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Riassunto del saggio: Sul meccanismo semiotico della cultura - J. M. Lotman, Sintesi del corso di Antropologia

La natura e le caratteristiche della cultura, definendola come un sistema di segni sottoposto a regole strutturali e collegandola alla lingua e al concetto di informazione. Vengono discusse le implicazioni di questo modello per la trasmissione e conservazione della cultura, il suo plurilinguismo e la sua relazione con la non-cultura.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

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Scarica Riassunto del saggio: Sul meccanismo semiotico della cultura - J. M. Lotman e più Sintesi del corso in PDF di Antropologia solo su Docsity! Introduzione L’uomo vuole vivere. L’umanità aspira a sopravvivere. Queste verità sono alla base del comportamento della persona singola e della storia generale del mondo. Il genere umano si sviluppa in una condizione di costante ritardo della produzione rispetto ai bisogni. Il soddisfacimento dei bisogni più elementari (senza di che non è pensabile una vita che possa definirsi umana) ha costituito per la maggior parte degli uomini un obiettivo tutt'altro che facile da raggiungere. In questa condizione, sembrerebbe logico che tutte le energie delle collettività umane fossero poste al servizio della produzione immediata dei beni materiali, rimandando tutto il resto al tempo in cui verranno soddisfatti i bisogni essenziali. Tuttavia, analizzando la storia dell’umanità, notiamo che accanto alla produzione immediata, l’umanità riserva energie per l’arte, il pensiero teoretico, la conoscenza… In queste attività si distinguono non coloro che si sono rivelati incapaci di fare qualcosa di meglio, ma le persone più abili e attive, dotate di genio e preoccupate del bene comune. Nella società schiavista antica si denota una situazione paradossale: il lavoro produttivo immediato viene affidato agli schiavi, cioè alla parte di popolazione meno qualificata e relegata in condizioni assolutamente non creative. I gruppi più attivi, colti e preparati si rendono invece disponibili ad attività di cui appare molto meno evidente il bisogno. Una simile divisione del lavoro era certamente un'anomalia storica. Engels sostiene che senza la schivitù non si sarebbero avuti lo Stato greco, le scienze e le arti greche, e nemmeno Roma. Senza queste basi non ci sarebbe stata l’Europa contemporanea. Tutto il nostro sviluppo economico, politico e intellettuale è disceso da tale condizione preliminare, per cui la schiavitù era tanto necessaria quanto universalmente accetta. Senza la schivitù antica non ci sarebbe nemmeno stato il socialismo odierno. Se le collettività umane nel corso di tutta la loro storia hanno destinato certe energie, spesso le migliori, a un determinato tipo di attività, riesce difficile supporre che questa non sia una necessità organica, che l’umanità rinunci sistematicamente ai bisogni vitali per bisogni facoltativi. Se per la sopravvivenza biologica di un singolo individuo è sufficiente che vengano soddisfatti determinati bisogni naturali, la vita di una collettività non è possibile senza una cultura. Per qualunque collettività la cultura non è un supplemento facoltativo, ma è la condizione necessaria, senza la quale la sua stessa esistenza appare impossibile. Non siamo in grado di indicare una collettività umana nella storia che non abbia avuto dei testi, un comportamento particolare posto in atto da particolari persone, in un particolare tempo destinato all’assolvimento di una specifica funzione culturale. In che cosa consiste l’inevitabilità della cultura? Tutti i bisogni dell’uomo si possono ripartire in due gruppi. Gli uni richiedono una soddisfazione immediata e non possono (o quasi) venire accumulati. Es. non si può accumulare il sonno o la respirazione. I bisogni che possono essere soddisfatti mediante l’accumulazione di riserve formano un gruppo distinto, essi sono la base per l’acquisizione da parte dell’organismo di informazione extragenetica. Di conseguenza, si hanno due tipi di rapporto dell’organismo con le strutture estranee introdotte in lui: le une vengono rapidamente riordinate nella struttura dell’organismo stesso, le altre sono accantonate, e conservano la propria struttura o un programma ridotto di questa. Sia che si tratti dell’accumulazione materiale di oggetti, sia che si tratti della memoria nelle sue forme a lungo o a breve termine, collettive o individuali, il processo è sostanzialmente il medesimo, e può essere definito processo di accrescimento dell’informazione. Marcel Mauss aveva indicato nello scambio di oggetti di valore equivalente il modello elementare delle strutture sociali, e Lévi-Strauss lo ha collegato all’azione comunicativa e all’essenza della cultura. E’ necessario osservare che l’accumulazione precede lo scambio, allo stesso modo che l'informazione precede la comunicazione. Secondo Aristotele “l’uso di ogni oggetto di possesso è duplice: in un caso l’oggetto viene impiegato per il fine a cui era destinato; in un altro, per un fine diverso da quello cui appariva destinato”. Marx ha definito subito l’inevitabilità della mediazione segnica nello scambio. L’uomo nella lotta per la vita è inserito in due processi: nell’uno interviene come consumatore di valori materiali, di cose, nell’altro invece come accumulatore di informazione. Sono entrambi necessari all’esistenza, la vita sociale presuppone entrambi. Oggi si potrebbe definire la cultura come l’insieme di tutta l’informazione non ereditaria e dei mezzi per la sua organizzazione e conservazione. La cultura è inevitabile per l’uomo. L’informazione non è un connotato facoltativo, ma una delle condizioni essenziali per l’esistenza dell’umanità. La cultura non è un deposito di informazione. È un meccanismo organizzato in modo estremamente complesso, che conserva l’informazione, elaborando continuamente a tale scopo i procedimenti più vantaggiosi e compatti, ne riceve di nuova, codifica e decodifica i messaggi, li traduce da un sistema segnico in un altro. La cultura è il meccanismo duttile e complesso della conoscenza. L’ambito della cultura è teatro di una battaglia ininterrotta, di continui scontri e conflitti sociali, storici e di classe. I diversi gruppi storici e sociali lottano per il monopolio dell’informazione. Là dove il consumo è immediato la menzogna non può sorgere. Essa attecchisce sul medesimo terreno dell’informazione e rappresenta l’altra faccia del suo funzionamento sociale. Definire l’essenza della cultura come informazione significa porre il problema del rapporto che sussiste fra la cultura e le categorie fondamentali della sua trasmissione e conservazione, e il primo luogo del rapporto fra la cultura e le nozioni di lingua e testo, con l’insieme di questioni che esse implicano. La cultura è un sistema di segni organizzato in un certo modo. Proprio il momento dell’organizzazione, che si manifesta come una somma di regole, di restrizioni imposte al sistema, è il connotato che definisce la cultura. Lévi-Strauss nel formulare il concetto di cultura sottolinea che questa inizia là dove vi sono regole. A essa, secondo Lévi-Strauss, si oppone la natura, poichè "ciò che è costante tra gli uomini sfugge necessariamente al dominio dei costumi, delle tecniche e delle istituzioni. Assumiamo che tutto ciò che è universale, nell’uomo, rientri nell’ordine della natura ed è caratterizzato dalla spontaneità, che tutto ciò che è vincolato da una norma appartenga alla cultura e presenti gli attributi del relativo e del particolare. Un “comportamento naturale” non conosce un altro comportamento naturale che gli si contrapponga come “errato”. Altrimenti si ha un “comportamento culturale”, che implica necessariamente almeno due possibilità, di cui una sola è “corretta”. La cultura non si contrappone solo alla natura, ma anche alla non cultura, cioè a quella sfera che funzionalmente appartiene alla cultura, ma non ne adempie le regole. La definizione di cultura come sistema di segni sottoposto a regole strutturali consente di considerarla una lingua. Poiché la possibilità di concentrare e conservare i mezzi necessari al mantenimento della vita (l'accumulazione di informazione) acquista un carattere del tutto diverso dal momento in cui Si comprende quanto sia importante la presenza, al centro del sistema della cultura, di una così vigorosa sorgente di strutturalità quale è il linguaggio. L’intero sistema della conservazione e trasmissione dell’esperienza umana viene costruito come un sistema concentrico, al centro del quale sono disposte le strutture più evidenti e coerenti. Più vicino alla periferia, si collocano formazioni della strutturalità non evidente o non dimostrata, ma che, essendo incluse in situazioni segnico-comunicative generali, funzionano come strutture. Proprio l’assenza di un preciso ordinamento interno, l’incompletezza dell’organizzazione, assicurano alla cultura umana una “capienza” interna e un dinamismo sconosciuti ai sistemi più armonici. Noi intendiamo la cultura come memoria non ereditaria della collettività, espressa in un determinato sistema di divieti e prescrizioni. Questa formulazione, una volta che la si accetta, comporta alcune conseguenze. La cultura è per definizione un fenomeno sociale: ciò non esclude la possibilità di una cultura individuale, nel caso in cui il singolo interpreti se stesso come il rappresentante della collettività. Poichè la cultura è registrazione della memoria essa si ricollega immancabilmente all’esperienza storica passata. Al momento del suo apparire una cultura non può venir constatata come tale: di essa si acquista piena coscienza solo post factum. Quando si parla di creazione di una nuova cultura si sottintende ciò che diverrà memoria dal punto di vista di una futuro ricostruibile. Un programma di comportamento interviene come sistema rovesciato: il programma è rivolto al futuro dal punto di vista del suo elaborare; la cultura, invece, è rivolta al passato dal punto di vista della realizzazione del programma. La distinzione tra il programma di comportamento e la cultura è funzionale: il medesimo testo può essere l’uno o l’altra, distinguendosi per la funzione che svolge nel sistema generale della vita storica di una data collettività. La definizione della cultura come memoria della collettività pone il problema del sistema di regole semiotiche secondo le quali l’esperienza di vita del genere umano si fa cultura: regole che possono venir trattate come un programma. L’esistenza stessa della cultura sottintende la costruzione di un sistema di regole per la traduzione dell’esperienza immediata in testo. Perché un evento storico trovi posto in una determinata cellula, dev’essere anzitutto concepito come esistente, occorre cioè che lo si identifichi con un determinato elemento della lingua del meccanismo memorizzante. L’immissione di un fatto nella memoria collettiva palesa tutti i connotati della traduzione da una lingua in un’altra che è la “lingua della cultura”. Il problema specifico della cultura in quanto meccanismo volto a organizzare e conservare l’informazione è quello della longevità. Tale problema ha due aspetti: 1. Longevità dei testi nella memoria collettiva 2. Longevità del codice nella memoria collettiva E’ possibile che si mantenga un testo appartenente a una vecchia cultura, ma di cui si è perduto il codice. Poiché una cultura concepisce se stessa come esistente solo identificandosi con le norme costanti della propria memoria e la continuità dell’esistenza per lo più coincidono. Molte culture non ammettono la possibilità di un minimo cambiamento sostanziale che riguardi l’attualità delle regole da esse formulate, ovvero la possibilità di una rivalutazione dei valori. La cultura molto spesso non ha di mira la conoscenza del futuro, è la connessione diretta con un orientamento sul passato che assicura quell’indispensabile stabilità in cui è da ravvedere una delle condizioni dell’esistenza della cultura. La longevità dei testi forma, all’interno della cultura, una gerarchia identificata solitamente con la gerarchia dei valori. I testi che possono venir considerati più validi sono quelli di massima longevità oppure quelli pancrotici. La longevità del codice è determinata dalla costanza dei suoi elementi strutturali di fondo e dal suo dinamismo interno: dalla capacità di cambiare conservando nello stesso tempo la memoria degli stati precedenti e, quindi, l’autocoscienza dell’unità. Considerando la cultura come la memoria longeva della collettività, possiamo distinguere tre modi di darle un contenuto: 1. Aumento quantitativo del volume delle conoscenze. 2. Ridistribuzione entro la struttura delle cellule. 3. Dimenticanza. La trasformazione in testo di una catena di fatti è accompagnata inevitabilmente dalla selezione di certi eventi che vengono tradotti in elementi del testo, e dalla dimenticanza di altri, dichiarati inesistenti. Ogni testo contribuisce non solo alla memorizzazione, ma anche alla dimenticanza. Un testo non è la realtà, ma il materiale per ricostruirla. Perciò l’analisi semiotica di un documento deve sempre precedere quella storica. Elaborate che abbia le regole per la ricostruzione della realtà basandosi su un testo, il ricercatore saprà estrapolare dal documento anche ciò che dal punto di vista del suo autore non costituiva un “fatto” ed era soggetto all’oblio, ma che lo storico può valutare in tutt’altra maniera, se alla luce del suo proprio codice culturale quel “non fatto” interviene come un evento significativo. La dimenticanza si realizza anche diversamente: la cultura esclude in continuazione dal proprio ambito determinati testi. La cultura è per la sua essenza diretta contro la dimenticanza: essa vince la dimenticanza col trasformarla in uno dei meccanismi della memoria. Si possono ipotizzare precise limitazioni nel volume della memoria collettiva, che determinano questa sostituzione di certi testi da parte di altri. C’è un profondo divario tra la dimenticanza in quanto elemento della memoria e in quanto strumento della sua distruzione. Una delle forme più acute di lotta sociale, nella sfera della cultura, è la richiesta della dimenticanza obbligatoria di determinati aspetti dell’esperienza storica. Le epoche di regresso storico (come quella nazista), imponendo alla collettività schemi storici estremamente mitologizzati, intimano alla società l’oblio dei testi che non si piegano a un simile tipo di organizzazione. Se le formazioni sociali, nel loro periodo di ascesa, creano modelli flessibili e dinamici, capaci di fornire ampie possibilità per la memoria collettiva e adatti alla sua espansione, il declino sociale si accompagna di regola a un’ossificazione del meccanismo della memoria collettiva e a una crescente tendenza a ridurne il volume. La semiotica della cultura non consiste solo nel fatto che la cultura funziona come un sistema di segni. Occorre sottolineare che già il rapporto con il segno e la segnicità rappresenta una delle caratteristiche fondamentali della cultura. E’ essenziale stabilire se il rapporto fra espressione e contenuto va considerato come necessario o come arbitrario e convenzionale. Si possono distinguere culture prevalentemente incentrate sull’espressione e culture prevalentemente incentrate sul contenuto. Si capisce come già il fatto di un orientamento prevalente sull’espressione, di una rigida ritualizzazione delle forme del comportamento derivi per lo più dal riconoscimento di una correlazione biunivoca (e non arbitraria) tra il piano dell’espressione e il piano del contenuto, di una loro sostanziale inseparabilità, oppure dal riconoscimento di un’influenza dell’espressione sul contenuto. Nelle condizioni di una cultura orientata sull’espressione e fondata su una designazione corretta, e, in particolare, su una corretta denominazione, tutto il mondo può presentarsi come un testo costituito da segni di ordine diverso, nel quale il contenuto è determinato in anticipo, e occorre soltanto conoscere la lingua, cioè la correlazione fra gli elementi dell’espressione e quelli del contenuto. Nelle condizioni invece di modelli culturali orientati direttamente sul contenuto - si presuppone una precisa libertà tanto nella scelta del contenuto che nel suo nesso con l’espressione. La cultura in generale può essere rappresentata come un insieme di testi; ma dal punto di vista del ricercatore, è più esatto parlare della cultura in quanto meccanismo che crea un insieme di testi e parlare dei testi in quanto realizzazione della cultura. Se è proprio di certe culture il rappresentarsi come un insieme di testi regolati, altre culture modellizzano se stesse come un sistema di regole che determinano la creazione di testi. Si potrebbe dire che nel primo caso le regole si definiscono come una somma dei precedenti, mentre nel secondo il precedente esiste soltanto qualora venga descritto con una regola corrispondente. E’ proprio delle culture caratterizzate da un prevalente orientamento sull’espressione il rappresentarsi come un insieme di testi, mentre è proprio delle culture dirette prevalentemente sul contenuto il rappresentarsi come un sistema di regole. Questo o quell'orientamento di una cultura genera l’ideale del libro o del manuale, compresa anche l’organizzazione esterna di simili testi. Nelle culture dirette sul contenuto il manuale ha le sembianze di un meccanismo generativo; nel caso delle culture orientate sull’espressione il libro ha la caratteristica forma dell’esposizione catechistica. Parlando della contrapposizione di testo e regole, occorre tener presente che in certi casi gli stessi elementi della cultura possono intervenire con entrambe le funzioni, cioè sia come testo che come regole. Un esempio di sistema orientato esplicitamente sulle regole è il Classicismo europeo. I modelli teorici erano pensati come eterni e anteriori alla creazione del reale. Nella pratica artistica erano riconosciuti come realtà significativa solo i testi “corretti”, cioè conformi alle regole. Il brutto in arte è la trasgressione delle regole. Ma anche la trasgressione delle regole può essere descritta come l’esecuzione di regole “erronee”. Il mondo artistico “erroneo” si compone degli stessi elementi di quello corretto, distinguendosene solo per le modalità di combinazione, modalità vietate nell’arte “bella”. Un’altra particolarità di questo tipo di cultura è che l’autore di regole occupa un posto gerarchicamente più alto dell’autore di testi. Un esempio di tipo opposto è la cultura del Realismo europeo dell’Ottocento. Il teorico elaborava le sue costruzioni sulla scia della pratica artistica. Benché in tutti e due i casi condizione indispensabile minima per il formarsi della cultura sia l’esistenza di regole, varia il grado della loro importanza ai fini del modo in cui la cultura si autovaluta. E’ quanto accade con l’insegnamento di una lingua in quanto sistema di regole grammaticali oppure in quanto assortimento di modi d’uso. La cultura può contrapporsi sia alla non cultura che all’anticultura. Se nelle condizioni di una cultura che si caratterizzi per il prevalere dell’orientamento sul contenuto e che rappresenti se stessa sotto forma di un sistema di regole, l’antitesi fondamentale è quella “ordinato vs non ordinato”, nelle Il passaggio da un colore di moda a un altro non è motivato da un’aspirazione ad avvicinarsi a un qualche ideale comune di verità o bellezza, ma semplicemente a un colore ne subentrerà un altro perché quello ormai è vecchio e questo è nuovo. Risulta palese che l’esigenza di novità, di cambio sistematico, è uno stimolo di mutamenti non meno percettibile. In che cosa sta la radice di questa esigenza? Perchè il genere umano, a differenza del restante mondo animale, ha una storia? Si può ritenere che l’umanità abbia attraversato una lunga fase preistorica in cui la durata temporale non svolse in generale un ruolo, giacché non vi fu uno sviluppo, e solo in un determinato momento si produsse lo scoppio che doveva generare una struttura dinamica e dare inizio a una storia del genere umano. Oggi la risposta più verosimile a quella domanda potrebbe essere: in un determinato momento, cioè nel momento a partire dal quale è lecito parlare di cultura, il genere umano venne legando la propria esistenza all’esistenza di una memoria non ereditaria che si ampliava costantemente: esso divenne il destinatario dell’informazione. Ciò esigeva la continua attualizzazione del sistema codificante, che dev’essere sempre presente nella coscienza sia del destinatario che del mittente come un sistema deumatotizzato. Tutto questo ha portato al sorgere di un meccanismo particolare che, da un lato, possedeva determinate funzioni omeostatiche in tal misura da conservare l’unità della memoria, da rimanere se stesso, e, dall’altro, si rinnovava in continuazione, deautomatizzazione in tutti i suoi anelli, ed elevando così al massimo la propria capacità di assorbire informazione. L’esigenza di un costante auto rinnovamento, di diventare altro pur rimanendo se stessa, costituisce uno dei fondamentali meccanismi di lavoro della cultura. La reciproca tensione di queste tendenze fa della cultura un oggetto il cui modello statico, così come quello dinamico, sono ugualmente giusti, definendosi come assiomi di partenza della descrizione. Accanto all’opposizione di “vecchio” e “nuovo”, “fisso” e “mobile”, nel sistema della cultura si dà un’altra opposizione radicale: quella di unità e pluralità. L’eterogeneità dell’organizzazione interna costituisce la legge dell’esistenza di una cultura. La presenza di strutture organizzate diversamente e di gradi diversi d’organizzazione è condizione indispensabile perché il meccanismo della cultura sia operante. All’esigenza di varietà strutturale è connesso il fatto che ogni cultura, oltre allo sfondo extraculturale posto al di sotto del suo livello, distingue sfere particolari organizzate diversamente, che dal punto di vista assiologico godono di un altissimo apprezzamento, benché si situino fuori dal sistema generale di organizzazione (es. monasteri del mondo medievale, gli zingari…) e altri esempi di isole inserite nel comune massiccio di una cultura ma dotate di un’organizzazione “altra” e aventi come fine quello di accrescere la varietà strutturale. Ciò nonostante, la cultura ha bisogno di unità. Per mettere in atto la sua funzione sociale, essa deve intervenire come una struttura subordinata a principi costruttivi unitari. La funzione della cultura è la memoria, suo connotato fondamentale è l'auto accumulazione. La struttura nei sistemi a-semiotici viene elaborata come esistenza di un principio costruttivo che lega fra loro gli elementi. La realizzazione di un tale principio consente di parlare dell'esistenza di un dato fenomeno strutturale. Una volta che questo o quel fenomeno già esista, non c’è alternativa per esso nell’ambito della sua determinatezza qualitativa: può avere una data struttura, cioè essere se stesso, o non averla, non essere se stesso. Altre possibilità non gli sono concesse. La struttura nei sistemi a-semiotici non può essere che veicolo di una quantità costante di informazione. Il meccanismo semiotico della cultura creato dall’umanità è organizzato in maniera sostanzialmente diversa: vengono adottati principi strutturali opposti e alternativi. I loro rapporti, la disposizione di questi o quegli elementi nel campo strutturale che si viene formando, creano l’ordinamento strutturale che permette di fare del sistema il mezzo di conservazione dell’informazione. E’ essenziale che sia realmente assegnato il principio stesso dell’alternatività, in base al quale tutte le concrete opposizioni di una data struttura rappresentano solo le interpretazioni a un determinato livello. Qualsiasi coppia di elementi, di ordinamenti locali, di strutture particolari o generali, oppure di sistemi semiotici interi, assume valore di alternativa e forma un campo strutturale che può venir colmato dall’informazione. In tal modo, sorge un sistema con aumento a valanga delle possibilità informative. Lo sviluppo a valanga della cultura non esclude che singole componenti di essa possano presentarsi come stabilizzate. Tale crescita a valanga ha fornito all’umanità posizioni di vantaggio rispetto a tutte le altre popolazioni animali che esistono nelle condizioni di un volume stabile d’informazione. Questo processo ha anche un risvolto negativo: la cultura inghiotte le risorse con la stessa avidità del meccanismo produttivo e allo stesso modo distrugge l’ambiente circostante. La rapidità del suo sviluppo non è sempre dettata dalle reali esigenze dell’uomo: a entrare in gioco è la logica interna del cambiamento accelerato dei meccanismi informativi operanti. Benchè il linguaggio adempie una determinata funzione comunicativa nel cui ambito può venire studiato come un sistema isolatamente, nel sistema della cultura gli è riservato però un altro ruolo ancora: esso munisce il gruppo sociale di una ipotesi di comunicabilità. Qualunque realtà attirata nella sfera della cultura comincia a funzionare come realtà segnica.
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