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Apollineo e Dionisiaco nella Filosofia di Nietzsche - Prof. Cattaneo, Sintesi del corso di Filosofia

EsteticaStoria della FilosofiaFilosofia della cultura

I concetti di apollineo e dionisiaco nella filosofia di Nietzsche, due forze che si alternano nella storia dell'arte e della conoscenza. Vengono presentati come divinità legate all'arte, con origini e finalità diverse, e si analizzano le loro manifestazioni nella musica, nella tragedia e nella poesia. Viene inoltre discusso il rapporto tra verità e apparenza, e la necessità del dolore per la redenzione nell'arte.

Cosa imparerai

  • Come si relazionano apollineo e dionisiaco nella musica e nella tragedia?
  • Come si distinguono le feste dionisiache dalle altre civiltà?
  • Qual è il ruolo della verità e dell'apparenza nella filosofia di Nietzsche?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 04/02/2022

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marta-di-palma-2 🇮🇹

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Scarica Apollineo e Dionisiaco nella Filosofia di Nietzsche - Prof. Cattaneo e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! La Nascita della Tragedia Autocritica - la scrive contemporaneamente a Umano troppo Umano - cose positive: . ho affrontato un problema nuovo, quello della scienza come discutibile - cose negative: . ero troppo giovane (ardimento e malinconia), parlerei con più lucidità del dionisiaco . è scritta male “un libro impossibile” . uso termini di Schopenhauer . non sono più d’accordo con Schopenhauer per quanto riguarda la rassegnazione alla vita . ho mischiato la questione moderna della rinascita tedesca con i greci - Già dalla dedica a Wagner si capisce che l’arte è l’attività propriamente metafisica dell’uomo. Quindi è contro il cristianesimo, che schiaccia la vita e designa l’arte come menzogna. MA per Nietzsche la vita è immorale, opp. cristianesimo solo morale Capitolo primo . Sarebbe una grande acquisizione per la scienza estetica introdurre i valori di apollineo e dionisiaco (essi sono come i due sessi nella procreazione) Entrambe sono divinità legate all’arte, ma hanno origini e finalità diverse. Essi procedono uno affianco all’altro, si stimolano a vicenda e si accoppiano nella tragedia attica. Iniziamo a distinguerli: 1 Apollineo - Dio della scultura, del sogno, della musica - incarna il principium individuationis che vela tutte le cose, il velo di Maia NB = per Schopenhauer il vero artista è colui che riesce a ricreare ciò che vede nei sogni e colui che sente come se la realtà fosse solo un sogno, un inganno 2 Dionisiaco - Dio dell'ebbrezza e della musica - si scatena sotto l’uso di bevande narcotiche e con l’avvento della primavera - il soggetto scompare in un’oblio di sè - lo schiavo diventa libero, si rinsaldano i vincoli - il velo di Maia si lacera, si mostra a noi l’unità originaria, siamo opera d’arte di Dioniso NB = come quando ti svegli e ti rendi conto che per quanto bello e per quanto sembrasse reale il tuo fosse solo un sogno Capitolo secondo Come si distinguono le feste dionisiache greche da quelle di altre civiltà? In entrambi i casi, c’è sfrenatezza sessuale ed eccesso, ma i babilonesi come gli altri popoli diventano bestie, mentre i greci la lacerazione del principium individuationis diventa un fenomeno artistico. Apollo non irrompe nelle feste dionisiache, i due coesistono, ma allo stesso tempo Dioniso si sottomette in un certo senso ad Apollo. Ma perché fa questo? Lo fa perchè se gli umani vedessero l’oblio, la realtà non vorrebbero più vivere NB = Dioniso è volontà, crea tutto, è l’uno originario Si fa poi una differenza tra musica apollinea e dionisiaca 1 Musica apollinea - è suono strumento: cetra - è un'architettura dorica dei suoni - è costituita da forme stabili e regole 2 Musica dionisiaca - è ritmo, travolge, è danza, melodia - distrugge il velo di maia, l’uomo ha paura perchè perde se stesso, capisce che tutto ciò che credeva vero e reale è apparenza, è falso. Per questa ragione, il dionisiaco è compreso solo da chi lo prova, gli altri non è hanno idea NB = è considerato inferiore da chi lo evita, da chi tende maggiormente all’apollineo, poiché anche queste persone riconoscono di avere una parte dionisiaca in loro, MA vogliono negarlo, non vogliono conoscere il loro lato oscuro - strumento: flauto Capitolo terzo Apollo ha generato il mondo olimpico, privo di religiosità ma fatto di esuberanza e divinazione verso qualsiasi cosa (non c’è distinzione tra bene e male) Ma tutto questo è apparenza, come il sorriso di Elena (preso dal faust di Goethe, il suo sorriso seduce, in questo caso l’apparenza seduce alla vita) Il racconto del Re MIda Re Mida voleva ottenere delle verità dal Sileno, accompagnatore di Dioniso. Il Sileno dopo un po’ cede e gli dice “voi greci credete che la cosa peggiore sia morire giovani (es.: Achille nell’aldilà dice che avrebbe preferito non essere un eroe , ma vivere di più), MA la cosa migliore in realtà è morire presto, perchè quella che credete realtà è apparenza” Troviamo quindi una bivalenza: - da una parte la bellezza olimpica - dall’altra la vita popolare dei greci, che per riuscire a vivere e nascondere il dolore crearono gli dei L’ingenuità omerica E’ l’unica vittoria dell’illusione apollinea. L’uomo omerico è ingenuo perché encomia anche il dolore di Dioniso perché lo vede come un tutt’uno con l’apollineo. Da ciò deriva l’armonia tra uomo e natura, l’uomo omerico ingenuo vede tutto come luminoso. Questo concetto viene ripreso anche in Schiller E’ presente anche un riferimento a Schopenhauer che diceva che l’uomo più intelligente è anche il più sofferente. In questo caso infatti, l’uomo omerico è felice perché divinizza tutto, non coglie la diversità tra apollineo e dionisiaco e nemmeno capisce che quella che crede realtà è apparenza. Capitolo quarto Per quanto concerne l’artista ingenuo può essere utile l’analogia con il sogno. Per N quando ci svegliamo, vorremmo continuare a dormire e sognare perchè scordiamo le sofferenze della vita. (opinione comune: è il contrario, la vita > il sogno) Quindi il sogno è apparenza dell’apparenza, poichè la vita stessa è apparenza NB = per Schopenhauer, l’artista apollineo è colui che ricrea ciò che vede in sogno Anche il pittore Raffaello può essere considerato un esempio di artista ingenuo, perché con i suoi quadri fa emergere solo ciò che è bello e luminoso, fa finta che il dionisiaco non esista anche se lo intuisce. Il linguaggio non arriverà mai al luogo più profondo della musica, è solo un contatto con il mondo esteriore, non ci avvicinerà mai alla lirica o all’origine La poesia lirica appare come volontà Capitolo settimo La tragedia è nata dal coro tragico, infatti all’inizio era composta solo da questo. Nietzsche passa in rassegna due visioni del coro: - politica = non va bene per N perché crede che il coro incarni lo spirito repubblicano del popolo greco. Ma per N i greci non avevano spirito repubblicano o nazionale - dello “spettatore ideale” di Schlegel = N la confuta perchè all’inizio c’è solo il coro, non c’è uno spettacolo, quindi non c’è uno spettatore, solo un coro di esaltati. Il coro non è quindi lo spettatore ideale, è solo pathos. N concorda al contrario con la visione del coro di Schiller nella “sposa di Messina” - il coro è un muro che la tragedia erigi intorno a sè contro il rompere del mondo, della realtà. La rappresentazione estetica ha dunque una propria autonomia rispetto alla realtà. L’arte non è la rappresentazione della realtà, ma di qualcosa che va oltre di essa. Il coro costruisce questo muro per difendere la propria libertà poetica. - il coro è un finto stato di natura, poichè mette in scena uno stato precedente a quello della civilizzazione dove tutti i vincoli tra umani sono sciolti, si diventa tutti uguali - i satiri sono finti esseri che vivono in questo finto stato di natura. Essi si contrappongono agli uomini civilizzati. - il coro è reso possibile dalla religione greca, non nasce da solo - l’uomo greco davanti al coro intuisce che la vita che vive, divinizzata da Apollo non è reale, che oltre questa vita ci sia una dimensione dove la morte del singolo non conta nulla. La nature vive una vita indistruttibile, perché essa continua a vivere nonostante la morte dei singoli - la vita indistruttibile della natura consola l’uomo greco, ma esso soffre perchè comunque: 1 la tragedia da voce al dolore 2 soffre perché impigliato nelle maglie della vita individuale L’uomo greco sta per rinunciare a viverre perché una volta gettato lo sguardo nell’abisso, è consapevole che il suo agire non cambierà nulla. Per agire c’è bisogno di essere illusi, di credere che l’agire nostro cambi qualcosa - L’arte arriva e impedisce all’uomo di negare la vita, l’arte afferma la vita e ci seduce a viverla. L’arte ci salva perché è in grado di trasformare questi aspetti orribili dell’esistenza in due modi: 1 il sublime = ammansimento artistico dell’orrore. Unisce bellezza e terrore es.: il mare in tempesta 2 il comico = la nausea per l’assurdo, la risata dionisiaca es.: stai così male che ridi della situazione NB = Per Schopenhauer bisogna rassegnarci, la nostra volontà deve essere trasformata in non volontà Per N non bisogna spegnersi nell’infinito, ma dire di sì alla vita nei suoi aspetti negativi e positivi, esattamente come fa la tragedia Capitolo ottavo Sia la tragedia (satiri) che la poesia (pastore idilliaco della poesia rinascimentale) sono stati creati per tornare allo stato di natura. - satiro = rappresenta la poesia greca come solenne, divina e insita nella natura - pastore = rappresenta una natura falsa, l’uomo civilizzato diventa menzogna con i suoi paroloni e scrittura grandiosa Riprende Schiller: - il coro è un muro contro la realtà, rappresenta in modo migliore la realtà dell’uomo civilizzato Individua un contrasto tra: - verità naturale =. il coro rappresenta il rapporto originario tra la cosa in sè e l’apparenza . è imitazione artistica del fenomeno naturale - menzogna della civiltà = . che si atteggia a unica realtà, al di fuori non c’è nulla . è illusione, rappresenta immagini della cultura del mondo dell’apparenza Il coro nella tragedia è lo spettatore ideale, a differenza di quando c’è solo il coro. Diventa spettatore perché nella tragedia c’è uno spettacolo, il coro è spettatore di Dioniso, l’unico artista in scena. Il coro poi ci trasmette un riflesso di ciò che vede, Dioniso. Infatti nei teatri greci la forma è semicircolare perché si è tutti uniti si perde l’individualità. Grazie al riflesso che il coro ci trasmette possiamo meglio vedere la realtà anche se questa rimane comunque velata. Fenomeno drammatico originario: - si perde la propria individualità, la folla è come in un incantesimo e l’individui che deve interpretare si immerge in una natura estranea perdendo se stesso Dioniso si incarna nei satiri, che lo venerano, quindi venera se stesso I satiri vedono immagini oniriche (apollinee) che rappresentano Dioniso: - attraverso immagini apollinee, vedono e rappresentano Dioniso Il coro col tempo ha perso importanza, ma in realtà è la parte più importante perchè è quella che ci fa incantare e intravedere la vera realtà - il coro è la alta espressione della natura come servitrice di Dio, per questo si esprime con l’entusiasmo, perché viene condivisa sia saggezza che sofferenza La tragedia è un coro dionisiaco che si scarica in mondo di immagini: - nel corso della tragedia ci sono delle parti corali (cantate) e delle parti dialogate. Il grembo della tragedia sono le parti corali (dionisiache), inframmezzate a parti dialogate (apollinee). Si parla per immagini (apollinee) di un’esperienza dionisiaca. “Quello che succede sulla scena altro non è che una visione onirica del coro di satiri, che sotto il canto dionisiaco, depetenziandosi la vista esteriore e potenziandosi la vista interiore proiettano queste immagini” Capitolo nono N inizia a parlare di quel fenomeno ottico che conosciamo molto bene: quando osserviamo il sole troppo a lungo ci appaiono della macchie scure o colorate, come se dovessero medicare i nostri occhi dalla vista del sole. MA nella tragedia avviene il contrario, questi eroi sofoclei, che si muovono sulla scena e parlano tramite il dialogo, che sono apollinei, ci fanno sembrare che la via per comprendere il significato di questi personaggi sia essenzialmente molto breve, ma in realtà queste non sono altro che macchie luminose proiettate su uno sfondo nero. Quindi N procede rivoltando il mito della caverna platonica: - non ci si muove dall’oscurità alla luce, ma dalla luce all’oscurità, perché bisogna essere lontani dalla verità. Anziché ricercare la verità bisogna vivere nell’apparenza e liberarsene Quindi la partita tra filosofia, verità, arte e apparenza: - Per Platone vince la filosofia = che rappresenta la verità contrapposta all’arte che non è altro che un’apparenza di 2^ grado - Per N vince la filosofia Nella seconda parte si occupa di Edipo e di Prometeo Edipo di Sofocle L’uomo nobile Edipo che non ha colpe è comunque costretto ad andare incontro a un destino tragico. Quello che i greci sentivano come tragico era appunto questo: anche chi non se lo meritava doveva comunque patire delle sofferenze. Secondo N, la triade degli avvenimenti che capitano ad Edipo: 1 uccide il padre 2 sposa la madre 3 disciogliere l’enigma della sfinge = significa rompere l’enigma della natura, rompere l’incantesimo dell’individuazione, vuol dire rompere la barriera che divide passato presente e futuro. Proprio perché scioglie l’enigma della natura deve essere per forza colui che uccide suo padre e sposa sua madre, perché la sapienza dionisiaca è qualcosa di aberrante, che va contro natura. Se si vuole conoscere il segreto della natura bisogna anche essere disposti a sopportare la disgregazione della natura stessa. Devi prenderne le conseguenze Edipo è quindi l’eroe della passività, nella sua passività che alla fine si rivela la più grande attività accetta in silenzio il dolore (elemento tipico apollineo). Nell'accettazione di questo dolore scende su di lui una sorta di serenità divina Prometeo di Eschilo E’ l’eroe attivo, viene incatenato da Zeus perché ha voluto rubare il fuoco agli dei e portarlo agli uomini, inoltre passa sempre un'aquila che gli strappa il fegato e questo li riscresce sempre. Mette in scena il disprezzo che i greci provavano per gli dei olimpici e l’orgoglio dell’artista titanico che sà più degli dei, prometeo è arrogante, propone addirittura agli dei di allearsi con lui, perché tutti compresi gli dei sono soggetti al destino, la moira. Viene anche celebrato l’eroe che compie un crimine in virtù di un bene superiore, una glorificazione del peccato come virtù eroica per ottenere qualcosa di buono. Tenta di andare incontro all’universale e caricarsi sulle spalle tutti gli individui del mondo. Vuole uscire dal principio di individuazione, in questo slancio verso l’universale è costretto a piegare il prezzo da scontare della sua colpa, per andare oltre. L’umanità, come Prometeo, se si vuole innalzare è costretta ad andare contro gli dei e a pagare un prezzo. C’è però anche in lui una parte apollinea: Prometeo vuole giustizia La giustizia si rifà alla misura, ecco perché è apollinea Edipo (eroe passività) e Prometeo (eroe attività) sono opposti, ma hanno entrambi un lato apollineo e uno dionisiaco
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