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riassunto del volume I paesaggi in archeologia: analisi e interpretazione, Appunti di Archeologia

riassunto dettagliato e completo del volume I paesaggi in archeologia: analisi e interpretazione di E. Farinetti

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 02/07/2024

arianna_m17
arianna_m17 🇮🇹

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Scarica riassunto del volume I paesaggi in archeologia: analisi e interpretazione e più Appunti in PDF di Archeologia solo su Docsity! 1. Il paesaggio e l’archeologia del paesaggio Il concetto di paesaggio in archeologia Il paesaggio può essere definito come un insieme sinergico di caratteristiche fisiche e culturali che conferiscono carattere e varietà al territorio e danno forma a un ambiente vissuto e percepito. Nel linguaggio comune paesaggio è sinonimo di veduta. Nella tradizione degli studi geografici e storico-archeologici il termine paesaggio si riferisce invece a qualcosa di più complesso e richiama la presenza storica dell’uomo sul territorio in quanto agente di trasformazione e in quanto osservatore è interprete. Il paesaggio diventa quindi lo spazio geografico dove la storia umana si esplicita in rapporto con la natura. Il paesaggio è inteso quale palinsesto, prodotto delle trasformazioni intercorse nei periodi in cui è stato oggetto di vita naturale e antropica (continua trasformazione). Il paesaggio diventa un vero e proprio contenitore di memoria, individuale e collettiva. L’archeologia del paesaggio studia il territorio costruito dall’uomo nel suo rapporto di interdipendenza con la natura. Il paesaggio è in continuo divenire. Il paesaggio contemporaneo diventa parte integrante per le ricerche sui paesaggi antichi. Determinante è anche la riflessione sugli elementi naturali che caratterizzano l’ambiente. L’archeologia del paesaggio segue quindi un metodo di ricerca interdisciplinare dando importanza sia ai dati fisico-ambientali che a quelli antropico-culturali. L’elemento peculiare di un paesaggio è il suo valore come insieme, la sua continuità nello spazio e nel tempo, e per questo l’archeologia del paesaggio studia i contesti territoriali in una dimensione complessiva e in un’ottica diacronica. Il paesaggio è inteso come un continuum in due dimensioni: quella dello spazio in cui il paesaggio è visto come una superficie continua e multiforme, e quella del tempo, in cui è considerato come un prodotto delle continue trasformazioni. Questa disciplina considera tutti i resti archeologici come indizi di trasformazioni. Essi costituiscono tracce materiali utili per ricostruire la storia dei diversi passati a ritroso. Studiare il paesaggio nel lungo termine, ovvero in maniera diacronica, può significare individuare elementi di continuità che attraversano aree e periodi. L’archeologia del paesaggio: storia di una disciplina Dalla fine del XVIII e per tutto il XIX secolo i viaggiatori europei scoprono le civiltà antiche. Nel contesto italiano questo tipo di interesse romantico per l’antico si lega alla tradizione classica di studi topografici, collegata alla scienza positivistica tedesca della seconda metà del XIX secolo. Negli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo, con l’avvento della new archaeology o archeologia processuale, nascono approcci al paesaggio che implicano teorie di più ampio respiro, che coinvolgono ogni aspetto della disciplina e sono legate all’utilizzo scientifico dei dati archeologici. Si assiste progressivamente alla nascita di un’archeologia del paesaggio come branca dell’archeologia che ha come principale oggetto di studio gli oggetti archeologici chiamati siti, intesi come qualsiasi traccia di attività umana riconoscibile sul terreno (archeologia di insediamenti). La new archaeology è un movimento che nacque in Nord America negli anni ‘60 mirante a rendere l’archeologia più scientifica per spiegare e interpretare il dato archeologico piuttosto che semplicemente descriverlo. Due figure fondamentali del movimento furono Binford e Clarke. All’interno dell’archeologia processuale, l’archeologia del paesaggio focalizza l’attenzione sulle analisi spaziali e diventano oggetto di studio anche la tipologia, la dimensione, la funzione dei siti. Anche nelle analisi intransito, che riguardano la struttura interna degli insediamenti, maggiore attenzione è data a una raccolta sistematica e intensiva del dato, alle suddivisioni funzionali e alle zone d’uso interni. Il paesaggio è visto e indagato come organismo vivo nel tempo. Le correnti di archeologia detta post processuale, a partire dagli anni ‘80, guardano meno alle differenziazioni funzionali e più ai significati culturali attribuiti a elementi del paesaggio. I significati non sono una qualità del paesaggio ma derivano dalla presenza di uno o più individui. Con l’archeologia processuale si parla di esperienza del paesaggio come prodotto sociale, con quella post processuale si parla di un sentire soggettivo.  Si assiste poi alle prime ricognizioni sul terreno che ancora oggi costituiscono lo strumento principale di ricerca per l’archeologia del paesaggio. Tra questi ricordiamo i lavori di Willey in Perù (1953), di Addams in Mesopotamia (‘58) e di Sanders in Messico (‘79). in Grecia ricordiamo il progetto di McDonalds e Rapp per la Messenia (‘72) e in Italia il progetto diretto da Ward-Perkins per l’Etruria meridionale. Il terreno ci dà informazioni sulla storia dell’uomo. Spesso bastano pochi segni sul suolo e poche tracce in superficie, i cosiddetti fossili guida, per mostrare all’occhio la presenza di un passato. La ricognizione archeologica di superficie è considerata lo strumento principe dell’archeologia del paesaggio. Si cerca di porre un rimedio conoscitivo ai danni causati ai depositi antichi dalle arature profonde, dall’evolversi delle forme di sfruttamento e dall’edilizia. All’inizio le ricognizioni si orientarono alla ricerca di concentrazioni di manufatti in superficie (siti). Ben presto però si focalizzarono sui singoli reperti e sulla distribuzione del materiale detto off-site e delle possibili spiegazioni dell’assenza di materiale in superficie. L’archeologia del paesaggio non si limita a un solo tipo di ricerca ma effettua un’indagine interdisciplinare.  Aspetti di conservazione e valorizzazione del paesaggio Nelle società contemporanee il paesaggio è sottoposto a un processo di rapida trasformazione che è più visibile nelle aree urbane piuttosto che in quelle extraurbane. La gestione dei beni archeologici di un territorio coinvolge tre aspetti: ricerca (conoscenza dei fenomeni storici), tutela (passato come bene collettivo che deve essere reso fruibile a tutti), valorizzazione e fruizione (mettere le testimonianze storiche a disposizione dei cittadini in modo che siano interpretabili). In Italia, mentre si è sviluppato un insieme di norme e di prassi per la tutela degli elementi dell’attività umana che riguardano però singoli edifici o resti archeologici, lo stesso non è avvenuto per i paesaggi intesi come testimonianza storica. Il problema della tutela sta proprio nel dover governare un bene diffuso per definizione, alla cui salvaguardia deve partecipare l’insieme della popolazione poiché è questa che lo ha prodotto nel corso delle generazioni ed è questa che quotidianamente lo vive. Gli elementi peculiari del paesaggio sono il suo valore come insieme, la sua continuità nello spazio e nel tempo e la sua delicatezza. Il paesaggio è infatti una delicatezza di componenti (materia vegetale, piccole costruzioni, sistemazioni idrauliche), una delicatezza storica (i segni del passato) e una delicatezza di intervento (opere di manutenzione e conservazione).  Nella dimensione europea si è partiti da questi concetti per l’operazione di salvaguardia di interi contesti storici. Si è arrivati alla formulazione della Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000) sulla gestione e la tutela del paesaggio naturale e culturale dell’intera Europa. Gli aspetti innovativi della convenzione sono il fondamento del dettato normativo sull’idea di paesaggio come bene e l’introduzione di nuove scale di valori e di valutazione. Vengono compresi anche i lato le indagini microstratigrafiche sui contesti di scavo e i carotaggi; dall’altro le prospezioni non invasive. La geoarcheologia legge dati stratigrafici (scavo, carotaggi, sezioni scoperte) e di contesti areali (geologici, pedologici, fotografie aeree) e coadiuva ricerche dell’archeologia del paesaggio per una duplice via: nell’interpretazione dei processi tafonomici e postdeposizionali che hanno caratterizzato il deposito archeologico e nell’interpretazione del significato del dato archeologico stesso nel contesto paleoambientale in cui era inserito.  3. Analisi delle componenti culturali Il paesaggio è caratterizzato da una forte molteplicità. Un paesaggio è formato da un insieme di componenti che riflettono i diversi usi messi in opera dalle comunità umane sulla superficie naturale. Gli elementi che lo costituiscono sono profondamente contestuali e comprendono sempre qualcosa di diverso. Nel momento in cui l’archeologo vuole analizzare i processi culturali alla base di un paesaggio, svariati elementi costitutivi possono essere raggruppati sotto un’unica categoria che abbia come comune denominatore una tematica del paesaggio e una prospettiva di ricerca. Si parlerà così di luoghi di culto, necropoli o insediamenti. Queste categorie possono essere denominate le dimensioni del paesaggio. Paesaggi rurali La dimensione rurale del paesaggio è stata a lungo trascurata dall’archeologia tradizionale, che si proiettava di più agli aspetti monumentali dei centri urbani. Le società antiche oggetto di studio sono principalmente società agro-pastorali che perdurano fino alla metà del XIX secolo. La necessità di studi attenti alla dimensione rurale è sottolineata dall’opera di Alcock e Osbourne che affermano che senza la produzione agricola delle campagne che alimentava le popolazioni locali, le culture del Mediterraneo non avrebbero mai raggiunto i livelli di potere conquistati. Le ricerche sulla dimensione rurale del paesaggio si incentrano sull’attenzione sulla campagna in un sistema di insediamenti, sull’esame della densità abitativa e sulle tipologie di insediamento rurale, sull’analisi delle modalità di sfruttamento del territorio, sullo studio delle relazioni città-territorio. Le ricognizioni di superficie sono principalmente ricerche rurali: si studiano principalmente le strutture agricole, il ruolo della campagna, le relazioni tra la città e il territorio e i loro mutamenti nel tempo. Esaminando la distribuzione dei siti rurali, si possono descrivere le trasformazioni della densità di insediamento in un contesto regionale. Le ricerche rurali danno anche informazioni sull’organizzazione delle società antiche e sui regimi di proprietà vigenti. Esiste una grande varietà di paesaggi rurali fatti di fattorie, sacelli, cappelle, sepolture, muretti, fossati, cisterne, pozzi, terrazzamenti, drenaggio e così via.   Paesaggi urbani Il binomio città-campagna costituisce uno degli strumenti di ricerca più utilizzati nello studio delle società antiche. I centri urbani sono tradizionalmente investigati attraverso indagini di scavo e tentativi di ricostruzione degli impianti urbanistici antichi. Nei tempi più recenti si applicano anche prospezioni geofisiche che possono leggere le forme delle strutture urbane sepolte e si impiega anche l’analisi GIS. È necessario differenziare tra città del passato sopra le quali oggi non si trovano centri urbani ma campagna, e contesti urbani del passato sopra cui oggi sono stati edificate città moderne. Nel caso di ricerca urbana è possibile che la ricognizione risulti più efficace anche dello scavo. Gli spazi urbani nell’antichità mediterranea sono dei veri e propri luoghi centrali, attorno a cui ruotano tutti gli aspetti della vita di una comunità. Il paesaggio urbano è composto di una molteplicità di elementi. Le ricerche di archeologia urbana diventano pertanto archeologia del paesaggio urbano, con l’applicazione dello stesso approccio usato per il territorio. Una tematica spesso considerata in modo separato è costituita dal paesaggio suburbano. Il termine è carico di ambiguità tanto che spesso non si rende identificabile con una vera realtà spaziale quanto piuttosto con uno stato mentale: si collega a una valutazione soggettiva dello spazio, che attribuisce ai confini e limiti interni alle comunità che fanno esperienza di un determinato paesaggio. Il suburbio si esplicita nel rapporto città-campagna. Pertanto, è molto difficile stabilire per l’archeologo quali sono le aree periurbane, che si trovano tra la città e la campagna. Un aspetto particolare nelle ricerche sulle aree suburbane è costituito dalla cosiddetta archeologia dei rifiuti che fa degli scarti e dei rifiuti una fonte preziosa di informazione (suburbio di Roma).  Paesaggi sacri e funerari Lo studio del paesaggio è entrato anche in contatto con elementi dell’ambito sacro, cultuale, religioso. Spesso per le comunità antiche che erano profondamente legate al sacro, il soprannaturale è da concepire come una parte inscindibile del paesaggio. Difficilmente il sacro è solo sacro, ma riveste nella maggior parte dei casi anche un ruolo politico sociale. Attraverso il rituale, le società spesso collegano successo economico, credenze e potere delle elites. La sacralità di un luogo difficilmente si oblitera nel tempo: i luoghi del sacro sono infatti caratterizzati da una forte continuità, che spesso vede il permanere di strutture a uso cultuale attraverso i secoli.  Paesaggi sacri Le ricerche si focalizzano sul come si presentano e si attuano i rapporti tra diversi luoghi sacri coevi all’interno di una regione (santuari, templi, sociali ecc); altri indagano le relazioni tra i luoghi sacri e il paesaggio in cui sono inserite. In alcuni studi si esaminano santuari legati a elementi del paesaggio naturali (grotta) o elementi del paesaggio fisico (montagne). Spesso si cercano di individuare specifici santuari o luoghi di culto menzionati nei testi antichi. A volte gli stessi luoghi di culto o santuari diventano un tutt’uno con il paesaggio naturale. A volte i luoghi di culto possono essere eletti alla luce di particolari zone del paesaggio (santuari d’altura, boschi sacri, culti presso fiumi) e con aree di attività al suo interno (pastorizia). È necessario dare ai luoghi un contesto, ovvero un paesaggio. Spesso i luoghi sacri hanno un duplice ruolo: quello classico rituale e un ruolo aggiuntivo costituito di segni sociali rappresentanti un confine o un punto di incontro tra comunità. Alcuni luoghi di culto sono locali, legati a una singola proprietà o a un’antica comunità e si trovano lungo vie a elevata percorrenza. Le funzioni e i significati simbolici sono diversi differenti tipologie.  Paesaggi funerari Nella sfera del sacro possono essere inclusi anche i luoghi di sepoltura. Le evidenze archeologiche legate a sepolture isolate o a gruppi di sepolture si ritrovano associate spesso a luoghi di culto e a volte le sepolture monumentali diventavano veri e propri luoghi di culto collettivo. Le necropoli occupano uno spazio fisico all’interno del paesaggio, ma possono essere anche collocate a parte rispetto al resto, laddove per esempio i cimiteri siano posti ai margini dell’insediamento o fuori le mura. In alcuni casi le tombe definiscono dei territori. Esse possono essere a volte anche parte integrante della vita quotidiana della comunità dei vivi, come nel caso delle necropoli etrusche.  Paesaggi della produzione Una delle categorie di paesaggio definite dall’UNESCO include una sottoclasse, associata con industrie quali miniere, cave e la produzione di metalli, vetri e fibre tessili. Questi elementi fanno riferimento alla dimensione del paesaggio legata alle attività produttive. Le tracce legate ai paesaggi della produzione non sono sempre evidenti. A volte si intravedono appena nel paesaggio odierno. Ad esempio, nella campagna attorno a Roma troviamo spesso tracce di antiche cave di tufo utilizzate in epoca romana e ormai naturalizzate. Nella campagna romana, la facilità di lavorazione delle rocce tufacee è all’origine sia della presenza di cave per l’estrazione di materiale da costruzione sia della realizzazione di cimiteri e ipogeo di varia tipologia. Per estrarre la pozzolana venivano realizzate gallerie sotterranee, le quali venivano poi riutilizzate come ricoveri, depositi e fungaie.  Alcuni tipi di siti sono specificatamente correlati a un’attività produttiva, quali impianti per la produzione di ceramica o per la lavorazione del metallo, cave, miniere; altri sono collegati al trasporto della materia prima o del prodotto finito; altri ancora sono un indotto delle attività produttive o sono siti di altro tipo. Le ricerche sui paesaggi della produzione si interessano della distribuzione dei centri produttivi. Con la fine dello sfruttamento intensivo molti siti legati a questo paesaggio della produzione scompaiono. Gli insediamenti e le strutture rurali all’interno del paesaggio di cui fanno parte a volte sono veri e propri artefatti con un valore sia storico che economico. Il significato economico aumenta quando ci troviamo di fronte a situazioni in cui l’insediamento è determinato da fattori economici legati al mercato. Lo studio dei reperti materiali, in particolare della ceramica, e specialmente la determinazione dei materiali locali o di importazione, aiutano nella valutazione dei paesaggi economici di un’area. La visibilità dei siti rintracciabili in ricognizione può essere dovuta a una pluralità di fattori: tafonomici, relativi cioè alle circostanze antropiche e ambientali che hanno influenzato il deposito archeologico dopo la sua formazione, fattori legati alla densità, alla qualità e alla determinazione cronologica dei materiali che aiutano a riconoscere i siti, oppure fattori connessi alle metodologie e tecniche di indagine.  Un’analisi tipica dei primi studi sui paleoambienti è la cosiddetta analisi del bacino di approvvigionamento di un sito, la quale mira all’individuazione di territori sfruttati da un insediamento. La sua prima applicazione in archeologia fu da parte di Finzi e Higgs nel 1970. L’analisi si basa sul concetto per cui quanto maggiore è la distanza di un’area da un sito, tanto minore è la probabilità che gli abitanti del sito la sfruttino (principio del minimo sforzo per la massima produttività). Un modello geografico legato alla produzione agricola è quello ideato dal geografo von Thunen (1826), che si fonda sulla localizzazione delle produzioni agricole sul territorio, disposte in modo concentrico a una progressiva distanza dal sito, dalle coltivazioni intensive più vicine all’insediamento, a coltivazioni e attività più estensive progressivamente più lontane. La produttività dell’area determina il suo uso economico e anche la distribuzione degli insediamenti. Ricordiamo l’impiego nel passato di tecniche per il miglioramento e la conservazione dei terreni, come terrazzamenti e rotazioni di colture, tecniche di coltivazione come arboricoltura, archeologico del fenomeno si può ricorrere a ricerche proprie di discipline affini, come l’etnografia o l’esame delle fonti storiche. Le informazioni che si possono ricavare sono legate a diversi fattori:   Fattori ambientali: si possono individuare paesaggi più adatti di altri all’attività pastorizia come aree marginali, zone d’altura e zone con anomalie climatiche.  Alloggiamento e movimento degli animali: si possono distinguere tre tipi di pastoralismo: 1. Il primo tipo è basato su un’economia mobile in un’ampia area, caratterizzato da pratiche stagionali di transumanza a lunga distanza e legato al nomadismo permanente. I segni archeologici per il loro riconoscimento sono i tratturi. 2. Un secondo tipo basato su un’economia mobile all’interno di un’area ristretta, caratterizzato da pratiche di transumanza verticale. Le greggi potevano essere condotte a pascoli estivi a una distanza massima di un giorno di cammino dall’insediamento permanente. In inverno il bestiame era portato a pascolare in pianura e viceversa in estate. I segni archeologici per il riconoscimento di queste pratiche sono strutture d’altura a uso stagionale di natura residenziale e produttiva. 3. Un pastoralismo stanziale, perlopiù legato a pratiche agricole. Il pastore era spesso un agricoltore che possedeva anche qualche animale. Gli animali pascolavano nei terreni lasciati incolti. I segni archeologici per il loro riconoscimento sono più labili.   Scala delle greggi (numero dei capi di bestiame) e intensità del fenomeno: il pastoralismo transumante comportava greggi più grandi, per evitare il rischio e l’investimento economico legato ai lunghi viaggi. La pratica della transumanza era legata alla possibilità di accesso a vaste aree ed era sottoposta al controllo statale. Tale pratica economica era particolarmente in uso in epoca romana, agevolata dal controllo imperiale su vaste aree.  Specializzazione dei prodotti: con il passaggio dalla caccia a forme di allevamento, il prodotto primario derivante dalla pratica della pastorizia era la carne. In un secondo momento anche i prodotti secondari acquisirono importanza (latte e derivati, lana, concime).  Legami con l’agricoltura: i pastori non potevano vivere solo di latte e carne e quindi lo scambio di prodotti con il mondo dell’agricoltura era indispensabile. Il concime era un anello chiave del rapporto tra pastorizia e agricoltura. Il bestiame spesso veniva lasciato pascolare su campi a riposo e il fertilizzante naturale prodotto dal bestiame diventava termine di scambio per l’utilizzo del campo. Nel caso di economie miste, solo gli uomini si muovevano con il bestiame nella stagione estiva, mentre le donne rimanevano a badare alle colture e ai lavori agricoli.  Categorie culturali: una molteplicità di valori associati al pastoralismo e al fenomeno economico della transumanza: 1. Sfera cultuale: ad esempio, i calendari stagionali sono congiunti non solo alle pratiche agricole ma anche a quelle dell’allevamento. 2. Abitudini e vita quotidiana: la vita del pastore imponeva dei ritmi serrati e delle regole precise. L’organizzazione di gruppo era accompagnata anche da una forte componente religiosa e rituale. Nella sfera personale, invocare la protezione divina era importante per trarre la forza necessaria da affrontare il lungo viaggio carico di pericoli. Un ruolo importante nella vita del pastore giocava la musica. 3. Status sociale del pastore: è collegabile al diverso atteggiamento delle varie società nei confronti della pastorizia. Nella Grecia arcaico-classica la figura del pastore era spesso associata alle arti della musica e del canto. Nella Roma di prima età imperiale invece la dimensione bucolica veniva esaltata e ricercata. Nel Rinascimento italiano l’attività economica della pastorizia era legata a grandi capitali anche se il pastore rimaneva isolato. Paesaggi di popolazioni Lo studio del paesaggio è strettamente collegato non solo a dati ambientali, ma anche a dati antropici e culturali che concernono le popolazioni che gravitano sui territori oggetto di studio in passato o nel presente. Con la nozione di paesaggi di popolazioni si intende una duplice categoria di ricerche: da un lato ricerche sui paesaggi segnati dalla presenza di gruppi etnici diversi; dall’altro ricerche che prendono in considerazione la pressione demografica su un territorio. Per il primo caso le ricerche su comunità diverse coinvolte nella formazione del carattere di un paesaggio si uniscono all’interesse per il popolamento quale fattore che influisce sulle trasformazioni culturali. In questo caso si può parlare di identità etnica che influenza anche lo studio e la percezione dei paesaggi. Nelle scelte sul paesaggio operate dalle comunità antiche, l’identità etnica gioca un ruolo fondamentale poiché spesso popolazioni emigranti portano avanti alcune scelte economiche anche in territori diversi dal paese di origine. Per il secondo caso, le ricerche paleodemografiche, volte alla ricostruzione della pressione demografica su un territorio in diversi periodi storici del passato, si possono basare su relazioni non sempre direttamente proporzionali, ma foriere di interessanti problematiche, come:  Numero ed estensione dei siti: bisogna tenere presente che un numero maggiore di siti significa una pressione demografica maggiore ma può indicare una diversa distribuzione della popolazione sul territorio.   Numero di tombe delle necropoli: indicatore usato per determinare il numero di abitanti di una città. Anche in questo caso il rapporto tra numero di tombe e abitanti non è diretto.  Terreno coltivabile e disponibile: il rapporto con la pressione demografica non è diretto ma correlato alla corretta determinazione della potenzialità del terreno dei diversi periodi. Paesaggi mentali e paesaggi di memoria Paesaggi mentali Le indagini sui paesaggi mentali sono una conquista dell’archeologia post processuale. Il paesaggio non è da concepire come uno spazio geografico che esiste. Egli è parte integrante del paesaggio e quindi una comunità ne ha una percezione soggettiva. L’esperienza del paesaggio non è del tutto neutra ma può essere condizionata da diversi fattori sociali. Secondo molti teorici del paesaggio non c’è distinzione tra paesaggi reali e paesaggi percepiti e i due concetti risultano indivisibili. Gli uomini percepiscono il paesaggio tridimensionale attraverso i loro filtri culturali e cognitivi, che agiscono a diversi livelli. Il filtro interpretativo percettivo risulta pertanto duplice: da una parte la percezione dell’uomo antico, che è contemporaneo e parte integrante del paesaggio, dall’altra il filtro di chi studia il paesaggio antico ma che vive ed è condizionato dal paesaggio moderno. Il modo migliore per capire gli eventi del passato è vedere il mondo attraverso gli occhi di chi in quel passato viveva, ma ciò è praticamente impossibile da raggiungere non essendo possibile l’osservazione diretta. Tuttavia, un tentativo di riconoscimento della percezione del paesaggio da parte dell’uomo antico può essere fatto: esso deve andare nella direzione dell’interpretazione della percezione della collettività e dei gruppi umani e non del singolo.  C’è una differenziazione semantica tra spazio e luogo: lo spazio è caratterizzato dalla presenza di azioni umane e ne è coinvolto, non è un semplice contenitore. Esso è mezzo per la realizzazione di un’attività umana. Lo spazio è una realtà materiale di cui esistono varie forme. Tilley individua varie forme di spazio: somatico, della percezione, esistenziale, architettonico, cognitivo. Un luogo è uno spazio socialmente significativo e identificabile, a cui è attribuita una dimensione temporale storica. Il senso di attaccamento al luogo deriva dalla stabilità dei significati associati ad esso, e i nomi dei luoghi assumono una vitale importanza in quanto permettono di trasformare una realtà fisica e geografica in qualcosa di storicamente e socialmente conosciuto per esperienza (toponomastica). I paesaggi mentali devono sempre essere oggetto di considerazione in ogni trattazione sulla relazione uomo-ambiente. Spesso essi hanno un ruolo considerevole nel rimodellamento di un determinato luogo costruito o antropizzato. La percezione di un paesaggio porta alla creazione di mappe mentali, che fanno riferimento alle relazioni tra due luoghi come pensate dalla mente. Durante l’atto della percezione, la mente semplifica realtà ambientali complesse in un’immagine ambientale. La mappa mentale è un prodotto in continua trasformazione. Ogni mappa mentale è assolutamente individuale e condizionata dall’età, dalla cultura e così via.  Nel rapporto con il loro paesaggio, intere comunità proiettano specifiche identità. Queste operazioni spesso coinvolgono anche scelte sul paesaggio con la creazione di monumenti o opere simboliche più che funzionali. Ne sono esempio piccole città greche che aspiravano allo stato di polis, le quali si fornivano di grandi mura imponenti senza un reale bisogno di difendersi. Si può parlare pertanto di paesaggi simbolici, che comportano il riconoscimento di elementi naturali o antropici che assurgono a livello di simbolo per la comunità che ci vive. Questi vengono definiti marcatori territoriali.  *La fenomenologia è una corrente filosofica del XX secolo che considera la filosofia come analisi della coscienza nella sua intenzionalità, ovvero l’analisi di tutti quei modi possibili in cui qualcosa può essere dato ad essa e quindi di ogni tipo di significato o validità che può essere attribuito agli oggetti di coscienza. Paesaggi di memoria I paesaggi sono da considerarsi come contenitori di memoria: ogni territorio reca traccia delle attività umane del passato e riproduce differenti memorie culturali. I paesaggi mentali fanno riferimento all’esperienza del singolo o della comunità e sono una conquista dell’archeologia post processuale. Si può parlare di paesaggi privati o personali, evocando per esempio il senso dei luoghi legati alla memoria di ognuno. Ci sono poi luoghi che hanno una loro intrinseca personalità, determinata da un forte effetto visivo.  paesaggio. Pertanto, il paesaggio di ciascun periodo deve essere considerato un prodotto socioculturale. Uno degli scopi ultimi dell’applicazione della community area theory è riuscire a riconoscere i movimenti dell’insediamento nucleato principale all’interno di ciascuna camera di insediamento. Questo implica una sorta di continuità dell’insediamento nella stessa precisa collocazione o nelle vicinanze del nucleo abitativo nelle fasi storiche immediatamente precedenti. L’esame dei micro-paesaggi permette agli archeologi di raccontare la storia della piccola camera di insediamento concentrando l’attenzione su fattori e caratteristiche naturali e culturali ricorrenti. Lo studioso Bradley propone all’interno del volume sull’archeologia cognitiva di Renfrew e Zubrov una più flessibile archeologia del luogo, guardando il paesaggio come a un concetto più ampio di quello di territorio. Lo studioso fa notare come per le genti pre e non letterate, la natura fosse identificata in oggetti locali o in fenomeni generalizzati. Per le genti letterate invece i significati erano associati a unità spaziali selezionate. I modelli insediativi Gli studi sul paesaggio antico sono caratterizzati da un approccio regionale, e il loro scopo è spesso l’esame dei cambiamenti dei sistemi culturali all’interno di un’area specifica. Secondo questo approccio, i siti archeologici costituiscono le aree di attività dei rispettivi sistemi culturali. Così, un solo sito non può rappresentare tutte le caratteristiche di un intero sistema insediativo. La ricerca si muove su due assi dello spazio e del tempo: l’archeologia del paesaggio non può che adottare la prospettiva della lunga durata e ogni tentativo di comprendere le società del passato deve tenere conto degli usi e delle strutture del paesaggio precedenti e successivi alla società in esame. Così attraverso gli indizi individuati nella lettura del paesaggio si cerca di ricostruire in maniera diacronica la storia di una regione, e viene rivolta attenzione a tutti i periodi di occupazione di ciascun sito e dell’intero territorio. L’archeologo del paesaggio prende in considerazione anche i diversi tipi di siti. In generale, un ruolo importante è giocato dalla dimensione della spazialità e delle relazioni spaziali tra le diverse attività in essere su un territorio.  Il dato archeologico è in genere caratterizzato da una forte componente spaziale. La cosiddetta archeologia dello spazio, legata alla corrente della new archaeology, ha preso piede nel corso degli anni ‘60 del 900. In aggiunta alla posizione degli oggetti, l’archeologia indaga le relazioni tra gli oggetti in rapporto al loro contesto, formato a sua volta da altri elementi. Questi possono essere elementi dell’ambiente, altri oggetti archeologici o fenomeni cosmologici (elementi del paesaggio che hanno un significato simbolico).  Per oggetti archeologici si intendono i siti con una qualunque distribuzione di artefatti sul territorio. Per sito si intende ogni spazio che reca tracce di una qualsiasi attività umana di qualsiasi epoca. All’interno di un contesto scelto si possono analizzare i gruppi di siti simili, in cui alcuni tipi di elementi si trovano in ricorrente associazione: si parla allora di modelli insediativi.  I fattori che influiscono sull’insediamento possono essere di diverso tipo:   Economici (possibilità di sfruttamento del territorio): approvvigionamento di cibo, risorse idriche, produttività del terreno ecc.  Antropico-culturali (scelte culturali di individui o gruppi umani): necessità di difesa, tradizione e legame con il passato.  Politico-sociali (legame tra rapporti sociali e modalità di insediamento): questo fattore può influire su fenomeni di inurbamento o sulla costituzione di centri di culto.  Funzioni e tipologie degli insediamenti  Posizione degli insediamenti  Dimensione degli insediamenti  Numero, distribuzione dello spazio e densità degli insediamenti  Differenziazione dei siti  Rapporto con l’ambiente circostante  Rapporto con le risorse disponibili  Attività della vita quotidiana  Fattori simbolici e culturali  Strutture sociali e economiche Tipologie di siti e di insediamento I siti si differenziano per le seguenti caratteristiche:   Grandezza  Funzione: insediamenti a funzione abitativa, aree funerarie, luoghi di culto, postazioni militari, aree produttive. La funzione può coincidere con la tipologia che è legata all’uso.  Durata d’uso e stabilità: si possono avere siti effimeri, stagionali, permanenti. Per i siti a funzione abitativa è possibile definire varie tipologie sulla base del numero di abitanti e della concentrazione delle abitazioni:  Città: elevato numero di abitanti e servizi e alto grado di concentrazione delle abitazioni.  Villaggio: insieme di abitazioni e fattorie, minor numero di abitanti e servizi, grado variabile di concentrazione delle abitazioni.  Borgo piccolo villaggio/gruppo di fattorie: gli abitanti sono legati da parentela, scarsa o nulla presenza di servizi.   Fattoria/abitazione monofamiliare isolata: a volte presenta strutture di servizio annesse. Le caratteristiche delle diverse tipologie di insediamento variano a seconda del periodo preso in esame. Per quanto riguarda la stabilità degli insediamenti possiamo parlare di insediamenti:  Effimeri (alcuni giorni)  temporanei (alcune settimane)  Stagionali (alcuni mesi)  Semipermanenti (alcuni anni)  Permanenti (per più generazioni) La stabilità degli insediamenti è correlata al regime economico di una comunità. Gli insediamenti differiscono anche per la loro struttura interna (con abitazioni disposte a raggiera intorno a una piazza o filari paralleli lungo la strada principale) o per la densità di abitazioni al loro interno, che può essere maggiore (nucleato) o minore (sparso).  Lo studioso Roberts presenta i più conosciuti modelli teorici di distribuzione spaziale degli insediamenti. Sono stati individuati tre principali modelli teorici di insediamento:  Casuale: apparente casualità dovuta a scarsezza o asistematicità del dato archeologico.  A gruppi: gli insediamenti sono raggruppati intorno a una risorsa che può essere naturale, sociale, culturale, simbolica o ideologica.  Regolare gerarchico: distribuzione regolare o omogenea che si differenzia per la maggiore importanza culturale di alcuni elementi, che possono essere insediamenti più grandi con maggiori servizi o centri importanti e così via. L’organizzazione del territorio è direttamente collegata con la densità di abitazioni e con l’estensione degli insediamenti. Negli studi si sottolinea la presenza di due modalità di insediamento:  Sparso: territori con un alto numero di insediamenti.  Nucleato: territori a minor densità di insediamenti. Diacronia, variabilità interregionale e modelli Le ricerche sulla storia del paesaggio sono spesso incentrate su una regione. A volte però l’archeologia del paesaggio guarda anche alle somiglianze e alle differenze tra regioni diverse. Alcuni modelli geografici utili per l’analisi dell’insediamento nei paesaggi antichi sono stati mutuati nell’ambito della corrente di pensiero della new archaeology: il modello di von Thunen, sulle aree a colture diverse, quello di Weber, sulla distribuzione delle strutture industriali, quello di Christaller, che applica la teoria del luogo centrale. Abbiamo poi l’applicazione dei poligoni di Thiessen per studiare l’organizzazione del territorio: sono una suddivisione geometrica del territorio che utilizza le linee mediane rispetto alle distanze in linea d’aria tra i vari centri per determinare i territori di ciascuno. Tale suddivisione con l’aumentare della distanza da un centro, diminuisce la sua influenza sul territorio, fino a incontrare la zona di influenza di un altro centro. L’archeologia ha che fare con l’insediamento del passato, mentre questi modelli sono mutuati dalla geografia che lavora su insediamenti contemporanei.  Nella pratica gli archeologi del paesaggio non possono:   Produrre una carta di distribuzione degli insediamenti e dei siti conosciuti;  Riconoscere un pattern, una struttura;
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