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RIASSUNTO DI " ARTE E SPETTATORE NEL RINASCIMENTO ITALIANO" DI J. SHEARMAN, Sintesi del corso di Storia dell'Arte Moderna

IL FILE CONTIENE IL RIASSUNTO DETTAGLIATO, CAPITOLO PER CAPITOLO, DELL'OPERA DI SHERAMAN " ARTE E SPETTATORE NEL RINASCIMENTO ITALIANO" (FINO A PAG 255 DEL CAPITOLO 6 ( POICHE' IL FILE CHE SI TROVA ALLA COPISTERIA BRUNELLESCHI ARRIVA FINO A QUESTA PAGINA)

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 07/02/2022

matildapinzauti
matildapinzauti 🇮🇹

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Scarica RIASSUNTO DI " ARTE E SPETTATORE NEL RINASCIMENTO ITALIANO" DI J. SHEARMAN e più Sintesi del corso in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! RIASSUNTO DI “ ARTE E SPETTATORE NEL RINASCIMENTO ITALIANO ” ( J.SCHEARMAN): riassunti di Matilda Pinzauti. 1. UNO SPETTATORE PIU' COINVOLTO: Il capitolo parla dei vari modi in cui l'arte Rinascimentale presupponeva uno spettatore più coinvolto. Per introdurre l'argomento si parte con l'analisi del MONUMENTO FUNEBRE A GIOVANNI DI BICCI DE'MEDICI della Sagrestia Vecchia realizzato da Donatello su commissione del figlio di Giovanni, Cosimo. La tomba è infatti particolare perchè si trova al centro della stanza sotto al tavolo che serve alla vestizione per le celebrazioni e questa idea richiama quella di mettere le tombe dei santi e dei beati sotto l'altare di una chiesa . Nella realizzazione di questa tomba nulla è lasciata al caso, tutto vuole dare un messaggio: dalla scelta di decorare i lati lunghi del monumento con un CARTIGLIO SROTOLATO da alcuni angeli, come se lo stessero facendo lì per lì che cita il MONUMENTO A BALDASSARRE COSSA ( ex Papa Giovanni XXIII) del Battistero di Firenze realizzata sempre da Donatello allo scopo di celebrare i favori che da Papa egli aveva riservato ala famiglia Medici > è importante proprio l'idea di inclinare la scritta come se si stia srotolando il cartiglio e facilitare la lettura allo spettatore che dunque è tenuto di conto . Donatello è uno dei primi artisti a prendere in considerazione questo aspetto che ne diviene una sua caratteristica peculiare che si ritrova in varie opere anche prima di questo monumento come nel caso della LASTRA TOMBALE DEL VESCOVO GIOVANNI PECCI, nel Duomo di Siena che mostra un effetto molto particolare se guardato dal punto di vista esatto che invece non traspare da altri punti; ovvero il fatto di sembrare quasi poggiata lì momentaneamente per poi essere spostata e questo grazia a una serie di espedienti prospettici e visivi applicati all'effigie. Questa posizione perfetta coincideva con l'altare maggiore, dunque la visione che avrebbe avuto il vescovo durante il funerale, davanti alla MAESTA' di Duccio, come a rendere la Madonna nella sua funzione di mediatrice del defunto come succedeva nei contesti tombali. Questo però non è l'unico espediente che Donatello applica al Monumento della Sagrestia Vecchia: si aggiunge ad esempio l'EDERA che è simbolo di eternità e che si ricollega, dal monumento allo stemma Mediceo, come a rendere eterno il potere dei Medici e tra l'altro anche questa è resa come in fase di crescita, come qualcosa che di nuovo è in corso di sviluppo e accade sotto ai nostri occhi. Questo coinvolgimento si fa mano a mano più approfondito in opere successive e in particolare nei 3 più celebri bronzi fiorentini del Rinascimento: il David di Donatello, la Vocazione di San Tommaso del Verrocchio e il Perseo di Cellini. DAVID: esistono tantissime interpretazioni sul David, mentre non possediamo alcuna informazione certa circa il suo contesto originale e la sua committenza; generalmente la si ritiene una commissione fatta da Cosimo il Vecchio per la più vecchia residenza medicea poi spostata a Palazzo Medici-Riccardi in un secondo momento su un nuovo basamento ( dopo aver perduto quello originario) realizzato da DESIDERIO DA SETTIGNANO dato che nel frattepo Donatello si trovava a Padova. L'autore ritiene che il motivo più probabile che spinse Cosimo a commissionare un David non fosse tanto politico o religioso, quanto una certa “ simpatia” personale verso questo personaggio dovuta alla comune storia: così come David, prima di divenire re era stato esiliato, pure Cosimo. Analizzando bene l'opera nei particolari, che come sempre non sono casuali ma ben pensati da Donatello, si possono smontare alcune tra le tesi più diffuse: le ali sull'elmo di Golia non implicano un riferimento ad simboli di casate del tempo come le aquile imperiali o ancora il simbolo dei Visconti perché non sono ali d'aquila bensì di falco e che quindi sono una decorazione che rimanda agli elmi da parata romani, tipicamente alati in questo modo che gli artisti potevano ammirare nelle monete romane. Di conseguenza non si può pensare che il David rappresenti la vittoria di Firenze sui Visconti. Il David in testa e alla base dell'opera ha due ghirlande ( è stato ipotizzato che quelle in capo fossero foglie di olivo, simbolo di pace, sempre in allusione a questo evento politico, ma è da escludere che Donatello abbiamo voluto dare questa precisazione essendo in una posizione difficile da vedere dato che l'opera è creata per essere vista dal basso...) quindi sono da intendersi entrambe come corone di alloro, tipico simbolo di vittoria dopo il combattimento. Altra ipotesi da smontare è che la statua rappresenti Mercurio che vince su Argo perché anche se il David ha delle vesti che richiamano Mercurio avrebbe dovuto rappresentare Argo con 100 occhi e non solo con due e inoltre David è un ragazzino magro e giovane con una spada molto grossa per lui, sproporzionata ( e ciò è legato alla descrizione fisica che viene data di lui nella Bibbia e al fatto che abbia in mano non la sua arma, bensì quella di Golia). Da tutti questi elementi si evice quindi che la statua rappresenta chiaramente David in trionfo dopo l'uccisione di Golia. Ancora una volta però Donatello dimostra di non prestare attenzione fino in fondo al coinvolgimento dello spettatore perché ha un atteggiamento INTROSPETTIVO, cosa che invece VERROCCHIO supera con il suo David bronzeo che ha un atteggiamento spavaldo al contrario, come se fosse cosciente che qualcuno lo stia guardando > e questa differenza è presente in tutte le opere dei due artisti. Altro elemento da non sottovalutare è la presenza nella testa di GOLIA di un AUTORITRATTO: non è un fatto da escludere, perché “ David” significa “ amato” e nel Rinascimento diviene tipico il fatto di autorappresentarsi come vittima in storie d'amore ( sopratutto nel David e nella Giuditta come fanno Giorgione e anche Caravaggio) ma per il momento non si tratta di un vero e proprio ritratto, quanto di una rappresentazione idealizzata ( quindi sarebbe inutile confrontare i vari ritratti giunti di Donatello per cercare somiglianze) rimane però improbabile, poiché “ indecoroso” per il tempo, che Cosimo abbia richiesto un idolo dell'amore omosessuale ed è anche da escludere che Donatello volesse fare dei riferimenti autobiografici. L'esempio più famoso ed evidente in cui avviene questa identificazione del pittore nella vittima è il DAVID DI CARAVAGGIO, ma ci sono almeno due precedenti che si collococano a metà tra i due, entrambi di GIORGIONE: la sua Giuditta e il suo David ( la testa dell'Oloferne è la stessa del Golia di Giorgione) e comunque in ogni caso l'altra testa, quella dell'ipotetico “ amato crudele” non è mai in nessuno di questi quadri un ritratto fedele e forse nemmeno nella versione di Caravaggio che dunque potrebbe essere semplicemnete un'allegoria di AUTOCOMPATIMENTO VERSO LE VIRTU'. Altra opera di fondamentale importanza è la Vocazione di San Tommaso del Verrocchio che egli realizzò in Orsanmichele per il Tribunale della Mercanzia in una nicchia precedentemente occupata dal San Ludovico di Donatello. Il Verrocchio reinterpretà la nicchia come LA PORTA CHIUSA attraverso la quale nell'episodio Biblico Cristo passa e invita Tommaso a tastare la ferita di fronte allo sguardo degli altri Apostoli. In questa concezione Tommaso viene colto nel momento in cui si muove sulla soglia per toccare la ferita e lo spettatore assume il punto di vista degli Apostoli ed è totalmente coinvolto come un attore nella scena. La nicchia inoltre era stata realizzata da Donatello in stile antico e questo dona una contestualizzazione storica all'evento che il Verrocchio migliora vestendo i personaggi all'antica addrittura dando a Tommaso dei classici SANDALI ROMANI. Prima di analizzare l'ultimo bronzo, quello del Cellini, l'autore prosegue ad analizzare il modo in cui questo stesso coinvolgimento dello spettatore viene realizzato anche negli altri generi artistici. In pittura ad esempio uno dei primo a dare importanza a questo aspetto fu LEONARDO DA VINCI che la applicò in maniera estrema sopratutto in due casi: – ANGELO DELL'ANNUNCIAZIONE: è come se in questa opera Leonardo abbia rovesciato la situazione dell'ANNUNCIATA di Antonello, perché coglie l'angelo nel momento del suo annuncio alla Vergine e lo rappresenta mentre si rivolge direttamente allo spettatore, come all'interno di una finta cappella ( una soluzione non casuale ma che serve a mettere in scena la VISIONE DI ISAIA della Trinità che avviene nel tabernacolo di David) e dunque la struttura fittizia architettonica che viene creata non è da intendersi come una semplice cornice, ma è parte integrante del significato dell'opera ed era completata infatti da un finto altare, oggi piuttosto rovinato a causa dello stacco. Insieme alla struttura della cappella anche il gesto della Madonna è diretto verso lo spettatore al fine di coinvolgerlo, così come il punto di vista in base al quale vengono scelti gli scorci ( ovvero il punto di vista dell'ideale spettatore che entra in Santa Maria Novella) > nel trecento questo tipo di attenzioni non erano comuni, ma ci sono dei casi in cui si tiene conto dello spettatore come ad esempio nella MADONNA DEI DENTI di Vitale da Bologna o nel POLITTICO DI SAN FRANCESCO di Taddeo di Bartolo, dove i personaggi guardano dritti verso lo spetatore. L'invenzione di Masaccio ebbe subito risonanza a partire da Venezia come dimostra la VEDUTA DI CARPACCIO della Chiesa di Sant'Antonio di castello in cui viene messa in evidenza la differenza tra le vecchie pale ( in cui la cornice c'era ma non era quasi visibile, perché era uguale al dipinto) e la nuova, visibilmente simile all'affresco masaccesco, in cui la cornice si distacca dal dipinto e riprende le forme architettoniche della chiesa creando così un passaggio tra la finzione e la realtà, come una sorta di finestra. Anche nelle opere di FILIPPO LIPPI si può riconoscere la stessa attenzione data allo spetattore e al continuum spaziale tra l'opera e il contesto in cui si trovava. Un'opera come la PALA BARBADORI mostra esattamente questa attenzione: la sacra conversazione avviene infatti dentro una stanza che simula l'interno di una chiesa ornata con elementi ispirati si pensa agli apparati fatti in onore dell'arrivo dell'Imperatore Sigismondo a Siena, evento al quale i Barbadori, in quanto ambasciatori avevano potuto partecipare, evento ricordato dal mosaico pavimentale di DOMENICO DI BARTOLO a Siena; nell'opera infatti un tempo c'erano dei festoni, tenuti dagli angeli, che ora non ci sono più ( ma di cui rimangono delle tracce nella mano di uno degli angeli) e che probabilente si ricollegavano alla parte superiore del presunto baldacchino a cui appartengono le esili colonnine che incorniciano la Madonna ( come la struttura sotto la quale si trova Sigismondo nel mosaico). La Madonna inoltre è posta in piedi, come se stesse per presiedere a una funzione sacerdotale e mostra il bambino con gravità, come un sacerdote mostrerebbe l'ostia consacrata e il tutto avviene su due livelli: la Madonna si trova su un gradino, mentre i due santi inginocchiati sul gradino successivo e lo spettatore idealmente in quello sotto ancora e tra l'altro nella stessa posizione dei due santi, come se loro facessero da intermediari alla scena grazie alla loro posizone corporale. Osserviamo inoltre che gli occhi del Bambino sono posati sul PASTORALE e questo atto è un modo per simboleggiare la REDENZIONE dato che la funzione del pastorale è quella di portare in salvo le pecore smarrite come Cristo salva i parrocchiani dal peccato ( un modo di rendere più facilmente interpretabile il significato piuttosto che affidarlo ad un simbolo). Si può anche osservare una certa differenza tra la formalità centrale e la graduale informalità di atteggiamento che si ha ai lati come a smorzare passo passo la situazione fino a giungere allo spazio reale. Passando ad un'altra opera di Lippi, come la MADONNA E ANGELI agli Uffizi notiamo una situazione simile: l'angelo che sorregge il bambino invita l'osservatore nell'opera e la visione ravvicinata aumenta la sensazione di partecipazione alla scena e così ci aiuta a concentrarci sul gesto della Madonna e a ricambiarlo mentalmente. > sarebbe uno sbaglio pensare che questo ravvicinamento sia un modo per laicizzare la figura della Madonna, poiché essa risulta vicina ma al tempo stesso altera rispetto noi. Ancora poi nelle sue varie ANNUNCIAZIONI Lippi tiene conto dello spettatore e tra tutte una versione poco nota ( che inizialmente fu posta a Pistoia) ci mostra il canonico rappresentato in secondo piano rispetto all'evento principale ma più vicino alla casa della Vergine ( a differenza del solito dove i vari committenti sono rappresentati in primo piano e generalmente condividono lo spazio della rappresentazione). Facendo così lo spettatore è l'unico a partecipare attivamente alla scena e si identifica in un ANGELO ( altro unico personaggio generalmente ammesso in questo evento). Un altro luogo in cui la presenza dello spettatore risulta fondamentale ai fini della composizione dell'opera è LA CAPPELLA DEL CARDINALE DI PORTOGALLO a San Miniato ( Firenze), poiché vi è uno stretto rapporto tra la Tomba del cardinale e la pala d'altrare. Partendo dalla pala vediamo due santi che guardano lo spettatore, coinvolgendolo ( in questo caso il continuum spaziale è creato a livello architettonico perché l'arco che rinchiude la pala è identico a quello dell'entrata della cappella) , mentre quello centrale guarda verso l'altra parete dove si trova la tomba e in particolare verso l'oculo in cui è rappresentata una Madonna con bambino su fondo azzurro e stelle dorate che richiama la sua funzione di FINESTRA DEI CIELI, e la Vergine guarda sotto, vero il Ginsant del cardinale e anche il bambino, benedicendolo ( ecco perché il santo guarda la tomba, per farci scorgere questo aspetto). Altro tipo di coinvolgimento, non spaziale, ma NARRATIVO, nasce con una DEPOSIZIONE INCOMPIUTA DI MICHELANGELO in cui viene rappresentato Cristo che inizia ad essere portato verso il sepolcro ( in alto a destra) e che coinvolge lo spetattore in maniera diversa in quanto nessuna figura lo osserva e introduce all'opera, ma egli è portato a continuare mentalmente il percorso fino al raggiungimento del sepolcro. L'aspetto drammatico della scena è rappresentato dal distacco del corpo dal gruppo commosso, un gruppo al quale lo spettatore stesso appartiene. Raffaello, qualche anno dopo, realizzò la sua DEPOSIZIONE e riprese dall'esempio michelangiolesco l'idea dei due gruppi distinti ( oltre che citazioni ben evidenti come la mano della Madonna portata in avanti o la schiena inarcata del portatore sulla destra), ma apportò un cambiamento decisivo mettendo in DIAGONALE il gruppo che trasporta il corpo ( prendendo come spunto ciò che succedeva su alcuni sarcofagi classici, in particolare in quello di MELEAGRO). Questa scelta fa sì che lo spetttore rimanga ancora esterno alla scena. PONTORNO invece anni dopo supera il problema usando la soluzione in diagonale di Raffaello, ma ribaltandola dando così l'idea che il Cristo venga portato verso il basso e quindi verso lo spazio della cappella ( in questo caso si tratta della CAPPELLA BARBADORI) in un movimento discendente suggerito dal fatto che la Madonna sia disposta in un gradino più elevato rispetto al gruppo che da lei si allontana e questo perché la tomba si trovava sul pavimento. > anche in questo caso è evidente da alcune riprese che l'artista abbia guardato alla soluzione di Raffaello come la diagonale, ma anche la mano della Madonna. Non è chiaro se il corpo debba essere deposto sull'altare ( a simboleggiare l'Eucarestia) o nella tomba di Capponi ( che accoglie il corpo nella sua tomba come Giuseppe d'Arimatea che chiese a Pilato di poter deporre il corpo di Cristo nella sua tomba ancora vuota), ma in ogni caso ciò che è sicuro è che in entrambi i casi la soluzione crea osmosi tra lo spazio reale e quello dipinto. Ci sono poi una serie di figure che guardano lo spettatore e questo fa sì che egli vada a considerarsi l'oggetto della Redenzione che avviene con la passione di Cristo. Poi anche TINTORETTO realizzò una Deposizione che riprendeva l'idea del Pontormo, con la differenza che questa volta la tomba era anch'essa presentata nel quadro rivolgendo l'azione in faccia allo spettatore, un po come nella versione di Michelangelo, ma senza completare la narrazione perchè la tomba è rappresentata nel quadro stesso. Sempre parlando di pale d'altare importante è il passaggio che avviene a Venezia dove fondamentale risulta l'intervento di Donatello all'ALTARE DEL SANTO. Ad oggi le 7 figure sono state estraniate dal loro contesto originario architettonico e dunque non è facile studiare l'assetto originario, però è vero che esse si trovavano all'interno di una struttura architettonica che le conteneva tutte, come una sorta di padiglione, e che le varie statue dimostrano, singolarmente, di tenere al contatto con lo spettatore nei gesti che fanno; sopratutto la Madonna che guarda fissa in volto e sembra essere stata scolpita nel momento in cui si sta alzando per salutare chi arriva! Un'opera come al PALA DI SAN GIOBBE di Giovanni Bellini parte sicuramente dalla conoscenza di questo gruppo ( il gesto di San Francesco che invita a guardare l'opera è infatti ripreso proprio dal gruppo). Anche in questo caso la struttura intera della tavola originariamente ricostruiva una sorta di cappella fittizia ( come nel caso della Trinità di Masaccio) che comprendeva anche un finto altare ( effetto perduto quando la pala fu spostata dalla sua collocazione originaria senza cornice) e quindi ciò fa intuire che anche lo spazio fittizio rappresentato nel quadro non è quello dell'abside di una chiesa veneziana, bensì quello di una cappella. Importante è il fatto che le figure si trovino tutte nello stesso spazio e comunichino tra loro ( cosa che precedentemente nei polittici non avveniva) e questo rende più umana la rappresentazione e di conseguenza più diretto il rapporto con lo spettatore che è portato a chiedersi cosa facciano tutte quelle figure riunite insieme. Anche TIZIANO dipinse una pala molto interessante che è la PALA PESARO per la Chiesa dei Frari in cui si può dire unisca due generi: la Sacra Conversazione e il genere del donatore che si inginocchia davanti alla Madonna e offre la sua devozione. La particolarità di questa pala è il fatto di svolgersi in DIAGONALE e di farlo all'interno dello spazio di una cappella fittizia ( come nel caso della Pala di San Giobbe) riprendendo le grandi colonne che caratterizzano anche l'architettura vera e propria della Chiesa dei Frari. La scelta di questa struttura non è dettata dal fatto di adattarsi ad un punto di vista laterale dello spettatore ( dato che l'altare su cui si colloca è centrale sulla parete) ma è dovuta all'idea di orientare la scena verso l'ingresso principale della chiesa e anche per suggerire l'idea che il donatore principale, GIACOMO PESARO, si trovi inginocchiato davanti alla scala del trono, separto dal resto della sua famiglia ( che bilancia la composizione a destra) insieme a un soldato che porta la bandiera della FLOTTA PAPALE e due prigionieri mori ( a ricordare la vittoria che la flotta, sotto la guida di Giacomo, aveva avuto su Cipro, rendendo così chiaro il motivo della scena allo spettatore. San Pietro nel girarsi svolge un ruolo di intercessore ed è scelto proprio lui in riferimento alla flotta papale appunto. > una struttura laterale che richiama una pala che Tiziano stesso aveva finito anni prima per lo stesso committente . Il gruppo della famiglia serve non solo a dare ordine alla composizione, ma anche per far immedesimare tra loro lo spettatore che fa la stessa azione: osserva l'omaggio fatto al familiare. San Francesco intercede per il gruppo, e dunque anche per noi, e nel gesto ricorda il SAN FRANCESCO DI DONATELLO ( dell'Altare del Santo) e il Bambino risponde al suo gesto alzando il velo della madre ( non un gesto casuale e giocoso, ma un segno che allude alla MADONNA DELLA MISERICORDIA che con il suo mantello protegge i fedeli. > questo dettaglio è ripreso anche dal VERONESE nella sua pala nella chiesa di San Sebastiano ( non si tratta di una Sacra Conversazione ma della visione della Madonna che San Sebastiano ha durante il suo martirio) in cui il Bambino compie lo stesso gesto ma aiutato dagli angeli, ma va anche detto che prima di entrambi il gesto è presente nella MADONNA DI FOLIGNO di Raffaello ( prima sua opera romana). RAFFAELLO già a Firenze aveva realizzato una sacra conversazione in cui tiene conto dello spettatore con uno dei santi, però a Roma applica la stessa idea proprio a questa visione della Madonna con il Bambino che doveva alludere alla VISIONE DI AUGUSTO avuta nel momento della nascita di Cristo. Le due figure appaiono in un fascio di luce in alto sollevate da alcuni angeli- nuvole molto naturalistici sotto gli occhi di un gruppo di santi che hanno un significato ben preciso: san Giovanni è il profeta e infatti ci indica la visione, il donatore che come sempre si fa rappresentre e viene presentato dal suo santo protettore e San Francesco ( sempre rappresentato nelle pale delle chiese francescane) che ci indica come a volerci presentare alla Madonna che tuttavia non si cura di noi ma insieme al bambino guarda i santi che le stanno intorno. Il vero punto di svolta è però raggiunto con la MADONNA SISTINA, perché è qui che lo spettatore viene totalmente coinvolto: la Madonna non è statica, ma da' l'idea di planare verso di noi e ci guarda in maniera molto espressiva come preoccupata dal fatto che il sacrificio del figlio avverrà per causa nostra . Le cortine servono, come gli angeli, a presentare la scena e a rendere possibile la visione allo spettatore mentre i due santi che la circondano sono un collegamento al donatore: il santo sulla sinistra è San Sisto, protettore di PAPA GIULIO II ( e infatti ne ha le sembianze) che viene rappresentato sulle nuvole perché già morto e ancora una volta lui indica noi alla Madonna , mentre l'altra santa è la patrona dei morenti ( poiché Giulio era appena scomparso e anche gli oggetti papali posti sul bordo PEGNO D'AFFETTO da dare in regalo ad un amico/a o ad una/ un amante come lo stesso Raffaello realizza per uno dei suoi amici colti, forse PIETRO BEMBO, donandogli un quadro che ritraesse altri due poeti dopo che uno dei due ( Navagero) se ne andò a Venezia come bibliotecario. Il dipinto è interessante perchè i due poeti vengono raffigurati vicini mentre giardano verso lo spettatore come fosse il loro terzo amico a cui il quadro viene regalato. Un effetto simile a quello dei due amici fatto per Bembo, si ha nel quadro che ritrae RAFFAELLO E UN AMICO dove, pur non conoscendo l'identità dell'amico e la sua funzione, appare ovvio che lui funga da intermezzo tra noi e l'artista e si evince dal gesto di quest'ultimo l'amicizia, ma anche la distanza sociale, tra i due; così lo spetattatore ancora una volta si trova ad essere il terzo amico. Uno dei ritratti più famosi è poi sicuramente quello di BALDASSARE CATIGLIONE in cui veramente Raffaello arriva a rappresentare il carattere, poiché Baldassarre appare con l'immagine che vuole dare di se, come il Gentiluomo dei suoi scritti e sembra di coglierne il carattere amichevole e affabile. > la bellezza del quadro fu elogiata dallo stesso Castiglione che scrisse un'elegia in cui si immagina la moglie consolarsi per la sua assenza guardando il quadro e il figlio sorridergli poiché lo scambia per il vero padre. Queste parole testimoniano il fatto che da poeta Castiglione riconosca effettivamente una certa ANIMA al quadro di Raffello... Il ritratto rimase a Casa di Castiglione a Mantova per diverso tempo e infatti venne preso ad esempio da diversi pittori successivi, come nel RITRATTO DI GALEAZZO SANVITALE del Parmigianino dove la figura si rivolge verso di noi seduta su una sedia come a voler discutere della medaglia che ha in mano. Anche a Venezia gli artisti più importanti ( Bellini, Giorgione e Tiziano) si dedicano al ritratto, ma è TIZIANO soltanto che riesce a raggiungere la stessa grandezza, nei ritratti, di Raffaello, donando alle sue figure la stessa presenza fisica e psicologica, sia che il personaggio ci guardi dritto negli occhi, sia se esso faccia finta di non vederci. Tra tutti interessante è il RITRATTI DI FEDERICO GONZAGA che ritrae il signore di Mantova con affabilità raggiungibile sfruttando sopratutto il CANE che è inserito per due motivi: da un lato perchè effettivamente era molto apprezzato da Federico, ma dall'altro anche perchè simbolo della vividezza dell'immagine: così come il figlio di Castiglione viene immaginato mentre sorride al quadro del padre, il cane afferma il realismo dell'immagine. > anche a Venezia infatti vi era la stessa tradizione poetica topica che c'era a Roma come dimostra l'elogio fatto da PIETRO BEMBO nei confronti del ritratto dell'amata fatto da GIOVANNI BELLINI ( non meglio identificato) che sostanzialmente da' lo stesso giudizio di quello di Petrarca. 4. CUPOLE: Studiare il rapporto dello spettatore con le cupole è molto difficile perché andrebbero sempre viste dal vivo per capire in quanto una foto non tiene conto di aspetti molto importanti. Le cupole sono infatti sferiche e la loro visione risulta scomoda per lo spettatore, dunque l'artista deve prendere in considerazione non solo la difficoltà della distorsione ottica che l'immmagine subisce dal disegno piano a quando viene inserito nella superficie sferica, ma soprattutto il punto da dove arriva lo spettatore e far sì che l'immagine si distenda davanti a lui appena entra nella stanza e non quando è decisamente sotto la cupola ( perché questa posizione può essere mantenuta dal collo umano solo per poco tempo, è scomoda) e questo è dimostrato dal fatto che quasi tutte le cupole presentano uno sviluppo dell'evento principale per lo più verticale. In realtà già nel medioevo le cupole erano realizzate partendo da questo principio ed è per questo che pur ripetendosi bene o male le stesse immagini ( ad esempio il Cristo Pantocratore o in mandorla) esse variano di grandezza, proprio in relazione alla porzione , così che entrando nella stanza è fin da subito visibile allo spettatore prima che giunga sotto di essa. Le prime cupole rinascimentali non prendono in considerazione quelle medievali ma le successive sì e questa unione sincretica è raggiunta sopratutto da RAFFAELLO e da CORREGGIO. La cupola fin dall'origine inoltre rappresenta il cielo, spesso non un cielo atmosferico ma uno divino e quindi completa il significato di un ambiente al pari delle altre opere. Correggio evidententente ha una conoscenza riguardo alle cupole e questo già lo dimostra una cupola fittizia come quella che si intravede nel quadro della MADONNA DI SAN GIORGIO che abbiamo già analizzato: si intravedono alla base degli ATLANTI ( figure che nella mitologia antica reggono la volta del cielo e che dunque derivano da una tradizione ben lontana che era stata fatta propria anche dal cristianesimo trasformandoli in angeli) e la loro presenza ci suggerisce che sopra di essi ci sia dunque un cielo. > gli artisti rinascimentali inventarono varie soluzioni di passaggio verso l'anello centrale della cupola, ma mai qualcuno aveva avuto la stessa idea se non un precedente a Gerusalemme che sicuramnte Correggio non conosceva e che ci porta dunque a pensare che in realtà entrambe le opere derivino l'idea da un ulteriore precedente comune di cui però non abbiamo notizia, ma che testimonia quanto fosse importante per gli artisti studiare le cupole precedenti per arrivare alla loro soluzione. Le prime cupole rinascimentali non mostrano collegamenti alla tradizione precedente appunto, è qualcosa che si scopre successivamente e lo dimostra una delle prime soluzioni illusionistiche pensate per i soffitti rinascimentali come il SOFFITTO DELLA CAMERA DEGLI SPOSI del Mantegna. Non si tratta di una cupola, bensì di un soffitto piano al centro del quale viene posto un ovulo che simuli l'apertura verso il cielo a completamento di quel finto pergolato che viene creato un po' per tutta la stanza e nell'oculo non vi è un soggetto importante che abbia bisogno di essere osservato a lungo ed è per questa ragione che non viene preso in considerazione un punto di vista che parta dall'ingresso, ma si aspetta che lo spettatore si trovi proprio sotto l'apertura e goda di quello “scherzo” ordito dai servitori e dai putti. > il fatto che egli dunque non prenda in considerazione l'idea di sfruttare il centro per dare un messaggio religioso o la volontà di prendere in considerazione la direzione di arrivo dello spettatore denota la non conoscenza delle cupole bizantine. Le prime cupole vere e proprie sono volte a creare illusionismo tramite l'architettura che in genere amplifica il volume, la profondità della cupola stessa e possiamo notarlo osservando i lavori di Brunelleschi alla SAGRESTIA VECCHIA o anche al CAPITOLO DE' PAZZI, poiché in entrambi i casi le cupole della Scarsella, che mostrano una volta celeste, presentano una cornice che simula un panno arrotolato come ad indicare che la visione ci viene svelata momentaneamente, mentre MELOZZO DA FORLI' a Loreto ( nella Cappella del Tesoro) realizzò una cupola illusionistica in cui sull'architettura si stagliano delle figure che sembrano volteggiare nello spazio, mentre il centro della cupola è lasciato vuoto poiché altrimenti le figure sarebbero risultate eccessivamente allungate e illeggibili e dunque il centro viene lasciato libero e separato dal resto tramite un espediente.... questo era un problema che gli artisti dovevano cercare di risolvere perchè ovviamente il centro della cupola era la parte più importante e se Melozzo decide di non fruttarlo evidentemente questo accade perchè anche lui non era a consocenza della tradizione medievale delle cupole. La più interessante cupola si trovava a Forlì prima di essere distrutta durante la seconda guerra mondiale ed è opera di MARCO PALMEZZANO, allievo di Melozzo: nella zona bassa vi sono angeli a coppie e questa volta il centro è usato per rappresentare un tondo con la Madonna con Bambino a raffigurare la visione avuta da Augusto che si trova in basso tra gli angeli insieme alla Sibilla e il tondo ha un punto di vista arbitrario come quello delle immagini bizantine dei Pantocratori che non torna tanto apparentemente con la posizone di Augusto perchè è come se egli la vedesse al contrario dalla sua posizione... Ancora una volta l'evoluione della cupola con l'unione della tradizione bizantina a quella dell'illusionismo rinascimentale si deve a RAFFAELLO nella CUPOLA DELLA CAPPELLA CHIGI. Probabilmente la novità della cupola è dovuta al committente: Agostino Chigi era infatti stato a lungo a Venezia e conosceva certamente le cupole bizantine. Raffaello adotta in parte lo schema di Melozzo: 8 finestre aperte sul cielo che incorniciano delle figure, una struttura architettonica che congiunge questa parte al centro dove si trova il Pantocratore come nella tradizione bizantina ma in una posizione scorciata molto più realistica. Egli inoltre prende in considerazione il punto di vista più comodo all osservatore sotto l'arco d' ingresso. Da questa sintesi dipendono tutte le cupole successive. CORREGGIO nel dipingere le sue cupole a Parma prende sicuramente in considerazione la cupola Chigi. Nel San Giovanni pensa a due condizioni diverse di visione: una per i benedettini in preghiera ( che potevano vedere San Giovanni nella parte più bassa) e quello del visitatore che dall'entrata si sarebbe considerato spettatore della visione al pari degli Apostoli. Nella cupola del Duomo invece il punto di vista scelto si trova in fondo ai gradini delle scale che conducono alla cupola; infatti da questa posizione si vede solo Cristo e l'imbuto di nuvole è leggermente fuori centro, mentre la tomba della Vergine si trova idealmente nella navata. Un espediente usato dal Correggio è quello di applicare dello stucco agli angoli e questo accentua l'illusionismo spaziale ( la stessa cosa è fatta da Giulio Romano nella sala dei giganti). A palazzo Te la cupola rappresenta l'Olimpo e il trono libero di Giove deve derivare da un esempo bizantino dove il trono allude all'apocalisse. Nella sala la catastrofe sembra coinvolgere lo spettatore. 5. STORIA ED ENERGIA: Anche nelle scene narrative gli artisti presero in considerazione la presenza dello spettatore che nell'arte precedente al Quattrocento ( anche in quella antica) non accadeva mai ( se non in maniera passiva per il semplice fatto che un'opera è ovviamente fatta per qualcuno che la guardi) e questo riguardava sicuramente sempre i rilievi ( mentre le sculture a tutto tondo, così come le pitture talvolta potevano prendere questo aspetto in considerazione...). Un'eccezione a questa regola si trova nel PRESEPE DI GRECCIO ( opera del XIV secolo) in cui la struttura architettonica che viene disegnata mostra chiaramente una volontà embrionale di coinvolgimento nella narrazione, poiché ci dimostra di essere al di là del transetto in una zona a cui solo gli uomini potevano accedere ( le donne infatti nel dipinto sono ferme all'ingresso), ma si tratta di qualcosa efficacie a livello intellettuale più che a livello pratico in quanto l'affresco si trova molto più in alto della testa dello spettatore come tutti gli affreschi.... nonostante questo però alcuni artisti cercarono di risolvere questo aspetto e uno dei primi fu FILIPPO LIPPI che nella Cappella Maggiore del Duomo di Prato coinvolge lo spetattore nella scena del BANCHETTO DI ERODE tramite lo sguardo di vari personaggi, ma sopratutto creando l'idea che la scena si aprisse sopra una scala fittizia disegnata sul muro a partire dal pavimento della cappella. C'è però da dire che nessuno prima di RAFFELLO ancora una volta sia riuscito a creare un coinvolgimento pienamente soggettivo. Raffello raggiunge questo salto di qualità nel contesto delle STANZE VATICANE; in particolare nei lavori tra la Stanza di Eliodoro e quella dell'Incendio di Borgo. Per quanto riguarda la prima di queste due stanze egli arriva già ad un primo step importante con la scena della Cacciata dal Tempio in cui mette alcune figure che guardano direttamente lo spettatore, ma sopratutto portandolo più o meno a condividere la visione che Eliodoro stesso ha dell'angelo a cavallo che lo schiaccia ( sia noi che lui vediamo per prima cosa gli zoccoli del cavallo) e grazie alla linea diagonale il gruppo sulla destra viene collegato direttamente alla preghiera del profeta spiegando bene la scena. Anche nell'ultima scena della stanza, quella con l'incontro tra Leone Magno e Attila, egli pensò a questo presupposto arrivando ad ideare un disegno preparatorio che coinvolgeva pienamente lo spettatore grazie al posizionamento di una serie di figure centrali che osservavano la scena da tergo, come faremmo noi; tuttavia con le richieste di Papa LEONE X di essere coinvolto nella scena, l'effetto finale “ rovinò” l'iniziale progetto, ma l'effetto fu sicuramente migliorato nella scena del'Incendio di Madonna guarda una croce in un vaso ( quello tenuto dall'angelo sulla destra, ora non più visibile) ma questa contemplazione viene scandita dall'artista in più azioni. La Madonna non guarda il vaso, bensì lo ha appena guardato e mentre ci pensa si volge verso il bambino e rende più comprensibile il riferimento e sopratutto rende il quadro più comunicante nella misura in cui è lo spetattore a svolgere l'azione. Una cosa a cui va prestata attenzione è la CINGHIA che la Madonna del Parmigianino ha sul petto che è l'imitazione di quella della Madonna nella PIETA' DI MICHELANGELO ma messa al contrario e questo non a caso... nella Pietà infatti Michelangelo con la cinghia riprende un classico attributo delle statue pagane di DIANA che le serviva per la faretra e che portava sulla sinistra. Questa riprensa viene fatta per alludere alla Verginità della dea come a quella della Madonna, giustificando così anche la giovinezza tanto criticata della Madonna, ma viene messa sulla destra poiché così si alludeva alla maternità ( in quanto fasce di questo tipo erano comuni al tempo per le donne e ce lo testimonia anche la Pala Barberini di Lippi). Parmigianino evidentemente è cosciente di questa citazione e lo dimostra rimettendola nella sua posizione classica. Come sempre anche RAFFAELLO dimostra di stare attento a simili citazioni nel cartone del SACRIFICIO DI LISTRA: secondo la storia nell'isola circolava una leggenda secondo la quale prima o poi le divinità originarie di questo luogo, Giove e Mercurio, sarebbero tornate e dunque davanti ai miracoli dei Santi gli abitanti li identificano come loro e vogliono omaggiarli di sacrifici e per rendere riconoscibile questo fatto Raffaello ispira la sua composizione ai sarcofagi romani e in particolare a uno in cui trova due scene che servono al suo scopo: l'una è quella del sacrificio, così da essere preciso per i colti conoscitori dei sarcofagi antichi che costituivano il pubblico d'elite delle Stanze Vaticane e l'altra è quella dell'adorazione che veniva fatta su un podio dei generali vittoriosi che tornavano a casa. Tutto ciò ancora una volta dimostra che Raffaello non voglia dissimulare la sua ricerca, anzi la renda riconsocibile. Un'altra opera del Parmigianino, LA VISIONE DI SAN GIROLAMO, è ricca di citazioni di artisti differenti e una delle più evidenti è quella nella Vergine della MADONNA DEL CARDELLINO di Raffello di cui ripende la stessa esatta posa rendendo gli aspetti decorativi più eleganti ancora... e questo era tipico nelle opere Manieriste che si proponevano di superare i modelli rinascimentali e per farlo era doveroso rendere evidente la citazione del modello. Interessante è anche il caso della FONTANA DELL'AMMANNATI: egli decora questa fontana per Villa Medici di Castello con un gruppo bronzeo di Ercole e Anteo e mette insieme in modo curioso due famosi bronzi appartenuti proprio ai Medici; un riferimento dunque molto colto che doveva omaggiare gli stessi committenti: da una parte l'omonimo bronzetto del Pollaiolo a cui rimanda il tema e dall'altra il Putto con Delfino del Verrocchio che stringe talmente tanto il pesce da far uscire l'acqua dal suo interno, così come qui la forza di Ercole fa sparare fuori il “ sangue” da Anteo! Altri esempi possono essere le due Allegorie d'amore che CORREGGIO fa per Federico Gonzaga: nell'Educazione di Cupido ad esempio il Mercurio richiama gli ignudi di Michelangelo ( non uno in particolare, ma la struttura fisica è quella), così come la Venere la Leda con il Cigno di Leonardo e il Cupido il San Giovannino di Michelangelo; così come la tela con Giove e Antiope riprende esattamente le posizioni del gruppo sotto l'albero del Peccato Originale della Sistina ( e questo per omaggiare la cultura dei committenti, sopratutto dato il fatto che Federico era stato sui ponteggi della Sistina), così come il Cupido dormiente allude a una serie di tre sculture possedute alla corte di Mantova, oggi perdute che erano a loro volta una l'imitazione dell'altra. Se si deve pensare però all'opera più densa di citazioni nell'antichità è il caso di accennare ai BACCANALI che Tiziano realizzò per il fratello di Isabella nel suo studiolo a Ferrara. L'opera infatti prende ispirazione da diverse opere antiche e moderne ( il Laocoonte per la figura che lotta con i serpenti, rilievi antichi per le figure di baccanti, il dito di Adamo per il dito di Bacco e ancora le figure di Raffello per l'Arianna, così come l'intera composizione che vede quasi tutte le figure raggruppate sulla sinistra e solo una sulla destra, così come nei cartoni della Sistina che Tiziano aveva potutto osservare nella collezioni veneziane; in particolare il Sacrificio di Listra. Egli deve ave avuto delle istruzioni ben precise per realizzare l'opera, come nel caso della prima commissione che portò a termine per lo stesso camerino, ma non le possediamo; tuttavia possiamo in un certo modo ricostruirle pensando ai riferimenti testuali che vi si colgono, in particolare nella descrizione dell'incontro tra Bacco e Arianna a Nasso narrato da Poliziano nelle sue Stanze che a sua volta si fondava sue due testi antichi: i Carmina di Catullo e l'Ars Amatoria di Ovidio, ma pare che la versione di Poliziano da sola non sia sufficiente e che alcuni particolari derivino direttamente dai testi originali.
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