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Riassunto del testo "L'ultimo Beethoven", Appunti di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea

Riassunto del testo L'ultimo Beethoven di Maynard Solomon

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 15/09/2020

keoma-mccoy
keoma-mccoy 🇮🇹

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Scarica Riassunto del testo "L'ultimo Beethoven" e più Appunti in PDF di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea solo su Docsity! L'ultimo Beethoven “Ludwig Van Beethoven, l'uomo che aveva ereditato e accresciuto la fama immortale di Friedrich Händel e Bach, di Haydn e Mozart. Era un'artista grazie alla musica, essa parlava ad un orecchio sordo, a chi non poteva sentirla, ma l'ascoltava col cuore”.1 Compositore dal temperamento difficile, considerato all'epoca umanamente insensibile e cinico, vissuto in solitudine perchè nell'ultimo periodo della sua vita non trovò il suo alter ego. La sua musica venne considerata opulenta, pomposa e oscena, satura di componenti, come a designare una personalità superba e solenne. Beethoven fu uno dei fondatori del movimento romantico e la sua prima immagine di maestro romantico avvene a seguito della produzione di figure letterarie e compositori del XIX secolo, quali: Victor hugo, Richard Wagner, Bettina Von Arnim. Tramite loro Beethoven venne considerato come il più rappresentativo ed influente esponente del movimento romantico musicale. Il musicologo Arnold Schmitz, con la pubblicazione di Das romantische Beethovenbild, rovescia l'immagine romantica di Beethoven identificandolo nell' immagine ormai più consolidata di erede di due tradizioni: dal punto di vista ideologico dell' illuminismo; dal profilo musicale del classicismo europeo, soprattutto viennese. Le radici di Beethoven La sua formazione pone le basi sotto il dominio asburigico, dove ottenne la sua maturità attraverso lo spirito dell' Aufklarung tedesca, un movimento con varie correnti all'interno, tra cui l'illuminismo e la filosofia kantiana, in più la sua fase razionalistica. Fu un orgoglioso sostenitore della dottrina dell'illuminismo giuseppino (dall' imperatore Giuseppe II). Beethoven inoltre venerava Bach, Mozart ed Haydn, quindi nonostante la critica lo inserisse nello storico contesto romantico, egli in realtà era di cognizione illuminista, in quanto elogiava il potere della ragione; ma provava il disprezzo per quei lati cattolici e mistici del romanticismo, dissociandosi dai dogmatismi. Il pianista/concertista e critico Charles Rosen, sostiene con la 1 Dal film “Amata immortale” di Bernard Rose cattività: all'inizio all'eroe è stato negato il nutrimento (il contatto umano etc..), sia spirituale che corporale. L' universo culturale di Beethoven e la sua estetica Oltre alla natura, il Maestro si interessa all'astronomia, in quanto si sviluppa lo spazio attivo che è manifestazione della divinità, come la natura animata. Quindi l'immaginario celestiale diventa metafora del “senso d'identità con qualcosa di superiore, di energia creativa”. I riferimenti ai corpi celesti infatti sono presenti in “Adelaide op.46”. Beethoven però mantiene la visione illuminista di un Dio cristiano, come orologiaio dell'universo ed evoca spesso il “cielo” come simbolo di sentimenti puri, elevandosi ad una sfera elevata, trascendentale. Come il Maestro sostenne: “Il mio regno è nell'aria”. Poi gli astri saranno portatori di un senso più divino e misterioso, difatti per “L'adagio” fu ispirato guardando il cielo stellato più luminoso, vagando per i campi di grano presso Baden, riflettendo e chiedendosi sull'espansione dell'universo, da qui: “Canto della sera sotto il cielo stellato” (1820). Nel finale della Nona Sinfonia, il testo di Schiller, combina le immagini astrali con il senso della percezione dell'infinito. Dell'improbabile. La metafora del cielo stellato può rappresentare l'ineffabile, l'illimitato; ma è anche l'incarnazione della divisione all'interno della natura. Perciò è sia desiderio di meraviglia e adorazione; ma anche disordine e anelito di ordine. Il romantico solitario Per intensificare l'isolamento di Florestano, Beethoven fa confiscare il ritratto di Leonora per risaltare la figura di eroe solitario. Il personaggio è incarnato dallo stesso Beethoven, che fa le veci dell'osservatore dell'immensità nel Molto Adagio nel Quartetto, nella “volta celeste” ne “L'inno alla gioia”. Nel “Cristo degli ulivi”(1803) il tema dell' isolamento dell'eroe solitario è sia la sopportazione di Cristo, che presagio di morte: Beethoven sembra Florestano che si rassegna alla morte; come il Cristo si vede abbandonato a Dio. La prigione romantica Nel romanticismo la figura del prigioniero occupa un posto di riguardo, esso incarna la solitudine della persecuzione, della privazione e del desiderio. Figura che appare in Fidelio e nell'Egmont, il dramma di Goethe. Le scene scelte sono ambientante nelle segrete di un castello, nelle fortezze, come nei romanzi di Shakespeare in cui nei castelli si svolgevano azioni storiche, drammatiche, di occultata violenza e nefandezze. Per molti scrittori del Settecento la “segreta del castello” era il simbolo di tutto ciò che c'era di malvagio ne “l'ancient règime”. Per Beethoven la prigione quindi connota un luogo di punizione e redenzione, come per Hugo, ma anche uno spazio protettivo, per alimentare la fantasticheria e libertà, per meditare. Esprimendo per il Maestro la prigione come salvazione attraverso la sofferenza (tematiche già assorbite nel XVIII secolo preromantico, con le acqueforti di Piranesi, in Schiller e Goethe). L'imprigionamento diviene così luogo di infinite forme e concetti opposti, come innocenza e criminalità; bene e male. Come la mancanza reciproca di Leonora e Florestano, così vicini, ma allo stesso modo lontani. Se si considera la natura di compositore sordo di Beethoven, capiamo il suo confinare nel suo spazio interiore, nella solitudine. Il suo udito, la sua debolezza che lo portava spesso all'isolamento, il suo ritiro infatti era una sorta di esilio per adattarsi alla avversità. In “Malinconia”, movimento del VI Quartetto, Beethoven descrisse un soggetto intrappolato nell'oscurità, depresso, che nel momento della “Cavatina del Quartetto” in Si bemolle, mag. op. 130, si fa più intenso il senso di oppressione, in cui sfoga nella rappresentazione della crisi del personaggio. In “Molto adagio del Quartetto in La minore op. 132”, la figura dell'invalido è un tipo di prigioniero afflitto che spera in una liberazione, anche egli guarda il cielo ma più per essere liberato dal malessere dell'anima che dal corpo. Cerca la redenzione attraverso le meditazioni che “comporta crisi, alienazioni” simili a quelle spirituali dei primi poeti religiosi. Si fa vivo in Beethoven il desiderio di ritorno in patria, testimoniato dallo scritto nel “Tagebuch” o nei suoi quaderni di conversazione. L'amante distante Immagine presente nel ciclo liederistico romantico “An die ferne Geliebte” 1816: figura che appare in “Adelaide, an die ferne...”, ciò aveva connessioni con le donne amate da Beethoven, ma ancora più per la morte della madre, avvenuta quando aveva 16 anni. Citò infatti il verso Goethe dell' Egmont, in cui sostiene che gli uomini sono uniti anche per chi è lontano, anche l'assente vive con noi. Ma Beethoven volle unirsi disperatamente con “l'amata immortale”, sfruttando tale immagine per trasferirla in Leonora per risolvere problemi di tipo artistici, l'evocazione letteraria degli amanti divisi, ma anche l'emblema stesso della perdita della libertà, del passato, della nostalgia di casa (per Novalis, “l'amata” è un'abbrevazione dell'universo). E il “telos”, ovvero l'obiettivo che sembra sempre irraggiungibile, è essenziale per il temperamento romantico. Il velo di Iside L'innagine dell'amata distante è collegata al “velo di Iside”, metafora molto ricorrente nel romanticismo, ma scaturisce sentimenti non più di sola bramosia e tenereza; ma rancore, aggressione dovuto dalla bramosia inappagata, producendo sentimento di frustrazione che necessita lo sfogo. Questo lo vediamo in “La statua vela a sais” di Schiller (1795). Beethoven era molto interessato a questa figura tratta dalle iscrizioni degli antichi agizi e orfici, figura di cui se n'era appropriata la massoneria e l'illuminismo. La sua adesione religiosa era minata dall'illuminismo ma sentì il bisogno di recarsi nelle poetiche romantiche così da esplorare i miti, i riti orientali, classici, l'unicità del genere umano, l'immaginazione politeista ma il velo di Iside può anche rappresentare le perplessità sessuali del femmineo, per questo la Cassandra di Schiller volle rimanere cieca. Ragione e immaginazione: la dimensione estetica L'obiettivo di Beethoven era innalzare il gusto del pubblico, ed ambiva che la sua arte fosse a beneficio del povero, egli si riteneva un collaboratore creativo e attivo della divinità. Egli sognava utopisticamente di mondi dove l'arte potesse predisporre le difese contro le distrazioni quotidiane e la censura politica. rappresenta l'incorruttibilità, immortalità e resurrezione. Ai funerali massoni si gettano rami di acacia a terra come rituale. C'è da dire che i riferimenti massonici simbolici entrano in conflitto con quelli egizi, saitici che era una costante per l'epoca (il saggio di Voltaire, Des rites egyptiens), ne “La critica del giudizio” di Kant. Perchè era l'epoca del grande viaggio lungo il Nilo di Napoleone e della Zauberflote (Il Flauto magico di Mozart). La cultura egizia fu diffusa con la rivoluzione francese, l'egittomania avvinse la cultura della classi colte e i massoni davano molto rilievo alle culture misteriche egizie, in quanto i massoni considerassero dei culti tramandati, dottrine segrete seguitate dai soli eletti, prescelti depositari della conoscenza redentrice, da qui i riferimenti all'iscrizione di Iside dell'implicazione massonica. Le opere che Wegeler adottò per scopi massonici furono esigue in realtà, fra questi Blundeslied di Goethe che sembra apparire in tutti i libri di canti massonici. Altri riferimenti: quasi tutta la musica massonica impiegata nei rituali è in bemolle maggiore, la sequenza di 3 accordi separati di Die Zauberflote simula il bussare, che rappresenta la richiesta di ammissione dei rituali massonici di avanzamento. Molti dei simboli massonici sono derivati dall'architettura, nella “consacrazione della casa” op.124, Beethoven intreccia motivi massonici con la sacralità, il sublime e l'idea di Dio come architetto supremo. Inoltre cè il tema della fratellanza con l'esclamazione di Don Fernando aggiunto da Beethoven nel 1814. La massoneria, più che vedere in Fidelio la liberazione dell'amore coniugale, il trionfo del governo illuminato, mostra le insegne del rituale iniziaticomassonico: il passagio dall'oscurità alla luce, le prove di resistenza, la morte e risurrezione. Il principe Lichnowsky esercitò pressione sulla revisione di Fidelio; nella “fantasia corale” op. 80, c'è la visione debitrice ai cori egizi della Zauberflote mozartiana, inserendo l'illuminazione, elemento centrale dell'immaginario massonico. “L'inno alla gioia” della Nona Sinfonia, è un affermazione del valore universale della massoneria, il concetto di “fratellanza”. Nella narrazione sinfonica però la “fratellanza”, significa la distruzione dei valori corrotti (nei primi 3 movimenti), ne “L'allegro ma non troppo”, la “Disperazione”; nello Scherzo e “Tenerezza”, la frivolezza; nell' Adagio molto cantabile. L'immaginazione massonica Il tagebuch: è il documento che Beethoven tenne nel 1812/1818, dove sono contenuti riferimenti massonici espliciti, tipo i riferimenti alla datazione della creazione del mondo nel 4000 a.c. , le leggende sulla martirologia massonica, risalente all'epoca medievale dai cavalieri dell'ordine dei templari. La genesi cavalleresca della massoneria, risalente dopo la soppressione dell'Ordine, 1307 d.c., vi sono infatti nel tagebuch frammenti in cui il cavaliere Robert D' Heredon fonderà la confraternità internazionale che proseguirà gli ideali del fondatore Molay dell'Ordine. L'Ordine degli illuminati, aspirava ad essere “una società colta”, ai suoi candidati si chiedeva di leggere gli antichi e di esporre cosa si era letto e di riflettere. Acquisire familiarità con dottrine antiche e moderne dell'etica e della filosofia, stoica ed epicurea. Beethoven essendo un massone “distante”, la massoneria influenzò comunque la sua arte attraverso concezioni, simboli massonici, da qui si capisce la forma mentis del compositore. Gli iniziati mantenevano un diario di annotazioni di ciò che si dava e riceveva dall'Ordine. Per sei anni Beethoven impiegò il tagebuch come strumento per riconquistare il proprio equilibrio, analizzare i proprio conflitti, riflessione per raggiungere l'illuminazione e la saggezza. La stesura del tagebuch di Beethoven non era necessariamente connessa ad un processo di inziazione o di avanzamento ma ci sono dei riferimenti che sembrano distintivi. L'altro documento presumibilmente legato agli illuminati è il “Lebenslauf” di Gottlob Neefe, dove l'autore elenca i testi della sua formazione ed è simile al tipo di stesura del documento beethoviano. Il tagebuch è anche una sorta di decalogo dei princìpi del processo creativo di Beethoven, dove ci sono numerose idee in direzione parallela alle dottrine massoniche e illuministiche. Nelle annotazioni d'apertura del tagebuch ci sono l'evocazione del viaggio, l'accettazione della morte, la separazione dalla carnee dal mondo, e la resurrezione di una nuova vita. In realtà sembra perlopiù trattarsi di un devota sottomisione, sacrificio alla causa sacra non specificata. Ma oltre al viaggio come metafora di raggiungimento di un'esistenza felice c'è la citazione ad alcune sue lettere dedicate alla contessa Erdody dopo la morte del figlio, nelle quali le garantiva che avrebbe trovato la purificazione attraverso il fuoco, sulla strada per il tempio di Iside. Insieme al viaggio, tema centrale nella mitologia dell'eroe, il viaggio massonico conserva il duplice significato del “santo peregrinare” e della riattivazione in un “rito della circumambulazione”: una processione formale intorno agli oggetti sacri (altare, oggetti dei santi etc..). L'iniziato compie nella cerimonia tre di questi “viaggi”, il candidato viaggia da est ad ovest e poi inversamente passando per il sud. La loggia e l'altare sono posizionati ad est, il maestro della loggia nella parte orientale estrema. Le direzioni hanno importanze capitali, poiché ricchi di simbologie: est è la sorgente della luce , la saggezza, il fine uòltimo della vita. Ovest, la fine del giorno, la morte (“oscurità ed ignoranza”), ma anche luogo di ricerca di cose perdute. Sud, la luce, il calore, la bellezza, luogo del ristoro. Il nord, l'oscurità, il mondo profano e non rigenerato. Quindi: “Est, mattino – Ovest, sera – Sud, mezzogiorno – Nord, mezzanotte”. Lo stesso tagebuch beethoviano è orientato culturalmente verso est, molte sono le citazioni di scritti su divinità orientali (soprattutto bramaniche e indu), aforismi dal poeta persiano Sa' di (la raccolta di Herder e la traduzione del dramma indiano “Sakuntala” erano piuttosto diffuse all'epoca), poi gli estratti di Paolino da S. Bartolomeo, tradotti dallo studioso di religioni zoroastriane J. Friedrich Kleuker. D'altronde lettereatura e religioni orientali erano aree culturali riservate alla massoneria (Herder e Goethe, anche loro reclutati dall' Ordine degli illuminati di Weimar). Nel “Tagemuch” si fa di continuo riferimento alla personificazione divina della luce; altro soggetto centrale del documento è l'acquiescenza stoica, il sacrificio, la sopportazione, il silenzio, in quanto “ordalia”: espressione di fedeltà massonica. Quindi “segretezza” e “silenzio, costituiscono l'essenza fondamentale del carattere massonico. Sempre nel documento del Tagebuch, si legge di un altro elemento essenziale nelle funzioni di un ordinamento esemplare dell'esistere, la reclusione: l'isolamento autoimposto, nel documento si ritrova l'immagine della capanna del contadino, simbolo di ritiro e tranquillità. Beethoven come un anacoreta accettò il bisoogno di abnegazione e ritiro, un rifugio per dedicarsi alla propria creatività, alla preghiera e al sacrificio, rinuncio di una vita profana. Aprono infatti il Tagebuch, le parole “sottomissione”, “sacrificio”, “servizio”. musicali, esaltando proprio il potere della musica, anche se ciò viene diluito all'espressione narrativa, al senso del mito, al linguaggio. All'inizio, tramite Czerny (pianista), Beethoven era tentato ad eliminare L'inno alla gioia dalla “Nona”, nel suo finale, così i 3 movimenti che rappresentavano “farsa”, “disperazione”, “tenerezza”, vennero sostituiti dall' Inno alla gioia. E così facendo, avrebbe fatto prevalere con il finale strumentale, la musica sulla dimensione ideologica. Il suo continuo desiderio di effettuare metamorfosi sul finale, di spingerela composizione ad un centrale caos, è indice di una personalità che mira verso soluzioni utopistiche, ma ciò lo condanna all'incertezza e delusione. Sublimò la propria disillusione verso il finale eroico, la Sinfonia eroica fu innestata dall'affermazione del bonapartismo. In seguito invece didi consueto, nel finale silenzioso, optare come si faceva ai tempi, nel finale silenzioso, decide di sfogare una rivoluzione interiore. C'è una importante filosofia di senso di fratellanza ne “La Nona” che rientra in pieno contrasto con quella della Sinfonia eroic, in quanto è proprio nella natura dell'individuo romantico, l'oceanico mosaico dei suoi desideri, dei suoi sentimenti e passioni, desiderio di morte, d'amore, di infinito, l'immersione nella natura, fratellanza universale. Unito al mondo dei simboli, dell'ancestrale, del mito, dell'orientalismo (nella “Alla marcia”), la gestualità mediavale-cristiana dell'Andante maestoso, Beethoven raggiunse un modello di fusione completo quanto unico e moderno. Con ricchezza di testo dagli stati estremi, di onnipotenza, l'immersione nella natura espressa in simbiosi con una madre pre-edipica dove “tutte le creature bevono dal seno della natura”. La figura di Dio espressa tramite un'edipica capitolazione paterna, uno spartano erotismo guerresco a sottolineare il trionfo dell'eroe dedito al coraggio e al sacrificio. Sebbene la sinfonia sia vista in realtà secondo uno sguardo mitologico dell'impero sullo sfondo asburgico, e spesso quella visione di futura società armoniosa a rischio di essere assorbita dall'ordine costituito. L'obiettivo di beethoven era di celebrare attraverso “L'inno alla gioia”, il desiderio di accendere l'anima rivoluzionaria della collettività per la promessa di trasformazione totalizzante della società. Il potere creativo della musica Si legge nelle testimonianze autobiografiche, la storia della prima allieva di Beethoven, Dorothea Von Ertmann. Dopo la morte del figlio di tre anni Beethoven non la incontrò nemmeno per le condoglianze, finalmente poi decise di invitarla a casa, tutto ciò che rivolse all'amica non furono parole ma note attraverso la tastiera per più di un'ora, finchè la pianista allieva, incapacitata di piangere dopo il dolore della morte del figlio, il suo dolore trovò espressione e sollievo. Luisa Mora, si prestò al trattamento psicoterapeutico, prima cadendi un ipnosi procuratele dal pittore e con Schubert con accordi delle Danze tedesche, seguitava ad addormentarla dai suoi continui risvegli. Schubert, come Beethoven, applicavano la musica a scopo di cura per “alleviare le sofferenze”. Con la consapevolezza però che l'atto risanatore si verifica tramite lo stesso atto fisico di fare musica e la relazione di piena fiducia tra le due persone. Si ricongiunge qui anche il senso di preghiera, nel primo Beethoven, l'idea di risanamento tramite preghiera ha un ruolo marginale e convenzionale. Mentre assume un peso maggiore ne “L'agnus Dei” della Missa Solemnis, un appello per rilevare grazia dai peccati, iniziando con un cupo e disperato Adagio, per poi annunciare trasformazioni miracolose attraverso il suono di una tromba e delle fanfare: la grazia divina che si conclude con un “Dona nobis pacem”, richiesta di pace. I poteri curativi della musica nei finali classici sono diffusi; in Beethoven si celebrano: fratellanza, un matrimonio e ogni tipo di ritorno alla luce. Lo scopo dell' “Inno alla gioia” è la riconciliazione, all'interno di una comunità, tra Dio e le sue Creature, ma anche semplice bellezza, armonia sociale, e simbolo di perfezione. Ma la riconciliazione segue il possente stridore della “terribile” fanfara, una vendetta mista al risanamento. La tromba del secondo atto del “Fidelio”, annuncia in una volta la salvezza. La “terribile” fanfara ha due significati psicanalitici, rivela si, impulsi umani distruttivi, svela appunto un abisso; ma mette anche a nudo tali ferite psicologiche e con esso la possibilità di rimarginarla. Questo “fardello” si può notare nel finale fugato della Sonata in La bemolle maggiore op.110. La Cavatina del Quartetto in Si bemolle op.130, incorpora sia il “fardello”, che la consolazione. Movimento ritenuto molto commovente ed intimo da Beethoven stesso, infatti ritroviamo un' inedita indicazione espressiva, malinconica ed oppressiva ed in lingua madre. L'esordio della “Grosse fuge”, intitolato Overture, un'anticipazione dell'azione vera e propria. Nel Secondo finale, Beethoven si allontana dalla Cavatina, ritorniamo alla natura, il paradiso. Mentre, La Grosse fuge è erudita ed enciclopedica, il rondò è un gioco Haydiano che mostra come si possa ottenere la guarigione tramite la saggezza e innocenza.
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