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Riassunto del „Profilo linguistico dei dialetti italiani“ di M. Loporcaro, Sintesi del corso di Linguistica

Riassunto del „Profilo linguistico dei dialetti italiani“ di M. Loporcaro

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 07/05/2024

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tina-me 🇮🇹

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Scarica Riassunto del „Profilo linguistico dei dialetti italiani“ di M. Loporcaro e più Sintesi del corso in PDF di Linguistica solo su Docsity! M. Loporcaro – Profilo linguistico dei dialetti italiani Trascrizione ed altre convenzioni di notazione  IPA  [ʃ ʒ t͡ʃ d͡ʒ]: consonanti palatali  [š ž č ǧ]  [s z]: sale, rosa  [t(t)s d(d)z] affricate dentali: mazzo/razzo  [k] occlusiva velare: casa; [c] occlusiva palatale sorda: chiave (pronuncia meridionale)  [e o] vs. [ɛ ɔ]  [y ø]: vocali anteriori arrotondate (ü/ö)  [œ] vocale anteriore arrotondata medio-bassa  [j w] semiconsontanti prenucleari, [̯i u̯] postnucleari Capitolo 1: Preliminari di metodo  il concetto di dialetto, nozioni e strumenti fondamentali di dialettologia (generale ed italiana) 1.1 Dialetto e lingua  Dialetto = “una varietà linguistica non standardizzata”, piuttosto uso orale, senza impieghi formali/istituzionali  I dialetti italiani si affiancano all’italiano standard su base toscana/fiorentina (per vicende storico-politiche tra il ’400 e ‘600  Prose !!  Al inizio questo standard solo nei ceti alti/intelletuali, poi nel ‘900 diffusosi in tutta la penisola come varietà orale quotidiana  normalizzazione/standardizzazione, tutte le altre parlate  ‘dialetti’  Etimologia: dal greco x disegnare le diverse varietà del greco nei diversi generi letterari  Umaneismo (lat. ‘dialectus’) + ’500 italiano  Status sociolinguistico subalterno, prima del ‘500 furono i volgari in opposizione al latino  Anche dialetti di altre lingua, giunti in Italia x colonolizzazione/migrazione  colonie/isole linguistiche alloglotte  minorità perché non derivano direttamente dal latino  Importantissimo tenere in mente che i dialetti non siano minoritari nel senso di lingua 1.2 Fra dialetto e lingua  Dialetti romanzi primari: subalterni sociolinguisticamente, ma stessa lingua di origine  Dialetti secondari: “quei dialetti insorti dalla differenziazione geografica di tale lingua anziché di una lingua madre comune”, p. es. italiani regionali (varietà intermedie tra standard e dialetto locale), come standard diversificato  Esiste anche il dialetto regionale  importante: si tratta sempre di sociolinguistica qua! 1.3 Eteronimia e lingua tetto  Autonomia della lingua (tetto), eteronimia del dialetto (anche riconosciuti come tali dai parlanti stessi)  fatto sociopolitico, importante anche per la possibile standardizzazione di un dialetto (p. es. prestiti anche)  Anche cruciale x stabilire chi sia un dialetto italiano e chi no p. es.  avvio al problema della classificazione 1.4 Isoglosse, confini dialettali, continuum  Isoglosse: tratti condivisi da più varietà (anche x opposizione però)  un’isoglossa su una mappa divide due aree in cui un dato tratto si manifesta difersamente (eteroglossa secondo altri studiosi)  Oppure, altre definizione: “linea che unisce i punti estremi di un’area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico”  Isoglossa anche sinonimo di tratto  isoglossa “come linea di demarcazione” come definizione maggoritaria  Tre criteri esterni per la classificazione dei dialetti: natura storico-culturale (lingua tetto), storico-politica (spostamenti di confini) o storico-culturale (spostamenti di popolazioni  isole linguistiche, ostacoli naturali che dividono delle popolazioni anche  Criteri interni: isoglosse! Tra Torino e la Sicilia esiste un continuum dialettale, tutti derviati dal latino, ci si capisce con i dialetti adiacenti, esiste anche per la Romània continua  dialettizzazione primaria 1.5 Il mutamento linguistico come fattore di dialettalizzazione  Distinizione fra due valori di un tratto per il mutamento linguistico  Neogrammatici: mutamento regolare  sennò: prima trovare ragioni interne (ad esempio un’altra legge fonetica  interferenza). Sennò  analogia/prestito (cfr. diacronica anche). In linguistica ultima istanza di spiegazione, senza formazione linguistica può anche essre la prima 1.6 Classificazione dialettale e mutamento linguistico  Continuum dei dialetti, impossibilità di confini netti (Schuchardt)  Ascoli: comunque esistono delle fasce di isoglosse (p. es. x distinizoni dei dialetti settentrionali da dal toscano)  mutamento linguistico nel tempo e nello spazio (non come dicevano i neogrammatici)  anche per diffusione lessicale, fino alle standardizzazione (o anche no, cfr. sonorizzazione in toscano, p. 18)  esiste poi anche la variazione diastratica e diafasica  è molto difficile, ma cmq necessario cercare di tracciare dei confini linguistici 1.7 Lo studio dei dialetti italiani: metodi e strumenti  Oggetto di studio = dialettologia  descrivere i dialetti + la loro evoluzione dal latino  Lingua come sistema, sincronia e diacronia (Saussure, 1922)  storia coinvolta, ma allo stesso tempo prospettiva interna  Ascoli: solo asse temporale; Schuchardt (1870) anche coinvolto lo spazio, senza confini chiari; Meyer (1875) non esistono dialetti, ma differenze spaziali sono solo singoli fenomeni  Geolinguistica  atlanti dialettali, in extremis: dialettometria  carte di simmetria con Roma al centro. Dialettometria si occupa però solo della parole, non della lingua  raccolta dei dati passo primario, analisi secondaria  A partire dall’800 quindi sia lavoro interno alla lingua (morfologia p. es.), che esterno includendo lo spazio  Lavori contrari alla dialettometria: alcuni lavori recenti che si occupano solo dei fattori interni, senza coinvolgimento della spazio et al.  Posizione intermedia: grammatica di Rohlfs  esistono vari metodi di come fare dialettologia (incl. Panoramica su alcuni atlanti) o Dialetti croati (isole linguistiche) o Dialetti greci: nel Meridione, parte salentina (da alcuni considerata come una continuazione ininterrotta dalla colonizzazione magno-greca/bizantina) vs. calabrese (sta diminuendo) o Dialetti albanesi: dall’Abruzzo alla Sicilia, anche riduzione (x assorbimento)  Varietà alloglotte gallo-romanze, (franco-)provenzali: al confine NW, vicino ai territori francesi/svizzeri […]  Dialetto catalano ad Alghero (Sardegna)  Colonie gallo-italiche: Italia meridionale, migrazione nell’epoca normanna, area ligure- piemontese-alessandrina, anche un po’ dappertutto  […] 3.3 La questione ladina  fin qui si sono descritti: varietà dialettali romanze, oppure quelli non-romanze che però sono in contiguità territoriale con aree extraitaliane oppure isole linguistiche, quasi tutti con una lingua tetto diversa dall’italiano (tranne [franco-]provenzale)  varietà non circoscrivibile così: ladino  secondo Ascoli: tre aree  friulano, ladino dolomitico, romancio  primi due oggi italiani nel senso di politica/amministrazione, ma solo il friulano italiano come lingua tetto, ma Grigione è svizzero e orientato verso la lingua tedesca  Pellegrini (?) colloca il ladino (unitario) nelle aree alloglotte, però non esistono dei tratti innovatori comuni, alcuni tratti nel Medioevo erano anche ascrivibili ai dialetti settentrionali  sugo? 3.4 La “Carta dei dialetti” di G. B. Pellegrini  Carta di riferimento, lingua guida/tetto: italiano, così inclusione/esclusione delle varietà  Dialetti settentrionali (alto-italiani): gallo-italici vs. veneti  Dialetti friulani  Dialetti toscani  Dialetto centro-meridionali (mediani, alto-meridionali/meridionali-intermedi, meridionali estremi  Dialetti sardi Capitolo 4: L’Italia dialettale  panoramica sistematica della conformazione strutturale dei dialetti 4.1 I vocalismi italo-romanzi  Vocali toniche: in latino dieci fonemi (= unità fonologicamente pertinenti coppie minime)  cinque vocali, brevi e lunghe  lunghezza vocalica distintiva (distinzione di timbro), tratto di quantità era quindi ridondante  lunghezza non più tratto distintivo per le varietà (italo-)romanze  Modello + semplice: sardo  cinque vocali, solo varianti medio-basse, toniche e atone  Sistema vocalico pan-romanzo: sistema di partenza x tutti gli altri dialetti tranne per il sardo e il rumeno, discussioni sul siciliano  […] alla grande, ma riguardare appunti diacronica!  Fenomeni importanti: allungamento di sillaba aperta accentata + metafonia  allofonia in toscana + alla fine porta alla dittongazione (cfr. anche diacronica!)  Vocali atone finali: isoglosse cruciali  Area mediana/sardo logudorese più conservative  Toscano U/O > o, ma distinzione e/i  Alcuni dialetti settentrionali hanno la caduta delle vocali finali, nel Alto-Meridione [ə] […]  In alcuni sviluppi secondari si ha l’adattamento della vocale finale alla vocale tonica (armonia vocalica  destrosa) 4.4 Dialetti toscani  a Sud della linea La Spezia-Rimini, fiorentino, senese, t. occidentale, aretino-chianaiolo, grossetano-amiatino (entrambi anche tratti mediani)  posto centrale nella storia linguistica italiana, posizione geografica intermedia  abbastanza conservativo cfr. al latino, fiorentino più conservativo della Toscana  molte volte tratti innovatori non condivisi, definizione per via negativa, cmq alcuni tratti sono passati alla lingua nazionale  isoglosse hanno non tutte la stessa estensione + non tutte coincidono con l’intero territorio toscano  Lunigiana ospita anche dialetti non toscani (emiliano/ligure), settentrionale di firenze  romagnolo  certamente rileggere anche  Tratti caratteristici: o -u/-o finali latine in -o o Dittongamento toscano in sillaba aperta accentata (cfr. standard), [wɔ] rimonotongato nel ‘600/’700 o -RI- > [j] o Schürr: dittongazione toscana per via della vocale finale  dittongazione di sillaba aperta nel fiorentino sarebbe stato frutto di un riaggiustamento, analogia tra i generi  ad Arezzo c’è un tipo diverso, metafonia (darum hends au diskutiert) o Confutazione: bene/nove no perché raramente alla fine della frase (protonia sintattica) + esiste anche col dittongo o Doppia forma dell’articolo sg. m. il/lo  Tratti fiorentini anch’essi passati allo standard o -AR- > [er] o Anafonesi […]  diacronica o -iamo per la 1a p. pl. (resto Toscano -amo/-emo/-imo) o noi si canta o raddoppiamento fonosintattico dopo vocali toniche finali (con eccezioni + nel resto d’Italia solo dopo parola che terminava con consonante in latino)  esistono cmq molte differenze tra lingua comune e fiorentino  x evoluzione dialettale successiva o clitici soggetti “te (pron. tonico) tu (clitico obbligatorio per il verbo finito) dici”  perdita di distinzione di caso  te diventa anche soggetto  mutamento post- medievale, rimasto in italiano o anche la gorgia è posteriore o conservazione (invece di ulteriore innovazione): questo – codesto – quello o [alcuni tratti da altre aree in alcune zone della toscana  muesch denn vllt am dialekt selber gugge] 4.7 Note lessicali  Il lessico come interfaccia di cultura e lingua, riflessione di concezioni del mondo, tassonomie della realtà naturale e usanze + il lessico come specchio delle vicende storiche  Scaldare < EXCALDARE (francese no)  Anche possibile di suddividere delle aree grazie al lessico (adesso -> Settentrione, ora -> toscano, ‘mo -> centro-meridionale  In Toscana rimane il capo, mentre in altre aree esiste anche il femminile + “la testa” lì non esiste  Toscano/Settentrione a volte usano diminutivi, il Meridione invece no (fratello)  Cieco < CACEUM, Sud < CAECATUM (innovazione morfologica), donna vs. femina, esistono anche delle parole idiosincratiche per le regioni  Lessico sardo molto diverso, anche alcune parole standardizzate da altri dialetti del toscano […]  Capitolo 5: Il dialetto nella società italiana: passato, presente, futuro  considerazioni storico- metodologiche (l’oggetto di studio nel suo contesto sociale e culturale, ‘800-2000) 5.1 La perdita del dialetto  Il capitolo 4 tratta i dialetti da un punto di vista fonetico + è fortemente idealizzato, la situazione cambia in sociolinguistica (anche la carta di Pellegrini è idealizzata)  Dopo l’unione dell’Italia, la lingua è stata omogeneizzata, avvicinamento crescente allo standard  difficile dire se si tratti pure di un cambio di lingua (abbandono completo del dialetto)  Impossibilità di una suddivisione netta tra dialetto e lingua, compenetrazione anche  Caso romanesco: originariamente dialetto centro-meridionale, nel ‘400/’500 stretto rapporto con la Toscana + Stato della Chiesa  varietà toscanizzata […], nel resto d’Italia solo nel ‘900  Diglossia senza/con bilinguismo vs. bilinguismo senza diglossia (compresenza di una lingua “bassa” e un’”alta”; commutazione referenziale  cambio del codice // cambio della situazione, crescente perdita del dialetto  Poi dialetto molto spesso come “coloritura stilistica”  commutazione metaforica 5.2 Sdialettizzazione e riduzione della diversità culturale  Questo processo è già successo nei secoli prima negli altri paesi, in Italia nel ‘900  In Francia già prima per ragioni storico-politiche, perseguita pure attivamente durante la Rivoluzione (anche // l’alfabetizzazione)  Concezione romantica: un popolo, una lingua  Nel 1861 in Italia situazione simile, il 78 % di analfabeti, scolarizzazione necessaria + sradicamento delle culture popolari  Manzoni: proposta di un vocabolario su base fiorentina come norma, dialetto come ostacolo, da sostituire (l’Ascoli avrebbe voluto che i dialetti fossero mezzi aggiuntivi: innalzamento della cultura come via maestra per l’integrazione della nuova comunità nazionale)  Invece però sdialettalizzazione  perseguito soprattutto nelle scuole, non “creazione di uno stabile repertorio plurilingue”, sempre di più anche vergogna del dialetto, cessazione di trasmetterlo alle nuove generazioni, futuro molto scuro.
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