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Riassunto del saggio su Piero di Cosimo di Panofsky delle DISPENSE, Dispense di Storia Dell'arte

Si tratta del riassunto delle dispense relativo al Saggio su Piero di Cosimo di Panofsky. Scritto bene e con immagini

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 08/07/2023

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Scarica Riassunto del saggio su Piero di Cosimo di Panofsky delle DISPENSE e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! PREISTORIA UMANA IN DUE CICLI PITTORICI DI PIERO DI COSIMO Questo saggiò è contenuto all’interno di uno dei libri più celebri di Panofsky del 1939 “studi di iconologia- temi uma- nisti nell’arte del Rinascimento (studies in a Iconology). In primis Panofsky apre il suo saggio dando alcune informazioni sull’autore e sul suo stile. PIERO DI COSIMO → fu maestro di estremo fascino ed interesse. Ad esclusione di un viaggio a Roma dove partecipò alla decorazione della Cappella Sistina sotto il suo maestro Cosimo Rosselli, sembra aver passato tutta la sua vita a Fi- renze, e a parte, l’influenza del Signorelli che si riscontra soprattutto nelle sue prime opere, il SUO STILE SI RADICA NELLA TRADIZIONE FIORENTINA. Tuttavia, secondo Panofsky, egli ha una posizione molto isolata entro la scuola pittorica di Firenze. Viene descritto come un inventore di straordinaria fantasia, come osservatore era un realista stupendo. I suoi gruppi di nudi intrec- ciati anticiparono le tendenze dei tardi manieristi ed esercitarono anche una certa impressione durevole su Michelan- gelo, questo forse interesse potremmo dire “empatico” di piante e di animali, e il senso delicato dei valori luministici ed atmosferici, conferivano ai suoi dipinti un sapore del tutto nordico. Infatti Panofsky dice che a differenza di tutti gli altri pittori fiorentini contemporanei, come ad esempio il Botticelli, era essenzialmente PITTORE, non disegnatore. Fondava dunque la sua arte più su valori cromatici anziché su schemi lineari. Profili luminosi contro uno sfondo di nu- vole scure e grige; alberi fantastici che si levano alto e lontano nel cielo; crepuscoli indistinti d’impenetrabili foreste; foschie bluastre su tiepide acque; questi i fenomeni che lo affascinavano. Per catturali, sviluppò una tecnica semplice, a volte di una delicatezza luministica pari a quella dei suoi contemporanei fiamminghi e veneziani, altre volte in qual- che misura rude quanto quella dei pittori barocchi seicenteschi e persino degli Impressionisti dell’800. Ma diciamo che non è insolito soltanto il suo stile, ma anche il contenuto stesso dei suoi dipinti. E Panofsky proprio nel capitolo secondo del suo saggio, tratta proprio del contenuto di alcuni dipinti di Piero di Cosimo che analizza. Il PRIMO QUADRO di cui ci parla Panofsky è quello che fu acquistato nel 1932 dal Wadsworth Athenaeum di HART- FORD nel CONNECTICUT (Stati Uniti) il quale è ritenuto generalmente una RAPPRESENTAZIONE DEL MITO DI ILA E DELLE NINFEE. A tale interpretazione secondo Panfsky possiamo dare diverse obbiezioni. Secondo le mitologiche, ILA era il leggiadro favorito di Ercole, che egli accompagnò nella spedizione degli Argonauti. A Misia nella Propontide Er- cole, Ila e secondo alcuni autori, Talamone, abbandonarono insieme la nave e si avventurarono nei boschi e ad Ercole a cusa della sua forza enorme, gli si era rotto però il remo e quindi fu necessario un albero per farsene uno nuovo. Da qui loro si separano, perché Ila doveva recarsi ad attingere acqua per il pasto serale. Ma quando egli giunse al fiume Ascanio o Cio, Le Naiadi (ninfee) si innamorarono della sua bellezza e lo trascinarono giù. A condividere con loro la cristallina dimora. Così Ila non fu mai veduto, ed Ercole vagabondò nei boschi chiamandolo invano. Dunque, nell’interpretazione artistica di tale soggetto (il mito di Ila) ci aspetteremo di trovare determinati tratti carat- teristici in tutte le rappresentazioni relative appunto al Mito di Ila ossia: 1. la presenza di un vaso-recipiente, che indi- cherebbe lo scopo di allontanamento da parte di Ila; 2. il predominio dell’acqua nello scenario; 3. Un’amorosa aggres- sione da parte delle Naiadi (ninfee); 4. Un dibattersi riluttante da parte di Ila. Nessuno però di tutti questi tratti ap- pena citati sono presenti nel quadro di Hartford. Nel dipinto non vi è vaso, anfora. La scena è ambientata in un prato fiorito, l’ac- qua che comprare sullo sfondo a sinistra è un “puro motivo paesaggistico”, del tutto irrelazionato con l’azione principale. Le sei fanciulle non mostrano alcuna eccitazione amorosa. Anzi, sembrano aver d’improvviso interrotto le pacifiche oc- cupazioni di cogliere fiori e passeggiare con il cagnolino, è così improvvisa l’inter- ruzione che le due fanciulle sulla destra hanno lasciato cadere i fiori che porta- vano nei panni fluttuanti. Delle 6 fanciulle, quella a sinistra ferma il passo in un gesto di sorpresa, quella a destra appare malgrado la perdita dei suoi fiori diver- tita, la sua vicina addita il ragazzo con una certa aria di altera pietà. Mentre la fi- gure centrale soccorre, in atto quasi di protezione materna, il giovinetto ai suoi piedi mentre, se egli fosse realmente Ila, dovrebbe trascinarselo giù, verso il baso, nelle acque profonde. Qui siamo d’avanti a una SCENA DI SORPRESA, DI GENTILEZZA E DI OSPITALITA’ E NON DI TRAGICA PASSIONE VIO- LENTA. Il ragazzo, il cui aspetto tutto richiama anziché il favorito di un eroe ed è stato infatti chiamato “il ragazzo dalle gambe arcuate”, presenta anche una POSTURA MOLTO CURIOSA, storpia e contorta. Ovviamente è incorso in un incidente inaspettato, tanto da causare un certo allarme, ma non tanto serio da impedire una certa ilarità. Panofsky avendo fatto questa analisi accurata, ci dice che esiste un solo evento nella mitologia classica che sia ap- punto coerente con tale rappresentazione: la prima disavventura di un Dio la cui stessa cattiva sorte, combinata con doti rare di allegria e buon carattere e inventività, lo rese il più risibile e al tempo stesso il più amabile personaggio del Pantheon pagano: E’ LA CADUTA, o meglio, IL RITROVAMENTO DI VULCANO. Gli scrittori classici affermano che Vulcano o per altri Efesto, fu scaraventato giù dal Monte Olimpo e non venne riam- messo al palazzo degli dei prima di un considerevole intervallo di tempo. Su questo la tradizione però vari su certi det- tagli: secondo alcuni fu scacciato bambino, secondo altri quando era già cresciuti, altre fonti non suggeriscono alcuna età precisa. Certi autori ancora, ritengono che la caduta ne causò appunto la sua zoppaggine, altri dicono che fu l’esser zoppo che causò la caduto in quanto i genitori si disgustarono della rigidità costituzionale di uno dei suoi ginocchi e decisero di liberarsi di lui lasciandolo cadere dall’Olimpo. Si racconta anche che egli trovò un temporaneo rifugio nell’oceano o nell’isola di Lemno. Sia il Medioevo e sia il Rinascimento concordano nell’accettare la versione secondo la quale Vul- cano era stato precipitato dall’Olimpo in tenera età perché sua madre ne aborriva la deformità ed atterò così sull’isola di Lemno, dove fu ricevuto ospitalmente e allevano dagli abitati dell’isola. Secondo Panofsky quindi è questo il MITO ossia quello relativo al RITROVAMENTO DI VULCANO, il SOGGETTO AUTEN- TICO DEL QUADRO DI PIERO DI COSIMO. Il giovane Vulcano caratterizzato dall’evidente rigidità del ginocchio sinistro, è piovuto in mezzo al prato dove sei fan- ciulle raccoglievano fiori. Essendo immortale, è illeso, ma leggermente intontito e incapace di stare in piedi. E dunque, l’effetto di questa inaspettata apparizione, del suo fisico così sgraziato, dell’espressione stordita, della sua condizione infelice, tutto ciò spiega le varie reazioni psicologiche della fanciulle: sorpresa muta, mite compassione, lieve diverti- mento e poi nella figura principale il risvegliarsi dell’istinto materno (la protezione materna). Ci sta però una cosa che NON è conforme con la storia di Vulcano. Panofksy si domanda: perché gli abitanti di Lemno non vengono mostrati come gruppo di isolani di ambo i sessi, ma sono rappresentati esclusivamente da giovinette simile a Ninfe? Ci dice che non occorre far ricorso alla licenza poetica o alla mancanza di educazione classica nel pit- tore, ma le ninfe posso spiegarsi solo con metodi puramente filologici se ci soffermiamo a considerare le deviazioni della mitografia postclassica. Va sottolineato in primi che tutto ciò che conosceva il primo Rinascimento sulla mitologia classica era tratto frequentemente da fonti postclassiche. Tutto ciò che tali fonti postclassiche avevano da dire rela- tive alle esperienza giovanili di Vulcano si fondava proprio sul COMMENTO A VIRGILIO DI SERVIO. Qual era il commento di Servio? << Fu precipitato da Giove nell’isola di Lemno perché era deforme e Giunone non gli aveva riso. Qui fu allevato dai Sintii.>> Questi “Sintii” (li chiama così anche Omero) non appaiono in alcun altro contesto nelle letteratura latino e quindi co- stituiscono un vero problema per gli amanuensi, i lettori e gli interpreti medievali. Quindi non ci possiamo stupire che il manoscritto e le copie a stampa del commento di Servio, i trattati medievali su di esso fondati, presentino una GRANDE VARIETA’ DI LETTURA, alcune delle quali non hanno senso, mentre altre si sforzano di rendere più intelligi- bile il passo. Panofsky cos’ decide di dare 3 LETTURE INTERPRETATIVE: 1. << Là fu allevato con assenzio>> 2. << Là fu allevato dalle scimmie>> 3. << Là fu allevato dalle ninfe>> VULCANO su una delle isole situate tra la costa della Sicilia e l’isola di Lipari, dove appunto Eolo regnava. Per tale ra- gione viene sempre pensata a una stretta associazione tra Vulcano e Eolo e poi vennero pensati come stretti collabo- ratori. Anche perché come diceva Servio, il fuco e il vento sono tutti e due opportuni per l’opera di un fabbro. Il monte Etna è una montagna ardente ossia un vulcano, e Lipari appartiene alle isole dominate da Eolo. Inoltre un passo, il LIBELLUS DE IMAGINIBUS DEORUM, descriveva Eolo come azionante due mantici (<<flabia>> inter- pretati come mantici da fabbro) illustrandolo in questa maniera. In questo modo la figura di Eolo nel quadro diviene più comprensibile. Anche se, secondo Panofsky i due grossi oggetti che preme con le mani non si potrebbero identifi- care con estrema facilità senza conoscere prima questa ascendenza testuale e raffigurativa. Forse Piero di Cosimo era a conoscenza del racconto di Omero, di Eolo che aveva sigillato i venti cattivi oppure di quelle numerose rappresentazione precedenti simili alla descrizione omerica, quali si trovano su gemmke classiche, su cofanetti d’avorio bizantini e sui capitelli romanici. Il cammello che emerge dietro la roccia e la giraffa che guarda con curiosità timida, si possono spiegare perché Piero di Cosimo in quanto amanti per le cose che la natura fa istranezza. Questi motivi inoltre determinano anche il preciso periodo in cui gli animali domestici era stato già domati, mentre gli animali selvatici ancora non erano schivi. Ma il giovane dormiente in primo piano e il gruppo familiare dietro di lui? Come possiamo vedere sono figure di sa- pore signorelliano o forse anche già michelangiolesco. Anche questi motivi, queste figure sono connesse al personag- gio di Vulcano qual è interpretato dalla letteratura classica. Essi illustrano la semplici e pura felicità primitiva, di una civiltà ossia pacifica, autosufficiente perché ormai fondata proprio sul principio della vita familiare → padre, madre e figlio è duplicato a scala diminuita anche sullo sfondo a sinistra del quadro). Il contrasto anche tra il ragazzo dormiente e il gruppo sociale ideale vicino a lui ha un significato specifico in relazione alla personalità di Vulcano in quanto nel famoso passo già citato di Virgilio, abbiamo già riportato con riferimento alla figura di Eolo, e l’autore caratterizza Vulcano come lo zelante, mattiniero lavoratore. E ciò spiegherebbe anche le 4 figure → Vulcano assieme ai suoi discepoli e aiuti già sono a lavoro mentre la gente ordinaria, rappresentata dalla fi- gura raggomitolata in primo piano, il giovane dormiente, è ancora addormentata, soltanto l’alacre giovane coppia si alza dal primo sonno, il giovane marito, non ancora del tutto sveglio, stira le membra intorpidite, mentre la sposa (ma- dre) attende al suo pargoletto. E’ l’Alba di un nuovo giorno la quale simboleggia l’ALBA DELLA CIVILTA’. Quindi Panofsky giunge alla conclusione che il quadro di Ottawa e quello di Hartford corrispondono sia per lo stile, dimensione e anche dal punto di vista più propriamente iconografico. Non sappiamo con certezza però se appartengono alla stessa serie. Ma a tal proposito sappiamo che il Vasari men- ziona un dipinto di Piero di Cosimo oggi perduto o almeno sconosciuto, che mostrava Marte e Venere cosi i suoi Amori e Vulcano. Tale quadro raffigurando un terzo capitolo dell’epica di Vulcano. Le altre parti però Vasari non le aveva ve- dute o non se le ricordava oppure le aveva omesse perché non era in grado di indentificarne il soggetto. Passiamo così ad un altro confronto: Due pannelli di cassone, uno a Monaco e l’altro a Strasburgo, che raffigurano il MITO DI PROMETEO E DI EPIMETEO. Qui l’artista si è concentrato sul RISVEGLIO DELL’UMANITA’ e in entrambi i casi lo stimolo che induce a tale risveglio è il FUOCO. Tali pannelli sono di età tarda, forse appartengono all’ultimissimo periodo dell’attività di Piero e DIFFERI- SCONO SIA PER LO STILE E L’ESECUZIONE DALLE COMPOSIZIONI SU VILCANO E ANCHE PER IL CONTENUTO ED AT- MOSFERA. In primis → soppressione rigorosa dei dettagli realisti e pittoreschi in favore di semplicità e concentrazione dramma- tica, e descrivono UNA FASE DELLA CIVILTA’ UMANA CHE HA SUPERATO DEFINITIVAMENTE LO STADIO PRIMITIVO rappresentato nel quadro di Vulcano, quello di Ottawa. Ad esempio qui, l’organizazzione tecnica e sociale della vita hanno raggiunto alti livelli, gli edifici non sono più costruiti con tronchi d’albero e rami, la gente non vive più in gruppi familiari dispersi. Potremmo dire, che LA FASE TECNOLOGICA DELL’EVOLUZIONE UMANA E’ STATA COMPLEATATA. I mitografi più tardi, soprattutto Boccaccio, hanno sempre insistito sul fatto che mentre VULCANO PERSONIFICA L’IGNIS ELEMENTAUS ossia il fuoco fisico che consente all’umanità di risolvere i propri problemi pratici, LA TORCIA PROMETEO ACCESO ALLE RUOTE DEL CARRO DEL SOLE RECA IL FUOCO CELESTE che RAPPRESENTA LA CHIAREZZA DELLA CONOSCENZA INFUSA NEL CUORE DELL’IGNORANTE, e tale CHIAREZZA PUO’ ATTINGERSI A SPESE DELLA FELI- CITA’ E DELLA PACE MENTALE. Chi era Prometeo? Prometheus, colui che riflette prima, è un personaggio della mitologia greca che è caratterizzato dall’intelligenza e dall’astuzia. Egli rubò il fuoco agli Dei per darlo al genere umano e infatti la sua azione è rappresenta l’ordine della condizione esistenziale umana. Vi è però anche un’altra piccola serie di pannelli sempre di Piero di Cosimo che si connetto ai quadri di Vulcano non solo intellettualmente ma anche per quanto concerne lo stile, al periodo, all’atteggiamento estetico e forse anche alla destinazione: 1. SCENA DI CACCIA E DEL RITORNO DALLA CACCIA ( Metropolitan Museum di NY) 2. PAESAGGIO CON ANIMALI (Museo di Oxford) Questi tre pannelli raffigurano la fase della storia umana che precedette gli sviluppi tecnici e sociali indotti dall’inse- gnamento di Vulcano, ossia l’età della pietra contrapposta a quella del metallo. Possiamo notare che qua ci sono i det- tagli dell’esistenza veramente primitiva dell’uomo, quando quest’ultimo ignorava i vari usi del fuoco, elaborati dall’ar- tista stesso con una certa coscienziosità archeologica o paleontologica che egli ha impiegato nel rendere l’esistenza umana sotto Vulcano. Non ci sono utensili o armi in metallo, quindi i tronchi che servono da alberi per le barche e le zattere del Ritorno dalla caccia non solo non sono squadrati per mancanza di pialle ma anche per mancanza di seghe, non sono regolari. La gente va nuda, vestita di pelli o di cuoi. Non vi sono materiali intessuti. Non vi sono animali do- mestici, non veri edifici né una vita familiare. Il principio dominante è LA CONDIZIONE ABORIGENA, L’IGNORANZA DELL’UMANITA’ CIRCA L’USO DEL FUOCO è visibile qui ciò che potremmo chiamare con il termine di “LEITMOTIV” → l’incendio della foresta che può vedersi devastare i boschi e atterrire gli animali in tutti e 3 i pannelli, in due di essi ap- pare anche ripetuto. Dunque la ricorrenza di tale motivo non può assolutamente spiegarsi con una semplice fantasia pittorica. Si tratta di UN ATTRIBUTO ICONOGRAFICO in quanto identico al famoso incendio della foresta di cui parlavano Lucrezio, Vitruvio e Boccaccio. Inoltre era anche molto ricorrente nelle rappresentazioni dell’età della pietra nel Rinascimento. Il soggetto comune dei tre dipinti è: LA VITA PRIMITIVA. i due dipinti del Metropolitan (la caccia e il ritorno dalla caccia) sembrano tra loro più connessi, non solo per la dimen- sione ma anche per il contenuto. Nei quadri del Metropolitan prevale una sfrenata passionalità non vi è una separa- zione reale tra umanità e gli animali da un lato e l’umanità e gli esseri semi bestiali come i satiri ed i centauri dall’altro, tutte queste creature amano e si accoppiano, combattono o uccidono, indiscriminatamente, senza badare minimante al loro nemico comune: l’incendio nella foresta. SCENA DI CACCIA → vi è solo orrore e morte, uno spaventoso cadavere in primo piano, una battaglia da giungla di tutti contro tutti: un leone attacca un orso e al tempo stesso attaccato da un uomo, combattono per la vita con le clave, con i denti e con la pura forza delle braccia muscolose. NON APPAIONO donne e non ci può essere neanche al- cuna traccia di attività costruttiva. RITORNO DALLA CACCIA → Si porta qui a casa il bottino sulle ingegnose imbarcazione ( i teschi di cinghiale attaccati agli alberi della prima barca sono la prova degli interessi archeologici di Piero). Un uomo è raffigurato nell’atto di co- struire una nuova zattera. Non ci sono donne. PAESAGGIO CON ANIMALI → Si può scorgere una capannina, anche se rozza e grezza, presso la quale si possono ve- dere figure affaccendate con primitivi vasi. Non è ancora però giunto il tempo di vesti intessute, ma l’uomo in secondo piano porta anziché peli, un abito rozzo di cuoi. La foresta è popolata da strane creatura derivanti dall’accoppiamento promiscuo tra uomini e animali (basti pensare alla scrofa con volto di donna e la capra con volto di uomo). Tali crea- ture sembrano dividere pacificamente la foresta ed i campi con i leoni, cervi, vacche ed ecc. Sembra proprio il REGNO DELLA PACE: questi animali e semi animali non sono tanto pacifici, quanto spossati dalla fuga e abbruttiti dal terrore per l’incendio della foresta. Anche l’uomo stesso è consapevole di tale incendio e coglie così l’occasione per catturare alcune bacche e tori fuggiti dal bosco in fiamme. Quindi il sistema sul quale si fondano le composizioni evoluzionistiche di Piero di Cosimo ha la somiglianza con la SUD- DIVISIONE TEOLOGICA DELLA STORIA UMANA: Era ante legem, era sub lege, era sub gratia. E quindi: era ante Vulca- num, era sub Vulcano, era sub Prometheo. Quindi il Vulcano di Lemno (quadro di Hartford) e il quadro di Ottawa con Vulcano ed Eolo- maestri dell’umanità, co- stituirebbero un’interpretazione dell’ERA SUB VULCANO; mentre gli altri 3 pannelli più piccoli di NY e Oxford interpre- terebbero L’ERA ANTE VULCANUM. Poiché inoltre che le due serie di dipinti sono state realizzate nello stesso periodo, probabilmente queste si connet- tono anche in un senso più tecnico, ossia sono state progettata come un programma decorativo unico e che ci trovas- sero tutte e due originariamente sotto il medesimo tetto. Tale ipotesi concorda con quanto apprendiamo dal Vasari. Infatti secondo lui, Piero di Cosimo dipinse per la casa di FRANCESCO IL PUGLIESE in una camera diverse storie di fi- gure piccole; la diversità delle cose fantastiche che egli si dilettò a dipingere, di casamenti, di animali e di abiti e di strumenti diverse ed altre fantasie. Probabilmente queste fantasiose pitture sono le stesse dei 3 pannelli di oxford e di NY, che in realtà non possiedono un significato preciso nel senso di “racconti” mitologici. Dal Vasari stesso appren- diamo che tali istorie, dopo la morte di Francesco del Pugliese e dei figli, queste erano state levate. Da ciò compren- diamo che non si trattava di pannelli ma bensì di affreschi. Vasari poi procede parlandoci di un quadro perduto con Venere e Vulcano, forse anche questo quadro venne eseguito per Francesco del Pugliese. Quindi si può supporre che i 3 pannelli di NY e Oxford e la <<serie di Vulcano>> SIANO STATI ESEGUTI PER IL MEDE- SIMO COMMITETE. I tre pannelli più piccoli, forse destinati unicamente ad una stanza di piccole dimensioni, i quali decorava un’anticamera adducente ad un salone adornato delle monumentali storie di Vulcano; mentre il pannello di Oxford, che ritrae la transizione dalla bestialità non mitigata ad una vita relativamente umana, fosse situato sulla porta. In tal mondo, le due serie di pannelli avrebbero costituito un unico ciclo generale che avrebbe presentato in maniera ricca e persuasiva le fasi più antiche della storia umana quali risultano descritte nella letteratura classica. GIOVANNI CAMBI nelle sue ISTORIE parla di un Francesco di Filippo Pugliese o meglio Francesco del Pugliese, come uomo popolano e mercante e ricco, che fu uno dei priori di Firenze nel 1490-91 (qualche anno prima della data proba- bile dei nostri dipinti) e poi nuovamente tra il 1497-98. Nel 1513 → fu però bandito dalla città per avere pubblica- mente insultato il nome di Lorenzo De’ Medici con la celebre esclamazione “il Magnifico merda”. Se questo fu dunque il committente che ordinò a Piero di Cosimo le serie di cui qui si tratta, non vi è da meravigliarsi, dato il linguaggio così libero e democratico, che il loro stesso soggetto ruoti intorno alla figura di Vulcano, l’unico che volgarmente lavorasse rispetto alla schiatta oziosa degli dei olimpici. E’ possibile inoltre che la testa caratterizzata di Vulcano nel quadro di Ottawa ritragga proprio lo stesso Francesco del Pugliese, che aveva circa 35 anni quando il quadro venne seguito. Le prove dell’interesse di Piero di Cosimo alle circostanze ed alle passioni della vita primordiale sono costanti nei suoi lavori, indipendente dai soggetti, dai committenti e dalla destinazione. Ciò è dimostrato da un’altra serie di dipinti, simili ai tre pannelli di Ny e di Oxford, anch’essi disposti intorno ad una camera in un palazzo patrizio a Firenze. Dal punto di vista stilistico, sono più avanzati, forse realizzati nel 1498 o più tardi, e da un punto di vista iconografico si trovano in una posizione potremmo dire intermedia tra la serie di Vulcano e i due cassoni di Prometeo, in quanto RAFFIGURANO IL CONTRIBUTO DI BACCO ALLA CIVILTA’ UMANA, PARTICOLAMENTE CON LA SCOPERTA DEL MIELE. Tramite la descrizione vasariana possiamo apprendere che due dei pannelli che originariamente costituivano la serie di GIOVANNI VESPUCCI poi passati ai musei in Inghilterra, a musei americani.
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