Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto dettagliato "L'educazione motoria nella scuola primaria", A. Ceciliani, Sintesi del corso di Educazione Fisica

Riassunto dettagliato del testo di Andrea Ceciliani "L'educazione motoria nella scuola primaria" per l'esame di Metodologia e didattica dell'attività motoria (SFP unibo) anno accademico 2022/23.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 20/06/2023

chia.dominici
chia.dominici 🇮🇹

4.6

(9)

17 documenti

1 / 43

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto dettagliato "L'educazione motoria nella scuola primaria", A. Ceciliani e più Sintesi del corso in PDF di Educazione Fisica solo su Docsity! L’EDUCAZIONE MOTORIA NELLA SCUOLA PRIMARIA Riassunto del testo di Andrea Ceciliani Ciascuno di noi è corpo-in-relazione e questo ci fa capire quanto il nostro modo di leggere e comprendere la realtà sia cinestetico, fatto cioè di movimento e sensazioni. Il linguaggio è il modo in cui diamo forma alle nostre esperienze, le facciamo diventare conoscenza. A questo serve l’educazione. E’ necessario accorgersi del corpo del bambino che va a scuola, della sua presenza fisica, e quindi non rivolgersi solo alla sua testa. Infatti, la scuola finisce per mortificare la didattica perché non si accorge quanto la valorizzazione del corpo e del movimento sia un formidabile dispositivo di sviluppo dell’intelligenza (non solo motoria). Embodied cognition ->> teoria per cui i processi cognitivi sono influenzati e per molti aspetti dipendono da come il corpo li ha vissuti, li ha attraversati. Che si tratti delle lettere dell’alfabeto o di una legge della fisica, quando il corpo è attivamente coinvolto in un “ambiente di apprendimento” (indoor o outdoor), ricco di interazioni, l’apprendimento è reso più significativo; potremmo dire che mette radici. Le esperienze educative non possono prescindere dal coinvolgimento del corpo e dell’agire, come espressione della persona che ogni bambino è in ogni momento e contesto della giornata scolastica. Through Movement ->> “attraverso” il corpo in movimento si possono sviluppare apprendimenti specifici, ci si può porre domande sul perché e sul come avvengono certi fenomeni che si percepiscono con/nel proprio corpo, nell’azione e nella relazione con gli altri e con l’ambiente. L’educazione fisica è un ambito ricchissimo di possibilità didattiche interdisciplinari. Il suo compito specifico è quello di sviluppare nel soggetto le abilità e le competenze del corpo in movimento, ma essa è anche in grado di intercettare suggestive connessioni didattiche con le scienze, con l’educazione estetica, figurativa ecc. Può quindi divenire un “valore aggiunto” in relazione reciproca con altri saperi coinvolti in un processo didattico di interazione aperta, forse più difficile da governare rispetto alla normale logica curricolare. Il problema del misconoscimento delle potenzialità didattiche dell’attività motoria e dello sport nel nostro sistema scolastico è dovuto da una parte a una pedagogia neoidealista che ha relegato il corpo a “zavorra”, d’altra parte lo ha definito come di basso profilo rispetto alle superiori facoltà intellettive. La questione è che non si tratta solo di “educazione fisica”, “prestazione atletica” o “abilità motorie”, ma di cultura sportiva, cioè di riconoscere che questa cultura è parte della nostra civiltà, quella dove sono nati il teatro e la filosofia, la democrazia e l’arte classica, o le Olimpiadi. Nella scuola c’è quindi bisogno di sport, che insieme alle sue pratiche sviluppi la sua cultura, fatta di educazione al benessere, al fair-play, alla sana competizione. La pedagogia dello sport è insieme etica ed estetica! Non è possibile pensare a una didattica solo curricolare, svolta in aula, ma a un suo ampliamento aperto alle possibilità che il territorio e la sua organizzazione mettono a disposizione per sostenere e integrare l’esperienza scolastica. A fronte di bambini anestetizzati da abitudini sedentarie e adulto-dipendenti, l’educazione motoria deve riattivare il piacere e il gusto dell’agire, del mettersi in gioco, sviluppando piena fiducia nelle proprie competenze operativo-procedurali e nella consapevolezza di autoefficacia motoria. CAP. 1 – PEDAGOGIA E DIDATTICA DELLA CORPOREITA’ “corporeità”: dal latino “corporeo” cioè avere un corpo e anche l’essere corpo. La riflessione fenomenologica mira a sottolineare il carattere di esperienza vissuta proprio della corporeità, la sua capacità di costituirsi come presa di coscienza del nostro essere nel mondo. Piero Bertolini con il termine “corporeità” indica un sinonimo di “corpo” quando è strettamente correlato al concetto di esperienza vissuta, interconnesso con il mondo della vita, esso è il luogo centrale dell'esistenza e della costruzione dell'esistenza. Il corpo proprio permette la complessa vita percezionale del soggetto, e insieme quella di essere il tramite necessario per l'espressione della sua intima realtà spirituale. Si tratta infatti per ciascun individuo di riconoscere al proprio corpo tutta la sua importante funzione di costruzione della personalità, e per l'educatore di favorirne l'adeguato sviluppo. Secondo Nietzsche un atteggiamento proprio dal cristianesimo è stato quello che ha costruito un sistema morale basato sul disprezzo del corpo, in quanto sede del peccato, degli istinti più bassi. È dunque Nietzsche il primo a ribaltare la questione, attribuendo al corpo una centralità imprevedibile; il corpo è vita, rinunciare a esso, negarlo o sacrificarlo in una visione di oggetto contenitore dell'anima significa perdere il legame con la vita stessa. La critica di Nietzsche non sana del tutto la frattura tra razionalità e la sensibilità istintuale. La fenomenologia, con Husserl richiama l'attenzione sul carattere vissuto dell'esperienza ricostruendo una relazione tra corpo e coscienza, all'interno di ciò che viene detto “mondo della vita”. Il corpo è quindi ciò in base al quale la coscienza del soggetto percepisce il mondo, si rapporta esso secondo una modalità di interazione reciproca. Alla radice di ogni esperienza c'è una relazione concreta, tra un soggetto che è corpo, e tutto ciò che è in qualche modo esterno al soggetto. Il contributo della riflessione fenomenologica di Husserl e in particolare degli sviluppi che ha avuto in Italia nel pensiero di Bartolini e dei suoi allievi, non è solo la capacità di ricomporre l'unità tra corpo e coscienza, ma sta soprattutto nel riportare la centralità del corpo nella relazione tra ciò che io sono (il mio corpo vissuto) e ciò che io esperiscono del mondo. È dunque una relazione fondativa, imprescindibile perché il corpo non è una dimensione del soggetto, è il soggetto nella sua complessità. Il corpo è il veicolo del mondo: un corpo che incominciando a conoscere sé stesso il mondo coglie la sua connaturata ambivalenza, la capacità di essere soggetto e oggetto nel medesimo tempo. Husserl parla di Lieb cioè il corpo proprio, presente alla nostra coscienza, e il Korper, il corpo percepito come esterno alla coscienza. La “pedagogia della corporeità” pone attenzione educativa e progettuale verso il corpo vissuto (io- corpo), il Lieb, in relazione al mondo, e tutte le dimensioni pedagogico-didattiche di tale relazione. Embodied education -> tutte quelle esperienze educative in cui hai i soggetti è consentito di esercitarsi a prendere coscienza della propria esperienza vissuta. Questo concetto ha una ricaduta immediatamente empirica, operativa e pratica: descrive un elemento dell'identità del bambino, dell'adulto in generale (del soggetto in carne ed ossa) continuamente presente e decisivo, eppure tanto trascurato nell'educazione formale. Qualsiasi esperienza e in relazione a questo corpo, ed è questa relazione che ci costruisce come soggetti. L'approccio fenomenologico costringe a non frammentare l'identità, ha considerarla un unicum costruito dalla relazione tra corpo, mente e coscienza. Anzi, si è spinta ancora più in là spostando la questione oltre il corpo, con la relazione di reciprocità tra soggetto e mondo della vita, e portando a immaginare una posizione di inseparabilità tra me e il mondo. Pedagogia della corporeità -> rivolgere l'attenzione al corpo vissuto e come dire occuparsi della persona nella sua unita indivisibile. La pedagogia della corporeità aggiunge un interesse ulteriore, il bisogno di educare più attentamente alla sensibilità percettiva, alla consapevolezza di ciò che siamo e alla nostra unitarietà, o forse di rieducare e rieducarci. È interessata a recuperare l'attenzione per vissuto e tornare a imparare a essere lumache, contro i tempi dettati da una scuola che conosce ancora ritmi imposti dalla società industriale. Per riuscire a lavorare sul tempo del corpo nella didattica occorre fare due tipi di sforzo progettuale: - provare a calibrare le attività con un ritmo sensato, immaginando momenti di recupero e attività “cerniera”, - prepararsi a non stare dentro al tempo previsto, allargarsi, fermarsi, spostarsi, essere flessibili. La cosa interessante quando si lavora con i bambini e che il tempo oggettivo, quello dell'orologio, sembra non esistere. Sono i loro corpi a dirci se stanno condividendo l'esperienza insieme a noi. Mentre raccontiamo una storia e la raccontiamo con cura, il tempo si ferma. Nella progettazione del nostro setting occorre dare rilievo a quel tempo, magari sollecitare e insegnare qualche nuovo gioco, oppure riproporre giochi appresi in palestra o nei laboratori corporei. In quel tempo l'adulto deve rimodulare l'intervento trovando un equilibrio, ma quel momento sarà un momento di piacere reale. Il tempo del corpo è scandito da ritualità, che aiutano e rassicurano i bambini e permettono la costruzione di un senso del tempo che è identitario. I rituali, la ritualità in generale, sono elementi del tempo vissuto da costruire perché in questo tempo c'è un'autonomia e una libertà (regolata dal gruppo) che favorisce l'espressione della propria corporeità. Anche durante la mensa è necessario dare tempo, abitudini e riti. Tutto questo li educa al movimento, all'autonomia, alla responsabilità, e alla sostenibilità. Il tempo del corpo è anche quello del riposo, del silenzio; garantire al bambino tempi e spazi di autoregolazione sembra impossibile, ma è difficile che un corpo stanco possa essere coinvolto nei processi di apprendimento. Perciò, la stanchezza va riconosciuta, educata e valorizzata, creando uno spazio morbido nel quale sia prevista. Allo stesso modo occorre progettare momenti di solitudine, nei quali i bambini imparino a fare i conti solo con sé stessi e a sentirsi, e momenti di grande e di piccolo gruppo, in modo che la variazione delle metodologie di lavoro o di svago contribuisca a sperimentare dimensioni corporee di relazione con l'altro che sono fondamentali non solo per l'apprendimento del sapere ma anche per quello di competenze sociali. Il Lieb è compreso nell’esperienza vissuta. Per questo motivo, deriva la necessità di una didattica quotidianamente attenta alla costruzione del sé, dunque di un'identità che è prima di tutto fisicamente agita. Ecco perché progettare ambienti di apprendimento e setting didattici nei quali il corpo e le funzioni percettive siano continuamente accolti, educati, stimolati e attivi. Si tratta di una didattica attenta all'esperienza e alla relazione. L'attenzione al corpo presente in tutte le discipline ha comunque prodotto tutta una serie di teorie e di impostazioni pedagogiche e didattiche che hanno il merito di sottolineare quanto la dimensione fisica contribuisca ad arricchire cognitivamente il bambino. Il corpo ha una valenza formativa educativa, viene inteso come mediatore, dispositivo d'azione che facilita o potenzia l'acquisizione di conoscenza. Essere attenti all’identità del bambino significa favorire esperienze autenticamente vissute, corporee. Ad esempio, la dimensione non verbale e sociale della comunicazione è esaltata dalle performing arts: si tratta di introdurre nella prassi didattica i linguaggi artistici che hanno una dimensionalità complessiva e globale. Ciò comporta l'attivazione di tutti i canali sensoriali e non può prescindere dal movimento corporeo e dalle emozioni. Insegnare le diverse discipline attraverso le arti performative valorizza l'attivazione di processi di apprendimento che combinano le varie dimensioni. Non si tratta di fare didattica con il corpo, ma di fare didattica incorporando consapevolmente i saperi e le competenze. In altre parole, garantendo sempre ai bambini una relazione concreta e diretta verso la realtà che si sta costruendo e sperimentando, avendo cura di riflettere con loro come ciò avvenga, cosa sentono e percepiscono le loro mani, i loro occhi e via dicendo. Cosa dovrebbe fare l’insegnante? Ampliare le tecniche di osservazione e gli strumenti provenienti dalle discipline motorie, formandosi prima di tutto alla propria corporeità, per costruire setting di didattica quotidiana nei quali i bambini sono accolti nella loro interezza. Quando il setting didattico si basa sulla consapevolezza di non poter prescindere dal corpo pretende dall'insegnante una sensibilità e un'attenzione specifica sui bambini. Un'attenzione che necessita progettazione, intenzionalità, osservazione e cura, non soltanto dei saperi ma anche delle relazioni che si instaurano tra i bambini e con l'ambiente, delle modalità linguistiche con le quali si mediano i saperi e il valore che questi hanno nella vita di un bambino. Il senso e il valore che le scelte dell'adulto spostano lo sguardo dal qui e ora a un futuro non troppo prossimo! Saper comunicare con il corpo e la voce in maniera efficace ed accattivante, privilegiare la narrazione didattica alla semplice descrizione e saper descrivere i progetti didattici come una vera e propria sceneggiatura sono competenze professionali e personali fondamentali. È necessaria poi una buona capacità di gestione del gruppo e di costruzione di regole condivise: il docente è un regista meticoloso. In sintesi: - lavorare sugli spazi della scuola interni ed esterni in modo flessibile e attraverso percorsi di co-costruzione simbolica e sociale; - dare senso e significato all'abitare le scuole anche attraverso piccole abitudini di riordino e pulizia; - progettare e garantire tempi più lenti e flessibili, ripensarlo come tempo dei bambini diverso da quello dell'adulto, che può portare il bambino a manipolare i saperi, rielaborarli e connetterli al proprio mondo; - privilegiare l'esperienza diretta e la naturale esplorazione dei bambini attraverso l'utilizzo di metodologie didattiche attive e diversificate; - progettare diversi “laboratori del corpo” con l'obiettivo di aumentare le ore dedicate all'educazione alla corporeità, per riconoscere una valenza strategica ai codici non verbali e trasferire nella quotidianità il sapere appreso, il contatto e la consapevolezza del proprio corpo; - valorizzare la connessione tra le competenze emotive e sociali riconoscendone il profondo legame con la corporeità e l'apprendimento, il corpo è il testimone; - esaltare la mediazione del corpo nelle diverse discipline e campi di esperienza, la corporeità e il movimento sono elementi fondativi del processo di insegnamento e apprendimento; - mantenere attiva la riflessione sulle routine quotidiane in quanto è nella gestione della ritualità che la didattica della corporeità assume forma e valore: cercare di non avere quasi mai situazioni di immobilità, ma un movimento costante orientato alla condivisione e alla costruzione del gruppo. CAP. 2 – ATTIVITA’ MOTORIA TRA SPECIFICITA’ E TRASVERSALITA’, COSTRUTTI FORMALI ED INFORMALI Parlare di attività motoria significa, in termini educativi, riferirsi allo sviluppo della persona e della sua personalità. Corporeità e movimento esprimo l'essere e il divenire del soggetto attraverso azioni, emozioni e cognizioni nella continua relazione di sé al mondo. Una relazione determinata dall'intelligenza motoria. Dall'atto motorio originano funzioni prassiche, logiche, concettuali e simboliche, che determinano uno sviluppo culturale aperto alle diverse pratiche umane: musica, danza, mimo, arti professionali, sport. Il successo formativo, dunque, non può prescindere da esperienze con forti connotati dinamici e partecipativi, in cui corporeità e attività motorie fungono da collegamento tra persona e situazioni di apprendimento, in tutto il curriculum scolastico e soprattutto nei bambini. L'aula scolastica non può più essere il luogo dicotomico tra mente e corporeità! La valorizzazione dell'esperienze, il loro livello di consapevolezza, di conoscenza, non può prescindere da una circolarità in cui mente e azione integrino modelli di conoscenza speculativa a modelli di partecipazione concreta, in un connubio caratterizzato da teoria in azione. La valorizzazione della corporeità è anche importante per lo sviluppo delle competenze civiche e di cittadinanza. Gli insegnanti devono formarsi per avere competenze didattiche aperte all'utilizzazione delle attività motorie come modello pedagogico inclusivo e motivante per ciascuna persona. La prima organizzazione fisica del mondo si sviluppa in stretta reciprocità con percezione e motricità: “non vi è alcuna percezione che non fa riferimento al corpo che agisce, vi è una co- emergenza di azione e conoscenza” e il corpo diviene mezzo e mediatore di conoscenza. La cognizione è fondata sull'attività dell'intero organismo, dunque il corpo radica l'uomo nel mondo. È in rapporto al nostro corpo, infatti, che situiamo le persone, gli oggetti e ne costruiamo una rappresentazione. Le neuroscienze parlano di embodied simulation cioè il modello della simulazione incarnata: la molteplicità di meccanismi di rispecchiamento e risonanza che si identificano nel sistema cervello-corpo sulla base di circuiti automatici. I neuroni specchio consentono una conoscenza non verbale e non concettuale che riduce la distanza tra noi e il mondo. La persona è dunque soggetto incarnato e le relazioni si materializzano attraverso il corpo nelle molteplici modalità e forme espressive. La persona è espressione dell'indiadi “io e corpo”. Il corpo, infatti, ha potenzialità espressive e comunicative che si realizzano in un linguaggio avente struttura e regole proprie: i gesti mimici sostituiscono o sottolineano una parola, mantengono la conversazione, esprimono sentimenti ed emozioni, accompagnano la fruizione musicale; spazio e tempo sono legati tra loro nell'esperienza del movimento, le cui caratteristiche di durata, estensione e rapidità costituiscono elementi di analisi degli stessi movimenti e dei loro criteri interpretativi ecc. Il movimento si intreccia con l'organizzazione di segni gestuali, motori, corporei, attraverso azioni intenzionali, cognitive, sin dai primi mesi di vita. Si tratta di lavorare sulla Gestalt corporea, sull'immagine corporea che ci formiamo nell'intelletto e nelle nostre sensibilità sentimentali e quindi sull'acquisizione degli schemi corporei. Pertanto, le aree di prossimità corporee per la mediazione cognitivo-affettiva relazionale nello sviluppo dei processi di conoscenza si collocano su tre principali versanti: 1. l’”oggetto”, con attenzione al corpo nei suoi aspetti biofisici (la corporeità quale valore estrinseco della persona); 2. le “interazioni” cognitive, con attenzione al movimento nelle sue varie forme e modalità, alla base dei costrutti cognitivi, affettivi e relazionali e delle trasformazioni di sé nel mondo e del mondo attraverso l’azione di ogni persona; 3. il “soggetto”, con attenzione alle varie forme di espressione della persona nella sua corporeità e personalità (linguaggi non verbali, nuovi contesti mediali e multimediali). L’attività motoria è una conditio sine qua non, cioè una condizione senza la quale non vi è evoluzione per l’essere umano stesso. Inoltre, porta all'affinamento delle proprie caratteristiche in termini di specificità nessuno escluso. Va considerato, infatti, che l'azione motoria e primitiva e preesistente rispetto alle altre forme di intelligenza ed è intrinseca a se stessa. Quella motoria e l'intelligenza originaria che contiene in sé tutte le altre e va pertanto valorizzata in tutte le esperienze formative e scolastiche informa sia specifica, come si conviene ogni sapere disciplinare, ma soprattutto in forma trasversale. Nell'esperienza preconcettuale, infatti, la persona organizza il suo rapporto con la realtà attraverso il proprio corpo. Sono gli schemi motori e d’azione che favoriscono lo sviluppo dei processi di rappresentazione e concettualizzazione. Gli schemi corporei sono, difatti, il frutto delle interazioni con la realtà e rendono possibile la comprensione della realtà stessa attraverso la costruzione dei concetti. La valorizzazione del gioco motorio, a partire dalle sue discipline si possono raggiungere i traguardi di competenza in maniera cooperativa e collaborativa, dando vita a una didattica embodied che si arricchisce della dimensione del learning by doing, anche in forma laboratoriale ed esperienziale. Il bambino deve divenire consapevole del proprio corpo come bene di cui prendersi cura. Il corpo diviene quindi elemento trasversale di una didattica volta valorizzare le esperienze, le diversità, le interazioni, i contenuti particolari, le intelligenze multiple, in un'ottica esperita che, in netta circolarità con la mente, mostra il costante intreccio tra corpi e ambiente. Nel corpo e tramite il corpo la persona si forma e cerca di realizzarsi. David Kolb, riprendendo Piaget, Dewey e Lewin, parla di “apprendimento esperienziale” attraverso un modello a quattro fasi sequenziali: - esperienza concreta; - osservazione; - riflessione; - concettualizzazione astratta e esperimentazione attiva. ->> apre nuovi scenari per lo sviluppo di una didattica incorporata che si fonda su corpo e movimento, da una parte per sviluppare requisiti fondamentali e determinati apprendimenti, dall'altra, per raggiungere apprendimenti significativi nelle varie aree disciplinari. Prerequisiti motori all’apprendimento alla scrittura (pag. 60) La scrittura non è una “questione di manualità”, ma un processo complesso in cui aspetti spaziali, grafici, motori e percettivi si intrecciano per ottenere una scrittura in corsivo fluida, chiara, leggibile, ben disposta nella pagina, per consentire l'accesso diretto alla funzione semantica della scrittura. Scrivere richiede una serie di requisiti, generali e specifici, che necessitano di un'attenzione al motorio specifica, da attuare a partire dalla scuola dell'infanzia. Le abilità motorie sono resistenti al cambiamento e devono essere sviluppate accuratamente nelle prime fasi di sviluppo, ai fini del successivo apprendimento della scrittura. Alla base di ogni tipo di movimento ci sono la stabilità e il controllo della postura, cioè la posizione che il corpo umano assume nello spazio, quando è in una condizione prevalentemente statica. Il bambino deve acquisire consapevolezze relative al senso e controllo di sé e del movimento. Il docente deve, in continuità con quanto già fatto nella scuola dell'infanzia, sollecitare le abilità visuo-percettive (discriminazione delle forme, organizzazione spaziale, esplorazione visiva orientata), sollecitando poi il bambino a cercare di riprodurre sul foglio i movimenti. L'attività motoria ben organizzata e attenta agli elementi sopra evidenziati svolge un'azione regolativa e preventiva, e aiuta a leggere i segnali di eventuali problemi disgrafici che si evidenziano durante i primi anni della scuola primaria. La matematica (pag.64) Vi sono alcuni concetti chiave che non possono essere afferrati solo logicamente, ma che vanno agiti (spazio, tempo e logica) e di cui il corpo rappresenta il punto zero, così come sostenuto da Husserl. Spazio, tempo e logica reggono tutta la matematica, ma secondo alcuni autori sono categorie indispensabili per la massima parte delle discipline. Sono categorie indissolubilmente legate alle concezioni motorio-corporee: questo significa che se l'individuo non riesce ad avere delle concezioni relative sia al proprio corpo, sia alla propria motricità non riesce a conquistare queste categorie. Dunque, esse risultano indispensabili, soprattutto se legate ad un approccio interdisciplinare. I bambini possono esplorare le conoscenze attraverso varie opportunità, collegando le conoscenze alle esperienze della vita reale; questo perché i bambini apprendono soprattutto attraverso modalità cinestetiche, utilizzando cioè il movimento e il gioco come mediatori principali. In particolare, lo svolgimento di attività manipolative non solo incrementa l'apprendimento dei concetti e l'abilità alla risoluzione dei problemi, ma promuove anche un'attitudine positiva verso la matematica, che in questo modo viene collegata a esperienze concrete che permettono di focalizzare l'attenzione e aumentano la motivazione. Dal punto di vista didattico è utile nella scuola primaria muoversi dal concreto all'astratto, favorendo la memorizzazione dei concetti teorici attraverso il vissuto e l'esperienza personale. Esistono diversi modi per favorire l'apprendimento della matematica e tutti gli esempi riportati evidenziano che nella scuola primaria, il movimento è un elemento trasversale alle discipline e può rappresentare la risposta giusta in un contesto in cui i bambini sono sempre più sedentari e necessitano di esperienze concrete e con cui attrezzarsi ad affrontare il mondo. 1. La corporeità è l’espressione piena del farsi-divenire-essere della persona che attraverso il movimento, nella sua poliedricità, produce azioni, cognizioni, relazioni, sentimenti, consapevolezze e metacognizioni di sé in relazione al mondo. 2. Gli atti motori sono alla base dello sviluppo degli schemi motori, prassici, cognitivi, logici e infralogici, della costruzione dei sistemi culturali, concettuali e simbolici. 3. L’intelligenza motoria è preesistente e persistente a tutte le altre forme di intelligenza e ne favorisce lo sviluppo ed è trasversale. 4. Le attività motorie devono permeare più ampiamente le esperienze educative riducendo così i tempi della sedentarietà e staticità esperienziale, che minano lo sviluppo dei bambini. CAP. 3 – COMPETENZE DELL’INSEGNANTE DI EDUCAZIONE MOTORIA La competenza del docente non può ridursi né alla semplice conoscenza della disciplina, né con le abilità tecnico-professionali che vengono ricondotte al saper attivare procedure di didattica dell’educazione motoria. Oltre alle conoscenze di settore e abilità didattiche, la terza componente si trova nei tratti personali e individuali del carattere, negli atteggiamenti e disponibilità all’aggiornamento all’autocritica. Il docente deve riuscire ad interagire positivamente e con efficacia nel rapporto educativo con gli allievi al fine di aiutarli, condurli e dirigerli verso l’acquisizione dell’intelligenza motoria o corporeo-cinestetica. La competenza non è semplice conoscenza, ovvero la somma dei saperi dichiarativi e di settore, e non coincide nemmeno con l'abilità, ovvero il “saper fare” o il “sapere procedurale”. Il sapere (le conoscenze) e il saper fare (le abilità) si avvicinano la situazione di competenza quando vengono completate dal saper essere, cioè la personalità del docente. Ci si riferisce alle attitudini di essere persona impegnata, flessibile, empatica, responsabile, disponibile al cambiamento e a mettersi in gioco con spirito di iniziativa, di problem solving, oltre alla predisposizione innata o costruita all'autocritica e alla ricerca continua. Egli deve essere attore completo e motivato affinché gli esiti della sua interazionale azione didattica sollecitino la maturazione di allievi consapevoli e ricchi di quelle abilità motorie che oggi sono importantissime per l'adozione responsabile di stili di vita salutari e funzionali al benessere personale, in tutte le fasi di vita dell'uomo. Le competenze sono quindi infinite e dinamiche, in quanto sempre oggetto di un'implementazione derivante dalle esigenze che la vita presente evidenzia. No competenze del docente! Ma docente competente! Un quarto presupposto implicito riguarda l'elevata percentuale di successo delle azioni intraprese e, nel caso specifico dell'insegnamento, di riuscita dell'azione didattica. Esiste una sorta di percorso formativo che a partire dagli aspetti più concreti delle condotte motorie può sollecitare lo sviluppo di funzioni cognitive trasversali, assimilabili in azioni mentali superiori. Lo sviluppo dell'intelligenza motoria avviene in tutti i contesti formativi in cui il bambino si viene a trovare, formali o informali che siano, caratterizzando la vita sociale nel suo complesso. L’acquisizione delle abilità richiede una loro applicazione in una situazione e l'esperienza maturata in questa rende più consapevoli ed efficaci le abilità stesse (approccio competente). Le capacità sono una componente parziale delle abilità -> il bambino imparerà prima a conoscerle e praticarle in un ambiente facilitato e protetto, quindi stabile; poi attraverso esperienze ripetute tali abilità verranno proposte in contesti sempre più variabili. L'intenzionalità e la flessibilità didattica del docente permetterà quindi la libera applicazione delle abilità motorie da parte del bambino, consentendogli, in esperienze varie e mutevoli, di sollecitare lo sviluppo delle competenze motorie. L'insieme integrato di tali competenze costituirà l'intelligenza motoria, intesa come quella forma di intelligenza preposta per la risoluzione dei problemi che coinvolgono la nostra corporeità nell'agire motorio. È necessario sottolineare che il sapere eseguire bene, in modo efficace e appropriato un compito motorio ben padroneggiato dipende non solo dalle competenze motorie, ma in modo determinante anche da quelle intellettive, emotive, affettive e viene influenzato anche dai rapporti interpersonali. Competenza: una o più caratteristiche intrinseche di un individuo collegate a una prestazione efficace o eccellente, relativamente a un compito motorio o tattico motorio, osservabile e misurabile sulla base di criteri prestabiliti. Quindi capacità degli individui di combinare, in modo autonomo, tacitamente o esplicitamente ed in un contesto particolare, i diversi elementi delle conoscenze e delle abilità che possiedono. Umberto Margiotta: conoscenza e padronanza dello specifico disciplinare, conoscenza e padronanza dei principi e metodologie di sviluppo del curricolo formativo, competenze didattiche, capacità di riflessione e autocritica. La prima forma di interazione è quella corporea ed essa resta per tutto l'arco di vita la modalità principale per l'attivazione del sistema cognitivo-relazionale. Rappresenta quindi il punto di partenza per conoscere, comunicare e agire nell'ambiente. Sono necessarie scelte concrete di valorizzazione, di supporto e di intervento a favore delle attività motorie e sportive a partire dai momenti curricolari dedicati, per allargarsi anche ad altri momenti della giornata scolastica. Ad es. le due ore nella settimana farle separate (1+1), ciò implementerebbe di circa il 6% le capacità motorie, le abilità motorie e gli stili di vita dei bambini. Inoltre, negli altri momenti della giornata: - durante l’attività curricolare di altri contesti disciplinari attraverso strategie di didattica incorporata; - nel passaggio da un contesto disciplinare all’altro (4/6 pause attive a giornata migliorano non solo efficienza fisica ma anche l’attenzione e il rendimento scolastico): allungamento muscolare, autocontrollo respiratorio, mobilità articolare, andature sul posto, passi di danza, giochi sul posto eccetera.; - predisporre gli ambienti fisici all'interno del sistema scolastico; - utilizzare anche ambienti destrutturati, ampliare cioè le ore di educazione motoria verso gli spazi esterni (palestra a cielo aperto), l’outdoor education rappresenta un contesto spazio- temporale fruibile dagli insegnanti non solo per l'attività fisica e ludico-motoria spontanea, ma anche per apprendimenti esperienziali. Tali proposte educative contribuiscono: 1. sviluppo funzionale organico (app. cardiocircolatorio e respiratorio); 2. sviluppo strutturale locomotorio/condizionale (scheletro, muscoli e articolazioni); 3. sviluppo utilitaristico coordinativo (capacità e abilità motorie); 4. sviluppo della competenza di adattamento (adeguamento del controllo motorio all’ambiente esterno); (conoscenza del proprio corpo, del suo funzionamento, fisica del movimento, stili di vita corretti ecc.), comunicativo ed espressivo, di relazione e di cittadinanza. Secondo l'organizzazione delle Nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura l'educazione fisica di qualità è un'esperienza di apprendimento pianificata, progressiva e inclusiva che si sviluppa durante il curricolo scolastico nell'istruzione primaria e secondaria e costituisce la base per un impegno permanente della persona nelle attività motorie e nello sport. Indicatori che evidenziano qualità d’insegnamento: 1. proposta di un ampio repertorio di contenuti e modalità organizzative; 2. trasferibilità dei contenuti in altri ambiti disciplinari o ambienti educativi; 3. aumento del tempo di impegno motorio; 4. feedback; 5. scelta e interazione degli stili d’insegnamento; 6. personalizzazione e adattamento delle proposte motorie e delle modalità organizzative. Una costante rimane poi la valutazione dell'apprendimento e dello sviluppo motorio del bambino. Competenza motoria Possesso, da parte della persona, delle capacità di esibire comportamenti adeguati a un vasto spettro di azioni e situazioni, facendo leva sul repertorio di abilità motorie, tecnico-sportive e mimico- gestuali, conoscenze, comportamenti e atteggiamenti individuali. Non si identifica soltanto con una prestazione motoria o sportiva, ma coinvolge quindi diversi fattori della persona e i loro reciproci rapporti. Esprime quindi l'integrazione di conoscenze (i “saperi” che sottendono l'esecuzione di un compito o di un'attività motoria, le regole, i termini, e le definizioni), abilità motorie (il repertorio dei “saper fare”) e comportamenti/atteggiamenti (“saper essere”) espressi sulla base delle capacità personali. Il rapporto reciproco di abilità motorie, conoscenze e atteggiamenti della persona e la loro applicazione in diversi contesti, scuola ed extra scuola, secondo le capacità individuali, caratterizza la competenza eun agire consapevole. Si richiedono, quindi, abilità motorie, regole sottese a un compito in un determinato contesto, nonché l'adeguamento del proprio agire comportamenti dei compagni di gioco, nel rispetto delle regole degli obiettivi da raggiungere. Una competenza motoria, quindi, è l'utilizzo delle conoscenze (aspetto teorico/astratto) e abilità (aspetto comportamentale concreto) in un contesto reale caratterizzato da una stretta integrazione tra sapere, saper fare, e saper essere. Una competenza si esprime, pertanto, quando la persona riesce ad attivare e mobilitare l'insieme di conoscenze, abilità, comportamenti e atteggiamenti personali al fine di svolgere con successo un compito. In ogni competenza motoria interagiscono quindi tre dimensioni fondamentali e integrate: 1. cognitiva, che riguarda la comprensione di definizioni, termini, concetti, relazioni, teorie ecc.; 2. operativa, che riguarda il repertorio personale di abilità motorie e i livelli di apprendimento raggiunti; 3. emotivo-sociale, poiché coinvolge le disposizioni individuali, le motivazioni, le convinzioni di autoefficacia, gli atteggiamenti che permettono di interagire con gli altri ecc. Nessun movimento umano potrebbe essere compiuto senza un coinvolgimento della persona considerata nella sua unità e nella complessità delle sue funzioni. Esiste uno stretto legame tra l'oggetto dell'insegnamento-apprendimento motorio e le modalità della relazione educativa, poiché gli effetti dell'azione didattica sul processo di apprendimento non sono, esclusivamente, il risultato della partecipazione alle attività pratiche e, quindi, dell'esecuzione di un determinato numero o varietà di contenuti e proposte didattiche. Le valenze formative, infatti, sono mediate dalle interazioni che si attuano tra allievi-insegnanti, allievi-allievi oppure genitori, allievi e insegnanti coinvolti in un progetto curricolare o extracurricolare. È necessario concepire un insegnamento della pratica motoria basato su modelli che rinviano sistematicamente a evidenze scientifiche o a prassi riconosciute come efficaci di qualità. Un modello che gli autori hanno concepito è “lo spettro degli stili di insegnamento” (scuola americana di Mosston e Ashworth). In esso si ripercorrono le diverse modalità in cui, in educazione fisica, si attuano non solo le modalità di proposta dei contenuti ma, attraverso di essi, si realizza la relazione e la comunicazione educativa docente-allievo, allievo-allievo, in contesti scolastici, curricolari extracurricolari e sperimentali. Cosa si intende per stile di insegnamento in ed. fisica? Una modalità attraverso cui si stabilisce la relazione educativa e la mediazione didattica e si propongono i contenuti disciplinari, le modalità organizzative, l'uso di ambienti/strumenti e di spazi/tempi. Di cosa tener conto? - le caratteristiche degli allievi che compongono il gruppo classe; - la diversità degli obiettivi dell'educazione fisica che coinvolgono l'area motoria, cognitiva, sociale della persona, in funzione delle competenze motorie (quindi obiettivi disciplinari, interdisciplinari e trasversali); - la scelta dei contenuti e delle modalità organizzative, il contesto e l'ambiente didattico educativo. È compito dell'insegnante tradurre gli aspetti caratterizzanti della disciplina in azioni educative e didattiche efficaci, programmando, in modo equilibrato, i percorsi didattici finalizzati agli obiettivi. Lo spettro degli stili di insegnamento presenta 10 approcci differenti e graduati, che si snodano tra due poli opposti, in relazione al minore o maggiore grado di autonomia operativa e decisione didattica dell'insegnante e/o dell'allievo, con riferimento alla pianificazione del processo, allo svolgimento e alle modalità organizzative delle attività, alle forme di verifica e valutazione. • I primi 5 sono considerati stili di “riproduzione” • Gli altri 5 stili di “produzione” ->> considerare sempre scopi, attività, contesto, funzioni che vogliamo sollecitare ecc. Gli stili di “riproduzione” caratterizzano un'interazione insegnante-allievo in cui il massimo grado di decisione didattica è attribuita all'insegnante; l'approccio educativo è di tipo “magistrocentrico”. Gli stili di “produzione”, al contrario, attribuiscono all'allievo maggiore autonomia operativa e decisionalità riguardo allo svolgimento di un compito, alla scelta delle varianti esecutive, alla risoluzione di un problema motorio emerso in una situazione; l'approccio educativo è di tipo “puerocentrico”. In educazione fisica, l'utilizzo di differenti stili di insegnamento è necessario per proporre i contenuti e, via via, strutturare le esperienze motorie, motivare gli allievi, favorire la partecipazione e i processi di apprendimento secondo livelli personalizzati. Più precisamente, nell'insegnamento delle competenze motorie l'utilizzo dello spectrum è determinante poiché costituisce una “mediazione” indispensabile per orientare i compiti motori verso il processo di apprendimento di abilità e conoscenze della persona, modulando differenti gradi di autonomia operativa dell'allievo e rispondendo alle motivazioni individuali. Mosston e Ashworth propongono per lo stile di riproduzione: condizioni didattiche chiuse, nelle quali l'insegnante propone ai bambini compiti motori predefiniti e controllabili nei vari parametri, anche le varianti esecutive dei compiti motori sono predefinite e il feedback proviene prevalentemente dall'insegnante. Al contrario, lo stile di produzione propone condizioni didattiche aperte, compiti attività organizzative in cui i bambini possono sperimentare autonomamente, o guidati dall'insegnante, diverse varianti esecutive, spazio-temporali, quanti-qualitative, di un compito motorio e/o combinarle tra loro. Ogni allievo esprime ciò che sa fare con il proprio repertorio motorio: utilizzare gli attrezzi in modo non convenzionale, scoprire spazi operativi, riconoscere e distinguere forme o traiettorie o dimensioni da associare a posture e movimenti, eseguire sequenze e combinazioni motorie non completamente predefinite. Nella comunicazione didattica non tutti gli stili dovranno essere utilizzati ma la loro scelta sarà in relazione agli obiettivi predefiniti e alle esperienze motorie dei bambini. Infatti, non esiste uno stile di insegnamento ideale. Lo spettro degli stili di insegnamento procede lungo un continuum tra due stili opposti: lo stile del “comando”, in cui l'insegnante ha il massimo grado di decisionalità e responsabilità delle scelte didattiche e, lo stile di “autoapprendimento”, in cui l'allievo è l'artefice principale delle decisioni didattiche. Tra i due poli si snodano gli altri stili di insegnamento in funzione sia degli obiettivi cognitivi, motori e sociali, sia della scelta delle attività. Gli stili di riproduzione consentono: - uso efficace del tempo di impegno motorio individuale e di gruppo durante la lezione; - controllo della sicurezza e della disciplina; - memorizzazione del compito motorio; - personalizzazione dei compiti motori. Gli stili di produzione consentono: - autonomia operativa del bambino; - risposte motorie originali e creative; - coinvolgimento cognitivo ed emotivo della persona; - interazione, socializzazione del gruppo; - apprendimenti trasversali; - ridotte possibilità di controllare i parametri di intensità-difficoltà-durata di un compito motorio e i tempi di apprendimento dell'allievo. La quantità di tempo in cui l'insegnante e gli allievi sono impiegati in uno stile di insegnamento in una lezione non è predefinita, ma variabile e contestualizzata all'esperienza in corso. Il metodo non è mai unico ma posto in relazione ai contenuti. L'intenzionalità riguarda la consapevolezza di utilizzare procedure didattiche controllabili e verificabili mediante l'osservazione e la valutazione dell'apprendimento. Gli stili di insegnamento si snodano tra due poli, ma la scelta di questi è anche in relazione alle modalità di apprendimento che l'insegnante intende promuovere prevalentemente nei suoi allievi. In altri termini, lo stile di insegnamento di tipo riproduttivo produttivo e le attività correlate modula e differenzia le possibilità di accedere all'abilità motoria o alla conoscenza che il bambino dovrà acquisire e il percorso per incorporare le nuove acquisizioni nella propria struttura cognitiva. Gli stili di insegnamento non hanno tutti il medesimo impatto sui processi di apprendimento. Essi come già detto svolgono, quindi, una funzione di “mediazione” per lo sviluppo cognitivo, motorio, emotivo e sociale dello studente, trasformando contenuti d’insegnamento oggettivi in contenuti di insegnamento soggettivi, ovvero personalizzati. Pertanto, esso assumendo la funzione di mediatore dell'apprendimento è un fattore costitutivo dei contenuti stessi, cioè uno stile connette i contenuti disciplinari con le modalità di apprendimento dell'allievo: gli stili di insegnamento favoriscono diverse modalità di apprendimento. La scelta e la modulazione degli stili assicurano i “legami” tra funzioni cognitive, motorie e sociali, abilità, conoscenze e comportamenti, in primo piano il fatto che la cognizione è un'attività situata nel corpo e nell'ambiente e suggeriscono che gli esseri pensanti dovrebbero pertanto essere considerati, prima di tutto, esseri che si muovono. Grazie all'attività fisica poi i bambini modificano anche il loro comportamento nel tempo libero, si muovono di più e trascorrono meno tempo davanti alla televisione. Anche il contesto e le interazioni che i bambini hanno con le diverse figure di riferimento influenzano moltissimo la valorizzazione delle esperienze sportive, il divertimento, gli stili di vita ecc. Il modello ecologico ha l'obiettivo di modificare i comportamenti della popolazione contrastando la sedentarietà e promuovendo uno stile di vita attivo. Alcune determinanti, secondo questo modello, sono: le caratteristiche fisiche, cognitive, relazionali dei soggetti; le loro relazioni sociali; l'ambiente fisico e culturale in cui vivono. Il modello ecologico sostiene l'importanza di realizzare interventi integrati sugli elementi personali, interpersonali, organizzativi, sociali e politici che favoriscono l'adozione di comportamenti salutari. Inoltre, ritiene che modificando l'ambiente sociale si attueranno cambiamenti anche negli individui, e che il sostegno degli individui nella popolazione è fondamentale per l'attuazione dei cambiamenti ambientali. Secondo il modello socioecologico i fattori che influenzano i comportamenti si verificano all'interno di un contesto multilivello, a partire dall'individuo, fino al più ampio contesto sociale, della comunità in cui vive, negli ambienti in cui lavora. A ogni livello si possono trovare barriere o facilitazioni per l'adozione di comportamenti positivi. In una visione ecologica risulta quindi fondamentale la sinergia tra le iniziative condotte a scuola e quelle proposte dalla comunità, avendo sicuramente una maggiore probabilità di trasmettere messaggi accattivanti anche per i genitori, che influenzano significativamente il comportamento di bambini/adolescenti. Sulla base di questo approccio ecologico si raccomandano quindi le seguenti azioni: - istituzione di politiche che promuovono uno stile di vita salutare; - aumento delle ore di attività motoria nei curriculi; - incremento dell'educazione alla salute fisica; - adozione di programmi extracurricolari di attività motoria che incontrino le preferenze e le necessità di tutti gli studenti; - coinvolgimento dei familiari nella formazione e promozione di attività fisica; - formazione di educatori competenti; - coinvolgimento della comunità; - valutazione regolare dell'istruzione e dei programmi attuati nelle scuole e dalla società. Il modello socio costruttivista ed ecologico generale di riferimento prevede che il soggetto sviluppi attitudini e comportamenti mediante il contatto con l'ambiente organizzato secondo il modello gerarchico: famiglia, scuola, società e cultura in collegamento con il tempo, cronologico e periodi. Modello tripolare ecologico d’insegnamento-apprendimento dell’educazione fisica scolastica: contenuti, ambiente, soggetto (i contenuti si riferiscono a comportamenti o azioni deliberate basate su abilità motorie e finalizzate a compiti motori orientati al raggiungimento di obiettivi definiti in un contesto ludico-problematico adeguato all'educazione fisica curricolare formale nella scuola primaria/infanzia). L'attività fisica non deve essere solamente una disciplina curricolare, ma deve essere integrata come un vero e proprio “stile di vita” nell'arco dell'intera giornata scolastica. Attribuire attenzione a una progettualità condivisa all'educazione fisica può permettere di ampliare significativamente il tempo di movimento praticato dai bambini e sollecitare maggiormente tutte le loro capacità, senza mai escludere il contributo del movimento nelle altre discipline nelle attività interdisciplinari. Ricorda: - lo studente è posto al centro dell'azione educativa in tutti i suoi aspetti, anche quelli corporei; - è necessario dedicare cura alla formazione della classe come gruppo; - la scuola deve perseguire costantemente l'obiettivo di costruire un'alleanza educativa con i genitori; - la scuola si apre alle famiglie e al territorio circostante; - tutti questi obiettivi possono essere realizzati sin dalle prime fasi della formazione. 1. Tragitto casa-scuola/scuola-casa: l'esperienza di andare a scuola insieme ad altri compagni, oltre a permettere ai bambini di accumulare una significativa quantità di attività fisica sostituendola una vita sedentaria, aggiunge uno spazio di relazione significativo. Inoltre, il bambino si prende la responsabilità di gestire il percorso, il piacere di stare con gli altri, muovendosi all'interno del territorio accresce la sua indipendenza/autonomia. Ad oggi invece i bambini sono sovraprotetti: da una parte, per l'amplificazione del concetto di rischio alimentata anche dai media; d'altra parte, perché vengono sottovalutate le loro competenze che diminuiscono in rapporto alla minore autonomia concessa dagli adulti. A questa questione si collega anche il rapporto con le famiglie e il territorio. - Una prima modalità: permette di favorire una mobilità casa-scuola autonoma la conoscenza, da parte di insegnanti di genitori, del ruolo di questa esperienza per lo sviluppo dei bambini. Oppure i genitori possono accompagnarli in bici, alternandosi e accompagnando più bambini. O ancora progettare interventi di educazione stradale e alla sicurezza. - Una seconda modalità: pedibus o bicibus, i bambini di zone vicine sono accompagnati da docenti o da adulti della pubblica amministrazione. - Una terza modalità: la pubblica amministrazione identifica e realizza i cosiddetti “percorsi sicuri”, prevedono l'identificazione di percorsi tipici per l'accesso a scuola e la loro messa in sicurezza attraverso la costruzione di strutture viabilistiche che riducono significativamente il rischio per i pedoni e ciclisti. 2. Compiti a casa: - eseguire i compiti poco complessi in stazioni e posizioni attive ad es. camminando nella stanza; - applicare le pause attive ogni 15/20min di studio; - eseguire alcuni compiti intellettuali richiamando ad es. quantità numeriche attraverso piegamenti, movimenti delle braccia o alzate/sedute dalla sedia; - dedicare nel fine settimana, insieme ai genitori, almeno un'ora al giorno di attività ludiche o giocose oppure anche a quelle che riguardano l'ambito casalingo. 3. “Eventi scolastici”: muoversi verso parchi naturali, aree protette, ambienti di collina e montagna, permettono osservazioni e riflessioni estremamente significative collegabili a molti temi scolastici e aumentano l'attività fisica dei bambini. Spostarsi anche per visite guidate a Città d'arte e luoghi storici è da considerare una scelta metodologica, oltre a realizzare feste della scuola, settimane a tema, giornate dello sport, veri e propri “campus sportivi”. 4. Tempo libero tra lezioni: utilizzare in modo attivo questi tempi ad es. svolgere la ricreazione muovendosi all'aperto, attività organizzate vere e proprie, giochi liberi (Daily Mile 15 min al giorno o per 3v/sett). Brevi interruzioni delle lezioni teoriche a scuola in cui si svolgono attività fisiche rilassanti o stimolanti possono avere un impatto positivo sulle conoscenze, sui risultati scolastici nei bambini nonché come recupero attivo. 5. Movimento nell’apprendimento di altre discipline: insegnare in movimento ha dei benefici sulla salute, diminuisce i rischi connessi allo stare seduti troppo a lungo e rende l'attività quotidiana più efficiente e piacevole per tutti (dual- task). 6. Apprendimenti interdisciplinari: l'apprendimento cognitivo può essere considerato una progressiva astrazione dell'esperienza della realtà, il cervello ha bisogno di fare esperienze tattili e motorie, soprattutto nell'età evolutiva la mente è concreta, basata sull'interazione diretta, tentativi e ritmi lenti. La tecnica sfrutta il fatto che le memorie motorie sono particolarmente robuste mentre quelle semantiche sono più fragili gli apprendimenti che hanno una dimensione concreta e multimediale e/o che richiedono al bambino di essere attivo hanno un maggiore successo ad es. i concetti topologici, giochi popolari o sport tipici quando si parla delle diverse culture, concetto di velocità associato a misure del tempo impiegato nella corsa, associare i gesti alle parole, recitare ciò che si studia o mimare. 7. Sport scolastico opzionale: valorizzare i progetti di integrazione dell'educazione fisica scolastica promossi da enti locali o nazionali. Ruoli educativi Ed. fisica: - disciplina “cerniera” degli ambiti scientifici, interdisciplinarità; - ambito comunicativo ed espressivo-relazionale; - ambito educativo alla cittadinanza attiva, competizione che sollecita però il rispetto per sé e per l'avversario, il senso di lealtà, appartenenza, responsabilità e controllo dell'aggressività e/o violenza. Il perseguimento delle indicazioni ministeriali richiede un'organizzazione unitaria del curricolo (IC). Cosa fare? - leggere in modo critico e riflessivo le Indicazioni Nazionali in relazione alle finalità dell'istruzione e dell'educazione alla cittadinanza e dello sviluppo delle competenze chiave; - progettare percorsi didattici comuni, confrontando le esperienze e dialogando professionalmente per facilitare il processo di integrazione interno agli istituti; - potenziare le occasioni di lavoro collaborativo all'interno delle istituzioni scolastiche. La cittadinanza riguarda tutte le grandi aree del sapere, sia per il contributo offerto dai singoli ambiti disciplinari sia, ancora di più, per le molteplici connessioni che le discipline hanno tra loro. In relazione a ciò, l'educazione fisica può dare un notevole contributo in relazione al terzo obiettivo “il gioco, lo sport, le regole e il fair play”. Inoltre, può promuovere anche l'educazione stradale e l'educazione alla salute al benessere mediante lo sviluppo dell'obiettivo “salute, benessere, prevenzione e sicurezza”. Come pensare la progettazione? - Macroprogettazione: nel ciclo quinquennale (330h implementabili); - Mesoprogettazione: annuale di classe (66h implementabili) - Microprogettazione: singola lezione di 60min riferita alla singola classe. COME? a) trasferimento della classe alla palestra nel rispetto delle norme di sicurezza; b) cambio abiti, ogni bambino deve gestire in autonomia il materiale per lo svolgimento delle attività, compresi gli aspetti igienici; c) ingresso in palestra tranquillo e controllato in un punto dato del locale dove l'insegnante condurrà la lezione; risultato dell'allievo con il compito motorio predefinito (non con cosa hanno fatto gli altri), valutandone la riuscita in termini prevalentemente qualitativi. Il criterio di verifica è un'abilità motoria o una conoscenza che esprime univocamente il livello di accettabilità, ciò che l'allievo dovrà saper fare/sapere. Permette la personalizzazione del processo didattico e di effettuare confronti longitudinali; controllare il processo di apprendimento delle abilità motorie e il loro rapporto secondo le varianti esecutive presenti nelle diverse attività; verificare le conoscenze riguardanti le attività svolte; individuare le abilità motorie nei diversi ambiti; sviluppare il processo metacognitivo e di autovalutazione del processo. La valutazione motoria criteriale è integrata nelle attività di insegnamento senza riduzioni significative del tempo di impegno motorio, non è a sé stante, non si svolge in un altro ambiente, è fortemente connessa al contesto in cui si attua l'apprendimento e si sviluppano le relazioni interpersonali. - Valutazione iniziale: orientamento - Valutazione finale: raccoglie e integra i risultati - Valutazione in itinere: formativa, controlla e informa 1. valutazione delle capacità motorie: resistenza, forza, velocità, mobilità articolare, coordinazione dei movimenti; 2. valutazione delle “abilità” motorie fondamentali per lo sviluppo di una motricità individuale e collettiva completa: a) abilità prettamente motorie: riguardanti lo sviluppo degli schemi motori camminare, correre, saltare, lanciare, afferrare e le relative varianti; b) abilità prettamente tattiche che implicano la relazione con gli altri e con l'ambiente, in cui si realizza l'applicazione degli schemi motori in situazioni variabili es. schivare, muoversi in contemporanea, sapersi spostare in uno spazio libero e le tattiche collettive che integrano abilità individuali e di interazione con gli altri nell'ambito di giochi o sport specifici es. palla prigioniera; 3. valutazione dei comportamenti e atteggiamenti: stili di vita attivi, rispetto delle regole ecc.; 4. valutazione delle conoscenze: attraverso diversi strumenti come l’osservazione sistematica o le prove oggettive, o ancora in relazione alla valutazione di conoscenze e principi relativi al benessere psicofisico, regime alimentare ecc.; 5. descrizione del percorso compiuto e delle situazioni di apprendimento (rubrica valutativa). Quindi: - testing per controllare capacità motorie condizionali - osservazione sistematica e predefinizione dei criteri di verifica; - prove strutturate e semistrutturate di conoscenza; - rubrica valutativa per le competenze. Osservazione sistematica delle abilità criterio-predefinite: Consentono di strutturare liste o repertori di descrittori dell'apprendimento motorio e di confrontare i risultati dell'allievo nelle prove o nella verifica in situazione didattica, ma è anche una tappa del processo individuale di sviluppo motorio. Il descrittore indica uno specifico saper fare riferito all'alunno e ricavato da un'attenta analisi degli obiettivi formativi curricolari. La verifica dell'apprendimento motorio è il risultato delle opportunità didattiche ricevute e delle motivazioni individuali; quindi, l'insegnante verifica l'abilità motoria o il compito motorio che effettivamente ha insegnato ai suoi studenti. Utilizzare queste liste o repertori di descrittori dell'apprendimento consente di: analizzare i contenuti della struttura disciplinare globalmente e nei suoi ambiti, individuando i comportamenti motori qualitativamente più significativi; definire i livelli di abilità motorie e gli standard di apprendimento; personalizzazione; ricavare i dati durante la lezione; promuovere l'autoverifica e la riflessione sul processo compiuto da parte dell'allievo; trasversalità. Quando? Durante la lezione di educazione fisica. Queste prove consentono di seguire le tappe dello sviluppo motorio del bambino e di effettuare confronti individuali di gruppo in diversi periodi, oppure prima e dopo specifici interventi didattici. Basandosi sull'osservazione sistematica sono anche validi e attendibili, ma necessitano di un tempo non sempre disponibile all'interno della scuola. Si passa quindi dalla rilevazione e analisi dei dati, prevalentemente quantitativi, da parte del docente, alla rilevazione e analisi dei dati quantitativi e qualitativo-interpretativi, in cui il processo di autovalutazione dell'allievo è parte integrante fondamentale e il contesto e gli ambienti contribuiscono a realizzare un processo educativo di qualità. Cap. 7 – SCUOLA, TERRITORIO E STILI DI VITA ATTIVI L'inattività fisica che sfocia in comportamenti sedentari nell'infanzia è associata al rischio di patologie metaboliche e cardiache, a sovrappeso, obesità e diabete infantile. Le linee guida dell'organizzazione mondiale della sanità raccomandano, per i bambini in età scolare, almeno un'ora di attività fisica quotidiana di intensità moderata o vigorosa ed esercizi di rafforzamento dell'apparato muscolo-scheletrico almeno tre volte a settimana. Si raccomanda il gioco, l'esercizio fisico strutturato e lo sport di tipo prevalentemente aerobico. Si può intervenire con azioni nel setting familiare, nel tempo libero, a scuola, in un contesto preventivo. Ma cosa può fare l'insegnante? 1. Interventi nell'orario e negli spazi scolastici, inclusi i cortili Spesso i bambini in aula si trovano immobili e questa è una situazione del tutto innaturale per un bambino, oltre ad essere dannoso per il benessere del bambino stesso che si distrae più facilmente, è letteralmente sedentario, e anche la classe poi moltiplica le disattenzioni individuali. Varie ricerche dimostrano che una classe attiva risponde meglio alle proposte dell'insegnante, ottiene risultati scolastici migliori ed educa stili di vita attivi. Il fatto che i genitori si possano lamentare o che i bambini si possano fare male non è una giustificante. La problematica va affrontata sia sul versante educativo sia su quello normativo. L’insegnante ha la possibilità di svolgere due funzioni: - il dovere educativo di mantenere alta l'attenzione degli allievi e di sollecitarli ad assumere corretti stili di vita; - l'inserimento di riferimenti alla possibilità/necessità di movimento del bambino nei documenti ufficiali della scuola di appartenenza. “Attivare” la classe, pertanto, è un compito precipuo dell'insegnante e risponde a finalità specifiche abituare gli studenti al movimento, e trasversali, incrementare il livello di attenzione. È antieducativo e negativo sul piano didattico dell'apprendimento far stare seduti i bambini per 5 ore. Pertanto, è necessario che gli allievi si alzino dal banco e possibilmente possano anche raggiungere uno spazio esterno, ed è necessario organizzare la qualità e il numero degli intervalli e degli spazi. Bisogna sforzarsi a contemperare il benessere degli studenti e gli obblighi della scuola in termini di sicurezza e di sorveglianza. Includere anche il pre e il post scuola per consentire di svolgere una maggiore quantità di attività motoria di qualità: ovviamente per un bambino che rimane a scuola solo nell'orario curricolare questo è più difficile a causa di tempo ristretto. A tal proposito, la disponibilità e la qualità degli spazi scolastici a partire dalle aree cortilive che, se riqualificate, possono divenire sia spazio didattico curricolare, sia luogo che espleta varie funzioni educative in particolare per il gioco e lo sport. Le scuole dovrebbero avere tutte: - spazi verdi fruibili che arricchiscano l'abitabilità del luogo; - proporre una progettualità in sintonia con l'ambiente naturale, con il paesaggio e contesto di riferimento; - permeabilità e flessibilità degli spazi, fruibilità di tutti gli ambienti. Pause attive (active breaks): brevi pause dalle lezioni teoriche di pochi minuti in cui l'insegnante, direttamente, con l'aiuto degli allievi, di schede o di supporti musicali e video, invita i bambini ad alzarsi rimanendo al proprio posto o a muoversi per l'aula svolgendo alcune semplici e piacevoli sequenze coordinative, piccole danze e giochi. L'efficacia delle pause attive non riguarda solamente gli aspetti legati alla salute, ma anche quelli legati alle funzioni cognitive e agli apprendimenti scolastici. 2. Interventi gestiti direttamente dal docente che si svolgono al di fuori degli spazi scolastici Il docente programma anche le uscite didattiche, le lezioni decentrate, visite guidate, viaggi d'istruzione, che oltre alla specifica valenza culturale, possono trasformarsi in importanti momenti in cui i bambini sono attivi. Ad esempio, scegliere una mostra presente sul territorio a walking distance, prevedendo la discesa dallo scuolabus in un punto più distante dal sito da visitare o prevedendo l'uso dello scuolabus solo al ritorno. Tutto ciò aiuta il bambino a comprendere che i luoghi di interesse si possano raggiungere camminando invitandolo così a farlo anche al di fuori dell'orario scolastico. 1v/sett già incrementerebbe! 3. Interventi gestiti dal docente in collaborazione con il territorio svolti al di fuori degli spazi scolastici Rientrano in questa categoria le iniziative quali il pedibus, bicibus, percorsi casa-scuola svolti in parziale autonomia da parte dei bambini. Il pedibus è un vero e proprio autobus “a piedi” con cui i bambini, salgono alle varie fermate, percorrono un tratto di strada camminando verso la scuola. I bambini si ritrovano in gruppo guidati da adulti e si dirigono lungo il percorso verso la scuola. Questa iniziativa non solo incentiva la partecipazione dei bambini all'esperienza stessa e quindi a praticare attività motoria, ma un'altra caratteristica significativa è rappresentata dalla co-progettazione tra scuola e le organizzazioni territoriali, insieme alla collaborazione di bambini, genitori, insegnanti, enti locali, servizi sanitari, associazioni che aiutano a pianificare e attuare il percorso del servizio. Inoltre, è importante sottolineare che le ragioni per cui un bambino aderisce al pedibus sono soprattutto di ordine psicologico e sociale, ovvero legata al piacere di stare con gli altri, vedere diversi ambienti, sperimentarsi in nuove avventure. Nelle esperienze italiane più avanzate il pedibus rientra tra le iniziative che tendono a favorire stili di vita attivi, incoraggiando il movimento, la parziale autonomia dei bambini e la pratica di attività motoria anche al di fuori della scuola. Si può affermare che, nonostante l’incidenza di fattori locali negativi di carattere socioculturale, organizzativo, psicologico e normativo, un intervento di pedibus può incrementare la percentuale di bambini attivi nel percorso casa-scuola. A questi risultati vanno poi sommati i benefici riportati, in questo modo il pedibus riveste un significativo valore educativo per i bambini e le famiglie. Activity manager: un docente della scuola dedicato all'organizzazione delle attività, alla fornitura dei materiali, al suggerimento di opportunità ai colleghi e ai contatti con il territorio anche in un'ottica di orientamento verso stili di vita attivi e potenziamento delle attività motorie e sportive. Activity leaders: studenti che, opportunamente formati, stabilmente a turno, supportano l'insegnante e propongono, durante le pause, gli intervalli, il pre o il post scuola, attività di movimento e giochi particolarmente dedicati ai bambini meno attivi. ludici” perché presenti in tutte le pratiche di gioco (spazio, tempo oggetti, ruoli, relazioni, punteggi); 2. Esterna: è frutto di visioni ed esperienze soggettive che risultano fondamentali nel definire il giudizio individuale e collettivo rispetto al valore di una pratica (caratteristiche personali e sociali). I rapporti tra le due logiche sono numerosi ma la dimensione culturale è onnipresente: è come se fosse una civiltà; da un lato le attività ludico-motorie rispecchiano profondamente le caratteristiche della collettività che le elabora, mentre, dall'altro, le scelte personali rappresentano valori, status e condizioni profonde del soggetto. 1. Attraverso la logica interna è possibile definire in modo preciso la pratica concreta di ogni gioco, sport, esercizio. • I tempi devono essere lunghi e distesi; • lo spazio è molto influente: è significativo il ruolo delle zone interne al gioco che accendono fantasie e motivazioni potenti sul piano dello sviluppo educativo e sociale, è importante poi proporre diversi spazi, cioè pratiche diversificate; • gli oggetti sono rivelatori di valori tecnici e culturali, in quanto validi indicatori dello sviluppo tecnologico della società, oltre a dirci le preferenze e gli atteggiamenti del giocatore; • il ruolo definisce cosa è lecito fare o meno durante il gioco, si riferisce a una sorta di carta dei diritti e doveri del giocatore; • le relazioni sono strettamente collegate al ruolo: è necessario cambiare ruolo se questo modifica anche le relazioni tra giocatori. L'interazione con gli altri è una delle dimensioni portanti delle pratiche motorie, in quanto consentono di fare esperienza diretta delle proprie capacità psicofisiche, oppure di esprimere la capacità di opporsi o aiutare gli altri sia in forme isolate, sia miste (gioco # sport); • il punteggio va a stimolare determinati comportamenti e atteggiamenti nei confronti degli altri, incidendo fortemente sul processo di socializzazione: si possono assegnare i punteggi in diverso modo, ad esempio, valutando le interazioni oppositive oppure cooperative, ma risulta importante nei giochi tradizionali definiti dalle Indicazioni nazionali dare importanza al processo. Si può così cogliere la logica interna del gioco, e quanto questa rispecchi determinati processi educativi e socioculturali. Tenere conto di diverse dimensioni permette anche di studiare diversi elementi in forme sia quantitative, sia qualitative (gioco come setting sperimentale). La logica interna influisce nelle percezioni del singolo giocatore, nel senso che ogni attività non lascia indifferente ai praticanti. Tuttavia, nel giudizio di una persona al riguardo delle attività motorie emerge la presenza di una serie di fattori di logica esterna al gioco stesso, sia personali, sia culturali. Se svolgere una determinata attività suscita percezioni positive apprezzamenti, risultando adeguata alla logica esterna, avrà sicuramente successo; al contrario, è molto probabile che venga scartata. La logica interna al gioco è definita dagli aspetti relazionali, tecnologici, valoriali ecc., che rispecchiano quelli della cultura che lo ha prodotto, mentre quella esterna valuta il modo in cui le attività sono giudicate e, quindi svolte o meno, a partire da motivazioni dipendenti da principi personali, ma che in definitiva sono fortemente influenzate anche a livello sociale. Ma se le persone praticassero unicamente le attività ritenute socialmente desiderabili e non le altre, non si potrebbe produrre alcun cambiamento. La realtà però non è così statica, anzi fortemente dinamica e variabile. Progetto Erasmus Plus Bridge per valutare ricadute educative e relazionali del gioco motorio tradizionale ->> le pratiche di gioco hanno costituito dei potenti processi collettivi di “incorporazione”, ovvero di esperienze che, attraverso attività ludico-motorie condivise, hanno facilitato l'espressione e la conoscenza interpersonale, sostenendo il senso di appartenenza al gruppo. Tali percorsi possono quindi modificare la considerazione sul gioco, cioè la logica esterna, favorendo processi di socializzazione e acculturazione. Da questo punto di vista, il gioco si conferma uno strumento funzionale a introdurre i soggetti all'interno del proprio ambiente sociale, processo espresso come strutturazione dell'habitus, ovvero un tipo di abitudine appresa mediante influenze sociali che passano soprattutto attraverso il vissuto corporeo, ma che risulta talmente forte e inconsapevole d'essere in genere interpretato come “naturale”. OUTDOOR 1. favorire giochi motori “cre-attivi”: cioè attività locomotore creative, coinvolgere i bambini a scegliere dei luoghi dove poter svolgere diverse attività, stimolarli a mettersi in gioco, suggerire anche esercizi di rilassamento e respirazione perché l'ambiente esterno favorisce tali attività efficaci per l'autocontrollo, la percezione di sé e la sensazione di relax; 2. favorire la socializzazione attraverso giochi all’aperto: sperimentare diversi ruoli e relazioni eterogenei per agevolare la strutturazione delle identità personali e rapporti rispettosi all'interno dei gruppi, limitare il più possibile l'interferenza dell'adulto nella gestione dell'attività, valorizzare le differenze, coinvolgere i bambini in focus group in cui ciascuno viene invitato a esprimere i propri pareri sull'esperienza personale, presentando aspetti positivi, criticità, riflessioni e considerazioni rispetto ai compagni (de-briefing che invita ad analizzare e riflettere il vissuto, in modo da favorire la consapevolezza di sé e del senso dell'attività proposte). Il gioco motorio all'aperto rappresenta un potente strumento di cambiamento, che permette di modificare in senso positivo le emozioni dei partecipanti e consente un approccio di apertura verso gli altri e l'habitat circostante. L'ambiente non è un contenitore neutro, ma contribuisce fortemente a determinare il setting formativo. Educare i bambini a stare al mondo significa anche cercare di fornire loro strumenti che li rendano pronti ad affrontare l'imprevedibilità delle situazioni; dunque, l’outdoor education, proprio per il fattore intrinseco “incertezza” dato dall'ambiente non standardizzato lascia che il bambino impari a muoversi tra possibilità, esperienze, sorprese e aspettative, imprevisti, facilitando la percezione e il senso di sé in parallelo all'esplorazione e alla scoperta dell'ambiente circostante. Potenziando le proposte outdoor con il fattore ludico si esercitano fortemente le capacità personali e sociali. Sono i processi messi in atto in un contesto dato da un'attività, e non l'acquisizione di un risultato o di un punteggio, a permettere agli apprendimenti. L'attività motoria rinforza capacità fisiche e allo stesso tempo fa vivere relazioni intense mediante veri e propri flussi affettivi, tanto che l'aspetto emotivo funge da struttura fondante delle condotte motorie, contribuendo a rafforzare agency personale e legami sociali. I membri di una comunità vengono introdotti i canoni della loro cultura anche attraverso i diversi vissuti o percorsi di incorporazione, i quali consentono di associare due facce della stessa medaglia: azioni concrete e concetti astratti. CAP. 9 – MOVIMENTO DANZANTE ED ESPRESSIVITA’ CORPOREA È necessario superare il concetto tecnico di danza riferendosi, invece, ad attività molto più semplici e trasversali, libere da specializzazioni o indirizzi particolari, ma originati dal movimento naturale e spontaneo. Se bisogna facilitare l'espressione emotiva attraverso il linguaggio motorio-corporeo, viene da sé che tale linguaggio deve essere il più possibile spontaneo, inclusivo per tutti i bambini e non costretto entro tecnicismi per il quale si debba ricorrere agli esperti ->> “movimento danzante”. Essa, intesa come l'espressione motoria corporea naturale, legata particolari movimenti ritmici, di singole parti o di tutto il corpo, in forma individuale o collettiva è insita nella natura umana. Il movimento danzante ha rappresentato una delle prime forme di comunicazione simbolica spontanea, precedente il linguaggio e la musica. Diversi studi pensano che il movimento danzante sia una reazione muscolare istintiva con la funzione di esprimere sentimenti ed emozioni o, più semplicemente, eccesso di energia (aspetto del gioco senso-motorio). Chiunque può proporre forme di movimento naturale, meglio se con supporto ritmico o musicale, in quanto questo movimento primario primitivo appartiene a tutti gli esseri umani e si associa al movimento creativo, che in modo del tutto soggettivo da spazio e mediazione a vissuti emozionali intensi. Questi movimenti sono parte del nostro linguaggio e sono intimamente connessi al nostro vissuto corporeo, alle nostre personali emozioni, alla nostra intenzionalità espressiva. Esprimersi attraverso movimenti danzanti significa affinare e armonizzare la coordinazione segmentaria dei movimenti in uno spazio-tempo- ritmo giocoso, individuale o di gruppo, in cui la socializzazione e l'espressione emotiva divengono un unico grande respiro che coinvolge l'area funzionale, relazionale e cognitiva. Tali attività sono parte dell'alfabetizzazione motoria perché uniscono insieme la padronanza del controllo segmentario corporeo, con dimensioni ritmiche, geometrico spaziali, attraverso il semplice uso di abilità motorie di base. Il bambino è impegnato a: - valutare l'ampiezza e la rapidità dei gesti e dei movimenti; - ottimizzare il rapporto spazio-tempo nel compiere un determinato percorso; - muoversi nello spazio tracciando linee prestabilite/figure geometriche; - collocarsi in modo corretto rispetto agli oggetti/compagni; - memorizzare le sequenze dei passi e delle figure; - identificare le parti che compongono la coreografia; - interpretare il senso ritmico del movimento. Senso ritmico: Esiste un “ritmo soggettivo” quando l'espressione motoria può essere interpretata liberamente, e un “ritmo oggettivo”, quando è necessario uniformarsi a un tempo dato, ad esempio in una coreografia. Nel ritmo entrano in gioco diversi elementi: accenti forti/mezzoforti/deboli; tempi binari e tempi ternari; velocità o frequenza. Essi sono presenti nell'arte musicale ma sono anche importanti nella coordinazione dei movimenti: il ritmo facilita la fluidità dei gesti dando sincronizzazione tra comportamento motorio e tempo esecutivo, agendo anche sulla proporzione delle contrazioni muscolari che intervengono nella realizzazione del movimento stesso. Creare il senso ritmico nei bambini significa partire da semplici movimenti da eseguire con cadenze libere e via via guidate, fino a giungere a coreografie elementari dove tutti si muovono con lo stesso tempo e la stessa gestualità. Gli schemi motori da privilegiare sono quelli che, per loro natura, sono ritmici e facilmente attuabili in tutte le scuole: camminare, correre, saltellare, palleggiare. I saltelli: si prestano per sollecitare il controllo ritmico sia nelle esecuzioni sul posto, sia in quelle in movimento. Inoltre, i bambini vengono sensibilizzati alla percezione dei tempi, degli accenti forti e deboli, nonché dei ritmi binari e ternari. Il bambino sviluppo a pieno il controllo degli arti inferiori e dei piedi. È necessario presentare sia metodi produttivi (libera esplorazione, scoperta guidata e problem solving), sia metodi riproduttivi (a comando) in maniera progressiva. - in relazione a un apprendimento applicativo sostenuto da competenze, ovvero riferito all'uso di abilità e conoscenze in situazioni-problema, il bambino deve essere libero di utilizzare e adattare quanto già sa fare, allora sono più indicati gli stili produttivi. I contenuti dell'educazione motoria si identificano con i compiti motori, le attività e le esperienze che vengono proposte ai bambini attraverso apposite progettazioni. Possiamo individuare quattro principali categorie: 1. gli esercizi, l'esercizio viene predisposto per l'apprendimento, il perfezionamento, la correzione o il consolidamento di un determinato compito motorio o gesto. Rappresentano l’alfabetizzazione motoria del bambino e, gradualmente, lo portano a padroneggiare un numero sempre più elevato di abilità motorie; 2. le esercitazioni, sono composte da una serie di comportamenti motori richiesti in un unico compito o situazione. Le esercitazioni sono proposte applicative in cui i bambini possono sperimentare l'uso, anche problematico, degli apprendimenti acquisiti tramite gli esercizi (es. percorsi per il ritmo); 3. le applicazioni ludiche, sono tali gli esercizi e le esercitazioni quando vengono organizzate in forma giocosa e divertente. La forma ludica serve per sollecitare la motivazione la partecipazione dei bambini, attraverso l'enfasi posta sul piacere di fare e agire. Come le esercitazioni, le applicazioni ludiche, richiedendo l'uso di conoscenze (sapere) e abilità (saper fare), sollecitano lo sviluppo delle competenze motorie (saper essere); 4. il gioco, cap. 11 L'organizzazione temporale dei contenuti deve avvenire con gradualità secondo tre possibili progressioni didattiche: 1. dal semplice al complesso, caratterizza la progressione didattica riferita al livello di controllo coordinativo richiesto dai compiti motori proposti (correre a corpo libero/correre palleggiando una palla al suolo). Ogni volta che si attua questa procedura educativa, si tende a sollecitare la capacità di combinare un numero sempre maggiore di schemi in uno stesso compito motorio, in modo da sviluppare un'attività motoria specifica; 2. dal facile al difficile, caratterizza la progressione didattica riferita all'applicazione di un compito motorio ah situazioni variabili dell'ambiente esterno (palleggiare una palla al suolo/ palleggiare una palla camminando su una panca). Ognuna delle precedenti situazioni mantiene costante il livello di controllo motorio-palleggiare una palla correndo camminando-e modifica la situazione ambientale. In tal modo si sollecita la capacità di adattamento dei movimenti e si sviluppa l'abilità motoria riferita all'adeguamento di quel particolare controllo motorio a diversi contesti ambientali; 3. dal noto all'ignoto, caratterizza la progressione didattica tendente a facilitare nel bambino le funzioni di scoperta nelle risposte motorie a un compito dato. Tale situazione educativa è strettamente collegata all'uso di stili produttivi. Le progressioni didattiche orientate alla capacità di controllo dei movimenti (dal semplice al complesso), di adattamento dei movimenti (dal facile al difficile) e di scoperta (dal noto all'ignoto) devono integrarsi vicendevolmente, in modo da realizzare i tre piani dello sviluppo motorio: l'apprendimento delle abilità, la loro applicazione adattamento, la loro evoluzione creativa e innovativa. Come ultima istanza è possibile variare le situazioni da proporre ai bambini considerando una serie di variabili organizzative: a) modalità applicativa -> a corpo libero, con piccoli attrezzi codificati e non, e grandi attrezzi es. panca; b) forma esecutiva -> individuale, in coppia, in terne, in piccoli gruppi, a squadre cooperative o a squadre competitive; c) contesto spazio/temporale -> vicino/lontano, alto/basso, lungo/corto, prima/dopo, lento/veloce, successivo/simultaneo; d) variabili quantitativa/qualitative dei piccoli attrezzi -> uno più attrezzi grandezza peso forma consistenza; e) casualità -> tutto può nascere durante le esperienze, anche per caso, per intuizione dei bambini o degli insegnanti L'applicazione delle variabili organizzative (applicative, esecutive, spazio-temporali, quantitative, qualitative, casuali) alle attività presentate consente di modificare e rinnovare, in ogni lezione, le proposte offerte bambini, rendendo varia, completa e motivante l'esperienza motoria. Gli insegnanti di educazione motoria devono maturare la competenza operativa che consenta loro di assolvere alle seguenti azioni: - analizzare, comprendere e scegliere i contenuti proposti da guide e manuali; - variare i contenuti senza perdere di vista la loro funzione rispetto agli obiettivi che perseguono; - creare esercizi ex novo secondo le necessità contingenti; - diventare sempre più autonomi e dipendenti nella predisposizione dei contenuti da proporre, cioè la consapevolezza e l'autonomia didattica devono essere riferite anche alla personale capacità di creare, modificare e ampliare i contenuti da proporre nell'educazione motoria. • Trasporti su percorso • La catena: nella prima attività ciascun partecipante dava il suo contributo senza interagire direttamente con i compagni di squadra, ma svolgendo il suo compito in forma individuale. Creare invece un gioco cooperativo come questo, richiede la strutturazione di un'attività caratterizzata da interdipendenza positiva, ovvero una situazione in cui senza l'apporto di ciascun partecipante la squadra non può portare a termine il compito richiesto. • L'equilibrio (statico, di volo, dinamico) a coppie o in forma individuale. Nel primo caso si utilizza l’appoggio del pavimento, nel secondo la panca o il materasso, nel terzo tutti i giochi di acchiappino/l’asse di equilibrio/la trave/traiettorie rettilinee, semicircolari, circolari o miste. • Regina o re • Il gambero • I percorsi motori: sono uno strumento importante per le attività motorie in quanto presentano caratteristiche di grande flessibilità applicativa, adattabilità agli obiettivi perseguiti e gradualità nel passaggio da proposte estremamente libere (produttive) a proposte vincolate (riproduttive). È una forma d'uso delle abilità motorie che sollecita l'allievo a superare situazioni spazio-temporali con la maggiore destrezza possibile, cercando così il raggiungimento dell'obiettivo previsto attraverso l'efficacia del gesto. L'uso di attrezzi diviene variato, interessante, stimolante se applicato alla realizzazione di un percorso. È uno strumento educativo che permette un'applicazione strettamente individualizzata, ha elevato gradiente ludico, in esecuzioni che possono essere estremamente libere o estremamente vincolate. Inoltre, permette un feedback molto importante per l'educatore che può osservare l’allievo, verificare e controllare i livelli di partenza e quelli di apprendimento, valutare qualità particolari e stimolare le potenzialità individuali. Il percorso può essere realizzato con tre dinamiche particolari che consentono di assecondare lo sviluppo del bambino nell'arco d'età della scuola primaria: 1. “percorso libero” -> si struttura ponendo una serie variata di attrezzi nella palestra e si lasciano liberi i bambini di affrontarli senza alcun vincolo. L'attività proposta consente il massimo della libertà applicativa e della creatività, vengono inoltre rispettati i principi di personalizzazione e inclusione. Eventuali consegne successive potranno riguardare l'attenzione a non urtare i compagni, la ricerca dello spazio libero, la sollecitazione a utilizzare tutti gli attrezzi presenti. Quindi il bambino è libero di scegliere quale tragitto intraprendere, come affrontare gli ostacoli che incontra, se affrontarli tutti o evitarne alcuni, la durata dell'applicazione. Le varianti possono aumentare la complessità del percorso invitando i bambini a: eseguirlo manipolando liberamente una palla, eseguirlo in forma ludica o eseguirlo in forma di gioco a squadre. Il percorso libero diviene “percorso aperto” quando il bambino e lasciato libero di andare dove vuole all'interno del labirinto, ma è vincolato nell'uso degli ostacoli. In tale situazione può muoversi in ogni direzione, però, quando giunge a contatto con un attrezzo, devo utilizzarlo come indicato dall'insegnante. 2. “percorso aperto” -> si struttura mettendo in linea gli attrezzi che lo compongono, quindi il bambino non è più libero di andare dove vuole ma, iniziando da una linea di partenza, deve affrontare tutti gli elementi del percorso fino all'arrivo, dalla parte opposta. È aperto perché il bambino è comunque libero di utilizzare o superare gli attrezzi che incontra come meglio crede, senza vincolo alcuno. Anche in tale caso gli stili educativi preminenti sono di tipo produttivo e rispettano il principio di personalizzazione e di inclusione. Possono essere: - generali, quando sollecitano più abilità di base (correre, rotolare, saltare, saltellare ecc.); - specifici quando sollecitano un particolare controllo come l'equilibrio o particolari combinazioni di movimenti (correre, saltellare ecc.) e, contemporaneamente ad esempio, manipolare una palla; - speciali quando richiamano tecniche specifiche di uno sport (passaggio, tiro ecc.). 3. “percorso chiuso” -> si struttura come i percorsi aperti, ma vincola i bambini, oltre che sulla direzione, sulle esecuzioni; vi sarà una partenza e un arrivo, una serie di sezioni da percorrere in una certa sequenza, una serie di attrezzi da affrontare con la modalità indicata dall'insegnante o concordata con i bambini. Il percorso assume così un aspetto completamente regolamentato, il bambino deve eseguire quanto richiesto secondo uno stile educativo riproduttivo. Consente un margine di personalizzazione quando lascia liberi i bambini di agire scegliendo velocità e ritmo esecutivo. Il percorso può essere generale, specifico o speciale. “Libero” classi prima e gli altri dalla seconda in poi. • Orientamento e lettura della carta nei percorsi liberi: questa attività di orientamento è collegabile a orienteering (corsa di orientamento), geografia, geometria, arte e disegno. Attraverso tale esperienza i bambini lavorano operando il passaggio dal fare al dire: prima eseguono fisicamente il percorso (approccio senso-motorio) e poi tracciano sul foglio (aspetto teorico). In altre parole, i bambini vivono il passaggio dalla pratica alla teoria (esperienza embodied). Viceversa, si possono scambiare i fogli con gli altri compagni e eseguire gli altri percorsi: attraverso queste esperienze bambini lavorano operando il passaggio dal dire al fare, cioè prima leggono la carta (aspetto teorico) e poi eseguono il percorso (aspetto senso-motorio); i bambini vivono il passaggio dalla teoria alla pratica. - attrezzi rotolotati, palla da basket; - attrezzi trainati con una fune, es. cerchio. Es. palla pazza I giochi collettivi, partendo da quelli tradizionali per giungere alla pratica degli sport di squadra, sono applicazioni globali che consentono la realizzazione di sé, attraverso l’esercizio del corpo e delle facoltà cognitive, in un ambito socializzante e ludico. Principi educativi da rispettare: - pazienta, ciò che stiamo facendo lo stiamo facendo per il bambino e non per noi, perciò rispettare i suoi tempi evolutivi e di apprendimento; - integrare gli aspetti cognitivi ed esecutivi a) sviluppo del controllo motorio (semplice-complesso), apprendimento delle abilità indispensabili al gioco come correre, scappare, manipolare la palla; b) sviluppo dell’andamento motorio (facile-difficile), applicazione delle abilità apprese in contesti variabili, problematici, in relazione ai compagni, avversari e variabili spazio- temporali che si creano nel gioco; c) sviluppo del pensiero strategico-tattico (noto-ignoto), apprendimento di esperienze legate all’uso di abilità in contesto problematico, che crea competenza di gioco attraverso percorsi sollecitati alla variabilità delle situazioni. - il coinvolgimento cognitivo, nei giochi di squadra il contesto viene reso complesso per il fatto che la collaborazione si allarga al rapporto cooperativo con i compagni e oppositivo con gli avversari. Entrambi i rapporti, poi, si legano a due diverse condizioni: offensiva e difensiva. Agiscono: a) concentrazione (livello attivante); b) visione di gioco (livello attentivo/percettivo); c) analisi della situazione (elaborazione delle info); d) anticipazione motoria (ipotesi mentale delle possibili risposte motorie); e) decisione (esecuzione della risposta scelta); f) valutazione dell’esito (efficacia del risultato). I giochi di squadra, per loro caratteristica intrinseca, pongono i bambini in situazioni in cui è possibile operare scelte multiple, garantite dall’alto numero di alternative che il gioco può presentare; e amplia la sollecitazione alla creatività. Giochi utili e propedeutici a quelli di squadra con la palla: - acchiappino; c’è chi corre e chi è inseguito in uno spazio libero o delimitato a) basati sulla corsa senza uso di attrezzi (inclusivi) b) sono, anche se svolti in squadra, a impegno individuale e quindi consento di gestire attenzione, elaborazione e decisione; c) lo scopo è semplice da capire e attuare c) utilissimi per l’acquisizione e l’applicazione tattica dei fondamentali di padronanza spaziale - giochi di finta; l’azione di un giocatore deve corrispondere la reazione rapida dell’avversario, di solito a tre (due si contendono l’oggetto e uno fa da giudice) es. rubabandiera (attenzione, percezione e analisi = educa a una mentalità molto elastica, capace di iniziativa e di repentino cambiamento dell’atteggiamento); - giochi di lancio e tiro con la palla; a) percezione, aggiustamento sulla traiettoria della palla b) impulso di forza da imprimerle c) direzione della palla d) precisione esecutiva - giochi tradizionali a squadra con la palla; il raggiungimento dello scopo comune è favorito da un’organizzazione del gruppo es. palla avvelenata Sviluppo trasversale del gioco-sport di squadra Percorso trasversale che accompagna il bambino con gradualità e progressione ad avvicinarsi alle caratteristiche specifiche del gioco-sport orientato verso le differenti discipline sportive. Sono tre livelli che dal gioco semplice non orientato si portano al gioco semplice orientato. Il percorso si basa fondamentalmente sul gioco dei passaggi, che viene sviluppato gradualmente inserendo elementi e caratteristiche nuove e trasversali; tutti i bambini possono evolvere le loro competenze orientandole verso determinati sport di squadra. 1. Gioco semplice non orientato: l'esempio nel gioco dei passaggi Due squadre si muovono liberamente in uno spazio delimitato e cercano di passarsi la palla senza farla intercettare gli avversari, per realizzare la sequenza stabilita di passaggi (pag. 278). Il gioco richiede regole, abilità motorie generali legate a diverse espressioni motorie, abilità tattiche che fanno rimanere il gioco semplice nel suo complesso per diversi motivi, ad esempio, il movimento dei giocatori che non hanno la palla perché sono i soli che si possono muovere liberamente e agevolare la circolazione dei passaggi; 2. Il gioco complesso non orientato: l’esempio della palla avvelenata È simile al gioco dei passaggi, due squadre si muovono liberamente in uno spazio delimitato libero e cercano di eliminarsi a vicenda colpendo con la palla gli avversari. Scopo del gioco eliminare tutti gli avversari o il maggior numero possibile. Anche in questo caso sono presenti regole, abilità motorie uguali a quelle del gioco dei passaggi con l'aggiunta di un elemento nuovo rappresentato dal tiro sia su bersaglio fisso sia sul bersaglio dinamico. Il tiro rappresenta un'abilità motoria raffinata perché collegata all'espressione di precisione esecutiva. In questo gioco, tuttavia, si manifesta in una forma naturale, elementare che il bambino può interpretare come meglio crede, senza imposizioni di tipo tecnico, e abilità tattiche. In questo caso il tiro diviene strumentale come unica azione che può raggiungere lo scopo del gioco. Nel gioco dei passaggi invece il passaggio è già azione che raggiunge lo scopo del gioco. Palla avvelenata rappresenta un gioco di squadra sportivo: non basta solamente passarsi la palla, come nel gioco dei passaggi, ma è anche necessario orientare il passaggio in ragione degli avversari da colpire, della loro posizione dei loro spostamenti. Tale problematica sollecita l'esigenza di una maggiore cooperazione con i propri compagni, attraverso azioni sinergiche sia in attacco, sia in difesa. 3. Gioco semplice o complesso orientato: verso basket, calcio, pallamano Ad esempio, nel gioco “palla al re” valgono le stesse regole del gioco dei passaggi ma ora, l'obiettivo è quello di far giungere la palla al re, sopraelevato rispetto al pavimento. Il gioco è quindi propedeutico alla pallacanestro quando al posto del re sulla panca verrà posto un canestro. A partire dal gioco dei passaggi trasversalmente si possono affrontare diversi sport di squadra: - il gioco dei passaggi con meta, presenta un obiettivo spaziale obbligato, ossia portare la palla verso l'estremità del campo ove è segnata la linea di meta avversaria. Tale obiettivo rende il gioco orientato. - il gioco dei passaggi con canestro, uguale al gioco precedente cambia solo l'obiettivo che diventa il canestro - il gioco dei passaggi con porta e portiere, simile ai precedenti ma l'obiettivo finale è il tiro su un bersaglio mobile, rappresentato da una porta difesa da un portiere. A partire da un gioco di movimento tradizionale (gioco dei passaggi) si giunge, con un'applicazione trasversale, a dei giochi che richiamano elementi tipici di sport codificati: il rugby (gioco dei passaggi con meta), il basket (gioco dei passaggi con canestro), la pallamano (gioco dei passaggi con porta/portiere). Il concetto di trasversalità si evidenzia nel fatto che il gioco originario si sviluppa e riproduce, grazie all'utilizzo delle stesse abilità motorie, assumendo caratteristiche tipiche di alcuni sport di squadra grazie all'aggiunta di pochi semplici elementi specifici. Il bambino riesce quindi a sviluppare aspetti cognitivi polivalenti ancora prima di possedere l'abilità tecnica precipua di un determinato sport, questo è fondamentale perché ci consente di educare il bambino in modo dinamico e aperto, verso più soluzioni finali, e consente a lui di potersi orientare sulle attività sportive nel momento della scelta finale. Nei tre giochi presentati lo sforzo di transfert richiesto ai bambini è del tutto adeguato e progressivo: - l'aspetto base dell'attività è comune a tutti i giochi presentati e fa riferimento al gioco dei passaggi, in cui è richiesta l'applicazione del correre, del lanciare e del ricevere; - dal passare/ricevere la palla liberamente nello spazio non orientato, si giunge a giochi orientati verso un obiettivo specifico (re, meta, canestro, porta); - lo scopo finale del gioco viene diversificato in relazione all’esecuzione dei gesti tecnici specifici che, dal portare la palla oltre una linea (meta), sono giunti al tiro su bersaglio fisso (canestro) o mobile (porta difesa da un portiere). Tutti i giochi, quindi, hanno mantenuto caratteristiche di base uguali, fondate su abilità motorie generali e di facile esecuzione. Nel contempo hanno permesso di esercitare un'adeguata stimolazione dei processi cognitivi relativi alla soluzione tattica dei compiti di gioco. Dal punto di vista educativo il percorso ha rispettato criteri pedagogici quali: - favorire la partecipazione, tutti prendono parte al gioco quando le abilità motorie richieste per giocare sono semplici e attuabili da tutti i bambini; - evitare il monopolio del gioco, il regolamento del gioco deve impedire che pochi bambini possano prenderne il controllo, escludendo gli altri; - privilegiare l'aspetto cognitivo, considerando preminente l'impegno cognitivo (tattico) ed eliminando tutto ciò che può interferire con l'azione mentale; - evoluzione graduale del gioco, le abilità motorie tattiche devono essere implementate gradualmente a mano a mano che i bambini le apprendono, anche con percorsi esercitativi paralleli a quelli dell'esperienza di gioco.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved