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Riassunto delle per di Gogol, Appunti di Letteratura Russa

Riassunto dell'opera 'Il cappotto' e 'Anime morte'

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 17/08/2023

daniela-palatovskyy
daniela-palatovskyy 🇮🇹

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto delle per di Gogol e più Appunti in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! IL CAPPOTTO- GOGOL TITOLO: Il cappotto AUTORE: Nikolaj Vasil'evič Gogol' ANNO DI PUBBLICAZIONE: gennaio 1843 TEMPO: XVIII sec. LUOGO: Pietroburgo, Russia Tratta della vita di un "uomo piccolo" nella società. È indifferente a tutti, ma ama sinceramente la sua piccola posizione. Solo una circostanza lo tira fuori dal suo solito modo di vivere: l'acquisto di un nuovo cappotto. Personaggi principali Akakij Akakievič Bašmačkin: è un consigliere titolare modesto, silenzioso, poco appariscente, di oltre 50 anni, piccolo di statura, che sembra un po’cieco, ccalvo e con rughe sulle guance. Non è sposato e non ha amici. Ama sinceramente il suo lavoro. Altri personaggi Petrovič: storto da un occhio, butterato, ama bere, fedele alle usanze di suo nonno. Sposato. Della moglie non si sa nulla. Pezzo grosso: una "persona insignificante" recentemente promossa che si comporta in modo pomposo, "cercando di rendersi ancora più significativa". Riassunto Akakij Akakievič Bašmačkin è stato sfortunato già alla nascita, perché il calendario offriva strani nomi ai nati la notte del 23 marzo, come Sossja o Khozdazata. Alla fine, il bambino prende il nome da suo padre Akakij Akakievič. Il personaggio viveva in un appartamento in affitto in un quartiere povero di San Pietroburgo. Lavorava in un dipartimento, il suo lavoro consisteva nel riscrivere i documenti. La posizione è così piccola e poco pagata che anche le sentinelle del dipartimento lo trattavano con disprezzo, mentre i funzionari gli lasciavano silenziosamente carte per trascriverle, spesso senza averne l'autorità; e così tutti si prendevano gioco di Akakij, il quale, però, non ci faceva molto caso. Bašmačkin amava sinceramente il suo lavoro, lavorava a lungo sulle singole lettere e spesso portava il lavoro a casa. Se non vi era tale necessità, riscriveva comunque qualcosa, solo per il proprio piacere, anche andando a letto, pensava con piacere al lavoro di domani. Solo una volta il direttore gli ha ordinato di fare qualcosa di più importante, ovvero correggere un documento, cambiando le lettere del titolo e alcuni verbi, ma Akakij Akakievič si rivelò incapace nel farlo, perciò chiese di poter trascrivere qualcosa; da quel giorno non gli chiesero più di correggere un documento. Conduceva una vita tranquilla e misurata, non aveva amici e famiglia. Non gli importava molto di quello che succedeva intorno a lui. Indossava un'uniforme scolorita e un cappotto rovinato, e se non fosse stato per il gelo, egli non avrebbe mai notato i difetti del suo cappotto. Perciò un giorno decise di portarlo dal sarto dagli occhi storti Petrovič per farlo riparare; però, quest’ultimo, gli assicurò che il cappotto era irreparabile e uno nuovo sarebbe costato circa 150 rubli. Questa è una cifra molto alta per Akakij Akakievič, poiché non la possedeva, però sapeva che Petrovič diventava più accomodante quando beveva, e perciò decise di tornare dal sarto al "momento opportuno". Di conseguenza, il cappotto gli sarebbe costato 80 rubli, ma dovette comunque risparmiare; fu difficile per Bašmačkin, ma il sogno di un nuovo cappotto lo ispirava. Alla fine, riuscì a mettere da parte l'importo richiesto e Petrovič gli cucì un nuovo cappotto, Akakij fu molto felice e ci va a lavorare. L'evento più grandioso nella vita miserabile di un consigliere titolare non passò inosservato, fu circondato da colleghi e superiori, che chiedevano di organizzare una serata in occasione del nuovo cappotto. Bašmačkin fu molto imbarazzato poiché spese tutti i suoi risparmi per il nuovo cappotto, però viene salvato da un certo funzionario che invita tutti, compreso Akakij Akakievič, a casa sua in occasione di un onomastico. La casa del funzionario si trovava in un'altra parte della città; dopo aver cenato a casa, il protagonista vi si recò a piedi. I funzionari, che lo prendevano in giro, ora lo inondavano di complimenti. Però presto si dimenticarono di lui, passando alla danza e allo champagne; per la prima volta nella sua vita, Akakij Akakievič si rilassò, ma non restò a lungo e lasciò la cena prima degli altri. Allegro per via dello champagne, seguì persino una signora di bell’aspetto. Ma in una piazza deserta, due sconosciuti raggiunsero e uno di loro affermò che il cappotto sulle spalle di Akakij Akakievič gli appartenesse, perciò lo spinse sulla neve e prese il cappotto. Invece di aiutarlo, l'ufficiale giudiziario privato mise in imbarazzo Akakij Akakievič con domande sul perché fosse per strada così tardi e se avesse visitato qualche casa oscena; perciò, Bašmačkin se ne andò senza capire se il caso avrebbe avuto una mossa. Fu di nuovo costretto a venire al dipartimento con un vecchio cappotto, e ancora una volta lo prendevano in giro, anche se c’era chi si dispiaceva per lui e gli consigliò di andare da ‘una persona significativa/pezzo grosso’, che potesse contribuire a un maggior successo nel trovare il cappotto. Lo sfortunato Akakij Akakievič fu costretto a sopportare l'immeritato rimprovero di questa "persona importante", che diventatò significativa solo di recente, e quindi si preoccupò di come darsi maggiore importanza. Non essendo riuscito a ottenere il suo aiuto, congelato in un vecchio cappotto, tornò a casa con una forte febbre. A lavoro si resero conto della sua assenza solo il quarto giorno dopo il suo funerale. Così finì la storia della vita del "piccolo uomo"; ma il racconto continuò, descrivendo gli strani avvenimenti che seguirono il funerale del consigliere titolare. Si diceva che di notte vicino al ponte Kalinkin apparisse un fantasma, che strappava a tutti i cappotti, non distinguendo i proprietari per grado. La polizia fu inutile, un giorno, a tarda sera, l'ex consigliere titolare strappò il cappotto a quella stessa "persona significativa". Da allora, la "persona significativa" si comportò in modo molto più modesto con i suoi subordinati. Da allora, nessun altro vide il fantasma di Akakij Akakievič, ma un altro fantasma è venuto a sostituirlo, più alto e con i baffi. Conclusione L'immagine del "uomo piccolo" era considerata in letteratura molto prima, ma N.V. Gogol, a differenza di altri scrittori, vedeva nel suo personaggio non oggetto di derisione, ma una persona degna di simpatia e comprensione. "Cappotto" è una protesta contro l'ordine pubblico, in cui una deduzione su una persona viene fatta "in anticipo", in base alla sua posizione, stipendio e aspetto. La storia si chiama "il cappotto", perché questa società porta in primo piano i valori materiali. ANIME MORTE PARTE PRIMA Capitolo 1 Nella città di N.N, capoluogo di un governatorato, giunge Pavel Ivànovič Čičikov, insieme ai servi Selifàn e Petruška e alloggiano in una locanda. Čicikov era un consigliere di Collegio, oltre che proprietario terriero, e si trovava lì per affari. Subito dopo essere arrivato, si aggira per la città e il giorno dopo dedica l’intera giornata alle visite: si reca dalle figure più importanti, ovvero i funzionari, il governatore, il presidente del tribunale, il capo della polizia e così via. Nei colloqui che aveva avuto, egli aveva saputo lusingare tutti, in particolare il governatore, che lo invitò da lui quel giorno stesso. Di sé stesso, invece, Čičikov non diceva quasi niente, se non che aveva sofferto Capitolo 6 Il libro si apre con una divagazione dell’autore sulla nostalgia per la giovinezza: quando era più giovane, veniva sempre affascinato dai villaggi che visitava e dalle persone che incontrava; era solito fantasticare su quei luoghi, e si concentrava su tutti i dettagli delle case e città che vedeva. Invece, da adulto, tutto gli recava noia. Intanto Čičikov si dirige da Pljuškin e subito nota, nel suo villaggio, una situazione poco gradevole: le case erano vecchie e rovinate, le finestre erano quasi del tutto rotte, anche la casa padronale era in pessime condizioni, con la pittura rovinata, molte finestre sbarrate e un giardino infoltito e inselvatichito. Entrato nella casa, Čičikov nota i vari quadri appesi in modo confusionario e tutti rovinati, gli oggetti che si trovavano in quella stanza erano finiti, vecchi e ricoperti di mosche. A un certo punto entra un uomo, e Čičikov pensava che si trattasse di un servo, ma si stupisce quando scopre che in realtà è Pljuškin stesso; non lo avrebbe mai detto dato il suo aspetto trasandato e gli abiti consumati. A questo punto Čičikov gli chiede quanti contadini fossero morti, e scoprendo che erano più di cento, si offre di prendere su di sé l’obbligo di pagare le tasse per tutti i contadini morti come atto di carità, e lo stesso fa anche per tutti i contadini fuggiti. Si offre anche di pagare l’atto di vendita, che avrebbero stipulato quel momento stesso cosicché Pljuškin non dubitasse di lui e delle sue intenzioni. Conclusa la faccenda, dopo aver gentilmente rifiutato del cibo e del liquore che Pljuškin gli offriva (data la condizione di questi ultimi), Čičikov se ne torna a casa. Capitolo 7 Il capitolo si apre con una digressione sul ruolo dello scrittore: il viaggiatore era felice di poter finalmente tornare a casa dopo un viaggio, così come era felice il padre di famiglia. A questo punto, con tono ironico, Gogol parla della felicità dello scrittore: elogia lo scrittore che parla delle più alte qualità dell’uomo, che non si abbassa alla miseria degli altri uomini, ma si slancia verso il trionfo per raggiungere la gloria universale, come se fosse un Dio. Ma Gogol riconosce che non è questo il caso, in quanto non gli spetta l’applauso della folla, non avrà un eroico slancio, ma salterà dal giudizio del proprio tempo che riterrà inutile tutto ciò che scrive. Sarà aspra e solitaria la sua vita. A questo punto Čičikov, il mattino seguente, una volta svegliatosi iniziò ad analizzare tutti i documenti che aveva raccolto in quei giorni e a stendere lui stesso gli atti di vendita. Raggruppò i nomi di tutte quelle anime che aveva raccolto e a domandarsi, di tanto in tanto, cosa avessero fatto nella loro vita e come fossero morti. Una volta notato che si fosse fatto tardi, Čičikov si prepara e si reca al tribunale civile per la stipulazione degli atti di vendita. Per la strada incontra Manilov, e insieme si dirigono al tribunale. Prima di tutto, si fermano da un uomo che si occupava degli atti di vendita, Ivàn Antònovič, e in seguito si dirigono dal presidente, Ivàn Grigòr’evič, che era in compagnia di Sobakevič. Čičikov confessa di voler risolvere il tutto quella stessa giornata, e il presidente lo rassicura, ma gli intima anche che vorrebbe che rimasse in città ancora per un po’; per giustificare l’acquisto di tutti quei contadini, Čičikov ammette di averli comprati per trasferirli nel governatorato di Chersòn, sostenuto anche dall’aiuto di Sobakevič che gli reggeva il gioco. Concluso l’affare, il presidente lo invita a un ricevimento a casa del capo della polizia, in quanto loro tradizione. Il capo della polizia era un padre e benefattore della città, ed era adatto al suo posto di lavoro. Era voluto bene dai mercanti perché non era superbo; era molto amichevole con tutti e si preoccupava dei cittadini. Čičikov si dirige a tale banchetto, e insieme a molte altre persone, beve e mangia, e si gode i brindisi a nome del nuovo proprietario di Chersòn. Ma nessuno voleva che se ne andasse e lo convincono a restare con la promessa di trovargli una moglie. Čičikov era molto felice, e sentiva come se tutte quelle bugie fossero vere, ma dopo aver bevuto ulteriormente decide di tornare a casa e si addormenta. Capitolo 8 Gli acquisti di Čičikov divennero l’argomento del giorno, e molti iniziarono a fare commenti e a dare le proprie considerazioni, ma molti si preoccupavano di come potesse trasportare tutti quei contadini, che sicuramente erano ladri e ubriaconi, e che sicuramente si sarebbero abbandonati all’alcool e al gioco d’azzardo una volta giunti in provincia. Ma Čičikov rassicurò tutti, dicendo loro che i contadini erano tranquilli e che non avrebbero creato alcun disturbo. Molti iniziarono a pensare che lui fosse addirittura un milionario. Ancora più importante fu l’attenzione delle donne per Čičikov: le signore della città di N. erano persone rispettabili e che sapevano comportarsi a dovere, si vestivano di buon gusto, seguendo la moda di Mosca e Pietroburgo, e ci tenevano alle visite così come all’uso di un vocabolario aulico. Anche i loro mariti erano a modo, tanto da non scandalizzarsi per tradimenti e adulteri. Finora tutte le signore avevano parlato piuttosto poco di Čičikov, descrivendolo semplicemente come un amabile uomo di mondo, ma quando iniziò a girare voce che egli fosse un milionario, molte donne si resero conto che Čičikov era proprio un uomo, con tutte le qualità al punto giusto, e cercarono di attirare la sua attenzione in tutti i modi possibili. Tornato a casa Čičikov scopre una lettera anonima, a lui dedicata, che lo invita a indovinare chi fosse l’autrice al ballo del governatore che si sarebbe svolto il giorno seguente, e ciò destò in Čičikov un vivo interesse e dunque pensò solamente al ballo, preparandosi più del solito. La sua apparizione al ballo provocò un effetto straordinario e tutti si precipitarono da lui, donne e uomini, che lo abbracciarono subito. Čičikov si inchinava a destra e a sinistra, cercava di intrattenere una conversazione con tutti, ma ciò che realmente gli interessava era scoprire l’identità dell’autrice della lettera; non ci riesce. L’autore fa un’altra digressione, in cui si scusa di utilizzare parole così basse, ma colpevolizza i russi appartenenti alle classi più elevate: erano loro i primi a non utilizzare il russo, preferendo parole francesi, tedesche e inglesi, ma allo stesso tempo volevano che tutte le opere fossero scritte con una lingua più pura e nobile possibile, usando appunto il russo da loro trascurato. A questo punto Čičikov incontra la governatrice, l’organizzatrice del ballo, e si stupisce quando al suo fianco vede la stessa ragazza dai capelli biondi che aveva incontrato molto tempo prima quando le loro carrozze si erano scontrate. Dopo questo incontro, Čičikov perse ogni tipo di interesse per il ballo e le signore, e anzi si recò dalla governatrice e la figlia, iniziò a parlare di argomenti noiosi che scocciarono la ragazzina appena uscita dal collegio. E la trascuratezza che dimostrò nei confronti delle altre donne, le deluse a tal punto che smisero di parlare di lui in tono di viva animosità. A peggiorare la situazione fu Nozdrëv che, ubriaco, iniziò a gridare di come Čičikov vendesse anime morte, ma nessuno gli diede veramente ascolto. Ciò nonostante, Čičikov poté notare sul viso degli invitati una espressione sconcertata, ma la vera natura dell’uomo è che pur non credendo a quanto viene detto, la notizia viene comunque diffusa da bocca in bocca. Anche lo stesso Čičikov era scioccato da quanto accaduto e anche a cena non fu capace di riprendere quell’entusiasmo che aveva a inizio serata, in quanto un che di sgradito e torbido gli pesava sul cuore. Intanto, in città, arrivava la signora Koròbočka, che dopo la partenza di Čičikov era caduta in una tale agitazione dal timore che fosse stata ingannata da non aver dormito per molti giorni; aveva, dunque, deciso di recarsi in città per avere ulteriori informazioni. Da qui inizia la disfatta di Čičikov. Capitolo 9 L’autore decide di usare due nomi fittizi per far riferimento ai due personaggi del capitolo, in quanto non vuole suscitare l’ira di qualche persona, utilizzando un nome inventato ma che qualcuno potrebbe riconoscere come proprio, come già gli era accaduto in passato. Dunque, Sof’ja Ivànovna prende il nome di signora semplicemente amabile, e Anna Grigòr’evna diviene donna amabile da tutti i punti di vista. Il mattino dopo il ballo Sof’ja Ivànovna si reca da Anna Grigòr’evna e iniziano a parlare di Čičikov e Anna Grigòr’evna si affretta a mostrare il disprezzo che provava per l’uomo, in quanto tutti credevano che fosse una brava persona ma lei era del parere opposto. A questo punto Sof’ja Ivànovna le racconta di quanto aveva saputo: la signora Koròbočka si era presentata in città e aveva raccontato l’affare di Čičikov sulle anime morte, ma Anna Grigòr’evna è di un altro parere: pensa che sotto la faccenda delle anime morte ci sia altro, ovvero il rapimento della figlia del governatore, che entrambe criticano, e addirittura pensano che Nozdrëv sia stato complice dell’intera faccenda. Una volta terminata la conversazione, le due si recarono in città per informare gli altri cittadini di ciò che avevano appreso. La rivoluzione scoppiò in tutta la città: tutti erano confusi dalle informazioni date e nessuno riusciva a capire cosa o chi fossero le anime morte, o come queste fossero collegate alla figlia del governatore. Molte donne si preoccuparono di gettare benzina sul fuoco e diffusero altri aspetti della storia: risultò che Čičikov e la ragazza già si erano incontrati e innamorati, e che il governatore, essendo che Čičikov era ricco, avesse accettato l’unione; l’unico ostacolo era la moglie di lui, che aveva abbandonato, e sapendo che in tal caso i genitori della ragazza non avrebbero mai accettato, Čičikov era ricorso al rapimento. Altri pensavano che Čičikov non fosse affatto sposato, ma che per entrare nelle grazie dei genitori, aveva contratto con la madre di lei un legame segreto e aveva richiesto la mano della figlia, ma terrorizzata di andare contro la religione, aveva rifiutato e dunque Čičikov era ricorso al rapimento. I pettegolezzi iniziarono a girare sempre di più e costantemente diversi, giacché in Russia le classi inferiori hanno la passione di discutere di ciò che avviene nelle classi superiori. Gli unici a non credere a tali dicerie erano gli uomini, che desideravano solo capire cosa fossero le anime morte. Inoltre, era stato nominato un nuovo capo del governatorato, e i cittadini non volevano che sapesse di ciò che veniva detto su uno dei cittadini, ma soprattutto perché molti anni prima dei mercanti si erano ammazzati tra di loro, o a un altro incidente che era finito con l’uccisione di un poliziotto da parte di uomini di un intero villaggio, dato che questi si recava lì per guardare le donne e le ragazze. Ad aumentare la paura che tali vicende potessero salire a galla, delle lettere giunte al tribunale confessavano che in una fabbrica erano state rinvenute delle banconote false e che un criminale era appena scappato dalla prigione. Tutto indicava Čičikov, che si era presentato come un uomo che aveva sofferto per la verità, che aveva avuto molti nemici e che avessero addirittura attentato alla sua vita. Dunque, i diversi funzionari chiamarono tutti i clienti di Čičikov: giudicarono la signora Koròbočka come una vecchia grulla, da Manilov non ottennero nulla dato che si preoccupò solo di difendere l’amico, e Sobakevič assicurò che le anime erano vive. Dalle indagini, si capì solo che Čičikov non era chi diceva di essere, e decisero dunque di recarsi dal capo della polizia. Capitolo 10 I funzionari si radunarono dal capo della polizia per iniziare un’assemblea dove mancava il senso comune. Qui l’autore critica ancora una volta la società russa, dicendo che i Russi non sono fatti per le assemblee rappresentative, e che dalle loro riunioni non si concludeva mai nulla. In quel momento, erano varie le supposizioni sulla vera identità di Čičikov ma in particolare il direttore delle poste disse che Čičikov in realtà era il capitano Kopejkin e inizia a raccontare la sua storia: il capitano Kopejkin aveva partecipato alla campagna del 1812 contro i francesi, e aveva perso una gamba e un braccio. Dopo la guerra aveva deciso di recarsi a Pietroburgo e si reca alla commissione provvisoria locale per ottenere un aiuto, viste le sue condizioni, chiede un sostegno; gli viene assicurato che avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie pochi giorni dopo, e gli viene dato del denaro per supportarsi fino a tale decisione. Ma capendo che tali soldi non potevano bastargli, si reca nuovamente dalla commissione, dalla quale, però, riceve una risposta negativa e dunque viene cacciato. A questo punto, uno dei funzionari gli fa notare che il capitano Kopejkin era sprovvisto di una gamba e un braccio, a differenza di Čičikov; altri, nel frattempo, avevano creato la lungo. Iniziò a notare che i contadini lo imbrogliavano e che le donne chiedevano un alleggerimento del lavoro, e lui, gentile di animo, glielo concedeva, nonostante avesse già reso il loro lavoro molto più facile. Questo ebbe delle conseguenze anche sul lavoro nei campi, dato che Tentènikov non vi prestava più attenzione, fino a quando smise di farlo completamente. Nessuno gli andava più a fare visita, visto che in precedenza si era comportato male con molti visitatori, ma questo non gli pesava: tutti gli davano noia. Una sola circostanza riuscì quasi a risvegliarlo: l’amore. Si era innamorato di Ùlin’ka, la figlia di un generale, e si trattava di una ragazza dall’animo puro, che aveva compassione per tutti ma che sapeva anche irritarsi notevolmente, era libera e affascinante. Il generale, all’inizio, accolse Tentènikov, ma quando questi gli diede del tu, Tentènikov lo interpretò come un segno di superbia e dunque ricambiò il gesto, ma da quel momento i rapporti tra i due si freddarono e l’amore finì appena cominciato. Da lì in poi la sua vita fu solo noia. Un giorno vede una carrozza e si spaventa credendo che fosse un funzionario delle autorità, ed era impaurito in quanto da giovane si era fatto trascinare in una società losca; ma l’ospite si presenta come un viaggiatore della Russia, che la sua carrozza era rovinata e dunque aveva bisogno di un posto dove fermarsi e si presentò come aveva già fatto in precedenza: che aveva sofferto per la verità e che era stato costretto a mutare molti impieghi. Ovviamente era Čičikov. Venne invitato nella casa e i due strinsero un bel rapporto: inizialmente Tentènikov era preoccupato che l’ospite potesse interrompere i suoi attimi di solitudine, ma Čičikov non infastidiva mai il padrone e se ne restava da parte e dedicava il suo tempo ad altro. Difatti, era solito camminare molto e parlava con tutti, e molte volte gli veniva in mente di diventare anche lui un proprietario terriero. Durante il corso del suo soggiorno lì, Čičikov confessò varie volte che l’unica cosa che mancava a Tentènikov era una compagna di vita, e quando Tentènikov gli spiegò quanto accaduto, Čičikov decise di recarsi lui stesso dal generale per risolvere la faccenda. Capitolo 2 Čičikov si diresse dal generale Betrishčev che aveva tante buone qualità quanto difetti: era magnanimo e generoso ma allo stesso tempo stravagante, vanitoso e orgoglioso. Čičikov gli spiega che era ospite di Tentènikov e proprio di lui parla, portandogli le sue scuse, ma in realtà per il generale non era una questione importante e si era anche dimenticato dell’accaduto; inoltre, lo informa della stesura di un’opera sulla Russia e in particolare sui generali (cosa non vera) e questo cattura subito la sua attenzione. A questo punto entra la figlia del generale, da cui Čičikov rimane ammaliato. Viene invitato a pranzo e chiede un favore al generale: inventa che aveva uno zio decrepito con una proprietà e molti contadini, ma che per sua vanità non voleva cedergli tale possedimento, e dunque gli chiede di vendergli le sue anime morte, così che potrebbe presentare allo zio l’atto di vendita e passargli l’eredità. Il generale accetta. Qui manca un pezzo del libro: manca la riconciliazione di Betrischčev con Tentènikov, il fidanzamento di quest’ultimo con Ùlin’ka e infine Čičikov, su incarico del generale, si reca dai parenti di lui, ai quali deve annunciare il fidanzamento della figlia, e si dirige dal colonnello Koškarëv. Capitolo 3 Čičikov si dirige dal colonnello Koškarëv. Rimase estasiato dal paesaggio: lunghe distese di verde, con mulini e tulipani e ogni tipo di albero, da cui filtrava la luce. Nei pressi di un lago si trovavano degli uomini e Čičikov si avvicina pensando che fosse il colonnello, ma ben presto scopre che si trattava di Pëtr Petrovič Petùch, che si era recato lì per pescare e dunque lo invita a pranzare da lui. Viene a sapere che lui e la sua famiglia ben presto si trasferiranno a Pietroburgo, e Čičikov iniziò a pensare che avrebbero tutti sperperato i propri soldi nella grande città. Mentre si trova lì in casa giunge anche Platòn Michàjlovič, da cui Čičikov rimane ammaliato per la sua bellezza, ma ben presto scopre che il ragazzo era annoiato da tutto e che passava le intere giornate nella più completa indifferenza. Iniziarono a pranzare e dopodiché Petùch si addormentò: nel frattempo Čičikov e Platòn Michàjlovič conversano, e Čičikov, per distrarlo dalla noia, lo invita a viaggiare con lui, ed egli accetta. Petùch, una volta risvegliatosi, li invita a restare lì per la notte, e la stessa sera svolgono una gita sul fiume. Il mattino seguente Čičikov e Platòn Michàjlovič si mettono in viaggio e quest’ultimo chiede di allungare un po’ la strada per andare a trovare la sorella e il cognato, Konstantìn Fëdorovič Kostanžoglo. Čičikov subito nota le vaste distese di terra ben curate e i numerosi alberi lì presenti, e Platòn Michàjlovič gli spiega che il cognato ha una vasta cultura sulla campagna, difatti conosce le qualità del terreno, da lui non c’è mai siccità e nessuna carestia; anche il villaggio era ben tenuto, e la casa padronale era spoglia, a indicare che gran parte della vita dell’uomo si svolgesse in campagna. I due si presentano e Čičikov subito gli chiede di insegnargli la sapienza necessaria per guidare un’azienda agricola e dunque Konstantìn Fëdorovič Kostanžoglo lo invita a restare lì per la notte e il giorno seguente così da poter mostrargli il suo lavoro, ma Čičikov confessa di dover andare a visitare il colonnello Koškarëv su istruzioni del generale Betrischčev, e dato che si trovava nelle vicinanze, si dirige da lui. Il colonnello lo accolse con straordinaria gentilezza e all’apparenza gli sembrò il più affabile uomo che si potesse incontrare: cominciò a lamentarsi delle fatiche che gli costava il suo desiderio di elevare la tenuta al moderno livello di benessere e che i contadini non comprendevano che anche loro potevano dedicarsi a passatempi più raffinati come la lettura o strumenti musicali. Čičikov gli offre di acquistare le sue anime, ma il colonnello Koškarëv insiste che tutto venga fatto secondo la legge e dunque Čičikov è costretto a recarsi in diversi uffici, ma non trova nessun funzionario, e quando il colonnello lo viene a sapere lo rassicura dicendo che affiderà la pratica a una persona di fiducia. La risposta è negativa in quanto tutti i contadini erano già stati venduti. Čičikov torna da Konstantìn Fëdorovič Kostanžoglo irritato da quanto accaduto e dunque inizia una discussione sull’installazione di fabbriche nei possedimenti terrieri: Konstantìn Fëdorovič Kostanžoglo critica tale pratica, essendo dell’idea che screditasse il lavoro di possidente terriero, e si giustifica affermando che da lui le fabbriche sono nate per necessità, così da non sprecare i prodotti ma ricavarne altri e dunque un profitto. Critica anche le scuole, in quanto per lui non condurranno a niente e gli scolari non faranno nient’altro che ubriacarsi; i contadini, a detta sua, dovevano prima essere istruiti a essere buoni agricoltori, e in seguito civilizzati. Per lui lavorare la terra era la cosa più importante. A questo punto tutti si dirigono a pranzare e Kostanžoglo propone a Čičikov di acquistare il possedimento d’un suo vicino, il proprietario Chlobuev, e che lui non lo aveva fatto per porsi dei limiti, dopodiché commenta le critiche a lui rivolte, in quanto molti lo consideravano un avaro, ma si giustifica dicendo che se un uomo fosse venuto da lui e avesse presentato dei seri motivi per avere un prestito, lui lo avrebbe fatto senz’altro; infine, sottolinea che non bisognava lavorare per arricchirsi velocemente, ma bisognava farlo per amore. Čičikov lo elogia per i suoi discorsi, chiamandolo un uomo ingegnoso, ma Kostanžoglo afferma che l’unico uomo ingegnoso che conosceva era il loro appaltatore, Murazov. Quella stessa sera, Čičikov iniziò a pensare di acquistare il possedimento del proprietario Chlobuev, chiedendo un prestito da Kostanžoglo. Capitolo 4 Il giorno dopo tutto si svolse nel miglior modo possibile. Kostanžoglo gli diede il prestito e si propone anche di accompagnarlo insieme a Platonov, e appena giunti lì Čičikov nota subito che nonostante il possedimento fosse vasto, si notavano i segni dell’abbandono. Kostanžoglo subito informa Chlobuev dell’acquisto che Čičikov desiderava fare, e dunque il proprietario mostra loro l’intera tenuta. Durante la visita, i tre parlano di diversi argomenti: innanzitutto, Chlobuev racconta della sua situazione disastrata, in quanto anche vendendo la tenuta, il denaro sarebbe appena sufficiente per saldare i suoi debiti; inoltre, nessun altro ufficio lo assumerebbe data la sua età; Kostanžoglo critica le scelte di Chlobuev, accusandolo di aver fatto sì che i contadini si abbandonassero ai vizi e che non aveva ben coltivato le terre. Alla fine, Kostanžoglo se ne va e rimangono da soli Čičikov e Chlobuev, e quest’ultimo confessa che non era riuscito a disciplinare i contadini perché lui stesso conduceva una vita sregolata, ed entrambi si interrogano da cosa dipendesse il fatto che l’uomo russo, se non tenuto d’occhio, si trasformasse in un ubriacone e un furfante, e arrivano alla conclusione che fosse perché il popolo russo non era saggio. Alla fine, la proposta di vendita viene fatta e dopo aver contrattato per il prezzo giungono a una conclusione e il possedimento viene venduto, per poi festeggiare tutti insieme. Dopo essersene andati, Čičikov era gioioso del suo acquisto, così da poterlo sia impegnare e sia coltivare egli stesso; era assolutamente pieno di soddisfazione di essere finalmente diventato un proprietario terriero. Nel frattempo, erano giunti anche dal fratello di Platonov, Vasilij. Quest’ultimo chiede subito cosa fosse successo al fratello, in quanto erano giorni che non aveva sue notizie, e Platonov gli spiega di essersi messo in viaggio con Čičikov e tutti insieme si siedono nel giardino per poter gustare dei sidri, e Vasilij riconosce che Čičikov era una brava persona. Viene tirato nel discorso un certo Lenicyn, che si era appropriato di un possedimento caro ai due fratelli, e dunque Čičikov si propone di recarvisi lui stesso. Gli propose lo stesso affare delle anime morte, e Lenicyn approvò solo quando suo figlio rovinò il vestito di Čičikov. Capitolo 5 Čičikov aveva, dunque, approfittato di tutte quelle occasioni, e decise di rimanere lì ancora un po’, sapendo che presto si sarebbe svolta una fiera propriamente aristocratica. Si reca da un mercante per comprare degli abiti, e lì incontra sia Chlobuev, sia Muzarov e sia Lenicyn; quest’ultimo invita Chlobuev a casa per parlargli. Lenicyn si informa della situazione di Chlobuev, pensando che la morte della zia gli avesse assicurato un’eredità sufficiente per risolvere tutti i suoi problemi, ma Chlobuev si trovava ancora sommerso dai debiti; dunque, Lenicyn gli chiede come risolverebbe la situazione se ne avesse la possibilità, e Chlobuev confessa che prenderebbe in affitto un appartamento e si occuperebbe dell’educazione dei figli, ma Lenicyn è contrariato dalla cosa, in quanto questo significherebbe non solo vivere nell’ozio, ma anche ricevere un’istruzione da qualcuno che non era istruito affatto. Alla fine, gli confessa che si era recato in un monastero e lì era venuto a sapere che si cercava qualcuno per viaggiare per l’intero paese così da raccogliere la colletta per la chiesa, e lo rassicura dicendo che lui stesso si sarebbe occupato della moglie e dei figli. Chlobuev era inizialmente diffidente della proposta, data la sua età, ma alla fine decide di accettare. Nel frattempo, nei tribunali si era verificata una catastrofe: erano giunte tantissime denunce a carico di Čičikov e il giureconsulto gli aveva mandato un biglietto rassicurandolo che non era cosa di cui preoccuparsi, ma una volta tornato a casa delle guardie lo trascinarono dal generale-governatore. Quest’ultimo lo accusa di aver commesso un atto di frode, e che era addirittura convinto che nel corso della sua vita non avesse mai compiuto un’azione onesta; Čičikov chiede pietà ma il principe obbliga alle guardie di portarlo in prigione, e per la via incontra Murazov, che si ripresenta dopo quando Čičikov si trova già in cella. Qui inizia una passionale conversazione tra i due: Čičikov gli confessa che era stato il diavolo ad avergli fatto compiere quelle azioni, ed era preoccupato perché il suo cofanetto, che racchiudeva tutte le carte e le informazioni su cui aveva lavorato per anni, era stato lasciato a casa e dunque non c’era modo di recuperarlo; si lamenta poi del suo destino, dato che aveva trascorso tutti quegli anni a mettere insieme centesimo su centesimo, così da avere qualcosa da lasciare alla moglie e ai figli, e che non aveva compiuto nessuna azione spregevole, dato che aveva preso unicamente dai ricchi.
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