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Riassunto del testo "Foscolo" di Maria Antonietta Terzoli, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto del testo "Foscolo" di Maria Antonietta Terzoli

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Riassunto del testo "Foscolo" di Maria Antonietta Terzoli e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 1 FOSCOLO Maria Antonietta Terzoli → Niccolò era in origine il nome di battesimo del poeta; ereditato dal nonno e fu prima affiancato e poi sostituito da Ugo, nacque il 6 febbraio del 1778 a Zante, isola greca che si affaccia sulle coste del mar Ionio. Primogenito di quattro fratelli, nasce da Andrea Foscolo, di famiglia veneziana stabilitasi da varie generazioni nelle isole greche appartenenti alla Serenissima, e da Diamantina Spathys donna greca. Ugo compie i suoi primi studi a Zante in seguito in un seminario a Spalato, in Dalmazia, dove la famiglia si era trasferita, nel 1785, per seguire il capofamiglia che era stato nominato primo medico dell’ospedale militare dopo la morte del padre a causa della peste. Ma nel 1788 Andrea Foscolo muore e questo inaugura un periodo non facile per tutta la famiglia; Foscolo si ritrova capofamiglia e sarà lui a dover, da questo momento in poi, mantenere la famiglia. Questi sono anni di disperazione e Ugo con i suoi fratelli sono divisi e dati in custodia ai vari parenti fino a quando nel 1793 Diamantina riunisce la famiglia a Venezia. Qui cominciano anni duri segnati dalle difficoltà economiche e dalla difficile integrazione; lo stesso Niccolò balbetta l’Italiano, lo parla in maniera molto approssimativa e porta in sé le tracce di un’altra cultura. Fisicamente ne ricordiamo una descrizione molto precisa inviata all’amico Gaetano Fornasini: <<Non bello ma stravagante, crini rossi, naso aquilino, occhi mediocri ma vivi, fronte ampia, non alto il portamento non nobile ma agiato>>. Non sappiamo molto degli studi di questo periodo; frequenta la scuola di San Cipriano a Murano e comincia presto a comporre versi, tanto che né 1794 invia al suo amico Costantino Narazi una raccolta di poesie. Nel 1796 compone il suo “piano di studi” una lista dei libri letti e da leggere, le opere compiute e da compiere; è questa la testimonianza della sua impressionante e precoce passione letteraria. Nel piano gli autori di opere in versi o in prosa sono distribuiti per genere letterario e in ordine cronologico senza distinzione di lingua. In esso troviamo una vastità di generi a partire da quello epico Omero, Ossian, Virgilio, Dante, Tasso, Milton; per la tragedia Sofocle, Shakespeare, Voltaire, Alfieri. Ma ciò che colpisce è la presenza di autori classici accanto ad autori moderni come Gray, Young, Parini e Monti. Una 2 selezione accurata ma non molto in linea con i gusti veneziani del tempo che tendevano ad altri come Gozzi, Pepoli e Pindemonte. Queste scelte significano guardare oltre i confini veneziani, verso la Padova del Cesarotti, traduttore dell’Ossian, verso la Lombardia della letteratura nuova e anche più lontano verso la letteratura d’oltralpe. Foscolo segui sicuramente delle lezioni all’università di Padova e comincia a muovere i primi passi nei salotti mondani di Venezia esibendo orgogliosamente e provocatoriamente la sua povertà. La sua prima tragedia, il “Tieste”, andò in scena nel 1797 al teatro Sant’ Angelo fu un successo e contribuì notevolmente ad accrescere la fama del giovane autore come confermerà più tardi anche Mario Pieri parlando di Foscolo. Prima sua amica e protettrice fu Isabella Albrizzi che nel suo salotto accoglieva artisti e letterati più famosi del tempo; Foscolo ebbe con Isabella, più anziana ma di origine greca come il poeta, una breve ma intensa relazione. Gli anni veneziani per Foscolo sono nutriti di riflessione politica tanto che lo porteranno ad aderire agli ideali rivoluzionari del 1796; questo renderà il poeta sospetto agli occhi della Repubblica e lo porteranno a lasciare Venezia per rifugiarsi sui Colli Euganei prima e in seguito a Bologna dove si arruola nel corpo dei Cacciatori a cavallo. Caduta la repubblica di Venezia e istauratasi la municipalità provvisoria Foscolo rientra a Venezia e partecipa attivamente alla vita politica. In seguito al trattato di Campoformio (<<quel trattato che trafficò la mia patria, insospettì le nazioni e dignità al tuo nome>> dice Foscolo nei confronti di Napoleone), Venezia fu ceduta all’Austria il 7 ottobre 1797. Si chiude qui la stagione democratica della città e Foscolo lascia il Veneto per Milano. La traccia più antica dei componimenti foscoliani la troviamo in una lettera del 29 ottobre 1794 all’amico Gaetano Fornasini in cui Foscolo allega <<due odi e un sonettuccio>> e lo ringraziandolo per le ammonizioni intorno alle canzonette che gli aveva inviato in precedenza; dire a quali componimenti si riferisce il poeta è molto difficile in quanto non sono più materialmente conservate con l’autografo della lettera. Da questa lettera si apre l’epistolario foscoliano che rivela il bisogno del poeta di confrontarsi e correggersi per misurarsi con interlocutori e lettori privilegiati, in una disciplina ferrea che per lui significa apprendimento linguistico e correzione grammaticale; da notare che questa non sempre era a senso unico e che presto, per bravura, supererà molti dei suoi interlocutori. 5 Chi legge oggi il Tieste non può non chiedersi quale fosse la ragione dello straordinario successo di quest’opera se non forse la sua stessa impressionante giovinezza. I limiti dell’opera sono evidenti allo stesso Foscolo che ne scrive a Cesarotti criticando sé stesso e i limiti della sua tragedia, tanto che la modificherà cercando di migliorarla. Nel 1802 la tragedia è elencata tra le opere che Foscolo voleva rifiutare. Nel 1808 ripresa l’attività al teatro di Milano l’autore il poeta voleva rimetterci mano ma ciò non ebbe seguito. Un giudizio obbiettivo è offerto dal saggio “letteratura contemporanea” in cu si mettono in luce alcuni aspetti come ascendenza classica, rivendicazione di una linea alfieriana (scarsità personaggi essenzialità e durezza dialogo/ verso) osteggiata da Cesarotti. L’argomento della tragedia è l’odio mortale tra due fratelli Atreo, tiranno di Argo e Tieste amante della moglie di lui, Erope che gli era stata in origine promessa in sposa; rientrato nella sua città, Argo, tenta di uccidere il fratello e di riavere la donna amata ma viene imprigionato. Atreo saputo che Tieste e Erope sono amanti, finge di perdonarlo ma si vendica uccidendo il figlioletto dei due amanti; saputo questo Tieste si uccide. Nella tragedia si segnala, oltre alla presenza del tiranno in stile alfieriano, anche il motivo precoce dell’esule perseguitato caro al Foscolo dai colori autobiografici. Nel piano di studi del 1796 sotta la voce tragedie dopo il Tieste è registrato l’Edipo: scritto ma non da stampare. Nel 1978 Mario Scotti ha dato notizia del manoscritto tra le carte di Silvio Pellico, affidate all’amico nel momento della partenza dall’Italia. →Tra Milano e Bologna A Milano Foscolo entra in contatto con gli ambienti intellettuali e politici della Repubblica Cisalpina; collabora al giornale rivoluzionario “Il Monitore Italiano” e Frequenta Vincenzo Monti a cui rimane legato per un decennio da un intenso rapporto intellettuale. Trasferitosi nel 1798 a Bologna collabora con il fratello Giandioniso ad un altro giornale intellettuale “Il Genio democratico” e poi al “Monitore Bolognese” che lo aveva assorbito. Nel settembre dello stesso anno comincia qui la stampa di un romanzo epistolare, Ultime lettere di Jacopo Ortis, che vedrà la luce nell’anno successivo nel giugno 1799, dopo fortunose vicende e a sua insaputa. Dopo un impiego presso il Tribunale di Bologna, riprende il servizio nella Guardia Nazionale e partecipa alle battaglie in Emilia e in Romagna, contro la coalizione antinapoleonica austro-russa. Ferito a Cento si nasconde sotto il nome di Lorenzo Alighieri nel monastero di Monteveglio. Partecipa alla battaglia di Trebbia e poi parte poi per Genova per combattere. 6 Tra la fine del 1799 e l’inizio del 1800 ristampa l’ode a Bonaparte, già edita nel 1797, accompagnata da una coraggiosa dedica, e pubblica l’ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo. Dopo la battaglia di Marengo (14 giugno 1800) e ritorno dei francesi è incaricato di varie missioni e si sposta tra Milano, Bologna e Firenze. Qui conosce Isabella Roncioni, già promessa sposa al conte Leopoldo Brtolommei, e se ne innamora; questa nuova passione in parte il personaggio femminile dell’Ortis nel rifacimento del romanzo a cui l’autore comincia a lavorare. →Le dediche hanno una funzione primaria in Foscolo, indicano il destinatario dell’offerta e forniscono indicazioni di lettura. Le Poesie e la Chioma di Berenice saranno dedicate a Niccolini; i Sepolcri a Pindemonte; l’Esperimento di traduzione all’Iliade a Monti, e i Vestigi della storia del sonetto a tre donne diverse. Tutte le figure a cui Foscolo dedica un componimento sono legate ad affetti personali e privati; nessuno potere politico o nobile protettore. Importante da menzionare è la dedica all’ode Bonaparte liberatore che Foscolo dedica alla città di Reggio, nutrita di spiriti libertari, pubblicata a Bologna nel 1797. →Foscolo fu il principale animatore del giornale, di ispirazione giacobina, il “Monitore Italiano”, insieme a Pietro Custodi e Melchiorre Gioia. Il Monitore rispetto al suo corrispettivo francese Moniteur, vantava una un’indipendenza di giudizio che invece il francese non poteva avere, facilmente verificabile nel confronto di articoli trattanti gli stessi temi. Il giornale, di cui ci furono 42 uscite, è un esempio di coraggio politico e di opposizione alle sempre più forti tendenze francesi atte a soffocare l’indipendenza della Repubblica Cisalpina. Dopo il trattato di Campoformio la critica è così risentita che il giornale venne condannato. Aspro giudizio del Foscolo rivolto direttamente a Bonaparte. Memorabile l’inizio del secondo Ortis: <<Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto>> in questo incipit Foscolo assimila la fine della libertà veneziana al sacrificio per antonomasia, quello stesso del Cristo crocefisso. →L’Ortis e la sua complessa storia redazionale; il romanzo si presenta articolato in tre diverse tappe principali, con rielaborazioni anche notevoli estese nell’arco di circa venti anni, dal 1798 al 1817. Opera continuo divenire, accompagna l’autore dalla prima giovinezza alla piena maturità, modificandosi nel tempo e adeguandosi a livello narrativo a livello stilistico alla diversa condizione del suo autore; con forte 7 marcatura autobiografica, frammenti di lettere private. Tutte le edizioni si aprono con un ritratto di Jacopo (Foscolo) che si modifica con il passare degli anni. Costante è l’epigrafe “naturae clamat ab ipso vox tumulo” tradotta nella lettera del 10 e del 25 maggio => “geme la natura perfino nella tomba”. Le prime notizie, in merito al progetto di scrittura dell’Ortis, sono affidate al piano di studi 1796 alla voce “prose originali” e alla nota “Laura lettere” <<questo libro non è interamente compiuto ma l’autore è costretto a dargli l’ultima mano>>. La prima redazione del romanzo, il primo Ortis è quello del 1798 a Bologna, che fu costretto ad interrompere a causa dell’improvvisa partenza del suo regimento che lo costringe a lasciare la città; lascia il libro stampato fino alla lettera 45. L’editore Marsigli non volendo perde affida i fogli alla continuazione di Angelo Sassoli e pubblico il romanzo ad insaputa di Foscolo; rifatte alcune pagine per ragioni ideologiche diviso in due tomi con ampia notazione per accattivarsi la censura. Il romanzo esce con il titolo di “Due amanti infelici, ossia ultime lettere di Jacopo Ortis” (1799). Foscolo venuto a conoscenza di ciò scrisse una venente diffida nella Gazzetta universale e il 3 gennaio 1801 Firenze denuncia l’abuso e ne rifiuta la paternità: <<questa edizione abbandonata a uno stampatore il quale la fa continuare da un prezzolato che convertì le calde, originali, e italiane lettere dell’Ortis in un centone di follie romanzesche, in frasi sdolcinate, vigliacche>>. Troviamo anche altre smentite affidate a lettere private e nella notizia bibliografica del 1816. Pare sempre più plausibile che il libro fosse costruito da scartafacci foscoliani. Molteplici riscontri tra la seconda parte del romanzo e altri scritti foscoliani. Rapporti e coincidenze tra la prima e la seconda parte dell’Ortis bolognese. La seconda redazione completa vede la luce nel 1802 presso il genio tipografico ed è considerata “l’Editio princeps”. Essa prende il titolo di “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, con l’indicazione Italia 1802. Le quarantacinque sono lettere rielaborate per la nuova struttura narrativa; in esso confluiscono molti frammenti epistolari autobiografici elaborati in quegli anni. La terza redazione dell’opera avviene a Zurigo 1816 presso Orell e Fu:ssli con falsa data e falso luogo di stampa (Londra 1814). In appendice inoltre troviamo una lunga Notizia bibliografica e Avviso dello stampatore collocato in apertura, che tenta di convalidare l’idea che il testo in questione costituisca una ristampa dell’editio 10 Foscolo ricorre a modelli romanzeschi desunti da altre letterature: La Nouvelle Heloise di Rousseau, il Sentimantal Journey di Sterne, tradotto dal Foscolo con il titolo di Viaggio Sentimentale. Quella di Foscolo è una poetica di imitatio, perciò lo esentato dall’accusa di plagio, non è una copia, troviamo questo nella Notizia Bibliografica. Ne è esempio la storia di Lauretta imitata dalla storia di Maria nel Viaggio Sentimentale. Primo dei grandi modelli è la sacra scrittura ben presente nelle poesie giovanili. Serve ora per l’imitazione cristologica di J. Introducendo varianti significative rispetto al W. Altra differenza fondamentale tra l’opera di Foscolo e quella di Goethe è ad esempio la morte dei due protagonisti del romanzo; Werter muore con un colpo di pistola ed è lo stesso autore che rompendo l’illusorio rapporto con il lettore esce dalla prima persona e racconta la morte del protagonista; Jacopo muore con un pugnalandosi sotto la mammella sinistra e colui il quale ci racconterà l’accaduto è Lorenzo, senza così rompere il patos del racconto a differenza di quello che avviene invece nel Werter. Altro esempio è la simmetria nell’antitesi di opposizione del tempo; Werter in una notte d’inverno Jacopo in una notte serena di primavera. Nell’edizione del 1802 il 23 marzo viene cambiato con 25 marzo che rinvia al venerdì santo ovvero morte di cristo; questo serve per enfatizzare in Jacopo il carattere di vittima innocente e involontaria che espia colpe non proprie con valenza salvifica. Vuole proclamare nel suo libro autobiografico la sua scelta, d’innocenza e sacrificio. Il “Sesto tomo dell’Io” → Frammenti di un romanzo autobiografico è il titolo che Chiarini diede nel 1890 a un fascicolo di carte foscoliane conservate nella Biblioteca Nazionale di Firenze dove figurano materiali diversi; passi compiuti eventualmente forniti di redazione, appunti compositivi e frammenti rimasti ad uno stato iniziale ricavato da un avvertimento. Sono stati ritrovati anche altri frammenti e varie pubblicazioni; l’intento di Foscolo era di costituisce un’opera sull’Io, il cui argomento doveva essere un suo anno di vita, il ventitreesimo. Dal 4 maggio 1799 al 4 maggio 1800. Una sorta di autobiografia in prima persona, anche se ridotta ad un solo anno; in realtà l’Io si chiama Lorenzo, un omaggio a Lorenz Sterne, non Ugo quindi autobiografia di un personaggio. Volava essere questo un tentativo di rottura del genere autobiografico. Infrazione delle sue regole punto avanzato di sperimentazione e in anticipo su tante avanguardie del 900. In uno scambio di ruoli autore – personaggio – editore cominciato con l’Ortis vincolato ad una finzione di verità. 11 Il sesto tomo dell’io si costruisce su rotture e negazioni di detto e negato continuo e provocante gioco di paradossi che rasentano il “no sense”. Non si possono interpretare secondo la logica della non contraddizione. I luoghi dove il protagonista avrebbe trascorso gli anni precedenti accosta elementi autobiografici con invenzioni esempio infanzia tra gli egiziani. La peculiarità è che non c’è la dedica, forse neanche il titolo. La struttura del libro è su un modello sterniano, sperimentalismo anche nella struttura del libro, materiali narrativi in prima persona e accogli una lettera di Lorenzo a Psiche = fanciulla amate. Il Fubini ipotizza che qualche capitolo possa essersi perso. Come avviene nel romanzo irregolare di Lorenz Sterne “The life ande the opinions of tristram Swandy genteman” libro umoristico, sulle passioni, galante, malizioso, polemico contro le convezioni costituito da nove tomi (1760- 67). →Dal 1801 al 1803 Foscolo risiede a Milano con vari incarichi presso il ministero della guerra. Questi sono anni di lavoro fecondo creativo ed erudito. Nel 1802 esce a Milano l’editio princeps dell’Ortis. Nel 1803 escono “le Poesie” anticipate in parte dal “Nuovo Giornale dei Letterati” di Pisa. Nel 1803 c’è la stampa della versione e commento alla “Chioma di Berenice” tentativo di approccio ai classici. Nel 1801 muore a Venezia il fratello Giovanni, suicida per debiti di gioco, il protagonista dell’immemorabile sonetto in morte. Tra 1801 e 1802 si colloca la passione violenta per Antonietta Arese, la donna trasfigurata nell’ode Alla amica risanata. Tra 1804 e il 1806 Foscolo si trova in Francia. A Valenciennes nel 1804 frequenta alcuni prigionieri inglesi ha una relazione con Fanny Hamilton da cui avrà una figlia Floriana; di cui sarà informato solo molti anni dopo in Inghilterra. Nel ritornare a Milano passa per Parigi a salutare Giulia Beccaria e Alessandro Manzoni a cui dette generoso giudizio nei sepolcri, non ricambiato. Fa visita nel 1806 al Pindemonte a Verona e ciò è all’origine della stesura dei Sepolcri, scritto in breve tempo in forma di epistola e stampato a Brescia presso Nicolò Bettoni. Nel 1803 un libretto di Poesie, due odi e dodici sonetti, usci a Milano nel 1803 dalla tipografia di Agnello Nobile. Esso conteneva l’ode Alla amica risanata, i tre sonetti Alla sera, A Zacinto, Alla Musa. A questi fu aggiunto anche il sonetto per il fratello In Morte del Fratello Giovanni. Viene ridotta la selettività metrica per dare spazio a quella tematica, il valore consolatorio di bellezza e amore la meditazione sul fragile destino dell’uomo la 12 poesia come garante di memoria la celebrazione dei grandi, l’esilio ecc. La scelta foscoliana è di una forma tra le più antiche e stabile della tradizione che tornerà con Carducci, Pascoli, D’annunzio, Gozzano. Lo speciale amore per il sonetto si manifesta anche nel 1816 (anno polemica classicisti e romantici) lo assumerà come esemplare pubblicando a Zurigo un’antologia di poesia italiana I vestigi della storia del sonetto italiano. Una storia lirica, amorosa, intellettuale, politica che ha come modello il canzoniere di Petrarca. Il dodici per Foscolo ha un significato importante: dodici sono le copie dell’Ortis londinese. Dopo i comizi di mone del 1802 cadute le aspirazioni rep e unitarie la diffidenza di F per napoleone si era fatta aperto dissenso. Il libro delle poesie chiude quella partita ripudiando i testi giovanili con la caduta delle illusioni. Le odi a Luigia Pallavicini caduta da cavallo; grave incidente che aveva deturpato la bellezza di una gentil donna genovese (settenario). Alla amica Risanata Lunga malattia da cui usciva poi guarita Antonietta Arese (endecasillabo). Poesia d’occasione dal modello pariniano deriva la metafora della rosa che torna a fiorire. Emblema della fugacità della vita, tanto che nell’O <<Lauretta è incaricata di ricoprire il teschio di rose>>. Oltre ad un rinvio ad un’eterna ostilità degli astri contro l’apparente dell’uomo. I sonetti sono descrizione morale dell’autore e autoritratto. Costruiti in forma interlocutoria, rivolti ad un ideale interlocutore. Grammaticalizzato nel a forma vocativa “O sera”. L’intertestualità foscoliana è d’obbligo il rinvio all’Ortis tanto che i primi sonetti portano l’etichetta di ortisiani. La contaminazione di generi è stata riconosciuta alla pagina foscoliana con l’uso indiscriminato della prosa per i versi. Nei due sonetti il tema funebre si congiunge con l’esilio e l’investitura poetica (massimo dei sepolcri) dove riaffiora il diverso esilio e il canto del sonetto a Zacinto. Oltre al vagare di gente in gente del sonetto In morte del fratello. La figura materna unica garante di un’unità famiglia dispersa. Parla del figlio lontano con quello scomparso. Il ritorno alla propria terra impossibile in vita è auspicato in morte “straniere genti a me le ossa rendete/ almeno al petto della madre mesta” raccolta dagli uomini del risorgimento che riporteranno le ossa di F nella chiesa di santa croce tempio delle “itale glorie”.
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