceti a sviluppare una forte resistenza. Questo si manifesta negli Stati generali cioè nell'assemblea dei rappresentanti dell'intera comunità francese: clero, nobiltà, città, corti sovrane, enti religiosi e terzo stato. I Parlamenti esercitano il più forte potere di rappresentanza e resistenza. Sono la maggior istituzione giudiziaria e hanno la funzione di registrare le ordinanze reali (possono bloccarle se le giudicano imperfette). INGHILTERRA. Grazie a Enrico VII Tudor la monarchia inglese, comprendente anche il Galles e parte dell'Irlanda, riesce ad affermare la sua autorità. Enrico VII (1530-42) combatte i poteri residui dei grandi feudatari istituendo la Camera Stellata: una specie di tribunale straordinario per le cause contro le famiglie feudali ribelli, a cui venivano confiscati i patrimoni. Egli fa una vera rivoluzione del governo: il centro dell'amministrazione è assunta dal Primo segretario e dal Consiglio Privato; si afferma la supremazia dell'Ufficio dello Scacchiere; sono soppresse ineguaglianze costituzionali e speciali privilegi nel paese. È Thomas Cromwell l'artefice della rivoluzione amministrativa, colui che che cerca di concentrare il potere nello stato. Lo Stato del Rinascimento in Inghilterra è il superamento di un “movimento ad altalena” (Hill, storico) cioè: quando il re era debole il governo era più burocratico e sotto l'egemonia dei baroni, quando era forte era invece in mano alla corte. Nel XVI secolo questo ciclo si interrompe e tutto il governo diventa un governo nazionale, del re. Il sistema politico si fonda su un equilibrio fra esigenze della monarchia centralizzata e interessi di varia natura. Ci sono due Came è la Camera dei Lord, ereditaria, che rappresenta la grande nobiltà; è la Camera dei Comuni, elettiva, che rappresenta la piccola nobiltà terriera (gentry) e ceti non nobili, coltivatori diretti. La funzione legislativa è riconosciuta al Parlamento. C'è un autogoverno delle Contee affidato agli sceriffi, nobili, giudici di pace, personaggi legati agli interessi del territorio. All'epoca vigeva la teoria dei due corpi del re: un corpo naturale e mortale e un corpo politico, incorruttibile e non soggetto all'invecchiamento. Nel secondo corpo che passa da un re all'altro c'è l'essenza della sovranità. SPAGNA, Il 19/10/1496 Ferdinando, re di Sicilia, ed erede al trono di Aragona, e Isabella, erede al trono di Spagna, si umiscono in matrimonio (re cattolici, vogliono designare lo Stato iberico). In seguito alla Reconquista cristiana -che si completa con l'annessione del Regno di Granada nel 1492- Ferdinando e Isabella furono concessi i titoli onorifici di Reyes Catolicos. 1492— annessione del regno di Granada. 1512— acquisizione della parte spagnola di Navarra Nel XVI secolo si compie anche in Spagna un processo di ristrutturazione amministrativa fondato su una molteplicità di consigli (polisinodia). Importanti fattori di legittimazione del potere: la forza della dinastia, la sovranità monarchica e il ruolo carismatico del re. DANIMARCA. Il punto debole era dettato dalla mancanza di un diritto costante di successione. 1513— sale al trono Cristiano II e impone una linea politica antinobiliare e una tassazione per gli ordini privilegiati del regno. Deposto da una rivolta aristocratica nel 1523, fugge nei Paesi Bassi e viene sostituito da Cristiano III. 1536—Cristiano III attua una politica espansionistica, annette il regno di Norvegia imponendo il luteranesimo. Il modello della monarchia feudale elettiva, basata sul potere della dieta dei nobili e del clero, non consente la trasformazione dei ceti privilegiati da potenze a poteri. 1665— a seguito di una sconfitta con la Svezia e della Pace di Roskilde, il dominio della nobiltà danese cade e si instaura la monarchia ereditaria POLONIA. Terminata la dinastia degli jagelloni, nel 1572, con la monarchia si ha la ripresa di potere dell'aristocrazia! Il centro statale si indebolisce: e Ilsovrano dispone di poteri militari, amministrativi e finanziari solo nei suoi domini ereditari (non può realizzare l'unità morale dove questa è garantita da altri sovrani); vescovi e magnati, per mezzo del Gran Consiglio, limitano i poteri statali; la posizione Geopolitica della Polonia è limitata dallo Stato Russo e dall'impero Ottomano, che stanno nascendo nelle vicinanze. SVEZIA. Grazie alle risorse finanziarie procurate dalla confisca delle proprietà ecclesiastiche, a seguito della Riforma, il sovrano svedese Gustavo Vasa poté garantirsi un'autonomia economica senza ricorrere a una forte pressione fiscale. 1544— Gustavo Vasa impone all'assemblea degli Stati -il riksdag- il principio della monarchia ereditaria sulla casata dei Vasa. All’alleanza tra riksdag e sovrano partecipò anche il Quarto Stato dei contadini e, grazie all'esercizio del potere affidato di una burocrazia centrale efficiente, Vasa riaffermò lo Stato moderno svedese. RUSSIA. Ivan III (1464-1505) liberò la Russia dai Mongoli dell'orda d'oro e la unificò. La tendenza al controllo e alla centralizzazione statale passò attraverso: 1)la tappa della sottomissione alla monarchia dei principi autonomi e dei boiari -dominatori di un territorio enorme- attraverso l'unificazione religiosa nel cristianesimo ortodosso; 2)una concezione assoluta del potere che negava l’esistenza di leggi al di sopra del sovrano. Lo zar si sentiva erede dell'impero romano d'oriente e dei sovrani bizantini. L'ideale di Ivan era un'autocrazia ortodossa cristiana, patriarcale, benedetta dalla divina provvidenza. Però lo zar doveva far fronte a opposizioni dell'antica nobiltà feudale, ai boiari e ai problemi derivanti dall'enorme estensione del territorio. Dalla metà del XVI sec, nell'ambito del sistema statale russo, comincia ad agire un nuovo organismo rappresentativo: gli zemskie sobory formati da rappresentanti del clero, piccola nobiltà, ceti mercantili e artigiani. Sempre nella metà del'500, lo zar crea organismi rappresentativi locali, affida alla piccola nobiltà funzioni di amministrazione della giustizia e di polizia e favorisce nelle province la creazione di autorità elette fra cittadini e piccoli proprietari. Per contrastare la potenza dei boiari, Ivan III e Ivan IV il Terribile (1547-84) distribuirono la terra alla nobiltà di servizio -piccola nobiltà al seguito dello zar. Viene concessa loro, da Ivan III, l'usufrutto delle terre conquistate. Ivan IV trasformò l'usufrutto in un diritto ereditario, concesse ai nobili di servizio un'ampia zona equivalente alla metà dell'intero territorio e costituì con loro una forza militare autonoma. Il rafforzamento del potere centrale russo corrispose all’indebolimento dell'aristocrazia boiara. GERMANIA Nel XVI secolo non esiste come entità politica unitaria e lo sviluppo statuale ha avuto luogo su due piani: 1. PIANO DELL'IMPERO. Ha perso i tre requisiti medievali della sacralità, universalità e continuità. L’impero, pur essendo elettivo, è affidato agli Asburgo: Massimiliano I possiede per diritto feudale l'Austria e, dopo il matrimonio con Maria di Borgogna, le Fiandre. Il sistema politico mostra la sua debolezza costituzionale. I domini ereditari dei principi tedeschi e le città libere sono coinvolti in un processo di formazione dello stato moderno. Si formano nuovi istituti per l'esercizio del potere: la Cancelleria, il Consiglio per la Giustizia e la Camera per le Finanze; tuttavia l'impero non ha strumenti militari, finanziari e politici capaci di applicare le decisioni dell'assemblea degli elettori, dell'aristocrazia e delle città imperiali. È quindi scarso il potere che l'imperatore riesce ad esercitare 2. PIANO STATUALE (quello degli stati territoriali). Il processo di formazione dello stato è condizionato dal rapporto tra il principe e i ceti. La costituzione per ceti è una struttura politica dualistica: da un lato vi è il Consiglio del signore territoriale, dall'altro la Dieta, organismo rappresentativo dei ceti. I ceti hanno poteri ampi, anche in ambito finanziario, militare ecc, hanno alternativamente appoggiato e contenuto il potere del principe sul piano centrale e lo hanno indebolito sul piano locale. Nella seconda fase (XVI-XVII) sono stati partner del principe nella formazione dello stato. TURCHIA. Nel 1453, con la conquista di Costantinopoli, inizia la seconda fase dell'espansione turca: in meno di un secolo conquisteranno parte dei Balcani, la Moldavia, Siria, Egitto, Belgrado, Rodi, Buda, sottrarranno Kaffa ai genovesi nel 1475, sottometteranno la Crimea e assedieranno Vienna. A metà del 500 con Solimano I. l’impero ottomano è il più potente impero del mondo. Alla fine del secolo è in declino. Fondamenti interni del sistema turco sono: I. La base del dispotismo del sovrano: è nel rapporto tra il sultano e le fonti di ricchezza del regno. Non c'è la proprietà privata della terra, il sultano sfrutta come possedimenti imperiali ogni fonte di ricchezza; II. Ci sono due istituzioni parallele: l'istituzione di governo e quella religiosa musulmana. Non c'è separazione tra chiesa e stato. Il personale dell'amministrazione civile e militare è reclutato tra schiavi cristiani. Il controllo del sistema spettava alla casta sacerdotale degli Ulema, i teologi musulmani; II. Non esiste il feudalesimo. I cavalieri ricevono terra dal sultano, in cambio del servizio militare. La natura del rapporto non è feudale, i cavalieri non esercitano alcuna giurisdizione e non possono trasmettere ereditariamente le terre; IV. Non si persegue nessun tentativo di unificazione delle diverse etnie e di centralizzazione. Potevano mantenere leggi e costumi Lo stato moderno è una nuova forma di organizzazione politica che caratterizza il sistema dei rapporti in Europa tra il XV e XVII secolo. La sua origine è nella crisi degli ordinamenti medievali. Nel caso italiano le signorie sono il passaggio fondamentale verso lo stato moderno. La fase intermedia è costituita dalla progressiva centralizzazione del potere, la fase matura dall'età dell’assolutismo della seconda metà del XVII secolo. L'alleanza con Carlo VIII fu necessaria per il Moro per consolidare il suo potere di principe territoriale nell'area Padana. per questo e per fronteggiare le minacce aragonesi Ludovico il Moro chiamò in aiuto il re di Francia e lo invitò a far valere le aspirazioni angioine sul regno di Napoli.Carlo VIII poteva rivendicare alcuni titoli di legittimità poiché il regno di Napoli, che era feudo papale legato alla dinastia angioina dal 1226, era passato ad Alfonso D'Aragona nel 1442. La preparazione politico diplomatica della spedizione fu curata da Carlo VIII: egli si preoccupò di garantirsi la neutralità di Inghilterra e di Spagna, alla Spagna cedette le due regioni pirenaiche di Rossiglione e cerdagna, mentre a Massimiliano d'Asburgo assicurò la rinuncia ai feudi imperiali della Franca contea e dell'Artois. 1454 Pace di Lodi per la politica dell'equilibrio 1469 A Firenze diviene signore della città Lorenzo de' Medici 1476 | Assassinio di Galeazzo Maria Sforza Duca di Milano. Il potere è nelle mani di Ludovico il Moro, lo zio 1483 Carlo VIII diventa re di Francia 1484 Ascesa al soglio Pontificio di Papa Innocenzo VIII 1485 Fallimento della congiura dei Baroni napoletani contro Ferrante d'Aragona 1492 morte di Lorenzo de' Medici (gli succede Piero) e morte di Papa Innocenzo VIII (gli succede Alessandro VI Borgia) 1493 Morte di Ferdinando III d'Asburgo, gli succede Massimiliano I 1494 | Morte di Ferrante di Aragona (gli succede il figlio Alfonso), Ludovico il Moro fa uccidere il nipote e si proclama Duca di Milano. Carlo VIII scende in Italia con la foto di Ludovico il Moro e Piero De Medici. I fiorentini proclamano la Repubblica 1495 Alfonso D'Aragona abdica in favore di Ferdinando, detto Ferrandino. Carlo VIII entra a Napoli. Alleanza antifrancese tra Venezia, Ludovico il Moro, Alessandro VI, Massimiliano d'Asburgo, Ferrandino il re cattolici di Spagna Battaglia di Fornovo tra gli alleati e Carlo VIII: Ferrandino ri-acquista il Regno di Napoli 1497 Tregua tra Francia Spagna e stati italiani 1498 | Savonarola e condannato a morte come eretico. Muore Carlo VIII, mi succede Luigi XII d'orleans che fa accordi con Venezia e papa Alessandro VI per conquistare Milano 1499 Luigi XII conquista il Ducato di Milano 1500 Trattato di Granada tra Francia e Spagna per la spartizione del napoletano 1501 guerra Franco spagnola per la conquista di Napoli. saccheggio di Capua da parte dei Francesi Luigi XII ottiene la metà settentrionale del napoletano (e la capitale) Ferdinando il Cattolico ottiene le Puglie e la Calabria 1502 Cesare Borgia completa la conquista della Romagna iniziata nel 1499 1503 battaglia di Cerignola tra Spagna e Francia, vittoria spagnola. Muore papa Alessandro VI, gli succede Giulio II della Rovere, nemico dei Borgia. Il Valentino fugge in Spagna e Venezia attua una politica espansionistica in Romagna 1508 la Confederazione Svizzera è liberata dalla giurisdizione Imperiale. Lega di cambrai, promossa da Giulio II contro Venezia, Luigi XII, Massimiliano d'Asburgo e Ferdinando il Cattolico 1509 Battaglia di Agnadello: gli alleati sconfiggono l'esercito veneziano 1512 Papa Giulio II promuove Una lega antifrancese - lega Santa- Ferdinando il Cattolico, con confe Confederazione e Venezia. Battaglia di Ravenna: Luigi XII cede Milano agli Sforza. A Firenze viene abolita la Repubblica e restaurato il potere dei Medici 1513 Alleanza di blois tra Venezia e Luigi XII, antispagnola. Morte di papa Giulio II, gli succede Leone X de' Medici 1515 Morte di Luigi XII, mi succede il nipote Francesco I. battaglia di Marignano: Francesco primo sconfigge la Confederazione Svizzera e truppe milanesi 1518 Muore Massimiliano d'Asburgo 1519 | Carlo, figlio di Filippo il bello è Giovanna la pazza, è incoronato imperatore ad Aquisgrana col nome di Carlo V 1523 Morte di Papa Leone X, gli succede Clemente VII de Medici 1525 battaglia di Pavia: Francesco primo è sconfitto da Carlo V 1526 | Legadicognac, antimperiale, tra Francia, Inghilterra, Venezia, Milano, Genova e stato della Chiesa 1527 | Sacco diRomaad opera dei lanzichenecchi (truppe mercenarie di Carlo V). Cacciata dei Medici da Firenze e restaurazione della Repubblica 1529 Pace di cambrai, detta delle due Dame, Milano, Napoli e Asti sotto Carlo V, Genova sotto il dominio spagnolo, il Piemonte Sabaudo sotto Francesco primo 1530 Carlo V è Incoronato dal papa a Bologna re d'Italia imperatore del Sacro Romano Impero 1534 Muore Papa Clemente VII, gli succede Paolo III Farnese 1535 Riprese delle ostilità tra Carlo V e Francesco I 1544 Pace di Crepy: formazione del Ducato di Parma e Piacenza 1547 Morte di Francesco I, gli succede il figlio Enrico II 1556 Carlo V abdica e divide i domini tra i suoi figli: a Filippo II vanno l'area spagnolo, i Paesi Bassi e i territori italiani, al fratello Ferdinando primo l'area austriaca e la corona imperiale 1557 Emanuele Filiberto, figlio del Duca di Savoia spodestato, sconfigge le truppe francesi 1559 Pace di cateau-cambrésis che sancisce l'egemonia spagnola in Italia. Emanuele Filiberto va la Savoia Nel 1498 muore Carlo VIII; il suo successore fu Luigi XII della famiglia d'orléans. Egli riprese il progetto della conquista di Milano e si alleò con Venezia -favorita per espansioni territoriali- e Alessandro V Borgia -che voleva costruire un principato nell'Italia centrale per il figlio Cesare. Luigi XII rivendicava una discendenza Viscontea e titoli di legittimità su Milano 1499— dopo la conquista del Ducato di Milano Luigi XII punta a Napoli. Egli aveva la possibilità di scegliere se accogliere la proposta di Re Federico -ovvero conservare il Regno di Napoli come feudo della Francia- oppure se realizzare la proposta di Carlo VII -spartizione del regno fra le due potenze Francia e Spagna. 1500— convergenza tra Francia e Spagna nel trattato di Granada, sanzionato dalla bolla pontificia del 1501. Spenti gli ultimi focolai di resistenza Aragonese con l'orribile saccheggio di Capua del 24 luglio 1501, si ebbe la spartizione tra Luigi XII -metà settentrionale del Napoletano + la capitale- e Ferdinando il Cattolico -Puglie e Calabria. L'equilibrio raggiunto era precario e l'occupazione francese a Napoli e nel regno era priva di basi di consenso. A tutto ciò si aggiungevano: 1) l'impossibilità di far convivere gli interessi spagnoli con quelli francesi; 2) l'attaccamento di Ferdinando il Cattolico a Napoli, considerato come un tassello fondamentale e strategico e non poteva mancare nel suo mosaico. 1477/1503- Ferdinando il Cattolico utilizza tutte le sue risorse per associare le sorti del Regno di Napoli alla costruzione di un nuovo impero spagnolo: matrimonio, alleanza col Pontefice, guerra contro i francesi, appoggio alla prima restaurazione aragonese, e spartizione col trattato di Granada. 1502—Battaglia di Cerignola in cui il capitano spagnolo Consalvo di Cordova sconfigge i francesi. Il mezzogiorno era divenuto un laboratorio in cui sperimentare la superiorità militare della Spagna! Cerignola metteva in luce la superiorità della fanteria sulla cavalleria e l'impotenza francese contro fanti ben addestrati, e armati di picche e di archibugi. 1503— Si festeggia la conquista spagnola del Regno di Napoli. Fu l'inizio di una lunga dominazione straniera nel mezzogiorno d'Italia, che sarebbe durato oltre due secoli, in 1707. Con la conquista del Regno di Napoli si concludeva la prima fase delle guerre d'Italia in cui la fragile politica dell'equilibrio si dissolveva e la dipendenza della penisola da francesi e spagnoli rendeva inevitabile il proseguimento della guerra stessa. Girolamo Savonarola e Cesare Borgia Dopo la cacciata dei Medici da Firenze e la costituzione della Repubblica (1494), la funzione di leader fu assunta dal frate domenicano Girolamo Savonarola: era spinto da una fede profonda volta a teorizzare la radicale renovatio cristiana e a combattere contro la politica temporale dei papi (governanti immorali e corrotti). Egli fece bruciare i beni di lusso e i tesori d'arte ed attuò una tirannide poliziesca. I valori per cui si batteva Savonarola trovavano un terreno favorevole nella società fiorentina del tempo. Egli aveva trasferito i valori cristiani della fratellanza e dell’uguaglianza anche al campo delle riforme politiche: A costituzione semi democratica per conformare le esigenze del controllo fiorentino e la centralizzazione del potere; A abolizione delle imposte; A fondazione del‘Monte di pietà’ per l'assistenza ai bisognosi; A aumento del potere dei sostenitori di Savonarola -i piagnoni. Si organizzarono due gruppi di opposizione a Savonarola: 1)palleschi, volti alla restaurazione dei Medici; 2)arrabbiati, volti ad un sistema di potere aristocratico. 1498— dopo una sommossa, Savonarola venne impiccato e il suo corpo arso in piazza della Signoria. 1499/1503—inizio dell'esperienza di Cesare Borgia. Egli voleva eliminare le piccole signorie locali -insediate tra Toscana, Romagna e Marche- ed annetterle formalmente allo Stato della Chiesa. L'obiettivo ultimo era volto a riorganizzare le signorie e a trasformarle in un dominio personale, a conquistare la Toscana e a creare un vasto complesso politico -sottoforma di restaurazione del dominio pontificio- nell'Italia centrale. DaPavia aC -Cambrési La terza fase delle guerre d’Italia inizia con l’ascesa di Carlo V in Italia. 1525— Francesco I è sconfitto e catturato a Pavia, costretto a rinunciare a Milano. Al termine di un anno di prigionia firma la Pace con Carlo V e promuove la Lega di Cognac con Inghilterra, Venezia, Milano, Genova, Firenze e il pontefice Clemente VII de Medici. Le iniziali vittorie dei Milanesi sono vanificate dall'intervento dei Lanzichenecchi -truppe mercenarie e germaniche di Carlo V di cui si servirà anche Francesco I per punire gli interventi di Papa Clemente VII 6 maggio 1527— i lanzichenecchi entrano a Roma (“il sacco di Roma”). Questo evento spaventa perché rappresenta un attacco al cuore della Cristianità e perché preannuncia l'esito catastrofico di uno scontro tra luterani e cattolici. Gli obiettivi di Carlo V erano: spezzare la logica dell’equilibrio, tra Stati italiani e potenze straniere, spingere gli Stati italiani al riconoscimento dell’egemonia spagnola. Tra il 1527/28 Venezia, approfittando della debolezza di Roma, rioccupa Cervia e Ravenna; a Firenze sono nuovamente cacciati i Medici e ristabilita la Repubblica. 1528-Genova si stacca dalla Lega di Cognac di Francesco I ed entra nella sfera asburgica di Carlo V, finanziando il suo Stato sovranazionale. Il primo effetto del distacco di Genova fu il fallimento del tentativo francese di invadere il Regno di Napoli -sotto il comando del generale Lautrec. In questa impresa hanno giocato un ruolo importante anche baronio e Regno di Napoli Un anno dopo Papa Clemente VII, in seguito agli accordi di Barcellona, entra nell’orbita spagnola per poter decidere la ridefinizione degli assetti politici italiani: la restaurazione dei Medici a Firenze è uno dei suoi obiettivi primari. Con il ritorno di Alessandro de’ Medici (1530/37) -nipote di Clemente VII- inizia per Firenze la fase del principato dinastico. 1529— viene stipulata la Pace di Cambrai tra Carlo V e Francesco I -detta ‘delle due dame’ perché promossa dalla madre di Francesco I, Luisa di Savoia, e la zia di Carlo V, Margherita d'Austria- pone fine ai successi francesi: Milano, Napoli e Asti sotto il dominio di Carlo V; Piemonte sabaudo ai francesi; Genova nell’orbita spagnola. 1530— dopo il congresso di Bologna, Carlo V è incoronato nella basilica di S.Petronio re d'Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero. Gli Stati minori riconoscono il predominio spagnolo nella penisola. Dopo la Pace di Cambrai, Francesco I attua una politica di riarmo e di consolidamento della difesa militare; l'amministrazione finanziaria diventa più efficiente e il prelievo fiscale si fa più intenso. Sul piano politico, stipula due alleanze: 1) con Carlo V e i turchi di Solimano I il magnifico; 2) con i principi luterani della Germania. Nel 1535 riprendono le ostilità tra Francia e Spagna. 1544— viene stipulata la Pace di Crépy. Essa non modificò la situazione ormai consolidata ma introdusse una nuova realtà politica: quella di Papa Paolo III Farnese. Egli ottenne per il figlio Il Ducato di Parma e Piacenza dando luogo alla nuova dinastia dei Farnese nell'Italia centrale e ad uno Stato artificiale che dipenderà largamente dal consenso della chiesa, dell'impero, della Francia e della Spagna. Il successore di Francesco I, Enrico II, continua la politica diplomatica e militare del padre e occupa nella Lorena i tre vescovadi di Meltz, toul e Verdun, estendendo fino al fiume Reno i confini orientali della Francia. Tuttavia, né i problemi di Carlo V - sconfitto a Innsbruck dai principi protestanti e costretto nel 1555 a firmare la pace di Augusta- nè l'abdicazione dell'imperatore e la divisione dei suoi stati tra il figlio Filippo Il e il fratello Ferdinando I, favoriscono Enrico II. 1557-Enrico II perde l'ultimo importante territorio che gli era rimasto: il Piemonte. Proprio Emanuele Filiberto -figlio dello spodestato Duca di Savoia- sconfigge l'esercito francese a San Quintino e apre a Filippo II la strada per marciare su Parigi 3 aprile 1559— viene firmata la Pace di Cateau-cambrésis. Definita da molti come la vittoria della Spagna e la sconfitta della Francia, in realtà contribuì a mantenere un certo equilibrio di forze nel continente; rappresentò l'affermazione della dinastia asburgica nei due rami (spagnolo e austriaco); rappresentò la preponderanza spagnola in Italia ma anche la necessità di salvaguardare l'integrità degli stati nazionali. Si colloca in un periodo in cui, dopo la pace di Augusta, il legame tra imperatore e territori tedeschi è debole: PREPONDERANZA SPAGNOLA IN ITALIA. La Spagna conserva il Ducato di Milano, il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna. Ottiene lo stato dei presidi - formato da città costiere come Orbetello, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, Talamone, Piombino e Isola d'Elba. 1. Savoia, Piemonte e Nizza: a Emanuele Filiberto come premio per la propria lealtà spagnola; 2. Repubblica di Genova: ottiene la restituzione della Corsica dalla Francia e diventa la più importante finanziatrice della corona spagnola; 3. Repubblica di Venezia: pur essendo alleata con la Spagna è l'unica realtà politica che riesce a conservare ‘una sua relativa autonomia; ha un ruolo nel Mediterraneo e nella lotta contro i turchi; 4. Ducato di Toscana (Granducato nel 1569): ottenne, in Feudo da Filippo II, Siena mentre la Repubblica di Lucca conserva la sua indipendenza; 5. Ducato diParmae Piacenza: a Ottavio Farnese, sposo di Margherita D'Austria -figlia di Carlo V; 6. Ducato di Mantova: sotto I Gonzaga che, nel 1500, hanno acquisito per via matrimoniale il Marchesato del Monferrato; 7. Stato stato della chiesa: legato a Madrid per i problemi creati dalla Riforma Protestante ed impegnato sul terreno della riforma Cattolica Solo il Marchesato di Saluzzo è controllato militarmente dalla Francia INTEGRITÀ’ DEGLI STATI NAZIONALI. L'ideale è quello di ricercare dei confini territoriali sicuri. Con Metz, Verdun e Toul la Francia, pur avendo dovuto rinunciare all'egemonia italiana, aveva stabilizzato i suoi confini ed esercitato un controllo più regolare sui suoi territori. L'Inghilterra aveva rischiato di essere annessa all'area spagnola, per vie matrimoniali, ma Filippo II non era riuscito ad avere eredi da Maria Tudor LA FINE DELL'IDEA DELL'IMPERO UNIVERSALE. Nel 1559 Filippo II lasciò le Fiandre e tornò in Castiglia. Il ritorno simboleggiò la fine del sogno imperiale di Carlo V— da un impero con una dinastia fiamminga, a base continentale, si passa ad un impero spagnolo a base atlantica 4.LA DIVISIONE RELIGIOSA La riforma protestante fu un movimento europeo che coinvolse non solo la parte centro-settentrionale del vecchio continente, ma anche la parte orientale e persino paesi fortemente cattolici come Francia, Spagna e Italia. Fu un moto di reazione alla corruzione del clero, agli abusi ecclesiastici, alla sostanza e alle manifestazioni del potere temporale dei papi, al commercio delle indulgenze. A caratterizzare tale contesto furono la mancanza di chiarezza teologica e la confusione delle opinioni in materia di dogmi della fede e in materia morale. La riforma nacque dunque dentro l'istituzione ecclesiastica. La riforma va inscritta in un ampio e complesso contesto di crisi religiosa e di crisi di identità— l'Umanesimo, attraverso la sua esigenza del ritorno alle fonti, aveva inferto un duro colpo al principio dell'autorità pontificia e alle basi del potere dei Papi. Si avvertiva il bisogno di una lettura autentica delle sacre scritture e di una reformatio/renovatio che risolvesse la crisi d'identità religiosa, sia attraverso un ritorno alle fonti originali del Cristianesimo, sia attraverso una prospettiva di riforma morale (adeguazione dei comportamenti a una dottrina chiara e certa). I promotori di questo movimento furono in maggioranza uomini di chiesa: Martin Lutero era un monaco agostiniano, Zwingli era un sacerdote e Calvino si avviò presto verso la carriera ecclesiastica. Martin Lutero forni la risposta alla crisi di identità religiosa e di riforma morale attraverso i tre capisaldi della sua dottrina: A) giustificazione per Fede; B) valore della parola - verbo infallibile delle Sacre Scritture; C) esaltazione di una religione Inferiore che aveva come unico garante il sacerdozio universale -comunità dei credenti- e non più la casta privilegiata del clero. La riforma ebbe luogo grazie all'intreccio tra religione e politica! La combinazione fra il movimento luterano e i principati territoriali della Germania, fra la dottrina di Zwingli/Calvino e l'organizzazione politica delle città svizzere e fra la riforma e l'interesse degli Stati a secolarizzare i beni ecclesiastici e a disporre autonomamente della sfera religiosa, oltre che di quella politica, fu ciò che promosse questo sommovimento. Martin Lutero 1983-1546 1483- Nasceva Lutero a Fisleben, in Turingia, da padre minatore e madre massaia che vivevano in condizione di relativa agiatezza. Si forma alla facoltà delle Arti all'Università di Erfurt e veste l’abito monacale dell’Ordine degli Agostiniani. Gli anni della formazione (1505-1517) sono contrassegnati dallo studio di teologia a Wittenberg, dal viaggio a Roma e da una ricerca sui problemi decisivi della fede (coinvolgimento totale dell’esistenza individuale + contatto personale con la Bibbia). La sostanza del problema del monaco agostiniano è la giustizia di Dio: Lutero parte dalla premessa della distanza tra l'inaccessibile Santità di Dio e la condizione umana, macchiata dal peccato originale; le cui conseguenze sono l'assoluta dipendenza dell'uomo da Dio e l'inutilità delle azioni/opere buone compiute dall'uomo. Lutero rinviene la soluzione al suo problema nelle Sacre Scritture -in particolare nelle lettere di San Paolo— l'uomo è peccatore nella realtà della sua condizione originaria e della sua vita quotidiana, ma Giusto nella fede in Dio e nella speranza di potersi salvare tramite l'annullamento. Il principio della giustificazione mediante la fede è il cardine della dottrina luterana, che gli consente di fornire un supporto dottrinale all'opposizione delle indulgenze. Proprio in questo terreno nasce la Riforma! I protagonisti sono: 1) ALBERTO DI BRANDEBURGO: tra il 1513 e il 1514 possedeva i tre vescovadi di Magdeburgo, Magonza e Halberstadt. Si trattava di un cumulo enorme di benefici ecclesiastici, di poteri e rendite, che la Sede Apostolica si faceva lautamente pagare.Per estinguere il debito in maniera più rapida, e per ottenere un ulteriore incasso, la Sede Apostolica aveva suggerito ad Alberto la vendita delle indulgenze, nel territorio del vescovo, a favore della Basilica di San Pietro per un periodo di 8 anni; il ricavato sarebbe andato metà ad Alberto e metà al Papa. Le indulgenze erano diventate un oggetto di scambio per un commercio colossale; 2) JOHANN TETZEL: aveva il compito di spiegare, nel Vescovado di magdeburgo, le modalità per l'acquisto delle indulgenze. Chi comprava una lettera di indulgenza aveva diritto a confessare al sacerdote, in un qualsiasi momento della vecchiaia, i peccati la cui assoluzione spettava normalmente solo al papa; non era necessario il pentimento e l'efficacia delle indulgenze agiva anche sui defunti; 3) MARTIN LUTERO: ascoltava in confessionale i peccati dei titolari delle lettere di indulgenze e aveva modo di conoscere tutti i guasti delle predicazioni di Tetzel. 1517 pubblicazione delle 95 tesi di Lutero, a Wittenberg. Esse definivano la differenza fra la teologia Cattolica e quella luterana, avevano uno stile polemico-popolare e la loro fortuna si ebbe grazie alla straordinaria diffusione a stampa. In quell'anno Lutero non era ancora fuori dalla Chiesa Cattolica, infatti il suo progetto era quello di riformare il modo di vivere la religione e il rapporto con Dio. Egli sosteneva il principio della giustificazione per fede e criticava le indulgenze, considerandole dannose tanto per chi le riceveva quanto per chi le distribuiva (contrario alla mediazione ecclesiastica). Inizialmente la denuncia degli abusi non coinvolgeva l'essenza dell’istituzione della Chiesa -il Papa- ma solo i suoi ministri e predicatori. Tuttavia nella tesi 51 l'utero affermava che il papa avrebbe venduto persino la Basilica di San Pietro per dare denari a coloro ai quali predicatori li strappavano. Iwinyli 1484-1531 Egli promuove la riforma delle comunità nei territori della Confederazione svizzera. Era un sacerdote e aveva studiato Lutero. 1522— Zwingli cerca sostegno nelle istituzioni politiche cittadine; stringe un'alleanza con le autorità locali per il successo della sua riforma. Proprio a Zurigo essa si presenta con caratteri originali: provvedimenti e nuove istituzioni dimostrano che qui il connubio tra politica e religione è assai stretto. 1524— abolizione dalle chiese di immagini e reliquie. 15257abolizione della messa in latino; viene abolito il servizio mercenario; è istituito il tribunale matrimoniale e dei costumi, il più antico ordinamento giuridico del protestantesimo, conventi e monasteri sono tramutati in scuole ed ospedali. La riforma di Zwingli deve fare i conti con i cantoni svizzeri centrali -più fedeli al cattolicesimo- e con l'ala più radicale della riforma promossa da Zwigli -rappresentata dagli anabattisti (così chiamati perché predicano il battesimo degli adulti), che esigono una rigida disciplina comunitaria e una chiesa libera da ogni rapporto con l'autorità civile. Zwingli deve liberarsi di questi ultimi per consolidare la sua riforma. Così i circoli anabattisti zurighesi sono perseguitati e in parte distrutti. 1531 Zwingli perde la vita in uno scontro con i cantoni cattolici a Kappel. Calvino 1509-1564 I principi della riforma predicata da Zwingli confluiscono nell'esperienza religiosa del riformatore francese Giovanni Calvino -nome italianizzato di jean Cauvin, nato a Noyon nel 1509. Il progetto che più gli sta a cuore è quello della nuova organizzazione della chiesa su basi politico-comunitarie. 1536/38— a Ginevra realizza un modello di riforma caratterizzato da una forte compenetrazione tra religione, politica e istituzioni locali. I fondamenti teologici del calvinismo: l'essenza della chiesa sta nella rivelazione della parola divina attraverso le sacre scritture. Come Lutero anche Calvino abolisce la mediazione del clero; tuttavia egli accentua la dipendenza assoluta dell'uomo da Dio attraverso la dottrina della predestinazione: ‘Dio non crea gli uomini tutti nella stessa condizione, ma destina gli uni alla vita eterna, gli altri all'eterna dannazione’. Per Calvino la chiesa -comunità di fedeli e di santi, membra del corpo di Cristo- è un grande e importante organismo che mette in comunione il credente con Cristo. Anche per Calvino come per Lutero le opere non possono essere un mezzo per raggiungere la salvezza della vita eterna. Su questo terreno Calvino comunque si distacca notevolmente da Lutero: le opere sono indispensabili come segno dell'elezione divina, della predestinazione. Tutta l’attività dell’uomo è impregnata di spirito religioso, che contribuisce a svolgere nel migliore dei modi possibili le azioni del fedele nel mondo. Il trinomio città, lavoro e professione è esaltato nella concezione calvinista. Emerge così la differenza tra Lutero e Calvino, sintetizzata in due formule latine efficaci> per Lutero credo ergo sum cioè l'identità del cristiano è nella fede; per Calvino ago ergo credo (opero perciò ho fede) cioè l'identità del cristiano è nella corrispondenza delle sue opere all'elezione divina. Il calvinismo si irradia da Ginevra verso la Germania, i Paesi Bassi, la Scozia, la Polonia, l'Ungheria, la Transilvania. Questa confessione religiosa sarà destinata a un grande successo presso i gruppi sociali urbani proprio grazie alla funzione positiva assegnata al lavoro produttivo e all'attività professionale vissuta con spirito religioso. La questione protestante accompagna Carlo V per tutta la durata del suo impero. Possiamo distinguere 4 fasi: 1. Due anni dopo le 95 tesi Carlo V giura la Costituzione imperiale: nessuno può essere messo al bando dall'impero senza processo. Lutero aveva guadagnato grandi consensi presso i principi territoriali, Carlo V aveva bisogno dell'alleanza con i principi territoriali e con le città imperiali della Germania per la sua strategia verso il Mediterraneo, contro i turchi, e verso l'Italia, dove era in guerra contro i francesi. Il primo sviluppo del luteranesimo in Germania vede Carlo V impegnato da un lato a non radicalizzare il conflitto coni principi territoriali, dall'altro a difendere comunque la pax cristiana dalle eresie. Il risultato degli sforzi di Carlo V è l'editto di Worms del 1521: Lutero è condannato come eretico ma la definitiva assoluzione della questione è rinviata alla convocazione del concilio ecumenico della Chiesa— Carlo V voleva temporeggiare e fare pressione sul papato, per ottenere una riforma interna alla chiesa collegata al disegno dell'impero universale. 2. Compresa tra il 1525 e 1530 e coincide con il periodo dell’organizzazione politica della riforma in Germania. A conclusione della guerra dei contadini (1525) i principi cattolici della Germania meridionale stringono un'alleanza contro i principi luterani che a loro volta, un anno dopo, stabiliscono un'analoga intesa. La prima e la seconda Dieta imperiale di Spira (1526 e 29) congelano la situazione e proibiscono ogni innovazione in materia di fede prima del concilio. Gli stati luterani protestano (da qui il nome protestanti) e formano un'ulteriore alleanza difensiva. La Germania è ormai spaccata in 2 fronti. Un tentativo di pacificazione tra l'imperatore e i protestanti è rappresentato dalla dieta di Augusta (1530). La Dieta si conclude con delle deliberazioni severissime, assunte in assenza dei rappresentanti protestanti, le quali dimostrano la volontà dell'imperatore e dei principi cattolici di colpire duramente l'eresia ma anche la percezione della difficoltà di procedere lungo la linea di una pura logica repressiva nei confronti dei protestanti. 3. Dall'esito della Dieta di Augusta (1530) emergono: fine del sogno di conciliazione, sia interno al movimento protestante sia interno al movimento cattolico; articolazione del protestantesimo in 3 diverse confessioni con capo a Lutero, Zwingli e Calvino; divisione religiosa della Germania. Nel1531 nasce la lega di Smalcalda che diventa il centro delle forze antiasburgiche e stringe relazioni con Francia e Inghilterra. L'imperatore deve pensare all'invasione dei turchi in Ungheria, ai suoi possedimenti spagnoli in Italia e non può permettersi quindi di aprire un conflitto di vaste proporzioni con gli stati protestanti della Germania. Quindi proibisce ogni ricorso alla forza per questioni di fede e religione sino alla convocazione del concilio che, intanto, è continuamente rinviato (anche perché i protestanti non vogliono partecipare all'assise ecumenica di Papa Paolo III, 1536). Nel 1542, alla Dieta di Spira, i protestanti chiedono all'imperatore il riconoscimento ufficiale della loro posizione ed a esso condizionano gli aiuti militari e finanziari contro i turchi. La crisi è ormai alle porte. 4. Nel 1546 scoppia la guerra tra la lega di Smalcalda e l’imperatore: le truppe imperiali, dopo iniziali sconfitte, sono battute a Muhlberg. Carlo V è sconfitto insieme dai protestanti, dai turchi e dai francesi che occupano nella Lorena Metz, Toul e Verdun. Nel 1555 Carlo V è costretto a firmare la pace di augusta che stabilisce il principio del cuius regio, eius religio — è ammessa la libera scelta confessionale solo per gli stati imperiali e per i loro principi, non per i sudditi che devono sottostare al principio “un solo signore, una sola religione”. I sudditi hanno diritto ad emigrare se non accettano la religione del principe. Il protestantesimo era accettato come parte integrante dell'impero tedesco e i principi protestanti vi erano ammessi con gli stessi diritti dei principi cattolici. Il quadro dello sviluppo territoriale della riforma nell'Europa verso la metà del 500 è caratterizzato dalle due grandi aree di diffusione luterana e calvinista, dall'area della chiesa anglicana e dai movimenti e gruppi ereticali. AREA LUTERANA comprende: Germania centrosettentrionale nord Europa ampie zone dell'Europa orientale le coste baltiche Prussia: il gran maestro Alberto di Brandeburgo trasformò il territorio in un ducato laico ereditario e vi stabilì la riforma Danimarca e Svezia: lo scarso radicamento del Cristianesimo favorì la riforma dei sovrani che de posero i vescovi e incamerarono i beni ecclesiastici Austria: la nobiltà restava in massima parte fedele al cattolicesimo Paesi baltici e Europa orientale: non furono insensibili alla penetrazione del luteranesimo Ungheria: penetrarono gli scritti di Lutero ma vie era una pluralità di confessioni Ebbe successo comunque l'azione di riconquista della chiesa cattolica XA % AA AREA CALVINISTA comprende: »* città svizzere Olanda Palatinato e basso Reno in Germania Scozia Francia: la riforma aveva fatto la sua apparizione sin dagli anni 20 del Cinquecento. La stessa sorella del re Francesco I, Margherita di Navarra, si convertì al luteranesimo. L'alleanza di Francesco I coni luterani tedeschi contro l'imperatore e il conseguente allentamento della repressione contro il protestantesimo ne permisero un'enorme diffusione in tutta la Francia. Soprattutto nella muova versione calvinista la riforma incontrò ampi consensi in quasi tutti i ceti sociali e a metà del 500 si erano formate molte comunità. Il movimento religioso calvinista, diffuso tra l'alta nobiltà, si avviava a diventare partito politico e ad alimentare la guerra civile nella seconda metà del 500. ++ AREA DELLA CHIESA ANGLICANA: Enrico VIII in un primo momento aveva condannato gli scritti di Lutero e la difesa della dottrina dei sette sacramenti gli aveva fruttato il titolo di ‘difensore della fede’, attribuitogli dal papa. Il re aveva avuto 5 figlie femmine da Caterina d'Aragona; il desiderio di avere un erede maschio e la passione per una dama di corte, Anna Bolena, spinsero il re a chiedere l'annullamento del suo matrimonio con Caterina. Le ragioni addotte dal sovrano si basavano sul fatto che egli non avrebbe potuto sposare Caterina perché, lei stessa, era stata sposata con suo fratello Arturo. Tuttavia Caterina sosteneva che Arturo fosse morto a 14 anni e il matrimonio non fosse stato consumato. Al conseguente processo la regina si appellò al papa e Carlo V, nipote di Caterina, prese le sue difese di fronte a Clemente VII. Condizionato dal gioco delle pressioni, Clemente non si decideva ad emettere la sentenza. Si preparava lo scisma— le ragioni risalivano alla seconda metà del 400, in quanto il sovrano inglese era considerato l’unica fonte di diritto sia nella sfera temporale che spirituale. Enrico VIII e i suoi ministri non fecero altro che codificare questa tendenza. L’arcivescovo di Canterbury dichiarò nullo il matrimonio di Enrico VIII (già segretamente sposato con Anna Bolena) e la scomunica di Clemente VII non servì a niente. Il primo obiettivo fu realizzato solo in parte, gli altri furono pienamente raggiunti dal concilio di Trento dalla chiesa post-tridentina. Si può dividere il concilio di Trento in 3 fasi: 1. Tra il 1545 e il 1547: le delibere conciliari riguardano soprattutto le questioni teologiche. I decreti relativi a tale materia furono 5 e si riferirono ai punti che erano stati oggetti della riforma di Lutero: l'origine della fede; la verità delle sacre scritture stabilita dall'autorità pontificia; il peccato originale; la giustificazione e i sacramenti. Questa prima fase fu segnata dalla dialettica tra 2 modi diversi di concepire la riforma della chiesa: il papa la intendeva come sbarramento dell’eresia protestante, Carlo V come ultimo tentativo di pacificazione religiosa. La dura sconfitta inflitta da Carlo V alla lega dei principi luterana (1547) parve segnare un punto a favore della chiesa cattolica ma l'ingresso dell'Inghilterra nell'orbita protestante, dopo la morte di Enrico VIII e l'affermazione della chiesa anglicana furono un duro colpo per il papato. Il concilio che dal 1547 al 50 fu paralizzato anche per un conflitto al suo interno sulla questione della sede in quanto Paolo III voleva trasferirla a Bologna. 2. Tra il 1551 e il 1552. Il successore di Paolo III, Giulio III riapre il concilio. In questa seconda fase vi fu la partecipazione ma poco significativa dei protestanti. La ripresa del conflitto tra l'imperatore e Enrico II indusse a chiudere dopo poco più di un anno quest'altra fase. L'unico intervento di rilievo fu a proposito dell'eucarestia in quanto venne ribadito il dogma della transustanziazione. Con Paolo IV la controriforma intesa come offensiva contro l'eresia e riforma disciplinare del clero, entra nella sua fase più acuta: gran parte degli strumenti di attuazione di questo modello controriformisti furono approntati da Paolo IV al di fuori del concilio. 3. Tra il 1562 e il 1563: Pio IV decise di riconvocare il concilio. Fu perfezionato il progetto di definizione dottrinale e disciplinare della chiesa cattolica. La più ardua questione era l'origine del potere episcopale sulla quale si scontravano 2 tendenze: chi attribuiva solo al papa la fonte del potere dei vescovi o chi ne faceva discendere l'autorità del sovrano statale (francesi, spagnoli e imperatore). A Trento fu stabilita una via intermedia: i vescovi dipendevano dal papa ma avevano l'obbligo della residenza e la corresponsabilità era definita su mandato divino. Il concilio di Trento pervenne a conclusioni importantissime che influenzarono non solo la vita della chiesa e delle comunità cattoliche tra la seconda metà del 500 e la prima metà del 600 ma anche il rapporto tra poteri religiosi e poteri civili. I livelli principali su cui operò il concilio furono 4: L'ordinamento della materia dogmatica e sacramentale L'affermazione decisa della giurisdizione ecclesiastica e l'allargamento della sua sfera d'influenza L'organizzazione delle forme, della pietà e della religiosità La disciplina del clero popolare. Gran parte di queste materie furono, nei decenni successivi a Trento, oggetto di numerosi interventi pontifici, attraverso le bolle di attuazione dei decreti conciliari— il concilio non si concluse nel 1563 ma si protrasse oltre nel tempo; Pio IV e poi Pio V contribuirono a definire la materia del rapporto tra chiesa e stato. Le due dimensioni della sovranità papale (quella ecclesiastica e quella del potere temporale) trovavano una loro nuova traduzione nel Tridentino e soprattutto nella bolla In cena domini -oggetto di scontro tra il papato e gli stati che non potevano accettare la tendenza della chiesa a estendere a dismisura la sua giurisdizione e interferire nelle competenze statali. Con il concilio di Trento veniva affermandosi un modello di stato della chiesa non diverso, sul piano di organizzazione e della logica amministrativa interna, da altri stati europei contemporanei. Leistituzioni dell i Sono il complesso di strumenti predisposti dal capo della chiesa cattolica romana per far fronte a compiti e funzioni di prevenzione e repressione delle eresie. Il papa va accentuando una doppia fisionomia: pontefice, cioè capo di una cristianità scossa dallo scisma protestante ma pur sempre comunità universale, e sovrano di uno stato, quello pontificio, alle prese con problemi di natura politica. Alla funzione di prevenzione e repressione dell'eresia doveva assolvere la congregazione del sant'uffizio dell’inquisizione istituito nel 1542. La bolla istitutiva promulgata da Paolo III Farnese deputava alcuni cardinali commissari inquisitori generali per la custodia della fede e dava loro facoltà di indagare contro tutti coloro che deviano dalla fede cattolica o sono comunque sospetti di eresia, i loro seguaci e difensori. E dopo aver indagato di procedere e punire i colpevoli o sospetti col carcere e continuare la procedura contro di loro sino alla sentenza finale nonché di confiscare i beni dei condannati alla pena capitale. Ai sei cardinali inquisitori veniva affidata la piena giurisdizione nei confronti di laici ed ecclesiastici. Fu sotto Paolo IV Carafa che l’inquisizione romana dispiegò tutti i suoi poteri! Egli fece smantellare tutti i cenacoli che si richiamavano a esigenze di rinnovamento religioso interno alla chiesa cattolica. Incisivo fu l'intervento per il controllo sociale e culturale dell'ortodossia cattolica. Nel 1559 fu istituito l'indice dei libri proibiti il quale distribuiva gli autori in 3 classi: quelli totalmente condannati, quelli condannati per una singola opera e poi gli scritti anonimi. Ebbero inizio i roghi dei libri proibiti. Il distacco della vita intellettuale e religiosa italiana da quella europea fu notevole: fra gli stati italiani si ebbe il massimo di collaborazione con lo stato pontificio. Milano, Firenze, Napoli e Venezia si affrettarono a stampare e pubblicare l'indice dei libri proibiti. Gliordinirelisiosielari jsta delle ani Un terreno di intervento del concilio fu quello della riorganizzazione della Chiesa: fu riaffermata la struttura gerarchica con il Papa al vertice, subito dopo i vescovi che controllavano i fedeli della diocesi e il comportamento degli ecclesiastici e, alla base, le parrocchie guidate dal parroco! Un altro intervento del Concilio fu in merito alla formazione del clero— tra le denunce di Lutero c'era stata anche quella dell'ignoranza dei sacerdoti sull'intera materia religiosa. Era urgente educare e istruire gli ecclesiastici anche per evitare deviazioni dall'ortodossia. Vennero istituiti i seminari. L'obiettivo più importante della chiesa post-tridentina fu la riconquista delle anime: le milizie della controriforma furono gli ordini religiosi. Questi si impegnarono a combattere l'eresia, a rafforzare l'autorità della chiesa di Roma e a consolidare la sua presenza nella vita quotidiana delle popolazioni. L’ordine della controriforma che seppe meglio interpretare lo spirito della chiesa cattolica del suo tempo fu quello dei gesuiti della compagnia di Gesù, fondati da Ignazio di Loyola che apparteneva alla nobiltà basca. Le attività dell'ordine e il suo campo d'influenza furono enormi. La presenza dei gesuiti si segnalò in primo luogo nei paesi in lingua tedesca ma poi anche in Polonia, Ungheria, Francia, Spagna e Italia. I gesuiti realizzarono una specie di connubio tra controriforma e umanesimo: l’umanesimo fu depotenziato della sua carica critica e del suo ideale supremo (l'esaltazione dell'uomo nelle sue capacità cognitive) e fu inteso solo come strumento al servizio di un altro ideale, l'assoluta obbedienza all'autorità del pontefice in tutti i campi del sapere. L’istruzione era uno dei primi campi d’intervento dei gesuiti nell'opera di riconquista delle anime. I collegi dei gesuiti, all'origine sede della formazione dei membri dell'ordine, divennero poi vere e proprie scuole in cui andarono preparandosi le classi dirigenti delle città e degli stati europei. Il livello della cultura trasmessa nei collegi gesuiti era il più elevato dell'Europa del tempo. Il secondo terreno di intervento dei gesuiti fu l’iniziativa missionaria a vastissimo raggio: si dispiegò non solo nell'Europa cattolico-romana ma anche nelle terre d'oltremare abitate dagli infedeli. Fu soprattutto l'impero portoghese a favorire la presenza dei gesuiti nelle colonie. I gesuiti erano presenti: in Brasile, India, Giappone, Cina e nell'America spagnola. 5. IL SISTEMA IMPERIALE SPAGNOLO E GLI STATI MEDIANI” Filippo Il e l'egemonia spagnola in Europa Carlo V aveva diviso i suoi domini ereditari in due parti: A la prima (Austria, Regni di Boemia e di Ungheria) a suo fratello Ferdinando d’Asburgo, eletto imperatore nel 1558; A la seconda (Spagna, Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna, Franca Contea, Paesi Bassi e possedimenti americani) al figlio Filippo II. 1556—- Carlo abdicò i suoi domini ereditari del ramo spagnolo a Filippo II e morì nel 1558. Protagonisti della scena politica internazionale in quegli anni erano l'impero asburgico e l'impero ottomano. La Spagna tra il 1520 e il 1570 era diventata la potenza principale in Europa. Per 4 motivi: 1. Con la conquista del nuovo mondo poté accedere con facilità a muove fonti di ricchezza e sfruttarle a basso costo; 2. apertura di credito verso la corona da parte dei grandi banchieri privati; 3. poteva contare su una realtà politica di base relativamente unificata, sul prestigio della sovranità monarchica, sulla fondamentale unità religiosa non scossa dallo scisma protestante; 4. poteva contare su un esercito bene attrezzato e addestrato, mobilitato su più fronti. Questi fattori ebbero un peso notevole nel momento in cui Filippo II divenne re di Spagna. Carlo V e Filippo II erano due personalità molto diverse. Filippo era per cultura, sensibilità e valori profondamente spagnolo; privo di attitudini militari, seppe capire che per governare il suo vasto impero occorreva una corte, una fissa dimora e un apparato di funzionari. Fu il re della controriforma ma anche l’artefice dello stato moderno spagnolo. Filippo II ereditava un impero insidiato da molti pericoli. Il primo era l'eterogeneità dei titoli originari di appartenenza alla corona spagnola: domini ereditari, paesi conquistati militarmente, formazioni storiche autonome con una loro civiltà e cultura politica altamente sviluppate, le terre del nuovo mondo. Il secondo pericolo erano le differenze interne alla stessa Spagna. C'erano poi tutti i rischi connessi alla collocazione geopolitica dei domini spagnoli ma il più grave pericolo per tutta l'Europa mediterranea era quello turco: fu la prima questione internazionale che Filippo si trovò ad affrontare. Si possono distinguere 3 fasi nel regno di Filippo II (1556-98): > la primatra il 1559 e il 1565, > lasecondatra il 1565 e il 1580, » laterza tra il 1580 e il 1598 (morte). Fino al 1559 (Pace di Cateau-Cambrsèsis) le linee ispiratrici della politica della politica di Filippo II sono quelle paterne— una politica sancita anche dalle strategie matrimoniali. 1543— Filippo sposa Maria Emanuela di Portogallo, morta 2 anni dopo. 1554—Filippo sposa la regina inglese Maria Tudor. Con la morte della cattolica Maria tudor nel 1558 la situazione inglese cambiava radicalmente: l’ascesa di Elisabetta compromise l’alleanza anglospagnola. 1559— alla vigila della pace di Cateau-Cambrésis, Filippo sposa la francese Elisabetta di Valois. Fu l'anno del trasferimento dalle Fiandre alla Castiglia, dove era stabilita la corte. ® MEDITERRANEO: Alla fine degli anni sessanta del Cinquecento l'attenzione di Filippo II era costretta a spostarsi sul fronte interno della Spagna -colpito da malcontenti e rivolge- e anche sul fronte del Mediterraneo. I Turchi, dopo essere stati cacciati da Malta, avevano promosso una politica di intenso riarmo marittimo— attaccarono Cipro, possesso veneziano dal 1489, e assediarono Famagosta. Questi 2 eventi indussero la Spagna, i veneziani, e il pontefice Pio V a fondare la Lega santa. Il trattato prevedeva: la creazione di una flotta di circa 300 navi, la liberazione del mediterraneo orientale dalla minaccia turca e la presa di Tunisi. Venezia difese Famagosta fino al 1571, ma i turchi riuscirono conquistarla. La flotta della lega santa si ricompose dopo questa sconfitta. 7 ottobre 1571— si svolgeva nelle acque di Lepanto lo scontro tra la flotta ottomana e quella cristiana (navi veneziane come contingente). Fu una delle più sanguinose battaglie navali della storia; la vittoria della flotta cristiana fu dovuta anche alla superiorità dell’artiglieria europea, che facilitò l'abbordaggio delle navi ottomane. Dopo la battaglia di Lepanto, la Lega santa si sfasciò. Venezia preferì trattare una pace separata con iturchi, rinunciando a Cipro. 1574 la Spagna si impegnò in nordafrica, cercando di riconquistare Tunisi. Dopo questa data, il sultano Murad III lasciava il Mediterraneo preoccupato dal conflitto con la Persia, iniziato nel 1568. L'accordo tra Filippo II e il sultano Murad III fu provocato dalla necessità della Spagna di un maggiore impegno nei Paesi Bassi e per l'intervento militare in Portogallo. Inoltre vi era la necessità per i turchi di affrontare con maggiori forze il nemico persiano. La vittoria di Lepanto ebbe un'enorme risonanza presso i contemporanei, anche per l'uso propagandistico che se ne fece nel mondo cristiano. Inoltre le conseguenze di Lepanto non furono immediate, ma si avvertirono solo dopo un decennio. Secondo la storiografia contemporanea non fu tanto Lepanto a segnare un punto di svolta nelle relazioni tra i grandi imperi mediterranei, ma piuttosto l'accordo tra Filippo Il e il sultano Murad III quasi un decennio dopo— provocato da fattori che esulavano dal panorama Mediterraneo (necessità da parte spagnola di un maggiore impegno nei paesi bassi e di un intervento nel Portogallo; necessità da parte dei Turchi di affrontare il nemico persiano con maggiori forze). Anche la politica internazionale di Filippo II entrava in una nuova fase Laterza fase: l'imperialismo attivo in Portogallo e Inghilterra L'afflusso massiccio di metalli preziosi dalle americhe (anni 60/70), la crisi della potenza ottomana, lo spostamento del baricentro internazionale verso l'Atlantico, inducevano il sovrano a una politica di intervento attivo rivolta a progetti espansionistici prima verso le aree più vicine, poi verso la stessa Inghilterra e Francia. ® PORTOGALLO: il re del Portogallo, Sebastiano di Braganza, nel 1578 si impegnava in una spedizione contro il potente sultanato del Marocco. Sebastiano fu sconfitto e morì lo stesso anno in battaglia, a seguito della fragilità della potenza militare portoghese. Non aveva successori. Filippo II, che aveva sposato Maria Emanuela di Portogallo, rivendicava i titoli per la successione. Tra i ceti portoghesi, soprattutto quelli mercantili, l'integrazione nell'impero spagnolo non era malvista. Così, quando le truppe di Filippo II comandate dal duca d'Alba, occuparono il Portogallo incontrarono una debolissima resistenza che fu immediatamente repressa. 1580— annessione del Portogallo, che significava l’acquisizione di un vasto impero coloniale e di un importante osservatorio sull’Oceano Atlantico. Filippo II attuò l'occupazione del Portogallo per rafforzare uno dei due fianchi dell'impero atlantico, tuttavia l'integrazione politica ed economica non ci fu, ai portoghesi fu concessa una sostanziale autonomia istituzionale e restarono separati anche i domini coloniali della Spagna e del Portogallo. I mercanti e gli uomini d'affari portoghesi non trassero quindi i vantaggi sperati dall'unione. ® INGHILTERRA: in Inghilterra i disegni egemonici della Spagna incontrarono ben altri avversari— la penetrazione cattolica dei Gesuiti, la presenza in Inghilterra dell'ex regina di Scozia Maria Stuart -che aveva dovuto abbandonare il suo paese divenuto calvinista e cercava di organizzare il fronte antiprotestante contro la regina Elisabetta-, la lotta del pontefice contro la chiesa anglicana, spingevano Filippo a progettare l'invasione dell'Inghilterra. Filippo poteva rendersi interprete di una vasta coalizione di interessi comprendente il papa, il partito cattolico inglese, il partito dei Guisa in Francia e, avanzando legittime pretese al trono inglese in quanto marito di Maria Tudor, portare la guerra in Inghilterra. Ma Filippo sottovalutava la forza navale e militare dell’Inghilterra -accresciuta dai primi anni del regno di Elisabetta- e le reazioni che le minacce d’invasione avrebbero provocato nella società inglese. Ma anche la flotta spagnola era potente e fu chiamata ‘l'Invincibile armata. A fornire il supporto alla flotta dovevano essere le truppe di stanza dei Paesi Bassi, comandate da Alessandro Farnese che sarebbero dovute intervenire dopo l'invasione dell’armata. 1588— l’armata partì da Lisbona, entrò nella Manica e si scontrò con le navi inglesi. La superiorità della marina da guerra di Elisabetta fu dovuta soprattutto alla superiorità dell'artiglieria inglese. Alla fine del 1588 dell'invincibile armata restavano poco più di 50 navi, decimate dalle avversità atmosferiche, dai marinai olandesi e dalla scarsa mobilità! La sconfitta rappresentò: ® l’arresto delle mire espansionistiche della Spagna; ® la fine deisogni di restaurazione cattolica in Inghilterra e Olanda; ® l’affermazione dell’Inghilterra come grande potenza marittima. Anche il tentativo spagnolo di intervenire in Francia contro Enrico IV non gioverà a Filippo II. Così in meno di 20 anni la Spagna vedeva frustrato l'imperialismo attivo. Cominciava una crisi di egemonia— la Spagna aveva dovuto affrontare costi molti elevati sia per l’invincibile armata (danneggiata da Francis Drake nel 1587 e distrutta dalla marina inglese nel 1588) che per l’intervento nelle guerre di religione francesi. Questo avveniva in coincidenza con la crisi economica e finanziaria della Castiglia. I grandi imperi -quello turco e quello degli Asburgo- attraversano una fase di blocco della loro espansione; Francia, Inghilterra e Olanda sono in ascesa. Essi sono stati mediani per dimensione e per collocazione geopolitica: non hanno i problemi dell'estensione degli imperi e sono situati al centro dell'Europa. Una monarchia castigliana Uno degli obiettivi primari che si propose Filippo II fu quello di governare il suo impero sovranazionale con un’organizzazione del potere statale più articolata rispetto al passato. La centralizzazione politico-amministrativa era indispensabile, ma un organismo così composito non poteva neanche essere governato con regole e procedure uniformi e non poteva essere amministrato solo dal personale e dai funzionari del paese dominante. Gli umici principi e vincoli umitari tra le diverse parti dell’impero erano: la figura del sovrano, la forza della dinastia asburgica e la fedeltà al potere regio, che traeva la sua fonte di legittimità da Dio. Filippo II era sempre assente dagli altri regni che non fossero la Castiglia, dove si trasferì nel 1559, perciò affidava a vicerè o governatori compiti politico amministrativi ampi, ma non tali da configurare una frantumazione della sovranità che doveva rimanere indivisa (potere nella mani del re).Tale trasferimento aveva prodotto una novità poiché rappresentava l'autorevole sanzione di una diversa scelta di cittadinanza della sovranità; diveniva castigliana e neutralizzata in questa regione della Spagna. Tutti gli atti legislativi e amministrativi erano firmati da filippo II e dai Re Cattolici, con la sigla ‘Yo el Rey. Si può parlare di sistema imperiale spagnolo e in questa definizione i concetti chiave erano: <* Impero, da intendersi in senso politico come una costruzione sovrastatale e sovranazionale unica nell'Europa del tempo; <* Sistema, unito a quello di impero qualifica la formazione politica spagnola e si articola nei seguenti aspetti: L’unità dinastica è l'elemento di aggregazione di questa composita formazione politica. Il governo e la struttura interna di ogni stato devono porsi il problema delle relazioni con il sistema imperiale di Filippo e tutte le alleanze internazionali degli stati sono condizionate da esso. La linea politica della monarchia di Filippo è il risultato della sintesi tra le disposizioni valide per l’intero complesso dinastico e i compromessi con le situazioni particolari e differenti di ciascun territorio— fino al termine del regno di Filippo, la regione guida del sistema imperiale è la Castiglia. Il sistema amministrativo di Filippo II era quello del padre: c'era una divisione tra consigli dipartimentali creati da Carlo V e Ferdinando il Cattolico -la suprema inquisizione del 1478, il consiglio d'azienda del 1523 che si occupava delle finanze dell'impero, i consigli di stato e di guerra. Organi di consultazione del sovrano su alcune materie e funzioni specifiche di governo interessanti tutta la monarchia- e i consigli territoriali creati in parte da Carlo V, Ferdinando e Filippo II -che riguardavano il governo di singole parti della monarchia. Filippo II introdusse il Consiglio d'Italia nel 1555, il Consiglio del Portogallo nel 1582 il consiglio delle Fiandre nel 1588. Per cercare di far fronte alle lentezze burocratiche dei consigli e alla difficoltà di controllarne gli equilibri interni, Filippo cercò di favorire lo sviluppo dei segretari del re, organi di mediazione tra il sovrano e il consiglio. Inoltre egli operò una razionalizzazione normativa e una centralizzazione delle funzioni soprattutto nel settore finanziario. La nascita dell'Olanda 1579: le 7 province settentrionali dei Paesi Bassi formano l'unione di Utrecht 1581 e assumono il nome di Repubblica delle Province Unite -in seguito mutato in Olanda, la provincia più importante. La Spagna non rinunciò però così presto a questi domini: combatté ancora molto per mare e per terra e solo nel 1648, alla fine della guerra dei goanni giunse al riconoscimento ufficiale dell'indipendenza olandese. Verso la fine del XVI secolo l'Olanda era un paese emergente destinato a giocare un ruolo di primo piano nella vita storica europea ed extraeuropea. Fra la fine del 500 e la prima metà del 600 i tre elementi nella storia delle province unite che avrebbero addirittura contribuito a creare nella sensibilità intellettuale europea il mito d'Olanda furono: 1. Il modello politico istituzionale: dopo l'atto di rinuncia politico istituzionale di Filippo II nel 1581, la sovranità passò alla comunità delle province unite. Sul piano costituzionale formavano una federazione repubblicana con centralizzazione dei poteri militari e decentramento di quelli civili. Le scelte militari e internazionali; le scelte in materia di tassazione, di guerra e di pace erano condizionate dall'unanimità dei voti dei rappresentanti delle 7 province che avevano tutti lo stesso peso. La politica interna era invece affidata alle province. L'unione di Utrecht del 1579, il documento costituzionale di base della repubblica, stabiliva che ogni provincia doveva conservare privilegi, libertà, immunità particolari, diritti e statuti. Dopo l'atto di rinuncia di Filippo II, gli stati provinciali, che inviavano i loro delegati alle istituzioni centrali, furono i garanti dell'autonomia del territorio e assorbirono gran parte delle prerogative della sovranità, prima appartenenti al re cattolico. L'assemblea degli stati provinciali era composta da 2 corpi, quello della nobiltà e quello delle città. Alla base di questo sistema istituzionale c'erano i consigli delle città con poteri locali enormi. Il vertice del sistema era rappresentato dallo STATOLDER che comandava l'esercito e presiedeva la federazione e dal gran pensionario, responsabile della politica interna ed estera. La prima carica fu per quasi un secolo monopolio della famiglia d'Orange. Quello olandese non era un sistema democratico perché il potere dalla base al vertice erano monopolio di poche famiglie aristocratiche. Tuttavia la vivacità del tessuto sociale, la presenza di ricche borghesie urbane, la partecipazione politica assai intensa nelle istituzioni rappresentative contribuirono a limitare il potere dello Stato e a far fallire i tentativi degli Orange di trasformare la repubblica in Per quanto riguarda il modello costituzionale e politico amministrativo, quello elisabettiano non fu un governo dispotico. Se la regina voleva che un provvedimento avesse forza di legge doveva sottoporlo a entrambe le camere del parlamento -camera dei Pari, dove erano rappresentati i Lord, e camera dei Comuni, dove erano rappresentate nobiltà delle contee. Il Parlamento formulava il provvedimento sotto forma di statuto (legge scritta avente l'approvazione delle due camere). La riforma dell'amministrazione ad opera di Enrico VIII e di Cromwell aveva dotato l'Inghilterra di organismi centrali con funzioni di natura finanziaria, di cancelleria e di strutture esecutive di grande importanza politica. In Inghilterra non si formò mai una burocrazia centrale e periferica dello Stato, anzi, la burocrazia si formò a partire dal governo periferico/locale, sottoposto al controllo della gentry -nobiltà di contea. La Francia nelle guerre di religione Il periodo compreso tra la pace di Cateau-Cambrésis (1559) e la pace di Vervins (1598) è per la Francia di importanza storica decisiva. Dopo aver attraversato una pericolosa crisi dell'autorità monarchica e della sua legittimità, la Francia si avvia ad attuare una via allo Stato moderno caratterizzata dal rafforzamento del potere centrale e della sovranità monarchica, intesa come principio unitario e garante della pace interna del territorio. L'ultimo 4oennio del 500, denominato ‘il periodo delle guerre di religione’, è caratterizzato da: La crisi dinastica dopo la morte del re Enrico II di Valois (1559 La divisione religiosa del paese in Ugonotti -calvinisti francesi- e cattolici Il nesso tra lotta religiosa e lotta politica e la sua influenza su partiti e fazioni nella lotta per il potere I condizionamenti internazionali dovuti alle congiunture militari (Lepanto 1571; Invincibile armata 1588; guerra franco-spagnola conclusa con la pace di Vervins 1598) e alla politica matrimoniale. e Lo sviluppo di nuove teorie politiche, influenzate dalla dinamica della guerra civile in Francia 1559- muore Enrico II lasciando 3 principi minorenni: il maggiore, Francesco II, a 15 anni sposò Maria Stuart, regina di Scozia e morì poco dopo+ la reggenza passava alla vedova di Enrico II, Caterina de Medici. Dotata di notevoli capacità politiche la regina era però straniera e doveva affrontare numerosi problemi: la crisi finanziaria e l'aumento del debito pubblico, la diffusione dell'eresia calvinista nel suo territorio. Il potere centrale era debole e doveva fare i conti con una nobiltà forte, divisa in partiti per la conquista del potere. La divisione tra questi partiti rispecchiava anche la forte contrapposizione religiosa: il leader del partito cattolico, nelle cui file militavano nobili delle regioni settentrionali era Francesco di Guisa. Antonio di Borbone, re di Navarra, era il leader del partito ugonotto nelle cui file militavano i nobili delle regioni meridionali. Alla morte di Enrico II il partito del Guisa controllava gran parte delle cariche politiche del paese. Caterina adottò una linea di mediazione per non far aumentare a dismisura il potere dei Guisa: fece al partito ugonotto varie concessioni. 1562— primo editto di Saint Germaine: erano concesse libertà di culto agli ugonotti, obbligati però a risiedere fuori dalle mura della città. I cattolici reagirono e a Vassy massacrarono 70 ugonotti, da qui ebbero inizio le guerre di religione! Nella prima fase Caterina, preoccupata del potere dei partiti, cercò di bilanciare sempre le concessioni: I. consentìalla nobiltà di praticare la religione protestante solo nelle proprie terre; II. limitò ilculto riformato nelle città. Il compromesso non soddisfò gli ugonotti e provocò scontri violentissimi nelle campagne e nelle città. 1570— Caterina fu quindi costretta, sotto pressione del partito ugonotto, a promulgare il secondo editto di Saint Germaine (molto più favorevole agli ugonotti): venivano loro concesse, oltre la piena libertà di culto, varie piazzeforti, fortificazioni, e addirittura un porto munito di formidabili difese. L'editto del 1570 era il risultato del contesto internazionale -i referenti esterni del partito cattolico del Guisa erano venuti momentaneamente meno; la Spagna era occupata nei paesi bassi e nei preparativi della flotta contro i turchi, Maria Stuart era controllata in Inghilterra dalla regina Elisabetta- e della nuova cultura politica -formatasi nelle corti e nell'amministrazione. La fazione ugonotta stava acquistando in Francia un forte ascendente, e si preparava a costituire il fulero di una coalizione anti spagnola. Dopo la vittoria cristiana di Lepanto la congiuntura mutò: la Spagna, simbolo della cristianità riprendeva prestigio internazionale e il papa e Filippo II appoggiavano il partito cattolico de Guisa. Così Caterina sostenne il Guisa e i cattolici. Agosto 1572— notte di San Bartolomeo, in cui furono massacrati nelle sale del palazzo reale tutti gli esponenti di spicco degli ugonotti, a Parigi, per celebrare le nozze del loro capo Enrico di Borbone. Il massacro continuò in tutta la Francia, anche nei giorni successivi, e andava accentuandosi la sua dimensione internazionale. -con la Spagna a fianco dei Guisa e l'Inghilterra a fianco del Borbone. La radicalizzazione era dovuta anche alla contemporanea crisi dinastica: durante il regno del terzogenito di Caterina -Enrico III (1574-89), senza figli- le mire dei due aspiranti al trono Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone provocarono una vera e propria guerra detta la querra dei 3 Enrichi. Enrico di Guisa fu ucciso per ordine del re; Enrico III per mano di un fanatico nel 1589 1589— Prima di morire Enrico III aveva designato come successore Enrico di Borbone, con la condizione che si convertisse al cattolicesimo (il che avvenne nel 1593). Dalla morte di Enrico III alla conversione di Enrico di Borbone, la Francia aveva vissuto anni di conflitto e di violenza. La Lega (l'alleanza tra spagnoli, il papa, i seguaci del Guisa e della regina di Scozia Maria Stuart) padroneggiava nella capitale, che si era vista invasa da un'armata spagnola proveniente dai paesi bassi. L'occupazione straniera, i soprusi compiuti dai leghisti, l'abilità militare di Enrico di Borbone, la sua perspicacia politica nell'avvicinarsi al cattolicesimo, alienarono le simpatie dei parigini e degli abitanti delle altre regioni francesi nei confronti dei seguaci del Guisa. Febbraio 1594— Enrico IV, re di Francia e iniziatore della dinastia dei borboni, entrava a Parigi. 1598— trattato di Vervins per mezzo del quale la Spagna rinunciava a pretese territoriali in Francia e la Francia riconosceva Enrico IV e la sua potenza. Nello stesso anno Enrico IV promulgò l'editto di Nantes -atto di pacificazione della Francia e primo riconoscimento della tolleranza religiosa da parte di un sovrano. Esso prevedeva: » Libertà di culto per gli ugonotti » Concessione agli ugonotti di alcune piazzeforti come la Rochelle e Montpellier » Rappresentanza nei parlamenti » Libertà civile Sia la conversione al cattolicesimo di Enrico IV che l’editto di Nantes erano dettati dal bisogno di concessioni e mediazioni per governare uno stato: con il primo si riconosceva l'importanza della religione cattolica nella società francese; con il secondo il sovrano faceva i conti con la presenza degli ugonotti nella vita sociale e politica della Francia. Nel fuoco delle guerre di religione erano nati due principi dell'agire politico in comunità: 1) quello del potere fondato sui patto tra governanti e governati; 2) quello della revoca del patto, anche attraverso l'assassinio del re, quando venivano meno i suoi principi regolatori. LE jental Anche nell'Europa orientale, alla fine del 500, l’organizzazione politico-sociale era interessata a processi di trasformazione. In Russia, sotto Ivan IV il terribile, il rafforzamento dell'autorità centrale era ottenuto dallo zar attraverso l'indebolimento del potere della grande aristocrazia russa dei Boiari. Ivan IV fece ampie concessioni di terre a coloro che lo avevano servito nelle campagne militari creando così una piccola nobiltà di servizio; ristrutturò il sistema militare, il sistema amministrativo e fiscale. Ma comunque il sistema sociale ed economico dell'agricoltura russa fondato sullo sfruttamento della servitù della gleba non mutò, anzi le sue condizioni peggiorarono. Vi fu un peggioramento della schiavitù e il decreto che segnò il punto culminante della politica di asservimento dei contadini fu emanato dal successore di Ivan IV, GODUNOV che decretò la proibizione di tutti gli spostamenti contadini. All'inizio del 600 la Russia precipitava in una condizione di anarchia, rivolte sociali, usurpazione tra rivali, conflitti nel ceto dei Boiari. Invece in Polonia le sorti del potere erano nelle mani della aristocrazia. La Polonia era una repubblica nobiliare dove il re non era che un personaggio decorativo soprattutto dopo la fine, nel 1572 della dinastia Jagelloni. L'aristocrazia decretò la fine della monarchia ereditaria rendendola elettiva e affermò il principio del liberum veto: l'opposizione di un solo aristocratico era in grado di bloccare qualsiasi decisione del sovrano. L'aristocrazia polacca aveva il diritto di vita e di morte sulla servitù della gleba. L'Italia nella politica di potenza spagnola Il Mediterraneo fu il protagonista di buona parte della storia del XVI secolo; anche il rapporto tra Spagna e penisola italiana risultava meglio comprensibile se guardato attraverso la centralità del Mediterraneo. 1559-pace di Cateau-Cambrésis, consentì alla Spagna di impegnarsi con più energie nello scacchiere mediterraneo, dopo che le venne riconosciuto il rango di ‘grande potenza dell'Europa cristiana’. Le basi del potere erano state costruite da Carlo V -un in intreccio di elementi dinastici e capacità di governare uno stato multinazionale- che aveva gettato le basi della Pax hispanica- insieme di vantaggi/costi da pagare per le realtà geopolitiche coinvolte. I costi che gli stati italiani dovettero pagare per la realizzazione della Pax hispanica furono: % * La dipendenza di quasi la metà del territorio italiano dalla Spagna: ducato di Milano, Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna, Stato dei Presidi Il drenaggio di risorse umane, economiche, fiscali, da questi territori verso gli interessi della corona asburgica, soprattutto nel mezzogiorno Una sostanziale subalternità degli stati italiani, anche quelli non sottoposti alla Spagna, alla politica di potenza asburgica La diffusione su quasi tutto il territorio italiano dello spirito, della prassi e dei comportamenti della Controriforma. % * % * % * I vantaggi per la realizzazione della Pax hispanica furono: 1. La protezione del territorio: dopo cateau-Cambrésis dominare l'Italia volle dire difenderla, servirsi di essa contro i turchi 2. L’Italia non fu tagliata fuori dalla scena della grande politica: il più diretto e esteso coinvolgimento della penisola nello scontro ispano-turco offrì l'occasione a numerosi stati italiani di giocare un importante ruolo nel sistema di alleanze della monarchia spagnola. 3. L’egemonia spagnola fu un sistema di rapporti politici, diplomatici, economici, sociali, fondati sull'equilibrio fra dominio e consenso, soprattutto nei domini diretti della monarchia quali Milano, Napoli e la Sicilia. L'estate di San Martino” dell'economia italiana Tra il 1550 e il 1600 l'Italia passa da 10 a 13 milioni circa di abitanti, e le grandi realtà urbane italiane come Napoli, Venezia, Palermo e Roma crescono ulteriormente. Nella seconda metà del 500 i prezzi dei cereali, in alcune aree settentrionali dell'italia, triplicano in mezzo secolo. Gli investimenti in attività economiche si accrescono, sale il costo del denaro, aumentano i prezzi dei beni e servizi. Collocata tra due grandi crisi -quella del 300 e quella del 600- questa stagione dell’economia italiana è chiamata l’estate di San Martino (La metafora allude anche alla qualità dello sviluppo economico e al rapporto tra la favorevole congiuntura internazionale e le strutture dell'economia italiana). La crescita della popolazione significò aumentato fabbisogno alimentare: la cerealizzazione dell'agricoltura italiana fu ottenuta sia attraverso la messa a coltura di nuove terre, che attraverso le bonifiche e le irrigazioni. Il valore della terra aumento— l'investimento fondiario attirò gran parte dei possessori capitali, che lo sceglievano anche come bene rifugio. Se bonifiche, migliorie e introduzione di nuove culture lanciarono la vita agricola dell'Italia centro-settentrionale -in particolare quella della Lombardia- non migliorarono le condizioni economiche e umane del mondo contadino sottoposto a regime feudale. L’aumentata domanda interna e internazionale nel settore tessile favoriva le tradizionali aree produttrici italiane: per la lana, Milano e Firenze, per la seta Genova, Firenze, Venezia, ma anche la Sicilia, la Calabria e Napoli. I settori in cui più si avvertì la presenza italiana nell'economia mediterranea furono quelli del commercio e del credito: nella scena commerciale entrarono nuove città come Livorno, grazie all'aumento dei traffici Genova, Venezia e Ancona. I grandi capitalisti genovesi crearono un impero molto vasto, con interessi diversificati, e attraverso essi una massa enorme di denaro affluì verso l'Italia. La favorevole congiuntura internazionale ebbe un'influenza positiva anche sull’area più debole del Mezzogiorno: si ebbero una ripresa e un'espansione dell'agricoltura -favorite dalla formazione di un ceto di mediatori tra i grandi proprietari feudali e i contadini, quello dei Massari, che organizzava la produzione e l'azienda cerealicola di base. Anche le attività commerciali del regno di Napoli si intensificarono, in particolare le esportazioni di grano, seta e olio. Tuttavia il mezzogiorno doveva: 1. importare quasi tutti i manufatti; 2. aveva un'economia locale che dipendeva in massima parte dal capitale straniero e dagli operatori d'affari stranieri; 3. sfamare quasi 300.000 persone, e ciò creava un rapporto sfavorevole nelle regioni di scambio tra esportazioni di grano e importazioni alimentari 4. fare iconti con un'economia soggetta alle oscillazioni della congiuntura. Le città dell'Italia settentrionale esportavano grosse quantità di manufatti e ne importavano altrettanti in un rapporto di scambio che poteva mantenersi equilibrato; l’Italia meridionale, invece, viveva un rapporto di scambio ineguale con le aree più forti dell'economia Europea. Ad accentuare tale situazione fu l'appartenenza all'Impero spagnolo: la corona spagnola, a partire dall'età di Filippo II, chiamò il regno di Napoli a gravosi impegni finanziari. Una pluralità di formazioni politiche: analogie e differenze In Italia vi erano forme di sovranità e di governo differenti: da un lato principati e repubbliche oligarchiche che avevano tutti all'origine l'esperienza decisiva del comune (Genova, Milano, Venezia Firenze) dall'altro lato le monarchie dinastiche, che potevano vantare la medesima legittimità del potere. Le differenze tra il ducato di Savoia, lo stato Pontificio, i viceregni di Napoli, Sicilia e Sardegna erano notevoli : il primo era dotato di una dinastia indigena che gli diede forza e contribuì al suo prestigio ‘italiano’, il secondo era governato da una figura che rappresentava l'anima temporale e quella spirituale nello stesso corpo politico, il terzo era governato da una dinastia straniera- ma tutte queste realtà politiche facevano riferimento allo stesso principio della sovranità, quello monarchico. A complicare questo schema fu la conquista spagnola del Ducato di Milano. Con Napoli, la Sicilia e la Sardegna la Spagna aveva acquistato per via ereditaria dei domini appartenuti alla casa d'Aragona -anche se per ottenere il Regno di Napoli aveva dovuto combattere la Francia- ma con Milano le cose andarono diversamente: venne conquistato militarmente e integrato nel complesso dei Domini asburgici un territorio che aveva avuto una parte importante nel sistema degli Stati, prima cittadini poi principeschi, e che aveva costruito la sua immagine economica nell'età Visconteo-Sforzesca. Per realizzare l'esigenza di uniformità e centralizzazione politico-amministrativa nei Domini Italiani, senza alterare gli equilibri politico-sociali locali, in tutti i domini italiani e negli organi appositamente creati -sottoposti alla monarchia spagnola: si favorì lo sviluppo di istituzioni locali e di personale amministrativo indigeno, si promosse l'ammodernamento delle strutture delle procedure, soprattutto in materia finanziaria, si cercò anche di controllare l'apparato -sia dall'interno, attraverso la nomina di funzionari spagnoli, sia dall'esterno, attraverso la creazione di organi di governo con funzioni esecutive paralleli alle normali istituzioni e rispondenti del loro operato direttamente al sovrano. Le due massime autorità spagnole -il governatore e il vicerè- erano largamente condizionate dal senato milanese e dal consiglio collaterale napoletano— nel Senato Milanese era egemonico il patriziato cittadino di origine mercantile, nel Consiglio collaterale napoletano -organo con poteri amministrativi, giudiziari e legislativi- si rispecchiavano gli equilibri politico-sociali del regno. Senatori e consiglieri reagivano con vigore quando la Spagna tentava di forzare il processo di centralizzazione del potere o di innovare gli assetti tradizionali del governo. x DUCATO DI MILANO. Il peso della popolazione delle campagne era notevole, organizzato e rappresentato adeguatamente, tale da far sentire la sua forza di contrattazione sulle città; il contado milanese poteva persino contare su un procuratore generale che lo difendeva nelle cause. Lo stato a base cittadina alla fine del XVI secolo era tramontato in Lombardia: a fronte di nove città vi erano 1260 comunità, con circa 2000/3000 abitanti l'una. Gli spagnoli dovettero tener conto di tutto ciò e ridimensionarono il potere delle élite urbane, introducendo un'importante riforma fiscale basata su un'imposta diretta -il mensuale- che avrebbe colpito la ricchezza mobiliare e immobiliare nelle città e nel contado. x REGNO DI NAPOLI. Nell'insieme dei suoi Ceti organizzati e rappresentati e delle sue funzioni di capitale, il Regno di Napoli fu l'unico soggetto-città ad avere un potere reale di contrattazione con la Corona: venne riconosciuto al regno l'immunità, i privilegi fiscali -esonero da una larga parte delle imposizioni dirette- e si attuò un opposizione a qualsiasi tentativo di introduzione di strumenti forti di controllo e di coercizione nel regno (vedi Inquisizione spagnola che non potesse stabilirsi né nel 1510, nel 1547, in seguito). La monarchia spagnola nel regno di Napoli adottò un diverso modello di governo. Napoli si fece riconoscere in unità, privilegi fiscali, e si oppose all'inquisizione spagnola che non fu mai stabilita. Inoltre vi era un'importante forza nel mezzogiorno che era quella della feudalità. I baroni meridionali continuarono a usare nei loro feudi il potere che in teoria era delegato dal sovrano. La feudalità meridionale dovette cedere buona parte del suo potere politico alla corona ma conservò potere economico e sociale all'interno dei feudi. x DUCATO DI SAVOIA. Emanuele Filiberto fu uno dei primi sovrani, in Europa, a considerarsi sciolto da tutti i vincoli legislativi e a imprimere un vero e proprio accentramento assolutistico al suo Ducato -per mezzo del drastico ridimensionamento dei poteri delle assemblee rappresentative, della formazione di un esercito permanente e dello sviluppo di un solido apparato burocratico. Il controllo della materia finanziaria venne affidato alla Camera dei conti -con funzionari specializzati e competenti-, La giustizia venne affidata al Senato e ai Tribunali provinciali con a capo un prefetto e il coordinamento fra il centro e le aree più lontane venne affidato al Governo dell'intendente provinciale -figura riorganizzata nel 1624. Accanto alla burocrazia degli uffici si sviluppò una struttura agile del potere esecutivo, e a fianco il sovrano nelle più importanti decisioni politiche— segretari di Stato, per gli esteri la guerra e gli interni. La maggior parte di questi incarichi vennero occupati dalla borghesia del diritto, mentre alla nobiltà vennero affidate le cariche militari, quelle diplomatiche e quelle provinciali x GRANDUCATO DI TOSCANA. Per consolidare lo stato assoluto nel Granducato di Toscana Cosimo I de' medici da un lato mostrò la volontà di costituire uno stato monarchico a somiglianza di quelli europei, dall'altro non poter fare a meno di associare al potere personale le vecchie classi dominanti della Repubblica, tra cui l'aristocrazia Fiorentina -che aveva avuto un ruolo notevole nella sua elezione a Duca. L'accentramento assolutistico si realizzò in Toscana tramite la conservazione delle vecchie istituzioni repubblicane, unite allo sviluppo di nuove magistrature esecutive controllate dal Granduca. x STATO PONTIFICIO. Nello Stato Pontificio la monarchia papale era sui generis: il pontefice aveva un duplice ruolo, egli era sia capo della chiesa cattolica che sovrano di una stato temporale. Il primo ruolo lo poneva al vertice di un sistema sovrastatale e sovranazionale e gli conferiva un prestigio incomparabile -prestigio che tutte le potenze cattoliche erano tenute a difendere e ad esaltare dopo la crisi protestante- il secondo ruolo gli assegnava compiti simili a quelli dei sovrani del tempo (costruzione di uno stato centralizzato capace di rispondere alle nuove domande di governo di un territorio in espansione, formazione di un esercito professionale, di un apparato burocratico e di un autorevole diplomazia). Agli occhi dei contemporanei la monarchia papale apparve come un unico corpo politico, dotato di due anime -temporale e spirituale- che si traducevano nell'esercizio di funzioni e poteri corrispondenti. Dopo il Concilio di Trento i conflitti tra la chiesa e gli stati divennero contrasti di giurisdizione su competenze di tribunali, asili ecclesiastici, immunità e privilegi del clero e materie fiscali. La Chiesa entrò prepotentemente nell’organizzazione dello Stato Pontificio e la partecipazione di ceti regionali/locali fu assai limitata: non si svilupparono né un esercito stabile, né un corpo di ufficiali omogeneo, nel quale le piccole nobiltà e i piccoli gruppi sociali urbani potessero identificarsi. L'istituto più tipico della diplomazia pontificia -la nunziatura- venne affidato agli ecclesiastici. x REPUBBLICA DI VENEZIA. Nella Repubblica di Venezia la pienezza dei diritti politici fu riservata solo al Maggior Consiglio -assemblea del patriziato che eleggeva il doge, aveva potere legislativo e nominava i magistrati. Gli altri due consigli erano: il Senato, con funzioni di natura legislativa, politica e amministrativa, e il Consiglio dei Dieci, con funzioni di alta corte di giustizia. L'aristocrazia aveva conseguito il monopolio del potere e cercava di tutelarsi da ogni azione di destabilizzazione, sia interna che esterna. x REPUBBLICA DI GENOVA. Il patriziato fu la base autentica della sovranità, tuttavia solo tra il tardo 500 e la prima metà del 600 si definì l'assetto del potere: in quell'epoca Genova era una Repubblica aristocratica. Tra il basso medioevo e la prima età moderna erano state le fazioni a regolare l'accesso dei singoli individui al potere, e a determinare l'alternanza di poche famiglie alla guida della Repubblica. Nel 1528 un'importante riforma pose fine al sistema tradizionale di accesso al potere, imponendo un nuovo reclutamento della classe dirigente fra le famiglie iscritte nelle liste di 28 Alberghi -rappresentanti dell'aristocrazia e della borghesia mercantile genovese. I nuovi meccanismi prevedevano: l'accesso paritetico dei 28 Alberghi al più importante istituto della Repubblica -il consiglio Maggiore-, il dosaggio dell'accesso di nobili e popolari alle cariche, un controllo rigido sul vertice politico della Repubblica (esercitato dalle famiglie nobili più influenti). La riforma fallì i suoi obiettivi di concordia civile, poiché i conflitti tra fazioni esplosero nella dialettica tra nobili vecchi e nobili nuovi. 1576- le Leges Novae definirono l'unicità del corpo nobiliare e le regole rigide per l'accesso alle cariche pubbliche, privilegiando il criterio della cooptazione ed escludendo tutti gli esercenti di ‘arti meccaniche’ dagli uffici nobili. Da questi anni si poté parlare di una repubblica sorta su basi rigidamente aristocratiche. La piramide sociale si accorciò: diminuirono i contadini proprietari e i piccoli coltivatori— la crisi arrestò un processo di formazione, sia pure parziale, di risorse e di ceti orientati in senso capitalistico in alcune agricolture regionali. MANIFATTURE, INDUSTRIA: anche queste furono investite dalla crisi. Per quanto riguarda l'industria del tempo, la tecnologia era ancora uno stadio poco evoluto: l'energia di base era costituita da quella umana, per alcune fasi lavorative era sfruttata l'energia umana e quella idraulica. Alcune innovazioni erano state introdotte nei tre settori più importanti dell'industria del tempo: l'industria estrattiva (utilizzate primitive pompe idrauliche), la siderurgia, e manifattura tessile. Il fattore tecnologico ebbe molta importanza nel determinare dopo la metà del 600 il primato di grandi potenze economiche come l'Inghilterra e l'Olanda. ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: altro fattore che contribuì a rallentare lo sviluppo industriale, soprattutto nell’Europa mediterranea— le corporazioni di arti e mestieri avevano perso peso e il potere politico che avevano nel medioevo ma mantenevano intatto il potere di controllo sull'organizzazione dell'economia attraverso privilegi monopoli e l'irrigidimento delle regole per l'accesso all'attività professionale. L'economia italiana fu compromessa dalla rigidità dell’organizzazione manifatturiera e ci furono crisi della vita produttiva anche nei centri di Venezia, Milano, Firenze e Napoli, dove si registrò una contrazione assoluta del settore tessile. Furono in grande ascesa le manifatture inglesi e ancor più equilibrato fu lo sviluppo dei paesi bassi. I motivi della superiorità economica di questi paesi furono la diversificazione merceologica delle loro economie e la capacità di rispondere alla domanda di beni praticando prezzi più accessibili. Il raggiungimento di questi obiettivi si ebbe attraverso il basso costo del lavoro. Tra il 1650 e il 1660 l'industria tessile europea era in crisi, anche nelle aree produttive più forti— importanza della capacità di diversificare/riconvertire la produzione COMMERCIO INTERNAZIONALE: il baricentro si era spostato dal mediterraneo all’atlantico, precisamente lungo le due rotte che da Siviglia muovevano verso le Americhe -Carrera de India- e da Amsterdam, verso l'America, l'Africa e le Indie orientali dopo la ribellione dei Paesi Bassi, Amsterdam divenne il centro in cui le élite internazionali controllavano l'economia mondiale. Gli spagnoli avevano svolto una funzione di primo piano nel mercato internazionale durante il 500, ma il centro del capitalismo europeo nel XVII secolo sarà situato tra Amsterdam, Londra e Parigi. FINANZA: nuove gerarchie anche nel controllo del credito e della finanza. L'importanza del denaro crebbe tra il XVI e XVII secolo e l'afflusso dei metalli preziosi dal Nuovo mondo non diminuì, ma crebbe il fabbisogno monetario nella misura in cui si intensificarono gli scambi. Tutti avevano bisogno di capitali poiché la massa monetaria circolante -il numerario- era scarsa; anche il sistema monetario era soggetto a continui sbandamenti e l’afflusso di oro e argento americano a fine 500 ebbe una contrazione fortissima per l’esaurimento di molte miniere e per la crisi della manodopera indigena -decimata dalle dure condizioni di lavoro. Perciò il valore dell'oro ebbe una fortissima impennata, le monete più pregiate si svilirono, si dovette ricorrere alle coniazioni in rame con il conseguente aumento fortissimo dei prezzi. Per la scarsità della moneta circolante il sistema finanziario internazionale, sia pubblico che privato faceva ricorso, ad una moneta fiduciaria: ossia i titoli del debito pubblico emessi dagli stati e le lettere di cambio, alter ego del denaro che regolava tutto il movimento del credito. Nel 500 erano stati i tedeschi e i genovesi i primi della finanza internazionale, mentre nel 600 la grande finanza anglo-olandese sostituì gli antichi protagonisti. MUTAMENTI DELLA SOCIETÀ’: anche i processi sociali furono investiti dalla crisi del 600. La corsa alla terra, all'occupazione degli uffici dell'amministrazione statale, all'investimento nel debito pubblico, furono tendenze comuni a tutta l'aura europea— non determinarono effetti sociali simili in tutta Europa, ad esempio nell’area mediterranea dell’Europa vi fu una forte ripresa del potere sociale della feudalità mentre in Inghilterra l’aristocrazia si trasformò profondamente. La vecchia aristocrazia mostrò una sorprendente prontezza a sviluppare nuove risorse sui propri possedimenti terrieri e ad assumere una parte di grande rilievo nelle iniziative commerciali, industriali e coloniali. Invece in Francia la nobiltà di spada non perseguì il successo commerciale per 2 motivi: il pregiudizio aristocratico contro il commercio e il disegno politico della monarchia la quale non voleva che la nobiltà si costituisse una base economica indipendente che le avrebbe consentito di sfidare il potere del re. Il declino dell'impero spagnolo Alla fine del 500 l’impero spagnolo era ancora uno dei più temibili candidati per la conquista del mondo: intorno al regno di Castilla si era riunito il resto della peninsula iberica, buona parte dell'Italia -Sardegna, Sicilia, Napoli e Milano- i Paesi Bassi, l'America centro-meridionale e le Indie orientali portoghesi. La burocrazia e gli eserciti erano alimentati dall'argento delle Miniere andine, ma a metà del 600 la Francia dei Borbone era una rivale di tutto rispetto, così come l'Inghilterra e le Province Unite -ricche e aggressive- il Portogallo e anche le Indie orientali gli eserciti della Spagna non erano più invincibili, la sua amministrazione era un esempio di incompetenza, le finanze erano nel caos e il commercio transatlantico declinava paurosamente: impero sull'orlo della dissoluzione. La Spagna di Filippo III e Filippo IV non era certo più quella di Filippo II, la nazione era entrata in un periodo del declino del suo sistema imperiale: vennero meno alcune delle condizioni che avevano consentito l'ascesa del sistema sotto Filippo II (la ricchezza e l'egemonia politica della Castilla, regione guida; il consenso dei paesi sudditi del rey catolico; la capacità del sistema di subordinare a esso tutte le relazioni internazionali). Si parla di declino per indicare la durata non breve del processo e per escludere il significato di crollo verticale e decadenza, associati alla nozione di crisi. IL REGNO DI FILIPPO HII- Durante il regno di Filippo III (1598-1621) si manifestarono i primi segnali del declino. La Spagna fu investita da una grande crisi economica: cattivi raccolti, la peste del 1599-1600 e la decadenza di gran parte dei settori agricoli in Castilla provocarono lo spopolamento e l'abbandono di villaggi interi oltre che l'esodo dalle campagne verso le città Dopo l’ultima bancarotta di Filippo II, nel 1607, anche Filippo III fu costretto a imitarlo. L'argento americano era ormai esaurito e la politica fiscale dello stato sottoponeva a pressione e penalizzava soprattutto 1 produttività, scoraggiando qualsiasi spinta imprenditoriale. Un’ulteriore colpo all'economia fu l’espulsione dei moriscos (musulmani convertiti superficialmente al cristianesimo): erano una minoranza etnica non integrata, che aveva causato disordini sin dalla conquista di Granada. Essi costituivano la spina dorsale dell'agricoltura e dell'artigianato spagnolo, e diversi nobili del regno di Valenza dipendevano dalle loro prestazioni lavorative. Durante il regno di Filippo III si produssero anche importanti mutamenti nel sistema politico spagnolo:Il centro del potere fu costituito dalla figura del valido -uomo politico a mezza strada tra il favorito del sovrano e il primo ministro— i due più importanti validos furono il duca di Lerma, sotto Filippo III e il conte-duca d'Olivares, sotto Filippo IV. La politica internazionale di Filippo III e del duca di Lerma fu caratterizzata da una linea pacifista: la pace con l'Inghilterra (1603) e la tregua dei 12 anni con le Province Unite (1609) furono i due atti più importanti. IL REGNO DI FILIPPO IV 1621-65— Si aprì una nuova congiuntura politica con l’ascesa al potere del conte-duca d’Olivares (1621-43) che si rese conto della crisi di fiducia e di consenso che il suo paese e le province imperiali attraversavano. Un nuovo imperialismo internazionale e un maggior coinvolgimento delle province nella vita economica, politica e militare della Spagna. La politica estera si divise in 3 fasi: A. la prima fase inizia con la scadenza della tregua d'Olanda, che segna la fine della pax hispanica dell'età di Filippo II. Tra il 1621 e il 1627 Olivares costruisce un sistema di alleanze in funzione antiolandese, ottenendo un importante successo militare a Breda contro l'esercito delle Province Unite, e conquista l'area strategica della Valtellina in funzione antifrancese B. la seconda fase è tra il 1627 e il 1635. Olivares avrebbe potuto non farsi trascinare dalle avventure militari e rivolgersi ai problemi gravissimi interni all'impero, che necessitavano di una politica di contenimento della spesa, di austerità e riforme. Nel mentre la Francia era occupata dalla questione degli Ugonotti; l'Inghilterra tentava un attacco contro il porto di Cadice (respinto dalle truppe locali, segnò la fine delle ostilità anglo-spagnole) e le truppe alleate dell'impero Germanico ottenevano molti successi. A trascinare la Spagna in una nuova avventura militare fu la questione della successione del Monferrato. Nel dicembre del 1627 moriva il duca di Mantova Vincenzo II. Aveva maggiori titoli alla successione il candidato francese Carlo I di Gonzaga-Nevers, ma Mantova sotto il controllo francese era un pericolo per l'intera Italia spagnola. Il governatore di Milano -Gonzalo de Cordoba- nel 1628 penetrò con le sue truppe nel Monferrato e Olivares inviò altre forze. La guerra di Mantova (1628-31) fu un grave errore: il Nevers non fu cacciato da Mantova e i francesi, che avevano risolto la questione degli Ugonotti, passarono le Alpi per portare i rinforzi. La guerra di Mantova preparò il conflitto franco-spagnolo scoppiato poi nel 1635. Durante questi anni Olivares mise a punto un progetto che prevedeva il più diretto coinvolgimento militare dei domini spagnoli a cui egli mirava. Questo progetto incontrò forti opposizioni: sia da parte dell'aristocrazia castillana, sia nelle province chiamate a collaborare in misura più massiccia alle esigenze della corona spagnola; inoltre fu una delle cause della rivolta catalana C. la terza fase è assorbita dalla Guerra franco-spagnola (1635-48) che conclude la guerra dei Trent'anni. In questo periodo la monarchia spagnola fu impegnata sia sui fronti militari internazionali, sia sul fronte interno. LE RIVOLTE DEGLI ANNI ‘40— Nel 1640 scoppiarono, nel sistema imperiale spagnolo, due crisi gravissime: la rivolta in Catalogna e la secessione del Portogallo. Lo scoppio della guerra con la Francia, nel 1635, aveva accresciuto l'importanza strategica della Catalogna, che occupava buona parte dei Confini orientali della Spagna. Al tempo stesso si erano deteriorati i rapporti del governo di Madrid con la regione catalana (e con la sua capitale Barcellona) a causa sia degli abusi compiuti dalle truppe spagnole presenti al confine con la Francia che per l'inasprimento della pressione fiscale; esplosero violenti tumulti e nel 1641 la Catalogna si gettò tra le braccia della Francia. Dopo la Catalogna anche il Portogallo dichiarò la sua indipendenza. 1643— dopo la decisiva sconfitta inferta dai francesi all'esercito spagnolo, Olivares fu deposto dal suo incarico. 1647— scoppiarono 2 rivolte nei domini italiani della Spagna: Sicilia e Regno di Napoli. Entrambe avevano dovuto accollarsi il peso finanziario e militare degli impegni della corona spagnola nel decennio precedente. Ma la rivolta che interessò Napoli e le province del regno meridionale -dal luglio del 1647 all'aprile del 1648- non ebbe solo motivi fiscali. Bisogna distinguerne 3 fasi: la prima fase fu dominata dal capopopolo Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello, La testa pensante del moto fu un avvocato: Giulio Genoino. Essi sostenevano la lotta politica dei ceti popolari contro la nobiltà rappresentata da 5 dei 6 eletti che governavano la capitale. La rivendicazione di questa prima fase fu la richiesta della parità del peso politico nell’amministrazione del comune di Napoli tra nobiltà e popolo. La seconda fase si ebbe dopo l'uccisione di Masaniello e l'esilio di Genuino, quando la rivolta si trasferì nelle province delle campagne del mezzogiorno dove assunse una grande impronta antifeudale. Infine la terza fase: nell'ottobre del 1647 i leader popolari proclamarono la Real Repubblica Napoletana sotto la protezione del re di Francia. L'esperienza fallì. Il francese Enrico di Lorena, duca di Guisa, si proclamò doge della repubblica ma non ebbe il sostegno politico, militare e finanziario della Francia. Il leader della real repubblica si resero conto di non godere del consenso del ceto civile e aprirono trattative con il potere spagnolo. Il baronaggio feudale, che nella prima fase del moto era fuggito dai feudi, riprese il possesso delle terre e appoggiò l'esercito spagnolo. Aprile 1648— a seguito della pace firmata con gli olandesi, si ebbe il ritorno trionfale degli spagnoli a Napoli. Alla fine degli anni 40 la Spagna era in condizioni migliori rispetto ai primi anni del secolo! l idizioni dell’ : La riforma protestante aveva introdotto un fattore di complicazione della Costituzione politica della Germania. Al suo interno il vertice era l’imperatore, anche se la sua figura era molto debole (ne delimitavano e condizionavano î autorità: la dipendenza dei sette principi elettori, la forza della Dieta imperiale i). Il fondamento del sistema di potere negli stati germanici era costituito dal rapporto tra i principi e i ceti territoriali, rappresentati nelle diete— tra fine 500 e inizio 600, questi ceti avevano assunto il ruolo di partner indispensabili del principe nell’amministrazione della giustizia, delle finanze e degli affari dello Stato. Dopo la riforma la maggioranza dei principi elettori era cattolica: i tre vescovadi di Colonia, Magonza e Treviri e il re di Boemia rappresentavano i diritti della chiesa. I principi elettori di Palatinato, Sassonia e Brandeburgo erano invece protestanti. Il nuovo imperatore Rodolfo II d'Asburgo -successo a Massimiliano II- tendeva a spostare gli equilibri a favore degli interessi cattolici, provocando una radicalizzazione delle divisioni politiche: si formarono un'Unione evangelica, con a capo l’elettore del Palatinato, e una Lega cattolica, con a capo il duca di Baviera. Il conflitto esplose in occasione della questione della successione al trono di Boemia— in questa regione, nonostante il cattolicesimo fosse la religione ufficiale di Stato -in base al principio del cuius regio eius religio-, vigeva comunque una relativa tolleranza verso luterani e calvinisti. La Dieta Boema, dopo aver costretto Rodolfo II ad abdicare, designò re di Boemia suo fratello Mattia che gli successe come imperatore. La Dieta era intimorita dall’erede imperiale Ferdinando di Stiria (rigido cattolico di formazione gesuitica): la sua successione avrebbe significato l'imposizione dell'assolutismo della controriforma su tutto l'impero. 1617— al momento di scegliere il successore, la Lega cattolica riuscì a fare eleggere Ferdinando di Stiria. 1618— La Dieta boema costituì un governo d'emergenza. Nello stesso anno i due governatori cattolici venivano gettati dalla finestra del castello praghese di Rodolfo II. La defenestrazione di Praga dava inizio alla guerra dei Trent'anni. La guerra dei Trent'anni fu un conflitto dalle molteplici caratteristiche: O Si scontrarono 2 civiltà, due modelli di cultura, oltre che due credo religiosi: protestante e cattolico. Da un lato la Boemia -tollerante- e gli stati germanici dell'Unione evangelica (che appoggiavano la causa Boema) dall'altro gli stati germanici della Lega cattolica, gli Asburgo d'Austria e le forze imperiali (tendenti a restaurare l'unità dell'impero, attraverso: l'unione controriformistica tra il trono e l'altare, il cattolicesimo, la distruzione dell'eresia protestante); O L’internazionalizzazione del conflitto. A causa del carattere di guerra quasi religiosa, dei condizionamenti delle alleanze tra gli stati e per la finalità politica che era quella della lotta per l'egemonia sul continente. La guerra dei Trent' anni rappresenta forse uno dei primi modelli di guerra che, partita da un conflitto su scala locale, produsse come risultato un mutamento degli equilibri politici sul continente europeo. O L’emergenza di nuovi protagonisti sulla scena politica europea: le potenze del Nord, come Danimarca e Svezia Il conflitto fu una guerra di massa, forse la prima della storia moderna: 100 mln di europei furono coinvolti nello scontro e i costi della guerra furono elevatissimi Si può dividere la guerra in 4 fasi: 1 Fase boemo-palatina: 1618-25. Dopo la defenestrazione di Praga, in Boemia fu nominato un governo provvisorio. L'arciduca Ferdinando richiese l'intervento armato delle forze imperiali, ma per ottenerlo dovette combattere le forze del morente Mattia. Così nell'agosto del 1618 il primo esercito imperiale entrava in Boemia. A fianco della Boemia si schieravano Federico V, principe elettore del Palatinato e capo dell’Unione evangelica, e il duca di Savoia. Per reazione scendeva in campo anche la lega cattolica. Morto l'imperatore Mattia, anche in Ungheria esplodeva la rivolta. Nel 1619 Boemia, Lusazia, Slesia e Moravia eleggevano come muovo sovrano Federico V. Contemporaneamente, Ferdinando di Stiria veniva eletto imperatore con il nome di Ferdinando II. L'esercito dell'unione evangelica fu sconfitto da quello dell'imperatore Ferdinando II nella battaglia della montagna bianca (1620). La repressione fu molto dura: a Federico V venne imposto l'esilio e gli furono sequestrati i beni e trasferiti ai nobili cattolici fedeli all'imperatore. Nel 1622 fu riconquistato anche il Palatinato. Secondo fronte: nel 1621 si riapriva il fronte di guerra tra la Spagna e le province unite. La Spagna riuscì in questi anni a mettere a segno una serie di vittorie contro l'esercito olandese. Terzo fronte: in Italia nel 1625 la Spagna intervenne a fianco dei cattolici della Valtellina contro i seguaci della riforma Fase danese: 1625-29. L'espansionismo cattolico asburgico lambiva le potenze del nord europa, in particolare la Danimarca, dove regnava Cristiano IV, che nutriva il sogno di conseguire l'egemonia sulla penisola scandinava e il dominio del baltico: un sogno che doveva di lì a poco scontrarsi con l'analogo progetto della Svezia. Forte dell'appoggio di Olanda, Inghilterra e della Francia di Richelieu, Cristiano IV scese in guerra a fianco dei protestanti contro l'impero. Ma Ferdinando II affidò il comando delle truppe imperiali al potente Wallenstein, che sconfisse le truppe protestanti, invase la Danimarca, la costrinse a una pace umiliante e la escluse dal gioco del conflitto. Con la pace di Lubecca (1629), Cristiano IV rinunciò a ogni ingerenza nell'impero. L'imperatore a sua volta emanò l'editto di Restituzione: in base al quale dovevano essere riconsegnate alla chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552. Fase svedese: 1630-35. Nel 1592 il re di Polonia, Sigismondo Vasa, ereditò anche la corona di Svezia. Nel 1599: la dieta svedese depose Sigismondo. Gli successe lo zio Carlo IX, le cui mire espansionistiche verso la Polonia e verso la Danimarca non ebbero successo; tuttavia costituirono le linee direttrici per l'affermazione della Svezia, sia sul piano interno che su quello internazionale (opera del successore Gustavo Adolfo). I motivi del successo della Svezia furono diversi: il primo motivo fu la ricchezza del Paese, dovuta alle risorse minerarie di ferro e rame (utilizzati per le armi o come merce di scambio), il secondo motivo fu il sistema di rapporti di produzione che privilegiava la piccola proprietà contadina, il terzo motivo fu l'abilità politica e amministrativa del re Gustavo Adolfo, che si circondò di ministri di alta esperienza e che seppe creare un sistema di potere fondato sul rapporto privilegiato con l'aristocrazia. Il pericolo asburgico incontrava nel Baltico la potenza svedese. Gustavo Adolfo, dopo essersi alleato con Richelieu, si spinse in Germania, occupò Monaco, centro della lega cattolica, e a Lutzen (1632) sconfisse l'esercito imperiale. Gustavo Adolfo morì lì e le truppe svedesi ne furono disorientate. Nel 1634 a Nordlingen gli svedesi furono sconfitti dalle truppe imperiali. I principi protestanti li abbandonarono e firmarono nel 1635 la pace di Praga. Gli stati germanici erano nuovamente sotto l'egemonia asburgica. La Svezia ricondotta sotto la sua sfera d'influenza, il sistema di alleanza cattolico pareva avere il sopravvento sul sistema alternativo La fase francese: 1635-48. La Francia entrava direttamente in guerra. Da una parte Francia, Svezia e Olanda, dall'altra Spagna e Impero. Al trono imperiale era succeduto Ferdinando III (1637-57). La Francia era sotto Richelieu, la Spagna sotto il conte duca d'Olivares, ed era impegnata su più fronti tra il 1639 e il 1641: nella Manica gli olandesi ne sconfiggevano la flotta; nel 1641 la forza congiunta franco-catalana costringeva alla ritirata l'esercito spagnola. Altra vittoria i francesi la conseguivano a Casale Monferrato. Inoltre a Rocroy (1643), il principe di Condé, comandante delle truppe francesi, ottenne una vittoria sugli spagnoli. Insieme agli svedesi i francesi penetrarono in Sassonia, Boemia, Palatinato, Alsazia e Baviera. Nel 1644 dopo i successi francesi, svedesi e olandesi iniziarono le trattative di pace. Nel 1648 gli spagnoli firmarono la pace separata con l'Olanda riconoscendo la sua indipendenza. La pace di Vestfalia che pose termine alla guerra dei Trent’ anni fu siglata nel 1648 dall'impero, dalla Francia e dalla Svezia— la Spagna non firmò il trattato e la guerra con la Francia continuò. La prima questione fu la pacificazione religiosa. Da un lato si confermò il principio del cuius regio eius religio, sancito ad Augusta nel 1555, dall'altro si apportarono adesso integrazioni: i principi potevano scegliere la religione del loro stato; i sudditi erano tenuti a seguire quella che era stata la religione di famiglia da almeno 25 anni; chi non voleva seguire questa norma doveva lasciare il paese conservando comunque il suo patrimonio. Sul piano politico-territoriale: la Francia estendeva i suoi confini sino al Reno e incorporava i tre vescovadi di Metz, Toull e Verdun e anche l'Alsazia senza Strasburgo. In Italia i Francesi controllavano Pinerolo e Casale Monferrato. Inoltre alla Francia era riconosciuto il ruolo di arbitro del trattato e di garante della sue clausole. La Svezia guadagnava in territori germanico Brema e Verdun entrando a far parte di diritto della dieta imperiale, estendeva la sua influenza nella Pomerania occidentale e le era riconosciuto il primato nel Baltico e nel mare del nord. In Germania la ratifica e il rafforzamento dei poteri dei principi territoriali restrinsero le prerogative imperiali e svuotarono la dieta. Vestfalia riconobbe la sovranità dei circa 350 domini che componeva il sacro romano impero. All'imperatore elettivo e alla sua dieta erano riconosciuti solo poteri di arbitrato e di coordinamento. Tre stati germanici emergevano più potenti alla fine della guerra: il Brandeburgo, la Sassonia e la Baviera. Infine il trattato di Vestfalia riconosceva solennemente l'indipendenza dell'Olanda. Verso un'Europa multipolare: il nuovo quadro internazionale dopo le paci di Vestfalia, Pirenei e Oliva La guerra tra Francia e Spagna continuò dal 1648 sino al 1659. Nel mentre, nel 1652 la Spagna restaurò il suo potere in Catalogna. La rivolta in Portogallo ebbe invece successo. Le sorti della guerra franco spagnola mutarono dopo la battaglia delle dune grazie anche all'alleanza tra Francia e Inghilterra. Con la pace dei Pirenei (1659) la Spagna cedeva all’Inghilterra Dunkerque e la Giamaica; alla Francia parte delle Fiandre e dell’Artois, e nei Pirenei le Cerdania e il Rossiglione, mentre il matrimonio di Luigi XIV con Maria Teresa, figlia di Filippo IV stabilì altri legami. La guerra proseguì nel baltico tra il sovrano svedese Carlo X e la Danimarca, alleata con l'elettore di Brandeburgo-Prussia. Nel 1660 la pace di Oliva concludeva il conflitto a spese della Polonia. Parte dei suoi territori vennero spartiti tra Svezia, Brandeburgo e Russia. Le tre paci furono il segno dell indiscussa egemonia francese in Europa. Quella che emerge dalle macerie della guerra dei trent'anni, dalle tre Paci di Vestfalia, Pirenei e Oliva, era un Europa multipolare- un polo mediterraneo con la Francia in posizione preminente, nell'Europa centrale in netta ascesa la potenza di Brandeburgo-Prussia, Inghilterra e Olanda sono il motore più veloce dell'economia europea, a nord la Svezia e a nord-est la Russia. L'Europa multipolare è interdipendente e a metà del Seicento inizia a profilarsi la consapevolezza della fondamentale unitarietà Europea. 8.CENTRO E PERIFERIA DELLA CIVILTÀ’ EUROPEA La società inglese dai Tudor agli Stuart Alla fine del regno di Elisabetta, lo Stato inglese presentava alcune carenze: sul piano finanziario la corona poteva contare su un'autonomia abbastanza scarsa (gran parte delle risorse provenivano dai beni della Chiesa, incamerati dallo Stato dopo la Riforma, non esistevano monopoli pubblici sulle attività economiche; la burocrazia centrale era ridotta e il potere pubblico dimostrava una modesta capacità impositiva). Con lo sviluppo della riforma si era stabilito un compromesso tacito fra la Corona e il Parlamento: le classi rappresentate nella camera dei comuni -soprattutto la gentry in ascesa- erano disposte ad accettare e appoggiare le scelte religiose e politiche del re a condizione che si permettesse loro di governare le campagne e le città. La prima rivoluzione in Inghilterra (1642-60) Per quanto riguarda la periodizzazione della Rivoluzione inglese, si possono distinguere 4 fasi: & Guerra civile (1642-49). Nel 1642, dopo la fuga del re da Londra, c'erano nella società inglese due schieramenti al cui interno non erano presenti classi sociali omogenee. Nel partito del re militavano l'aristocrazia, la chiesa anglicana, i grandi proprietari nobiliari. Nello schieramento di opposizione parlamentare militavano gli esquires della gentry, professionisti, mercanti, artigiani e i ceti che popolavano le aree limitrofe di Londra. Nel 1642 la cavalleria fedele a re Carlo -composta prevalentemente da aristocratici- si scontrava con l'esercito del parlamento detti teste rotonde. L'esercito degli oppositori del re cominciò a conseguire alcune vittorie, grazie al sostegno finanziario della City (élite finanziaria londinese), all'alleanza con la Scozia del 1643, all'esperienza e alla disciplina militare di un capo militare calvinista ed esponente della gentry di provincia: Oliver Cromwell. Fu la new model army -l'esercito ideato e realizzato da Cromwell- a sconfiggere i realisti nel 1645 a Naseby e Lang Port. La nuova armata era altamente specializzata e qualificata e dimostrava una ferrea disciplina militare. Vinta la resistenza del re Carlo, che nel 1646 si arrese pure agli scozzesi e fu consegnato al parlamento di Londra, la fase più cruenta della guerra civile si concludeva. Emergevano ora divisioni e conflitti interni allo schieramento che aveva combattuto il re, Conflitti religiosi e ideologico-politico. Erano riconoscibili 3 forze politiche, rappresentate alla Camera dei Comuni: la maggioranza era costituita dai presbiteriani (conservatori, fautori di una chiesa calvinista, fondata su un sistema di consigli ovvero presbiteri). Ad essi si opponevano gli indipendenti, il gruppo egemonico della new model army (si opponevano a qualsiasi chiesa di stato e credevano nella tolleranza per tutti i credo religiosi; erano fermi sostenitori del libero mercato, dell'iniziativa privata, della proprietà). Alla loro sinistra i levellers (livellatori, espressione politica delle sette religiose che predicavano l'assoluta libertà religiosa, la democratizzazione della società, nei casi estremi l'abolizione della proprietà privata e il comunismo dei beni). Il ruolo di centro tra le diverse forze fu assunto da Cromwell e Henry Ireton -un giurista che guidò la battaglia ideologico-politica contro i levellers. Il radicalismo dei livellatori si era diffuso tra la new model army e i presbiteriani, che cercavano di accordarsi con il re per il ripristino dell'autorità monarchica, chiedevano lo scioglimento della nuova armata. Cromwell e Ireton da un lato sostennero la new model army, dall'altro cercarono di bloccare i levellers che vedevano la rappresentanza politica in modo differente rispetto agli indipendenti. I levellers si battevano per il suffragio universale per una costituzione repubblicana che garantisse l'uguaglianza dei cittadini. Gli indipendenti collegavano la rappresentanza alla proprietà. La preoccupazione maggiore degli indipendenti era il rischio dell'anarchia sociale e politica, un rischio reale: i presbiteriani controllavano il parlamento, Carlo I era fuggito in Scozia nel 1648; l'esercito era in fermento e non riusciva a contrastare le spinte radicali che lo agitavano, soprattutto quelle degli zappatori che occupavano terre, tentando esperimenti di comunione dei beni. Si profilava un pluralismo di poteri e un'affermazione di forze centrifughe, che avrebbero potuto vanificare tutte le conquiste (1645/46) del movimento rivoluzionario: i cardini dello stato inglese, l'assolutismo, la chiesa episcopale, erano stati distrutti; il vescovo Laud condannato a morte; aboliti tutti i tribunali del re. Cromwell epurò dal parlamento tutti i presbiteriani, lasciandovi solo i suoi fedelissimi, e andò all'attacco dell'esercito di Carlo -appoggiato dagli scozzesi, e lo sconfisse a Preston. Il re fu processato e condannato per alto tradimento: il 30 gennaio 1649 Carlo I venne giustiziato; con la sua testa cadeva anche il principio del diritto divino dei sovrani è Dalla proclamazione del Commonwealth al protettorato di Cromwell (1649-53). Cromwell e il parlamento dichiararono decaduta la monarchia. Crearono un Consiglio di stato che sostituiva il consiglio privato e abolirono la camera dei lord. Nel maggio del 1649 fu proclamata la repubblica unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda (commonwealth). Permanevano le divisioni interne ai rappresentanti della repubblica sulle questioni del suffragio e non erano svaniti i rischi di un ritorno della monarchia: il figlio di Carlo I, dai paesi bassi, aveva assunto il titolo di Carlo II ed era stato riconosciuto da Scozia e Irlanda. Cromwell perseguì una precisa strategia: salvaguardia del diritto di proprietà, libertà religiosa e indipendenza della chiesa dallo stato, stabilità sociale ed eliminazione di tutte le posizione * estremiste. In politica estera si perseguiva l'unificazione del paese, attraverso la soluzione militare del problema irlandese e scozzese. I costi di questa strategia furono alti: i capi dei livellatori furono arrestati, gli ammutinamenti dell'esercito furono repressi. Per la riconquista della Scozia e dell'Irlanda furono adottate due linee diverse: alla prima furono garantite condizioni di maggiore tolleranza mentre con la seconda Cromwell ebbe la mano pesante: quasi 600.000 irlandesi uccisi tra 1549 e 1560. Lo strumento più importante per la politica espansionistica inglese fu l'atto di navigazione (1651) promulgato dal Lungo Parlamento e tendente a riservare all’Inghilterra il monopolio del commercio nordamericano. Era un atto di guerra contro l'Olanda e le sue navi, che gestivano gli scambi fra Inghilterra e America del nord. Le guerre navali olandesi furono 3, tra il 1652 e il 1674. Cromwell riuscì anche a strappare alla Spagna la Jamaica. Nel 1653 Cromwell scioglieva il lungo parlamento e insediava una nuova assemblea, eletta dai capi dell'esercito che durò solo pochi mesi. Una carta costituzionale lo nominò Lord protettore del commonwealt. » Dittatura militare (1653-58). Cromwell -in qualità di lord protettore- sceglieva i nuovi membri del consiglio di stato tra gli ufficiali dell'esercito. Iniziava una vera dittatura militare. Il territorio diviso in 11 province era sottoposto a governatori militari e l'esercito era ora costituito da militari di carriera, fedelissimi a Cromwell. La dialettica politica si svolgeva tra i moderati dell'esercito -che difendevano la carta costituzionale del ‘53- e i realisti -che si battevano per un ritorno alla monarchia. La politica economica suscitava tensioni: erano state nuove imposizioni fiscali ed era stata istituita l'imposta fondiaria. Anche la politica estera antispagnola non incontrava il favore del ceto mercantile, in parte interessato ai rapporti commerciali con gli Asburgo. Alla sua morte nel 1658 Cromwell lasciava l'Inghilterra in una condizione di contrasti. è Dalla morte di Cromwell alla restaurazione di Carlo II (1658-60). Con la morte di Cromwell veniva a mancare il leader, il capo dell'esercito e il centro del potere del paese. Il figlio di Cromwell, Richard, subentrato nella carica di lord protettore, non garantiva più la sicurezza dei ceti abbienti. Nelle file dell'esercito riprendeva a diffondersi il movimento radicale. Era necessaria la restaurazione di un ordine politico più solido, che aveva i suoi fondamenti nel re, nel Parlamento e nella chiesa anglicana— nel 1660, un esercito al comando di George Monk marciava su Londra e restituiva i poteri al parlamento. Non incontrò resistenza, poiché aveva um largo sostegno sociale. Carlo II rientrava così in Inghilterra, la monarchia era restaurata, insieme alla camera dei lord e la chiesa anglicana. * * La restaurazione degli Stuart da Carlo Il a Giacomo Il Durante il regno di Carlo II Stuart (1660-1685) l'istituzione monarchica, il rapporto tra la chiesa anglicana e lo stato erano restaurati, ma dovevano fare i conti con il ruolo esercitato dalla Camera dei Comuni. Fu grazie ad essa che, dopo il 1660, non si ebbe una pura e semplice restaurazione dell'assolutismo monarchico. Un altro lascito della prima rivoluzione fu lo sviluppo di più moderne forme organizzative di lotta politica: nacquero i due schieramenti intorno ai quali si è polarizzata la vita politica inglese moderna e contemporanea: i Tories e i Whigs. I Tories credevano nel diritto divino dei re, nella religione di stato anglicana. I Whigs credevano nell'autorità del parlamento, nella libertà religiosa. Sarebbero poi diventati conservatori e progressisti. 1678— il parlamento votò il Test act, secondo cui tutti gli ufficiali civili e militari potevano esercitare la carica solo dopo la professione di fede anglicana. 1670- il Parlamento approvò lhabeas corpus ad subjiciendum, ovvero l’abolizione del carcere preventivo, dell'arresto solo sulla base di motivi penalmente perseguibili, nonché il divieto di qualsiasi restrizione arbitraria e illegale della libertà. Carlo II non poteva operare nessuna scelta politica autonomamente: segno che l'assolutismo si avviava in Inghilterra verso la crisi. Fu uno dei principi che avrebbe costituito le leggi fondamentali degli Stati moderni, dopo il crollo dell'assolutismo L’alleanza di Carlo II con Luigi XIV preoccupava gli ambienti finanziari e commerciali britannici— cominciava ad essere chiaro che Luigi XIV avesse sostenuto l'Inghilterra, nella guerra contro l'Olanda, solo per accrescere la propria potenza economico-politica. Dopo l'ultima guerra anglolandese iniziò a montare l'ostilità verso la Francia e si gettavano le basi di un'alleanza anglolandese. Il successore di Carlo, il fratello Giacomo II accentuò la frattura tra il governo e l'opposizione parlamentare. Egli era cattolico, ma non aveva figli; fu perciò tollerato solo nella speranza di una successione protestante. Abolì le disposizioni del test act, cercò di rafforzare l'esercito con quadri cattolici e di riaffermare il diritto divino dei re (avendo come modello la Francia di luigi XIV). Ma il partito Whigs era più forte di quello dei Tories e la società civile rivendicava la libertà di stampa e una più piena partecipazione politica— allora John Locke elaborava una più moderna teoria della rappresentanza. A segnare le sorti di Giacomo II fu la nascita di un figlio. La gloriosa rivoluzione e la dichiarazione dei diritti Giacomo II aveva stabilito regolari rapporti diplomatici con Roma, contribuendo a gettare nelle braccia dei suoi oppositori i realisti più convinti. Fu un larghissimo schieramento formato da Whigs e Tories a offrire la corona d’Inghilterra allo Statolder d’Olanda Guglielmo III d’Orange e a sua moglie Maria Stuart, figlia di Giacomo II, entrambi protestanti. 1688— un piccolo esercito olandese sbarcò sul suolo inglese senza incontrare nessuna resistenza. Giacomo II fuggì presso Luigi XIV 1689—Il primo atto di Guglielmo III fu l'emanazione del Bill of Rights (la dichiarazione dei diritti): rappresentò la fine della monarchia assoluta e definì il nuovo equilibrio costituzionale inglese fondato sulla limitazione dei poteri del re -al quale spettava la funzione di capo dello stato (formula costituzionale inglese: il re regna, non governa). La fonte della sovranità non era più la persona del re ma il re nelparlamento+ il parlamento era il rappresentante della volontà della nazione. Negli anni 40 del ‘600 in Europa scoppiarono molte rivolte ma un'unica rivoluzione ebbe successo. Rivolte furono quelle che scoppiarono nell'impero spagnolo (catalogna, regno di Napoli, Sicilia) e quelle francesi contro la centralizzazione dello stato assoluto. Rivoluzione fu solo quella inglese! Con il concetto di rivoluzione si intende un mutamento radicale degli equilibri politici preesistenti; con quello di rivolta una sospensione temporanea su scala regionale e locale di un assetto sociale e costituzionale che non viene intaccato nelle sue fondamenta e che conserva in altre parti del paese la sua legittimità e i suoi effetti. Un’anomalia nello schema europeo: l'Olanda nel 600 L’Olanda nel XVII secolo fu un’anomalia nello schema europeo:fu l'unico paese d'Europa a sottrarsi alla stagnazione economica generale; riuscì a liberarsi dal dominio della Spagna; trovò i modi e gli strumenti per competere economicamente con paesi più potenti, consolidò le sue posizioni sia nel Baltico che nel Mediterraneo. Costruì un sistema politico fondato sul federalismo e non sull'accentramento. Dopo la tregua dei 12 anni con la Spagna i paesi bassi si trovarono divisi in 2 parti: 1. le province unite 2. ipaesibassi meridionali. La divisione era politica (le province unite erano uno stato indipendente a regime repubblicano mentre i paesi bassi appartenevano alla corona spagnola); la divisione era anche religiosa (province unite erano protestanti mentre i paesi bassi spagnoli erano un mosaico di culture/religioni) ed economico-sociale (I Paesi Bassi meridionali vantavano una potente nobiltà; le Province Unite erano una forte potenza marittima Borghese). Le province unite avevano un modello politico originale: uno stato repubblicano a struttura federativa. 1660—-La pace di Oliva segnò l'inizio dell'ascesa della Prussia degli Hohenzollern. Anche la monarchia austriaca di Leopoldo I consolidò il suo ruolo internazionale. Luigi XIV: la via francese allo stato moderno Luigi XIV, il re sole, nacque nel 1638 da Luigi XIII e Anna d’Austria ed ereditò la corona di Francia all'età di 5 anni. Assunse il potere nel 1661, dopo la morte di Mazarino, e morì nel 1715. Egli avviò un processo di consolidamento dello stato moderno che coinvolse il governo del territorio, la politica economica, la politica internazionale. % Società e stato: essendo la Francia una delle prime realtà demografiche in Europa, il governo del territorio costituì la questione più importante per il sovrano. Dei 20 milioni di abitanti francesi, i 4/5 circa vivevano in campagna ma la Francia era lo stato europeo più dotato di città di media grandezza. Villaggi e città facevano parte di province territoriali unificate in uno stato-nazione, ma diverse sia per usi e tradizioni che per il peso delle istituzioni e rappresentanze locali. La diversità era formalizzata nel riconoscimento da parte del sovrano nella distinzione tra pais d'election e pays d'etat: i primi ricadevano sotto l'amministrazione giudiziaria e fiscale dello stato, i secondi (Borgogna, Bretagna e Linguadoca) erano rappresentati da Stati provinciali, che godevano di amplissimi poteri e potevano contrattare con la corona il carico fiscale. I ceti dominanti della società francese erano le nobiltà -antica e moderna. Merito di Luigi XIV e dei suoi ministri fu quello di aver portato a compimento il disegno di concentrazione del potere e di ridimensionamento della potenza dell'antica aristocrazia. I grandi del regno sotto Luigi XIV furono estromessi dal consiglio del re. Luigi XIV ridimensionò i poteri dei grandi governatori di provincia. Mentre per quanto riguarda la nobiltà moderna, Luigi incentivò attraverso il conferimento di molti titoli la nobiltà di toga e d'ufficio. Questa nobiltà fu molto importante nel governo francese nell'epoca di Luigi XIV. “%° L'organizzazione dello stato con Luigi: La centralizzazione dello stato e le sue pubbliche istituzioni, persino in un'epoca in cui Luigi affermava ‘lo stato sono io’, dovevano fare i conti con la diversità e le differenze territoriali di norme e pratiche giuridiche, con la molteplicità di ceti o corpi e giurisdizioni con situazioni e condizioni non omogenee di fronte ad articolazioni del potere pubblico come il fisco. Ogni parlamento, ogni corte sovrana, che amministrava la giustizia in nome del re era protettore della provincia e difensore della sua autonomia. Inoltre era padrone della propria giurisprudenza e, sia in materia civile che penale, fissava le norme da applicare. Gli interessi dei parlamenti si scontravano con il progetto monarchico di riformare l’ordinamento giudiziario. Di fronte al fisco c'erano situazioni differenti nei pays d’etat l'autonomia in materia fiscale era assai ampia (ripartizione e riscossione erano affidati a organismi dipendenti dagli stati provinciali). Questi erano i limiti dell'assolutismo. ° La politica religiosa: Luigi voleva bloccare correnti e movimenti religiosi non aderenti all’ortodossia cattolica; arginare la diffusione dell'eresia protestante; ma anche rafforzare le prerogative statali nei confronti della chiesa di Roma e quelle della monarchia sull'organizzazione ecclesiastica francese. Il pericolo era costituito dalla presenza consistente dell'eresia protestante. Nella seconda metà del Seicento i protestanti francesi erano quasi un milione e i provvedimenti restrittivi adottati fino a quel momento non andarono a segno. Perciò nel 1685 Luigi XIV sostituì l’editto di Nantes con l’editto di Fontainebleau e obbligò tutti i francesi a osservare e praticare la religione cattolica. Molti ugonotti scelsero la via dell'esilio, causando gravi perdite economiche. °- Economia e politica economica: La seconda metà del 600 fu un'età di stagnazione per l’economia francese. Vi erano alcuni poli di attività manifatturiera (cantieristiche e tessili) ma nel mercato internazionale il posto della Francia era secondario rispetto a Inghilterra e Olanda. Tutti gli stati nell'età dell'assolutismo, in misura maggiore o minore, soffrivano di alcune carenze nella loro economia: carenza di numerario -liquidità- che imponeva allo stato la dipendenza da uomini d'affari privati, la fragilità delle strutture industriali; il deficit nella bilancia dei pagamenti ecc. La forza dello stato moderno era direttamente proporzionale alla capacità di governare l’economia del paese, nell'ancien régime significava riportare in attivo le finanze statali. Fu questo l'obiettivo che si pose il ministro di Luigi XIV -Jean Baptiste Colbert- responsabile delle finanze della politica interna tra il 1660 e il 1680. Gli interventi di politica economica promossi da Colbert andarono nella direzione del mercantilismo (politica economica di quasi tutti gli stati tra XVII e XVIII secolo che identificarono la ricchezza nazionale con la quantità di metalli preziosi disponibile e si posero l'obiettivo di incrementarla attraverso il contenimento delle importazioni e l'aumento delle esportazioni). Per quanto riguarda l'industria, Colbert impegnò cospicui capitali statali per promuovere nuove imprese manifatturiere, soprattutto prodotti di lusso— l'idea alla base era quella di superare i concorrenti veneziani e/o olandesi nel giro d'affari dei prodotti di lusso presso le corti. Tuttavia il privilegiare il settore manifatturiero creava svantaggi a quello agricolo. Per quanto riguarda il commercio con l'estero, Colbert formò 5 compagnie commerciali privilegiate sul modello olandese-inglese alimentate dai capitali statali e dall’apporto di uomini di corte: La compagnia del Nord; La compagnia del Levante; La Compagnia delle Indie orientali; La Compagnia delle Indie occidentali, La compagnia del Senegal. Il loro sviluppo fu collegato a una vasta politica coloniale verso Canada e Senegal. “ Il settore fiscale: legato al mercantilismo era il protezionismo+ la realizzazione di una grande riserva di metalli preziosi nelle casse dello stato doveva ottenersi grazie ad alti dazi doganali sulle merci importate e incentivi e incoraggiamenti alle esportazioni. Anche il commercio interno fu appoggiato con ogni mezzo (costruzione di strade e canali, abolizione di alcune barriere doganali, riduzione della taglia ecc). Alla fine del ventennio colbertiano il bilancio di questa politica presentava luci e ombre. Grazie all'aumento delle esportazioni la disponibilità finanziaria dello stato era aumentata, ma nell'arco di pochi anni sia la sfavorevole congiuntura economica sia la politica bellicista di Luigi XIV avrebbero esaurito le risorse accumulate da Colbert.Il progresso sperato nel settore manifatturiero non si registro e la Francia non riuscì a scalfire la potenza economica di Inghilterra e Olanda. Inoltre, 5 compagnie commerciali furono troppe; tant'è vero che dopo colbert ne rimase solo una. % Politica internazionale di Luigi XIV: il primo impegno bellico di Luigi XIV fu la guerra di devoluzione. In alcuni domini della corona spagnola vigeva la Legge salica che escludeva dalla successione al trono le femmine, tuttavia in altri territori degli asburgo di Spagna era possibile la successione per linea femminile! Alla morte di Filippo IV (1665), Luigi, che ne aveva sposato la figlia Maria Teresa, rivendicò una parte dei domini spagnoli e occupò i paesi bassi meridionali e la franca contea. Per paura dell'avanzata francese Inghilterra e Olanda interruppero le ostilità tra loro l'imperatore Leopoldo primo cerco di bloccare, con pressioni diplomatiche, il tentativo espansionistico di Luigi XIV. Con la pace di Aquisgrana (1668) furono riconosciute alla Francia le conquiste territoriali nei paesi bassi spagnoli ma le fu imposta la restituzione della Franca Contea. Partita da un conflitto di natura commerciale la seconda guerra di Luigi XIV -quella contro l'’Olanda- portò vantaggi territoriali ma evidenziò anche la pericolosità della sua spinta egemonica, inducendo i più importanti stati europei ad allearsi contro di essi. L'Olanda, antagonista economica della Francia, era il bersaglio della politica protezionistica di Colbert ma le Province Unite non avevano accettato la guerra delle tariffe imposta dalla Francia e avevano reagito bloccandone le esportazioni. Luigi XIV si alleò contro l'Olanda, con l'Inghilterra di Carlo II e la Svezia. La guerra scoppiò nel 1672— non fu semplice per le truppe franco-inglesi piegare la resistenza dello Statolder Guglielmo III d'Orange. Nel 1674 entravano in guerra contro la Francia l’impero e la Spagna; le truppe brandeburghesi sconfiggevano nel 1675 quelle svedesi; nel 1677 il matrimonio tra Guglielmo III e la figlia di Giacomo II segnava il riavvicinamento anglolandese. Luigi firmò la pace a Nimega nel 1678, guadagnando la Franca Contea. La guerra della lega di Augusta (1686-97) fu un baluardo del passaggio alla nuova dinamica conflittuale internazionale. Essa prevedeva una coalizione formata da Spagna, Inghilterra, Olanda, Svezia, Austria e altri stati minori che combattè contro l’occupazione francese di alcuni territori situati nella valle del Reno. Il conflitto si concluse nel 1697 con la pace di Ryswick (risvik): la Francia fu costretta a restituire tutto, tranne la città di Strasburgo. l'assolutismo in Prussia e Austri Dopo la pace di Vestfalia La situazione politica dell'area germanica tiene a differenziarsi: negli stati germanici, il rafforzamento del potere dei principi territoriali va a svantaggio dell’imperatore della Dieta imperiale. Il modello in cui meglio si realizza il processo di centralizzazione è quello del Brandeburgo-Prussia di Federico Guglielmo (1640-88). Una tappa importante nell'ascesa della Prussia è la Pace di Oliva del 1660, in cui la Prussia viene annessa al Brandeburgo— anche nel Brandeburgo l'assolutismo non è un sistema di facile realizzazione e si afferma un compromesso con la nobiltà che domina la Dieta: il principe conferma i privilegi ed estende i poteri giurisdizionali della feudalità, ottenendo in cambio finanziamenti per costituire un esercito permanente che gli consente di rafforzare la base militare dello Stato e gettare le premesse per l'autonomia finanziaria/ amministrativa. Si affermava una via dell'assolutismo che aveva un fondamento nobiliare: i posti più importanti dell'amministrazione militare e civile sono conferiti all'antica nobiltà (gli junker). Essi perdono potere come ceto, ma aumentano le esenzioni, i privilegi e le immunità; inoltre controllano tutte le funzioni del governo locale del territorio. La base militare di quella che sarà la grande potenza prussiana e l'artefice dell'unificazione della Germania è rappresentata nell'organo più importante del governo: il commissariato generale della guerra. Una monarchia in fase di consolidamento potrebbe definirsi quella dell'Austria, sotto Leopoldo I d'Asburgo (1658-1705). Il suo predecessore, Ferdinando II, aveva umificato i ducati austriaci e il regno di Boemia sotto il profilo di un comune sentimento religioso e di appartenenza alla comunità politica degli Asburgo d'Austria Ferdinando e Leopoldo si posero anche l'obiettivo di rafforzare l’amministrazione pubblica e di formare un esercito permanente. Il problema della monarchia asburgica era una piccola parte dell'Ungheria: quella che non era caduta sotto la giurisdizione ottomana. L'Ungheria era un corpo privilegiato della comunità asburgica e si rivelava un ostacolo alla creazione di una assolutismo omogeneo e accentrato. La dinastia asburgica regnava nel paese solo in virtù di un unione personale; la sua autorità era elettiva e revocabile; la potente nobiltà del paese vigilava sulla sua costituzione e le prevaricazioni monarchiche; lo ius resistendi -il diritto di reagire con la forza al mancato rispetto monarchico dei privilegi ungheresi, legittimava le rivolte nobiliari. Il problema ungherese era anche intrecciato con il rapporto tra la monarchia asburgica e gli ottomani: le forze militari dei turchi alimentavano il ribellismo della nobiltà ungherese per destabilizzare la monarchia asburgica. 1660— la Transilvania insorse contro il dominio turco. Gli ottomani ebbero la meglio e si diressero verso Vienna ma a 100 chilometri dalla capitale vennero sconfitti dalle truppe austriache di Raimondo Montecuccoli. L'intervento dell'esercito asburgico era dettato anche dal disegno di Leopoldo di distruggere l'opposizione dell'aristocrazia magiara alla monarchia. Il sovrano annullò tutti i privilegi politici di cui godevano gli ungheresi e diede il via a uma repressione delle minoranze protestanti. La reazione fu la rivolta dei magiari nel 1678, appoggiati dai turchi. 1683—Vienna fu assediata dai turchi. Nello stesso anno le truppe austro-polacche ebbero la meglio e allontanarono il pericolo ottomano da Vienna. Nel 1699, con la pace di Carlowitz, i turchi cedettero agli austriaci Ungheria e Transilvania; Leopoldo ottenne dagli stati magiari il consenso a rendere la dinastia asburgica una monarchia non più elettiva, ma ereditaria. Loaesi linavi Nel corso della guerra dei Trent' anni la Svezia aveva raggiunto una statura internazionale, essendo la vincitrice insieme alla Francia del conflitto in terra tedesca. Con la pace di Vestfalia aveva ottenuto la Pomerania occidentale, Brema, il controllo delle foci dei tre grandi fiumi della Germania settentrionale: l' Elba, l'Oder e il Weser. La prima guerra del nord scoppiò per il controllo del baltico. 1655— Il re svedese Carlo X invase la Polonia. L'elettore del Brandeburgo Federico Guglielmo e il re di Danimarca Federico III si allearono contro la potenza svedese. 1658— l'esercito di Carlo X assediò Copenhagen costringendo alla resa la Danimarca. Con la pace di Copenhagen (1660) la Svezia prendeva possesso delle 3 province meridionali della Danimarca. E, nello stesso anno, con la pace di Oliva Brandeburgo si annetteva la Prussia. Grazie alle sue ricchezze minerarie la Svezia riuscì, durante il XVII secolo, a stabilire un controllo sul mercato internazionale degli armamenti. Ma a realizzare un modello di assolutismo fu il successore di Carlo X,Carlo XI. Egli promosse una distribuzione della ricchezza agricola del paese, equilibrando il rapporto tra i beni della corona, i beni della nobiltà, i beni dei contadini indipendenti. Su questa base gli fu possibile garantire una bilancia dei poteri di gruppi e ceti della società e governare da monarca assoluto. 1665— La svolta del modello politico della Danimarca si ebbe quando Federico III trasformò la corona da elettiva in ereditaria; ridimensionò i dei poteri dell' aristocrazia; dette un nuovo impulso alle funzioni dello Stato; intervenne in materia fiscale, con una redazione del catasto delle proprietà fondiarie Lavia polacca La Polonia era una monarchia elettiva: la sua potente aristocrazia, per mantenere debole lo stato centrale, preferì, dopo l'estinzione della dinastia Jagellonica, avere prima un re francese, poi un re ungherese, quindi la dinastia svedese dei Vasa. A metà del 600 e per un ventennio la Polonia fu il teatro di una guerra europea per il controllo del suo territorio— ne uscì stremata con perdite considerevoli del suo territorio e con una popolazione diminuita di 1/3. La Polonia era circondata da potenze in ascesa: fallì la possibilità di dominare il Baltico e di diventare una potenza marittima perché la Prussia orientale le fu sottratta dal Brandeburgo; perse l'Ucraina orientale e perfino i turchi riuscirono a sottrarle la regione di Podolia. Alla debolezza geopolitica della Polonia si aggiungeva la sua strutturale anarchia politica: la norma dell'unanimità parlamentare -il liberum veto- poteva paralizzare lo stato. Il re soldato Sobieski negli ultimi anni del 600 cercò di centralizzare lo stato ma non approdò a risultati apprezzabili. Il progetto di monarchia ereditaria fallì e nel 1696 la nobiltà polacca respinse la successione del figlio di Sobieski. Ascese al trono il principe Augusto II di Sassonia, appoggiato dalla Russia. 9.SGIENZA, CULTURA E POLITICA Scienza della politica, scienza dello Stato Agli inizi del XVI secolo il principe era il protagonista del pensiero e della vita politica europea. L'affermazione della sovranità del principe, nel Cinquecento, è la diretta relazione con lo sviluppo della nuova forma politica dello Stato moderno (tendenzialmente assolutista). L’assolutismo si fondava sull'identificazione degli interessi del principe con quelli dello Stato— la Francia di Luigi XIV ne era la dimostrazione. Una delle prime riflessioni sul tema è contenuta in un'opera di diritto internazionale -il ‘De iure belli ac Pacis realizzata nel 1625 da Ugo Grozio. A Grozio interessava la regolamentazione delle relazioni internazionali. Egli affermava che i rapporti internazionali dovessero fondarsi sul diritto naturale o su quello razionale. Tale diritto, diverso da quello positivo creato dagli uomini, traeva l'autorita' dalla natura dell'uomo. Lo Stato doveva essere una società regolata sulla base di un obbligo contrattuale— l'autorità doveva essere acquisita in virtù del contratto con il quale i cittadini si sotto mettevano all'autorità. Il sistematizzatore del diritto naturale è Samuel pufendorf. Nel ‘De Iure naturae et gentium', del 1672, il diritto naturale riceve il suo fondamento autonomo nella ragione naturale -fonte di ogni verità morale, autonoma da Dio stesso.Qui si pongono le basi del pensiero politico individualista moderno. Sono alcune convenzioni che attuano il passaggio dello stato di natura alla società civile (matrimonio, famiglia, costituzione di un corpo politico); gli individui si impegnano a unirsi in un solo corpo e a regolare, mediante il mutuo consenso, le questioni riguardanti la loro sicurezza. Il giusnaturalismo si presenta come una teoria filosofica- giuridica- politica fondata sul presupposto di un diritto naturale sulla cui perfetta e unica struttura devono palesarsi -i diversi diritti positivi. Nato in Inghilterra nell'anno della sconfitta dell'invincibile armata, si trova a Parigi nel momento dell'assassinio di Enrico IV (1610) ed è testimone della rivoluzione inglese e dell'esecuzione di Carlo I. Sempre in conflitto con i poteri costituiti in Francia e in Inghilterra, non nutriva fiducia nella natura umana— la molla di Hobbes è l'egoismo, non il bisogno altruistico della vita in comune. Nello stato di natura gli uomini sono in guerra gli uni contro gli altri, perciò è L L'unione degli uomini -fondata su un reciproco accordo con l'obiettivo di pace- è lo Stato; il diritto -fondato sull'utilità- obbliga a rispettare gli altri e l'altrui proprietà. Il contratto che unisce gli nomini nello stato civile è doppio: vi è il contratto che associa gli individui tra loro (pactum societatis) e il contratto che unisce gli associati al potere supremo (pactum THOMAS HOBBES subiectionis), autorità assoluta e senza condizioni (summa potestas, summum Imperium). (1588-1679) Qui vi è la base della moderna teoria del potere, intesa come sintesi tra forza e consenso in cui la disciplina politica è uno scambio tra capacità di comando e disponibilità all'obbedienza. L'opera in cui è racchiusa la teoria di Hobbes si chiama ‘Leviatano’ -il nome è tratto dalla Bibbia e significa ‘ Dio mortale’. Nell'opera del 1651 la moltitudine diventa un essere unico sulla base del doppio contratto: la fusione completa è lo stato. Il monarca esercita la sovranità assoluta ed è la legge naturale -non divina né morale- a fondare il diritto e lo Stato— nasce l'idea di Stato impersonale, che è persona distinta dagli individui che associa; è l'insieme dei loro rappresentanti. Lo Stato e la società civile sono due sfere separate e autonome John Locke elabora una nuova teoria sulla sovranità: l'unica fonte della sovranità è il popolo, e delega il potere al sovrano e può revocare la delega quando questi non fa JOHN LOCKE osservare i diritti fondamentali dell'individuo (libertà, uguaglianza, diritto di proprietà, rispetto (1632- 1704) ecc). Egli fornisce anche le basi tecniche per le istituzioni liberali, affermando che bisogna separare l'elaborazione delle leggi dalla loro esecuzione e che l'assemblea legislativa deve essere distinta dall'organo esecutivo. Larivoluzi ientit Con il termine ‘rivoluzione scientifica del 600' si intende l'insieme dei mutamenti profondi avvenuti nella cosmologia -cioè nella concezione dell'universo-, nel metodo della ricerca e della conoscenza, nella figura professionale dello scienziato e nell'articolazione disciplinare del sapere scientifico. 1543— il dibattito intorno al sole, alla Terra, ai pianeti e alle stelle è introdotto da Niccolò Copernico, nel ‘De revolutionibus orbium coelestium’ e da Giovanni Keplero. Tuttavia è con Galileo Galilei che la teoria copernicana eliocentrica -la terra gira attorno al sole insieme ad altri pianeti del sistema solare- ha la sua dimostrazione più chiara e rigorosa, che si diffonde in Europa. 1632—Galileo pubblica ‘Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo’ (quello tolemaico e quello copernicano), è la sua opera più celebre. Esso è all'origine dello scontro tra scienza e fede: le concessioni copernicane-galileiane sono in antitesi con la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica, che identifica nelle sacre Scritture i fondamenti del sistema tolemaico. 1633—inizia il processo a Galilei davanti al Santo uffizio dell'Inquisizione; dopo il primo interrogatorio lo scienziato viene imprigionato. Per la Chiesa Cattolica è la parola rivelata ad essere fonte di legittimità del sapere scientifico, per Galilei la natura è costruita in forme geometriche e regolata da rapporti matematici. Questo libro della natura non può contraddire le Sacre Scritture perché entrambe -natura e rivelazione- sono opera di Dio. Bisogna quindi imparare a leggere e interpretare la Bibbia attraverso la natura. La polemica di Galilei è rivolta al principio di autorità: egli sostiene che l'unica autorità deriva dal metodo scientifico diretto e che solo su questa base si può stabilire la verità. Il risultato inevitabile fu la rottura con l'istituzione ecclesiastica, che deduceva la scienza dall'autorità delle Sacre Scritture e leggeva tutta la tradizione filosofico-scientifica col medesimo principio. 30 aprile 1633— Galilei, minacciato di venir sottoposto alla tortura, abiura le sue idee come false e contrarie alla verità rivelata. Nel giugno dello stesso anno il tribunale ecclesiastico lo condanna al carcere; la condanna si trasforma in confino: Galilei viene prima rinchiuso nel palazzo romano del Granduca di Toscana e poi ottiene di scontare la pena nella sua villa di Arcetri (dove muore dopo 9 anni). L'eresia copernicana resta all'Indice fino al 1757, sarà poi -il 31 ottobre del 1992- Papa Giovanni Paolo II a cancellare la condanna di Galilei. Lo stesso papa riconosce la grandezza di Galilei, la cui opera scientifica è una tappa essenziale nella metodologia della ricerca. Meno drammatica della biografia di Galilei è l'itinerario intellettuale del filosofo e matematico René Descartes, universalmente noto come Cartesio (1596- 1650). Autore del ‘Discorso sul metodo’, nel 1637, egli esalta la forza della ragione; elogia il dubbio come strumento per raggiungere la verità; elabora un metodo per la conoscenza sistematica della realtà e un insieme di regole per la guida dell'intelligenza. La mente deve essere guidata a esprimere giudizi sicuri e veri, bisogna occuparsi soltanto di quegli oggetti alla cui certa conoscenza appare adeguata la nostra intelligenza; per investigare la verità delle cose è necessario un metodo che va dal semplice al più complesso (“metodo che osserveremo con esattezza se ridurremo gradatamente le proposizioni involute ed oscure ad altre più semplici, e poi dall’intuito di tutte le più semplici tenteremo di salire per i medesimi gradi alla conoscenza di tutte le altre”). Per Cartesio la capacità dell'intelligenza sta nel concepire le reciproche relazioni fra le preposizioni semplici e nell’utilizzare tutte le risorse dell' intelletto, nell'immaginazione, dei sensi e della memoria ‘ in modo che non venga omessa nessuna parte dell'attività di cui l'uomo è capace”. La scienza è opera della ragione e il suo mondo è autonomo rispetto a quello della fede: questo spiega perché le regole per la guida dell'intelligenza e per la ricerca della verità sono dettate solo dalla ragione. Il XVII secolo è importante anche per l'articolazione delle discipline e per i progressi compiuti nelle diverse branche della scienza. Dall'esigenza di leggere in termini nuovi la natura, nascono la fisica moderna e due sue parti importantissime: la dinamica e la static: Una clausola importante del testamento vietava Filippo di unire la corona di Spagna con quella di Francia, ma gli equilibri stabiliti a Ryswick erano scossi: il rischio che potesse costituirsi un'egemonia franco-spagnola era molto concreto, anche perché già dal 1668 cadevano gli accordi stipulati tra Francia e Austria. Si delinearono due nuovi schieramenti: «coalizione Anglo-austro-olandese, alla quale parteciparono anche il Palatinato, l'Hannover e la Prussia; « coalizione Franco-spagnola di Luigi XIV, alla quale parteciparono anche il duca di Savoia, il re del Portogallo e gli elettori di Colonia e Baviera 15 Maggio 1702— inizia una guerra di vaste proporzioni 1706—l'arciduca Carlo d'Asburgo, figlio dell'imperatore Leopoldo, entra a Madrid ma viene cacciato. 1707-le truppe austriache entrano a Napoli. Finisce, dopo oltre due secoli, la dominazione spagnola nel Regno di Napoli (gli austriaci rimangono fino al 1734) 1711-alla morte dell'imperatore Giuseppe I d'Asburgo, il fratello Carlo saliva su un trono di Vienna col nome di Carlo VI. Il successo degli Asburgo squilibrava nuovamente il sistema: l'egemonia in Europa era nel segno dell'aquila imperiale asburgica. Iniziavano le trattative di pace che si conclusero con la pace di Utrecht nel 1713 e con quella di Rastadt nel 1714. La vincitrice del conflitto fu l'Inghilterra, che conquistò possedimenti nell'America settentrionale -a spese della Francia- e nel Mediterraneo -a spese della Spagna- riuscì ad occupare Gibilterra e Minorca. Filippo V fu riconosciuto re di Spagna, ma dovete rinunciare a rivendicare i diritti sul trono francese! La Francia, oltre a perdere i territori nell'America del Nord e a limitare le sue prospettive di espansione commerciale, rinunciò a ogni pretesa sulla Spagna. All'Austria fu attribuito il Belgio spagnolo. GEOGRAFIA POLITICA DELL'ITALIA. Oltre al regno di Napoli, lo stato di Milano, la Sardegna e lo Stato dei presidi passarono dalla Spagna all'austria; Vittorio Amedeo II di Savoia ottenne il Regno di Sicilia; l'elettore di Brandeburgo -Federico- venne riconosciuto il re di Prussia e ottenne ingrandimenti territoriali nella zona Renana. Alla fine della guerra di successione spagnola furono poste le premesse per un nuovo equilibrio italiano Austria e Piemonte sabaudo ne divennero i soggetti principali. Si applicò il metodo delle barriere, in cui Stati cuscinetto come il Belgio -tra Francia e Olanda- e lo Stato Sabaudo -tra Francia e Austria- prevenivano eventuali conflitti. Ma a Utrecht e a Rastadt non era stato riconosciuto alcun nuovo equilibrio europeo: nonostante il rafforzamento dell'Austria non costituisse un pericolo eccessivo per l'Europa -perché era bilanciato dal contrappeso della potenza inglese nell'atlantico e nel Mediterraneo- gli appetiti delle potenze non erano affatto stati soddisfatti. Francia e Spagna avevano molti motivi di conflittualità tra loro; la Spagna cercò di recuperare i domini perduti in Italia, a spese dell'Austria. L'EUROPA MULTIPOLARE SI ESTENDEVA SEMPRE DI PIU”. Negli anni immediatamenti successivi alla fine della guerra di successione spagnola, la dinastia asburgica ottenne successi anche sul fronte dei Balcani. Già con la pace di carlowitz (1699) l'AUSTRIA aveva sottratto territori agli ottomani. Con quella di passarowitz (1717) riuscì a conquistare la Serbia e parte della Valacchia. Un altro teatro di guerra fu il Baltico. La SVEZIA, conclusa vittoriosamente la Prima Guerra del Nord, dopo la pace di Olivia del 1660, aveva conquistato l'egemonia nel Baltico. Due suoi antagonisti -Polonia e Danimarca- erano assai deboli e il terzo antagonista -la Russia- stava in quegli anni gettando le fondamenta del suo consolidamento politico. La Seconda Guerra del Nord, combattuta da Polonia, Danimarca e Russia contro la Svezia di Carlo XII, si concluse nel 1721 con la pace di Nystad— la Svezia perdeva il ruolo di grande potenza e la Russia di Pietro il Grande affermava la sua egemonia nel Baltico. In RUSSIA nasceva l'ultima e più duratura forma di assolutismo europeo. Pietro I (1682- 1725) della dinastia dei Romanov -chiamato Pietro ‘ il Grande’ poiché seppe smuovere lo stato di arretratezza del suo paese- impresse una svolta decisiva a questa situazione. Nella seconda metà del XVII secolo la Russia si era trasformata sul piano economico sociale: si era sviluppato un mercato panrusso; si era consolidato il possesso della terra da parte dei signori feudali e il divario tra classe dominante e servi della gleba era diventato ancora più ampio. Nel 1671 Sten'ka Razin era diventato il leader di una guerra contadina, vantando tra i suoi obiettivi l'eliminazione della servitù della gleba, del reclutamento forzoso di truppe e delle imposte che gravavano sui ceti più poveri. La rivolta venne repressa nel sangue e, come conseguenza, servi e contadini erano stati vincolati ancor di più alla Terra. Sulle minacce dei contadini e delle plebi urbane potè far leva lo zar Pietro I, al fine di stringere intorno a sé la nobiltà e i ceti privilegiati e consolidare la base economico-sociale del suo potere. Un'altra nuova Potenza fu la PRUSSIA. Federico I di Brandeburgo ne assunse il titolo di re nel 1701; egli raccolse l'eredità del padre -Federico Guglielmo, fondatore dello stato di Brandeburgo- unendo tutti i territori della famiglia Hohenzollern in una formazione centralizzata (anche se non compatta). Tali territori dovevano convivere con quelli imperiali, svedesi e polacchi annessi alla corona. In Prussia vi una politica protezionistica, uno sviluppo delle Industrie delle attività urbane, un'apertura delle frontiere ai protestanti stranieri e una maggiore efficienza dello Stato nel prelievo fiscale. Venne creato un efficiente esercito -fondato su un corpo di ufficiali nobili nativi- che divenne una fidata corporazione monarchica, animata da comuni ideali. I suoi membri iniziarono a sentirsi come leali servitori dello Stato degli Hohenzollern; per questo vennero utilizzati contro i nemici esterni, nel consolidamento della potenza prussiana e contro i ceti locali più restii ad accettare l'affermazione di un potere centralizzato. Il successore di Federico I -Federico Guglielmo I (1713- 1740)- continuò a preoccuparsi del numero e dell'addestramento dei suoi soldati, arruolati attraverso la costruzione obbligatoria. Il dispotismo degli Hohenzollern bloccò lo sviluppo di istituzioni rappresentative moderne e distrusse la forza politica dei Ceti; tuttavia mostrò anche alcuni tratti di indubbia modernità— le tasse non erano appaltate e l'efficienza del prelievo statale era superiore rispetto a quella di altri Stati europei contemporanei. Le città e le campagne furono schiacciate dal peso degli junker -nobili dediti soprattutto alle armi-, la nobiltà rimase la classe dominante e, fino al XIX secolo, non si sviluppò una classe media urbana. I sovrani Hohenzollern dei secoli XVII e XVIII accettarono la struttura sociale esistente e, attraverso un coinvolgimento della nobiltà nello Stato, rafforzarono la posizione della stessa nobiltà. An POLONIA e in altri paesi extraeuropei non si svilupparono né un esercito permanente, né un forte governo. La nobiltà non divenne una nobiltà di servizio ma mantenne i suoi poteri inalterati, fino al XIX secolo. ANel BRANDEBURGO e in PRUSSIA i poteri politici della nobiltà furono modificati e subordinati ai bisogni e alle richieste di uno Stato che gli junker influenzarono e che influenzò a sua volta gli junker. PROGRESSO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE IN RUSSIA. Nei settori metallurgico e tessile, nacquero muove manifatture essenzialmente statal. Si andava sviluppando anche la piccola produzione mercantile, in accordo con la nascita dei nuovi centri urbani. Pietro I aveva favorito la formazione di una nobiltà di servizio, e nel 1714 vietò lo smembramento delle proprietà terriere tra più eredi tale provvedimento portò molti nobili verso il servizio civile e militare. Lo zar promosse fortune e arricchimento di gruppi non nobili; incrinò la compattezza della nobiltà -non più composta solo da privilegiati, detentori di titoli feudali ed immunità-; rafforzò lo Stato autocratico Russo. La monarchia di Pietro I veniva definita ‘monarchia illimitata’, aveva come ideologia ufficiale l'assolutismo. Nel disegno di politica estera di Pietro il Grande vi erano i confini sicuri e l'indipendenza nazionale dell'Impero, unite all'egemonia nel Baltico. Nel 1703 Pietro fonda una città sulle foci della Neva -San Pietroburgo- che comunica direttamente con il Golfo di Finlandia e il Baltico. Nel 1715 trasferisce lì la capitale. Sei anni dopo, con la pace di Nystad, parte della Cerelia, la Livonia, l'Estonia e la Ingria erano territori russi. Le potenze dell'Europa dopo la guerra di Successione spagnola o li : lacca (1733-38) 1733 Augusto II di Sassonia muore. I pretendenti sono: Stanislao Leszezynski, sostenuto dalla Francia poiché la figlia di Luigi XV aveva sposato Leszezynski) e dalla Polonia; Federico Augusto II Di Sassonia, sostenuto da Austria e Russia. 1733-5 Guerra tra Francia, Spagna e Piemonte sabaudo da una parte e Austria dall'altra 1735 Trattative tra Francia e Austria per raggiungere un accordo 1738 Pace di Vienna: Federico Augusto II diviene re di Polonia (col nome di Augusto III); a Leszezynski vala Lorena; a Carlo di Borbone i regni di Napoli e Sicilia; all'Austria il Granducato di Toscana; ai Savoia Novara, Tortona e le Langhe. I motivi dell'apertura delle ostilità furono la morte di Augusto II Di Sassonia -re di Polonia- e la contrapposizione di due candidature alla sua successione: Stanislao Leszezynski, suocero di Luigi XV sostenuto dalla Francia e dai polacchi, e Federico Augusto II Di Sassonia, sostenuto da Austria, Russia e Prussia (alleate contro la nascita di un nuovo stato filofrancese nel centro dell'Europa). Lo zar Pietro il Grande penetrò in territorio polacco e insediò sul trono Federico Augusto Di Sassonia. Il conflitto si svolse secondo lo schema classico Asburgo vs Borbone: con i Borbone si alleò Carlo Emanuele III di Savoia. La Spagna sperava di poter riprendere Napoli e la Sicilia e di stabilire il dominio su Parma e sulla Toscana, dopo la morte dell'ultimo dei Medici, Carlo Emanuele III sperava di ricevere il milanese. Tuttavia il blocco Borbonico si incrinò molto presto! Carlo Emanuele III temeva l'insediamento di una dinastia borbonica nell'Italia meridionale, al primo ministro francese Fleury premeva consolidare i confini sul Reno e all'Austria interessava ottenere il beneplacito francese alla Prammatica sanzione. 1735-cominciano le trattative segrete tra Francia ed Austria. Il ribaltamento delle alleanze e il riavvicinamento tra Francia e Austria indusse Carlo VI a stipulare la pace di Vienna. 1738-Carlo VI promulga la pace di Vienna. Secondo le clausole di questo trattato: Federico Augusto II era riconosciuto come re di Polonia (col nome di Augusto III); a Leszezynski era attribuita la Lorena (che sarebbe passata alla Francia dopo la sua morte); a Carlo di Borbone - figlio di Filippo V di Spagna- erano attribuiti i regni di Napoli e Sicilia (che divenivano autonomi); l'Austria manteneva il dominio della Lombardia e guadagnava il Granducato di Toscana, assegnato a Francesco Stefano di Lorena -marito di Maria Teresa d'Austria; Carlo Emanuele III di Savoia conquistava il Novarese, Tortona e le Langhe. Le novità di questa guerra di successione furono il fatto che il Regno di Napoli guadagnava un re proprio e, dopo oltre due secoli dai tempi degli Aragonesi, tornava ad essere un regno con una propria dinastia. Che nella Toscana sorgeva la nuova dinastia degli Asburgo-Lorena e che, seppure gli Asburgo apparivano ridimensionati, mantenevano in Italia la Lombardia, Parma e Piacenza, controllavano il Granducato di Toscana e vedevano riconosciuta dalla Francia la Prammatica sanzione. Fondamentale integrazione alla teoria dei tre principi di governo sono le considerazioni sull'Inghilterra, in particolare sulla sua Costituzione che si regge sulla separazione dei poteri: il re detiene il potere esecutivo; le camere -quella dei Lord, che rappresenta la nobiltà, e quella dei Comuni, che rappresenta le forze non nobili- detengono il potere legislativo. Questi poteri sono distinti, ma cooperanti tra di loro! Dall'analisi della costituzione inglese emerge l'ideale della libertà politica per Montesquieu: essa consta non solo della separazione tra i tre poteri dello stato ma anche dell’equilibrio tra stato e società, fra una monarchia forte e ceti, ordini sociali, corpi intermedi, garanzia di una costituzione moderata dallo spirito delle leggi. Una massima fondamentale de ‘Lo spirito delle leggi’ è “il potere freni il potere”. La porta è aperta su due grandi modelli costituzionali: la monarchia aristocratica e, poi, parlamentare; la repubblica presidenziale degli USA (che realizzerà attraverso il contrappeso del federalismo e dei suoi poteri il bisogno di corpi intermedi teorizzato da Montesquieu) O JEAN JACQUES ROUSSEAU. Nel XVIII secolo non solo sono stati gettati i semi del liberalismo, ma anche i fondamenti della democrazia -attraverso le riflessioni di Rousseau, la cui opera principale è ‘Il contratto sociale” del 1762. Tale opera parla del contratto sociale che fonda la società civile -argomento già trattato da Locke e dai giusnaturalisti. Con il patto si passa dallo stato di natura allo stato civile; Per Hobbes quello stato di natura è estremamente pericoloso mentre per rousseau è uno stato felice. Sono state le prime istituzioni umane, la proprietà privata, la divisione di funzioni economiche e sociali, che hanno favorito l'origine della disuguaglianza. Per Ruousseau si può conciliare la necessità dell’associazione con la libertà e la felicità di cui gode l’individuo nello stato di natura solo se i diritti individuali vengono totalmente alienati a favore della comunità che costituisce la base della società. Ci può essere solo una sovranità legittima -quella del corpo sociale- a cui appartiene l'esercizio del potere legislativo— questa è la sovranità democratica. O CESARE BECCARIA. Giurista Milanese, nel trattato “Dei delitti e delle pene” denunciò la tortura e la pena di morte come strumenti giudiziari inumani e sostenne l’esatta proporzionalità tra reato e pena— doveva avere come fine il recupero del reo O ADAM SMITH. La sua opera del 1776, “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” è il testo base della scienza economica moderna. Smith ha come riferimento la società inglese del suo tempo -che sta vivendo, in anticipo verso gli altri paesi europei, la rivoluzione industriale e lo sviluppo delle forze produttive. Da un lato ci sono la proprietà fondiaria e il capitale, dall'altro la forza produttiva del lavoro, ormai trasformato in lavoro salariato. Il lavoratore non gode più dell’intero prodotto del suo lavoro ma ne è stato espropriato. Per Smith il valore di scambio delle merci è basato sulla quantità di lavoro o sul tempo di lavoro in essa incorporato— la teoria dei prezzi tiene conto delle tre classi naturali: nella determinazione del prezzo entrano il salario dei lavoratori, il profitto, cioè la quantità addizionale di lavoro vivo per remunerare il capitale investito dagli imprenditori, la rendita fondiaria, che è la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario della terra. Profitto e rendita formano il plusvalore, l'eccedenza del lavoro fornito e realizzato nella merce sul lavoro pagato, sul lavoro che ha ottenuto il proprio equivalente nel salario. A differenza dei fisiocratici -per i quali solo il lavoro agricolo crea plusvalore- per Smith è il lavoro sociale/la quantità di lavoro necessaria che crea il valore. E il plusvalore è la parte del lavoro di cui si appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro (cioè il proprietario terriero, il capitalista). Per concludere, Smith distingue il lavoro produttivo -che attraverso il risparmio dell'imprenditore/del proprietario terriero crea beni materiali- dal lavoro improduttivo -che non produce plusvalore, ma solo servizi. lei Jello sull : €@ DEMOGRAFIA ED ECONOMIA. Il 700 è un secolo di espansione economica; il movimento di crescita riguardò demografia ed economia. Nella seconda metà del secolo la popolazione europea passò da 114 milioni a 180 milioni; il saldo attivo della popolazione fu dovuto alla diminuzione del tasso della mortalità; al prolungamento della vita; alle migrazioni; alla diminuzione della nuzialità. Inoltre diminuirono le epidemie, fattore tradizionale di mortalità. Anche lo sviluppo democratico ci mette dinanzi ad un’ Europa a diversa velocità, in cui è differente la capacità di far fronte alle crisi e in cui è determinante il contributo dell'economia—In Inghilterra diminuì l'importanza delle crisi alimentari (quando il raccolto non raggiungeva quantitativi sufficienti si faceva ricorso all'importazione, così facendo la popolazione accedeva facilmente al minimo vitale). Nel Regno di Napoli la carestia e la crisi di mortalità del 1764 rivelarono la fragilità del sistema di produzione e distribuzione del Mezzogiorno. Il periodo favorevole dell'economia napoletana, dopo il 1730, è dovuto all'aumento naturale della popolazione e alle buone annate agricole -non si mise in moto nessun meccanismo di profondo rinnovamento. Il problema del numero degli uomini si lega alla capacità di trasformare la natura secondo la visione operativa e pragmatico dell'illuminismo € L'AGRICOLTURA. Sino al 1850 occupò ancora il primo posto nell’economia dell’Europa. Il Settecento vede la coesistenza di aree di agricoltura estensiva -dove l'aumento della produzione si ottiene attraverso l'aumento della superficie coltivata e dell'intensificazione del lavoro contadino e/o servile- e aree di agricoltura intensiva -dove si cerca di massimizzare la produttività della terra attraverso la concimazione, l'irrigazione, la minore ampiezza dei poderi e l'introduzione di colture foraggere e muovi attrezzi. Se guardiamo le rese agricole ci rendiamo subito conto delle diverse velocità dell'agricoltura Europea: intorno alla metà del XVIII secolo le più alte rese agricole sono nei Paesi Bassi; seguono poi Inghilterra, Germania e Francia. La redistribuzione della ricchezza e la differenziazione sociale crescente nella popolazione rurale furono le due conseguenze della maggiore produttività della terra. I due fenomeni furono la base per accelerare la trasformazione dei rapporti di proprietà nelle campagne, attraverso l'abolizione del feudalesimo. L'aumento della domanda, concentrata soprattutto nella città, contribuì a spingere in alto i prezzi dei prodotti agricoli. € L'EUROPA DELLE CITTÀ. L'Europa del Settecento fu l'Europa delle città, soprattutto delle metropoli. Nel 1700 solo due città contavano più di 40omila abitanti, nel 1800 le città erano tre: Londra (85omila abitanti), Parigi e Napoli. Seguiranno Vienna e Amsterdam (attorno ai 300 mila abitanti) e le città comprendenti tra i 10omila e 2oomila abitanti passeranno da 8 a 11 (Madrid, Lisbona, Dublino, Berlino, Roma, Barcellona, Venezia, Milano, Palermo, Lione, Marsiglia). In queste grandi metropoli si esercitò la capacità politica degli Stati. € LE BASI MATERIALI ED ECONOMICHE. Le basi della società degli ordini di antico regime cominciarono a mutare nel corso del XVIII secolo, e gli illuministi ne fecero oggetto delle loro riflessioni/dibattiti. L'accumulazione del capitale favori l'accentuazione del conflitto tra diritto di proprietà e privilegio del possesso, contribuendo a determinare la vittoria del primo principio sul secondo. I valori del merito e del industriosità/ imprenditorialità divennero un modello positivo da far valere contro parassitismo, speculazioni e atteggiamenti improduttivi. Tuttavia il processo che, nel corso del XVIII secolo, iniziò a disarticolare la società dell'antico regime non fu né lineare, né prevedibile e né finito— lineare non fu perché non si attuò un passaggio elementare da una società ad un'altra; prevedibile non fu perché le forze economiche, sociali e intellettuali che si battevano per il nuovo non avevano le idee chiare sul tipo di società e sul modello di rapporti nuovi che avrebbero ha soppiantato quelli vecchi; definito non fu perché nello scontro tra forze della conservazione e forze del progresso, le seconde nascevano all'interno delle prime. € TRASFORMAZIONE DEGLI ORDINI TRADIZIONALI DELLA SOCIETÀ’. Anche in questo caso dobbiamo rappresentare un'Europa in cui assai spesso le differenze tra i diversi paesi superano le analogie. Partiamo dalla NOBILTÀ'— la distinzione tra nobiltà di spada/di sangue e nobiltà di toga rende solo in minima parte l'immagine di un mondo che appare sempre più articolato. La nobiltà di sangue dell'Europa centro-orientale è differente dalla corrispondente dell'Europa mediterranea: nella sua variante centro-europea la nobiltà di sangue ebbe poteri militari, economici e sociali molto rilevanti (in Polonia si identificò totalmente con lo Stato; in Russia con Pietro il grande e Caterina II si potè realizzare uno stato autocratico, grazie ad enormi concessioni fatte alla grande aristocrazia Fondiaria; in Prussia gli junker divennero i partner della monarchia degli Hohenzollern). In Francia l'alta nobiltà era prevalentemente una nobiltà di corte: le alte cariche militari, civili e religiose erano nelle loro mani, ma i partecipanti all'esercizio del potere pubblico costituivano l'élite della Francia del 700 -élite che solo in minima parte coincideva con le 5000 famiglie dell'alta nobiltà. Nel processo di trasformazione della nobiltà, a Oriente come ad Occidente, giocò un ruolo fondamentale lo Stato— a Oriente creò la nobiltà di servizio -subordinando nei bisogni e richieste al potere centrale, ma concedendole poteri quasi illimitati sul piano economico sociale- a Occidente favorì una più accentuata dialettica interna al mondo nobiliare -promuovendo l'ammissione di nuovi membri nelle fila della aristocrazia. Quasi dappertutto la nobiltà era una cassa che si riconosceva in Valori e comportamenti comuni; faceva eccezione l'Inghilterra in cui, nel XVIII secolo, l'antica nobiltà dei vari controllava solo il 3 e 4% del reddito nazionale. Le riforme dell’assolutismo illuminato L’età dell’assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo dei principi e delle funzioni dello stato moderno, ma anche la difficile sintesi tra assolutismo e illuminismo. I sovrani intesero portare a compimento un progetto di: concentrazione ed efficacia del potere sovrano; capacità di governo del territorio; consolidamento interno e internazionale degli stati attraverso la promozione di riforme e l'avvio di un processo di rinnovamento politico e sociale, ispirato alle idee dell'illuminismo. Il processo riformatore gettò le basi per la crisi del vecchio ordine economico, sociale e politico ma non fu sufficiente per la sua trasformazione radicale— per raggiungere questo obiettivo fu necessaria la rivoluzione. Si può distinguere tra assolutismo e dispotismo. Monarchia dispotica era quella dello zar di Russia che trattava i sudditi come schiavi, faceva applicare pene brutali nel paese disponeva a piacimento della vita e dei beni. Governava oltre la legge. Monarchia assoluta era invece il regime del sovrano per diritto divino che governava attraverso la legge. Una seconda distinzione interna all'assolutismo era fra quei regimi in cui il potere dei sovrani era limitato da altri organi costituzionali (parlamenti, diete, stati del regno) e regimi in cui la libertà d'azione del sovrano era meno vincolata (Prussia, Spagna, Danimarca). ® L'amministrazione centrale: nel XVIII secolo ci fu uno sforzo più consistente per rendere più efficace, esteso ed efficiente l'esercizio del potere monarchico attraverso la specializzazione della pubblica amministrazione. Il bisogno di potenza nell'equilibrio degli stati, l'esigenza di un coordinamento tra il centro e la periferia del territorio nazionale, l'efficace controllo sociale, furono all'origine del rinnovamento delle strutture degli apparati amministrativi che investì l'intera Europa. Ministeri e segreterie di stato divennero gli organi politico-amministrativi più importanti degli apparati statali. Il XVIII secolo rappresentò il passaggio da un sistema di governo in cui rapporti tra politica e amministrazione erano confusi ad un modello di divisione di produzione tra il Governo -cioè la direzione politica del paese- e la burocrazia -corpo scelto di funzionari specializzati e competenti, servitori dello Stato e privi di potere autonomo. Questo passaggio di graduale distinzione tra sfera politica e amministrativa fu il risultato di un processo e si completò solo nello stato del diritto. Furono soprattutto le riforme dell'assolutismo illuminato a spingere verso un apparato amministrativo più efficiente e verso una più precisa distinzione dei poteri> le riforme di Maria Teresa d'Austria accentuarono l'esigenza di un accentramento del potere e il bisogno di corpi di * Spagna: Il ridimensionamento della potenza spagnola favorì il recupero demografico, il ritmo minore di crescita delle esigenze fiscali e militari dello stato consentì di riservare risorse per lo sviluppo delle manifatture e del commercio. Ma la crescita della popolazione e la ripresa della produzione agraria si verificarono entro il regime demografico di tipo antico e furono limitate alle aree rurali. Crescita limitata dunque su basi fragili e tradizionali con un'articolazione dei ceti in cui l'aristocrazia terriera aveva ancora il primato e la nascente borghesia era legata allo sviluppo dell'amministrazione statale e all'intermediazione finanziaria e mercantile più che alle attività imprenditoriali di rischio. Sia in Spagna che in Portogallo la potenza della Chiesa di Roma era enorme e si esprimeva attraverso privilegi, esenzioni fiscali del clero; manomorta ecclesiastica -cioè il diritto di proprietà perpetuo e privilegiato connesso ai beni ecclesiastici dichiarati inalienabili, inconvertibili ed esenti da imposte— I gesuiti monopolizzavano l'istituzione scolastica, erano diventati così forti da contrapporsi a volte anche allo Stato /alle istituzioni monarchiche. L’iniziativa riformatrice di Carlo III di Borbone (1759-88), succeduto a Ferdinando VI, fu più progetto e meno realizzazione. Nel campo dei rapporti tra Stato e Chiesa limitò le immunità ecclesiastiche e i poteri dell'inquisizione ed espulse i gesuiti dal regno. Inoltre attuò una ristrutturazione amministrativa, promosse accademie e società economiche e il rinnovamento della cultura. Portogallo: L'attività riformatrice fu opera del ministro plenipotenziario marchese di Pombal. I suoi principali provvedimenti furono: l'espulsione dei Gesuiti (1759), la repressione sanguinosa dei Nobili ribelli al processo di centralizzazione statale, e la creazione di compagnie privilegiate per lo sfruttamento delle colonie. Tuttavia, il nome del marchese di Pombal è legato alla ricostruzione di Lisbona dopo il violento terremoto del 1755- ridisegnò il centro cittadino, realizzando un modello di città illuministica secondo un piano preciso e moderatamente concepito. Nel complesso il centro di Lisbona fu costruito In brevissimo tempo, secondo criteri che privilegiavano la funzionalità e la razionalità del gusto illuminista. L'azione riformatrice dei sovrani illuminati si svolse a fu incisiva in 3 stati italiani: il regno di Napoli dei Borbone, la Lombardia austriaca e la Toscana dei Lorena. * Regno di Napoli: nel 1734 sul trono napoletano saliva Carlo di Borbone, figlio di Filippo V ed Elisabetta Farnese: il mezzogiorno riconquistava un re proprio e la sua indipendenza. Re Carlo riformò l’amministrazio necentrale attraverso la costituzione di dicasteri e segreterie più funzionali. Inoltre promosse la riforma dei tribunali fondata sui controlli e le limitazioni delle giurisdizioni feudali e l'avvio di un progetto di codificazione del diritto. Mise in atto il primo vero tentativo di riforma fiscale globale, attraverso l'istituzione di un catasto onciario che tassava i beni della chiesa. Nel 1741 con il concordato tra il Regno di Napoli e la sede Apostolica vennero limitati l'immunità, il diritto d'asilo e l'eccessivo numero dei membri del clero. Nel 1759 moriva Ferdinando VI re di Spagna, senza eredi— Carlo di Borbone veniva chiamato sul trono di Spagna come Carlo III. A Napoli per la minore età del figlio di Carlo, Ferdinando, fu costituito un Consiglio di reggenza. La carestia e la crisi economica del 1763-1764 e vi del mezzogiorno; se Napoli non riusciva ad imprimersi come cuore economico del regno, rimaneva una grande capitale europea ed un centro culturale dell'Europa illuministica. * Lombardia: dopo la pace di Aquisgrana cadde sotto il dominio austriaco. Anche il granducato di Toscana era entrato nell'orbita austriaca perché era stato assegnato nel 1737 a Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d'Austria. Durante il regno di Maria Teresa furono promosse alcune riforme: fu completato il nuovo catasto -che ridistribuiva l'imposta fondiaria in base al valore attribuito dall'estimo ai fabbricati e che affidava il governo delle comunità ai rappresentanti dei proprietari (che dovevano rispondere del loro operato a funzionari Regi); l'amministrazione fu centralizzata e il personale reclutato in base al merito e alla preparazione tecnica; fu abolita la venalità delle cariche pubbliche. I due figli di Maria Teresa accelerarono il processo riformatore: Giuseppe -imperatore d’Austria dal 1765 al 1790- e Pietro Leopoldo -prima granduca di Toscana, poi imperatore con il nome di Leopoldo II dal 1790 al 1792. Giuseppe II estese anche alla Lombardia le riforme promosse negli altri territori dell'impero asburgico e la inserì nel sistema economico integrato del sistema di scambi europei, inoltre abolì il Senato milanese. Granducato di Toscana. Pietro Leopoldo promosse due riforme molto importanti: la prima chiamata allivellazione, concedeva ai mezzadri, a livello perpetuo, i terreni di proprietà dello stato in cambio di un canone annuo fisso e contenuto; la seconda fu il nuovo codice penale (1786) che aboliva la pena di morte, la tortura, la confisca dei beni del condannato ecc. I sudditi del Granducato acquisirono diritti sul piano della libertà individuale ed economica. La soppressione del Tribunale del Sant'uffizio portò ad una maggiore tutela della libertà di conoscenza e l'applicazione delle indicazioni di Cesare Beccaria abolì le limitazioni del diritto del reo, sanciti nel codice penale; infine, la liberalizzazione della terra e del commercio favorirono l'accumulazione dei capitali. Dalla guerra dei Sette anni alla spartizione della Polonia Le tensioni europee dopo la pace di Aquisgrana non si erano sciolte— la Prussia era in fase espansionistica, l'Austria voleva recuperare la Slesia, la Russia alla ricerca dell'egemonia sul Baltico, Inghilterra e Francia in conflitto per l'egemonia coloniale. Il sistema dell'equilibrio europeo stava entrando in crisi, a causa dell'impossibilità di bilanciare la forza delle potenze secondo l'ottica che aveva caratterizzato l'età delle guerre di successione. Se l'Inghilterra si avviava a dare priorità ai suoi interessi coloniali, la Francia viveva la contraddizione tra il primato degli interessi politico-dinastici e l'importanza assegnata dalla borghesia mercantile alle colonie. Gennaio 1756— scoppiava la guerra dei 7 anni (1756-63) tra la Francia e l'Inghilterra, combattuta su fronti europei, sul fronte indiano e su quello americano. Federico II si alleò con l’Inghilterra mentre la Francia si alleò con l’Austria, che voleva recuperare la Slesia, e con la Russia (rovesciamento delle alleanze tradizionali!!!) La guerra dei 7 anni rivelò il protagonismo militare della Prussia di Federico II, la fragilità del sistema politico militare della Francia coloniale, che perse gran parte dei suoi possedimenti americani e indiani, e la supremazia sui mari dell'Inghilterra. 1762— Federico II firmava la pace separata con lo zar Pietro III di Russia. 1763-Federico II firmava la pace con l'Austria, ottenendo la conferma dell’annessione della Slesia e l’unificazione territoriale del dominio Hohenzollern. 1763- La pace firmata a Parigi tra Francia e Inghilterra, questa estrometteva la Francia dall’America settentrionale e riconosceva l’espansione inglese in India. La Guerra dei Sette Anni spostava altrove l'asse dell'equilibrio: non più in Germania -ormai egemonizzata dalla Prussia-, non nel Mediterraneo -tant'è vero che l'Italia fu completamente esclusa dal conflitto-, ma verso l'America, l'Asia e l'Africa. In Polonia dopo la fine della dinastia Jagelloni, per quasi due secoli le potenze europee avevano esercitato una sorta di protettorato. La Polonia era stata governata dall'esterno, da principi graditi a potenze straniere, molto spesso imposti con la forza, ma costretti a delegare gran parte dei poteri ai magnati magiari. Dopo la morte del principe imposto sul trono polacco, Augusto III di Sassonia, Caterina II di Russia e Federico II di Prussia invasero la Polonia per imporre il loro candidato Stanislao Poniatowski, amante di Caterina II era stato educato secondo idee illuministiche e voleva attuare riforme tendenti a limitare il potere dell'aristocrazia polacca. Lo scontro era inevitabile: la nobiltà si riunì nella Confederazione di Bar, la Russia inviò truppe in territorio polacco (dopo 4 anni di guerra schiacciarono la ribellione dell'aristocrazia). 1772- Russia, Prussia e Austria procedettero alla prima spartizione della Polonia: la Galizia all'Austria, gran parte della Bielorussia alla Russia, la Prussia occidentale alla monarchia degli Hohenzollern. 1792—i soldati di Caterina II invasero di nuovo il paese perché Poniatowski cercò di trasformare la monarchia polacca da elettiva in ereditaria e di abolire il potere di veto dei magnati. Nel 1793 fu compiuta una seconda spartizione a favore di Russia e Prussia. Nel 1794 un’insurrezione nazionale fu repressa nel sangue e nel 1795 ci fu la terza spartizione. Con essa il paese scomparve del tutto. 11.IL MONDO OLTRE L'EUROPA: L'ESPANSIONE COLONIALE Le vecchie potenze coloniali: spagnoli e portoghesi in America Nel XVIII secolo molte potenze ridotte a rango secondario in Europa -Spagna e Portogallo, ad esempio- possedevano estesissimi territori oltreoceano (Terre del centro e del Sud America). I risultati raggiunti, pur con mezzi a volte raccapriccianti della conquista, erano l'integrazione di vastissimi territori in un'unità politico dinastica e il controllo economico-amministrativo da parte di un centro statale europeo -ciò vale soprattutto per i territori americani della Spagna. Nella corsa all'espansione coloniale in Asia e in Africa, Portogallo e Spagna vennero esclusi, a favore di Olanda, Inghilterra e Francia. v IMPERO COLONIALE SPAGNOLO. Nel Settecento comprendeva gran parte dell'America Meridionale, Le isole dei Caraibi, il Messico nell'America centrale, la Florida nell'America del Nord. Si trattava di un impero essenzialmente americano, al cui vertice vi erano: > Vicerè in Messico e in Perù; > generali, capitani e governatori negli altri paesi. A differenza dei domini spagnoli europei i poteri del viceré e di cariche equivalenti erano assai ampi, e di natura politica, militare, giudiziaria e finanziaria. Si trattava di individui reclutati nelle file della aristocrazia castigliana. I viceré erano assistiti dalle Udienze -magistrati che amministravano le province maggiori ed esercitavano il potere in caso di assenza del viceré o dei governatori. Fu durante il regno di Carlo III di Borbone che si ebbe la massima espansione territoriale della Spagna in America, attraverso la conquista della Louisiana nel 1763 e attraverso la costituzione di un nuovo viceregno (Rio de Plata). Furono organizzate le province secondo nuove unità amministrative; fu stabilita la figura degli intendenti; l'esercito fu costituito da Milizie irregolari di europei integrati con neri e meticci. Nel corso del XVIII secolo la crescita della popolazione bianca, l'arrivo degli schiavi neri e la formazione di popolazione meticcia avevano favorito la ripresa demografica+— tra il 1600 e il 1700 quasi 300.000 schiavi furono condotti verso le Americhe spagnole e 560.000 verso il Brasile portoghese; fu anche grazie a loro che l'agricoltura potè svilupparsi nel corso del Seicento. Vennero persino introdotte nuove coltivazioni, come la vite e la canna da zucchero. Le famiglie dell'aristocrazia terriera allargavano le loro proprietà -attraverso i matrimoni con membri della stessa classe- rendendole inalienabili e indivisibili. Anche la chiesa e gli ordini religiosi accumulavano grandi proprietà (a metà del Seicento detenevano quasi la metà di tutta la terra produttiva delle Indie). Crebbe la produzione d'argento, fino al 1635. Gli elementi deboli del sistema coloniale spagnolo erano quattro: 1. il primo fu il rapporto stato-economia. Il controllo statale del Commercio coloniale era affidato alla Casa de contratacion, un'agenzia con sedi a Siviglia e Cadice. I traffici di tutte le nazioni marine dell'Europa si burlavano apertamente del monopolio tenuto dai mercanti di Siviglia e Cadice, i contrabbandieri avevano vita facile e spesso le merci trasportate dalle regolari flotte non provenivano dalla Spagna— l'efficacia della Casa de contrataciòn era assai scarsa. 2. il secondo fu la fragilità militare. Nelle Indie non vi fu un esercito regolare sino alla Guerra dei Sette anni e le province, quando esposte ad attacchi, si difendevano arruolando milizie non regolari.; l Jel capitali lonial La Fast Indian Company fonda la sua prima fase di prosperità, nella seconda metà del 600, sulla domanda di tessuti indiani; riscontra una battuta d'arresto tra la fine del Seicento e i primi del 700; riprende lo sviluppo nella prima metà del 700. Il più importante articolo di esportazione fu l’argento grezzo/coniato—+ proveniva dall'America spagnola, giungeva in Asia e costituiva quasi il 90% delle esportazioni inglesi. Il primo articolo di importazione dall'Oriente in Europa fu il pepe. Sottrarre ai Portoghesi il commercio delle spezie fu il primo obiettivo postosi dai Paesi Nord europei. L'ultimo terzo del XVII secolo fu dominato dalla forte domanda di tessuti in cotone indiano. Con l'incremento della domanda gli olandesi furono superati dagli inglesi. Tra XVII e XVIII secolo due nuovi prodotti erano entrati nelle paniere dei consumi europei: il caffè e il the (nel 1652 venne aperto a Londra il primo caffè). Nella seconda metà del Settecento le importazioni di the dall'India orientale furono superiori alle importazioni di cotone; spezie, tessuti, caffè, the, zucchero, indaco e salnitro divennero le voci più importanti delle importazioni dall'Asia all'Europa. Dal commercio al dominio Nella seconda metà del Settecento il rapporto tra Europa ed Asia cambia totalmente: il controllo commerciale divenne uno strumento per il fine del dominio politico (obiettivo più importante delle potenze coloniali). L'India costituì il modello di un nuovo dominio coloniale— il passaggio fu determinato dalla relazione fra numerose variabili: la rivalità tra Francia ed Inghilterra per l'espansionismo in Asia; la disintegrazione dell'unica esperienza politica unitaria in India (impero moghul); la divisione internazionale del mercato che richiedeva più controlli sui territori dell'Oriente. A metà del Settecento l'impero indiano era gravemente indebolito a causa della rivalità tra i partiti di corte, che rappresentavano i tre grandi orientamenti politico-religioso -il sunnita, lo sciita, l'induista-; della frammentazione e la totale autonomia di regioni e province, icui governatori si succedevano per via ereditaria; delle invasioni provenienti dalla zona nord-orientale (Afghani e persiani); dalla massiccia introduzione di europei sul territorio. IL BENGALA. La Guerra dei Sette Anni e la conquista inglese del Bengala avrebbero segnato il destino politico dell'India. Il Bengala era divenuto per il commercio europeo l'area più importante dell'India. Gli inglesi avevano ottenuto, per volere dell'imperatore, dei privilegi che garantivano alla compagnia l'esenzione dai dazi; il controllo di alcuni villaggi nella zona di Calcutta; il permesso di utilizzare la zecca Imperiale per coniare le rupie (moneta indiana) con argento importato— I principi del Bengala contrastavano le concessioni e a seguito di una congiura ordita dagli inglesi contro il principe del Bengala esplose nel 1757 il conflitto tra Bengala ed Inghilterra. 1757- 1759— la compagnia inglese raggiunse il dominio incontrastato di tutto il Bengala, espellendo i francesi; sottomettendo il commercio olandese al suo consenso e favorendo l'ascesa di principi amici sul trono del Bengala 1764— a seguito della battaglia di Buxar gli inglesi sconfissero le truppe alleate dell'imperatore del Bengala. Venne fatto prigioniero Shah Alam -Imperatore moghul- e imposte le basi dello sviluppo della dominazione inglese diretta. Nei primi decenni del colonialismo inglese in India anche le forme dello sfruttamento economico cambiarono: la subalternità allo sviluppo economico della madrepatria fu totale; le manifatture tessili furono disincentivate, perché i prodotti in seta in cotone indiano entravano in concorrenza con quelli inglesi; forze attive nell'industria furono spostate verso l'agricoltura, per produrre beni primari e cotone grezzo per le industrie europee; tutto il commercio locale cadde sotto il controllo inglese. Inoltre, molti principi locali, per poter mantenere il trono, erano costretti a versare alla compagnia ingenti somme di denaro. 12.LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Una vera rivoluzione Tra il 1750 e la prima metà del 1800 una parte dell’Europa centrale fu investita da una grande trasformazione nelle basi dell'economia, nell'ordine sociale, nei modelli di vita. Nel suo epicentro, l'Inghilterra, l'origine del processo fu la trasformazione della vecchia manifattura del cotone in sistema di fabbrica, ma nel giro di qualche decennio ci furono progressi anche nei settori dell'industria tessile e in quelli metallurgico e meccanico. Un contributo decisivo fu dato da un insieme di innovazioni tecnologiche: la sostituzione delle macchine all'abilità e alla fatica umana; la sostituzione di fonti artificiali di energia a quelle animali, umane o naturali. La rivoluzione industriale portò a un aumento della produttività e del reddito individuale, migliorò le condizioni di vita e l'equilibrio tra popolazione e risorse, trasformò il volto delle città europee. Ma ebbe anche i suoi costi: lo sfruttamento coloniale da parte delle grandi potenze economiche e delle più forti compagnie commerciali fu più intensivo per rispondere alla domanda di materie prime delle fabbriche; nei primi decenni il sistema di fabbrica potè svilupparsi e garantire margini più ampi di profitto e accumulazione grazie all'assenza di regole e di norme di tutela per i collaboratori; fu sfruttato il lavoro di donne e bambini; si accentuò il divario tra paesi industriali più ricchi e paesi meno ricchi. L'Europa prima della rivoluzione industriale La società europea del XVII e XVIII secolo era prevalentemente agraria. Le differenze tra i diversi sistemi di proprietà e di utilizzazione del suolo, tra i rapporti contrattuali e le norme, ebbero un peso notevole nel legame tra l'agricoltura e lo sviluppo industriale— solo alcune aree agrarie dell'Europa si trovarono meglio preparate all'industrializzazione. a OLANDA: tra il Cinquecento e Il Seicento gli olandesi reagirono allo squilibrio tra popolazione e risorse con l'aumento degli addetti sui terreni agricoli (vennero apportate delle migliorie anche alla loro lavoro, grazie ad una marcata specializzazione). L'Olanda, attraverso una rivoluzione agricola, attuò anche l'abolizione degli obblighi feudali in molte zone del paese— ciò le permise di collocarsi in un assai favorevole economia di scambio. Agricoltura specializzata, collocazione strategica nel mercato internazionale, sviluppo urbano, crearono in Olanda le basi per la modernizzazione economica che maturerà alla fine dell'800. a FRANCIA: la situazione agraria in Francia era diversificata: le condizioni del terreno, il suo grado di sfruttamento e le stratificazioni sociali delle campagne variavano molto. In gran parte della Francia del nord-ovest e del Sud vi erano ancora obblighi di tipo feudale. I nuclei industriali sorsero nelle aree mercantili intorno a Parigi, in Alsazia e in Lorena. fa EUROPA MEDITERRANEA: Poco preparata allo sviluppo industriale. In parte dell'Italia centrale -in cui dominava la mezzadria-,nell'Italia meridionale e in Spagna ci fu stagnazione agricola e mancato decollo industriale. fa GERMANIA presentava un dualismo tra la parte orientale -a est dell'Elba, dominata dalle grandi proprietà feudali e da arretratezza industriale- e la parte occidentale -dominata in larga parte da un'agricoltura a proprietà contadina più aperta alle trasformazioni. fa INGHILTERRA: fu il paese che subì nel 700 le più importanti trasformazioni agricole. Un ritmo più intenso ed esteso delle recinzioni; sistemi più complessi di rotazione delle colture; introduzione di macchinari; investimento di capitali urbani nella terra per migliorarne la produzione; inserimento dell'agricoltura nel commercio internazionale consentirono alla potenza inglese di integrare rivoluzione agricola e rivoluzione industriale per stabilire il primato economico internazionale del Paese. Le forme di produzione precedenti la rivoluzione industriale erano la manifattura rurale a domi la manifattura centralizzata e le industrie tradizionali controllate dall'artigianato urbano e dalle corporazioni. L'Inghilterra arrivò per prima alla rivoluzione industriale grazie alla presenza diffusa di manifatture rurali a domicilio, alla disponibilità di materie prime, alla libertà di adattamento e iniziativa, alla diffusione del pensiero scientifico, della ricerca e di una filosofia/mentalità molto empirica e sperimentale, alla disponibilità all'innovazione (favorite dal sostegno politico dello stato, ma già molto forti nella società). Inoltre non bisogna sottovalutare il fattore della domanda— il potere d’acquisto e il tenore di vita degli inglesi erano assai più alti rispetto al resto del continente europeo: si mangiava meglio, si spendeva la parte minore del reddito per il cibo e il modello complessivo di consumo era favorevole allo sviluppo delle manifatture. Sostanzialmente i prerequisiti della rivoluzione industriale in Inghilterra erano: La localizzazione delle risorse naturali; L'integrazione tra agricoltura e industria; Il sostegno dello Stato, attraverso la domanda della Corte e del governo e del suo apparato e attraverso la creazione di infrastrutture e La concentrazione di manodopera specializzata, grazie alla preesistenza di industrie rurali a domicilio, libere da vincoli corporativi ® Ladisponibilità di capitali Cambi ; I jluppo ind Jein inahil Il settore dell’economia inglese che varcò per primo la soglia della rivoluzione industriale fu quello del cotone—si prestava meglio della lana alla meccanizzazione: la fibra vegetale era resistente ed omogenea, mentre la lana animale era disomogenea; la disponibilità del cotone americano era in continuo aumento, grazie alle piantagioni lavorate dagli schiavi; il mercato del cotone era più elastico di quello della lana; la domanda era favorita dall'evoluzione del gusto e della moda; i mercati coloniali garantivano sbocchi sicuri. Nell'industria cotoniera furono introdotti nuovi tipi di macchinari per la filatura (Filatoio meccanico di hargreaves, Filatoio ad acqua di Arkwright, Filatoio intermittente di Crompton) insieme ad altre invenzioni per la cardatura e la torcitura, il candeggio chimico e la stampa a rullo. Il consumo di cotone si moltiplicò per 12 tra il 1770 e 1800 e rese indispensabile ulteriori miglioramenti nella fase della tessitura, che furono realizzati dopo l'introduzione del telaio meccanico. Nell'industria del ferro, durante il XVIII secolo, il capitale investito, il valore prodotto e il numero di addetti erano inferiori a quelli dell'industria del cotone; ma le potenzialità di sviluppo erano altissime per le offerte di metallo a prezzo basso, per il processo di meccanizzazione, per la progressiva sostituzione dell'energia idrica con quella a vapore, per le innovazioni dei trasporti nel corso dell' 800. Un nuovo convertitore di energia -la macchina a vapore- e lo sfruttamento su larga scala del carbone fossile permisero lo sviluppo e la diffusione della rivoluzione industriale in Inghilterra. Il sistema di fabbrica La rivoluzione industriale, allo stadio più avanzato, significò la separazione tra i proprietari dei mezzi di produzione ei produttori diretti, tra imprenditori e lavoratori, la concentrazione dei lavoratori salariati in un unico luogo di lavoro (la fabbrica); una divisione più accentuata del lavoro; l'impiego delle macchine e la produzione di massa per il mercato. Tra il 1780 e il 1830 i lavoratori diedero vita a movimenti di protesta: andò formandosi una classe operaia, dotata di una coscienza di un'identità di interessi in contrapposizione ad altri. Le tappe più importanti di una lenta maturazione di una coscienza di classe furono: la formazione e la diffusione di leghe e club di lavoratori radicali, il movimento luddista e tra il 1820 e il 1830 lo sviluppo del socialismo utopistico. Il nome del luddismo -forma radicale di protesta- veniva da Ned Ludd a cui si attribuiva la distruzione di un telaio meccanico nel 1779. Tra il 1811/12 furono distrutti tantissimi telai meccanici. La fase culminante del luddismo finì con la legge del 1812 che della distruzione dei telai faceva un delitto punibile con la morte. Fu così che la guerra dei 7 anni combattuta dai coloni americani contro i coloni francesi assunse quasi le tinte di una guerra santa tra antipapisti e papisti e contribuì a cementare in unico blocco per la comune difesa contro il nemico religioso e politico, tra americani e inglesi. Ma gli anni successivi alla guerra dei 7 anni furono deludenti per i coloni americani: da un lato diventava meno indispensabile il sostegno militare della madrepatria -il contributo dei coloni era stato decisivo per eliminare la presenza francese in Canada e nell’ Ohio e le forze armate americane erano meglio preparate di quelle inglesi- dall'altro lato l'Inghilterra si accingeva a far pagare il conto della guerra dei 7 anni. A metà degli anni ‘60 era giunto a maturazione il processo di formazione di élites coloniali coscienti dei loro diritti, desiderosi di affermare un'autonomia economica e politica sempre maggiore da Londra, ben radicate nelle comunità locali che costituivano la società americana. 1763- subito dopo la pace di Parigi, conclusiva della guerra dei 7 anni, il parlamento inglese con la Proclamation Line intese bloccare l'avanzare delle colonie verso l'ovest e il continuo pericolo di guerre contro gli indiani Re Giorgio III e il parlamento richiesero un più massiccio coinvolgimento delle colonie nordamericane nelle spese dell'impero. Tra 1764 e 1765— lo Sugar Act e Stamp Act tradussero le richieste inglesi in nuove imposte per le colonie. Zucchero, caffè e vino e altri generi vennero colpiti; lo stamp actimpose una tassa di bollo su giornali e atti legali. Pochi mesi dopo i delegati di 9 colonie si riunirono a New York nel congresso dello stamp act, votarono la dichiarazione dei diritti e dei doveri dei coloni d'America, inviarono petizioni al re e al parlamento 1766—il parlamento inglese revocò lo Stamp act ma promulgò il Declaratory act: si ribadiva che le colonie erano soggette all’autorità del parlamento. Lo scontro si acqui. Nel 1767 il parlamento approva una serie di imposte, alle colonie, per numerose merci importate dalla madrepatria. Inoltre sospese l'Assemblea di New York, che si era rifiutata di rifornire le truppe della madrepatria. Successivamente furono boicottate le merci inglesi la cui importazione comportava il pagamento di imposte appena approvate dal parlamento, e si organizzò un vasto schieramento di opposizione all'Inghilterra. La guerra d'indipendenza Il 5 marzo 1770 i soldati inglesi repressero una rivolta scoppiata a Boston uccidendo 5 persone. Il Parlamento dovette abolire dazi e imposte, ma nel 1773 approvò il Regulating Tea Act -che concedeva alla compagnia delle indie orientali il monopolio del mercato del tè. Era un atto di controllo mercantilistico esercitato dalla madrepatria sugli americani. Nello stesso anno i coloni salirono sulle navi e gettarono in mare le casse di the—Boston tea party. Le rappresaglie inglesi furono durissime e si espressero in una serie di leggi dette intollerabili che sancivano una dipendenza ancora maggiore dell'America dal Parlamento inglese: chiusura del porto di Boston sino al risarcimento dei danni e l'abolizione delle autonomie del Massachussetts. 1774 si diffusero molti scritti contro il parlamento inglese. Thomas Jefferson, uno dei leader intellettuali della ribellione ribadì la distinzione tra corona e parlamento. Jefferson sosteneva che i coloni non erano vincolati alle decisioni del parlamento perché non vi erano rappresentanti e che le uniche rappresentanze politiche delle colonie erano le loro assemblee. L’ipotesi che si avanzava era quella di un Commonwealth britannico, fedele al re ma autonomo in tutte le sue componenti quanto al complesso dei poteri politici locali, dotato di assemblee rappresentative a cui era riconosciuta la stessa dignità del parlamento. L’Imghilterra lo considerò inaccettabile: l'insubordinazione delle colonie si espresse nella creazione di forme di potere alternative a quelle delle autorità britanniche. 5 settembre 1774- I CONGRESSO CONTINENTALE: le colonie riunite decisero il boicottaggio del commercio con la Gran Bretagna. L'anno dopo ci furono i primi scontri armati. II CONGRESSO CONTINENTALE nel 1775 nominò George Washington comandante della truppe. Giorgio III dichiarava ribelli i coloni americani; la data per la rivoluzione fu il 1776, l’anno della pubblicazione del Common Sense -un opuscolo di Thomas Paine- e della Dichiarazione d'indipendenza redatta da Jefferson (4 luglio 1777). Pain scriveva che il re aveva rotto il contratto con i sudditi americani e li aveva privati dei loro diritti ed era perciò un tiranno contro quale la ribellione era un dovere da compiere in nome dell'umanità intera. Nella Dichiarazione d’indipendenza sono espressi i principi ispiratori della nazione americana, che sono in sostanza 3— il diritto all'indipendenza e alla libertà è un diritto naturale, superiore a ogni volontà umana; attraverso il contratto sociale i governi si impegnano a rispettare tutti i diritti inalienabili degli individui; il rapporto tra governanti e governati è fondato sul consenso di questi ultimi e sul loro potere di controllo, il mandato dei governanti può essere in qualsiasi momento revocato quando i fini del contratto sociale non vengono rispettati. Il passaggio alla ribellione significò la guerra. 1777 Washington riorganizzò le forze armate e ebbe la meglio sull'esercito inglese. Nella battaglia di Saratoga i reparti americani sconfissero quelli inglesi. Ma fu l’intervento francese a fianco degli americani a incidere sulle sorti della guerra nel 1778. 1777- Intervenne anche la Spagna. Dopo la sconfitta a Yorktown delle truppe inglesi, nel 1783 fu firmata la pace di Versailles che metteva fine alla guerra angloamericana: la Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle 13 colonie nordamericane, alla Francia erano restituiti i territori nei Caraibi e nel Senegal, la Spagna riotteneva Minorca e la Florida persa dopo la guerra dei 7 anni. Una rivoluzione costituzionale Dopo la Dichiarazione d'Indipendenza molte colonie avevano messo a punto nuove carte costituzionali. 1777-11 congresso continentale approva approvati gli Articoli di confederazione, ratificati dai vari stati tra il 1778/81: con essi erano attribuiti al Congresso i poteri di difesa e politica estera; prerogative dei singoli stati e delle loro assemblee erano tutti gli altri poteri. La rivoluzione portò impoverimento: vaste regioni furono sconvolte dalle distruzioni della guerra. dopo il boom delle commesse militari, l'inflazione e la svalutazione del debito pubblico e dei titoli colpirono sia le campagne che le città; Inoltre il prodotto interno lordo fu dimezzato rispetto al valore anteguerra. Tuttavia, a fronte di questa sfavorevole congiuntura economica, non si verificarono tensioni sociali così gravi da compromettere gli effetti della Rivoluzione 1787-fu convocata la Convenzione di Philadelphia con il compito di rivedere gli articoli della costituzione del 1777 ed elaborare una nuova carta costituzionale (in vigore nel 1788) Il potere legislativo è conferito al Congresso degli Stati Uniti, composto da un senato e da una camera dei rappresentanti il senato è formato da due senatori per ogni stato, eletti per un periodo di 6 anni; la camera è formata da deputati,i eletti ogni 2 anni dai vari stati; ha poteri di natura finanziaria e fiscali. Il potere esecutivo è conferito al presidente degli Stati Uniti d'America, che dura in carica 4 anni ed è eletto dal popolo (che in ogni stato esprime elettori delegati i quali eleggono a maggioranza il presidente). E' il comandante dell'esercito e della marina, nomina i membri del governo federale ed esercita il diritto di veto sulle leggi approvate dal Congresso. Il potere giudiziario è conferito alla Corte suprema, composta da 9 membri a vita di nomina presidenziale, la cui base è costituita dalle Corti federali dei singoli Stati. La sua funzione è quella di controllare la legittimità costituzionale della legislazione federale e dei singoli Stati, e reprimere le controversie tra le istanze costituzionali. Il principio che ispirò il costituzionalismo americano fu quello della divisione e limitazione del potere la stabilità e l'efficienza dell'esecutivo dovevano conciliarsi con maggiore libertà e maggiore sicurezza per i cittadini. Nella carta costituzionale i limiti del potere legislativo erano esattamente definiti, infatti per bilanciare i vasti poteri tra esecutivo e legislativo si faceva leva su: il carattere elettivo di quasi tutte le cariche; i vasti poteri riservati al giudiziario; la sovranità delle decisioni delle Corti federali; il sistema di controlli dei governati sui governanti. 1791-La Costituzione fu ampliata da 10 emendamenti. Con essi veniva prestata maggiore attenzione ai diritti dei singoli, quali: uguaglianza giuridica e politica dei cittadini; libertà individuale di pensiero; libertà individuale di stampa; libertà individuale di religione. Permanevano l'esistenza della schiavitù (abolita solo nel 1865) e la limitazione del voto (abolita solo nel 1870, con l'entrata del suffragio universale). Il primo presidente americano fu George Washington eletto nel 1789 e rieletto per un quadriennio nel 1793. Erano venuti dall'Asia passando per l'estremo Nord gli indigeni d'America chiamati indiani, o più propriamente pellerossa -per via del colore ambrato della loro pelle. Quando giunsero gli emigranti europei, essi trovarono insediati in ogni parte del Nord America popoli che spesso ignoravano la loro rispettiva esistenza. Lungo la costa nord orientale vivono gli irochesi, dediti all'agricoltura e alla caccia e che, dal XVI secolo avevano dato vita ad un sistema politico -lega delle cinque Nazioni. Gli indiani del sud-est erano invece organizzati secondo un rigido sistema di clan. Lo stereotipo dell'indiano è legato ai cacciatori di bisonti insediati nelle Grandi Pianure del centro e del Nord. La prima fase del rapporto tra inglesi e indiani fu relativamente pacifica, tuttavia già nella particolare economia di scambio che si stabilì dall'origine vi erano le premesse della sistematica distruzione delle popolazioni indigene— tali prodotti vedevano le pellicce indiane contro alcol e armi da fuoco inglesi . Fu però la seconda fase, quella della frontiera americana, a portare a compimento lo sterminio delle popolazioni indiane (confinate nelle riserve, cioè in zone interamente delimitate, sempre più ai margini delle immense distese delle terre dei bianchi) Neri e schiavi Le prime importazioni di schiavi neri in Virginia si ebbero nel 1619. Si trattava di un qualche centinaio nel 1615, divennero poi 120.000 (su una popolazione di 170.000 bianchi) nel 1756. Nel 1776, nelle 13 colonie americane, vi erano circa mezzo milione di neri. La schiavitù prese piede in America per vincolare la manodopera alla terra: il suo sviluppo fu legato all'attività economica delle piantagioni di tabacco, molto presenti nel sud. La schiavitù e lavoro nero facevano parte dell'economia, ma anche dello stile di vita sociale e civile di una buona parte degli Stati Americani del Sud. 1774 sotto la dominazione inglese, il congresso continentale cercò di porre un argine all'importazione di schiavi. Nella prima stesura della Costituzione Jefferson aveva denunciato la responsabilità del re di Inghilterra nel mercato degli schiavi neri, purtroppo la pressione dei proprietari di schiavi indusse Jefferson a cancellare il passo. Gli inglesi offrirono più occasioni di libertà ai neri, se questi si fossero arruolati nelle loro file, ma questi fuggirono numerosi dalle piantagioni. Anche i comandanti americani finirono per servirsene (ciò avvenne solo al nord). MOVIMENTO ABOLIZIONISTA -su cui influirono sia l'umanitarismo cristiano che il movimento dei lumi- volto ad abolire la schiavitù al nord 1804 la schiavitù rimase solo negli stati del sud. 14. VALORI, SIGNIFICATI E INTERPRETAZIONI DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE La Rivoluzione Francese accelerò la crisi dell'antico regime e gettò le basi della civiltà politica contemporanea. Nessuno può disconoscere il significato di rottura storica dell'ultimo decennio del 700: % * La rivoluzione significa il crollo della monarchia per diritto divino; la fine dell'Antico regime si espresse in alcuni atti fondamentali -abolizione della feudalità e dichiarazione dei diritti dell'uomo e dei cittadini- che distrussero il principio della società di ordini fondata sul sistema privilegiato; la sovranità divenne espressione della volontà Popolare; % * % * In realtà tutta l'economia francese stava attraversando una congiuntura sfavorevole: il vino, prodotto trainante dell'agricoltura era in crisi; l'industria tessile subiva la concorrenza dei più economici prodotti inglesi; la disoccupazione crescente gettava sul lastrico masse di popolazione, che minacciavano l'ordine pubblico. Necker cercò di non assumere nessuna iniziativa politica di rilievo sino alla convocazione degli Stati Generali. 1788—il Parlamento di Parigi dichiarava che i tre ordini dovevano riunirsi e votare separatamente: in questo modo clero e nobiltà avrebbero avuto sempre il sopravvento nelle delibere. Con la convocazione degli Stati Generali Necker si riprometteva l'abolizione dei privilegi fiscali e il ridimensionamento dei poteri della nobiltà, a favore del Terzo Stato. Decise di raddoppiare il numero dei rappresentanti al terzo stato e di garantire il voto per testa e non per ordine -limitatamente alle questioni finanziarie. 27 Dicembre 1788— il Consiglio del re accordò al Terzo stato il raddoppio. La nobiltà esplose nel Poitou, in Bretagna, in Franca Contea e nella Provenza, provocando guerre civili. Furono i mesi dell'autocoscienza del terzo stato e della preparazione ideale e politica della prima fase della rivoluzione. In tutta la Francia furono convocate assemblee per eleggere i deputati agli Stati Generali: divennero una sorta di consultazione sugli umori del Paese. Attraverso i Cahiers de doléances -registri di richieste, per petizioni e denunce, redatti nel corso delle assemblee elettorali e presentati da al sovrano- era possibile capire sia i sentimenti comuni sia la natura del conflitto tra gruppi e Ceti della società. Nobiltà e gruppi del Terzo Stato avevano alcuni elementi in comune: devozione alla monarchia e, al tempo stesso, il bisogno di sostituire il potere assoluto del re e quello legislativo di una rappresentanza nazionale; fine del dispotismo dei ministri; affermazione della libertà di Stampa; tolleranza religiosa. Se i ceti privilegiati chiedevano il mantenimento del sistema degli ordini e si opponevano al voto per testa, così come all'abolizione dei diritti signorili, il Terzo stato rivendicava il voto per testa e affermava che la libertà era inseparabile dall'uguaglianza dei diritti. 5 maggio 1789—Gli Stati Generali si riunirono a Versailles, su richiesta del Re. Di essi una metà era costituita dai rappresentanti del Terzo Stato, l’altra metà era formata da rappresentanti della nobiltà e del clero (la rappresentanza di questi due ultimi ordini non era una genia poiché una parte dei Nobili era più illuminata e liberale -vedi La Fayette- e una parte del clero era costituita da parroci che simpatizza vano con il terzo stato). Nobiltà e clero prima rifiutarono la proposta del Terzo Stato di riunirsi in un’unica assemblea, ma la divisione al loro interno e la resistenza della corte giocarono a favore delle rivendicazioni del Terzo Stato. Tuttavia l'assemblea non poté riunirsi poiché il re fece trovare chiusa la sala in cui si svolgevano le riunioni degli Stati Generali— i delegati si riunirono nella sala destinata al gioco della Pallacorda e ribadirono in giuramento la loro unità, il carattere Nazionale dell'assemblea e l'impegno a stabilire una solida costituzione per il Paese (Giuramento della Pallacorda, 20 giugno 1789!!!) 9 luglio 1789— i rappresentanti del Terzo Stato, del clero e dei nobili liberali, dopo essersi opposti all'ordine del re di procedere e deliberare divisi per ordini, si proclamarono Assemblea Nazionale Costituente. Si sciolgono gli Stati Generali L'assemblea nazionale costituente Un vecchio organismo come gli Stati Generali aveva impresso una svolta alla vita politica francese: si era dato il compito di sostituire alla monarchia per diritto divino la monarchia costituzionale, aveva proclamato la nazione unica fonte di sovranità. Luigi XVI, Accettando il voto per testa e ordinando il 27 giugno ai rappresentanti delle nobiltà e del clero di unirsi a quelle del terzo stato, legittimò l'Assemblea nazionale. Tutti continuavano a considerare necessaria la sanzione regia e Luigi era il garante del patto con la nazione; i 3 ordini non si erano dissolti e l'assemblea nazionale costituente fu il prolungamento degli stati generali. Il re fece circondare la città da mercenari stranieri; l’11 luglio licenziò Necker e lo sostituì con un ministro più fedele all'aristocrazia. Il terzo Stato promosse la creazione di una milizia controllata dalla municipalità di Parigi, ma il popolo della capitale si organizzò autonomamente: assalì postazioni militari alla ricerca di armi, uffici del dazio e simboli del potere fiscale. 14 luglio 1789—artigiani, operai e piccoli commercianti assalivano la fortezza della Bastiglia dove erano rinchiusi i rei di stato. I soldati uccisero un centinaio di persone ma furono costretti alla resa, a dimostrazione della caduta del simbolo dell'assolutismo e della forza militare del Terzo stato. Luigi XVI doveva correre ai ripari: richiamò Necker al governo e licenziò le truppe straniere. Nel mese di luglio, nelle città si costituirono municipalità fedeli all'Assemblea nazionale e una forza armata -Guardia Nazionale, al comando del generale La Fayette. Nelle campagne ci furono rivolte antifeudali che colpirono castelli, archivi signorili ecc. e venne ostacolata la riscossione della decima. La Guardia Nazionale represse le rivolte e requistò il grano. 4 agosto 1789—l'Assemblea Nazionale decise l'abolizione dei privilegi feudali; cadde il il pilastro del feudalesimo inteso come regimi su uomini e terre. Il 26 agosto l’assemblea proclamava in 17 articoli la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino in cui erano enunciati i principi dell’89: > ‘Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti”. essi sono padroni della loro persona; purché rispettino la libertà altrui, possono esplicare liberamente la loro attività fisica e intellettuale, parlare e scrivere, lavorare e inventare; la legge è uguale per tutti; le professioni e le funzioni pubbliche sono accessibili a tutti senza distinzione di nascita; >» Lo stato assicura al cittadino l'esercizio dei suoi diritti; => Ilprincipio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione; > Selo stato viene meno ai suoi doveri il cittadino ha il diritto di resistere all'oppressione. Mancava ai decreti di agosto, l’approvazione del re; Luigi XVI li approvò solo dopo una marcia popolare su Versailles (5-6 ottobre 1789) e dopo l’arrivo a corte della Guardia Nazionale parigina. Sotto la pressione della folla che invase i suoi appartamenti quelli e di Maria Antonietta, il re fu costretto a subire il trasferimento della corte a Parigi, nel palazzo delle Tuileries. Anche l'Assemblea Costituente si trasferì a Parigi e creò una democrazia parlamentare sotto l'egida del re e della legge. Il punto di arrivo fu la Costituzione del 1791. ma prima di arrivare alla sua promulgazione, l'Assemblea dovette affrontare le ‘urgenti questioni finanziarie. 2 novembre 1789— i beni della chiesa divennero proprietà della nazione, col nome di ‘assegnati’. Dopo qualche mese l'Assemblea fu costretta a decretare il corso forzoso degli ‘assegnati’. La riforma agraria fu attuata con la soppressione di tutti i privilegi connessi al feudalesimo: furono soppresse decime e gerarchie feudali, i diritti di primogenitura e tutti gli obblighi di natura personale. La costituente attribuì larghi poteri alle municipalità e riorganizzò il territorio in dipartimenti, distretti e cantoni. Con la riforma giudiziaria fu abolita la venalità degli uffici, la giustizia fu separata dall’amministrazione secondo il principio della divisione dei poteri, furono istituiti due tribunali nazionali -l'Alta Corte e il Tribunale di cassazione. luglio 1790—fu approvata la Costituzione civile del clero. Tutte le cariche, dal vescovo al parroco, furono elettive; le diocesi corrisposero ai dipartimenti; il clero venne sottoposto al controllo dello stato. La reazione di Roma e del pontefice Pio VI fu durissima. In Francia il clero si spaccò: alcuni accettarono il nuovo ordinamento, altri rimasero fedeli alla gerarchia di Roma. L’attività legislativa e le scelte politiche dell'assemblea nazionale furono coronate nella costituzione del 1791: O Conferma di tutti gli articoli riguardanti le libertà fondamentali del cittadino della dichiarazione dei diritti dell'89 O La divisione dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario in tre autonomi organismi politici O Concentrazione del potere legislativo in un'assemblea legislativa (475 rappresentanti, 4 anni di carica) O L'attribuzione al sovrano del potere esecutivo (diritto di veto, prerogative limitate dai poteri militari-diplomatici-di politica estera; trattati e dichiarazioni di guerra/pace votate dall'Assemblea O L'attribuzione del potere giudiziario a giudici eletti dal popolo O Ilcarattere gratuito dell'istruzione primaria Nella costituzione del 1791 erano realizzate le idee ispiratrici dell’Illuminismo come la separazione dei poteri e la nuova concezione della rappresentanza fondata sulla democrazia parlamentare. 20-21 giugno 1791-Luigi aveva lasciato Tuileries per fuggire dal paese; fu bloccato, arrestato e condotto sotto scorta a Parigi. La fuga del re e la reazione che provocò portarono alla scoperta gli schieramenti, le forze e i leader della rivoluzione. In base alla collocazione dei deputati nell'assemblea si formarono gli schieramenti di destra e sinistra: al primo facevano capo nobili liberali come La Fayette, protettori e consiglieri del sovrano; a sinistra c'erano i deputati più radicali come Robespierre inclini a un processo di maggiore democratizzazione delle conquiste della rivoluzione. fine 1789—fu creata la Società degli amici della costituzione detti Giacobini perché si riunivano nel convento sconsacrato dei domenicani (jacobins) di Rue St. Honoré a Parigi. Agli inizi la società era composta prevalentemente da parlamentari con l'obiettivo di lottare contro i privilegi e di instaurare una monarchia costituzionale. Nel 1790, con più di 1000 membri, si divise in diversi club: il più radicale era quello dei Cordiglieri che raccoglievano esponenti di ceti diversi ed erano il canale di collegamento tra artigiani, salariati parigini e professionisti. Dal centro giacobino, oltre alla sinistra dei cordiglieri si staccò la destra dei foglianti nel 1791 (più precisamente la società degli amici della Costituzione con sede ai Foglianti,nata il 16 luglio 1791). agosto 1791— Federico Guglielmo II insieme all'imperatore e all'elettore di Sassonia firmò la Dichiarazione di Pillnitz: la condizione del re di Francia fu considerata oggetto di comune interesse per tutti i sovrani d'Europa. Giorgio III d'Inghilterra disse che sarebbe rimasto neutrale; Carlo IV di Spagna e Vittorio Amedeo di sardegna non volevano esporsi a una guerra. A Pillnitz non fu possibile raggiungere un accordo per un intervento armato contro la Francia. Il 14 settembre Luigi XVI fu costretto ad accettare la nuova Costituzione, il sovrano venne reintegrato nei suoi poteri e la costituente si sciolse. L'assemblea legislativa (ottobre 1791- agosto 1792) 1 ottobre 1791— si riunisce l'assemblea legislativa composta da deputati foglianti, giacobini e cordiglieri. Una nuova sinistra si formava nell'assemblea legislativa: il gruppo chiamato dei Girondini che reclutava la piccola borghesia delle professioni ed era favorevole al consolidamento della democrazia politica e alla guerra sorpresa contro l'Austria per sconfiggere i nemici interni ed esterni alla rivoluzione. Tra il 1791 e il 1792 a volere la guerra erano in molti oltre ai girondini: la Fayette che contava di assumere il comando dell'esercito, la corte e il suo partito dalla guerra si ripromettevano un rafforzamento della monarchia. 20 aprile 1792— Luigi XVI sotto la pressione dei girondini dichiarò guerra all'Austria, a fianco della quale scese la Prussia. Gli inizi della campagna militare furono disastrosi per la Francia e, nel luglio del 1792, l'assemblea legislativa proclamò che la Patria era in pericolo. 10 Agosto 1792— il popolo parigino (i sanculotti) assalî il palazzo delle Tuileries, uccise le guardie e costrinse Luigi a mettersi sotto la protezione dell'assemblea legislativa questa votò la deposizione del sovrano, il riconoscimento di una nuova municipalità parigina (il comune insurrezionale), la creazione di un consiglio esecutivo provvisorio in attesa di elezioni a suffragio universale maschile. La caduta della monarchia rappresentò la vittoria del movimento democratico.
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