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Riassunto della monografia “La Spagna Imperiale” di Elliot, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto breve e completo della monografia “La Spagna Imperiale” di John H. Elliott

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 03/11/2020

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SaraCo96 🇮🇹

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Scarica Riassunto della monografia “La Spagna Imperiale” di Elliot e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! La Spagna imperiale (1469-1716) - John H. Elliott PREMESSA La Spagna era ed è ancora un paese diviso dal resto del continente dalla barriera dei Pirenei, diviso nel suo interno, senza centro naturale o facili vie d’accesso, disomogeneo con lingue e civiltà diverse. Nonostante le carenti condizioni naturali la Spagna dalla fine del XV secolo conobbe un immenso sviluppo. 1. L’UNIONE DELLE DUE CORONE Origini dell’unione Il matrimonio tra Ferdinando, re di Sicilia ed erede al trono di Aragona, e Isabella, erede al trono di Castiglia, avvenne il 19 ottobre 1469. La principessa era sorella di Enrico IV di Castiglia. Tra l’altro i due erano parenti e dovettero chiedere una bolla papale affinchè potesse avvenire il matrimonio, che poi si rivelò però essere un falso. Molti volevano impedire il matrimonio, come il re dio Francia Luigi XI, che vedeva l’unione delle due corone come una minaccia. I nobili castigliani invece sostenevano la causa di Juana La Beltraneja, figlia di Enrico IV. La Spagna del XV secolo era divisa tra tre corone cristiane: il regno di Castiglia, il regno del Portogallo e il regno di Aragona. I candidati tra cui Isabella dovette scegliere erano: Carlo di Valois, figlio di Carlo VII re di Francia; Alfonso V, re del Portogallo; Ferdinando, figlio ed erede di Giovanni II di Aragona. Le loro nozze fecero scoppiare. una lotta per la successione della Corona di Castiglia che durò un decennio (1469-79). Luigi XI iniziò a sostenere Juana La Beltraneja, offrendosi a lei in matrimonio accordandosi con Enrico IV, però L’11 dicembre 1474 Enrico IV morì e Isabella si proclamò regina di Castiglia, ma la fazione anti-aragonese aveva preso contatti con Alfonso V, re del Portogallo, il quale si era proposto di sposare Juana. Allora quest’ultima, incoraggiata, rivendicò per sè il trono di Castiglia —> arrivarono soldati portoghesi e per tutto il paese scoppiarono rivolte contro Ferdinando e Isabella. Ci fu una guerra civile e alla fine vinse Isabella, per questo motivo la storia di questa faccenda fu scritta da cronisti favorevoli alla regina, seguendo la linea ufficiale pro-Isabella e scrivendo quindi che Juana non fosse figlia di Enrico IV, denominandola sprezzantemente La Beltraneja (dal nome dell’ipotetico vero padre). All’inizio del 1479 morì anche Giovanni II d’Aragona e anche Ferdinando divenne re. Da questo momento in poi con il termine Spagna si indicava la Castiglia e l’Aragona. Le due corone Si ebbe un’unione dinastica, quindi delle due corone, ma non dei due popoli; praticamente l’unica differenza era che i due regni non sarebbero stati più rivali; entrambe le parti conservavano istituzioni e costumi. Nel 1492 fu annessa anche Granada, quindi la corona di Castiglia possedeva circa due terzi di tutta la penisola iberica. La popolazione in Castiglia aveva una densità molto maggiore che in Aragona. La differenza dell’Aragona rispetto alla Castiglia è da ricercare nella lunga lotta che la Spagna medievale condusse contro l’Islam —> gli arabi avevano invaso la penisola iberica nel 711 e poi l’avevano conquistata in 7 anni; la storia della Spagna medievale ebbe quindi al centro la reconquista, ossia la lotta dei regni cristiani del nord per togliere la penisola dalle mani degli infedeli. Questa reconquista ebbe natura diversa nelle varie regioni spagnole, e questo sta alla base delle caratteristiche di ciascuna regione spagnola. Il periodo principale della reconquista fu il XIII secolo: la Castiglia e il Leòn, sotto il re Ferdinando III, conducevano la guerra per conquistare l’Andalusia, mentre il Portogallo si impegnò nel riscatto delle province meridionali, invece Catalogna e Aragona presero la regione di Valenza e le Baleari. In Andalusia Ferdinando III concesse estensioni del territorio da poco recuperato ai nobili castigliani che lo avevano supportato nella crociata, per questo l’Andalusia divenne un territorio dai vasti latifundios della nobiltà. Nella regione di Valenza invece la corona aragonese attuò un rigoroso controllo sul processo di colonizzazione e ripopolamento, quindi le terre vennero divise in appezzamenti piccoli dando vita a comunità cristiane; inoltre i mori di Valenza, a differenza degli altri, erano rimasti sul posto. Le regioni dell’est spagnolo, Catalogna, Aragona e Valenza, andarono a costituire la Corona di Aragona. Questo regno, nel tardo Medioevo, fu soprattutto un impero commerciale basato sull’esportazione di tessuti. Tra le istituzioni il cui potere si era rafforzato con il passare dei secoli c’erano le Cortes, e in particolare quelle aragonesi avevano la particolarità che ognuna dovesse pronunciarsi all’unanimità. Nella regno di Aragona Aragona si trovava anche un alto funzionario detto Justicia, che non esisteva altrove ed era un nobile con il compito di sorvegliare che le leggi del paese non venissero violate da funzionari regi o baronali, e che i sudditi fossero protetti dall’esercizio arbitrario del potere. Questa carica non esisteva nè nella Catalogna nè nella Valenza, ma una funzione analoga era svolta dalla Generalitat o Disputaciò. L’impero medievale della Corona di Aragona era una federazione sconnessa di territori diversi, ognuno dei quali aveva le sue leggi e le sue istituzioni. La società castigliana era invece ancora pastorale e nomade, basata sull’esercizio della guerra. La Chiese ebbe una grande influenza sulla Castiglia medievale. Nel sud della Spagna si formarono grandi proprietà terriere e qui fiorirono centri urbani come Siviglia e Cordova. Verso il 1300 inoltre dall’Africa settentrionale fu introdotta in Castiglia la pecora merino; la produzione laniera raggiunse un’ampiezza straordinaria ed era sotto il controllo della Mesta. Nel XIV secolo ci fu la Peste Nera che, nonostante fu più catastrofica in Aragona, comunque in Castiglia causò una crisi di mano d’opera. Dopo la caduta di Costantinopoli del 1453, per l’entusiasmo Enrico IV riprese, nel 1455, la reconquista —> sei incursioni militari lanciate contro il regno moresco di Granada tra 1455-57, ma non ottenne risultati. Con l’unione di Ferdinando e Isabella si riprese l’impresa nel 1482, con la presa di Alhama da parte delle forze castigliane, poi si fecero una serie di campagne di guerra per prendere a poco a poco il regno moresco, non solo la città di Granada. La guerra di Granada venne vinta con vigorose azioni militari, ma anche con diplomazia: il regno di Nasrid era pieno di contese intestine e Ferdinando sfruttò la cosa con abilità. Alla fine del 1485 gran parte del regno di Granada era caduto in mano spagnola; nel 1487 presero Malaga, nella parte occidentale. Nel 1490 l’esercito cristiano si accampò sotto Granada e successivamente venne eretta una città nuova, Santa Fe; nel gennaio 1492 Granada si arrese: ai mori si lasciava il possesso delle loro armi e dei loro beni, si dava loro garanzia di poter osservare le loro leggi e praticare la loro religione, dovevano rimanere sotto il governo dei loro magistrati locali e non venivano imposti tributi maggiori di prima. La Corona non ebbe gran parte del bottino procurato dalla vittoria, perchè le entrate di certe proprietà terriere continuarono ad essere amministrate dai mori; alla Corona rimasero solo i beni che facevano parte del patrimonio terriero del sultanato. Il re e la regina affidarono il governo di Granada a un triumvirato formato da Hernando de Zaira, dal conte di Tendilla e da Gernando de Talavera; loro prima di tutto dovettero assicurare l’ordine pubblico e consolidare l’autoritò della Corona sul regno conquistato, ma la cosa era difficile da compiere in una regione montuosa e piena di briganti. I conquistatori cristiani avevano sempre paura che scoppiassero rivolte. A fine 1493 circa seimila mori lasciarono la Spagna per andare in Africa, pochissime famiglie rimasero nel regno conquistato. L’avanzata in suolo africano C’era timore di una ribellione da parte dei malcontenti abitanti di Granada, incoraggiati dal Nord Africa, quindi si decise di continuare la crociata castigliana proprio in Africa. In Nord Africa esistevano vari staterelli in fase di dissolvimento, esistevano infatti rivalità e divisioni tra Algeri, Marocco e Tunisi; il territorio nord-africano era poco adatto per condurvi una guerra, però i suoi abitanti comunque non avevano familiarità con le nuove tecniche belliche castigliane. Alessandro VI nel 1494 appoggiò una crociata in Africa e autorizzò a percepire ancora l’imposta nota come cruzada, che doveva sovvenzionare la spedizione. Tuttavia per un decennio non avvenne nessuna crociata, le forze spagnole furono impegnate infatti a lungo in Italia e Ferdinando. Poi nel 1499 ci fu una rivolta delle Alpujarras e i castigliani presero coscienza del pericolo che poteva costituire l’Africa settentrionale. Isabella morì nel 1504 e nulla era stato fatto contro l’Islam, ma il suo desiderio era che “il suo sposo si dedicasse alla conquista dell’Africa e alla guerra per la fede contro i mori”. A Malaga venne allestito un corpo di spedizione che nel 1505 si diresse verso l’Africa settentrionale; la spedizione si impadronì di Mers-el-Kebir, base essenziale per attaccare la regione di Orano, però poi si dovette pensare alle faccende interne alla Spagna e solo nel 1509 un maggiore esercito venne inviato in Africa e Orano venne presa. L’occupazione della costa africana venne attuata tra 1509-10, però inasprì le divergenze tra Ferdinando e Cisneros (cardinale, arcivescovo e reggente di Castiglia, dalla politica dura contro l’Islam) —> il Cisneros era pervaso dallo spirito di crociata e voleva penetrare fino ai confini del Sahara e fondare nell’Africa del nord un impero spagnolo-mauritano, invece Ferdinando considerava l’Africa del nord come un teatro di operazioni meno importante rispetto a quello italiano, quindi preferiva l’occupazione limitata della costa africana, solo per garantire la Spagna da attacchi moreschi. Nel 1509 l’arcivescovo ruppe con il re e per i rimanenti anni del regno prevalse la politica africana di Ferdinando, però negli anni successivi la Spagna dovette pagare per questa politica di occupazione limitata. I corsari barbareschi riuscirono a stabilire delle basi lungo la costa e nel 1529 i Barbarossa, fratelli pirati, si ripresero il punto chiave per il controllo di Algeri, Penon d’Argel: da quel momento furono poste le fondamenta di uno Stato algerino sotto protettorato turco. La minaccia corsara divenne grave nel 1534, quando il Barbarossa prese Tunisi togliendola ai vassalli moreschi degli spagnoli, assicurandosi il controllo del canale tra la Sicilia e l’Africa. L’anno successivo Carlo V organizzò una spedizione contro Tunisi, riprendendola, però l’imperatore non attaccò subito Algeri, perdendo l’occasione per annientare i pirati. Poi nel 1541 intraprese una nuova spedizione con l’obiettivo di prendere Algeri, ma fu un disastro. Da quel momento in poi Carlo V fu occupato in Europa e anche i loro protettorati, Tunisia e Tlemcen, subirono sempre di più la pressione moresca. Quando salì al trono Filippo II, l’Africa settentrionale spagnola era in una situazione precaria; nel 1573 fu recuperata Tunisi, ma l’anno successivo caddero in mano ai mori sia Tunisi che La Goletta, quindi il controllo spagnolo divenne misero. Gli antecedenti medievali La Castiglia medievale aveva una tradizione militare di tipo crociato, quindi doveva procurarsi nel ‘500 un impero al di là dell’Oceano. In Castiglia si era però formata anche un’altra tradizione: l’esperienza marinara che fu il preludio all’acquisto di territori trans Marini e transoceanici. La scoperta e la conquista del Nuovo Mondo non fu un evento casuale per la Spagna: la penisola iberica possedeva più chances del resto d’Europa per un’espansione oltreoceano in quel periodo. L’ostilità tradizionale tra Castiglia e Portogallo fornì un incentivo alla Castiglia per conquistarsi possedimenti oltremare; uno dei principali luoghi di conflitto tra le due potenze nel XV secolo furono le Canarie, scoperte dai genovesi all’inizio del XIV. Durante la Guerra per la Successione Castigliana, Ferdinando e Isabella tentarono di rivendicare i loro diritti sulle Canarie mandando nel 1478 da Siviglia una spedizione che doveva occupare la Gran Canarie: la resistenza mandò a vuoto il tentativo e solo nel 1482 una nuova spedizione, durata due anni, ebbe successo. Però si dovette attendere il 1492 per conquistare Palma e il 1493 per mettere piede a Tenerife. Con la sconfitta del 1479 il Portogallo rinunciò alle sue pretese sulle Canarie in cambio del riconoscimento dei suoi diritti sulla Guinea, sul regno di Fez, su Madera e le Azzorre. L’occupazione delle Canarie fu molto importante, infatti era un punto d’appoggio per chi voleva traversare l’Oceano per giungere in America, infatti tutti i quattro viaggi di Colombo ebbero come base l’arcipelago delle Canarie. La conquista delle Canarie fu considerata da Ferdinando e Isabella come una parte della guerra santa che la Castiglia stava conducendo contro gli infedeli. La spedizione di Colombo poneva difficoltà sia politiche che finanziarie; la sua prima comparsa a corte la fece nel 1486 e i suoi progetti furono respinti: la Corona era in ristrettezze ed era impegnata nella guerra di Granada. Ancora non è ben chiaro il motivo per cui Isabella e Ferdinando cambiarono idea nel 1491. Colombo aveva amici altolocati, tra cui il segretario di Ferdinando e il confessore della regina, e probabilmente i regnanti pensarono anche ai vantaggi che sarebbero potuti scaturire dall’impresa. Infine, il progetto di Colombo poteva essere di estrema importanza contro l’Islam —> se fosse riuscita, la spedizione avrebbe messo la Spagna in contatto con i popoli dell’Oriente, i quali potevano essere d’aiuto contro i turchi. Dopo delle contrattazioni, Colombo ebbe queste concessioni: il titolo ereditario di grande ammiraglio e il diritto a percepire un decimo sul valore degli scambi e della produzione dei territori di nuovo acquisto. Nell’agosto 1492 quindi Colombo partì con le sue tre caravelle e una ciurma di 88 persone. Egli era nativo di Genova e aveva soggiornato in Portogallo e poi nella Spagna meridionale, il suo obiettivo era di scoprire e sfruttare le ricchezze orientali. Le conquiste nel Nuovo Mondo Nel 1506 Colombo morì, due anni dopo Isabella. I suoi tentativi per colonizzare Hispaniola (Haiti) e per creare un monopolio commerciale erano falliti già nel 1498. Vennero fatte altre scoperte e c’era la speranza di trovare l’oro. Tra 1499 e 1508 le spedizioni nella costa settentrionale dell’America del Sud stabilirono che esisteva un vasto continente americano. Nel 1508 Hispaniola era sotto pieno controllo spagnolo e poteva diventare la base di partenza delle spedizioni future che dovevano portare alla scoperta e alla conquista di Cuba e delle Antille. Nel 1519 fu fondata Panama, così la Spagna aveva il controllo dell’istmo omonimo e la sua prima base sul Pacifico. Gli anni 1519-40 furono la fase finale della conquista, gli anni in cui la Spagna creò il suo grande impero americano, sulle rovine dell’impero azteco e inca. La conquista dell’impero azteco del Messico avvenne partendo da Cuba nel 1519 e ne fu protagonista Hernan Cortés. La distruzione degli incas fu a opera di Pizarro, il quale salpò da Panama nel 1531, terminando l’impresa in due anni. I conquistatori quindi si sparpagliarono in tutta l’America del Sud alla ricerca di “El Dorado”. Nel 1540 la grande stagione della conquista era finita, ma vaste regioni restavano inesplorate. doveva proteggere i deboli e gli umili, ebbero un alto senso anche dei loro doveri, come quello di far rispettare i diritti altrui. Volevano restaurare l’ordine con l’esercizio della loro autorità monarchica. Isabella era contraria all’introdurre modifiche nella legge di successione vigente in Castiglia. Dato che Castiglia e Aragona restavano due Stati separati, nel suo testamento Isabella fece disporre che Ferdinando fosse privato del titolo di re di Castiglia alla morte della moglie e che la Corona di Castiglia fosse data alla loro figlia Giovanna, la quale venne dichiarata erede diretta di Isabella. Due problemi che dovettero affrontare i regnanti fu quello della giurisdizione sulle terre americane e la riorganizzazione politica del principato della Catalogna; questi furono trattati come se il primo fosse un problema solo castigliano e l’altro un problema aragonese, come se l’unione delle due Corone non fosse mai avvenuta. I sudditi della Corona di Aragona avevano partecipato alla scoperta e alla colonizzazione del Nuovo Mondo, le Indie però non vennero annesse alla Spagna, ma alla sola Corona di Castiglia. Fu volere di Isabella che solo i castigliani potessero recarsi in America; nel 1503 concesse il monopolio dei traffici con l’America al porto di Siviglia, garantendosi che lo sfruttamento delle ricchezze americane rimanesse alla Castiglia. Eppure un modo per favorire l’unità spagnola era proprio concedere a tutti gli abitanti della penisola una pari partecipazione ai benefici dell’impero coloniale, ma non si fece nulla a riguardo. Tuttavia esisteva un altro modo per raggiungere lo stesso scopo: l’imposizione di un sistema amministrativo e legale uniforme in ogni regione della Spagna. Ferdinando alla morte del padre nel 1479 si trovò a dover affrontare il compito di porre fine in Catalogna a un lungo periodo di discordie intestine, e doveva essere aiutato da catalani moderati, disposti a dare appoggio a Ferdinando solo se si impegnava a preservare le loro leggi e libertà tradizionali: dunque doveva seguire una linea di moderazione e conservazione nella riorganizzazione della Catalogna. L’aspetto più nuovo della riorganizzazione della Catalogna è nella soluzione data al problema delle campagne —> con la Sentencia de Guadalupe del 1486 egli fornì una soluzione moderata alla questione die rapporti tra contadini e signori: i contadini di remenca che erano stati vincolati alla terra furono resi liberi; i sei malos usos che i signori esigevano furono aboliti e sostituiti da un canone in denaro; nonostante fosse il signore il padrone della terra, i contadini ne avevano il possesso effettivo e potevano lasciarla in eredità senza ottenere il consenso del signore. L’esistenza di questa classe contadina quasi proprietaria delle terre costituì un fattore efficace per la stabilità sociale. Poi si dedicò anche alla vita istituzionale della Catalogna —> venne introdotto per l’accesso ai pubblici uffici il sistema del sorteggio, quindi si volle sottrarre le due istituzioni della Generalitat e dell’amministrazione municipale di Barcellona al predominio di una ristretta cerchia di famiglie. Ferdinando quindi non voleva abolire le istituzioni tradizionali, ma voleva farle funzionare, e questo ebbe enorme importanza per il futuro. Egli non adottò una struttura vicina a quella castigliana, anzi conservò un sistema costituzionale che era in contrasto con la struttura amministrativa sempre più autoritaria della Castiglia, dove erano state poste le basi per un potere assoluto del monarca. Tuttavia la storia della Catalogna del ‘500 e del ‘600 dimostrò che mantenere le vecchie istituzioni facendole funzionare meglio non bastò a farla riprendere, anche se in quel momento fu una soddisfazione riportare la pace. Non venne presa nessuna iniziativa per armonizzare la Castiglia e l’Aragona, anzi. Dunque la Spagna di Ferdinando e Isabella non può essere considerato un esempio di “Stato moderno”: non venne introdotto nessun cambiamento istituzionale, la monarchia in Aragona restò limitata come era prima. I problemi della Castiglia poi assorbirono tante energie di Ferdinando quindi era praticamente assente in Aragona, per questo l’istituto del viceré divenne importantissimo (tre viceré in Catalogna, Aragona e Valenza). La nuova Spagna era uno stato pluralistico e non unitario, una serie di patrimoni dinastici retti con leggi peculiari. Al vertice stava l’autorità regia, alla base stava il potere dei signori, ossia i diritti di giurisdizione esercitati dai signori sui vassalli, vale a dire la massa della popolazione rurale; in mezzo stava il settore die diritti di autonomia che erano impersonati da Consigli cittadini. <— Triplice struttura in cui Ferdinando e Isabella non introdussero variazioni significative. Comunque con la loro azione ai due regnanti restava un ampio margine di manovra. Sotto certi aspetti Ferdinando esercitava un potere maggiore di Isabella perchè era un sovrano che, anche in Castiglia, operava attivamente, mentre la regina restava per la Corona di Aragona semplicemente la consorte del re; inoltre di tutti gli affari di politica estera si occupava praticamente solo Ferdinando. Il loro senso della regalità rafforzò la sfera del potere regio e diede robustezza a tutta la struttura amministrativa; posero le basi di uno stato nuovo e affermarono la loro autorità su tutto l’organismo politico. La “nuova monarchia” in Spagna fu una monarchia tradizionale restaurata. L’affermazione dell’autorità regia in Castiglia Era importante che venisse restaurata la pace in Catalogna, ma poi l’oggetto di maggiore attenzione per i due sovrani fu la Castiglia, il regno più esteso e popolato. Dopo aver vinto la Guerra di Successione il problema maggiore era umiliare il potere dell’aristocrazia castigliana e porre fine al periodo di anarchia, e questo stava a cuore anche alla popolazione. Le Cortes castigliane furono il luogo in cui rendere palese l’appoggio alla popolazione e fu nelle Cortes tenute a Madrigal nell’aprile 1476 che furono poste le basi dell’alleanza tra la Corona e le città. Il maggiore provvedimento deciso dalle Cortes di Madrigal, per ripristinare l’ordine nella Castiglia, fu la creazione nel 1476 della Santa Hermandad, facendo ricorso quindi a un’istituzione medievale. Le città della Castiglia avevano nel Medioevo delle loro milizie popolari, le hermandades, che dovevano far mantenere la tranquillità pubblica. Alle Cortes fu dunque deciso di riorganizzare tale istituzione ponendole sotto un controllo centrale, ossia alle dipendenze di un Consiglio, la Junta de la Hermandad, cui doveva presiedere il vescovo di Cartagena e dovevano ricevere ordini solo dalla Corona. La hermandad univa le funzioni di una forza di polizia e quelle di un tribunale per l’amministrazione della giustizia. Come forza di polizia doveva stroncare il brigantaggio e sorvegliare strade e campagne. Ogni città e villaggio doveva fornire la sua quota di uomini. Il costo per mantenere questa forza di polizia era alto e i fondi furono forniti dalle molte e da contributi fiscali che la Corona cercò di far pagare anche alla nobiltà, con scarsi risultati. Se un delinquente veniva catturato veniva processato dalla stessa hermandad. Le punizioni erano terribili e feroci, come la mutilazione o una morte barbara, e in questo modo venne ripristinato l’ordine in tutta la Castiglia, che venne ripulita dai briganti. Dopo pochi anni il successo e l’alto costo portò alla richiesta di scioglimento della hermandad, però era molto utile e i regnanti non vollero scioglierla anche perchè erano impegnati nella conquista di Granada. Poi nel 1498 i sovrani soppressero il Consiglio della hermandad. Le hermandades locali continuarono a esistere ma persero molto del loro carattere originario e della loro efficienza, venne allentata anche la severità delle pene. Sempre nel 1476 la Corona fece un’altra azione per riaffermare la propria autorità sull’aristocrazia, per assicurare alla Corona la guida suprema del potente Ordine di Santiago —> era il più importante Ordine religioso-militare della Castiglia medievale e i tre ordini totali possedevano grandi estensioni di terreno e rendite, ma finchè erano nelle mani di un esclusivo gruppo di grandi nobili, costituivano uno “stato nello Stato”. Nel 1476 appunto morì il Gran Maestro dell’Ordine di Santiago e Isabella si recò subito al convento di Uclés dove stava per essere eletto il nuovo Gran Maestro; dopo tre giorni a cavallo giunse in tempo per fermare le votazioni e proporre suo marito, ma Ferdinando per il momento lasciò perdere. Poi morirono i Maestri anche degli altri due ordini a distanza di poco tempo alla fine del secolo, l’Ordine di Alcàntara e di Calatrava, e il posto venne dato a Ferdinando. Dopodichè nel 1523 una bolla papale stabilì che i tre Ordini erano posti sotto il controllo della Corona. I due sovrani assunsero altre misure per ridurre il controllo politico della grande nobiltà — > nel 1480 venne deliberato l’Atto di Riassunzione dalle Cortes di Toledo, con cui i nobili venivano privati di circa metà dei redditi che avevano alienato o usurpato. Poi furono elaborate anche importanti riforme amministrative dalle stesse Cortes. Venne riorganizzato l’antico consiglio del re di Castiglia, che doveva essere l’organo centrale per il governo di Castiglia e agiva come Corte suprema di giustizia, oltre a sovrintendere l’operato degli organi di governo locali. I grandi nobili furono esclusi dal diritto di voto su affari di stato, comportando la trasformazione delle cariche tradizionali che erano detenute dalle più potenti casate castigliane in mere dignità formali. L’amministrazione della Corona di Aragona aveva al centro una cancelleria di funzionari specializzati. La burocrazia castigliana, anche dopo essere stata riformata, ebbe un’organizzazione meno compatta di quella aragonese. ordine francescano, che ridusse alla stretta osservanza della Regola; poi la riforma raggiunse domenicani, benedettini e gerolamini. Il Cisneros morì nel 1517. Quando riuscirono a prendere Granada i castigliani si considerarono mandatari di una missione divina, quella di redimere il mondo, però per essere degni della missione dovevano ripulire il tempio del Signore dalle impurità e la maggiore era, secondo una convinzione comune, costituita dagli ebrei. Il regno dei Re Cattolici quindi doveva essere l’atto finale di una tragedia che aveva avuto inizio molti anni prima. Durante il Medioevo la comunità ebraica aveva avuto un grande ruolo nella vita culturale ed economica della Castiglia e di Aragona; altri territori avevano espulso dal loro territorio gli ebrei, questi continuavano a essere tollerati dalla Spagna cristiana, poi però nel XIV secolo quando ci furono peste e disordini la loro posizione iniziò a farsi difficile. L’odio popolare per gli ebrei venne istigato da predicatori e poi divenne drammatico quando nel 1391 ci furono sommosse anti-ebraiche: molti ebrei si convertirono. All’inizio del XV secolo i conversos, i “nuovi cristiani”, vissero in condizioni comunque difficili però si fecero strada e la ricchezza li fece entrare nella cerchia della Corte e dell’aristocrazia; però la loro potenza e influenza come finanzieri, amministratori o ecclesiastici suscitarono risentimenti e sospetti, perchè la loro ascesa sembrò minacciare tutto l’ordine sociale della Castiglia. I tumulti del 1449 ebbero negativi effetti quando provocarono il primo decreto sulla limpieza de sangre, con cui si escludevano da ogni carica municipale tutti coloro che avevano sangue ebraico. Durante i primi anni del regno dei Re Cattolici, la corte praticò verso gli ebrei la sua tolleranza; lo stesso Ferdinando aveva sangue ebraico nelle vene e la stessa corte comprendeva non solo conversos ma anche un numero di ebrei praticanti. Tuttavia un numero sempre maggiore di conversos stava tornando alla fede originaria e questo aumentava i dubbi su di loro, e invece gli ebrei davvero convertiti temevano per la propria incolumità con il ritorno all’ebraismo dei propri simili. Per questo furono proprio i conversos di corte a volere in Castiglia un tribunale dell’Inquisizione —> il tribunale del Santo Ufficio, che venne posto sotto il controllo diretto della Corona, e il cui compito era giudicare i nuovi cristiani sospettati di essere segretamente tornati alle loro credenze. Seppure non fosse necessario, Ferdinando volle che l’Inquisizione castigliana fosse estesa anche agli Stati della Corona aragonese e nel 1487 ci riuscì. La guerra santa era terminata nel 1492 con la ricostituzione dell’integrità territoriale della Spagna; i mori erano stati debellati e privati del loro potere, però rimanevano ancora gli ebrei. La conquista di Granada, per quanto fu di successo, aveva svuotato le casse del tesoro —> nel marzo 1492 a Granada i Re Cattolici firmarono l’editto di espulsione di tutti gli ebrei dai loro regni entro 4 mesi, questo fu l’apice della politica che aveva avuto inizio con l’istituzione dell’Inquisizione. Le basi economiche e sociali della Nuova Spagna Dunque i Re Cattolici avevano ridato lustro all’autorità della monarchia e nella Castiglia avevano posto le basi di uno Stato autoritario. Bisognava riorganizzare le risorse del nuovo Stato e mettere in ordine la sua struttura amministrativa, quindi i due sovrani fecero leggi a favore dell’economia del paese. Nei 29 anni di regno di Isabella furono emanate 128 ordinanze sulla vita economica —> fu vietata l’esportazione di oro e di argento; furono introdotte leggi sui trasporti marittimi; il sistema delle corporazioni fu riorganizzato; furono incoraggiati artigiani italiani e fiamminghi a venire in Spagna. Tuttavia queste ordinanze non costituirono un programma coerente e logico, anzi loro diedero risposta a problemi immediati e urgenti. Ferdinando e Isabella nell’ordinamento economico (e amministrativo) dato alla Spagna si limitarono ad accettare le basi già esistenti e a costruire a partire da quello. Nonostante l’obiettivo non fosse quello, il regno dei Re Cattolici si contraddistinse per l’incremento del potere sociale ed economico dei grandi nobili, infatti alcuni di loro riuscirono a trarre vantaggio dalla distribuzione di terre del conquistato regno di Granada. Poi tutti beneficiarono delle misure legislative approvate alle Cortes di Toro nel 1505 —> venne confermato ed esteso il diritto di stabilire nel proprio casato il mayorazgo, così una grande famiglia poteva garantirsi la coesione perpetua dei propri beni, che dovevano passare intatti e indivisi da un erede all’altro. I matrimoni tra esponenti delle grandi casate castigliane contribuirono poi a consolidare grandi estensioni fondiarie nelle mani di pochi potenti. In Castiglia esisteva anche un’aristocrazia minore, i cui membri venivano designati con i nomi di caballeros o hidalgos, e le loro condizioni erano molto varie: alcuni erano ricchi e altri molto poveri, alcuni di antiche famiglie nobili e altri borghesi di recente nobilitazione. Il rapporto tra gli hidalgos e il mondo degli affari fu ambiguo: molti di loro si impegnarono nell’amministrazione finanziaria dello Stato e molti erano coinvolti in attività commerciali. Altri invece non volevano compromettere la loro condizione che conferiva loro prestigio sociale e privilegi, come l’esenzione dai tributi imposti al paese dalla Corona. Anche davanti alla legge gli hidalgos avevano una condizione privilegiata, infatti nelle cause criminali potevano essere giudicati solo dalle audiencias o da appositi alcaldes de Corte e tutte le sentenze su di loro dovevano essere confermate dal Consiglio della Castiglia; inoltre non potevano essere torturati o andare in galera e non potevano ricevere sequestri di beni. Dal secondo decennio del ‘500 il privilegio di hidalguia venne messo in vendita per alleggerire la situazione del tesoro. La vita nelle campagne era molto diversa; purtroppo sappiamo poco della vita rurale nella Castiglia ai tempi dei Re Cattolici e abbiamo scarse informazioni sul rapporto tra signori e dipendenti. Un decreto del 1480 liberò i contadini delle terre signorili dalle ultime tracce di servaggio e li rese liberi di vendere la loro proprietà e spostarsi dove volevano, però continuarono ad avere l’obbligo di prestazioni a favore del signor ed erano sotto la sua giurisdizione. Dentro la popolazione contadina c’erano differenze —> c’era una piccola aristocrazia contadina costituita dai “contadini ricchi”, poi c’erano anche contadini che abitavano in città e univano alla coltivazione anche un lavoro artigiano o l’esercizio di un piccolo commercio; tuttavia la grande massa dei contadini viveva nella miseria, anche se nel ‘500 non ci furono rivolte contadine. Vivevano in condizioni durissime, inoltre la popolazione in Castiglia era in aumento quindi a volte l’alimentazione era scarsa. Le tecniche agricole erano ancora a un livello primitivo e quando capitavano annate cattive, la Castiglia doveva ricorrere all’importazione. Nel 1502 i prezzi dei cereali salirono e restarono alti fino al 1509, quando ci fu finalmente un raccolto ottimo e quindi i prezzi si abbassarono, facendo andare in rovina molti coltivatori. Ferdinando e Isabella non seppero adottare provvedimenti per stimolare la produzione di cereali, sotto il loro regno ci si concentrò più sull’allevamento ovino che sul grano. Nel Medioevo si era avuta una grande espansione del commercio della lana, ma presto divenne un fatto negativo —> ogni incoraggiamento alla produzione laniera in Castiglia avveniva solo a spese di un’agricoltura molto sacrificata. Con la famosa legge del 1501 si decise che tutti i terreni su cui i greggi avevano pascolato una volta, dovevano essere riservati per sempre al pascolo. Il commercio laniero presto venne assoggettato a un controllo monopolistico e fu una grande sorgente di entrate per la Corona. L’allevamento ovino esige minore forza-lavoro della coltivazione e la vasta distesa dei terreni a pascolo contribuì all’eccedenza di mano d’opera, cosa che rese più facile alla Castiglia allestire eserciti e avere uomini per la colonizzazione del Nuovo Mondo. Dunque il sistema agrario castigliano aveva deficienze gravissime e la carestia era sempre in agguato. L’espulsione degli ebrei nel 1492 aveva provocato una dislocazione del mercato della lana e per ridare funzionamento alle esportazioni i Re Cattolici nel 1494 istituirono il Consulado di Burgos —> di origine aragonese, come tante delle istituzioni fondate in Castiglia; combinava le funzioni di una corporazione e quelle di un tribunale mercantile. La lana per il mercato era preparata dentro la Castiglia e poi era venduta ai mercanti e agli esportatori in occasione delle fiere e infine trasportata a Burgos, che era una sorta di deposito centrale. La società aperta Il regno di Ferdinando e Isabella è stato definito come “l’epoca più gloriosa” della Spagna, l’aetas aurea della Castiglia —> conquista di Granda, scoperta dell’America e ascesa trionfale della Spagna sulla scena politica europea. Eppure non era tutto perfetto, bisogna ricordare anche i tratti negativi del loro regno. Essi avevano unito due Corone, però non si impegnarono mai nell’unire i due popoli. Abbatterono il potere politico della grande nobiltà, però lasciarono intatta l’influenza che i grandi nobili possedevano sul tessuto economico e sociale. Riorganizzarono l’economia castigliana però rafforzarono il sistema latifondistico e il predominio dell’allevamento sull’agricoltura. Introdussero in Castiglia l’Inghilterra furono combinate le nozze tra Caterina d’Aragona e Arturo, principe di Galles. Alla fine del ‘400 invece l’alleanza tra la Spagna e l’impero (Sacro Romano Impero) si coronò con un doppio matrimonio tra due dinastie —> l’infante Giovanni, unico figlio maschio dei Re Cattolici ed erede al trono spagnolo, sposò Margherita figlia dell’imperatore Massimiliano, mentre la figlia Giovanna sposò l’arciduca Filippo, figlio di Massimiliano. Tuttavia Giovanni morì sei mesi dopo le nozze e Margherità partorì un figlio morto, quindi ogni speranza dei Re Cattolici di avere un successore maschio svanì. La successione doveva quindi andare alla figlia maggiore, Isabella, regina del Portogallo, e ai figli che aveva avuto con il re portoghese Emmanuele, tuttavia nel 1498 Isabella morì e poco dopo anche il figlio Miguel. Quindi dal 1500 la questione della successione prese una piega imprevisto e il diritto spettava ormai all’infanta Giovanna e quindi al suo primogenito Carlo, che doveva ereditare sia la Spagna, sia i domini ereditari degli Asburgo. Giovanna tuttavia era mentalmente instabile e con questo pensiero morì Isabella nel 1504, e il genero inetto e no sapeva nulla della Spagna e die suoi costumi. L’eredità spagnola era stata messa nelle mani di una dinastia forestiera. La successione asburgica Passarono 12 anni tra la morte di Isabella e quella del marito, che avvenne nel 1516. Il destino della Spagna, dalla morte di lei, si trovò congiunto con gli eventi della corte borgognona dove Giovanna e l’arciduca Filippo attendevano l’eredità spagnola. Ferdinando era stato posto dal testamento della moglie in una posizione infelice: era stato privato del titolo di re di Castiglia e poteva governare in assenza della “regina proprietaria”, Giovanna, oppure se lei non voleva governarlo poteva reggerlo fino a che Carlo non avesse raggiunto i 20 anni. Ferdinando si trovò nella posizione di semplice amministratore, ma non riusciva ad adattarsi. Filippo non voleva lasciarsi sfuggire la sua nuova eredità e poteva contare sull’appoggio di molti nobili castigliani che odiavano Ferdinando sia perchè era energico sia perchè catalano. Inoltre quei nobili a loro volta avevano sostenitori nella corte di borgogna, proprio il matrimonio con Giovanna aveva fatto venire alla corte di borgogna alcuni esponenti di influenti casate spagnole. Contemporaneamente c’era un’altra forza che voleva realizzare una più stretta congiunzione della Castiglia e dei domini asburgici —> lo sviluppo del commercio della lana castigliano aveva reso interdipendenti le economie della Castiglia e dei Paesi Bassi e la scoperta delle Indie aveva reso più apprezzabili ai mercanti olandesi i rapporti commerciali con la Spagna. Ferdinando si accorse del pericolo ma non poteva fare molto e la sua posizione era sempre meno sicura. In questo momento di pericolo Ferdinando operò un rovesciamento della sua tradizionale politica estera e cercò l’appoggio francese —> questo portò al Trattato di Blois con Luigi XII nel 1505, secondo cui Ferdinando doveva sposare la nipote di Luigi, Germaine de Foix, mirando a un obiettivo più alto: se Germaine avesse partorito un erede, il problema della successione si sarebbe riaperto e sarebbe stato possibile contrapporre il neonato erede alla candidatura asburgica al trono di una Spagna unita, o, se non ci fosse riuscito, almeno avrebbe salvato solo la Corona di Aragona. Nel 1509 Germaine partorì un figlio, ma il neonato morì subito. L’arciduca Filippo, per preparare la sua venuta nel novembre 1505, combinò con Ferdinando un compromesso che prevedeva un governo triplare Tito di Ferdinando, Giovanna e lui stesso. Quando Filippo sbarcò, nel 1506, quasi tutta l’alta nobiltà si fece attorno a lui, lasciando Ferdinando privo di sostenitori influenti. Nel giugno i due firmarono a Villafàfila un accordo con cui si stabiliva che Ferdinando cedesse il governo della Castiglia ritirandosi nei territori della Corona di Aragona. Filippo e Ferdinando convennero anche sul fatto che Giovanna fosse inadatta al governo per la sua infermità mentale e quindi la esclusero dal potere. Nel pomeriggio però Ferdinando affermò di non riconoscere la validità degli accordi e che sua figlia non doveva essere privata dei suoi diritti di regina di Castiglia. Quindici giorni dopo, Ferdinando lasciò la Castiglia; andò a Napoli e dimise dai loro incarichi i funzionari castigliani e anche il vicerè Gonzalo de Còrdoba. Nel settembre l’arciduca Filippo morì inaspettatamente e Carlo di Gand, di sei anni, divenne erede al trono spagnolo. Venne creato un Consiglio di reggenza presieduto dall’arcivescovo Cisneros, però c’era molto disordine pubblico quindi fu chiesto a Ferdinando di tornare. Egli aspettò un anno prima di tornare in Castiglia, dove con cautela cercò di consolidare la sua posizione. Nel 1509 Giovanna, completamente pazza, si ritirò a Tordesillas, dove avrebbe trascorso i rimanenti 46 anni di vita, restando però regina di Castiglia fino alla fine; Ferdinando fu nominato reggente, e lasciò in larga misura il governo a Cisneros, dedicandosi alla politica estera e alla questione italiana. Negli ultimi anni di vita diede dimostrazione della sua abilità diplomatica e seppe procurare alla Spagna altri vantaggi; il suo obiettivo era sempre preservare i domini aragonesi in ITalia e impedire ogni espansione della potenza francese. A lungo aveva desiderato completare le sue conquiste con l’annessione del piccolo regno indipendente della Navarra, di cui suo padre Giovanni era stato sovrano. Nel 1512 mandò un esercito nella Navarra al comando del duca d’Alba, il paese venne occupato e Ferdinando ottenne la deposizione formale degli Albret —> questa conquista fu una soddisfazione enorme per Ferdinando, anche perchè chiudeva il passaggio dalla Francia alla Spagna, ma consentiva agli spagnoli di penetrare in Francia. La Navarra fu annessa alla Corona di Castiglia. In Castiglia però il governo di Ferdinando stava diventando sempre più impopolare. Egli morì nel gennaio 1516; sul letto di morte fu controvoglia indotto ad annullare un testamento precedente a favore del governo del nipote Ferdinando, che lui preferiva, e dovette nominare suo erede il fratello Carlo di Gand; dispose anche che finchè Carlo non fosse andato a prendere la sua eredità in Spagna, fosse il suo bastardo Alfonso d’Aragona a fare da reggente per l’Aragona, e invece Cisneros in Castiglia. Quest’ultimo però era troppo inflessibile e duro e il suo governo creò malcontenti. Nel luglio del 1517 Carlo intraprese il viaggio per la Spagna ma ci furono contrattempi e alla fine dovette passare per tortuose strade di montagna nella Spagna del nord, passando in un paese barbaro impreparato a riceverlo. Inoltre durante il viaggio si ammalò; fu condotto verso sud e finalmente nel novembre giunse a Tordesillas, dove insieme e alla sorella ebbe un breve incontro con la quasi sconosciuta madre, per ottenere da Giovanna l’autorizzazione ad assumere il potere da sovrano. Un Asburgo forestiero aveva quindi assunto il governo della Spagna. Spirito nazionale e movimenti di rivolta Il nuovo re non sapeva parlare il castigliano ed era totalmente all’oscuro delle cose spagnole, invece suo fratello Ferdinando aveva ricevuto un’educazione castigliana; i consiglieri di Carlo, consapevoli del pericolo, mandarono Ferdinando nelle Fiandre e questo aumentò il malcontento del popolo, anche perchè i castigliani sostenevano che i fiamminghi stessero saccheggiando il paese. Nel gennaio 1518 le Cortes furono convocate a Valladolid affinchè giurassero fedeltà al nuovo sovrano e votassero un servicio, e i procuradores colsero l’occasione per protestare contro le rapine dei forestieri in Castiglia. Dopodiché Carlo partì per i territori della Corona di Aragona e giunse nel maggio 1518 a Saragozza, dove le Cortes aragonesi erano ancora più ostinate di quelle di Valladolid. Alla fine del gennaio 1519, mentre andava a Barcellona, a Carlo giunse la notizia che era morto suo nonno, l’imperatore Massimiliano: cinque mesi dopo venne eletto imperatore; Carlo era così duca di Borgogna, re di Castiglia e Leòn, re di Aragona, conte di Barcellona e imperatore del Sacro Romano Impero —> questa elezione aumentò il prestigio del nuovo re e lo stesso Carlo stava iniziando a dare prova della sua personalità. Tuttavia se il re di Castiglia era anche imperatore del Sacro Romano Impero, ci sarebbero stati lunghi periodi di sua assenza e inoltre era da prevedere un’imposizione fiscale più dura, perchè le spese del re sarebbero aumentate. Le proteste iniziarono nella città di Toledo, lacerata da ostilità che contrapponevano grandi casate nobiliari tra loro; Toledo era divisa tra due fazioni principali: quella degli Ayala, di cui era a capo il conte di Fuensalida, e quella dei Ribera, capeggiata da don Juan de Ribera. Questi ultimi nel 1504 avevano preso le parti di Ferdinando, mentre gli Ayola di Filippo e quindi presumibilmente poi di Carlo, pensando che sarebbero stati nelle grazie del nuovo sovrano; tuttavia i rapporti di coloro che erano stati vicini a Cisneros e i consiglieri di Carlo furono cattivi. Avvenne un rovesciamento e nel 1519 la fazione dei Ribera si videro favoriti dal governo del Chièvres (principale consigliere di Carlo) e divennero sostenitori della dinastia che prima avevano osteggiato; gli Ayala invece, delusi, si identificarono con i sentimenti patriottici anti-fiamminghi dei castigliani. Comunque il popolo non voleva che Carlo lasciasse la Spagna, ma egli nominò reggente Adriano di Utrecht e a maggio si imbarcò per andare a prendere possesso del trono imperiale, lasciando però dietro di sé un paese in rivolta. La rivolta dei comuneros era iniziata l’ultima settimana di maggio del 1520 e poi proseguita fino alla disfatta dei comuneros nella battaglia di Villalar nell’aprile 1521, ma si era trattato di una faccenda confusa; nelle richieste dei rivoltosi di radicali c’era poco, a parte la pretesa che le città riti formali e dava maggiore spicco alle tendenze mistiche e moraleggianti della tradizione cristiana; inoltre i principi di Erasmo avevano il fascino di ciò che veniva dal nord, lo stesso nord che aveva portato il nuovo re. Tuttavia dopo il 1530 prevalse il clima delle lotte religiose. La Castiglia si conciliò con il governo di Carlo V per altri motivi, infatti l’imperatore assunse egli spagnoli un grande numero al proprio servizio e poi iniziò ad avere una forte simpatia per la Castiglia e la sua gente, e proprio la Castiglia divenne il luogo preferito per trascorrere gli ultimi anni di vita. Inoltre i castigliani scoprirono aspetti nella politica imperiale molto vantaggiosi —> la conquista del Messico da parte del Cortés aveva aperto immense possibilità: nell’emisfero occidentale era apparso un nuovo impero la cui esistenza era di stimolo al patriottismo castigliano che poteva così espandersi. 5. AMMINISTRAZIONE ED ECONOMIA SOTTO IL REGNO DI CARLO V L’impero: principi ideali e funzionamento L’imperatore Carlo V resse la Spagna, dove era Carlo I, dal 1517 fino all’abdicazione a favore del figlio Filippo, nel gennaio 1556. In Spagna Carlo fu presente, in questi quasi 40 anni, per meno di 16 anni. Dopo il 1543 Carlo fu assente dalla Spagna e ci tornò solo nel settembre 1556, quando prese residenza, dopo l’abdicazione, accanto al monastero di Yuste, e qui morì nel 1558. I timori dei comuneros furono confermati: il primo re spagnolo della Casa d’Asburgo fu un re non residente e con molti altri impegni oltre la Spagna, che era al secondo posto dopo gli impegni imperiali. L’assenza di Carlo pose vari problemi, tra cui la scelta di chi dovesse assumere la reggenza in Spagna nei suoi periodi di assenza. Durante il lungo periodo continuativo in cui Carlo si trattenne in Spagna (1522-1529), il suo consigliere principale fu il gran cancelliere imperiale, ossia il piemontese Mercurino Gattinara, e il suo ruolo prevedeva che accompagnasse l’imperatore in ogni spostamento. Non si poteva governare la Spagna stando altrove, e la regina Giovanna era inetta. Nel 1526 Carlo sposò la cugina Isabella, figlia di Manuel, re del Portogallo, per creare una maggiore intesa tra Castiglia e Portogallo. L’anno seguente dai due nacque un figlio, Filippo. Isabella fu una imperatrice perfetta e fu lei a fungere da reggente in caso di assenza del marito. Tuttavia il governo effettivo della Spagna, per un ventennio, lo tenne Francisco de los Cobos; negli anni seguenti al 1522 si combattè una lotta tra Cobos e Gattinara per assicurarsi il controllo dell’apparato amministrativo, e vinse il primo. I vincoli che tenevano insieme i territori imperiali di Carlo erano simili a quelli che avevano tenuto insieme la federazione medievale die territori della Corona di Aragona: ognuno di essi continuava ad avere le proprie leggi e le proprie libertà. L’impero di Carlo V non era altro che un aggregato di territori collegati in maniera fortuita da un sovrano a tutti comune. Il prospettarsi di una sempre maggiore minaccia turca nel Mediterraneo occidentale doveva avere un’influenza decisiva sulla forma che la potenza spagnola doveva assumere nel ‘500 e sui suoi sviluppi. Lo Stato ottomano aveva risorse di denaro e di uomini da consentirgli un’aggressiva politica di tipo imperialistico. Le coste spagnole erano esposte alle incursioni dei pirati, inoltre in suolo spagnolo c’era una consistente popolazione di moriscos, la Spagna quindi covava in seno un elemento sovversivo. Il programma imperiale di Carlo V era proprio in funzione anti-turca —> gli Stati della Corona d’Aragona e della Castiglia da soli sarebbero stati troppo scarsi contro l’attacco turco, contro un impero serviva un altro impero. L’imperialismo di Carlo V fornì alla Castiglia una linea di difesa più profonda. Si ebbero comunque anche svantaggi per la Spagna, causati dal fatto che Carlo V aveva sotto di sè mezza Europa: egli era troppo assorbito dal problema tedesco e dalle sue guerre con la Francia per poter condurre una politica offensiva continuativa e non intermittente contro la potenza ottomana. <— La presa di Tunisi nel 1535 rimase un fatto isolato e la politica mediterranea di Carlo si limitò all’operazione bellica. La Spagna sotto Carlo V e il successore godè del beneficio della pace interna, tuttavia si trovarono invischiati in guerre che sentivano molto lontane. Inoltre Carlo V riuscì a persuadere molti castigliani che la sua crociata contro i turchi ed eretici era una causa loro e del loro paese. L’organizzazione dell’impero Il fatto dominante della storia spagnola sotto Carlo V e Filippo II, fu la guerra; dopo la guerra, la burocratizzazione. Per governare la Spagna e i suoi domini di oltreoceano e mobilitare le risorse a sostegno della guerra, era necessario avere un grande numero di funzionari. Carlo fu un sovrano vecchio stile: conduceva di persona i suoi eserciti in battaglia e governava personalmente i suoi sudditi, e fino alla fine dei suoi giorni il suo modo di governare conservò sempre qualcosa di dilettantesco. Però gli altri problemi, quelli del governo di vari territori sparsi e distanti, imponevano che si adottassero nuove tecniche burocratiche e nuove procedure amministrative —> Carlo V era stato un sovrano guerriero, Filippo II un sovrano sedentario, che trascorreva le sue giornate tra documenti e ciò simboleggiò la trasformazione dell’impero spagnolo che dall’età dei conquistadores era passato a quella dei funzionari. Dal 1522 era diventato evidente che l’esistente sistema di governo era inadeguato ai compiti che aveva. Dunque il gran cancelliere Mercurino Gattinara operò una razionalizzazione e un miglioramento della macchina amministrativa spagnola. Riformò il Consiglio della Castiglia e creò il Consiglio delle Finanze, riorganizzò il governo della Navarra e istituì un Consiglio per le Indie. Nel 1555 poi venne creato un Consiglio per i domini italiani. Dunque il sistema di governo poggiava su una serie di Consigli, e questo sistema era perfetto per le necessità di un impero sparso e diversificato. Qualsiasi sistema di governo funzionante per la monarchia spagnola doveva tenere conto delle assenze prolungate dell’imperatore dai molti dominii e dell’insistenza dei domini per il rispetto delle loro leggi e tradizioni, però doveva anche dare direttive centrali per coordinare la politica di gestione dei vari territori. Il primo compito di un Consiglio era consigliare il sovrano. Fino a Filippo II non ci fu una capitale fissa (Madrid), quindi era difficile per i Consigli operare senza perdere efficacia. Negli anni di Carlo V fu Valladolid ad assumere sempre di più la funzione di capitale amministrativa. Il numero crescente di atti ufficiali rese necessario creare un deposito centrale, e Carlo V e il Cobos scelsero come luogo più adatto la fortezza di Simancas, e lì vennero trasferite tutte le carte di Stato. I Consigli che formavano la macchina amministrativa possono essere divisi in due grandi categorie: quelli che dovevano consigliare il sovrano su questioni generali relative alla monarchia e quelli responsabili del governo dei singoli territori compresi in essa. Il Gattinara si occupò soprattutto del settore delle finanze, istituendo il Consiglio delle Finanze, ma anche del settore coloniale —> negli anni seguenti alle scoperte tutti gli affari riguardanti le Indie fecero capo a un ecclesiastico, Juan Rodriguez de Fonseca, cappellano della regina e poi vescovo di Burgos; egli ebbe la suprema responsabilità della gestione coloniale. Quando Carlo giunse in Spagna era chiaro che il governo delle colonie necessitava di una struttura organizzativa più formale, quindi nel 1524, anno in cui Fonseca morì, venne istituito un Consiglio delle Indie, che equivaleva per l’America a quello che era in Spagna il Consiglio della Castiglia: controllo supremo di tutti gli affari amministrativi, giudiziari ed ecclesiastici riguardanti le Indie, fu lo strumento con cui la Corona stabilì la propria autorità sui suoi possessi americani. L’autorità della Corona fu impersonata dalle due istituzioni gemelle: le audiencias e i vicereami, trapiantate oltreoceano. Le prime si diversificarono da quelle esistenti in Spagna per il fatto che alle funzioni giudiziarie aggiunsero anche funzioni politiche e amministrative; i vicerè si trovarono ad avere un potere più limitato di quello riconosciuto ai tradizionali vicerè aragonesi, dove erano alter ego del sovrano. La Corona spagnola capì subito che nelle colonie e altrove un sistema fatto di controlli ed equilibri ripartiti accuratamente tra le varie istituzioni cosa se il migliore sistema praticabile per mantenerla intatta la propria autorità. Il numero di vicerè della monarchia spagnola salì a 9: Aragona, Catalogna, Valenza, Navarra, Sardegna, Sicilia, Napoli, Nuova Spagna e Perù. Essi erano in genere esponenti della grande nobiltà castigliana, e avevano poteri enormi però allo stesso tempo erano strettamente vincolati al governo centrale spagnolo. Poi i Consigli erano più che semplici organi di governo; non solo adempivano alla funzione amministrativa, ma a funzioni essenziali di un corpo rappresentativo. Lo strumento che consentì di rendere effettiva l’azione dei Consigli fu la consulta = le consultas erano atti e documenti che scaturivano da un Consiglio che teneva le sue sedute e discuteva delle varie faccende di cui doveva occuparsi. Il re si limitava ad accettare il parere della maggioranza del Consiglio oppure, se il problema era complesso, trasmetteva la consulta al Consiglio di Stato o a un comitato speciale di ministri. prezzo da rendere sempre più difficile l’acquisto di generi di prima necessità; spendendo quasi tutto per l’acquisto del cibo, al castigliano medio non restava niente per acquistare merci essenziali, tra cui tessuti, quindi anche i prezzi di questi ultimi salirono. Comunque la vendita di prodotti alle colonie americane portò in Spagna tantissimo argento, che fece salire i prezzi spagnoli più di quelli europei e fece crescere in Castiglia la richiesta di poter vendere merci estere, dato che queste costavano meno di quelle prodotte nel paese. Quando la Corona approvò la richiesta, la produzione manifatturiera castigliana si vide subito minacciata dalla concorrenza straniera —> i mercanti stranieri irruppero nel mercato interno castigliano e si aprirono la strada per accedere anche a quello americano, che la produzione castigliana era sempre meno in grado di soddisfare. Chi maggiormente trasse beneficio dall’aumento dei prezzi non fu l’operatore industriale, ma i proprietari terrieri e i signori che potevano incrementare il loro reddito. Il mercato è il fattore che impresse spinta all’espansione economica della Castiglia, poi insorsero varie difficoltà: ci si scontrò con una insufficiente produzione agricola e industriale e con prezzi non competitivi, il Paese quindi non fu in grade di superare gli ostacoli. Nel sud della Spagna dominavano i genovesi, mentre durante il regno di Carlo V nella città della Castiglia settentrionale c’erano molti mercanti e finanzieri locali. In molte città della Castiglia settentrionale abitavano vere e proprie dinastie mercantili, la più importante erano i Ruiz, che avevano sede a Medina del Campo. Queste famiglie avevano prima di tutto avuto successo nel commercio della lana, poi avevano ampliato le loro azioni ad altri settori commerciali a finanziari. I problemi della finanza imperiale Da quando fu eletto imperatore, Carlo V ebbe tantissimi impegni —> la guerra con la Francia nel secondo decennio del ‘500, le operazioni difensive e offensive contro i turchi nel terzo, l’impresa disperata di soffocamento dell’eresia e della ribellione in Germania nel quarto e nel quinto. Tutte queste attività misero a dura prova le finanze imperiali e Carlo V dovette volgersi da un dominio all’altro in cerca di nuovo denaro e contrattare a condizioni sfavorevoli per avere prestiti da banchieri tedeschi e genovesi; dovette ipotecare tutte le sue entrate. Ci si aspettava quindi il collasso finanziario, che avvenne però solo nel 1557, quando Filippo II era già succeduto al padre, e fu una vera e propria bancarotta. Tra i domini europei di Carlo V c’erano i Paesi Bassi e l’Italia, e furono questi due a finanziare, nella prima metà del suo regno, il grosso delle spese di Carlo V; però a loro volta questi paesi si ritrovarono spremuti al massimo, quindi Carlo fu costretto a cercare altrove altre fonti d’entrata. Da questo momento il contributo finanziario della Spagna assunse un’importanza sempre maggiore rispetto a quello dei Paesi Bassi. In Spagna esistevano diverse fonti di entrata, sia temporali che ecclesiastiche. Durante il regno di Carlo V i contributi diretti dati dalla Chiesa spagnola alla Corona furono le tercias reales, ossia il terzo di tutte le decime riscosse dalla Chiesa nel Regno di Castiglia e il subsidio, un’imposta su tutte le entrate e i redditi della Chiesa nei vari regni spagnoli; a queste due forme di contributo nel 1567 si aggiunse l’excusado, ossia una nuova imposta per sovvenire al costo della guerra nelle Fiandre, che era data dall’intera decima che in ogni parrocchia pagava la maggiore proprietà terriera. Inoltre le Corona fruiva dei frutti delle sedi vacanti e poteva contare sui beni e sui redditi degli Ordini militari. Infine i re spagnoli ricevevano il gettito di un’imposta che era stata loro assegnata per grazia pontificia e che dovevano pagare laici ed ecclesiastici, la cruzada —> originariamente era un tributo straordinario concesso ai sovrani spagnoli per sostenerli nel conflitto contro i mori, poi divenne una fonte normale di reddito per la Corona, sotto il regno di Carlo V. L’imposta era a scadenza triennale e la pagavano ogni uomo, ogni donna e ogni fanciullo che volesse fruire dell’indulgenza a essa connessa. Delle imposte comuni (ossia non ecclesiastiche) percepite dalla Corona spagnola, quelle pagate dai contribuenti dei territori della Corona di Aragona costituivano una modesta quota del totale. Il fatto che l’imperatore non riuscisse a trarre contributi maggiori dalla Corona di Aragona lo costrinse a fare assegnamento sempre maggiore sulle risorse fiscali della Castiglia, dove le Cortes avevano un potere minore ed esistevano molte fonti di entrata che sfuggivano al controllo delle Cortes; queste imposte non controllate dalle Cortes erano denominate rentas ordinarias e comprendevano, tra le varie, anche la celebre alcabala, l’imposta sulle vendite, che rendeva moltissimo. Tuttavia le Cortes si adoperarono per acquistare il diritto di veto su ogni aumento nelle ripartizioni dei tributi e, dato che pian piano le città iniziarono ad accordarsi con la Corona sull’entità dell’alcabala, il valore di essa iniziò a scendere. L’unico modo per far aumentare le imposte e il loro valore era quello di ottenere il consenso delle Cortes <— per questo motivo le Cortes della Castiglia riacquistarono parte della loro importanza con Carlo V. Il contributo dato al sovrano dalle Cortes era detto servicio ed era considerato un sussidio che veniva concesso per far fronte a situazioni straordinarie; era importante, anche per la diminuzione del valore dell’alcabala, che il servicio fosse tramutato in imposta regolare. Le Cortes convocate nel 1523 si sentirono abbastanza forti da opporre una strenua resistenza alle intenzioni della Corona, però i procuradores dovettero cedere e votarono un servicio di 400mila Ducati da pagare in tre anni. L’incremento dei servicios ebbe un’incidenza sociale molto importante perchè contribuì ad allargare il divario tra i ricchi esenti e i poveri troppo gravati. Carlo V, intenzionato a introdurre un sistema fiscale più equo, nelle Cortes del 1538, provò a porre un’imposta sulle derrate alimentari, la sisa. L’appoggio dei nobili era indispensabile per l’imposizione della sisa, ma si dichiararono contrari ad una imposta che faceva cadere il tradizionale principio dell’esenzione. L’opposizione fece capitolare l’imperatore e i procuradores quindi risposero alla sua richiesta di aiuti con i loro soliti metodi: votarono un servicio straordinario. Dunque l’esito delle Cortes del 1538 fu una vittoria per i privilegiati, riportata a un prezzo però oneroso. L’esenzione fiscale dei grandi e degli hidalgos era stata preservata. Dopo il 1538 nobili ed ecclesiastici non furono più invitati alle sessioni delle Cortes castigliane, dove i rappresentanti delle città dovettero combattere da soli una battaglia perduta in partenza contro le richieste arbitrarie della Corona. Le Cortes avevano perso l’occasione di farsi valere. L’imperatore durante il suo regno riuscì a elevare le entrate del 50%, mentre nello stesso arco di tempo i prezzi salirono del 100%. Invece sotto Carlo fu vertiginoso l’aumento dei prestiti ricevuti, queste però erano misure di emergenza che non potevano risolvere il problema di un deficit permanente. Gli anni disastrosi vennero dopo il 1552, quando il credito dell’imperatore andò in fumo, e prima di quel momento tantissimi banchieri gli anticiparono denaro con l’intesa che avrebbero avuto indietro tutto con gli interessi con l’arrivo di nuovi carichi di metallo prezioso dall’America —> questo tipo di accordo prese forma di un contratto scritto, con il nome di asiento, e il suo obiettivo era quello di precisare quando e dove i banchieri dovevano depositare le somme prestate alla Corona e il tasso di interesse e i metodi per il rimborso. Anche il ricorso all’asiento divenne prassi consueta, e una parte sempre maggiore del reddito annuo dovette essere destinata a pagare i debiti contratti. Anche la vendita dei juros, i titoli di stato, ebbe conseguenze simili —> essi erano inizialmente pensioni o annualità che la Corona pagava a singole persone come pegno del suo favore e che prelevava dalle entrate dello Stato, però già i Re Cattolici avevano cominciato a vendere juros per finanziare le spese della guerra di Granada e Carlo V estese di molto la vendita. La politica estera di Carlo V, molto dispendiosa, e la dipendenza che egli ebbe dal credito per finanziarla portarono a conseguenze disastrose per la Castiglia —> le risorse del paese furono ipotecate per molti anni per sostenere le spese della politica imperiale. Carlo V abbandona il sogno imperiale I ministri dell’imperatore che dovevano occuparsi della Spagna furono consapevoli degli effetti terribili che la sua politica aveva sulla vita del paese; negli anni ‘30 Carlo V fu spesso sollecitato dalle missive di sua moglie a far ritorno in Spagna, perchè questo esigeva il bene del regno. Nel decennio successivo il Cobos e il principe Filippo fecero del loro meglio per informare l’imperatore delle difficoltà terribili della Castiglia —> in lettere disperate Cobos scongiurava l’imperatore di fare la pace e diceva che era impossibile ormai raccogliere nuovi fondi, questo ci fa capire che non era la condotta dei ministri ad essere sbagliata e che la responsabilità era proprio dell’imperatore. Il Cobos cercò di gestire le finanze del re nel modo migliore, ma l’imperatore non si preoccupava del quadro cupo che gli veniva disegnato e quindi continuò a spendere denaro ovunque e poi richiedere rimesse per cui il Cobos doveva ricorrere ad altre i prestiti —> per colpa dell’imperatore il Cobos fallì come ministro delle Finanze. Le preoccupazioni finanziarie del Cobos finirono per logorarne il fisico e morì nel 1547. Filippo già nel 1543 aveva sposato l’infanta Maria di Portogallo, sua cugina, che però morì due anni dopo aver dato alla luce il figlio don Carlos; nel 1448, a ventun’anni, Filippo Il movimento favorevole alla limpieza de sangre acquistò vigore verso il 1550 presso la città di Toledo dove nel 1547 fu approvata una norma su questo principio, secondo la quale per ottenere una qualsiasi carica o prebenda era condizione necessaria che il candidato fosse di sangue puro; questa norma via via divenne modello per tutti gli altri organismi ecclesiastici e laici spagnoli. La Corona era a favore delle norme sulla limpieza, però la pressione affinchè le norme fossero applicate non venne dall’alto, ma dal basso. La purezza di natali costituiva il fattore discriminante che determinava lo status di una persona tra i suoi eguali. La Spagna della Controriforma I fatti accaduti tra 1556-1563 trasformarono una Spagna rinascimentale aperta all’influenza dell’umanesimo europeo nella Spagna chiusa della Controriforma. Ginevra divenne il centro di una maggiore forma di protestantesimo e le speranze di una conciliazione tra Roma e i protestanti caddero del tutto. In questo clima nel 1557 a Siviglia e a Valladolid si fece la scoperta di gruppi “protestanti”, i quali avevano ancora caratteristiche analoghe a quelle dei precedenti gruppi di alumbrados. Nonostante l’azione repressiva, l’eresia faceva progressi. Nel 1558 la reggente Juana, sorella di Filippo, emanò un’ordinanza con cui si vietava l’importazione di libri stranieri e si comandava che tutti i libri stampati in Spagna dovessero essere pubblicati con il permesso del Consiglio della Castiglia. Queste disposizioni non erano la prima misura censoria adottata in Spagna, infatti una prammatica del 1502 aveva stabilito che tutti i libri dovevano essere muniti di licenza reale. Nel 1545 l’Inquisizione aveva compilato il primo Indice Ispanico al quale ne seguì un altro, nel 1551 e poi nel 1559, di una severità estrema. Venne compiuta una ricerca meticolosa dei libri proibiti per la vita culturale spagnola tutto ciò fu un colpo durissimo. Inoltre il divieto di andare a studiare all’estero comportò una certa chiusura di quella, tuttavia il divieto non era totale. Dal punto di vista religioso la Spagna faceva parte dell’Europa controriformista, ma questa comunità abbracciava ormai solo metà del continente —> l’Europa era divisa internamente ed entrambe le parti si stavano barricando per opporsi alle convinzioni religiose opposte. Durante il regno di Carlo V i rapporti tra papi e imperatore erano stati tesi e il conflitto continuò con Filippo II; Roma aveva bisogno dell’aiuto militare spagnolo e Filippo delle entrate ecclesiastiche e del prestigio che solo il papa gli poteva dare nella lotta contro l’eresia, quindi tra il re e il papa si ebbe una sorta di guerra non dichiarata durante la quale Filippo cercò di aumentare il suo controllo sulla Chiesa spagnola per sfruttarla economicamente e politicamente. La crisi del secondo Cinquecento La pace di Cateau-Cambresis, firmata nel 1559, poneva fine alla guerra tra Francia e Spagna. La bancarotta del 1557 aveva reso impossibile il proseguimento della guerra e Filippo non poteva rimanere inerte di fronte alla diffusione dell’eresia protestante in Francia. C’era poi sempre la minaccia turca, fonte di preoccupazione anche se non assillante. C’erano voci che la potenza ottomana stesse attraversando un periodo di debolezza quindi si pensava di riprendere l’iniziativa nel Mar Mediterraneo, però sarebbe stato impossibile durante la guerra con la Francia; quindi Filippo decise di iniziare la guerra sulle acque del Mediterraneo con tutte le sue risorse, però, tenendo conto della situazione finanziaria spagnola, la decisione di Filippo era insensata. Le entrate della Corona aumentarono nel 1561 quando il re persuase le Cortes castigliane ad accordare un aumento dell’encabezamiento dietro promessa di non imporre tasse nuove senza il loro consenso; l’aumento della fiscalità era necessario si la Spagna voleva impegnarsi in una campagna nel Mediterraneo. L’incremento delle entrate rese possibile impostare un programma di costruzioni navali che colmassero i vuoti delle perdite degli anni precedenti, però la flotta spagnola anche con le nuove galere restava esigua. In questo periodo comunque molti moniti avvertivano la Spagna che l’Islam non era il suo unico nemico —> la diffusione del calvinismo e l’inizio delle guerre di religione in Francia nel 1562 facevano emergere la potenza protestante. Nei Paesi Bassi spagnoli si stava diffondendo il malcontento; nonostante l’impegno di Filippo l’eresia faceva nuove conquiste nei suoi Paesi Bassi e nel 1566 le folle di calvinisti saccheggiarono le chiese. Il re si decise dunque a favore della repressione. Il duca d’Alba ebbe ordine di andare nei Paesi Bassi con un esercito al fine di soffocare la rivolta, ma non si era capito bene se dovesse annientare l’eresia o soffocare ogni focolaio di ribellione, poi si decise che la cosa migliore era presentare la guerra nei Paesi Bassi come una spedizione militare contro sudditi ribellatisi al proprio sovrano. Comunque per Filippo eresia e ribellione erano termini sinonimi. Nel 1568 era chiaro che la lotta si stesse ampliando soprattutto sul fronte marino, dove i protestanti avevano il loro punto forte, mentre la Spagna era ancora debole; la guerra tra la Spagna e i protestanti sostanzialmente fu una guerra navale combattuta nella baia di Biscaglia, nella Manica e nelle acque atlantiche; i possedimenti americani della Spagna quindi non erano più al riparo da ogni attacco, così come nessun altro dominio spagnolo. Il pericolo protestante cresceva proprio in un momento in cui si ripresentava anche il pericolo di un attacco islamico; nella notte di Natale del 1568, anno in cui fu individuato il pericolo eretico in Catalogna e in ci venne arrestato don Carlos, figlio ed erede di Filippo II, una banda di fuorilegge moreschi irruppe nella città di Granada, e anche se non si impossessarono della città diedero via allo scoppio della ribellione in tutto il regno di Granada. La Spagna era minacciata dall’interno ed essa non veniva dai protestanti, ma dai mori. La seconda ribellione delle Alpujarras (1568-70) Gli ebrei convertiti erano stati oggetto a lungo delle mire inquisitoriali, e meno i mori convertiti, perchè i mori erano disprezzati e non temuti, infatti i moriscos erano gente di bassa condizione e i loro esponenti non occupavano nessuna carica di importanza nello stato. La lotta razziale e religiosa esplose in Andalusia tra 1568-70, rivolta che avrebbe potuto essere evitata. La ribellione delle Alpujarras infatti fu sostanzialmente la risposta che i moriscos di Granada diedero al recente mutamento in peggio delle condizioni in cui vivevano. La prima rivolta delle Alpujarras si era avuta nel 1499 e da quel momento era stato mantenuto un equilibrio precario tra le autorità e le autorità civili e religiose dell’Andalusia continuarono a tollerare l’atteggiamento crudele dei moriscos sia perchè non vedevano alternative, sia perchè i dissensi erano forti. Alla metà del secolo poi i moriscos furono in una situazione sempre più esposta e si trovavano in difficoltà maggiori sia economiche che religiose; l’economia dei moriscos aveva alla base la lavorazione della seta, ma proprio l’attività serica fu colpita prima da un’ordinanza che vietò l’esportazione di manufatti di seta e poi dalle maggiori imposte alla seta di Granada. L’Inquisizione dalla metà del secolo intensificò la sua azione e confiscò in misura sempre maggiore i beni dei moriscos. Oltre l’Inquisizione i moriscos dovettero affrontare anche la Chiesa andalusa; nel 1546 il nuovo arcivescovo di Granada, Pedro Guerrero, si rese conto che era impossibile avvicinare al cristianesimo i moriscos finchè il clero non mutava costumi —> il clero di Granada aveva bisogno di riforme e quando l’arcivescovo tornò dal Concilio di Trento nel 1564 volle applicare nella sua diocesi i decreti tridentini; a tal fine convocò un sinodo nel 1565 perchè esaminasse le sue proposte, ma com’era prevedibile il sinodo rifiutò, accettando solo la pratica di una politica più decisa nei riguardi dei moriscos. L’insurrezione del 1568 si potè dire soffocata solo nel 1570, però il problema che l’aveva provocata restava, quindi Filippo decise di risolverlo in modo logico e drastico —> ordinò che i moriscos fossero dispersi per tutta la Castiglia, visto che era pericoloso lasciarli concentrati in una sola regione della penisola. La religione militante e la religione trionfante La rivolta di Granada fu soffocata appena in tempo, infatti la flotta turca era tornata nelle acque del Mediterraneo e la situazione parve così minacciosa, per un momento, che Filippo II fece evacuare le Baleari, anche se poi ci si rese conto che non era necessario; intanto si preparava nel 1570-1 una Lega Santa tra Spagna, Venezia e Santa Sede. La flotta della Lega Santa si riunì a Messina nel settembre 1571 al comando di don Giovanni d’Austria e nella acque della Grecia si scontrò a Lepanto a ottobre con la flotta ottomana che fu sbaragliata e tutto il Mediterraneo finalmente si sentì al sicuro dalla minaccia islamica. Sempre don Giovanni d’Austria nel 1573 prese Tunisi ma poi la perse subito e il conflitto tra Spagna e impero ottomano ebbe una fase di stallo. Comunque dopo Lepanto l’impero ottomano si prepara alla controffensiva e la Spagna dovette fare lo stesso; lentamente però i due imperi ritrassero le loro forze per impegnarle altrove: i turchi a oriente contro la Persia, gli spagnoli a occidente sul nuovo fronte atlantico. Il pericolo islamico dominante a lungo in Spagna era finalmente in fase di recessione, così la Spagna potè negli anni 1570-90 concentrare la sua attenzione sulla inviando nei Paesi Bassi il duca d’Alba, il sovrano si era dichiarato a favore del punto di vista castigliano, però poi nel 1573 il duca fallì e fu sollevato dall’incarico; ciò lasciò via libera alla fazione dell’Eboli, che però si era come sbandata e lo stesso Eboli morì nel luglio 1573, allora capo della fazione divenne Antonio Perez. Poi Filippo scelse per attuare una politica di pacificazione nei Paesi Bassi don Luis de Requenses, governatore di Milano, catalano, il quale partì per i Paesi Bassi nel 1573; tuttavia una soluzione aragonese dei Paesi Bassi si dimostrò inattuabile cos’è come la soluzione castigliana tentata dal duca d’Alba. Nel 1574 il re offrì ai ribelli un’amnistia generale, ma nell’aprile dello stesso anno i soldati di stanza nei Paesi Bassi si ammutinarono e marciarono su Anversa, venne soffocato però l’incidente causò un tale allarmismo che la proclamazione dell’amnistia rimase senza eco. La situazione finanziaria successivamente si fece critica, non essendoci stato nessun passo avanti verso la riconciliazione. Nel settembre 1575 avvenne la seconda bancarotta del regno di Filippo —> il re sospese i pagamenti ai banchieri mandando in frantumi il meccanismo del credito. L’esercito spagnolo nei Paesi Bassi reclamava il pagamento e diventava quindi sempre più inquieto, i soldati alla morte del Requenses si trovarono senza guida e visto che non arrivava nessun pagamento, nel novembre si diedero al saccheggio di Anversa, ciò mise fine a ogni speranza di conciliazione. Nel frattempo era arrivato nei Paesi Bassi il nuovo pacificatore, don Giovanni d’Austria, fratello del sovrano, della fazione eboliana, il quale voleva avere mano libera nel governo dei Paesi Bassi e anche la licenza di rispettare le loro leggi e le loro libertà. Inoltre voleva invadere l’Inghilterra. Tuttavia le circostanze resero impossibile il compito che si era prefissato. <— Il re voleva pacificare i Paesi Bassi, ma non era pronto a far guerra a Elisabetta. Don Giovanni d’Austria era frustrato e si convinse che una politica di conciliazione non poteva riuscire e quindi il re doveva essere persuaso a far riprendere le ostilità contro i ribelli, quindi nel luglio 1577 passò all’azione e occupò il castello di Namur e ad agosto lanciò un proclama ai tercios invitati a tornare nei Paesi Bassi per fare guerra ai ribelli; intanto aveva mandato a Madrid il suo segretario Escobedo per ottenere denaro dal re; Escobedo era inizialmente protetto di Antonio Perez, dal quale poi si era allontanato sotto il fascino di don Giovanni. L’Escobedo era entrato a conoscenza di alcune prove imbarazzanti della stretta alleanza tra Antonio Perez e la vedova principessa d’Eboli, che aveva intessuto insieme al Perez una serie di intrighi politici (forse avevano intavolato trattative segrete con i ribelli olandesi). Dunque l’Escobedo sapeva abbastanza per rovinare il Perez, il quale comprese che andava eliminato l’Escobedo. Perez cercò di persuadere il re che l’Escobedo era alla base delle cattive idee del fratello e che i due tramavano per assicurare a Giovanni il trono inglese e forse anche quello spagnolo; il re si convinse e l’Escobedo fu assassinato nel marzo 1578. Tuttavia questo omicidio fu l’inizio delle disgrazie del Perez. Gli amici di Escobedo trovarono un alleato in Mateo Vazquez, segretario del re; il Vazquez capì come stavano le cose e iniziò a fare pressione sul re affinchè facesse qualcosa. I sospetti sulla sincerità del Perez si alimentarono dall’estate 1578 —> nell’agosto in Africa rimase ucciso il giovane re del Portogallo, Sebastiano, e come successore al trono lasciava il vecchio zio cardinal Enrico, ma chi sarebbe succeduto al cardinale Enrico? La scelta era limitata a tre candidati: don Antonio, priore di Crato, membro illegittimo della famiglia regnante portoghese; la duchessa di Braganza; Filippo II. La principessa di Eboli, probabilmente, si adoperò per favorire la candidatura della duchessa di Braganza perchè voleva far sposare il figlio erede di quest’ultima con sua figlia. A tal fine la principessa cercò l’aiuto di Perez, segretario per gli affari portoghesi. I dubbi del re Filippo II a proposito del Perez alla fine del 1578 erano ormai molto forti; il Perez e la principessa furono arrestati nel luglio 1579, ponendo praticamente fine alla fazione eboliana. L’annessione del Portogallo Per molti aspetti gli anni 1579-80 non furono una rottura con il passato, bensì un ritorno ad esso. A corte le leve del governo erano in mano al cardinale Granvelle, antico consigliere di Carlo V; nei Paesi Bassi don Giovanni d’Austria era morto e Filippo pensò di sostituirlo nominando a capo dell’amministrazione civile dei Paesi Bassi la figlia illegittima di Carlo V Margherita di Parma, però poi il governo fu assunto dal figlio di lei, Alessandria Farnese. In questi anni Filippo operò un mutamento radicale nella sua politica, passò infatti a una politica di imperialismo attivo che faceva ricordare quello di Carlo V. I primi due decenni di regno erano stati per Filippo II un periodo di gravi difficoltà, soprattutto economiche, ma in suo soccorso vennero le Indie —> la tecnica che prevedeva l’uso di un amalgama di mercurio nella raffinazione dell’argento peruviano cominciò a dare risultati e si ebbe un incremento nella disponibilità di argento che il re otteneva dal Nuovo Mondo. I traffici tra Siviglia e il Nuovo Mondo raggiunsero la massima dilatazione e i banchieri ripresero fiducia. La nuova abbondanza di denaro diede a Filippo per la prima volta, negli ultimi due decenni del secolo, libertà di manovra —> dedicò le sue energie al recupero delle province settentrionali dei Paesi Bassi, giungendo vicinissimo all’obiettivo, con il generale brillante Alessandro Farnese; allestì l’Armada per mettere piede in Inghilterra e si intromise nelle guerre civili della Francia, quindi furono anni di imprese audaci e di grandiosa politica imperialistica. L’America quindi forniva i mezzi finanziari che dovevano sostenere la nuova politica imperialistica e nel 1580 Filippo ottenne un grande successi, ossia portò a buon fine l’annessione del Portogallo, dando al re quindi una nuova costa affacciata sull’Atlantico e un altro impero che si stendeva dall’Africa al Brasile. Quando in Africa il re portoghese era morto nel 1578 la dinastia si vide in pericolo di estinzione; il cardinale Enrico non poteva salvare il paese ed era quello il momento che Filippo II attendeva. Prima di tutto doveva conquistare le simpatie del cardinale Enrico e della classe dirigente portoghese, affinchè fossero propensi a riconoscere i diritti di Filippo alla successione; dunque il re si valse di Cristobal de Moura, portoghese che era giunto alla corte spagnola al seguito della vedova di Giovanni II, ossia Juana, sorella di Filippo II. Pochi mesi prima di morire Enrico si dichiarò a favore della successione di Filippo e quindi si raggiunse un accordo tra lui e il de Moura su termini a cui Filippo doveva sottostare per ricevere la Corona portoghese. Tuttavia i rappresentanti delle città portoghesi si dichiararono favorevoli alla candidatura del priore di Crato. Il Granvelle, quando morì Enrico, comprese che bisognava agire di fretta e venne richiamato il duca d’Alba affinchè si mettesse a capo dell’esercito che doveva invadere il Portogallo. L’esercito del duca ebbe l’ordine di concentrarsi alla frontiera nei pressi di Badajoz e alla fine di giugno penetrante in terra portoghese; i fautori del priore di Crato, don Antonio, si arresero ad agosto e don Antonio fuggì, dunque la penisola iberica si trovò riunita sotto un unico sovrano —> il popolo portoghese reagì molto male, mentre l’alta nobiltà e il clero si schierarono dalla parte di Filippo II. Secondo il Granvelle il Portogallo aveva bisogno di una drastica riorganizzazione, per questo aveva bisogno di essere unito alla Spagna. Filippo tuttavia giurò di osservare tutte le leggi e consuetudini del suo nuovo regno. Al re si chiedeva di trascorrere il maggior tempo possibile in Portogallo; inoltre doveva essere istituito un Consiglio del Portogallo, le cariche dovevano essere date solo a dei portoghesi e il Portogallo doveva conservare la sua moneti e i traffici con i suoi territori coloniali dovevano restare in mano portoghese. Gli articoli di queste proposte furono accettati da Filippo II. Comunque, così come gli olandesi, anche i portoghesi avrebbero trovato difficile adattarsi al governo di un sovrano assente e semi-straniero. Nel 1583 Filippo lasciò Lisbona per tornare a Madrid, lasciando come governatore l’arciduca Alberto, suo nipote. Filippo si rivolgeva sempre meno al cardinale Granvelle per avere consiglio, anzi nel 1583 istituì una nuova Junta speciale che doveva assisterlo nelle cure del governo, l’organo che venne denominato la Junta de Noche, nella quale entrarono Cristobal de Moura, ormai il favorito del sovrano, e altre personalità, ma non il Granvelle, il quale morì molto deluso nel 1586. La rivolta aragonese (1591-92) Il cardinale Granvelle aveva raccomandato al sovrano di trasferire la sede del governo da Madrid a Lisbona, spinto non solo sa considerazioni di natura strategica, anzi le esperienze fatte a Madrid avevano confermato in lui la convinzione che il ruolo dei castigliani nel funzionamento della monarchia era eccessivo ed era causa di inquietudini. La sfiducia che Granvelle aveva per i castigliani era un sentimento diffuso in tutti i domini della monarchia: il sovrano era sempre più assente e identificato con la Castiglia. Verso il 1580 il regno di Aragona era diventato uno dei domini più ingovernabili di Filippo II, la classe del governo aragonese era sospettosa delle intenzioni castigliane e si era barricata rientro i fueros del regno perchè in essi scorgeva la garanzia migliore per restare immune dalle interferenze castigliane. Le tensioni sociali nel regno però erano talmente acute da richiedere l’intervento del sovrano. In Aragona i rapporti tra signori e contadini nel ‘500 ebbero un <— Dopo la sconfitta dell’Invincible Armada, la maggiore preoccupazione di Filippo II era l’impresa contro l’Inghilterra e l’invasione di essa per il sovrano era la speranza migliore per mettere in ginocchio i ribelli olandesi. Gli inglesi compirono incursioni coraggiose contro i possedimenti americani della Spagna e attaccarono i convogli spagnoli sulle rotte atlantiche, inoltre una spedizione venne inviata nel 1589 a Lisbona. Le coste spagnole però non poterono essere bloccate e lo stesso Filippo II si sentì presto abbastanza forte per riprendere l’offensiva e inviò un’altra Armada contro l’Inghilterra l’anno seguente, ma le tempeste la dispersero nuovamente. La grande crociata della Spagna contro le potenze protestanti del Nord era terminata con l’insuccesso. Poi la successione al trono francese del protestante Enrico di Navarra obbligò Alessandro Farnese a volgere l’attenzione dai Paesi Bassi alla Francia; il Farnese morì nel dicembre 1592 e gli olandesi non erano per niente sottomessi, così come le campagne in Francia non avevano portato successi. La conversione di Enrico di Navarra al cattolicesimo avvenne nel 1593 e cancellò ogni speranza che sul trono potesse salire un candidato spagnolo. La bancarotta del 1596 suggellò il fallimento di tutta la politica spagnola e rese imperativo il ritorno alla pace. Filippo si impegnò a limitare gli impegni della Spagna, consapevole che di lì a poco gli sarebbe succeduto un figlio inesperto. Nel 1596 fu inviato l’arciduca Alberto nei Paesi Bassi, segnando l’inizio di una politica nuova; essi furono assegnati infatti ad Alberto e all’infanta Isabella Clara Eugenia, sua moglie. Filippo II, anziano, non potè giungere a far pace con l’Inghilterra, pace che venne ristabilita solo nel 1604. Intanto nel maggio 1598 concluse con Enrico IV il trattato di Vervins che pose fine alla guerra con la Francia. Filippo II morì il 13 settembre 1598, dopo quarant’anni di regno. Il nuovo governo di Filippo III si impegnò in un altro sforzo militare nelle Fiandre all’inizio del ‘600 e inviò anche una spedizione in Irlanda, però era impossibile fare guerra con dei mezzi così carenti. Nel 1607 la Corona, ancora una volta, non riconobbe i propri debiti e due anni dopo venne firmata la tregua di dodici anni tra la Spagna e le province olandesi ribelli. L’imperialismo del regno di Filippo II si era fondato sull’economia ispano-atlantica, valendosi dei mezzi offertori dall’America e dalla Castiglia; alla fine del ‘500 l’argento americano arrivò in Spagna ancora in alte quantità e il porto di Siviglia conobbe un momento di prosperità, però stava iniziando un mutamento nella struttura di tutto il sistema ispano-atlantico, frutto in parte della guerra che la Spagna aveva intrapreso con le potenze protestanti del Nord; la Spagna dipendeva dall’Europa settentrionale e orientale per i rifornimenti di derrate alimentari e materiale nautico. Filippo II per infliggere un duro colpo all’economia olandese, spaventato dalla dipendenza della Spagna, nel 1585 decretò l’embargo per le navi olandesi che frequentavano i porti spagnoli e portoghesi, e poi fu rinnovato nel 1595 —> gli olandesi capirono che l’interferenza nei loro traffici con la penisola poteva avere conseguenze catastrofiche, perchè avevano bisogno dell’argento e dei prodotti coloniali spagnoli. Davanti alla minaccia di blocco degli scambi con la penisola iberica, gli olandesi reagirono recandosi, per rifornirsi, direttamente nelle zone di produzione, ossia nei Caraibi e nell’America spagnola. L’intrusione degli olandesi nella zona dei Caraibi, dove nel 1599 si impadronirono dell’isola di Araya con le sue saline, rovinò la pesca delle perle a Santa Margarita e sconvolse il sistema delle comunicazioni marittime tra i vari possedimenti coloniali spagnoli. La Spagna si trovò costretta, per la prima volta, alla difensiva nell’emisfero occidentale vedendo minacciato il proprio monopolio dei traffici americani dagli attacchi sempre maggiori di inglesi e olandesi. Un’altra forte minaccia in quell’ambito fu la trasformazione che subì l’economia americana —> la prosperità giunse a termine a causa di una catastrofe demografica; la popolazione bianca e quella meticcia del Nuovo Mondo continuò a crescere, ma la popolazione indiana del Messico, per crisi epidemiche, si ridusse all’osso, e forse anche quella del Perù. Quindi la mano d’opera che usavano di solito era terribilmente ridotta, quindi si contrasse anche l’economia. I grandi progetti di costruzioni furono bruscamente arrestati e divenne sempre più difficile trovare mano d’opera per le miniere, anche perchè i neri importati per sostituire gli indiani si dimostrarono vulnerabili alle stesse malattie che avevano spazzato via la popolazione indigena. Inoltre il problema dei rifornimenti alimentari alle città fu affrontato riorganizzando drasticamente le campagne e vennero creati vasti latifundos, dove la mano d’opera indiana poteva essere sfruttata più efficacemente. Il secolo della grande epidemia indiana degli anni 1576-79 è stato chiamato “il secolo di depressione della Nuova Spagna”, ossia il secolo in cui l’economia si contrasse e il Nuovo Mondo si chiuse in se stesso —> il Nuovo Mondo ebbe allora poco da offrire all’Europa, ma aveva anche meno da chiedere alla Spagna: nel Messico si era sviluppata l’attività manifatturiera per la fabbricazione di tessuti di bassa qualità, mentre nel Perù si era cominciato a produrre cereali, vino e olio. Questi erano i prodotti che avevano costituito il carico delle navi spagnole per l’America, quindi l’esportazione di prodotti spagnoli di prima necessità non ebbe più ragione di esistere —> nel 1597 i mercanti spagnoli non riuscirono a collocare tutte le loro merci: il mercato americano per la prima volta era saturo. Questo mutare nella domanda del mercato americano pose all’economia castigliana problemi di adattamento che non era pronta ad affrontare. In Spagna inoltre avvenne uno spopolamento delle regioni settentrionali a favore di quelle meridionali, dove avvenne l’emigrazione; inoltre ci fu un altro spostamento, ossia l’inurbamento dei contadini, le cui condizioni erano in via di peggioramento —> l’esodo dalle campagne verso le città trasformò gradualmente la Castiglia in una terra di villaggi deserti con conseguenze tragiche per lo sviluppo agricolo del paese. I prezzi del grano dopo il 1570 furono in ascesa e il paese si trovò sempre più vincolato all’Europa del Nord. Il ritorno alla pace verso la fine del ‘500 avrebbe potuto creare le prospettive di una ripresa economica, però esse furono sminuite da una improvvisa catastrofe: alla fine del ‘500 i raccolti furono cattivi o pessimi, inoltre sulle orme della carestia giunse la peste —> la grande peste degli anni 1599-600 spazzò via il 15% dell’incremento demografico del ‘500 e aprì una nuova fase demografica della Castiglia: quella di immobilismo, se non di declino demografico. Le conseguenze economiche della peste si videro nella crisi di manodopera che aprì il ‘600, ma le peggiori conseguenze che la peste si lasciò dietro furono psicologiche più che economiche —> clima di desengano. La carenza di una guida Per quanto fossero assurdi molti degli arbitrios presentati ai ministri di Filippo III, furono molte le idee giuste che vennero avanzate e che potevano diventare la base di un sensato programma di riforme. Fu proposto che le spese del governo venissero tagliate; che il sistema fiscale della Castiglia fosse rivoluzionato e che gli altri regni della monarchia dessero contributi maggiori al tesoro della Corona; che fosse incoraggiata l’immigrazione per ripopolare la Castiglia; che le campagne fossero irrigate, i fiumi resi navigabili e fosse data protezione e incoraggiamento all’agricoltura e alla manifattura. Molto dipendeva dal carattere del nuovo regime; Filippo III aveva 20 anni quando salì al trono ed era debole e anonimo, la sola virtù era l’assenza di vizi. Filippo II conosceva il figlio abbastanza da temere il peggio. Già prima della morte del padre, Filippo III era caduto sotto le influenze di un subdolo aristocratico valenziano, don Francisco de Sandoval y Rojas, marchese di Denia. Quando il vecchio re morì, il Denia mise amici e parenti nelle alte cariche di Stato. Il governo ispirato dal marchese di Denia non era quello che poteva attuare le riforme di cui si aveva tanto bisogno; il Denia divenne in breve tempo ricchissimo; nel 1599 divenne duca di Lerma. Egli fu ufficialmente il privado o il valido, ossia il favorito del re. Per gli spagnoli inizialmente fu difficile abituarsi al governo non del re, ma del suo favorito, poi con il tempo il privado venne accettato. Quando Filippo III salì al trono, abolì la Junta de Noche che aveva istituito il padre, presto però il duca di Lerma dovette ricorrere a qualcosa di analogo —> la morte del vecchio re aveva lasciato indebolita l’autorità del sovrano e i grandi nobili, esclusi da Carlo V e da Filippo II, volevano essere ammessi nei Consigli. Dunque a poco a poco furono integrati nei Consigli e il Consiglio diStato cadde gradualmente nelle mani dei nobili —> l’egemonia crescente dei nobili in alcuni Consigli rese urgente per il duca di Lerma creare una piccola Junta formata dagli uomini di fiducia per controllare il potere. Allora vennero istituite tante Juntas speciali per occuparsi di problemi particolari. Le Juntas quindi servivano per aggirare i Consigli. Tuttavia le scelte fatte dal duca di Lerma per circondarsi di uomini di fiducia furono disastrose, poichè si circondò di personaggi spregevoli come don Pedro Franqueza, il quale doveva riformare le finanzie regie e si fece dare il titolo di conte di Villalonga, conquistandosi una fortuna enorme, podio venne arrestato per cattiva condotta e obbligato a risarcire. Uno dei maggiori compiti che doveva affrontare il governo spagnolo in quel momento era quello di tentare un’equiparazione dei tributi versati dalle diverse parti della monarchia, per alleggerire gli oneri che gravavano sulla Castiglia; il duca di Lerma cercò di occuparsene abbandonate e dovevano essere concessi privilegi ai contadini per incoraggiare l’agricoltura; non dovevano essere concesse licenze per la fondazione di nuove istituzioni religiose; il numero dei conventi e delle scuole primarie doveva essere ridotto. Queste affermazioni furono un fatto importante perchè si prendeva coscienza da parte del governo di Filippo III della gravità dei problemi economici castigliani. Anche il regime del duca di Uceda aveva i giorni contati come quello del padre. Nell’estate 1619 Filippo III si recò in Portogallo e nel viaggio di ritorno si ammalò. Morì a 43 anni nel marzo 1621 e gli successe il primogenito, Filippo IV, il quale era molto diverso dal padre —> aveva prontezza di spirito, intelligenza e cultura. Però, come il padre, gli mancava fermezza. Il suo favorito era Gaspar de Guzman, conte di Olivares, nobile andaluso; primo ministro di Filippo IV fu don Baltasar de Zuniga, ma dietro di lui in realtà agiva l’Olivares. Quest’ultimo lavorava molto duro, con lui la scena era pronta per un’azione di riforma. Egli univa in se stesso l’imperialismo che era stato proprio dell’aurea aetas di Carlo V e di Filippo II e l’orientamento realistico e pratico degli arbitristas. L’elemento ideale e quello pratico nella sua carriera coesistettero. Il primo mese di governo del conte, quello in cui sarebbero dovute iniziare le riforme, fu anche quello in cui la Spagna tornò in guerra. Nell’aprile del 1621 infatti terminò la tregua con le Province Unite dei Paesi Bassi e non venne rinnovata; il Consiglio del Portogallo presentò insistentemente i danni irreparabili causati ai possedimenti coloniali portoghesi dagli olandesi durante il periodo di “pace”; inoltre il Consiglio delle Finanze mostrò come il costo di un esercito permanente nelle Fiandre durante il periodo di pace non fosse inferiore al costo dello stesso esercito in caso di guerra. Ormai tutti volevano una guerra, quindi nel primo mese di governo il conte di Olivares dovette proseguire la guerra con i Paesi Bassi con il fine di coinvolgere la Spagna in un conflitto esteso a tutta l’Europa centrale. Sotto Filippo III la flotta era stata trascurata invece l’Olivares conosceva l’importanza della politica navale, quindi dispose di aumentare la flotta atlantica a 46 navi. I fondi per le navi e per l’esercito delle Fiandre aumentarono sempre di più, quindi la ripresa della guerra rese ancora più urgente il bisogno di riforme. <— Le riforme si concretarono in una serie di ordinanze, ispirate alla relazione del Consiglio di Castiglia del 1619. Si dispose che il numero degli uffici municipali esistenti fosse ridotto di due terzi; si prospettarono misure per incentivare l’incremento demografico; si raccomandò l’imposizione di dazi sulle importazioni di manufatti dall’estero; chiusura dei bordelli... Tuttavia la visita inattesa che fece il mese seguente il principe di Galles mandò all’aria tutti i propositi di austerità; il piano di riduzione degli uffici municipali venne lasciato cadere; nel giro di tre anni insomma il programma di riforme non partorì nulla. La riforma dei costumi poteva essere rimandata, ma quella delle finanze no. <— Le risorse della Castiglia sotto Filippo III si erano esaurite, ed era proprio la Castiglia a sostenere l’onere principale delle finanze della Corona. L’obiettivo primario dell’Olivares era quello di ridistribuire più equamente i carichi fiscali della Castiglia e far venire in aiuto le altre province della monarchia. Inoltre voleva istituire un sistema bancario nazionale, ma non ci riuscì. L’Olivares vedeva nella “castiglianizzazione” della Spagna l’unica soluzione a tanti dei suoi problemi: quello che poteva essere l’impero più potente al mondo era in condizioni di debolezza per mancanza di unità. Il processo di uniformità, secondo l’Olivares, poteva avere inizio introducendo una qualche forma di collaborazione delle varie province in campo militare —> il progetto era denominato “Unione delle Armi”; l’Unione doveva essere realizzata con la creazione di una comune forza di riserva composta da 140.000 uomini, che dovevano essere mantenuti secondo proporzioni fisse da tutti gli Stati della monarchia. Per attuare il progetto il conte duca alla fine del 1625 partì insieme al re per far visita ai tre Stati della Corona di Aragona per presentare alle loro Cortes l’Unione delle Armi; le Cortes dell’Aragona, della Catalogna e del regno di Valencia si dimostrarono diffidenti, si obiettò il sussidio straordinario chiesto loro e rifiutarono che i loro soldati servissero fuori dal paese. Le Cortes più contrarie furono le catalane, che vedevano nel progetto solo l’ennesimo tentativo castigliano, secondo loro, di abolire le loro libertà. Il conte Olivares aveva però fretta e questo gli fece compiere un grave errore: provò a forzare la mano di un’assemblea, ma il risultato della forzatura ebbe i risultati opposti a quelli desiderati, quindi si arrese e non chiese più sussidi ai catalani. Aveva comunque ottenuto sussidi dai valenciani e dagli aragonesi, quindi per la prima volta dal regno di Carlo V ogni anno l’Aragona e il regno di Valencia avrebbero versato un loro contributo regolare alle finanze della Corona. Nonostante gli insuccessi quindi nel luglio 1626 il conte duca pubblicò nella Castiglia un decreto con cui si proclamava ufficialmente la costituzione dell’Unione delle Armi. Il logoramento bellico Nonostante alcuni successi se non si attuavano provvedimenti incisivi per sollevare la Castiglia, la monarchia sarebbe precipitata nella catastrofe. L’Unione delle Armi nei primi tempi non era tale da fornire contributi seri al problema della difesa dell’impero spagnolo e comunque l’onere principale della dispendiosa politica della Corona continuava a essere della Castiglia e la sua economia negli anni 1627-28 si deteriorò —> ascesa dei prezzi e costo alto di vita; probabilmente l’inflazione dipendeva dai cattivi raccolti e dalla scarsità di merci straniere; l’Olivares per tenere a freno l’inflazione dovette usare le maniere forti e quindi ridusse il circolante in vellòn del 50%. Questa grande deflazione del 1628 diede grandi perdite ai privati, ma un immediato sollievo al tesoro regio. Le ostilità con l’Inghilterra si erano spente da quando era fallito nel 1625 l’attacco inglese al porto di Cadice; le armi asburgiche vincevano in Germania e Richelieu era occupato totalmente dal problema degli ugonotti francesi. Quindi questi anni 1627-28 furono l’ultima occasione per attuare nella monarchia spagnola un programma di maggiore austerità e riforme, ma l’occasione venne mancata per una serie di eventi che avvennero in Italia —> nel 1627 morì il duca di Mantova e il candidato alla successione era un francese, il duca di Never, ma se Mantova fosse passata sotto il controllo francese avrebbe potuto significare un pericolo per la presenza spagnola nell’Italia settentrionale e a Milano, dunque il governatore di Milano don Gonzalo de Còrdoba penetrò con i suoi soldati nel Monferrato e l’Olivares approvò l’operazione e dunque si trovò dal nulla coinvolto in Italia in una guerra con la Francia. La guerra di Mantova degli anni 1628-31 pare il peggiore errore che l’Olivares commise in politica estera —> questa guerra infatti rimise in circolo tutti gli antichi timori europei sulle intenzioni aggressive della Spagna e portò i francesi a passare per le Alpi per venire in appoggio del loro candidato al ducato mantovano; comunque la guerra mancò l’obiettivo, perchè non estromise il Nevers da Mantova e rese sicuro che prima o poi la Francia e la Spagna sarebbero scese apertamente in guerra; a partire da questo momento le possibilità di una pace europea si fecero molto basse. La Francia dichiarò guerra alla Spagna solo nel 1635, però gli anni dal 1628 trascorsero sotto la minaccia di un conflitto franco-spagnolo, mentre Richelieu consolidava il proprio sistema di alleanze europee e metteva a punto i propri piani per liberare la Francia dalla minaccia di un accerchiamento asburgico. Quindi il conte duca dovette sostenere grandi spese in Italia, ma le risorse per una nuova guerra erano ormai esigue e inoltre si giunse al disastro nel settembre 1628 quando Piet Heinz catturò il convoglio che portava l’argento americano in Spagna. Il conte duca si avvalse sempre più spesso di Juntas speciali che svolsero molto lavoro, sollevandone i Consigli. Nel 1631 venne istituita, per arrecare nuovo denaro alla Corona, un’imposta gravante sulle entrate del primo anno di ogni ufficio, nota come media anata, e fu introdotta anche una tassa sul sale. Poi nel 1632 il conte duca ottenne un donativo straordinario dal clero spagnolo e poi dispose che fosse istituito un donativo volontario per sovvenire alla situazione in Italia e nelle Fiandre; poi nel 1635 confiscò metà reddito di tutti i juros in mani spagnole e tutti il reddito dei juros in mani straniere. Nel 1637 istituì una nuova imposta che consegui all’adozione obbligatoria della carta da bollo per tutti gli atti ufficiali e legali; furono venduti redditi della Corona, titoli, uffici... Nonostante tutti gli sforzi dell’Olivares fu consapevole che prima o poi non avrebbe più ottenuto nulla dalla Castiglia, quindi doveva far funzionare l’Unione delle Armi e in particolare la Catalogna e il Portogallo, gli stati più ricchi della penisola, dovevano essere costretti a pagare una parte congrua con le loro risorse. Entrambi gli Stati sembravano all’Olivares separati dal resto della monarchia, i portoghesi stavano a guardare la Castiglia che agiva e i catalani erano ancora meno disponibili a qualsiasi forma di collaborazione, non volendo assolutamente votare alcun sussidio, ma ormai serviva il suo contributo. Il conte duca riuscì a prendere denaro dalle città di Lisbona e di Barcellona con il ricatto, però bisognava ottenere un aiuto regolare finanziariamente e militarmente, obiettivo difficile da conseguire. In Portogallo amministrativamente inizialmente c’era un vicerè a governare, poi nel 1621 gli era stato sostituito un governatore, ma creava ancora malcontento, allora nel 1634 l’Olivares trovò una soluzione e mise come governatrice la principessa Margherita di Savoia, però questa mossa non ebbe il successo desiderato e il principato, e la sua perdita fece capire che era ormai inevitabile mandare soldati nella Catalogna. Anche in Portogallo si stava rafforzando la volontà di tagliare ogni legame con la Castiglia e l’Olivares ordinò che la nobiltà portoghese si unisse all’esercito destinato a marciare in Catalogna, però in Portogallo furono attuati piani di un’insurrezione rivoluzionaria nell’autunno, probabilmente con l’appoggio di Richelieu che aveva inviato fondi ai configurati di Lisbona. Il 1° dicembre 1640, mentre l’esercito regio avanzava verso la Catalogna, i congiurati portoghesi passarono all’azione e assassinarono Miguel de Vasconcellos, confidente e agente dell’Olivares nell’amministrazione portoghese; la principessa Margherita invece venne scortata fino alla frontiera con la Castiglia. In Portogallo praticamente non c’erano soldati castigliani, quindi non esistevano mezzi per impedire ai ribelli di prendersi il paese, che infatti se lo presero e proclamarono re il duca di Braganza con il nome di Giovanni IV. Per l’Olivares divenne indispensabile ristabilire la pace con gli olandesi e la pace coni catalani, ma il popolo non ne voleva sapere di giungere a una resa e il 24 dicembre a Barcellona ci fu un nuovo tumulto; nel gennaio 1641 il Claris annunciò che la Catalogna era diventata una repubblica indipendente sotto la protezione della Francia, poco dopo rettificò togliendo la repubblica e dichiarando la sottomissione al re di Francia. Il 26 gennaio una forza congiunta di francesi e catalani si scontrò con l’esercito di los Velez sulla collina di Montjuich, e los Velez fece ritirare il suo esercito senza riuscire a mettere fine alla rivolta catalana. Il 1640 era stato un anno terribile che si suggellava con questo avvenimento. La frantumazione politica era frutto delle crisi che avevano contrassegnato il regno di Filippo III. La situazione era disperata ma l’Olivares non si arrese senza lottare e cercò di salvare le diminuite risorse della Corona; però in tutta la Castiglia egli era ormai odiato come un tiranno e nell’estate 1641 fu scoperta una congiura contro di lui di due nobili andalusi, che fallì, ma i nobili continuarono le loro trame. Le condizioni in Castiglia erano terribili. Nell’aprile 1642 il sovrano e il conte duca partirono per la zona di operazioni nell’Aragona, dove l’esercito non riportò tanti successi; in settembre le forze francesi completarono la conquista del Rossiglione. A Madrid intanto il governo era stato affidato al conte di Castrillo e quando il re tornò ormai l’Olivares aveva i giorni contati —> nel gennaio 1643 il re licenziò l’Olivares e fu esiliato, morì due anni dopo. La sconfitta e la sopravvivenza Quando l’Olivares perse il potere sembrava che la monarchia non avesse più futuro e le restasse; due mesi prima era morto Richelieu e subito dopo il re di Francia Luigi XIII (1643). La sconfitta della fanteria spagnola a Rocroi nel maggio 1643 simboleggiò il crollo di un sistema imitare che a lungo era stato il sostegno della potenza spagnola. Negli anni seguenti si smantellò tutto il sistema di governo dell’Olivares: furono abolite le Juntas, i Consigli recuperarono i poteri perduti e il principale collaboratore dell’Olivares, Jeronimo de Villanueva, venne arrestato per eresia. Filippo IV annunciò che da quel momento avrebbe governato da solo senza l’assistenza di un privado. Gradualmente il potere però pèasso dalle mani del re in un cortigiano nipote dell’Olivares, don Luis de Haro; egli era affabile con tutti e modesto, era amico del re e conservò il potere fino alla morte nel 1661. Il suo primo compito du quello di riportare la monarchia alla pace, senza perdere altri territori. Nel 1644 i delegati alla conferenza di pace giunsero a Munster e Osnabruck in Westfalia, ma gli spagnoli erano in una posizione debole. La situazione militare continuava a peggiorare e in patria il governo cercava di evitare un’altra bancarotta, che però avvenne nel 1647. Il successore di Richelieu fu il cardinale Mazzarino, il quale era disposto a restituire la Catalogna alla Spagna in cambio delle Fiandre. Nel gennaio 1648 furono messi a punto i termini generali di un trattato di pace separato tra spagnoli e olandesi e formarono poi la base del Trattato di Munster siglato a ottobre, con cui la Spagna finalmente riconosceva formalmente l’indipendenza delle Province Unite. La guerra con la Francia invece continuò. Negli anni ‘40 il pericolo poi venne dai territori italiani che un tempo erano stati possedimenti aragonesi —> nell’estate del 1647 la Sicilia e Napoli al culmine dell’esasperazione per le continue pressioni fiscali, si ribellarono al governo dei vicerè spagnoli, ma le ribellioni furono poi soffocate. In Catalogna quando morì il Claris non ci fu più nessuno a tenere a freno i molti elementi anarchici e, sotto un governo controllato dai francesi, il principato si spaccò, quindi i nobili passarono il confine aragonese trovando che il governo di Filippo IV era comunque da preferire. Il governo francese intanto, sotto la guida di Mazzarino, volgeva la sua attenzione soprattutto all’Italia, distogliendola dalla Catalogna. Quindi le forze di Filippo IV entrarono nel principato (1651). Nell’ottobre 1652 Barcellona si arrese e tre mesi dopo il re concesse un’amnistia generale; dopo 12 anni di separazione, la Catalogna faceva di nuovo parte della Spagna. Il Portogallo invece proseguì nel suo obiettivo d’indipendenza; esso era rimasto unito alla Castiglia, infatti, solo per 60 anni. Inoltre gli olandesi non furono in grado di conservare il Brasile e nel 1654 tornò a essere un possedimento portoghese e questo fu la salvezza per il Portogallo. La guerra con la Francia continuò a trascinarsi, poi solo nel 1659 si raggiunse un accordo di pace che mise fine al conflitto franco-spagnolo. Le condizioni del Trattato non furono favorevoli per la Spagna, però comunque le perdite territoriali furono poche: nel Nord dovette cedere l’Artois e lungo la frontiera franco-catalana si cedette alla Francia il Rossiglione e parte della Cerdagna. Poi si decisero le nozze tra la figlia di Filippo IV, Maria Teresa, con il re di Francia Luigi XIV. Comunque con la pace la Spagna rinunciava alle secolari pretese di potenza egemone in Europa. Filippo adesso aveva la speranza di ricondurre il Portogallo di nuovo sotto la Corona spagnola, però la guerra con i portoghesi doveva riservare al re spagnolo solo delusioni; inoltre dopo la bancarotta del 1647 ce n’era stata un’altra nel 1653. La pace con la Francia diede un certo sollievo finanziario, ma la nuova campagna di guerra contro il Portogallo peggiorò la situazione; a tal fine c’era bisogno di denaro e quindi il Consiglio delle Finanze emise un nuovo tipo di moneta, la moneta ligada, ma la manovra fu inutile. I soldati spagnoli mandati contro il Portogallo erano male equipaggiati e mal guidati, mentre i portoghesi eran aiutati dall’Inghilterra e dalla Francia; l’esercito di don Juan fu sconfitto dallo nel 1663 ad Amexial e un nuovo esercito fu sconfitto nel 1665 a Villaviciosa, dove la Spagna perdette l’ultima possibilità di recuperare il Portogallo e finalmente nel febbraio 1668 riconobbe formalmente l’indipendenza portoghese. Filippo IV era già morto nel settembre 1665 però, dopo la battaglia di Villaviciosa. La sua prima moglie, Elisabetta di Borbone, era morta nel 1644 e il suo unico figlio era morto nel 1646; dal secondo matrimonio con la nipote Marianna d’Austria nacquero due figli malaticci, ma il secondo, Carlo, sopravvisse e successe al padre. Il nuovo re era un bambino di 4 anni, ma ormai la monarchia spagnola era esangue e debole. 10. EPITAFFIO SU UN IMPERO Il centro e la periferia La Castiglia lasciata da Filippo IV al figlio era un paese disastrato e umiliato dai francesi, aveva perso l’egemonia politica in Europa, il suo sistema monetario era nel caos e la popolazione demoralizzata. La madre di Carlo II era inadatta al governo e il fratellastro, don Juan Josè d’Austria, figlio illegittimo di Filippo IV, si convinse di essere destinato a salvare la Spagna, ma il padre aveva preso ogni precauzione per escluderlo dal governo. Il governo lasciato a Carlo II era formato da un gruppo scelto di cinque ministri che dovevano agire nella Junta de Gobierno e il loro compito era quello di consigliare la reggente fino ai 14 anni del piccolo; la Junta istituita da Filippo IV si dimostrò però presto un’istituzione effimera e in poco perdette ogni potere, soverchiata dall’austriaco padre Nithard, gesuita confessore della regina. Comunque il criterio di rispettare i diritti delle varie province fu sempre osservato molto attentamente, fu un federalismo attuato non per politica ma per inerzia. La Castiglia permise alle province di andare ognuna per la propria strada, incapace di affrontare i propri problemi. La regina e il padre Nithard non avevano idea di come attuare la rinascita di un paese che per nascita non era neanche il loro. Tra i nemici di padre Nithard c’era don Juan Josè d’Austria, ed egli nel 1669 si avviò verso Madrid per giungere a un accordo con la regina e venne acclamato dalla popolazione per tutto il viaggio come un eroe vittorioso, una volta arrivato pretese il licenziamento del Nithard e trionfò. Il colpo di don Juan Josè indica un mutamento molto importante nell’equilibrio tra le forze politiche spagnole, infatti fino al 1640 era sempre stata la Castiglia a intervenire nella vita delle province periferiche, ma questa volta per la prima volta le province periferiche avevano detto la loro sugli affari della Castiglia. Don Juan Josè ottenne dalla regina la formazione di una Junta de Alivios che doveva attuare profonde riforme ma che poi non fece. Egli esitò ad assumere il potere supremo, quindi la regina rafforzò la propria
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