Scarica Riassunto del saggio "La prospettiva come forma simbolica" e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! La prospettiva come «forma simbolica» di Erwin Panosfsky
Argomento e tematiche affrontate
Nel saggio “La prospeffiva come forma simbolica” 1927 (tradotta in italiano nel 1961), Erwin
Panofsky compie una accurata analisi della concezione di spazio dall'antichità classica all'età
moderna, dimostrando come gli artisti rappresentavano la spazialità secondo la concezione che essi
avevano del mondo.
Partendo dalla definizione dureriana, “Item Perspeciiva isi ein lateinisch Wor bedeutt ein
Durchsehung” ["perspectiva è una parola latina, significa vedere attraverso], egli fa una analisi della
concezione di spazio. Per l'autore non c'è contrapposizione tra spazialità antica e spazialità
rinascimentale, semplicemente nell'antichità si aveva un'idea di spazio finito, non omogenio, in
rapporto alla percezione fisiologica spaziale, mentre nel mondo si affermava l'idea che lo spazio
fosse infinito, omogeneo e sistematico, e dunque la prospettiva doveva essere costruita mediante
regole geometrico - matematiche.
La prospettiva, in tutte le sue forme progressivamente definite nei secoli, non è determinante per
stabilire il valore artistico; tuttavia costituisce un importante elemento stilistico dell'opera stessa, è una
di quelle forme simboliche attraverso cui le singole culture, le singole epoche rendono visibile la loro
concezione spaziale.
Contenuto
Il libro è diviso in sette parti. | primi quattro capitoli sono l’analisi di Panofsky sulla concezione di spazio
nelle varie epoche. La quinta parte sono le note. La sesta parte sono le tavole prese in considerazione
dall'analisi. Infine, l'ultima parte, è una nota su “La questione della prospettiva” a cura di Marisa Dalai
Emiliani.
Capitolo |
Il libro si apre con la definizione dideriana di prospettiva “Item Perspecliva ist ein loteinisch Wor,
bedeutt ein Durchsehung" [perspectiva significa vedere attraverso].
l'intuizione prospettica dello spazio concepita nel Rinascimento, si traduce nell’immaginare l'intero
quadro come una finestra sul mondo attraverso la quale noi crediamo di vedere lo spazio.
Il quadro viene rappresentato come un'intersezione piana della cosiddetta “piramide visiva” che si
forma tra l'osservatore e lo spazio che lo circonda, nel quale noi poniamo i punti caratteristici
dell'oggetto che intendiamo rappresentare. Quindi se possediamo l'alzato e la pianta di un oggetto
saremo in grado di rappresentarlo in prospettiva. Nella prospettiva rinascimentale tutte le ortogonali
convergono verso un punto di vista unico, le parallele invece hanno un punto di fuga comune, se
invece giacciono sul piano orizzontale, il punto di fuga coincide con l'orizzonte, cioè sulla retta
orizzontale che passa per il punto di vista. Questa “prospettiva centrale” si otfiene presumendo uno
spazio infinito e omogeneo e che noi osserviamo con occhio immobile. Tuttavia il concetto di
infinito, costante e omogeneo, in breve puramente matematico, non è percepibile dall'uomo,
poiché la percezione ne ignora il concetto stesso. Dobbiamo anche negare l'idea di omogeneità,
essendo data da una relazione dei punti che sono all'interno dello spazio, che sono, tuttavia, privi
di contenuto, ed esistono uno in funzione dell'altro, essendo espressioni di relazioni ideali. Tali punti
cambiano a seconda dei nostri bisogni, per questo lo spazio omogeneo non è lo spazio dato, ma
lo spazio costruito.
La prospettiva è un processo di astrazione mentale nel quale noi spogliamo gli oggetti dalla loro
identità per rappresentarli in uno spazio matematico rigoroso.
Tuttavia la prospettiva presenta molti limiti:
- non considera il fatto che il nostro occhio è in continuo movimento, e che quindi cambia
modo di vedere la realtà.
- Non considera l'interpretazione psicologica che noi diamo a ciò che vediamo, una realtà
che varia da persona a persona.
- Non considera che la realtà sia proiettata sul bulbo oculare, quindi su una superficie
concava, non piana.
Quest'ultimo punto porta a due conseguenze, la prima, puramente matematica, consiste nella
creazione delle “aberrazioni marginali”, che contraddistinguono l'immagine prospettica rispetto
all'immagine retinica, da parte dell'occhio.
Se prendiamo una linea e la dividiamo in tre segmenti disuguali e li guardiamo da uno stesso
angolo, ci accorgeremo che le linee sono approssimativamente uguali, poiché riflesse su una
superficie concava. Mentre su una superfice piana rileveranno la loro originaria disuguaglianza.
La seconda conseguenza sono le linee rette, che nella prospettiva sono rappresentate in quanto
rette, nella realtà, a causa della configurazione dell'occhio, vengono percepite come leggermente
incurvate.
come se fossero una finestra, devono ora assecondare la curva. Ciò non permette che si guardi
attraverso.
Paesaggi con scene dell'Odissea, Roma, scavo di una domus in via Golizia (odiema via Cavour]
metà del | secolo a.C. [prima del 46 a.C.)
Ma l'arte Bizantina, che in fondo non si staccò mai compiutamente dalla tradizione antica, non
pervenne a una rottura radicale con i principi della tarda Antichità (cosi come non raggiunse mai un
vero Rinascimento). Per quanto riguarda l'elemento prospettico quest'arte si servi sì di paesaggi e di
architetture, ma alludevano soltanto allo spazio circostante, ma non lo circoscrivevano.
Molto più radicale del bizantinismo fu il romanico, che riuscì ad attuare una frattura con l’arte
Classica. La linea diventa solo un mezzo grafico “sui generis” per raffigurare delimitazioni e
ornamentazioni delle superfici, non allude in alcun modo ad un senso di spazialità, che è una
premessa indispensabile per lo sviluppo di una concezione spaziale moderna. Corpi e spazio ora
sono uniti per la vita, e se nel futuro il corpo andrà sviluppandosi, ciò dovrà avvenire anche per lo
spazio. Questa evoluzione si attua soprattutto nella scultura dell'Alto Medioevo. Ora la figura in
rilievo non è più un corpo che sta davanti ad una parete o în una nicchia: la figura e lo sfondo del
rilievo sono le forme in cui si esprime un'unica e medesima sostanza.
Rilievo con la Cena, 1260 circa. Namburg, Duomo,
Un simbolo estremamente significativo di ciò è che la statua dell'alto gotico non può vivere senza il
baldacchino, il quale la connette alla massa complessiva dell’edificio, la delimita e le assegna una
parte di spazio specifico. Il rilievo acquista così una determinata zona spaziale, trasformando lo
spazio in cui sono, quasi come se fosse un palcoscenico.
Nell'Antico Gotico c'è, nuovamente, un
distacco tra spazio e corpi. Esso rappresenta
una sorta di apertura, poiché lo spazio,
sebbene staccato dai corpi, continua ad
essere parte di quel “tutto” omogenea.
Un mosaico del Battistero di Firenze mostra
quella costruzione con asse di fuga che già
ben conosciamo, il soffitto a cassettoni è
costruito prospeftficamente, anche se poi si
rinuncia a costruire il pavimento e le pareti
laterali.
Il sogno del faraone, mosaico, fine del XII secolo. Firenze,
Battistero.
Invece in questo mosaico del duomo di Monreale, le pareti laterali sono rappresentate in scorcio,
mentre anche qui manca il pavimento.
Cena, mosaico, seconda metà del XII secolo. Monreale, Duomo.
In un altro mosaico dello stesso ciclo il pavimento è già in piastrelle in scorcio, le linee di profondità,
per quanto orientate verso due centri diversi, convergono già in modo abbastanza esatto. Tuttavia
questo pavimento a piastrelle non è in alcun modo connesso con gli altri elementi dell'architettura,
infatti le figure sembrano librare al di sopra del pavimento, anziché appoggiare su di esso
Risanamento dello zoppo, mosaico, seconda metà del XII secolo.
Monreale, Duomo,
Il momento in cui si costituisce la cosiddetta “prospettiva moderna” avviene quando i concetti
cardine di bizantino e gotico vengono sintetizzati in una nuova idea spaziale. | fondatori di tale
sintesi sono Gioffo e Duccio, mediante i quali riaffiora il concetto di superficie pittorica come
porzione della realtà percettiva. Rispetto all’antichità lo spazio diviene più saldo e organizzato
unitariamente,
Non sappiamo se sia stato effettivamente Brunelleschi il primo ad elaborare una prospettiva piana
matematicamente esatta.
Già i Lorenzetti, come abbiamo visto, avevano osservato una costruzione matematica, ma mancava
ancora un metodo per misurare con la stessa precisione gli intervalli in profondità delle trasversali, le
quali delineano il quadrato di base. Ad Alberti {1404-1472} dobbiamo la definizione del “quadro
come iniersezione della piramide visiva", che resterà fondamentale per tutte le epoche successive.
Basta valersi di questa piramide visiva per costruire l'alzato laterale e gli intervalli di profondità.
Panofsky afferisce che non vi è alcun motivo di dubitare del fatto che sia stato Brunelleschi a
inventare questa costruzione che è così fipicamente legata alla pratica architettonica, come si
concede all'Alberti, il merito di aver conciliato il nuovo metodo astrattamente logico con quello
tradizionale, facilitandone cosi la pratica pittorica.
Così il Rinascimento era giunto a razionalizzare anche sul piano matematico quella immagine dello
spazio che era già stata unificata esteticamente mediante un processo di astrazione del Medioevo.
Con la prospettiva quindi si razionalizzava la realtà percettiva, creando un mondo empirico
matematicamente corretto e infinito. Ora possiamo capire l'entusiasmo di Leonardo da Vinci che
considerava la prospettiva “briglia e imone della pittura", oppure che un pittore ricco di fantasia
come Paolo Uccello, chiamato dalla moglie a dormire, rispondesse “Oh, che dolce cosa questa
prospettiva”.
Con questa scoperta fu realizzato il passaggio dalla spazio psicofisiologico allo spazio
matematico: “un’obiettivazione della soggettività"
Capitolo IV
La prospettiva è un'arma a doppio taglio, sebbene cessò di rappresentare un problema tecnico-
matematico, iniziò a crearne uno, in misura tanto maggiore, quello artistico.
Essa crea una distanza tra l'uomo e l'oggetto, ma annulla tale distanza attraverso il modo in cui
l'occhio dell'uomo appare di fronte a esso. Riduce i fenomeni a regole matematiche, ma, d'altro
canto, le fa dipendere dalle condizioni psicofisiche e dell'impressione visiva, in quanto viene
percepita attraverso il “punto” di vista soggettivo.
La storia della prospettiva può essere concepita sia come un “trionfo della realtà distanziante e
obiettivante, ovvero un trionfo della volontà di potenza dell'uomo che tende ad annullare ogni
distanza; sia come un consolidamento e una sistemazione del mondo esterno, sia un ampliamento
della sfera dell'io”
La prospettiva, perciò, doveva riproporre di continuo alla riflessione artistica il problema del senso in
cui impiegare questo metodo ambivalente.
Riassunto a cura di Melissa Martina