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Il Grand Tour e l'influenza della Roma antica sulla pittura del XVIII secolo, Appunti di Storia Dell'arte

Come la roma antica ha influenzato la pittura del xviii secolo, attraverso il grand tour, un viaggio culturale che portava gli artisti e gli intellettuali a visitare la città. Vengono citati esempi di opere di artisti come david, canova e piranesi, che hanno rappresentato la roma antica in modo diverso, ma sempre influenzata dalla sua storia e dalla sua bellezza. Il documento illustra come il grand tour ha contribuito a diffondere la conoscenza della roma antica e a influenzare la pittura del tempo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 30/05/2024

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lucia99lu99 🇮🇹

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Scarica Il Grand Tour e l'influenza della Roma antica sulla pittura del XVIII secolo e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA Primo semestre Neoclassicismo Winckelmann Winckelmann è il principale teorico del Neoclassicismo. In realtà questo termine nacque successivamente, è un termine della storiografia successiva con un carattere anche particolarmente negativo. Prima si utilizzava il termine Rinascenza o Rinascimento, questo termine veniva utilizzato svariate volte nella storia e nella storia dell’arte per indicare la ripresa di modelli antichi e successiva declinazione contemporanea. Il termine ‘classico’ è un aggettivo con una storia plurisecolare, deriva dal latino flotta, riguarda dunque l’esercito, nel corso del tempo poi si è modificato e andò ad indicare il cittadino della prima classe e poi andò a significare qualcosa di esemplare, di ottimo. Si cominciò così a parlare di classici riferendosi ai greci e ai romani, poi Pietro Bembo andò a considerare come classici alcuni scrittori italiani, inizialmente Boccaccio e Petrarca, poi se ne aggiunsero molti altri, come ad esempio Dante. Il termine classicismo arrivò invece intorno al ‘800, riguarda il recupero dei fondamenti classici del passato con un adattamento contemporaneo. Alla fine del ‘800 il termine venne definito dalla storiografia Neoclassicismo, come un’ espressione artistica, letteraria e filosofica che si colloca nella seconda metà del 1700. Winckelmann era un archeologo tedesco, amante della letteratura e della storia greca, egli teorizzò quelli che sono i canoni dell’arte greca. Egli nacque nel 1717 in Russia, in una famiglia di origini umili, morì assassinato a Trieste nel 1768. Egli si è formato autonomamente, studiò filosofia, lettere, teologia e matematica, la sua è una formazione molto ampia. Al termine degli studi venne assunto come bibliotecario da un conte molto importante, la sua funzione professionale gli consentì di essere continuamente aggiornato. Strinse una serie di rapporti che gli consentirono poi di arrivare a Roma per fare il Grand Tour nel 1755. Visitò moltissimi luoghi, moltissime collezioni e cominciò a frequentare il cardinale Albani, nipote di papà Clemente XI. Grazie a lui assunse il patrocinio della biblioteca di Villa Albani, luogo colmo di opere uniche. Grazie ad Albani, Winckelmann incontrò Mengs, pittore e teorico tedesco di quel tempo. Egli è autore di un’opera molto significativa, ovvero i Pensieri sulla bellezza, del 1762. Oggetto fondamentale di questo testo sono i pittori classici come Raffaello, Michelangelo, Leonardo. Si instaurò un legame molto stretto tra Winckelmann e Mengs all’interno del circolo di Villa Albani. Mengs ritrae Winckelmann mentre sta leggendo un’edizione greca dell’Iliade di Omero. Nell’impostazione del dipinto si percepisce immediatamente, grazie al libro, un’allusione alle peculiarità di Winckelmann, relativamente all’erudizione e alla conoscenza della poesia classica. Anche Anton von Maron ritrasse Winckelmann. In primo piano Winckelmann è ritratto mentre sta scrivendo e studiando il bassorilievo dell’Antinoo di Villa Albani, riprodotto nell’incisione. In secondo piano cogliamo un’ambientazione cupa, è l’interno di una loggia dalla cui balaustra si osserva sul fondo un paesaggio notturno in cui imperversa la tempesta. Cogliamo poi un busto, riferimento alla scultura e quindi al classicismo. Le due parti del dipinto uniscono anime contrapposte: in primo piano la calma e l’equilibrio degli studi classici che si riverberano nella personalità di Winckelmann; in secondo piano la raffigurazione di una natura tormentata, spaventosa, violenta, imprevedibile, caratterizzata da una fenomenologia atmosferica vivace e dal cliché della tempesta. Il soggetto della tempesta si avvicina già a uno dei temi principali del Romanticismo. Winckelmann dunque studiò sulle opere romane, non vide mai dal vivo le opere greche. Compì un’analisi sistematica basandosi su un metodo evolutivo, egli viene definito come primo studioso della storia dell’arte perché pose il problema della necessità di una conoscenza sistematica e scientifica dell’antico. Questa sistemazione venne riconosciuta anche da Goethe. Winckelmann fu il primo a sentire la necessità di classificare sistematicamente stili ed epoche, egli individuò 4 grandi epoche dell’arte greca: periodo più antico (quello della nascita), periodo sublime, periodo del bello e periodo degli imitatori. Nobile semplicità e pacata grandiosità sono due sostantivi con aggettivi che ci danno l’idea di ciò che intende Winckelmann con arte. Queste due sono le principali caratteristiche delle opere greche. I testi fondamentali di Winckelmann sono lo Zibaldone ovvero Pensieri sull’imitazione dell’arte greca del 1755 e La storia dell’arte presso gli antichi del 1764. In questi due testi ci danno indicazioni sulla funzione dell’arte greca e sulle sue caratteristiche. Nella sua prima opera, quella del 1755, Winckelmann esprime un pensiero importante per lui e per il tutto il contesto neoclassico, ovvero che l’unica via per diventare grandi è l’imitazione degli antichi, questa dev’essere un’imitazione legata alla propria contemporaneità, rielaborata seconda la storia, bisogna attuare una rilettura. Si cerca di recuperare una perfezione ideale unendo più modelli, non è una copiatura ma un’imitazione. Per giungere ad una buona imitazione l’uomo deve dominare la natura, nel senso che deve analizzare e focalizzare quelle che sono le proporzioni, i rapporti, il realismo e la volumetria di oggetti e realtà per poi riportarle nella materia che plasmo. La natura non è perfetta, ha aspetti più alti e più bassi, per arrivare all’apice l’artista deve studiare la natura e raccogliere le parti migliori. La perfezione estetica è espressione del valore etico, che ritroviamo nell’antica Grecia nei valori politici e sociali e quindi nella libertà. Valore estetico e valore etico vanno di pari passo. Winckelmann venne preso come esempio fondamentale durante il periodo della Rivoluzione francese, lo si vede particolarmente nelle opere di David. Nell’opera successiva del 1764, Winckelmann sistematizza e organizza adottando il criterio dell’evoluzione degli stili, cronologicamente distinguibili gli uni dagli altri e rompe così con la tradizione precedente che trattava arte greca e romana come un’unica cosa. Winckelmann fece un ragionamento biologico\evolutivo, per lui l’arte è paragonabile alla vita dell’uomo. Nasce, cresce e diventa giovane, diventa maturo e poi decade con la vecchiaia. Ciò si concretizza con la classificazione in quattro periodi (vedi sopra). Le due grandi opere studiate da Winckelmann si trovano nella collezione del cortile del Belvedere, all’interno dei Musei Vaticani. Þ L’Apollo del Belvedere: raffigura Apollo che uccide Pitone, egli custodiva l’oracolo di Delfi, e muore poi per mano di Apollo che si impossessa dell’oracolo. È una copia romana di un bronzo di Leochares del IV secolo a.C. che poi viene riprodotta nel I secolo d.C. Þ Laocoonte: raffigurazione contorta che raffigura il sacerdote Laocoonte mentre lotta con dei serpenti mandati da Atena. Questa è una copia romana del I secolo d.C. in marmo di un originale in bronzo del II secolo a.C. di Agesandro, Polidoro e Atenodoro. In entrambe le opere si ritrovano gli elementi della nobile semplicità e della pacata grandiosità. Þ Villa Albani: è un complesso costruito tra il 1751 e il 1765 dall’architetto Claudio Marchionni, comprendeva oltre alla villa, un enorme giardino all’italiana con fontane, edifici minori e tanti reperti archeologici. Il giardino all’italiana è un particolare tipo di disposizione verticale allungata, gli spazi sono divisi in modo simmetrico attraverso siepi e percorsi. Nel suo insieme Villa Albani rappresentava l’apice della fase antiquaria, il cardinale aveva riunito i suoi pezzi in una grandiosa collezione, immaginò la sua villa non come una dimora personale ma come un luogo in cui raccogliere la sua collezione in estrema libertà. È lontana dagli intenti tipici di un museo, è una collezione privata per pochi ma c’è un progetto di arredo. All’interno di Villa Albani in un soffitto, nella volta di una stanza, è raffigurato il Parnaso di Mengs (1760-61) questo riprende l’opera di Leocare dell’Apollo del Belvedere. Mengs, autore dell’affresco di Villa Albani, riprese l’idea dell’Apollo del Belvedere ricontestualizzandolo nella contemporaneità, c’è una sorta di storicizzazione per cercare di essere inimitabile. Il Parnaso è un monte greco che domina la città di Delfi, secondo la mitologia greca questo è un luogo consacrato dagli dei e dalle muse. Apollo e le muse risiedono proprio qui. L’affresco del Parnaso si compone di due quadrati affiancati in orizzontale, l’unione tra i due quadrati si ha nella figura centrale di Apollo. Sullo sfondo dell’opera cogliamo un paesaggio bucolico, non c’è una grande profondità, l’unica parte profonda la vediamo sulla sinistra con dei monti visibili in lontananza. Alla destra e alla sinistra di Apollo si trovano le Muse, figlie di Zeus e Mnemosine, loro nella religione greca rappresentavano l’ideale supremo dell’arte. I Musei pubblici La parola museo significa luogo delle Muse. Questa parola venne utilizzata nell’antichità per indicare un’istituzione fondata dai Tolomei verso il 290 a.C. ad Alessandria D’Egitto. Questo luogo includeva la biblioteca di Alessandria d’Egitto e un luogo di discussione tra i sapienti del tempo. Il museo, dunque, inizialmente indicava una dimensione sociale e non un luogo di raccolta di opere. Il termine museo venne ripreso successivamente nel 1540 da Paolo Giovio, un ecclesiastico e uno studioso, egli utilizzò questo nome per chiamare la sua villa. Questa raccoglieva alcune opere e soprattutto una serie di ritratti di uomini illustri del tempo. Il collezionismo privato di oggetti d’arte era molto in voga a quei tempi, ma questi potevano essere visonati solo da persone selezionate. Il primo museo pubblico venne aperto in Italia da papa Clemente XII con i Musei Capitolini (ospitano la Lupa Capitolina) nel 1734, questo perché il papa e la corte papale si sentivano i testimoni di quello che è stato il passato romano e sentivano il dovere di mettere questi elementi a disposizione del pubblico. Il papa era convinto che le arti avevano un’alta funzione educativa e civile. Questo museo si trova nella piazza del Campidoglio, non nel Vaticano. La donazione del primo nucleo originario di opere dei Musei Capitolini venne fatta da papa Sisto IV, zio di Giulio II nel 1471. Si trattava della Lupa capitolina, la Testa colossale di Costantino, il Globo, il Camillo e lo Spinario. Queste sono tutti simboli del potere della Roma antica. A questo primo nucleo di opere si aggiunsero i rilievi storici donati da Leone X nel 1515, tra cui l’Ercole del Foro Boario, la statua colossale di Costantino (una delle sculture più importanti della scultura romana tardo-antica. Era una struttura rivestita di stucco o bronzo con le parti nude realizzate in marmo. Si presuppone che Costantino sia seduto in atto di giudizio, forse in mano aveva uno scettro con una croce) e il Bruto Capitolino. Un terzo nucleo si aggiunse nel 1566 con la raccolta degli idoli pagani regalati da papa Pio V (1504-1572), provenienti dal Vaticano. Questi tre nuclei costituirono la nascita di un grande museo di arte antica (statuaria antica) che tuttavia non era ancora aperto al pubblico. La collezione successivamente divenne più vasta nel 1733 per via di diverse acquisizioni, grazie anche ad Alessandro Albani. Un anno dopo il museo venne aperto al pubblico. Durante la campagna napoleonica in Italia, nel 1797, la testa di Bruto venne portata a Parigi per volontà del generale Napoleone, insieme ad altre opere come la Venere Capitolina, lo Spinario, la Galata morente. Tutto ciò grazie al Trattato di Tolentino (1797) per accrescere la collezione del Musée Napoléon. Napoleone fece una razzia capillare di moltissime opere italiane e le portò a Parigi. Queste opere tornarono in Italia nel 1815 grazie all’intervento di Antonio Canova, per l’occasione venne coniata una medaglia di riconoscimento con illustrato l’Apollo del Belvedere (anche quest’opera era stata portata in Francia da Napoleone). Successivamente una serie di collezioni private italiane vennero rese pubbliche, ad esempio nel 1743 si resero pubbliche le collezioni Granducali di Firenze. A Londra invece, nel 1753 venne fondato il British Museum. A Vienna vennero aperte le Collezioni Asburgiche nel 1781. Parigi fu l’ultima ad aprire un museo pubblico, lo fece dopo la Rivoluzione nel 1793. Il primo museo vaticano nacque nelle Stanze dei palazzi apostolici, la prima sezione venne aperto al pubblico nel 1772, era il museo Pio Clementino. Successivamente le zone destinate ad essere dei musei pubblici si ampliarono sempre di più. Jacques-Louis David (1748-1825) Nel 1700 cambiò la figura dell’artista, prima di questo momento gli artisti erano raccolti intorno a botteghe ed officine, avevano una loro specialità ma erano abili a svolgere tutte le mansioni artistiche. Per questo basti pensare a Michelangelo e Raffello, loro erano artisti a tutto tondo, poliedrici. Per David, ma anche per Canova, Roma rappresenta il punto di partenza di una nuova concezione del sapere e dell’operare artistico. David nacque a Parigi nel 1748 e morì a Bruxelles in esilio nel 1825. Inizialmente David frequentò un corso di disegno dove manifestò grande propensione verso la pittura. La famiglia lo affidò così al pittore Boucher, egli però era troppo vecchio e stanco e così lo affidò a Vien, pittore legato al rococò. Grazie a Vien, David studiò all'Accadémie Royale di Parigi. Qui apprese le tecniche principali legate alla composizione, all’anatomia e alla prospettiva. Arrivò a Roma nel 1775 a 27 anni, dopo aver vinto il Prix de Rome, l’opera con cui riuscì a vincere fu Antioco e Stratonice. David frequentò poi l’Accademia di Francia, istituita a Roma nel 1666 dal ministro francese Colbert. Venne accompagnato dal suo maestro Vien perché quest’ultimo era stato nominato direttore dell’Accademia di Francia a Roma. David in Italia visitò città molto importanti per la sua formazione, come Torino, Parma, Bologna e incontrò personalità emergenti della pittura classica moderna, come Correggio, Guido Reni e i Carracci. Da Correggio, David imparò l’uso dei colori, dei monocromi, delle trasparenze e della luce. Da Guido Reni, David imparò gli schemi compositivi, l’anatomia, le ambientazioni in secondo piano, i sentimenti pacati e la luce. Le prime opere di David sono legate ai retaggi del 1700. esempio: La venditrice di amorini 1763 —>prende spunto da La venditrice di amorini ( = affresco di Pompei). Durante il periodo romano, David studiò l’antico e i classici moderni (Raffello, Michelangelo). Successivamente andò a Parigi, lavorò per l’Anciene regime ma fu sempre particolarmente attivo dal punto di vista politico. Nelle sue opere si fa sempre più evidente l’impegno verso la patria. Nel 1790 entra attivamente nella vita politica aderendo totalmente alle idee rivoluzionarie, egli era giacobino e amico di Robespierre. Divenne poi membro della Convenzione Nazionale e così i temi storici divennero gli espedienti per far trapelare le idee rivoluzionarie del momento, cioè l’abnegazione e il sacrificio per la patria. David in pittura riprese la lezione di Winckelmann, traslocò il modello “storico”, da una Grecia mitica ed idealizzata ad una non meno ipotetica Grecia repubblicana. In tal senso il Neoclassicismo si sposta sull’asse del sublime, si tratta di un’estetica sublime che ben si concilia col rigorismo politico e totalitario dei Giacobini. L’idea centrale è quella di riportare al presente il passato, concepito come valore, come dover essere. Da qui l’impegno dell’artista teso all’esaltazione della virù eroica e civile che culmina nel bel gesto. Si parla per questo di estetica del sublime che tende a cogliere in un’unica visione la dimensione estetica, morale e politica. Alcune opere: • Patroclo Punto di riferimento è il Galata Morente, Musei Vaticani. La muscolatora è dettagliata e si può capire quindi che è profondo lo studio dell’anatomia + importanza effetti di luce. • Belisario chiede l’elemosina Chi è Belisario? Fu uno dei più grandi generali dell’esercito romano, il quale combatté innumerevoli guerre contro i Goti, gli Unni, i Persiani e molti altri popoli. Nonostante una vita di gloria e combattimenti vinti grazie alla sua straordinaria abilità, in vecchiaia venne dimenticato da tutti, e secondo una leggenda, lo stesso Giustiniano I ordinò che venisse accecato. Privo della vista e di ogni onore, fu costretto a vivere grazie all’elemosina da parte dei cittadini. Tutto questo cosa c’entra con David? Il pittore non ha scelto a caso questo tema —>vuole dimostrare che la gloria è passeggera e che durante la vecchiaia le difficoltà sono crescenti. Inoltre, vuole suggerirci che l’uomo non deve essere assetato di gloria e ricchezza, poiché sono entrambe sfuggenti e non rimangono per sempre. Lettura del dipinto • In primo piano, con le braccia tese ed accanto a sé un bambino, c’è proprio Belisario, che chiede l’elemosina con gli occhi chiusi, poiché cieco. • Alla loro sinistra, abbigliata con una modesta veste, una donna, mossa da pietà, sta donando qualche soldo ai due, che utilizzano come recipiente un vecchio elmo da soldato romano. La misericordia è il motore della scena —> la donna, il bambino e l’anziano sono gli elementi che rappresentano la dolcezza e della pace. Se Belisario, il bambino e la donna alludono alla dolcezza, devi sapere che anche il bambino, Belisario ed il soldato romano alle spalle della donna hanno un loro perché. Questi ultimi tre, rappresentano l’età dell’uomo: l’infanzia, la maturità e la vecchiaia. Adesso dà uno sguardo alla scena circostante: sulla destra, dove Belisario è seduto, ci sono delle alte colonne greco- romane, mentre sul lato sinistro, in lontananza, si scorge una città quasi in rovina. Questa città ha un particolare significato? Certo. Le rovine molto probabilmente rispecchiano la preoccupazione di David per gli eventi a cui stava assistendo negli anni in cui dipinse quest’opera. • Giuramento degli Orazi La vicenda degli Orazi è narrata dallo storico romano Tito Livio: durante il regno di Tullio Ostilio, Roma era in conflitto con Alba Longa, ed i due schieramenti decisero che l’esito della guerra sarebbe stato deciso con un duello tra tre fratelli Orazi per i Romani e tre fratelli Curiazi per Alba Longa. Il duello fu estremamente violento e sopravvisse solo uno degli Orazi, il quale, nonostante l’elevato numero di morti, uccise anche sua sorella Camilla, la quale era colpevole del fatto di aver pianto la morte di uno degli avversari Curiazi, che era suo fidanzato. Nel quadro di David il giuramento degli Orazi, il momento rappresentato è l’istante in cui i tre fratelli Orazi giurano al loro padre di difendere Roma a costo della vita. Oltre ai quattro uomini, sulla destra si può notare la presenza anche di alcune donne, tutte tristi per l’imminente conflitto. In particolare, nel gruppo delle donne c’è anche Camilla, pensierosa e preoccupata, perché sa, che comunque vada, perderà i suoi fratelli o il suo amato. Perché David sceglie proprio questa storia per il suo dipinto? Nel 1774, il pittore aveva vinto il premio Prix de Rome, che gli permise di soggiornare a Roma per 5 anni. • Durante questo periodo, David migliorò progressivamente il proprio stile, appassionandosi sempre di più all’antichità romana ed alle sue leggende e racconti. • La passione di David per la tradizione romana non è l’unico motivo per cui ha scelto questa storia. Il sacrificio degli Orazi, infatti è il tema perfetto per suggerire, nel clima della Rivoluzione Francese, vista la nascita del nuovo Stato, più attenzione per il mondo civile piuttosto che per il mondo clericale e la chiesa. La scena può essere suddivisa in due parti, dove è il padre degli Orazi, privo di emozioni, a spartire il quadro: sulla sinistra c’è la decisione ed il vigore dei guerrieri, mentre sulla destra, c’è la disperazione ed il dolore delle donne. L’ambiente che circonda i protagonisti è spoglio: ci sono due colonne e tre archi ed in profondità è tutto buio, lasciando intravedere solo uno scudo ed una lancia appesi al muro, ed ancora più lontano c’è una statua. Ovviamente non è stato lasciato così perché David non aveva voglia di completare il quadro, ma perché, in questo modo, la nostra attenzione è completamente rivolta all’azione. • I littori portano a Bruto le salme dei suoi figli o tutte le donne sono portatrici di valori positivi e di salvezza, mentre gli uomini hanno un ruolo negativo: o Romolo e gli altri uomini sono impegnati a combattere fino alla morte, ignorando completamente tutte le donne che non vogliono spargimenti di sangue, ma solo pace. L’exemplum classico moderno di quest’opera deriva da Guido Reni con il suo dipinto de La Strage degli innocenti. David con quest’opera riflette sul presente dai contorni foschi e cruenti del periodo post-rivoluzionario. L’interpretazione che dà la storiografia è una perorazione per la pace e la riconciliazione. Celebrazione a Napoleone David dedicò molti dipinti alla celebrazione di Napoleone. • La consacrazione dell’imperatore Napoleone e l’incoronazione dell’imperatrice Giuseppina La tela è una delle più grandi in assoluto tra i lavori realizzati da David. Oltre a rappresentaer l’importantissima incoronazione di Napoleone Bonaparte, è uno dei quadri più grandi presenti al Louvre. Questo quadro rappresentava la salita di Napoleone sul trono imperiale, e quindi il raggiungimento dell’apice della sua carriera militare e politica. Fu proprio lo stesso Bonaparte a richiedere che la sua incoronazione venisse ricordata per sempre con un quadro. Nel 1804, Napoleone incaricò David di lavorare a questa straordinaria tela, ed il pittore, data l’importanza della scena e le notevoli dimensioni della tela, dovette farsi aiutare dal suo allievo Georges Rouget. Terminato il lavoro, il quadro della consacrazione di Napoleone Jacques Louis David venne esposto nel 1810 al Salon, una mostra d’arte annuale di grande importanza. Dando una prima occhiata, è difficile concentrarsi sull’incoronazione; se fai attenzione, però, puoi vedere che un fascio di luce mette in risalto la zona centrale della scena, dove c’è Napoleone con la corona in mano, pronto a posarla sulla testa di sua moglie Giuseppina, inchinata davanti a lui. Intorno a loro, ci sono tantissime persone, tutti importanti esponenti della nobiltà e della chiesa. Devi sapere che prima di Napoleone, gli altri imperatori vennero incoronati nella Cattedrale di Reims, ma lui, volendo distinguersi dai predecessori, decise che la sua salita al potere sarebbe dovuta avvenire nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi. E così fu. La resa dei minimi particolari ed i colori scuri, ma delicati, sottolineano il gusto prettamente neoclassico dell’opera. • Bonaparte valica il Gran San Bernardo Perché ritrarre proprio Napoleone sul cavallo? Qualche anno prima, nel 1799, Napoleone era salito al potere, ed ora aveva bisogno di lavorare sulla propria reputazione e di rendersi un eroe agli occhi del popolo francese e soprattutto quello italiano: quest’ultimo, in particolare, era sotto il dominio degli Austriaci. Napoleone voleva più che mai riconquistare l’Italia ed annetterla al suo futuro impero e così, tentò un’impresa eccezionale —> prese solamente le truppe del suo esercito di riserva e con loro si diresse in Italia passando per le Alpi; così Napoleone valica il San Bernardo con i suoi uomini. Eliminati gli austriaci, Napoleone si autoproclamò primo console in Italia. Il francese, si rifiutò più volte di posare seduto per il quadro, perché voleva che l’opera mettesse in risalto le sue qualità militari piuttosto che il suo aspetto fisico. In basso a sinistra c’è una pietra in cui ci sono incisi i nomi di Annibalee Carlo Magno. Perché proprio i nomi di questi due famosi guerrieri? Perché proprio loro due avevano attraversato le Alpi prima di Napoleone: Annibale lo aveva fatto in occasione della Seconda Guerra Punica nel III secolo a.C., guidando il suo esercito di cartaginesi contro i romani, mentre Carlo Magno passò tra le Alpi al Cenisio con le truppe franche nel 773 d.C. per affrontare i Longobardi. David al termine della sua vita ebbe ancora dei problemi politici e così fuggì in Svizzera lasciandò tutto ai suoi allievi. Gli ultimi anni li trascorse in esilio a Bruxells. Dipinse ancora qualcosa come ad esempio Amore e Psiche ma anche Marte disarmato da Venere e dalle Grazie. Opere con soggetti mitologici Ricordiamo • Marte disaramato da Venere e dalle Grazie • Amore e Psiche Grand Tour Gli artisti al tempo viaggiavano molto in Italia, particolarmente in voga era il Grand Tour, per riscoprire le bellezze dell’antichità. Grand Tour, espressione comparsa per la prima volta in una guida del 1697, l’autore qui specifica che solo chi ha compiuto il Grand Tour in Italia può comprendere Cesare e Livio. L’espressione indica dunque un viaggio in tutta l’ Europa che prevede la visita di luoghi e tesori dell’antichità. Il Grand Tour veniva compiuto soprattutto da membri dell’aristocrazia, questa era un’ esperienza fortemente formativa per il futuro personale di ciascuno. L’Italia aveva un ruolo di primaria importanza nel Grand Tour, ci si spingeva fino alla Sicilia. Grande rappresentante del Grand Tour è Goethe. Egli nacque a Francoforte nel 1749 in una famiglia molto agiata, studiò giurisprudenza e divenne avvocato. Contemporaneamente si interessò di letteratura, filosofia, alchimia e scienze naturali. Aderì al movimento dello Sturm und Drang, scrisse moltissimo, il romanzo più famoso è I dolori del giovane Werther nel 1774. Si trasferì poi a Weimar e divenne consigliere e ministro. Successivamente compì il Grand Tour e scrisse un diario. A Roma visse in Via del Corso, la sua casa divenne poi un museo, gestito oggi da una fondazione tedesca. All’interno c’è una grande biblioteca, con anche disegni e opere del suo amico Johann Heinrich Wilhelm Tischbein. Famoso è soprattutto il dipinto Goethe nella campagna romana, del 1787, che ritrae appunto Goethe semidisteso, sullo sfondo cogliamo la Via Appia, una torre merlata e il mausoleo di Cecilia Metella. Goethe scrisse poi la Tragedia del Fausto e morì nel 1832. Metà importante del Grand Tour in Italia erano gli scavi di Ercolano e Pompei. Gli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei nel 1748 diedero il via ad una serie di riproduzioni artistiche con disegni, sculture, pitture. La colata lavica ha cristallizzato la storia, ha permesso una grande conservazione della città e di tutte le loro composizioni interne. Questa fu una grande opportunità per studiare l’antico, si conservarono intatti edifici, pitture, sculture. Erano anni in cui era molto in voga la passione per l’antico, detta Anticomania. L’anticomania è chiaro che si discosti dalle regole neoclassiche perché mostra un eccesso di elementi. L’anticomania creò una sorta di mercato frenetico di calchi e falsi di statue antiche con un grande commercio in tutta Europa. Coloro che compivano il Grand Tour volevano portare poi con sé un ricordo in patria, ovvero dei souvenir. Per riportare in patria frammenti di memoria dei luoghi visitati durante il Grand Tour si utilizzavano differenti modalità: • disegni realizzati direttamente dai visitatori su dei carnet personali • ci si affidava a botteghe che eseguivano incisioni in serie da un dato disegno • ci si affidava a botteghe specializzate in ritratti-souvenir, i visitatori si facevano così ritrarre immersi in un qualche luogo del loro viaggio. In primissimo piano veniva ritratto il committente in atteggiamento trionfante, mentre in secondo piano veniva ritratto un paesaggio italiano, uno scorcio di Roma o un luogo generico dove erano evidenti le rovine di età classica. A volte, ai piedi del ritratto si trovavano frammenti di architetture antiche, oppure nei pressi del committente si collocava un tavolo su cui erano posati libri, mappe della città di Roma, oggetti di studio, calchi di statue in miniatura. Si formava una sorta di doppio livello, in primo piano stava la contemporaneità e in secondo piano l’antichità. Questi dipinti rappresentavano un’autocelebrazione, i personaggi erano raffigurati in pose celebrative. Una delle botteghe di ritratti souvenir è quella di Pompeo Batoni. Un’altra tipologia di ritratti-souvenir erano quelli più riflessivi e meditativi. In questi ritratti si sottolineano le qualità intellettuali del viaggiatore. Il viaggio in Italia è particolarmente formativo, il visitatore è entrato in contatto con le meraviglie dell’antico a tal punto che queste perdureranno nella memoria, divenendo un bagaglio culturale indispensabile. Il personaggio è generalmente raffigurato di profilo con uno sguardo lontano come se meditasse sul contesto in cui viene raffigurato. Oppure i personaggi vengono rappresentati mentre studiano. In passato, nel 1464, venne realizzato un dipinto da Vincenzo Foppa, Fanciullo che legge Cicerone, e dunque già nel 1400 c’era l’idea che l’antico potesse insegnare molto e potesse essere un’ottima fonte di sapere. In quel periodo venivano commissionati molti dipinti che descrivevano luoghi significativi di Roma oppure che ritraevano gallerie immaginarie dove si collocavano dipinti e statue in miniatura riproducenti opere e siti di Roma, così fece la bottega di Pannini. Giovanni Paolo Pannini, un artista del tempo, realizzò un dipinto immaginando una galleria con vedute di Roma antica e di statue celebri. Uno strumento importante fin dai primi anni del 1700 era la camera ottica, molti artisti utilizzavano le immagini catturate con la camera ottica per poi strutturare successivamente un disegno. Lo scopo era catturare determinati luoghi per tenerli vividi nella propria memoria e per andare poi a realizzare dei disegni. Un artista che si serviva particolarmente delle immagini fornite dalla camera ottica era il Canaletto, un pittore veneziano. Le sue raffigurazioni sono ricche di particolari, sembrano quasi delle fotografie, questo perché i suoi dipinti erano realizzati a posteriori grazie alle immagini catturate dalla camera ottica. Come l’artista o l’intellettuale si pone nei confronti dei reperti antichi: • Primo atteggiamento: positivo e fiducioso Winckelmann in un suo scritto epistolare parla della città di Roma e la descrive come un luogo mitico in cui è possibile finalmente realizzare l’auspicato legame tra il passato e la sua proiezione nel presente. A Roma è possibile ritrovare gli elementi che attestano la continuità̀ classica che dall’antichità̀, passando attraverso i classici moderni (Raffaello, Poussin, ecc.), arriva fino agli artisti settecenteschi contemporanei (Mengs, ecc.). Pertanto, Roma è la tappa imprescindibile di un viaggio verso il recupero dell’antico in cui un’intera generazione rintraccia e riconosce i modelli culturali. Da tutta Europa arrivano artisti, grazie anche alle borse di studio istituite dalle Accademie, perché́ il loro soggiorno culturale a Roma, lo studio dell’antichità̀ e il contatto diretto con le rovine antiche miglioreranno la loro preparazione. Nelle parole di Winckelmann traspare una fiduciosa aspettativa nel rinnovamento artistico della grandezza classica, un atteggiamento che appare tradotto in immagini nell’affresco del Parnaso di Mengs a Villa Albani. • Secondo atteggiamento: negativo e sconfortato Alla precedente ideologia dell’antico si affianca, con la seconda generazione di artisti neoclassici, un atteggiamento differente (negativo). L’artista perde la speranza di recuperare il passato in chiave storica ed esplode il confronto doloroso tra la grandezza dell’antichità̀ e un presente che appare inadeguato. Il confronto – letto in una chiave «sublime» – diventa schiacciante per l’artista che rimane quasi paralizzato al cospetto delle rovine che raccontano la grandezza antica. Viene meno il modello da imitare e resta la frustrazione per l’impotenza di fronte ad un passato insuperabile e inattingibile. • Terzo atteggiamento: realistico ed equilibrato Tra le due posizioni antitetiche si pone, come un anello di congiunzione, un atteggiamento realistico e più̀ equilibrato che si riassume nell’osservazione di Goethe. Rimane scettico di fronte alla serena e ottimistica ripresa del passato come utile modello per il presente e allo stesso modo rifiuta il pessimismo provocato dalla presenza incombente dell’antico. Persegue una terza via: suggerisce che l’artista dovrebbe proporsi di trarre dall’antichità̀ non già̀ delle proporzioni misurabili, ma ciò̀ che è incommensurabile. Lo sbigottimento di fronte alla grandezza dei monumenti antichi si unisce alla reverenza per la magnificenza dell’architettura romana e alla riflessione che essa induce sul rapporto tra l’uomo e un tempo e uno spazio non completamente storicizzabili e misurabili. Anche Piranesi segue questo terzo filone. Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) Alcune opere dal filone mitologico: • Euridice, statua realizzata da Canova prima di recarsi a Roma, cogliamo dunque degli elementi vicini al Rococò. Raffigura Euridice nel suo secondo rientro nell’Ade, dietro compare una mano che l’afferra e la trascina. • Teseo sul Minotauro, dopo essersi recato a Roma e ad essersi formato in modo approfondito, lo stile di Canova cambiò radicalmente grazie all’incontro con le idee neoclassiche di Winckelmann. Quest’opera rappresenta il momento successivo alla vittoria di Teseo sul Minotauro, non mostra il momento dello scontro tra i due ma il momento di quiete successivo. La statua venne commissionata dall’ambasciatore veneto Gerolamo Zulian. • Ercole e Lica, l’opera venne commissionata da Onorato Gaestani dei principi d’Aragona. La realizzazione venne interrotta e ripresa più volte in seguito alle dure vicende politiche che coinvolsero Napoli con l’arrivo dei francesi. L’eroe appare in un momento di massima tensione muscolare, colto nell’atto di sollevare un piede dello sfortunato ragazzo, il quale invano oppone resistenza. Ercole si inarca come fosse un giocatore di lancio del disco, la scena è ricomposta in una circolarità che chiude l’azione e la schematizza. • Le tre Grazie, l’opera rappresenta le tre figlie di Zeus. Soggetti particolarmente ricorrenti nell’arte, basti pensare alla Primavera di Botticelli o alla tre Grazie di Raffaello, ma le raffigurò anche il rivale di Canova, ovvero Bertol Thorvaldsen nelle Grazie che ascoltano il canto di Cupido. Anche a Pompei venne ritrovato un affresco con le tre Grazie, ma in realtà anche di Amore e Psiche. Anche David riprese lo stesso tema nel Marte disarmato da Venere e dalle Grazie raffigurando le tre Grazie frontalmente. • Amore e Psiche, elemento imprescindibile in quest’opera e nell’opera precedente è il concetto di Grazia. La Grazia, all’interno della bellezza, è una sorta di epurazione che la ragione fa di quella che è la componente più passionale. Passionalità e sessualità vengono epurate dalla ragione e si trova un equilibrio interno che è la grazia. Questo tema era già stato trattato da Winckelmann. I sogetti raèppresentati sono mitologici, sono trattin dalle Metamorfosi di Apuleio. Il gruppo scultoreo rapprsenta il momento in cui Amore risveglia con un bacio Psiche, svenuta perché, constro il divieto di Afrodite ha aperto un vaso affidatole da Proserpina nell’Ada, contenente il Sonno profondo. Alcune opere dal filone dell’arte funeraria: L’arte funebre è presente in ogni civiltà; i monumenti funebri sono di alta qualità e molto elaborati. Nell’età illuministica e neoclassica ci si pone davanti alla tomba in un modo non diverso rispetto al passato, ma con una caratteristica in più: oltre all’aspetto religioso, c’è l’aspetto legato alla ragione e alla morale civile. La tomba diventa, per i vivi, un ricordo importante di chi vi è sepolto —> l’elemento scultureo diventa uno sprono ad agire sull’esempio del defunto. Ugo Foscolo, amico e ammiratore di Canova, scrive I Sepolcri = sostiene come Canova e tanti altri di come coloro che sono stati importanti nel nostro passato, diventano un esempio importante per coloro che rimangono in vita. • Monumento funebre di Clemente XIV, nel quadro in cui si ritrae la bottega di Canova, sulla destra si può notare la statua di Clemente XIV in fase di costruzione. Il monumento si trova nella Basilica dei Santi Apostoli: - porta —> doppio uso (porta dell’aldilà e della sagrestia) - in alto c’è la statua del Papa, che con la mano accoglie tutti coloro che lo osservano - al centro vi è il sarcofago con la Temperanza piangente (a sinistra) e personificazione della mansuetudine (a destra) con l’agnellino (elemento iconografico anche di Sant’Agnese). Il monumento è in marmo di Carrara. Canova realizza un percorso visivo che va quasi sempre a zig zag. • Monumento funebre di Clemente XIII, si trova resente nella Basilica di San Pietro. Lo schema compositivo è simile a quello sopra: - due leoni addormentati, che fanno da guardia (Goethe: “morte come sorella del sonno”, morte così spogliata dalla sua veste dolorosa e spettrale del Rococò) - alla sinistra una figura di religione —> donna velata con dei raggi sulla testa e la croce - alla destra una sorta di angelo - genio alato addormentato - al centro Clemente XIII con le mani giunte e il sepolcro - ingresso del sepolcro del papa (no ingresso della sagrestia come sopra) • Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria Impostazione architettonica a forma di grande piramide e quindi diversa rispetto alle due precedenti. Si pensava che Canova prese spunto alla Campagnia di Egitto di Napoleone per dar vita a questo monumento. IN REALTÀ Canova prende spunto dalla piramide cestia vicino alla Porta di San Paolo a Roma. Il marito voleva una decorazione molto più articolata, con più persone che rappresentavano le virtù delle moglie —> Canova ha tramutato solo alcune figure - volendo fare una decorazione più lineare: - la carità (che porta l’anziano) - la pace - la pietà– porta l’urna ed è accompagnata da due bambine - le 3 età - infanzia, adulto, vecchiaia – siamo tutti uguali davanti alla morte. Particolarità —>serpente che si morde la coda • Stele funeraria di Giovanni Volpato Meno dispendiose rispetto ai monumenti, vengono appoggiate al muro. È caratterizzato da un fronte triangolare, l’acroterio e la figura femminile che piange. • Stele funeraria di Giovanni Falier Sempre frontone, acroterio e figura femminile che piange. • Monumento funerario a Vittorio Alfieri Grande letterato. Troviamo sempre il frontone, l’effigie, l’acroterio; la particolarità è la personificazione dell’Italia che piange la morte di Alfieri. Questa immagine dell’Italia la ritroveremo alla fine dell’Ottocento e verrà riproposta più e più volte. Editto di Saint Cloud (Napoleone) Nasce l’esigenza di inserire i cimiteri all’esterno delle città per esigenze igienico-sanitario. Da qui iniziano le grandi statuarie all’esterno. esempio: cimitero monumentale di Milano I defunti sono un modello di vita per i vivi e punti di riferimento! Il sepolcro di Canova Alla sua morte i suoi allievi gli fecero un sepolcro nella Basilica di Venezia: ü la sua figura è inserita all’interno di un tondo con due angeli che reggono ü 3 figure femminili piangenti (“immedesimano” scultura, architettura e pittura) ü leone alato che è San Marco ü angelo Alcune opere dal filone dei ritratti: • Il ritratto di George Washington ( = primo presidente degli Stati Uniti) Fu il Parlamento della Carolina del Nord a commissionare nel 1816 una statua a figura intera di G.W. da collocare nella sala del Senato. Thomas Jefferson, convinto che nessuno scuoltore America fosse all’altezza dell’incarico, propose Canova, allora uno degli artisti europei più celebrati. La statua è l’unica opera eseguita da Canova per gli Stati Uniti e rappresenta il primo presidente della nazione nelle vesti di un condottiero romano, mentre stila il proprio discorso di commiato. L’opera venne svelata nel 1821 e il plauso fu tale da richiamare visitatori da ogni dove. Solo un decennio più tardi un tragico incendio divampò nel palazzo del Parlamento distruggendo la statua, ce ne rimase il calco a Possagno. Matrice del modello iconografico della statua di G.W. è Augusto Ioricato —> I secolo d.C. , Roma, Musei Vaticani. • Paolina Borghese come Venere vincitrice • Ritratto di Madame Rècamier, il salotto di Madame Récamier era un luogo di ritrovo della società d’èlite. Vi si trovavano molti personaggi come Madame de Stael, Honorè Balzac e lo stesso Canova. Madame Rècamier fu una figura chiave nell’opposzione al regime di Bonaparte, il suo salotto culturale fu un grande centro politico ed intellettuale. Celebrazione di Napoleone Napoleone venne celebrato in moltissime opere dai maggiori artisti del tempo come Canova, David, Appiani, Gros, Ingres, Thorvaldsen. I ritratti di Napoleone eseguiti da Canova sono: • Busto di Napoleone • Statua di Napoleone come Marte pacificatore David, invece, celebrò Napoleone: • Come un condottiero nel dipinto di Bonaparte valica il Gran San Bernardo • Come un imperatore nel dipinto della Consacrazione dell’imperatore Napoleone e l’incoronazione dell’Imperatrice Giuseppina • Come statista nel dipinto Napoleone nel suo studio Il pittore Andrea Appiani lo celebrò: • Come reale quando Napoleone divenne re di Italia nel dipinto Ritratto di Napoleone Bonaparte • Come una divinità nel dipinto di Villa Carlotta L’Apoteosi di Napoleone Gros lo raffigurò: • Come un condottiero nel dipinto Napoleone sul campo di battaglia di Eylau • Come un uomo vicino a coloro che stanno male, ai deboli, nel dipinto Bonaparte visita gli appestati di Jaffa Ingres raffigurò Napoleone: • Come un imperatore nel dipinto Napoleone in trono Thorvaldsen lo raffigurò: • In un busto Apoteosi di Napoleone insieme ad un’aquila e a delle collane di alloro • Nel fregio in gesso che realizza per la sale delle dame del Palazzo del Quirinale a Roma, Napoleone viene raffigurato come Alessandro Magno nel dipinto Alessandro a Babilonia. Le vicende delle vittorie napoleoniche vengono così paragonate a quelle del grande condottiero macedone. Durante il governo napoleonico di Roma il palazzo del Quirinale divenne sede dell’imperatore. Il modello è il Partenone. • Napoleone venne anche raffigurato come Traiano; come la Colonna Triana a Roma, a Parigi venne eretta la Colonna Vendome in onore di Napoleone. Musée Napoleon Nel maggio del 1791 l’Assemblea nazionale costituente decise che il Louvre e le Tuileriers avrebbero formato il Palazzo Nazionale, destinato a diventare residenza del re ma anche ad ospitare un’esposizione di scienze e di arti. I sostenitori di questo progetto volevano dimostrare la superiorità del nuovo regime rispetto al vecchio e volevano far diventare Parigi la nuova capitale delle arti e una nuova Atene. Il museo Musèum central des arts de la Rèpublique aprì nel 1793 in occasione di un festival per la celebrazione del primo anniversario della repubblica. Dal 1794 le vittorie dell’esercito rivoluzionario francese fecero affluire in patria un gran numero di opere provenienti da tutta Europa, con l’obiettivo di trasformare il museo nel più importante del continente. • Edimburgo, anche questa città subì una grande trasformazione urbanistica in età neoclassica, prendendo come spunto l’antico. Affianco all’Old town venne costruita la New town. Molto importante è Calton Hill, una collina situata a est della Città Nuova. Su di essa si trova il The National Monument of Scotland, un monumento in onore ai caduti delle guerre napoleoniche. Non venne completato per mancanza di fondi. Anche se l’ambizioso progetto vede realizzate soltanto dodici colonne, ha un aspetto grandioso, nello stile del Partenone di Atene. • Berlino, in questa città sul modello dell’Arco di Trionfo di Parigi, è stata costruita la Porta di Brandeburgo. L’architrave di questa è dorico, la colonna è dorica ma viene aggiunta una base e possiamo quindi scorgere una reinterpretazione. • Milano, in questa città è di fondamentale importanza la figura dell’architetto umbro Giuseppe Piermarini. Nel 1776 egli realizzò il Teatro della Scala, importante il portico che si estroflette, necessario un tempo per l’accoglienza delle carrozze. I volumi dell’edificio un tempo emergevano maggiormente perchè il Teatro aveva davanti degli edifici, oggi invece davanti al Teatro c’è una piazza e dunque questi volumi sono stati diminuiti. L’interno è fatto a palchi. Piermarini è ricordato anche per aver costruito il Palazzo Belgioiso e il Palazzo reale di Milano e la Villa Reale di Monza. Egli ebbe come allievo Leopoldo Pollack, egli realizzò la Villa Reale di Milano. Attualmente questo edificio ospita la GAM, ovvero la Galleria d’arte moderna Milano. In una delle sale si trova un Parnaso realizzato da Andrea Appiani. Un altro allievo fu Cagnola, egli fece l’Arco della Pace di Milano. Iniziato nel 1807 in onore di Napoleone, dopo la restaurazione venne dedicato all’imperatore Francesco I d’Austria. Dopo la liberazione di Milano venne intitolato all’indipendenza dell’Italia. Anche Canonica fu allievo di Piermarini, egli realizzò l’Arena, a Milano. Un’altra figura importante a Milano fu quella di Giovanni Antonio Antolini, egli progettò il Foro Bonaparte, questo sarebbe dovuto diventare un’immensa piazza circolare, costruita intorno al Castello Sforzesco. Poi le vicende politiche non permisero la realizzazione del progetto. • Napoli, importante in questa città è Piazza Plebiscito, di fronte a Palazzo Reale. Questa è progettata da Leopoldo Laperuta sulla base di un vasto colonnato ad emiciclo, su modello di quello realizzato dal Bernini a Roma. Nella piazza troviamo la chiesa di San Francesco di Paola, ispirata al Pantheon, realizzata da Pietro Bianchi. Piazza Plebiscito fa parte dei progetti per la ristrutturazione urbanistica di alcune zone cittadine, iniziata da Giuseppe Bonaparte e da Gioacchino Murat durante l’età napoleonica. La chiesa di San Francesco di Paola fu fatta erigere da Ferdinando I per solennizzare il ritorno sul trono di Napoli dopo il periodo napoleonico. Il pronao è di ordine ionico, mentre il colonnato è dorico. • Roma, uno dei maggiori protagonisti della vita artistica romana è Giuseppe Valadier, archeologo, architetto ed urbanista. Egli pose le basi per il restauro scientifico moderno, distinse tra arti originali e parti rifatte. Valadier fu importante per via della sistemazione urbanistica di Piazza del Popolo di Roma. Questa piazza costituisce l’ingresso principale della città per chi proviene da nord. Nel ‘700 erano state costruite tre vie che partono come un tridente dall’obelisco egizio verso il centro della città, ma non c’era ancora stata una sistemazione verso il colle del Pincio e verso il Tevere. Valadier pensò così di adottare la pianta ad elissoide costruendo due emicicli e collegando il Pincio alla piazza mediante rampe e terrazze che si inseriscono organicamente nella natura, la piazza venne così notevolmente ingrandita. Gli elementi classici assumono il valore evocativo dell’antico. • Torino, importante la chiesa della Gran Madre di Dio, costruita sul modello del Pantheon. In essa dobbiamo riconoscere due statue di grande rilevanza ovvero: la Fede e la Religione. Il Romanticismo Il Romanticismo, a differenza del Neoclassicismo, non considera solo la ragione, ma anche l’immaginazione e la fantasia. quindi: si allargano gli orizzonti. Nel Romanticismo c’è riferimento al Medioevo. È un processo lento! N.B. Madeleine e Arco di Trionfo sono un po’ sul confine. Caratteristiche: A. La PITTURA in età romantica è una delle arti privilegiate, come nel neoclassicismo la scultura, questo perché la pittura permette di imitare il mondo esterno in modo molto più incisivo grazie al colore a ad un modo particolare di rendere la luce. La pittura offre all’artista la possibilità di interpretare il mondo esterno in modo più elastico inventando spazi, forme, luci e colori. Molto importante il concetto di PITTORESCO legato all’importanza del paesaggio. Nel paesaggio traspare la ricchezza dei sentimenti, la coscienza della solitudine dell’uomo, la sua angoscia di fronte al mistero. B. Importante il concetto di FANTASIA, legato però al concetto di RAGIONE —> alcuni fondamenti e pilastri sono utili sia per il Neoclassicismo sia per il Romanticismo, anche se poi si sviluppano in modi differenti. Il Romanticismo ha come preferenza l’arte letteraria, la musica. C. Importanza della NATURA, come una sorta di cosmo, di creazione. La natura è importante perché è l’alter l’ego dell’uomo. Fin dalla tarda antichità la natura, in chiave cristiana, è espressione della creazione di Dio. D. Molto importante il concetto di SUBLIME. Friedrich coglie nella natura il “sublime”, quel sublime che è uno dei temi fondamentali del Romanticismo e che è stato definito da uno dei massimi filosofi tedeschi, ovvero Kant. Sublime è il senso di sgomento, e allo stesso tempo di piacere, che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura, sia nel suo aspetto pacifico, sia nel suo aspetto più terribile quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza ma al tempo stesso proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi. TEMI TIPICI DEL ROMANTICISMO: Nei dipinti Romantici vengono rappresentati soprattutto: - Paesaggi - Eventi storici cha hanno scosso in modo particolare l'opinione pubblica - Temi fantastici: sogni, incubi, superstizioni (tema onirico) - Soggetti storici di ambito medioevale - L'orientalismo Caspar David Friedrich (1774-1840) Friedrich è un pittore tedesco, uno dei principali esponenti dell’arte romantica. Compì i suoi studi all’Accademia di Copenaghen, si trasferì poi a Dresda dove svolse la maggior parte della sua attività. Entrò ben presto nell’ambiente culturale romantico accanto a Novalis, Tieck e più tardi a Goethe. Friedrich colse nella natura il concetto di sublime definito inizialmente, da un punto di vista filosofico, da Kant. Però già nel ‘700 due artisti espressero molto bene il concetto di sublime attraverso dei dipinti che raffiguravano dei vulcani in eruzione. Friedrich per rappresentare il sublime nella natura prese spunto dalle terre natie della costa baltica e dalle pianure del nord della Germania. Egli predilesse il paesaggio in determinate fasi del giorno, al mattino o alla sera, quando si presta a più dirette correlazioni psicologiche. Alcune opere: • Il naufragio della Speranza o Il mare di ghiaccio, il dipinto è ispirato ad un naufragio realmente accaduto nel corso di una spedizione polare. In esso vediamo in primo piano dei lastroni di ghiaccio taglienti e aguzzi che si accavallano generando una forma piramidale che protende verso sinistra. Sul fondo cogliamo una grande distesa gelata rotta qua e là. In alta grava un cielo plumbeo. Questa è una delle opere di Friedrich che meglio rappresentano il concetto di sublime. Quando l’osservatore osserva il dipinto si trova dinnanzi ad una grande ampiezza di veduta e questo rende il senso dell’immensità di una natura incontaminata e primordiale. Ma ad esprimere il contrasto fra essa e la piccolezza umana si aggiunge anche, sulla destra, adagiata su un fianco travolta e ghiacciata dalla forza dei ghiacci, la poppa della nave la Speranza. Il nome della nave enfatizza il senso della rappresentazione che illustra in modo netto la speranza dell’uomo, il suo eterno desiderio di conoscenza e il domino della natura. L’uomo però è destinato a restare sconfitto nella lotta contro le forze superiori della natura, che circondano e sovrastano l’uomo. • La croce sulle montagne, dipinto molto importante perché rivelò la personalità di Friedrich; suscitò grande critica perché in esso è raffigurata la crocifissione ma viene dato ampio spazio al paesaggio. È però opportuno ricordare che il paesaggio pur essendo una rappresentazione laica è comunque legato alla creazione cosmologica e quindi a Dio. Nel dipinto i fasci di luce danno l’idea della speranza. La croce è posta inclinata di spalle, è di sbieco. Questo è un elemento ricorrente nei dipinti di questo pittore, l’uomo non viene mai ritratto frontalmente, è sempre di spalle, inclinato o di fianco. Così si dà l’idea di quello che è il pensiero dell’uomo nei confronti del soggetto più grande e sovrastante, ovvero la natura. L’attenzione è posta non sull’individuo ma su quello che lui guarda. Il dipinto presenta colori scuri e chiari, scuri verso il basso e più chiari verso l’alto, verso la luce. Anche questo è ricorrente nei dipinti dell’artista (Il mare di ghiaccio). • Viandante sul mare di nebbia, questo dipinto è da considerarsi il “manifesto” pittorico del Romanticismo. La grandezza del sublime è espressa nell’immensità spaziale. In vetta ad una montagna un uomo solitario guarda verso l’infinito, sotto di lui si apre una nebbia fluttuante che invade tutta la parte sottostante lasciando avvolto nel mistero ciò che ricopre. Questo da un maggiore senso di smarrimento all’uomo. • Le bianche scogliere di Rugen, dipinto che raffigura le Scogliere sul Mar Baltico, l’elemento della scogliera è utilizzato come fonte di luce e come elemento di divisione tra mare e terra. C’è riferimento ai quattro elementi Ciò che viene rappresentato non è la realtà che è davanti agli occhi ma la reazione soggettiva dell’uomo, la vita interiore che questi proietta nella natura circostante. Come già in Friedrich, ma con una partecipazione ancora più totale, i dipinti di Turner esprimono il concetto di “sublime”. Anche Turner compì il viaggio in Italia nel 1819 e visitò Venezia, Roma, Napoli. Le atmosfere del sud Italia mutarono profondamente la sua impostazione cromatica. La problematica cromatico-luministica è il nodo centrale della pittura di Turner. Egli studiò con grande interesse il trattato di Goethe relativo alla Teoria dei colori e riconobbe l’importanza del principio di polarità tra colori caldi e colori freddi, tra luce ed oscurità. Goethe afferma che il colore viene recepito in base a tre fattori principali: quello fisiologico, quello oggettivo e quello psicologico. Goethe indagò l’effetto prodotto dai colori sullo stato d’animo. I colori caldi sono rosso, arancio e giallo. Suggeriscono calore e sembrano muoversi verso lo spettatore suscitando gioia, forza, potenza e passione. I colori freddi sono verde, blu, indaco e violetto. Suggeriscono calma, dolcezza, freddezza e sembrano allontanarsi dallo spettatore. Comunque, anche Turner, come Constable, si interessò allo studio del paesaggio, dei cieli. Fece numerosi studi sulla luce, sui vortici. Per esempio, può essere utile osservare La valorosa “Temeraire” trainata all’ultimo ancoraggio per essere demolita. Interessante osservare qui la presenza dei colori caldi e dei colori freddi. Come anche in Pioggia, vapore e velocità. La grande ferrovia occidentale. La presenza dei vortici può essere osservata ad esempio in Barca a vela che si avvicina alla costao in Luce e colore. Il mattino dopo il Diluvio. Il dipinto è poco definito ma comprensibile. Egli utilizzò inizialmente l’acquarello, poi invece utilizzò tempere e olio su tela. Anche in Turner è ricorrente la rappresentazione della grandiosità della natura rispetto alla piccolezza dell’uomo. Lo si vede, ad esempio, nel dipinto Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi. Così anche nell’Incendio della Camera dei Lords e dei Comuni, 16 ottobre 1834. Ne fece due di dipinti su questo incendio, fatto vero realmente accaduto. Turner realizzò anche dei dipinti più definiti, come ad esempio Roma vista dal Vaticano: Raffaello accompagnato dalla Fornarina lavora ai suoi quadri per la decorazione della loggia. All’interno di questo dipinto inserì anche dei classici moderni come Madonna sulla seggiola. Un dipinto di Turner in cui domina il pittoresco è ad esempio Veduta di Mortlake Terrace. Cos’è il Salon? Il Salon è un’esposizione d’arte istituita in Francia da Luigi XIV nel 1676. All’inizio si teneva ogni due anni ed era riservata ai membri dell’Accademia Reale, successivamente divenne annuale e la partecipazione venne aperta a tutti gli artisti, dopo una selezione operata dai membri dell’Accademia delle Belle Arti. Così il Salon divenne sinonimo di arte ufficiale e accademica. Scuola di Barbizon Come in Inghilterra, anche in Francia si sviluppò in età romantica la pittura di paesaggio. Particolarmente nota è la Scuola di Barbizon o Paesaggisti del 1830. Barbizon è un paese ai margini della foresta di Fontainebleau, a sud di Parigi. Qui si riunivano alcuni pittori animati dal desiderio di riscoprire la bellezza della natura immergendosi in essa, non è dunque una scuola accademica. La natura dipinta dagli artisti della Scuola di Barbizon è una natura osservata e studiata come se fosse un oggetto di ricerca. Questo però non significa realismo, l’esecuzione dei dipinti non avviene direttamente in presenza ma successivamente nell’atelier. I pittori di Barbizon non rendono oggettivamente la natura, ma romanticamente il sentimento suscitato dalla vista di un albero, di un bosco, di una pianura, di un cielo. La presenza umana quasi scompare, quando compare è sempre legata a qualcosa di rurale. Molto presente il riferimento alle quattro stagioni, tematica che proviene dal Medioevo, collegamento con la creazione cosmologica. (Turner, Constable) I colori a volte sono molto terrosi. Thèodore Roussesau è riconosciuto come il capo della Scuola di Barbizon. A lui si aggiungono Duprè, De La Pena, Troyon, Daubigny (i suoi dipinti presentano una trasparenza poi presente nel movimento dell’Impressionismo) e Millet (alcuni suoi quadri richiamano quadri successivi di Van Gogh, come ad esempio Narcisi e violette, Il seminatore). Jean-Baptiste Camille Corot (1796-1875) Corot è da considerarsi il maggior paesaggista francese dell’Ottocento. Anche lui ebbe contatti con la Scuola di Barbizon. Corot però fu un’artista completamente indipendente da ogni tendenza, ha in comune con i romantici la coscienza che la natura può essere capita solo attraverso il proprio sentimento. Egli divenne celebre con opere adeguate al gusto dell’epoca, ma la tipologia di dipinti nel quale seppe esprimersi meglio è quella relativa a paesaggi costruiti fermamente per larghe masse di colore, colti dal vero e al tempo stesso interpretati attraverso la propria sensibilità. Fondamentale per lui e per la sua arte fu il viaggio in Italia, questa rappresentava per lui la luce, era ammaliato dalla luce mediterranea, sicuramente molto diversa da quella dei paesi del Nord Europa, la luce diventa colore. Corot usava il colore per quello che era il bozzetto, il disegno per quello che era il definitivo. Dipinti molto bucolici, scarsa presenza umana, in alcuni dipinti compaiono cattedrali o anche il Colosseo. C’è sempre un legame con il passato legato però all’elemento paesaggistico e pittoresco. Il vedutismo dell’Italia settentrionale Del tutto indipendente da ogni insegnamento scolastico è il lombardo Giovanni Carnovali detto il Piccio (piccolo). Egli studiò i classici moderni, da Correggio a Parmigianino a Lotto, riallacciandosi alla tradizione lombardo-emiliana, ricavò così dai classici moderni il senso morbido dello sfumato, del colore e della natura che interpreta secondo i canoni del Romanticismo. Ciò fece di lui uno degli artisti più originali del 1800. I suoi dipinti sono caratterizzati dalla pennellata sciolta, a tocchi e a macchie, mediante accostamenti cromatici immersi nella luminosità. Si inserisce in questo contesto, decisamente romantico, anche Antonio Fontanesi, l’artista italiano che si può maggiormente accostare agli artisti della Scuola di Barbizon, questo perché nei suoi dipinti rende il senso di solennità che prova l’animo umano davanti allo spettacolo della natura. La scuola di Posillipo Espressione coniata in segno di scherno dai pittori dell’Accademia per definire un gruppo di pittori che, nel terzo decennio dell’Ottocento si riunivano intorno ad Anton Smick van Pitloo e più tardi intorno a Giacinto Gigante. Dalla fine del Settecento Napoli era stata meta di numerosi paesaggisti tra i quali Corot e Turner.Nella prima produzione la scuola di Posillipo si rifece al paesaggio di tradizione neoclassica, ma puntando soprattutto sui valori lirici e romantici assunse ben presto una posizione antiaccademica. Dal vedutismo settecentesco gli artisti della scuola derivarono l’attitudine a trarre dal vero almeno gli abbozzi disegnativi. Tuttavia, questa ricerca del vero si associò sempre al gusto del pittoresco e a un senso della forma che, anche quando inclinata alla macchia, non perdeva mai la sua compattezza disegnativa. In realtà i punti di riferimento moderni di questa scuola non andavano al di là di Turner. Una seconda fase della Scuola di Posillipo (successiva al decennio 1825-35) presenta una ripetizione degli schemi e l’accentuazione di un tono oleografico che sono all’origine dell’immagine stereotipata che di solito si ha di questa scuola, la cui eredità è stata raccolta dalla cartolina illustrata. Due grandi pittori francesi di questo periodo: Gèricault Thèodore (1791-1824) Uno dei temi fondamentali della pittura romantica è il concetto di sublime. Se in David e nei pittori neoclassici il sublime eroico è statico in quanto idealizzato, nei pittori romantici è mobile perchè nasce dalla vita stessa ed è nei momenti transitori di essa che deve essere colto. Anche l’epoca napoleonica è vista in modo dinamico, non l’imperatore in gloria ma il movimento della battaglia. Questa caratteristica, già riscontrabile in Gros (uno dei sei maggiori pittori napoleonici) è visibile anche in Gèricault, con il quale il romanticismo francese trova la sua prima vera affermazione. Gèricault è un pittore, incisore e scultore francese. Si stabilì da bambino con la famiglia a Parigi, fin da subito si mostrò poco incline agli studi e alla disciplina e si distinse solo per il disegno. Invece che studiare preferiva lunghe passeggiate all’aperto con i cavalli, tema poi molto ricorrente nei suoi dipinti. Gèricault fu sempre un personaggio particolare, si adattò al contesto francese ma faticò ad integrarsi appieno. Si formò nella scuola di David, e avrà contatti diretti con i grandi pittori del tempo; da loro recupererà gli stilemi principali, tra cui uso del pittorico e uso della luce. Successivamente andò in Italia, a Roma e questo gli sarà utile per lo studio della pittura rinascimentale e per lo studio dell'anatomia umana, si ispirò per questo a Michelangelo. A Roma però non trovò un ambiente congeniale, non legò con gli artisti del momento e neppure con i suoi connazionali, come Ingres, presenti in Italia in quel periodo. Tornò così a Parigi e cominciò a frequentare Delacroix. Questo pittore dà grande enfasi al soggetto antieroico, egli raffigura soggetti che hanno paura, che sono stati sconfitti, che tornano indietro, il contrario rispetto ad una figura eroica. Un esempio è il dipinto Corazziere ferito che lascia la linea del fuoco. Questo dipinto venne realizzato da Gèricault prima del viaggio in Italia, è un’opera antieroica che si contrappone alla classica retorica bellica e di vittoria celebratesi fino ad ora. Questo dipinto è uno dei primi segnali di svolta rispetto alla pittura celebrativa dell’età napoleonica. In questo dipinto è opportuno osservare il corpo del soggetto, che sembra quasi chiudersi per paura. Anche il volto mostra paura. Opportuno osservare anche l’instabilità del cavallo, il terreno scosceso e l’andamento incerto del soldato che abbandona il campo di battaglia. Il dipinto denuncia così apertamente le atrocità della guerra. Fu un insuccesso, venne presentato al Salon del 1814 ma non ottenne un grande successo, venne additato dalla critica in modo non positivo. Un altro tema ricorrente nei dipinti di questo pittore è legato allo studio anatomico dei cavalli, egli fece tantissimi dipinti con i cavalli come soggetti. Riprese gli schemi compositivi di Raffaello, Leonardo e Michelangelo. É uno schema legato ancora al Neoclassicismo. Questo lo si può vedere molto chiaramente nel dipinto Corsa dei cavalli berberi. Il dipinto si riferisce alla gara dei cavalli berberi lungo via del Corso a Roma che si teneva durante le feste del Carnevale romani. Gli animali venivano lanciati al galoppo senza cavaliere sul tragitto che va da Piazza Venezia fino a Piazza del Popolo. Il dipinto ha una sorta di frattura, la parte inferiore si lega ai canoni del movimento romantico, la porzione superiore invece è ancora legata alla tradizione neoclassica. Un altro tema importante è lo studio dei cadaveri, per esempio questo lo si vede in Studio di piedi e di mani. Chiaro riferimento alla Nike, ma anche alla Venere di Milo. Nella scena raffigurata gli insorti sono raffigurati nel momento in cui si muovono verso lo spettatore scavalcando le barricate erette per difendere dagli assalti le truppe. Alla base della composizione si trovano le vittime delle diverse forze in campo, un uomo civile nudo, un uomo con la giubba della Guardia Nazionale e un corazziere dell’esercito di Carlo X. Un secondo periodo dell’attività di Delacroix si inaugurò con il suo viaggio in Marocco del 1832. Qui il pittore studiò gli uomini, i costumi, i comportamenti, le feste coloratissime e frenetiche. Testimonianza di questa vicinanza al mondo orientale sono ad esempio i dipinti: Donne D’Algeri, Festa di nozze ebraiche in Marocco. Negli anni successivi sembrò tornare al mondo antico con l’intento di scoprirne l’eroicità delle passioni, lo si vede in dipinti come: Medea Furiosa e la Giustizia di Traiano. Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) Ingres è un pittore francese, fu allievo di David a Parigi. Egli vinse il Prix de Rome con Achille e gli inviati da Agamennone ma non potè recarsi a Roma a causa degli avvenimenti politici. Rimase a Parigi e cominciò ad ottenere delle ottime committenze ufficiali, ovvero quelle di Napoleone. Successivamente partì per Roma e vi rimase per parecchi anni, il lavoro degli anni italiani fu intenso, divenne il ritrattista dell’ambiente francese. Queste opere però vennero sempre criticate ai Salons. Ingres nei ritratti adotta uno schema compositivo lineare molto vicino alla pittura dei primitivi italiani nella precisione del disegno e nella stesura del colore. Le critiche erano dovute soprattutto a dei cenni di “goticismo” sullo sfondo, inaccettabili per il purismo di David. (Con il termine “gotico” si intendono i pittori del tardo medioevo italiano che Ingres conobbe durante il suo soggiorno in Italia) Successivamente, Ingres tornò a Parigi ed espose il Voto di Luigi XIII al Salon in opposizione al Massacro di Scio di Delacroix, ottenne largo successo. Venne poi eletto membro dell’Acadèmie e aprì un suo studio. Da questo momento egli fu considerato dagli ambienti ufficiali il massimo artista francese. Lavorò così come ritrattista dell’alta società, ricevette commissioni ufficiali e venne celebrato con riconoscimenti pubblici. Un’opera molto importante di Ingres è Napoleone in trono. La critica indica che Ingres riprese l’impostazione della figura di Dio Padre dal Polittico dell’agnello Mistico del ‘400, così si crea una visione sacra di Napoleone. Il riferimento in realtà pare essere quello dei dittici eburnei, raffiguranti i consoli con lo scipio. Per quanto riguarda il genere dei ritratti, ricordiamo soprattutto il Ritratto di Monsieur Bertin. Egli era il fondatore di un giornale francese molto importante al tempo, Ingres si soffermò su particolari di grande realismo nelle mani e nel volto e raggiunge una grande penetrazione psicologica. La prontezza fisica del soggetto rimanda all’autorità e al peso sociale del personaggio. Il ritratto al tempo veniva utilizzato per rappresentare la media borghesia che sta emergendo come classe sociale fondamentale per la modernità. Fino a quel periodo il ritratto era riservato a soggetti legati al divino e a sovrani idealizzati. Un altro dipinto importante di Ingres è L’Apoteosi di Omero. Ma anche Edipo e la Sfinge. In esso il contrasto tra buio (Sfinge) e luce (Edipo) enfatizza la differenza tra l’intelletto e la forza bruta. Ai piedi delle due figure contrapposte si trovano i resti umani di coloro che non sono stati capaci di sciogliere l’indovinello. Sullo sfondo cogliamo un altro personaggio che non riesce a comprendere e si appresta a fuggire. Rilevante è anche il dipinto di Giove e Teti, esso si riferisce al primo canto dell’Iliade di Omero in cui Teti, madre di Achille, chiede a Giove di favorire i troiani nella guerra di Troia affinchè il figlio torni a combattere. Achille infatti si era allontanato per via di una disputa con Agamennone sulla schiava Briseide. L’aquila è il simbolo di Giove. Sullo sfondo a sinistra in trasparenza compare Giunone. Ingres non si chiuse in una rievocazione dell’arte passata ma partecipò pienamente ai miti letterati della sua epoca, egli realizzò opere con soggetti romantici di tono eroico, come si vede nel Sogno di Ossian, o a sfondo sentimentale, come si vede nella morte di Leonardo da Vinci. Il sogno di Ossian venne realizzato per Napoleone, per il suo appartamento del Quirinale. Ossian dorme appoggiato all’arpa mentre alle sue spalle prende vita la scena onirica distinta dal colore bianco. Il ciclo epico di Ossian, di ispirazione medioevale è assimilabile all’Iliade e all’Odissea di Omero. Per il dipinto relativo alla morte di Leonardo Da Vinci, Ingres si ispirò alla Morte di Germanico di Poussin. La tradizione critica del 1800 opponeva Ingres, simbolo del classicismo, a Delacroix e ciò ebbe un peso determinante nella valutazione dell’operato dell’artista, che è stato poi oggetto di una rivalutazione solo dal 1967 in avanti con le grandi mostre allestite per il centenario. Definire Ingres all’interno dell’arte classica significa ridurre la vera natura dell’artista. Fin dall’inizio, Ingres si ribellò al dogma classicista dell’imitazione dell’antico verso cui David l’aveva indirizzato. Il vero filo conduttore per la comprensione della sua pittura sono i suoi numerosissimi disegni che mostrano come Ingres, con una libertà che va oltre la sua esperienza neoclassica, abbia attinto dall’arcaismo greco all’arte ellenistica, bizantina, gotica. Ma anche da Raffaello ai primitivi fino ad arrivare ai manieristi. Ingres abbandonò il chiaroscuro davidiano, il colore da lui viene steso in superficie riducendo il plasticismo e confermando la supremazia dei valori lineari. La lezione di Ingres sarà poi fondamentale per la rivoluzione pittorica realizzata da Manet più avanti. L’Orientalismo L’interesse per l’Oriente crebbe sempre di più nel corso dell’Ottocento. Ciò venne favorito dalla ricerca intellettuale di modelli alternativi alla società europea, si sviluppò una forte curiosità verso il diverso, verso ciò che è incontaminato o esotico. Il Neoclassicismo si interessò del gusto egiziano dopo la campagna napoleonica del 1798, dopo questo momento comparvero nelle decorazioni obelischi, sfingi ecc... Dopo la sconfitta di Napoleone, l’Oriente divenne la meta preferita per evadere dalla repressione dell’Ancien Règime, reintrodotto dopo il Congresso di Vienna. L’Oriente si trasformò così nella meta prediletta di inquieti spiriti romantici non allineati al sistema. I viaggi in Oriente vennero facilitati dalle migliori vie di comunicazione. Ed inoltre, i pellegrini laici si immedesimarono in modelli letterali, come quello del poeta inglese Byron. Le sue opere ebbero una profonda influenza su romanzieri e pittoriche si recarono in Oriente. Il tema dell’esotico, del viaggio, della scoperta di un mondo differente lo si trova molto bene in Ingres. In questo pittore troviamo l’orientalismo in una veste più accademica, per esempio nel dipinto La grande odalisca, Il bagno turco. Lo troviamo anche in Gros con il dipinto Bonaparte visita gli appestati di Jaffa. Il dipinto riproduce un episodio della Campagna d’Egitto. La presa di Jaffa da parte dell’armata francese si aggravò a causa dello scoppio di un’epidemia di peste bubbonica che decimò l’armata di Napoleone. Quest’ultimo fece visita agli appestati e toccò le loro ferite come fosse un re taumaturgo, questo fatto contribuì ad alimentare la sua leggenda. Il tema dell’Orientalismo lo troviamo in Delacroix nei dipinti Massacri di Scio, La Grecis spirante sulle rovine di Missolungi, La morte di Sardanapalo, Donne di Algeri nei loro appartamenti. Un altro pittore che si dedicò a questo filone è Chassèriau, da ricordare Toletta di Ester prima di apparire davanti ad Assuero. Chassèriau era un pittore francese, allievo di Ingres. Si dedicò ad opere legate al genere dell’esotismo di stampo romantico, si impegnò in disegni e schizzi ispirati da un viaggio compiuto in Algeria. Un altro pittore è Gèrome, la sua espressione artistica è una fusione tra la scuola neoclassica ed il romanticismo. Compì viaggi in Egitto, Turchia e Asia minore, affrontò temi esotici secondo la moda dominante. Gèrome realizzò una serie di immagini legate alle battaglie di Napoleone in Egitto. Ad esempio, Napoleone davanti alla sfinge, Il generale Napoleone al Cairo, Napoleone in Egitto. In Gèrome cogliamo anche il tema dell’Oriente nella collezione di pelli di animali esotici, il riferimento è al dipinto Mercante di pelli del Cairo. Lo stesso tema lo si coglie nel dipinto Ritratto di Gioacchino Murat di Gros, per via della presenza di pelle animale sul dorso del cavallo, ma anche in Gèricault nel dipinto Ufficiale dei cacciatori a cavallo della guardia imperiale alla carica. Nel dipinto di Gèrome Cleopatra davanti a Cesare cogliamo l’unione di due generi: tema storico e orientalismo. Nel dipinto Preghiera al Cairo e L’Incantatore di Serpenti cogliamo degli aspetti di vita religiosa legati all’Oriente. Nel dipinto L’Orientale cogliamo l’unione di: ritratto e orientalismo. Nel dipinto La Terrazza del Serraglio cogliamo la presenza di aspetti di vita quotidiana orientale (dipinto da confrontare con Donne di Algeri di Delacroix). Nel dipinto Bagnanti sul bordo di un fiume e Il bagno turco cogliamo sempre degli aspetti di vita quotidiana orientale (dipinti da confrontare con Odalische e Bagno turco di Ingres). Pittura visionaria fantastica Uno dei generi che si sviluppò nel Romanticismo è quello della pittura visionaria-fantastica, in essa si coglia una forte passione verso le componenti più irrazionali dell’animo umano. Già nel corso del XVIII secolo si manifestarono i primi cenni verso il rifiuto della norma e della razionalità tipica dell’Illuminismo. A Parigi nel Salon venivano esposti, già a fine ‘700, molte opere di notturni o di rovine, che erano caratterizzate da immagini appartenenti ad un mondo misterioso, in netto contrasto con le scene storiche del Neoclassicismo. Nel Romanticismo però cogliamo una sensibilità sollecitata dal desiderio di verifica dei limiti della ragione e questo origina numerosissimi dipinti raffiguranti sogni, visioni, magie. Per Ingres possiamo ricordare Il sogno di Ossian. Per Goya possiamo ricordare una serie di sei opere commissionate dalla duchessa Osuna per la sua residenza di Alemanda. Queste opere sono espressioni della pittura visionaria-fantastica e del fascino dell’occulto esercitato in ambito aristocratico verso la fine del 1700. Questi dipinti de La lampada del diavolo fanno riferimento ad un’opera letteraria, un dramma che al tempo godeva di grande popolarità. L’opera racconta le sfortunate vicende di don Claudio in occasione delle nozze con donne Lucia. Degli amici infatti gli hanno fatto credere di essere caduto vittima di un potente maleficio per cui egli avrebbe continuato a vivere solo se la candela della sua camera da letto non si fosse mai spenta. Per quanto riguarda Goya, è opportuno ricordare anche Il sabba delle streghe e Saturno divora uno dei suoi figli. Quest’ultimo dipinto si ispira al mito greco di Saturno che divora i figli per sfuggire all’adempimento della profezia, secondo la quale uno di essi l’avrebbe detronizzato. Goya svelò con immagini terribili e recondite delle pulsioni interiori. Goethe, nello stesso periodo, criticò gli eccessi del romanticismo, sicura causa di follia per l’uomo che li assecondava. Egli giunse a definire classico ciò che è sano e romantico ciò che è malato. Importante in quest’ottica fu anche il pittore svizzero Fussli. Egli può essere considerato come un mediatore tra la cultura artistico-letteraria tedesca dello Sturm und Drang e quella inglese. Egli infatti visse buona parte della sua vita in Inghilterra, dove si affermò come pittore di storie antiche, medioevali, shakespeariane, dantestche, dopo un’educazione compiuta in Svizzera e in Germania. Le sue opere più interessanti sono quelle che liberano l’io nel sogno visionario, cioè quel momento in cui dormendo l’inconscio prende il sopravvento sulla ragione e senza volerlo passano davanti a noi immagini incontrollate, rivelatrici dei misteri dei nostri sentimenti. In questo si possono vedere delle relazioni con Goya. Tuttavia, per Goya è l’assenza di ragione che genera mostri, mentre per Fussli è la distorsione della ragione. Ricordiamo come opere l’Incubo e Titania e Bottom. In quest’ultima opera l’incubo lascia il posto ad un sogno strano. Il rimando è un’opera di Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate. Oberon, re delle fate, vuole punire sua moglie Titania e fa in modo che si innamori di Bottom, rapita dagli effetti di un fiore magico. Nel frattempo, il servitore di Oberon ha trasformato la testa di Bottom in quella di un asino. Mentre Bottom è inebetito dalla trasformazione, Titania si protende verso di lui. Anche il poeta e pittore inglese William Blake tradusse in visioni libere il suo mondo intimo creando immagini prive di riferimento alla logica realistica. Le opere di Blake suscitano giudizi contrastanti per le innegabili novità che contenevano a confronto con la tradizione accademica. Si ricordano opere come Newton e le illustrazioni che gli vennero commissionate nel 1805 per la Sacra Bibbia, quattro fra queste fanno parte del cosiddetto ciclo del Grande Drago Rosso, figura proveniente dal libro dell’Apocalisse di Giovanni.
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