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Riassunto di CHE COS'È LA NARRAZIONE CINEMATOGRAFICA (di A. Bellavita e A. Bernardelli), Sintesi del corso di Storia Del Cinema

Riassunto del Libro "Che Cos'è la Narrazzione Cinematografica" di Andrea Bellavita e Andrea Bernardelli - Corso della Professora Pesce, DAMS, Bologna

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 22/09/2022

DiegoPolimeni
DiegoPolimeni 🇮🇹

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Scarica Riassunto di CHE COS'È LA NARRAZIONE CINEMATOGRAFICA (di A. Bellavita e A. Bernardelli) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! CHE COS’È LA NARRAZIONE CINEMATOGRAFICA? (di Andrea Bellavita e Andrea Bernardelli) 1) IL RACCONTO CINEMATOGRAFICO 1.1) COME RACCONTA IL CINEMA? Il fine principale del Cinema è quello di raccontare agli spettatori una storia che narra di personaggi intenti a svolgere azioni in un arco temporale e in un determinato luogo. Il Cinema si presta così facilmente all’analisi in quanto forma di narrazione facilmente distinguibile dal fruitore. Già i primi esempi di Cinema Sperimentale erano facilmente riconoscibili come racconto dal pubblico in quanto dotati di un inizio e di una fine: la situazione iniziale cambiava fino ad una trasformazione più o meno radicale nella situazione finale. La temporalità che scandisce le immagini in movimento è l’elemento fondamentale del cinema, come lo è la capacità immaginativa per la letteratura e come lo è l’ hic et nunc per il teatro. A differenza delle altre arti il cinema si è evoluto molto velocemente, e insieme ad esso le metodologie di studio che lo analizzano. In sintesi, il Cinema è la forma audiovisiva della narrazione . 1.2) LE FASI DEL RACCONTO CINEMATOGRAFICO Johann Metz sosteneva che pur essendo la narratività strettamente correlata al Cinema questo a sua volta non è naturale nella sua dimensione narrativa. A riprova di ciò si può pensare al montaggio, ovvero l’unione di segmenti narrativi che nella maggior parte dei casi non sono stati filmati nell’ordine in cui non vengono presentati. L’aggiunta dell'audio e degli effetti speciali non fa che rendere più evidente questa innaturalità. Di conseguenza, non è scontato il fatto che il cinema dovesse per forza narrare sotto forma di lungometraggio basato sulla finzione romanzesca. Se nel corso del ‘900 la fotografia ha mantenuto il suo carattere scientifico e l'arte visiva si è evoluta migrando verso il video, il cinema è finito per diventare “L’Occhio del Novecento”. Sergej Ejzenstejn, il più importante regista russo degli anni ‘20, sosteneva che Inquadratura e Montaggio fossero gli elementi più importanti del cinema. André Gaudreault afferma che la narrazione del cinema avviene su due livelli diversi: il Primo Microlivello corrisponde all'inquadratura, che racconta tramite il suo contenuto mentre il Secondo Macrolivello narra attraverso la summa delle inquadrature. La prima fase della realizzazione del film, il “ Profilmico ”, riguarda tutte le azioni necessarie per la realizzazione del mondo che si vuole mostrare attraverso la MDP. Le attività contenute che lo costituiscono possono essere l’Allestimento della Scenografia, il Casting, la Scelta dei Costumi, ecc… Queste attività fanno parte dell “ Pre-Produzione ”. Ad essa segue la Realizzazione , dove si entra nel " Filmografico " ovvero la fase di ripresa, contenente le inquadrature della MDP e tutti gli strumenti ad essa utili per rappresentare il “mondo” costruito nella Pre-Produzione. La Post-Produzione riguarda invece il montaggio e l’editing di ciò che è stato registrato. Le peculiarità del Racconto Cinematografico sono: ● Una pluralità di Codici Rappresentativi che cooperano gli Uni con gli Altri ; ● Una Dimensione di Scrittura ; ● Una Dimensione Visiva caratterizzata da Immagini in Movimento (che lo distingue dalla Letteratura) ; ● Una Dimensione Sonora ; ● Una Riproducibilità Tecnica (che lo distingue dal Teatro) . Naturalmente questi elementi derivano dalle Regole Classiche, che possono cambiare a seconda del contesto socio-culturale all’interno del quale il cinema narra. 1.3) CHI RACCONTA AL CINEMA? All’interno della teoria cinematografica il concetto di “Autore” ha sempre generato perplessità, vista la pluralità di soggetti che lavora per la realizzazione del film. Il termine ha assunto due significati distinti: “autore” inteso come “chi ha la paternità” ed “autore” inteso come “colui che modella il film dandogli un'impronta personale”. Nell’immaginario collettivo il Regista è diventata la figura principale associata al termine “Autore” e infatti nella storia del cinema sono stati molti i registi a dotare le proprie opere di un'impronta personale. Per esempio Kubrick, pur essendo celebre per i suoi adattamenti di romanzi altrui, è sempre riuscito a dare a questi una propria visione autoriale. Esempio italiano è invece Federico Fellini, che spesso si occupava di sovraintendere le fasi di Pre-Produzione e Post-Produzione dei suoi film. Altra distinzione è quella tra “autore” e “narratore”, poiché il secondo può essere reale o solo un artificio della narrazione. Il regista è quindi anche il “responsabile della narrazione”, in quanto si occupa delle scelte di regia collaborando con tutte le professionalità implicate e avendo diversi livelli di protagonismo e di responsabilità, partendo dal controllo totale fino ad arrivare ad una semplice compartecipazione (Es: Le musiche di Ennio Morricone sono state composte prima dei film di Sergio Leone definendo il tono narrativo dei suoi film). Per i blockbuster, invece, le major scelgono “mestieranti” che senza alcun tocco di autorialità realizzano film su commissione. Altre figure come gli shooter possono evolvere fino a diventare registi veri e propri (ES: Michael Bay). Un regista può inoltre perdere in qualsiasi momento la paternità dei propri film a causa del montaggio, in grado di stravolgere il senso stesso della storia raccontata. 1.4) LA PRE-PRODUZIONE: DAL SOGGETTO ALLA SCENEGGIATURA Il primo momento della costruzione del racconto cinematografico è la Sceneggiatura . Essa si differenzia molto dalle stesura della bozza di un romanzo o da una pièce teatrale proprio perché è parte attiva della produzione. Essa infatti è un elemento di negoziazione tra produttore, divo e regista e può venire modificata in corso d’opera a seconda delle necessità individuali di questi. Lo scenografo deve costruire il set sia in modo esaustivo che sintetico, in modo tale da renderlo adattabile alle scelte di regia in ogni momento. La Sceneggiatura a differenza del romanzo è un testo aperto che può venire modificato in qualsiasi momento, anche in fase di realizzazione. Il compito principale di essa però deve rimanere quello di gettare le basi per un racconto che narra tramite immagini. Lo Sceneggiatore scrive esclusivamente per il cinema e il suo modo di scrivere è totalmente diverso da quello del romanziere. La Sceneggiatura in realtà non è altro che l’ultimo di una serie di passaggi che hanno il fine comune di facilitare il processo di scrittura nonché di permettere alla produzione di capire se ciò che si sta creando è un lavoro valido: la produzione cinematografica è in primis un’industria. Le fasi che precedono e accompagnano la sceneggiatura sono: ● Story Concept: L’Idea che sta alla base della storia riassumibile in “venticinque parole”; ● Soggetto: È la storia sotto forma di racconto breve che descrive molto brevemente l’intreccio, i personaggi e le ambientazioni; Il Decoupage Classico si basa su una continuità spaziale fra le inquadrature che compongono la scena. Per unire in modo contiguo queste inquadrature si utilizzano i Raccordi: ● Raccordo sull’Asse: due inquadrature mostrare a distanze differenti convergono in quanto allineate sullo stesso asse; ● Raccordo di Sguardo: un’inquadratura mostra un personaggio che mostra un qualcosa, la successiva mostra quel qualcosa; ● Raccordo di Movimento: un personaggio inizia un gesto in una inquadratura che si conclude nella successiva; ● Raccordo Sonoro: uno stesso suono viene udito in due inquadrature diverse oppure un suono iniziato in una inquadratura si protrae e si conclude nelle seguenti. La Regola dei 180° implica che lo spazio delle inquadrature sia sempre lo stesso e che la MDP non debba superare una linea immaginaria (detta dei 180°, per l'appunto) rimanendo sempre frontale alla scena che si sta inquadrando (si crea altrimenti uno Scavalcamento di Campo ). Ulteriori raccordi regolati dalla 180° sono: ● Raccordo di Posizione: due personaggi che occupano due posizioni, una a destra e una a sinistra, dovranno mantenere quelle posizioni anche nelle inquadratura successive; ● Raccordo di Direzione: un personaggio che esce di campo a destra dovrà rientrare a sinistra nell’inquadratura successiva; ● Raccordo di Direzione di Sguardi: in un dialogo tra due personaggi essi dovranno guardare sempre l'uno nella direzione dell’altro. I Raccordi seppur impercettibili per lo spettatore generalista danno un senso di continuità altrimenti assente in ogni film. Il Découpage Classico non è quindi solo un periodo storico bensì un vero e proprio sistema di norme che stanno alla base della narrazione cinematografica. 2) L’ANALISI DEL RACCONTO CINEMATOGRAFICO 2.1) UN FILM NON È UN ROMANZO La disciplina che studia la narrazione si chiama “ Narratologia ” e di essa si distinguono due principali branche: ● Narratologia Tematica: ricerca le forme narrative universali che vengono scisse dalle modalità come le quali si racconta. Gli strumenti di analisi sono generali; ● Narratologia Modale: ricerca le forme narrative considerando anche il come esse narrano. Gli strumenti di analisi cambiano caso per caso. Questo secondo tipo di narratologia è quella che riguarda la cinematografia; L’analisi narratologica prevede che: 1) Con “ Racconto ” si intenda solo l’enunciato del testo narrativo; 2) Con “ Storia ” si intenda il significato del testo narrativo, il contenuto che vede la successione degli eventi; 3) Con " Narrazione " si intenda infine l’atto narrativo in sé e l’insieme in cui esso è collocato. Questi tre elementi sono legati tra loro gerarchicamente, dal momento che senza aver prima capito il Racconto non è di conseguenza possibile capire gli altri due elementi. Questi elementi, applicati alla narrazione cinematografica sono rispettivamente la rappresentazione mediante le inquadrature , il contenuto del film e il rapporto tra lo spettatore e il film . 2.2) LA STORIA E IL RACCONTO 2.2.1) LA FOCALIZZAZIONE La Focalizzazione è quell’elemento della narrazione cinematografica che definisce la quantità di informazioni che può essere data allo spettatore. Esistono tre tipi di focalizzazione: ● Focalizzazione Zero (N > P) , il Narratore è onnisciente e di conseguenza sa più dei Personaggi, compresi i loro pensieri e desideri ancora da realizzarsi; ● Focalizzazione Esterna (N < P) , il Narratore sa meno di quello che sanno i Personaggi; ● Focalizzazione Interna (N = P) , il Narratore sa quanto i Personaggi e pertanto il punto di vista dello spettatore coincide a sua volta con quello dei personaggi. A sua volta la Focalizzazione può essere: ● Costante: quanto un intero racconto viene raccontato dalla prospettiva dello stesso personaggio; ● Variabile: quando un racconto viene narrato dalla prospettiva di più personaggi; ● Multipla: quando un evento viene raccontato più volte dalla prospettiva di più personaggi. Naturalmente la Suspence gioca con lo spettatore attraverso la Focalizzazione Zero (N > P) e la Focalizzazione Esterna (N < P). L'informazione può essere infatti concessa, negata oppure rallentata in modo tale da creare tensione nello spettatore. 2.2.2) OCULARIZZAZIONE Se la Focalizzazione rappresenta la quantità di informazione conoscitiva, l’ Ocularizzazione indica invece la quantità di informazione visiva che viene concessa allo spettatore. La dimensione visiva e conoscitiva sono infatti separate, già nella narrazione letteraria ma soprattutto in quella cinematografica. Il “sapere soggettivo” si distingue dallo “sguardo soggettivo”. L’Ocularizzazione, più nello specifico, mostra il rapporto tra ciò che la camera mostra e ciò che il personaggio vede in una relazione continua di Soggettive ed Oggettive. Essa può essere: ● Ocularizzazione Zero: è un tipo di inquadratura che mostra il mondo narrato da un prospettiva esterna, come se si trattasse proprio dello sguardo di un narratore onnisciente che guarda casualmente il mondo narrato. O meglio, sembra lo sguardo di chiunque e di nessuno allo stesso tempo (non a caso si parla di “Nobody Shot”). ● Ocularizzazione Interna: lo spettatore vede lo uno sguardo soggettivo di un personaggio. Questo tipo di ocularizzazione si suddivide ulteriormente in Ocularizzazione Interna Primaria , quando l'inquadratura mostra le tracce di un personaggio che guarda senza svelarne l’identità e in Ocularizzazione Interna Secondaria , che mostra direttamente lo sguardo di un personaggio attraverso l’inquadratura della MDP. Quest'ultima opera tramite Inquadrature Soggettive e Semi-Soggettive. A differenza della Focalizzazione letteraria, dove la Soggettiva dà al lettore una completa trasparenza con il personaggio, nel cinema essa è uno strumento malleabile che può invece venire utilizzato come inganno per lo spettatore. Dal momento che si parla di “audiovisivo” è bene specificare che l'apparato visivo è sempre accompagnato da un apparato sonoro. All’Ocularizzazione si contrappone quindi l’ Auricolarizzazione , una prospettiva sonora costituita da diversi punti d’ascolto. Essa deve tenere conto del rapporto tra il suono e il visivo (quindi tra suono e spazio) e può essere: ● Auricolarizzazione Interna: lo spettatore collega il suono alla dimensione uditiva di un personaggio particolare. Questo tipo di Auricolarizzazione si divide a sua volta in Auricolarizzazione Interna Primaria , quando il suono percepito dal personaggio subisce tutte le alterazioni del caso dovute a fonti sonore esterne (si può considerare come una "Soggettiva Sonora”) e in Auricolarizzazione Interna Secondaria , quando il suono viene associato ad un personaggio ma attraverso il Montaggio o la Ripresa. ● Auricolarizzazione Esterna: lo spettatore non collega il suono a nessun personaggio (per esempio un eco è un suono relativo all’ambiente e non al personaggio). La percezione sonora dello spettatore è gestita da un narratore onnisciente che ci permette di udire i suoni in base alle esigenze narrative di ciò che si sta guardando. 2.3) TEMPI E LUOGHI 2.3.1) LO SPAZIO-TEMPO O IL CRONOTOPO NARRATIVO La base di ogni narrazione è l'ambientazione spazio-temporale, che rappresenta il quadro di mondo in cui si inserisce la storia narrata. Il “ Cronotopo ” può venire identificato su livelli diversi del testo narrativo (i già citati Storia, Racconto e Narrazione), ognuno dei quali ne possiede infatti un sottotipo. Il Cronotopo della Storia è quello più generico ed astratto, ogni genere narrativo ne possiede di propri: la Fantascienza, l’Ucronia e il Genere Utopico ambientano per esempio le vicende in spazi e tempi diversi da quelli della nostra realtà. Il Cronotopo del Racconto non influisce invece sulla natura complessiva della narrazione di cui fa parte. Il Cronotopo della Narrazione è quello più particolare, dal momento che esso ha il compito di far relazionare il mondo dell’Autore con quello dello Spettatore, anch'esso di natura spazio-temporale. Si parla della Fruizione , dell’interpretazione dello spettatore di ciò che viene raccontato. La finzione narrativa si può rompere in qualsiasi momento tramite tecniche quali lo “Sguardo in Macchina”, dove l’attore fissa lo spettatore attraverso l’obiettivo ricordandogli che sta guardando una dimensione narrativa fittizia: viene meno la Sospensione dell’Incredulità, viene rotta la “Quarta Parete”. Altri modi per far venire meno l’illusione della narrazione cinematografica sono l’alterazione temporale (ES: “Le Iene” e “Pulp Fiction” di Tarantino, dove l’ordine cronologico non segue logiche di linearità) oppure il continuo ricordare alle spettatore di essere un voyeurista che sta assistendo alla vita dei personaggi in modo meta-filmico (ES: “La Finestra sul Cortile" di Alfred Hitchcock). A differenza della Letteratura, dove con le parole è possibile dare più rilevanza allo Spazio che al Tempo o viceversa, nel cinema è possibile dare la giusta importanza ad entrambi questi elementi dal momento che coesistono all’unisono nella narrazione. quindi compito dello spettatore costruire la psicologia del personaggio tramite il “ Mind-Reading ” e gli indizi forniti dalla pellicola. É proprio questa peculiarità della cinematografia che permette allo spettatore di avere un immedesimazione emotiva ancora più forte nei confronti dei personaggi. Non bisogna dimenticare che i personaggi si definiscono soprattutto interagendo tra loro: lo spettatore si fa un'idea sul personaggio vedendo come questi si comporta con gli altri. I personaggi possono essere definiti anche attraverso i ruoli fissi che essi interpretano all’interno del film. Si parla di archetipi funzionali alla narrazione quali protagonista , eroe , antieroe , villain , deuteragonista , ecc… Non tutti i Protagonisti sono necessariamente Eroi, come del resto non tutti gli Antagonisti sono Villain. Queste due denominazioni vogliono indicare più genericamente il personaggio centrale dell’azione e colui che gli si oppone. Se i personaggi fossero semplicemente Eroi e Villain non si parlerebbe più di Personaggi Tondi bensì di Personaggi Piatti e la narrazione ne risentirebbe per via dell’assenza di caratterizzazione. Sono infatti la maggior parte i personaggi “grigi”, che con la loro caratterizzazione si muovono all’interno dello spettro ai cui estremi vi sono il Villain e l'Eroe. L’ antieroe è una delle principali figure del caso, dal momento che si muove in questo spettro assumendo connotati non totalmente coincidenti a quelli dell'eroe. Esistono anche anti-villain, che pur essendo Antagonisti non assumono i tratti di cattiveria che contraddistinguono i semplici Villain. Anche la fisicità del personaggio è importante: carisma ed aspetto fisico possono enfatizzare sia le caratteristiche positive che quelle negative dei personaggi. 3) LA STORIA DEL RACCONTO CINEMATOGRAFICO 3.1) UNA PROSPETTIVA DI INQUADRAMENTO L’innovazione dal visivo al narrativo si ha con la transizione dal Cinema delle Origini al Cinema Americano Classico. Questo modello rimarrà in auge fino agli anni ‘70, mentre in Europa, nello stesso periodo, si parla invece di “Cinema Moderno”. 3.2) IL CINEMA DELLE ORIGINI: MOSTRAZIONE E ATTRAZIONE La prima proiezione cinematografica pubblica risale al 28 Dicembre 1985, nel Grand Café di Parigi per opera dei fratelli Lumière. Lo spettacolo consisteva in sole dieci inquadrature consequenziali e prive di un significato comune: si parla comunque di una novità, dal momento che nel pre cinema non era ancora possibile proiettare inquadrature multiple. In questo periodo vengono anche introdotti i Nickelodeons , ovvero delle proto-sale cinematografiche in cui venivano eseguite proiezioni accompagnate da altre forme di intrattenimento, non a caso si parla di “ Cinema delle Attrazioni ” . Nelle inquadrature di questa forma sperimentale di cinema non veniva raccontato niente, erano situazioni reali o fittizie rappresentate. L’obiettivo era quello di portare lo spettatore a stupirsi tramite ciò che vedeva, come in una “attrazione” per l'appunto. Nonostante questo, alcune pellicole come “Viaggio sulla Luna” di Melies riuscirono comunque a dare la percezione di uno svolgimento allo spettatore. "Percezione" e non una vera e propria "narrazione" perché ogni inquadratura rimaneva comunque autosufficiente pur essendo in grado di legarsi cronologicamente alla successiva. La possibilità di legare una inquadratura con la sua successiva nacque con il “Sistema dell’Integrazione Narrativa" (1908-1915), che iniziò ad implementare al cinema montaggio e raccordi. 3.3) IL CINEMA CLASSICO: CONTINUITÀ, NORMA E SISTEMA La transizione dal Cinema delle Origini al Cinema Classico risale alla metà degli anni ‘10 e il punto di rottura è stata proprio l’implementazione della narrazione. Uno dei più celebri film narrativi degli esordi è stato “Nascita di una Nazione” di David Wark Griffith, figlio di un colonnello sudista che decise di narrare gli eventi della Guerra di Secessione vissuti dal padre. Costato cinque volte tanto rispetto ai film dell’epoca, il film rimase campione di incassi per i successivi dieci anni. Il modello di Cinema Classico si consolidò negli anni ‘20 sulla base di alcuni stilemi fondamentali: la narrazione non consisteva più un prima e un dopo bensì tre fasi distinte, ovvero 1) Inizio, 2) Svolgimento e 3) Conclusione. Il Decoupage Classico inoltre determinava le modalità di regia a fine narrativo, indicando come ogni elemento aveva la propria peculiarità funzionale nel raccontare: si parla di " Continuity System " . La Sospensione dell’Incredulità è la predisposizione dello spettatore nel credere in qualsiasi cosa egli veda sullo schermo, a discapito della natura realistica o fittizia del proiettato. Essa è l’elemento su cui si basa la Narrativa Cinematografica Classica (nonché tutta la successiva), totalmente diversa dall'accettazione della finzione che invece caratterizzava il Cinema delle Origini. Altra differenza tra il Cinema delle Origini ed il Cinema Classico è che quest’ultimo possedeva un testo completamente autosufficiente che non necessitava di implementazioni da parte di didascalie e voce narrante. Vennero poi occultati tutti i riferimenti alla finzione scenica che potevano eventualmente rompere il velo di finzione creatosi intorno allo spettatore e vennero inseriti i raccordi, ottimi per dare una continuità allo sguardo della MDP. Ogni evento naturalmente doveva venire legato al successivo tramite una relazione di causa-effetto. Nacque poi la narrazione double-plot: la trama si divideva in due linee narrative legate tra loro secondo un ordine gerarchico in cui la prima definiva il genere del film stesso mentre la seconda la dimensione personale e relazionale dei personaggi. In questo periodo è ancora la narrazione ad essere subordinata all’azione dei personaggi. Lo spettatore iniziò ad aspettarsi un modello consolidato intorno agli spettacoli cinematografici a cui assisteva. Questo modello verteva su tre elementi principali: ● Uno Studio System, che si occupava della produzione cinematografica e le cui case produttive tendevano a specializzarsi su film specifici; ● Un Sistema dei Generi, che divideva la narrazione cinematografica in generi diversi permettendo allo spettatore di individuare il film che più faceva per lui; ● Un Star System, che vedeva gli Attori diventare vere e proprie celebrità oltre nonché veri e propri archetipi narrativi. Il modello consolidato non implicava naturalmente un ripetizione stagnante delle stesse formule bensì un sistema normalizzato la cui produzione poteva assumere diverse declinazioni. In questo periodo di transizione del cinema si affermarono, come già detto, quegli elementi quali il racconto cinematografico paradigmatico e flessibile per tutta la durata della sua storia. Il Cinema Classico ha gettato alcuni modelli in uso ancora oggi, e insieme ad essi costituisce le basi per le nuove generazioni di registi a venire. La narratività classica, pur essendo stata messa in discussione dalla modernità, rimane comunque in auge ancora oggi trovando declinazioni sempre nuove. 3.4) IL CINEMA MODERNO: DISCONTINUITÀ E STILE Con “Modernità” in ambito cinematografico si intende una pluralità di esperienze che partirono dal Cinema Italiano Neorealista degli anni ‘40 e dalla Nouvelle Vague francese. Questa pluralità di esperienze ha generato un “modo moderno” di pensare il cinema che tuttora persiste nella contemporaneità. Il Cinema Moderno era un cinema Autoriale in cui ogni regista conferiva alle proprie opere una cifra stilistica riconoscibile. Esso non si scontrava bruscamente con il passato in modo antagonista, bensì dialogava con esso evolvendosi. Questo valeva tutti regista, sperimentatori quanto istituzionali. L’Azione perse di significato e insieme ad essa le relazioni causa-effetto della narrazione classica, che mai si concentrata sulle digressioni. Anche il personaggio perse il suo carisma, diventando insicuro a causa della privazione di uno sguardo certo sulla realtà. Esso non aveva più una motivazione forte per il quale agire e sembrava muoversi casualmente all’interno degli ambienti e dell'inquadratura, entrambi pronti a sminuito. Altro elemento che smise di essere lineare fu il tempo all’interno del racconto, sia per quanto riguarda le singole sequenze che per il film in generale. Il Jump Cut è una successione priva di raccordi di inquadrature legate tra loro per soggetto e per ripresa. L’elemento di distacco maggiore dal cinema Classico fu però il montaggio, che conteneva soluzioni totalmente diverse e una grammatica intenzionalmente poco chiara. La narrazione veniva subordinata alla scrittura, il sistema Hollywoodiano classico non era più idoneo per rappresentare la storia moderna. Il Cinema Moderno è definibile come “opaco”, termine adatto poiché descrive la crisi che stava vivendo la società in quel determinato periodo storico. Esso si mostrava “in quanto cinema” divenendo meta-cinema. Venivano mostrati per la prima volta i registi all'opera e la messa in scena spesso risultava perturbante per lo spettatore. Anche le forme cinematografiche del passato venivano riprese, tuttavia per fini costruttivi e non rievocativi oppure in chiave ironica. 3.5) IL CINEMA POST-MODERNO: L’EFFETTO SPECIALE NARRATIVO La differenza tra il Cinema Moderno ed il Cinema Postmoderno riguardava le tematiche: il secondo voleva creare una riflessione sul rapporto tra realtà e finzione dialogando con il cinema passato (tutto questo senza rinunciare ad una sperimentazione visiva). Il Cinema Postmoderno è difficile da definire proprio perché è altrettanto difficile definire il concetto stesso di “Post-modernismo”. Il termine descrive, in generale, tutte le sperimentazioni che a partire dagli anni ‘80 hanno innovato generi, tematiche, linguistica ed autorialità in ambito internazionale. In realtà la terminologia è abbastanza inutile, dal momento che ogni forma di cinema ha vissuto contemporaneamente alle sue radici passate, che periodicamente vengono tutt'oggi rievocate. Non vi erano solo riprese del reale: in questo periodo al montaggio venne implementata la possibilità di aggiungere effetti speciali, permettendo di conseguenza anche un allontanamento ulteriore della narrativa realista. Ad ogni “effetto speciale visivo” doveva però corrispondere anche un “effetto speciale narrativo”. Anche la fruizione cambia: con l’introduzione della serialità lo spettatore inizia ad aspettarsi sequel e remake delle sue pellicole preferite, ampliando di molto le proprie aspettative. La narrazione non era più autoconclusiva nel singolo film, passando quindi da un capitolo al successivo. Iniziavano a venire prodotti anche implementi cross-mediali, quali merchandising, parchi a tema, videogiochi ispirati a film, ecc… 4.5) RACCONTI A REGOLA D’ARTE: CRIME, WESTERN, ACTION 4.5.1) CRIME Il Crime è una tipologia di racconto cinematografico che racconta crimini e delitti in modo più o meno realistico, spesso con ibridazioni con il genere Drammatico. A seconda di chi è il soggetto protagonista cambia il sottogenere. Tra i sottogeneri figurano: ● Police Procedural: Il protagonista è un poliziotto professionista del settore che sventa crimini in prima persona. Il genere presenta molti tratti Action (ES: “Dirty Harry” (1971) di Don Siegel); ● Mistery/Mistery: Il protagonista è in genere un investigatore amatoriale esterno all’autorità che ricerca un colpevole. Il genere è slegato dall’Action dal momento che si basa prevalentemente sulle intuizioni di chi indaga (ES: “Assassionio sull’Orient Express” (1974) di Albert Finney); ● Noir: Il protagonista è in genere un investigatore che indaga in proprio sui crimini del cosiddetto “underworld”, un mondo slegato da quello della criminalità organizzata ma altrettanto degradato. In questo genere figura spesso una fotografia in bianco e nero, accompagnata da un’illuminazione scarsa e mai diretta che rende i personaggi più grotteschi (ES: “La Fiamma del Peccato” (1944) di Billy Wilder); ● Thriller: Il protagonista del Thriller deve risolvere una missione per suo stesso conto o per aiutare qualcun’altro a rischio della vita. L’obiettivo del genere è quello di lasciare lo spettatore in un perenne stato di tensione e preoccupazione nei confronti del protagonista, il quale potrà salvarsi definitivamente solo nel finale (ES: “Il Fuggitivo” (1993) di Andrew Davis); ● Heist Movie: I protagonisti sono un gruppo di ladri intento ad organizzare il “colpo della vita”, una grande rapina che verrà attuata in corso d’opera con il fine di migliorare le loro vite. Elemento ricorrente dell'Heist Movie è, in certi casi, la “beffa finale”, ovvero un imprevisto nella rapina che complica il tutto ai rapinatori (ES: “Ocean’s 11” (1960) di Lewis Milestone); ● Legal: Il protagonista è un elemento della corte giudiziaria e il genere narra, per l’appunto, dell’applicazione della pratica legale o giudiziaria (ES: “Testimone d’Accusa” (1957) di Billy Wilder); ● Gangster Movie: Il protagonista è un membro del crimine organizzato e il genere narra della scalata di potere di questi quasi sempre seguita da una caduta (ES: “Scarface” (1932) di Howard Hawks. 4.5.2) WESTERN Il Western è un genere facilmente riconoscibile dallo stile e dalle ambientazioni che narra della conquista del vecchio west e dei conflitti tra cowboys, briganti ed indiani (ES: “Mezzogiorno di Fuoco” (1952) di Fred Zinnemann). 4.5.3) AVVENTURA E AZIONE Avventura ed Action sono due generi apparentemente slegati ma che in realtà condividono la stessa narrativa di base: al centro della trama sta un eroe che deve portare a termine il proprio obiettivo. In entrambi i casi egli deve superare delle prove messe contro di lui da un mondo ostile. Nel genere Avventura in particolare, l’eroe compie il cosiddetto “Viaggio” all’interno del quale sono presenti svariate prove da superare e che si svolge in un mondo non ordinario. Nell’Action invece è il mondo ordinario a diventare improvvisamente ostile (nel War Movie, per esempio, il mondo ordinario è devastato da un contesto bellico) (ES di Action: “Trappola di Cristallo” (1988) di John Mctiernan). 4.6) IL MONDO EXTRA ORDINARIO: HORROR E FANTASCIENZA La differenza tra L ’Horror e la Fantascienza e gli altri generi cinematografici è la massiccia presenza di elementi extra ordinari, che nel primo caso fanno riferimento al mondo dell’occulto mentre nel secondo ad elementi scientifici incredibilmente avanzati, molto spesso alieni. L’ambientazione a differenza del Fantasy rimane in entrambi i casi verosimile, almeno fino ad un certo punto. Più nello specifico, l’Horror vuole indurre paura nello spettatore mentre la fantascienza crea una perturbazione nelle conoscenze scientifiche realmente esistenti. 4.6.1) HORROR: COME FUNZIONA LA PAURA Esclusi da questa categorizzazione sono il Thriller, il Mistery ibridato all’Horror e il cosiddetto “Horror Puro”, poiché narrano storie prive di una componente soprannaturale (ES: “Psycho” (1960) di Alfred Hitchcock). L'Horror deve per forza fare paura, sfruttando l’ignoto ed utilizzando in molti casi topoi che si sono sviluppati nella narrativa del genere stesso, quali mostri, vampiri, serial killers, ecc… Le soluzioni dell'Horror possono essere solamente due: Positiva (le forze del male vengono sconfitte) o Negativa (le forze del male hanno la meglio). Tra i sottogeneri dell'horror più celebri figura lo Slasher, che ha creato alcuni dei personaggi più celebri del cinema nonché una serie di personaggi archetipici quali l'atleta, la cheerleader e la final girl (ES: “Scream” (1996) di Wes Craven). A differenza di altri generi l'Horror ha finito per fossilizzarsi sulla stessa narrativa, venendo rinnovato solo da pochi registi nel cinema contemporaneo. (ES: “L’Alba dei Morti Viventi” (1958) di George Romero) 4.6.2) FANTASCIENZA: RESISTERE ALLA MINACCIA Come nell'Horror, anche nella Fantascienza la minaccia è rappresentata dall'ignoto: la differenza sta nella mancanza di indurre paura in chi guarda. Il genere Fantascientifico è facilmente ibridabile con gli altri e quindi le declinazioni che esso può avere sono molto eterogenee. Nella norma i protagonisti di questo genere finiscono per passare da un mondo ordinario ad uno extra ordinario. (ES: “La Guerra dei Mondi” (2005) di Steven Spielberg).
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