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riassunto della vita di Mario di Plutarco., Schemi e mappe concettuali di Storia Romana

il documento è una sintesi della vita di Mario di Plutarco. Oltre ad una schematizzazione dei singoli capitoli, sintetizzati uno per uno, vi è anche un'introduzione dove sono esplicate le fonti che Plutarco usa, il contesto di Mario, e vari cenni autobiografici con introduzione di note. per le fonti, il contesto e la figura di Mario mi sono basato sull'introduzione di Antonio La Penna nell'edizione Bur.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 02/11/2023

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ale-franchini 🇮🇹

4.6

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Scarica riassunto della vita di Mario di Plutarco. e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Romana solo su Docsity! LA VITA DI MARIO Introduzione Sono due gli elementi fondanti della biografia di Mario: la mancanza di paideia greca come strumento di controllo delle passioni e supremo fattore di equilibrio morale, e l’ambizione illimitata e rovinosa. Nella ineludibile correlazione tra singola Vita e concezione complessiva del genere biografico dovranno essere intesi alcuni aspetti del racconto, e specialmente uno, che appare subito evidente al lettore: la presenza di innegabili lacune e confusioni nell’informazione storica, nonché di qualche contraddizione fra le chiavi di lettura suggerite nell’esordio della biografia e alcuni dati inseriti nella successiva narrazione. Quando, per fare solo un esempio, Plutarco riferisce la notizia, raccolta da uno storico C. Pisone, di Mario che, in un bilancio conclusivo della sua vita, riflette sulla mutevolezza della sorte, non sembra accorgersi del palese contrasto fra il tema squisitamente ellenistico con la sostenuta impermeabilità di Mario alla cultura greca. Se si considera che la biografia plutarchea è la fonte più ricca di informazioni su Mario, non sarà inutile richiamare per cenni la vexata quaestio del valore storiografico delle Vite parallele, dei metodi e degli obiettivi della raccolta. Plutarco manifesta in termini non ambigui la sua intenzione di scrivere non storie, ma biografie: il suo interesse è rivolto alla rappresentazione dell’ethos del personaggio, alle manifestazioni di virtù e di vizio, e per le finalità educative assegnate all’opera considerava assai più utile un breve episodio, una parola, un motto di spirito rispetto a battaglie con migliaia di morti, grandi schieramenti d’eserciti, assedi di città”. Il disegno complessivo delle Vite parallele riflette innegabilmente una visione politica peculiare, quella di un intellettuale greco nell’impero di Traiano che attraverso le biografie di protagonisti della politica e della cultura greci e romani rilegge la storia passata cercandone le risonanze nel presente. Ma si tratta, di una storia nella quale il narratore è ormai staccato dall’attore politico, non svolge più il ruolo attivo, diretto, nel contesto civico di cui racconta le vicende. La galleria di personaggi del passato costruita da Plutarco secondo lo schema biografico vuol essere una raccolta di storie personali del passato da proporre con funzione paradigmatica ai contemporanei, come è ribadito in passi famosi delle Vite. Se il disegno delle Vite parallele sembra nascere dalla volontà di offrire ai lettori, romani e soprattutto greci, la visione pacificata delle due culture legate da comuni valori e delle due esperienze politiche riconducibili a storie civiche similari, è innegabile che nelle biografie si colgano anche segnali di un irrisolto problema dell’identità tra i Greci che vivono nell’impero. L’aspetto che più fa riflettere è l’osservatorio ellenocentrico nel quale l’autore si colloca di fronte ai protagonisti delle biografie, in particolare – la biografia di Mario ne offre un chiaro esempio -, l’applicazione di filtri e parametri di valutazione tratti dall’esperienza culturale e dal pensiero politico dei Greci. L’impianto per coppie biografiche, innovativo rispetto alla tradizione, è stato giustamente studiato come “politica del parallelismo”: una scelta che, dietro la formale relazione paritetica, sollecita il biografo a focalizzare i caratteri identitari di grecità e romanità, tanto da far ritenere che le Vite trasmettono un messaggio di resistenza culturale greca al potere romano. I tratti di base del ritratto plutarcheo di Mario, organizzati in uno schema espositivo a grandi linee cronologico, appartengono all’imperatore essenziale della tradizione antica: l’elemento caratteriale dominante, ripetutamente enfatizzato nel testo, è costituito da una ambizione insaziabile e da un’incapacità di controllare le passioni che il biografo interpreta come effetto negativo dell’esclusione della cultura greca dalla formazione dell’arpinate. La sua educazione era stata militare più che politica: il che aveva fatto di lui un uomo d’armi non altrettanto versato nell’esercizio prudente e maturo delle attività politiche. L’homo novus di Arpino (era nato intorno al 157 a.C, quando il municipio 1godeva della piena cittadinanza romana da oltre trent’anni), il rusticanus vir, forte e operoso, frugale e resistente alle fatiche secondo il modello catoniano, aveva 1 Precisamente dal 188 a.C., dopo una precedente fase di civitas sine suffragio. Mario era nato a Cereate (odierna Casamari), villaggio nel territorio di Arpino (attuale comune sotto la provincia di Frosinone), nella regione dei Volsci. dato la scalata alla carriera politica a Roma presentandosi come campione dei populares nella lotta alla nobilitas superba e corrotta, specialmente alla famiglia dei Metelli. Le singolari capacità militari mostrate durante l’assedio di Numanzia, nel 133 a. C., avevano attirato l’attenzione di Scipione l’Emiliano, che presagì per il giovane Mario un futuro glorioso nelle più alte posizioni di comando. Ma fu il suo stesso insaziabile desiderio di successo e di onori a portarlo alla rovina nella fase discendente della sua vita, negli anni dopo il 100 a.C., quelli della guerra civile e delle violenze. Le fonti antiche ci hanno lasciato un quadro caratterizzato da numerose incertezze e contraddizioni, che hanno reso difficile il compito degli interpreti moderni. Sicuramente Plutarco, che scriveva circa due secoli dopo i fatti, si trovava già davanti una tradizione lacunosa, che indubbiamente ha pesato sulla costruzione della biografia e sulla coerenza delle valutazioni: il che costituisce un limite non trascurabile per una fonte che rappresenta la nostra principale risorsa per la conoscenza della storia di Mario. In generale si può riconoscere che Plutarco ha lavorato con una certa accuratezza nella ricerca delle informazioni, non trascurando di mettere a frutto anche un’esperienza visiva personale, quella della statua in marmo di Mario a Ravenna in occasione di uno dei suoi soggiorni in Italia. il profilo prevalentemente negativo che caratterizza il Mario plutarcheo può essere considerato frutto di un largo uso degli scritti contemporanei dei politici romani di parte oligarchica:  I Commentari di Silla: già usati da Plutarco nella biografia di Silla.  Lutazio Catulo  P. Rutilio Rufo  Posidonio: intellettuale di Apamea (attuale Siria) che fu maestro e amico di numerosi esponenti dell’élite politica romana e che nel gennaio dell’86 a. C., in occasione di una missione diplomatica a Roma, incontrò lo stesso Mario ormai vicino alla morte. La sua opera storica in 52 libri, che continuava quella di Polibio, è spesso citata, e, presumibilmente, ancor più spesso utilizzata nelle Vite parallele, non solo per il fatto di essere scritta in greco, ma soprattutto per la preferenza accordata da Plutarco all’autorevole osservatorio di un greco con esperienza diretta della società romana postgraccana. Lo stesso Posidonio doveva avere una posizione almeno in parte critica, forse a causa del coinvolgimento attribuito a Mario nell’ingiusta condanna per concussione, ad opera di una giuria di cavalieri, di P. Rutilio Rufo, integerrimo legato del governatore Q. Mucio Scevola nella ricca provincia d’Asia (92 a. C.) e personalmente conosciuto dall’intellettuale greco. È difficile, invece, indicare con precisione la provenienza delle informazioni elogiative, i giudizi filomariani pure presenti nel testo di Plutarco, sia pure in misura assai più limitata:  È indimostrabile l’ipotesi di una biografia celebrativa di Mario, databile nel periodo in cui Cesare decise di recuperarne la memoria pubblica per lucrare politicamente sulla parentela acquisita con il matrimonio di Mario con sua zia Giulia. Fu Cesare a osare per la prima volta esporre al pubblico le statue di Mario dopo il regime sillano, facendole sfilare durante i funerali di Giulia nel 69 a. C. Da edile, nel 65 a. C., fece collocare sul Campidoglio preziose statue rivestite d’oro di Mario e di Vittorie portatrici di trofeo, che lui stesso aveva fatto costruire, suscitando consensi, ma anche malcontenti nel popolo.  Pare da non escludersi che sia stato lo stesso Mario a conservare qualche memoria scritta della propria attività, una sorta di diario, con l’intenzione di fornire i materiali di base per un’opera apologetica; così sembra suggerire il passo della Pro Archia di Cicerone, in cui si alluderebbe allo stesso Archia come depositario di tale compito di stesura. Potrebbe essere questa la spiegazione per quei passi ricchi di puntuali informazioni tecniche, topografiche, militari nel racconto della guerra contro i Teutoni. comandante, si imbarcò per Roma: qui coprendo di calunnie il suo vecchio protettore, ottenne l’elezione dal popolo. Resta fuori da questo resoconto un elemento istituzionale, di portata storica straordinaria per la nascita dei poteri personali nell’ultimo secolo della repubblica: subito dopo l’elezione consolare del 108 a. C., a Mario fu assegnato con un plebiscito, e non, secondo la norma3, con un voto del senato, l’imperium nella provincia di Numidia, che non venne prorogato a Metello: il che significò non solo la sconfitta politica della nobilitas senatoria (già presa di mira dalla lex Mamilia), ma creò un precedente per il metodo di assegnazione dei comandi militari nelle province: nel secolo successivo Pompeo, Cesare, Ottaviano e Antonio ne trarranno le conseguenze fino a distruggere lo stato senatorio, ma gli effetti rovinosi di quella procedura appariranno già quando lo stesso Mario, nell’88 a.C., cercherà di ottenere illegalmente il comando della guerra a Mitridate. L’ingresso nella politica romana di uomini come Mario segnava l’avvio di un difficile processo di allargamento del ceto dirigente che si intreccerà con le vicende degli alleati italici e delle nuove aristocrazie locali. La difficoltà dell’intellettuale di Cheronea a comprendere dinamiche tanto complesse è stata ben individuata dalla moderna critica nel breve resoconto del reclutamento dei nullatenenti (capite censi) nel 107 a. C., il provvedimento mariano al quale si riconducono le origini dell’esercito professionale. Appena eletto console per il 107 a. C. con un brillante risultato, Mario “mise mano ai reclutamenti e, andando contro la legge e la consuetudine, arruolò un gran numero di uomini senza mezzi e di schiavi: prima di allora i generali non accettavano gente di tale condizione, ma assegnavano le armi, come ogni altra prerogativa, a coloro che ne erano degni per censo, poiché si considerava il patrimonio una garanzia”. L’arruolamento volontario dei proletari era la risposta all’ormai cronica difficoltà nell’organizzare la milizia su base censitaria, quella dei cittadini in grado di armarsi a proprie spese e – come si riteneva – i soli in grado di garantire la difesa dello stato in quanto personalmente interessati a difendere i propri beni. Di fatti nel corso del II secolo, erano stati abbassati i requisiti censitari minimi e, di conseguenza, si era assottigliata la distanza tra adsidui delle classi di censo e proletarii. Il provvedimento di Mario non eliminava il regolare servizio degli adsidui, non aveva un carattere rivoluzionario; fu solo la risposta pragmatica all’urgenza della guerra giugurtina, la cui lentezza e inconcludenza erano state oggetto della campagna antioligarchica di Mario. Il passo plutarcheo contiene, in effetti, un “errore rivelatore” di una scarsa conoscenza dei precisi meccanismi che regolavano il reclutamento e, in generale, della storia militare dello stato romano, in particolare per quanto riguarda gli ultimi secoli della repubblica: riferendo alla riforma mariana l’arruolamento di “uomini senza mezzi e di schiavi”, Plutarco mostra di ignorare che il provvedimento riguardava solo i cittadini senza proprietà terriera e senza reddito; e non sembra informato degli interventi operati nel II secolo a. C. sui requisiti di censo per ammettere i proletarii tra gli adsidui. Si deve riconoscere, insomma, che le confusioni del biografo sulla storia del reclutamento lasciano supporre, più in generale, una conoscenza almeno approssimativa del funzionamento dello stato cittadino, nel quale quei meccanismi erano radicati. Un’ultima riflessione può essere fatta utilmente sul breve resoconto della guerra sociale, la rivolta degli alleati italici contro Roma, un evento cruciale nella storia dell’Italia per le trasformazioni che ne seguirono nell’organizzazione dello stato romano e nella società romano-italica. Il biografo appare disinteressato alle ragioni storiche della guerra, ai suoi obiettivi e ai suoi risultati, e si concentra sulla partecipazione di Mario alle operazioni militari del primo anno di guerra, sul confronto con Silla, sull’elemento evemenenziale-avventuroso-eroico del conflitto, con una serie di aneddoti relativi all’ormai ultrasessantacinquenne Mario, il quale, dopo il primo anno di operazioni militari, venne sostituito dal console L. Porcio Catone. Plutarco è sicuramente consapevole della gravissima minaccia costituita per Roma dall’insurrezione dei socii italici, ma pesa di più quello che 3 La Lex Sempronia de provinciis consularibus (122 a.C.) prevedeva l’assegnazione delle province consolari prima delle elezioni per il consolato: era stata approvata da C. Gracco per impedire interferenze nell’assegnazione delle province da parte di magistrati già elette. Il testo di Sallustio lascia intendere che in realtà il decreto del senato, con il quale era stato prorogato il comando a Metello, fu annullato dal voto popolare. qui manca, ossia la registrazione del principale obiettivo raggiunto dagli alleati italici, che fu l’acquisizione della cittadinanza romana, una svolta decisiva seguita dalla grandiosa riorganizzazione giuridico-costituzionale dello stato nella forma di uno stato municipale. Nonostante il tema della cittadinanza si fosse già affacciato nella biografia a proposito dei mille Camerti ricompensati da Mario con i diritti civici per il valore mostrato durante la guerra contro i Cimbri (101 a. C.), Plutarco non si mostra affatto sensibile a un problema aperto già da qualche decennio nella politica romana prima che esplodesse nella guerra sociale. Plutarco e i popoli del nord: le guerre germaniche tra storia e letteratura Un esame particolare meritano i capitoli 11-27 della biografia, che formano un blocco compatto e assai più omogeneo rispetto al resto della narrazione. Benché non manchino anche qui elementi dissonanti, il profilo dominante del protagonista si caratterizza in termini decisamente elogiativi, che coincidono nella sostanza con quelli del ritratto topico di Mario come uomo d’armi di qualità eccezionali: un ritratto perpetuatosi nei secoli, tanto da far apparire la sua azione militare un modello eroico da ammirare e imitare fino all’età imperiale. Si tende a ritenere che per questa sezione Plutarco abbia utilizzato prevalentemente una fonte filomariana assai bene informata sui fatti, che è stata identificata in una ipotetica biografia contemporanea. All’apice della gloria dopo il successo delle operazioni contro Giugurta, Mario apparve subito come l’uomo insostituibile per assumere il comando di una guerra minacciosa e terribile, che rischiava di investire la stessa Roma. Tornato a Roma, il primo gennaio del 104 a. C. celebrò il trionfo su Giugurta e assunse il secondo consolato. Nell’urgenza della situazione erano state violate norme e consuetudini: l’elezione era avvenuta in sua assenza e senza il previsto intervallo decennale dal primo consolato. Le prime notizie sulla discesa delle tribù germaniche erano arrivate quando Mario si trovava in Africa e fin d’allora il numero degli invasori e l’entità della minaccia si erano presentati con caratteri di assoluta eccezionalità. Sarebbe inutile cercare in Plutarco anche solo un’eco della sofferta meditazione politica di Tacito, le cui radici affondavano nell’appartenenza alla storia dell’élite senatoria e al suo ruolo nelle politiche espansionistiche. Sembrano essenzialmente due i filoni della tradizione confluiti nella biografia di Mario e trasformati da Plutarco in altrettanti poli di interesse della narrazione. Il primo è il filone dell’etnografia “scientifica” di Posidonio (giunto indirettamente anche a Tacito), che forniva notizie e congetture sull’origine e sui movimenti migratori dei popoli germanici, sulle loro caratteristiche fisiche, su fenomeni naturali, su modi di vita e comportamenti dei barbari e delle loro donne; il secondo è costituito dall’insieme delle informazioni sull’azione di Mario, provenienti non solo dalle consuete fonti filo oligarchiche, ma, in buona parte, dalla fonte filomariana alla quale si è già accennato. Si determinano così due nuclei espositivi tra loro in continua interrelazione: da un lato veniva rappresentato lo scenario terrificante delle tribù germaniche che sciamavano verso Sud e il sentimento di terrore suscitato a Roma da un pericolo avvertito con angoscia tanto maggiore quanto più vaga e confusa era la conoscenza che se ne aveva. Dall’altro emergevano nitidamente le qualità singolari del generale, console senza interruzione dal 104 al 100 a. C.: la fermezza, la prudenza, il rigore nel comando, la capacità di organizzazione e di addestramento dei soldati, la rettitudine nei giudizi, che era particolarmente apprezzata dai suoi uomini. Si sviluppava qui, in un quadro analitico e pragmatico, il clichè tradizionale della grandezza del generale, in linea non solo con le fonti letterarie, ma anche con il profilo ufficiale tracciato nell’elogio del Foro di Augusto, dove si ricordavano, appunto, dopo il trionfo per la vittoria su Giugurta, i successi su Cimbri e Teutoni e il secondo trionfo nel 101 a. C., l’anno del quinto consolato. Plutarco utilizza qui a piene mani il repertorio tradizionale della rappresentazione delle popolazioni barbare, enfatizzando la forza fisica spaventosa e irresistibile, il numero sterminato di uomini, l’estraneità dell’esperienza greco – romana per modi di vita e ambienti naturali. È l’avversario terribile e la sua natura oscura a far risaltare il valore e l’intelligenza di Mario, che riesce a razionalizzare il senso di spavento dei soldati abituandoli, con l’osservazione, a familiarizzare con l’immagine dei barbari. Nell’illustrare quelle che sin dall’inizio sono presentate come le qualità più autentiche del protagonista, il biografo intende focalizzare l’attenzione sulla sua capacità nell’affrontare uno scontro epocale con nemici in grado di mettere a repentaglio la sopravvivenza di Roma. Nell’enfasi epica posta sulla forza sovraumana di quei nemici sconosciuti sembra chiara l’intenzione del biografo di dare risalto anche indirettamente alle qualità militari di Mario, anzi, di indicarne l’unicità rispetto ai molti comandanti umiliati da quegli stessi nemici: dal console Cn. Papirio Carbone, sconfitto nel Norico nel 113 a. C., fino al console Cn. Mallio Massimo e al proconsole Q. Servilio Cepione, battuti presso Arausio nel 105 a. C. Certo la memoria di altre, più tarde disfatte romane doveva potenziare gli effetti emozionali con i quali si intendeva coinvolgere il lettore. In questa chiave si spiega la connotazione visiva e teatrale di molti paesaggi del racconto. Ricercati effetti drammatici si potrebbero evidenziare anche nella descrizione della battaglia di Aquae Sextiae, combattuta nel 102 a. C., nella quale i romani annientarono Teutoni e Ambroni. Ci troviamo di fronte a una di quelle sezioni narrative delle Vite Parallele che sono state collegate con quel filone della storiografia ellenistica noto come storiografia drammatica o tragica, della quale ci sono pervenuti solo pochi frammenti e giudizi di altri storici. Si è richiamato in questo dibattito un passo del de gloria Atheniensium, nel quale Plutarco presentava già Tucidide come storico capace di coinvolgere il suo pubblico nelle vicende narrate, trasformando il lettore in uno spettatore, chiamato a una fruizione visiva resa possibile dalla vividezza del racconto. In questo giudizio, in realtà, al di là delle più esteriori consonanze con questo sappiamo sui metodi della storiografia tragica, è possibile cogliere un collegamento con la teoria dell’enargeia (evidentia), che alla fine del II secolo d. C. sarà illustrata da Luciano nel suo de conscribenda historia, 51. L’interesse nel passo lucianeo risiede nel fatto che le tecniche dell’esposizione risultano applicate a una “verità oggettiva” degli eventi narrati, che si considera il presupposto di base dell’attività storiografica. Il compito dello storico, spiega Luciano, è nettamente distinto da quello del retore, in quanto egli “non deve cercare ciò che deve dire, ma come dirlo”. Allo stesso modo di un artista, che non fabbrica i suoi materiali, ma si limita a dar loro la forma, anche lo storico deve cercare di dare la forma migliore ai fatti reali, disponendoli e presentandoli con la massima nitidezza possibile. L’opera ben riuscita è quella che porta il pubblico a credere di vedere quello che in essa si racconta. Come ha suggerito Emilio Gabba, si tratterebbe non tanto di una sollecitazione meramente emozionale quanto, piuttosto, di un procedimento intellettuale, che prevede una trasposizione dall’esperienza reale al piano narrativo dell’antico criterio dell’autopsia, la personale verifica visiva dello storico, fin da Erodoto garanzia di verità per il racconto storiografico: un metodo ben riconoscibile già nella Storia di Roma arcaica di Dionigi di Alicarnasso, in età augustea, poi nelle Vite plutarchee. Altra cosa è la dimensione drammatica che è intrinseca al sentire e all’agire dell’eroe e che il Mario plutarcheo ha in comune con i protagonisti delle altre Vite: da Alessandro, a Cesare, a Silla; nessuno di loro ha realizzato ciò che desiderava. È questo il tema di fondo che appassiona Plutarco nella rilettura del passato e sul quale egli intende far riflettere i suoi lettori, anche al di là delle puntuali contingenze storiche, ma senza violare quello che gli appariva il senso della storia: il messaggio etico-politico utilizzabile anche dai suoi contemporanei. Giudizi critici: “Bisogna ricordare che proprio durante una sua missione in Asia, mentre era assente da Roma, Mario fu eletto augure dal popolo, in base alla legge Domizia, ed è chiaro che una elezione del genere, in circostanze non comuni, non può che testimoniare l’esistenza di una larga base elettorale pienamente favorevole al vincitore dei Cimbri. Proprio per i primi anni che seguirono la tragedia di Glaucia e Saturnino è più certo il persuadere della potenza del gruppo mariano: se mai, essa può aver avuto una flessione negli anni immediatamente precedenti alla guerra sociale”. Capitolo 1:  “eletto console a grande maggioranza, dette subito inizio alla leva dell’esercito, e sebbene fosse contrario alla legge e al costume romano, arruolò un buon numero di indigenti e di schiavi” = la notizia dell’arruolamento degli schiavi è discutibile, ciò che non è discutibile è che Mario intervenne sul primo sistema militare romano, riformato dal re Servio Tullio che prevedeva la divisione in cinque classi e centonovantatrè centurie ed è accuratamente descritto nel VI libro di Polibio.  “a offendere gli ottimati (non era questa riforma) erano i discorsi accesi dall’arroganza e dall’insolenza: gridava che il suo consolato era un bottino sottratto alla mollezza dei nobili e dei ricchi” = Mario facendosi le beffe del senato otteneva il favore della massa. Capitolo 10:  “e una sorta di vendetta divina ricadde su Mario alla fine delle operazioni belliche: Silla gli strappò la gloria del successo, come lui aveva fatto con Metello, e in quale modo ciò avvenne lo ricorderò brevemente, giacché ho scritto questi fatti in maniera più dettagliata nella Vita di Silla.” L’ingratitudine è una delle qualità più negative di Mario, e Plutarco la mette spesso in rilievo. Plutarco fa vedere come sia la revoca della provincia a Metello, sia la cattura di Giugurta abbiano fatto sorgere dei dubbi circa i meriti di Mario.  Plutarco mette suspense su un possibile ripensamento da parte di Bocco nel consegnare Giugurta a Silla, ma la scarsa affidabilità e la perfidia dei Numidi e dei Mauretani era ben nota. Bocco consegna alla fine Giugurta a Silla e lo stesso Silla portava la scena al dito incisa su un anello. La Numidia dopo che il suo re fu consegnato non divenne provincia, tale cambiamento avvenne dopo la battaglia di Tapso del 46 a. C e definitivamente sotto Augusto nel 25 a. C. Capitolo 11:  “Tuttavia quest’invidia, l’odio e gli attacchi a Mario furono presto accantonati, perché si rivolse l’attenzione al pericolo che minacciava l’Italia da Occidente” = le migrazioni delle popolazioni nordiche devono essere iniziate già nel VI sec. a. C., ma nel II sec. un gruppo misto di vari popoli arrivò nella zona del Mar Nero e del Danubio. Fonte principale per questi spostamenti e invasioni dovrebbe essere Posidonio, conservato parzialmente in Diodoro e Strabone. I Cimbri abitavano, secondo Strabone, in una penisola dell’oceano, nello Jutland, dove prima di Augusto non era mai giunto nessun romano; forse nella stessa penisola abitavano anche i Teutoni. La ragione della migrazione del II secolo dev’essere stata un maremoto dell’oceano con conseguenti inondazioni nella zona dei mari del Nord, scientificamente accertate. La migrazione avvenne in varie tappe. Avvicinandosi verso le Alpi, i Cimbri discesero in direzione del Danubio, si fermarono nella zona della Selva Ercinia, vennero respinti dai Boi; si spostarono verso il Noricum, dove inflissero due sconfitte ai Romani, tra l’altro nella famosa battaglia a Noreia nel 113 contro Papirio Carbone. Continuarono la loro marcia verso ovest, lungo il Drava, dove giunsero alle sedi degli Elvezi e Tigurini.  “tutti si opposero alla candidatura nei comizi consolari degli uomini provenienti dalle famiglie potenti per nobiltà o ricchezze” = questa paura determinò l’affidamento del comando a Mario.  L’elezione di Mario avvenne in sua assenza anche se ciò era proibito.  “non avevano contatti con altre popolazioni e giungevano da paesi lontanissimi; perciò, si ignorava di che razza fossero e da dove venissero” = secondo Posidonio sarebbero stati Cimbri, da Plutarco vengono chiamati Celtosciti secondo altri erano una piccola parte dei Cimmeri.  “nessuno riusciva a respingere i loro attacchi, e tutti quelli che incontravano sulla loro strada erano fatti prigionieri e trascinati via come una preda; anche molte e grandi armate romane, poste a difesa della Gallia Transalpina si fecero vergognosamente prendere i loro comandanti.” = di M. Giunio Silano nel 109 in un luogo sconosciuto della Gallia, di L, Cassio Longino presso il Lago Ginevra da parte degli Elvici, l’uccisione del legato M. Aurelio Scauro da parte dei Cimbri, la sconfitta del console Q. Servilio Cepione ad Arausio da parte di un insieme di popoli germanici e quella del nuovo console Cn. Mallio Massimo. Capitolo 12:  Le illegalità della scelta di Mario sono due: l’intervallo non rispettato tra un consolato e l’altro e l’assenza del candidato durante la petitio. Solo dal 63 la candidatura in absentia era definitivamente proibita, probabilmente in base alla lex Tullia de ambitu di Cicerone. Plutarco riporta l’esempio di Scipione l’Emiliano in cui fu violata un’altra norma, ossia l’elezione al consolato prima dell’età prescritta.  “così fu, e Mario, rientrato con l’esercito dalla Libia, per la precisione alle calende di gennaio, che per i Romani corrispondono all’inizio dell’anno, assunse il consolato e celebrò il trionfo.” = il trionfo su Giugurta è inserito nel contesto della minaccia germanica come una specie di elemento ritardante, ma anche rassicurante.  Il vestito del trionfatore è la tunica palmata, ornata di fogli di palma, che Mario al di fuori dei festeggiamenti trionfali e senza il permesso del senato non avrebbe potuto portare; Mario appena si accorse dell’indignazione dei senatori, indossò la toga pretesta, guarnita di una striscia di porpora, e subito rientrò. Capitolo 13:  “Durante le campagne militari, lungo il tragitto teneva in esercizio i soldati: li allenava a ogni tipo di corsa e a lunghe marce, obbligando ognuno a portare da solo i propri bagagli e a prepararsi i pasti” Capitolo 14  “comunque, a quanto pare, Mario ebbe molta fortuna, perché l’impeto dei barbari subì una specie di reflusso ed essi si riversarono prima sulla Spagna, lasciando a lui il tempo di addestrare i suoi nel fisico e di rinvigorirne gli animi”  Troviamo un esempio di rettitudine: Mario nel ruolo di comandante-giudice assolve Trebonio che uccise Gaio Lusio, nipote di Mario, a seguito di un tentativo di violenza sessuale.  Il terzo consolato nel 106 insieme a L. Aurelio Oreste e l’elezione al quarto consolato (in assenza) nel 103 per il 102 insieme a Lutazio Catulo. Capitolo 15:  “quando seppe che i nemici erano vicini, Mario passò veloce le Alpi (marittime), stabilì un accampamento fortificato presso il fiume Rodano e vi raccolse una bella quantità di provviste” = poiché alle imbarcazioni, cariche di vettovaglie era difficile l’accesso Mario condusse là l’esercito, che al momento non era impegnato in altro e fece scavare un ampio canale: sono i cosiddetti fossa mariana (vicino all’attuale località di Fos-sur- mer).  “i barbari si erano divisi in due gruppi: i Cimbri dovevano attraversare il Norico (austria centrale) e di lassù avanzare contro Catulo, forzando il passaggio da quella parte, mentre i Teutoni e gli Ambroni avevano il compito di passare per la Liguria e di attaccare Mario presso il mare”.  I Teutoni e gli Ambroni dopo aver occupato gran parte della pianura cercarono di indurre Mario a combattere. Capitolo 16:  in questo capitolo sono ricordate tutte le straordinarie qualità militari di Mario, la sua grande lucidità strategica e l’abilità psicologica nel trattare e trattenere i soldati, sebbene desiderassero ardentemente di venire a battaglia. = “pensava che la novità faccia falsamente apparire le cose temibili più grandi di quello che sono e che l’abitudine, invece, tolga anche a ciò che è realmente terribile il potere di spaventare”.  Giunsero alle orecchie di Mario lamentele riguardo al suo spirito attendista. Capitolo 17:  “questi discorsi facevano piacere a Mario. Tranquillizzava i soldati assicurando che la sua non era sfiducia nei loro confronti ma aspettava di sapere certi oracoli quali fossero il momento opportuno e il luogo adatto alla vittoria” = Mario aveva una certa predilezione per i presagi, come del resto Silla, ed era superstizioso.  Mario portava in giro una donna siriana di nome Marta, cacciata precedentemente dal senato: tutte le forme di divinazione erano severamente controllate dal senato. A differenza dell’accoglienza che il senato preparò al sacerdote di Pessinunte Batace, Marta fu respinta, forse in quanto donna, o perché non le era stata attribuita una vera missione.  Vengono poi citati gli avvoltoi che prima delle battaglie che avrebbero avuto esito positivo, due di questi, riconosciuti tramite collari di bronzo, si facevano vedere vicino ai soldati e li accompagnavano.  La seconda parte del capitolo è dedicata a dei segni che annunciano una vittoria: avvistamento da due città Ameria (Amelia, provincia di Terni) e Tuder (Todi, provincia di Perugia) di aste infuocate e scudi, prima separati, poi mescolati assumendo l’aspetto di uomini che combattono; l’arrivo di Batace da Pessinunte, sacerdote della Grande Madre, che annunciò che dall’antro sacro la dea gli aveva detto che in quella guerra i Romani sarebbero stati superiori e avrebbero vinto. È poco probabile che Batace abbia intrapreso un viaggio così lungo solo per annunciare questa cosa, semmai si potrebbe collegare il viaggio di Batace o con le Megalensie, introdotte appunto nel 204 e celebrate il 4 aprile o con la necessità di purificazione indicata da Diodoro (la Dea si sarebbe lamentata perché il suo santuario era stato profanato e avrebbe chiesto di eseguire pubblicamente dei riti purificatori a Roma). Il senato prestò fede all’intervento di Batace e votò l’erezione di un tempio alla dea come ringraziamento per la vittoria. Dopo essersi presentato anche davanti al popolo per annunciare lo stesso, il tribuno della plebe Aulo Pompeo lo insultò. Quest’ultimo dopo poco si ammalò e morì. Capitolo 18:  Quando i Romani risposero con una pioggia di frecce al primo tentativo di assedio dei Teutoni, quest’ultimi decisero di riprendere la marcia con l’idea di passare le Alpi senza scontri. Solo quando passarono davanti al campo dei Romani ci si accorse della loro vastità. Allora Mario iniziò a seguirli piano piano: “avanzando in questa maniera giunsero alla località di Acque Sestie, da cui non mancava molto per arrivare alle Alpi. È per questo motivo che Mario si apprestò a combattere qui e stabilì l’accampamento in un luogo sicuro, ma non tanto ricco di acqua; a quanto si dice questa era una tattica per stimolare i soldati”. Capitolo 19: Etruschi, e le rimase fedele anche nella guerra annibalica. Sebbene Cicerone parli di questo fatto nella pro Balbo definendolo un esempio di gravitas, constantia, virtus, prudentia e religio, è probabile che le critiche consistessero nell’aver elargito la cittadinanza sul campo di battaglia senza il consenso del popolo, oppure perché si trattava di mille uomini e non di persone singole.  Mario si alleò con Glaucia e Saturnino per far cacciare Metello dalla città.  “Secondo Rutilio, Mario ottenne il sesto consolato spargendo generosamente denaro tra le tribù, ed è pagando che fece escludere Metello dalla carica, procurando di avere a suo fianco Valerio Flacco.” = la notizia della doppia corruzione (per il sesto consolato e la condanna di Metello) si trova in diverse fonti.  “comunque sia, a nessuno, prima di lui, il popolo aveva attribuito un numero così alto di consolati; fa eccezione solo Valerio Corvino, ma, a quanto si dice, tra il primo e l’ultimo consolato di Corvino corsero quarantacinque anni, mentre Mario, dopo il primo, ricoprì gli altri cinque senza interruzioni”. Capitolo 29:  “Fu soprattutto durante l’ultimo consolato che si attirò l’odio della gente a causa della sua complicità con Saturnino in molti crimini, tra cui l’omicidio di Nonio, ucciso da Saturnino stesso perché li contendeva il tribunato”.  Saturnino presentò una legge agraria (lex Apuleia) 4con obbligo del senato di presentarsi a giurare di attenersi; essere obbligati a giurare di obbedire a una proposta di legge è piuttosto raro. Il giuramento non sembra necessario per Mario e per i veterani, come non era necessario nel 103, ma lo scopo potrebbe essere stato quello di legare l’intero senato e tutti i magistrati all’approvazione di un plebiscito.  Plutarco e Appiano parlano di tre incontri del senato: o 1) in cui fu approvata la legge agraria con la violenza e durante il quale Mario dichiarò che non avrebbe accettato il giuramento e la stessa cosa avrebbe fatto Metello. o 2) 5 giorni dopo alle 5 del pomeriggio Mario avrebbe detto che voleva giurare di osservare la legge solo se “era una legge valida”. Secondo Appiano Mario avrebbe disperso la plebe rurale, che non voleva approvare una legge per vim lata. o 3) il terzo incontro si svolse subito dopo, perché la giornata stava per finire, davanti ai questori; Mario prestò il giuramento ma non lo fece Metello. I due momenti finali in Plutarco sono confusi.  Sebbene Plutarco dica che l’interdictio venga approvata tramite un bando popolare di solito la condanna era pronunciata dal senato.  Metello va in esilio volontario che era scelto di solito per sottrarsi alla pena di morte. Capitolo 30:  Il capitolo riguarda l’eliminazione di Saturnino e dei suoi collaboratori e l’avvicinamento di Mario ai nobili, argomento al quale Plutarco si dedica poco. Plutarco non parla neanche delle elezioni consolari per il 99, che richiesero un’altra vittima C. Memmio. Seguì una grande confusione: la plebe urbana minacciò Saturnino, ma questi chiamò la plebe rurale e scappò sul Campidoglio. A questo punto era dovere del console in carica, Mario, di intervenire: Mario che certamente non era responsabile dei fatti si unì ai boni. = dalla 4 : stabilì che l’ager Gallicus (Cimbricus) fosse distribuito ai veterani di Mario che l’avevano conquistato, Il fatto era che nell'esercito di Mario servivano non solo cittadini romani, ma anche italici. Le colonie che sarebbero state fondate avrebbero dato automaticamente la cittadinanza romana anche a chi non l'aveva. Con un sol colpo si univa l'idea della redistribuzione delle terre a quella dell'allargamento della cittadinanza testimonianza di Cicerone, in cui si definisce Memmio consul designatus, si ipotizza che fosse uscito vincitore dalle elezioni e che successivamente fu ucciso nel Foro.  Plutarco esprime bene l’atteggiamento esitante di Mario.  “Quando poi il senato e i cavalieri espressero uniti il loro sdegno…”: Confronta con Pro Rabirio perduellionis reo di Cicerone. L’ordo equester fu investito nel periodo graccano di grande dignitas e potere politico. Ma nel 106 il potere dei giudici equestri nelle giurie fu ridimensionato dalla Lex servilia iudicaria, che rimase in vigore per poco tempo. Questo passo presuppone un accordo tra senato, cavalieri e i due consoli, al quale prima Mario non era disposto, ma che segna la svolta politica di Mario. Dopo questa decisione i seguaci di Saturnino furono considerati hostes.  L’ordine degli eventi: assassinio di Memmio durante le elezioni consolari, occupazione del Campidoglio da parte dei seguaci di Saturnino, richiamo alle armi di Mario, taglio delle condutture dell’ Aqua Marcia per iniziativa di Mario, i rivoltosi chiusi nella Curia Hostilia (vicino al Foro) e si arresero a Mario per essere giudicati secondo la legge, dietro alla promessa di essere salvi, ma un gruppo di aristocratici scoprì il tetto e lapidò i rifiugiati, Saturnino e Glaucia morirono così sotto i colpi delle tegole di ardesia. Era il 10 dicembre del 100 a.C.  “l’accaduto lo rese a un tempo inviso ai potenti e al popolo, tant’è che, contrariamente a quanto ci si aspettava non si presentò come candidato alle elezioni per la censura, che cadevano in quel periodo” = è comunque degno di nota che proprio allora, nel 98 o 97, Mario fu cooptato nel collegio degli auguri, del quale facevano parte cinque plebei. Potrebbe essere stato un compromesso per la rinuncia alla censura. In ogni caso l’augurato presupporrebbe buoni rapporti con gli auguri in carica.  “lasciò che fossero eletti atri che gli erano inferiori” = espressione strana dopo tutte le precedenti affermazioni negative su Mario, è forse da riferire solo alla sua fama militare. Capitolo 31:  La fonte di questo capitolo potrebbe essere Posidonio; in ogni caso un autore non molto benevolo nei confronti di Mario.  Sotto l’iniziativa dei βελτιστοι e della plebe urbana fu fatto tornare Metello dall’esilio, “così prese il mare alla volta della Cappadocia e della Galazia adducendo come motivazione ufficiale i sacrifici che aveva fatto voto di celebrare in onore della madre degli dei” = o Questo viaggio potrebbe essere stata sia un’azione privata di Mario o un incarico ufficiale, visto che in Oriente allora non mancavano problemi, nei quali Roma si trovava parzialmente coinvolta. o Per quanto riguarda la Madre degli dei potrebbe trattarsi della stessa Magna Mater (Cibele), a nome della quale il sacerdote Batace arrivò Roma nel 101.  “Non era un uomo nato per la pace e per la vita politica ed era diventato grande in mezzo alle guerre” = Mario potrebbe aver sfruttato un incarico ufficiale per interesse propri: dal colloquio con Mitridate si evidenzierebbe che Mario cercava effettivamente una nuova guerra, aspirando al comando.  Si tratta di Mitridate IV Eupatore (120-63), re del Ponto, figlio di Evergete V: in quegli anni avrebbe voluto unire tutta l’Asia Minore sotto un unico scettro, ma la parte migliore era in mano romana. In un viaggio in incognito per la provincia romana d’Asia e la Bitinia si rese conto dell’umore ostile degli abitanti verso i Romani. Occupò poi, insieme al re della Bitinia, Nicomede III Evergete, la Paflagonia, i cui abitanti si lamentarono invano col senato romano, e poi la Cappadocia.  “Re, guarda di essere più forte dei romani, oppure ubbidisci ai loro ordini in silenzio.” “Con ciò lasciò il re stupefatto, perché spesso aveva sentito parlare la lingua dei Romani, ma mai prima di allora con quella schiettezza”. Capitolo 32:  Mario tornò a Roma probabilmente nella primavera del 97 o alla fine del 98 e si fece costruire una casa vicina al foro per agevolare la salutatio mattutina dei clienti.  “Più che essere vinto in fama dagli altri, gli rincresceva di essere superato da Silla” = viene raccontato l’episodio di Bocco che consegna ai Romani trophaea trionfali che presentavano l’immagine della consegna di Giugurta a Silla. Può darsi che queste immagini trionfali fossero gradite a Silla, in quanto espressione del desiderio di candidarsi al consolato del 90. Probabilmente queste donazioni furono distrutte durante la guerra civile. Nel 65 Cesare fece rifare dei monumenti in onore di Mario perché non esisteva più nulla. = “Mario, al pensiero che Silla lo privava delle gloria dele sue imprese, si lasciò sopraffare dall’ira e dalla gelosia e si prefisse l’obiettivo di abbattere brutalmente le statue”.  “stava ormai per scoppiare il conflitto tra i due, ma fu bloccato dalla guerra sociale che all’improvviso si abbatté su Roma”: la prima proposta di dare la cittadinanza ai socii risale a M. Fulvio Flacco nel 125, la seconda a Gaio Gracco nel 122. Anche se queste proposte allora non passavano, concessioni sporadiche di cittadinanza devono essere avvenute negli anni successivi. L’ultima rogatio fu quella di M. Livio Druso nel 91 e gli costò la vita. Ormai i ceti superiori degli italici desideravano partecipare alla vita politica di Roma e la pressione dell’ambiente nobiliare si fece sempre più forte. Che, sul conferimento della cittadinanza, Mario fosse dalla parte degli italici l’aveva dimostrato varie volte, ad esempio nei confronti della coorte di Camerino e con la difesa della Lex agraria di Saturnino in favore dei suoi soldati. Capitolo 33:  Alla guerra sociale e al ruolo di Mario Plutarco dedica un solo capitolo.  “Questa guerra, complessa negli eventi e mutevole negli esiti, accrebbe la fama e l’autorità di Silla tanto quanto ne tolse a Mario, che apparve lento negli attacchi e in tutto pieno di incertezze e di indugi” = le cause della lentezza di Mario sono da ricercarsi senz’altro nel suo fisico logorato (si accenna ad una malattia dei nervi, forse reumatismi), ma forse anche in un esercito non addestrato da lui e non molto efficiente.  Le fonti riportano due vittorie di Mario e una battaglia indecisa, mentre in Plutarco la vittoria è una sola. Capitolo 34:  Alla fine della guerra civile ognuno cercava di ottenere il comando della guerra contro Mitridate. Il senato affidò il comando della guerra a Lucio Cornelio Silla. I populares e i cavalieri però si opposero alla nomina e spinsero il tribuno Sulpicio Rufo a revocargli il comando per affidarlo a Gaio Mario e far guidare a lui quella spedizione come proconsole. Nell’autunno dell’88, momento delle elezioni consolari, dopo la strage di Efeso, la guerra con Mitridate era iniziata. Per il re le cose andavano bene: aveva tolto la provincia d’Asia a Roma, la Bitinia e la Cappadocia ai loro re, aveva trovato porte aperte anche in Grecia.  Scontro tra fazioni: chi preferiva Mario e chi preferiva Silla consigliando a Mario di andare alle terme di Baia.  “Comunque Mario si scrollava di dosso i malanni e, con un eccesso d’ambizione puerile, si recava ogni giorno nel Campo di Marte e si esercitava con i giovani, mostrandosi fisicamente agile con le armi e ben saldo nel cavalcare.” malaugurio; costituivano una metafora per esseri cattivi, quindi si tratta di una profezia negativa (σημειον πονερον) che si differenzia da quella degli aquilotti e dell’asino (σημειον χρηστον). Capitolo 41:  Con questo capitolo Plutarco ritorna ai fatti di Roma intercorsi nel frattempo; il capitolo deve preparare il ritorno dei Mariani e il loro inserimento nella storia della città. Anche se Silla era partito, la guerra civile era in pieno svolgimento.  I consoli dell’87 erano Cn. Ottavio e L. Cornelio Cinna. I grandi problemi del momento erano l’iscrizione dei neocittadini in tutte le tribù e la guerra con Mitridate, cosa che avrebbe costretto Mario alla fuga e avrebbe costretto, al suo ritorno, Silla alla partenza per la Grecia. I due consoli entrarono in conflitto, Ottavio vinse e cacciò Cinna, al suo posto fu nominato Merula.  “Di rimando Cinna andò a Nola per assediarla, arruolò un esercito di neocittadini. “Quando lo venne a sapere Mario pensò bene di imbarcarsi all’istante; prese in Libia alcuni cavalieri mauritani e portò con sé un gruppo di uomini giunti in fuga dall’Italia. Approdò a Talamone, in Etruria (tra Grosseto e Orbetello, nota per la vittoria romana sui Celti della Cisalpina nel 225 a.C.), e come sbarcò promise la libertà agli schiavi.”  Mario decise di allearsi con Cinna perché Ottavio era una persona intenzionata a governare nel pieno rispetto della giustizia = “Cinna apprezzò il gesto e lo nominò proconsole, ma quando gli inviò i fasci e le altre insegne del potere Mario rifiutò, dicendo che quegli ornamenti mal si addicevano alla sua sventura” = anche se traspariva la sua prostrazione fisica il suo animo non era ancora abbattuto. Capitolo 42:  Mario iniziò subito con azioni di estrema crudeltà delle quali Plutarco elenca una minima parte: bloccò le navi con le provviste destinate a Roma, prese Ostia e occupò il Gianicolo.  In questa situazione Ottavio si rivelò molto conservatore rinunciando di concedere la libertà agli schiavi. Perché le qualità di stratega di Metello, appena tornato a Roma, sembravano superiori a quelle di Ottavio, i soldati lo pregarono di assumere il controllo. Metello rimandò i soldati dal console ma quelli dissertarono e passarono ai nemici.  Metello, persa ogni speranza si ritirò, mentre Ottavio, convinto da alcuni sacerdoti e da interpreti di libri sibillini, restò a Roma.  “E così proprio lui, prima dell’arrivo di Mario, fu tirato giù dalla tribuna e sgozzato dalle avanguardie5; si dice che addosso al cadavere fu trovato un oroscopo caldeo. Era davvero strano: questi due grandissimi comandanti rispettarono ugualmente la divinazione, e ciò fu per Mario motivo di successo, per Ottavio di rovina.” Capitolo 43:  “il senato si riunì e inviò a Cinna e a Mario una delegazione per pregarli di rientrare e si risparmiare i cittadini” = Cinna e Mario entrarono nell’Urbe, come prima aveva fatto Silla, chiamati dal senato.  Cinna sarebbe entrato in città con una guardia del corpo, diversa dai Bardiei (secondo Konrad sarebbero schiavi reclutati in Etruria) di Mario, i quali sono definiti δορυφοροι. La schiera di Cinna era composta da schiavi affrancati da lui, quindi ex schiavi urbani. 5 Secondo Diodoro Ottavio aveva dichiarato già prima che sarebbe rimasto fedele alla sua carica di console e si sarebbe ucciso dando fuoco alla sua casa. Secondo Appiano rifiutò ogni occasione di salvarsi, fu ucciso da C. Mario Censorino e la sua testa fu appesa sui rostri. È forse il primo caso romano di questa terribile usanza.  Viene raccontato il clima di terrore che si respirava, in cui le persone avevano paura anche solo a salutare Mario; infatti, il suo silenzio corrispondeva a morte immediata.  Viene citato l’esempio degli schiavi di Cornelio che vedendo le guardie di Mario fare carneficine e uccidere i fuggitivi, appesero per il collo uno dei tanti cadaveri con un anello intorno al dito affinché lo vedessero. Capitolo 44:  Viene descritta la morte di Marco Antonio (nonno del triumviro), è qui ricordato per la prima volta nella Vita, nonostante le occasioni di contatto con Mario non fossero mancate. Rifugiatosi, il servo del padrone andò a comprare il vino per un personaggio così famoso, l’oste, meravigliato per la scelta del vino costoso, scoprì che quel vino era per Marco Antonio e lo andò a spifferare a Mario. Mandato Annio e i suoi soldati ad uccidere l’oratore, quest’ultimo con la forza della parola riuscì a persuadere i soldati che ammaliati si misero a piangere; ma quando Annio salì e vide la scena lo uccise.  Viene ucciso anche Lutazio Catulo, a chi pregava di risparmiarlo rispondeva con “moriatur”. Pur essendo stato suo collega nel consolato e avendo celebrato il trionfo sui Cimbri, si pensa che Mario fosse irato e pieno d’odio perché Catulo si era espresso a favore del bando di Mario nell’88.  Sertorio e Cinna si misero d’accordo per uccidere i Bardiei che si erano abbandonati a violenze, stupri e decapitazioni. Capitolo 45:  “nel frattempo, come se il vento avesse cambiato direzione, giunsero da ogni dove degli ambasciatori ad annunciare che Silla aveva concluso la guerra con Mitridate; le province erano state riconquistate ed egli tornava via mare con un grande esercito”: il quel momento Silla era ancora occupato con l’assedio di Atene e aveva davanti a sé le battaglie di Cheronea e di Orcomeno. Perciò prima di queste battaglie e della pace di Dardano non poteva esserci la minaccia del suo ritorno.  “Mario fu dunque eletto console per la settima volta, e il giorno stesso delle calende di gennaio, il primo dell’anno, si presentò in pubblico e fece gettare giù dalla rupe un certo Sesto Lucino.” = l’anno è l’86 e si compie la profezia degli aquilotti; prima del 222 l’inizio dell’anno romano era ufficialmente il 15 marzo, ma in realtà lo si faceva iniziare in momenti vari, dal 153 a. C. fu fissato come inizio il primo gennaio.  Mario stremato dalle fatiche e sommerso dalle preoccupazioni per un eventuale ritorno di Silla impazzì, aveva incubi tutte le notti e sentiva qualcuno che diceva: “spaventosa è la tana del leone, anche quando è lontano”.  Come rimedio per la pazzia e l’insonnia incominciò a ubriacarsi. Plutarco critica anche altri personaggi per la loro mancanza di misura in vecchiaia; per quanto riguarda Mario, essa è attribuita alla sua mancanza di cultura.  Dall’esaurimento si ammalò, stette a letto per sette giorni e poi morì. “alcuni dicono che durante la malattia la sua ambizione uscì del tutto allo scoperto: caduto in uno strano delirio, immaginava di guidare l’esercito contro Mitridate, per cui gesticolava e muoveva il corpo in mille modi, e intanto lanciava forti grida e frequenti urla di guerra, proprio come di solito faceva durante i combattimenti veri”.  “si ritrovava a piangere la sorte come uno che muore con la delusione di non aver fatto in tempo a realizzare i propri desideri.” Capitolo 46:  Si portano esempi greci di uomini che in punto di morte hanno ringraziato al sorte per quello che ha dato loro, tra questi sono citati Platone e Antipatro = Swain vede in questo paragrafo un collegamento con l’inizio della vita: Plutarco apre e chiude con considerazioni relative alla mancanza di λογος e παιδεια di Mario. Platone invece morì elogiando il suo δαιμων e la sua τυχη, mentre Mario soffoca la sua τυχη con l’ambizione e la gelosia.  “Dunque al settimo giorno del suo settimo consolato morì”: la fine di un tiranno e l’inizio di una nuova tirannia: Silla.  La Vita si conclude con Mario, il figlio, che viene ucciso da Silla a Preneste nell’82.
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