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Riassunto di "Dei, Semidei e uomini", Sara Mamone, Appunti di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Riassunto completo del libro della Prof.ssa Sara Mamone

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 15/05/2019

eva-zvah-scalzi
eva-zvah-scalzi 🇮🇹

4.4

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7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto di "Dei, Semidei e uomini", Sara Mamone e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! DEI, SEMIDEI, UOMINI Il problema del rapporto fra il teatro e le ar� figura�ve interessò mol�ssimi studiosi. Emile Mòle fece la prima riflessione riguardante tale argomento, supponendo un rapporto fra arte figura�va e spe�acolo in sè; George Kernodle suppose anch'esso un binomio arte-spe�acolo, il quale dipende dall'arte stessa, secondo il quale lo spe�acolo è comunque più ampio dell'arte stessa, nel suo libro "From art to Theatre", supposizione a cui si lega anche Ludovico Zorzi, che sos�ene la teoria di Kernodle sostenendo anche che senza la storia dell'arte la storia del teatro non avrebbe un ogge�o; secondo Sara Mamone i proge� universali non si addicono alla storia del teatro, poichè la storia del teatro non è monumenta ma documentale: la storia del teatro è una disciplina che a�raverso le tes�monianze documentali riesce a trarre gli elemen� cos�tuen� la fantasia di un sistema di rappresentazione; così facendo la tes�mionianza può diventare fonte dire�a o indire�a, a seconda della corrispondenza che o�ene con il comune sen�re. Cesare Molinari fa un inventario �pologico delle fon� pseudo-dire�e, individuando le �pologie funzionali ad arricchire il patrimonio delle fon� inventate: esistono le fon� immediatamente riconoscibili, cioè le fon� dire�e, e il documento di non immediata percezione spe�acolare, che, anche se risulta il più difficile fra le due �pologie, si tra�erebbe della documantazione più feconda. Da questa specifica fonte ne ricaviamo due �pi di ambito, quello più lontano ma culturalmente più compa�o, portatore di maggiori informazioni coeren� (Vaso di Prònomos-area classica),e quello a noi più vicino ma in cui la cultura dello spe�acolo non aveva iden�tà autonoma e nemmeno coscienza di esistere (miniatura di J.Fouquet "Le martyre de Sainte Apollinaire"-area romanza). Per quanto riguarda il Vaso di Pròmonos, in esso convivono le convenzioni teatrali e le convenzioni figura�ve, senza però che gli ar�s� della pi�ura vascolare diano la sensazione di voler trasme�ere un'informazione coerente sullo spe�acolo del loro tempo, poichè, anche se lo spe�acolo fa parte della loro vita, essi lo tra�ano come genere e non come espressione di una par�colare forma espressiva. Nella miniatura di Fouquet le intenzioni dell'ar�sta sono ancora meno dire�e: nella sua rappresentazione la contemporanea presenza di figuran� e spe�atori rende intui�va l'interpretazione teatrale, confermata dagli elemen� canonici della scena medievale; la sua intenzione non era comunque quella di trasme�erci un'informazione sul teatro medievale, ma era quella di tes�moniare il mar�rio di una Santa collocato in un contesto plausibile e ritenuto credibile. Qualche sospe�o può destarlo l'azione mimico-coreografica, che pare troppo realis�ca e quindi priva di ogni mediazione teatrale. Si potrebbe stabilire una scala di intenzionalità spe�acolare, e quindi determinare caso per caso quanto il tes�mone intenda trasme�ere un documento di spe�acolo che come tale venga percepito o quanto questa intenzionalità si stemperi in intenzionalità di diverso genere. Ci sono documen�/monumen� immediatamente a�ribuibili alla sfera teatrale per una comune coscienza perce�va; in questo caso il monumento non può essere nel comune sen�re altro che la tes�monianza intenzionale di un evento, un ogge�o o un luogo riconosciu� come teatrali. Qualunque uso del monumento è condizionato dall'intenzione dell'autore di trasme�ere un documento teatrale. Il documento, d'altro canto, è gravato di intenzioni ma non è tramite cosciente di informazioni spe�acolari dire�e; solo un'accurata e documentata opera di inves�gazione può staccarlo dall'universo indis�nto delle fon� possibili dandogli via via una credibilità accertata. E' certo comunque che più ci si allontana dalla percezione immediata della spe�acolarità dell'ogge�o, più lungo è il cammino dimostra�vo della sua per�nenza, maggiori saranno i da� acquisi�. Se la totalità dei da� sarà immediatamente percepibile, ci limiteremo ad avere una conferma delle conoscenze. L'intuizione a volte può par�re dal dato figura�vo. Andrè Chastel affermò che l'affresco di Benozzo Gozzoli raffigurante "La Cavalcata dei Magi", eseguito nella cappella privata di Palazzo de'Medici, lungi dall'essere una raffigurazione immaginaria, riproduceva l'importante evento processionale che a�raversava regolarmente le strade di Firenze e l'immaginario dei suoi abitan� il giorno fes�vo dell'Epifania, so�o il patronato della casa medicea. Questa preoccupazione storiografica e memoriale per la cerimonia fioren�na venne trasmessa a Rubens, che diventa tes�mone di un'intenzionalità storica piu�osto seria; l'accanita ricerca documentaria aveva proceduto, oltre che sul campo della memoria, anche su altri campi tes�moniali. Rubens ebbe a disposizione, per trarne ispirazione, il libre�o di Giovan Ba�sta Giraldi, con le incisioni di Aloisio Rosaccio (dato alle stampe nel 1610 per perpetuare il ricordo delle esequie svolte a Firenze in San Lorenzo, per celebrare la figura di Enrico IV). La spe�acolarità così dimostrata non sarà solo preziosa per gli storici dello spe�acolo, ma anche per gli storici dell'arte, dei quali contribuirà a modificare il punto di vista fornendogli prove concrete di una metodologia nuova e affidabile. Il distacco dall'ogge�o portò alla creazione di una rete di solidarietà di da� che hanno poi trovato nella concre�zzazione dell'ogge�o stesso il suo campo di esercizio; a volte è l'intuizione dello storico dell'arte che dà avvio alle ricerche che s�molano l'illusione del recupero di un monumento. Il suggerimento di Andrè Chastel di una traccia della figua�vità cerimoniale fioren�na nel corteo de "La cavalcata dei magi", s�mola la curiosità dello storico dello spe�acolo inducendolo alle opportune verifiche, le quali lo portano ad una serie di riscontri documentali che portano alla messa a fuoco precisa del fenomeno al quale l'intuizione di Chastel intende riportare l'ispirazione benoziana. La dramma�zzazione del viaggio dei Magi fino a Betlemme, modifica quindi le relazioni tra spe�acolo e topografia urbana, eleggendo come luoghi dell'azione quelli più confacen� al proge�o autorappresenta�vo della famiglia finanziatrice della festa, i Medici, che dell'appartenenza alla Compagnia dei Magi avevano fa�o uno dei pun� di forza della loro scalata sociale. I Medici, nella raffigurazione della "Cavalcata dei Magi", nonn scelgono l'intereza dello spe�acolo, ma la parte più autocelebra�vamente significa�va, e cioè la cavalcata nella quale esibiscono il potere delle proprie famiglie. L'iden�ficazione dei due Magi più anziani nel patriarca di Costan�nopoli Giuseppe II e nell'imperatore Giovanni VIII, ospi� a Firenze in occasione del concilio del 1439, che aveva sancito la leadership di Cosimo I sulla ci�à, e la conpresenza, nelle ves� del più giovane tra i magi, di Lorenzo, figlio del commi�ente, basterebbero a escludere una fedeltà cronis�ca; infa�, l'affresco in Palazzo de'Medici, combina la memoria di più even� di pubblica risonanza e fornisce comunque un documento visivo, se non di uno spe�acolo preciso, della raffigura�vità spe�acolare fioren�na degli anni trenta fino agli anni sessanta del XV secolo, oltre a rivelarci l'uso iden�co dello strumento fes�vo e di quello pi�orico da parte della nascente dinas�a. capitolo II l'invenzione del mito Di matrice medicea abbiamo il mito di LOrenzo mecenate e res�tutore dell'Età dell'Oro,che si generò nei primi anni del 1500, al ritorno dei Medici a Firenze, che acquistò una sua decisa coerenza nella propaganda del pronipote e granduca Cosimo I. Disengnando un principe e familiare a misura delle proprie visioni ed esigenze poli�co-propagandis�co-dinas�che, Cosimo I e i suoi successori ne falsarono la reale portata, sovrapponendo il mito alla comprensione della reale azione storica; venne fa�o ciò sia per ristabilire un più reale profi�o del consacrato, sia per individuare le cara�eris�che dell'intenzione mitopoie�ca. Sarà grazie alla celebrazione "mitologica" di Lorenzo, che si ebbe la più grande promozione cosimiana: le imprese di Lorenzo diventeranno infa�, nella tendenziosa prospe�va vasariana di esaltazione granducale, simmetrico preludio di is�tuzioni e fini cosimiani, che troveranno così la loro nobilitazione nella traduzione e poi dell'imitazione della tragedia, portando alle sperimentazioni cosidde�e senecane dei vari erudi�; la seconda è di �po più poli�co, e individua, procedendo dal Seneca tragedo, un terzo Seneca. Questo è un Seneca modernamente poli�co c he definisce e nasce dal distacco ideologico, nel corpus delle tragedie, del sogge�o più caro al filosofo scri�ore, quello che aveva le maggiori valenze poli�che già al tempo della composizione delle opere e nelle intenzioni dell'autore, e che troverà unanime risposta nella nuova civiltà: il mito di Ercole. Questo rappresenta l'eroe che incarna l'ideale morale del poli�co quale appare anche dalle opere filosofiche (forte, coraggioso, temprato dalle avversità, clemente). E' l'eroe che la nuova civiltà rimodellerà con il contributo decisivo di Petrarca, Boccaccio, Saluta�, i quali contribuiranno in maniera formnidabile alla nascita di questa nuova valenza, favorendo il distacco del tema dal blocco unitario del corpus tragico. Nel "De viris illustribus", Petrarca, inserirà nel 1351, anche la figura del mi�co eroe, e Boccaccio lo renderà protagonista di uno dei capitoli più ar�cola� delle "Genealogie deorum gen�lium", e lo renderà un Ercole esplicitamente e innegabilmente senecano. L'eroe forgiato dallo stoicismo del retore-filosofo prese nel mondo della nuova cultura il ruolo che gli compete, diventando il simbolo della vicenda e dei valori umanis�ci nella difesa appassionata a lui in�tolata, "De laboribus Herculis", di Coluccio Saluta�. L'autorità di Seneca sembra così sovrintendere alla ripresa umanis�ca dell'evemerismo: la credenza che gli dei fossero uomini glorifica� dalle loro imprese riprende vigore con il risca�o del "De Hercule" della raccolta petrarchesca e condusse alle teorie sul principato che informeranno la poli�ca legi�matrice di tu�e le cor� italiane, innestandosi sopra�u�o su specificità locali. Si tra�ò prevalentemente di un evemerismo di stampo senecano, come se la l'autorità morale e poli�ca di Seneca sinte�zzasse quella dei documen� an�chi ritrova�-. Inoltre, nell' "Hercules Oaeteus", che cos�tuisce una densa summa dei pensieri dell'autore cordovano, martellano i conce� di merito, coraggio, valore gius�zia, clemenza, e immortalità. Dunque, senso della gius�zia, clemenza e fortuna sono i tra� cara�eris�ci dell'eroe che, me�endoli a fru�o nel corso della vita, si guadagnerà fama e verrà così assunto fra gli dei. La policità di Ercole troverà il suo terreno di rappresentazione in un altro campo, e cioè quello dell'encomias�ca signorile, assestandosi in una forma di spe�acolo principe nella cultura autorappresenta�va delle cor� qua�rocentesche, cinquecentesche e anche secentesche. Ad essa il mito di Ercole fornirà, oltre alla fondante ideologia, immagini, repertorio e trame. Fu sopra�u�o a Ferrara che la tra�azione senecana del mito erculeo trova il suo rilancio poli�co moderno ed esplicito. Si tra�a quindi di un delinearsi di un proge�o encomias�co in cui l'interpretazione delle qualità erculee segue le tracce di Seneca, a cui si riconobbe il primato sia ideologico che linguis�co, nel comporsi della fisionomia culturale del mito di Ercole presso la corte Estense, a par�re da Niccolò I. Con "Le fa�che di Hercule", di Pietro Andrea Bassi, si svelò la linea encomias�ca che proprio in quegli anni troverà, con la scelta onomas�ca per il primogenito legi�mo del principe, il futuro Ercole I, l'iden�ficazione di ques� con le virtù del semidio, in una compiuta simbiosi di immediata riconoscibilità. Una delle ragioni dell'espansione del tema erculeo sta certamente nella malleabilità del mito che consente a sua volta di coglierne le valenze funzionali, quella cavalleresca e quella comba�va. Quella clemente troverà maggior campo nell'area francese, dove il fervore degli studi aveva condo�o ad una precoce conoscenza dello scri�ore, determinandone in seguito il dilagare con la summa di Nicolas Trevet, e dove il mito di Ercole si innesterà con quello "autoctono" dell' "Hercule Gaulois" al quale la dinas�a borgognona affiderà nel 1400 il compito della propria autorizzazione dinas�ca. La sostanziale sparizione del sogge�o erculeo dalla tra�azione tragica si piò spiegare con la sostanziale irrappresentabilità del mito. Infa� la sua grandezza non è dramma�ca, ma morale, filosofica e sopra�uto narra�va e lineare; la sua forza sta nell'immediatezza del riconoscimento della �pologia iconografica (clava e pelle di leone), la quale me�e in luce i suoi tra� per�nen� che individuano l'eroe. Questo potrà così troneggiare nella sua pienezza della sua valenza simbolica proprio in un nuovo genere, e cioè quello degli appara� urbani stradali, quindi gli ingressi e le pompe effimere con le quali i signori celebrano pubblicamente il proprio trionfo iden�ficatorio. La cara�eris�ca rappresenta�va degli appara� è lineare e narra�va conducendo gli spe�atori in una le�ura guidata degli episodi scel� e percorsi nell'ordine della narrazione che è, quindi, il cammino obbligato del'i�nerario. Gli spe�atori che lo percorrevano interamente, godevano della pienezza dell'esposizione narra�va; la �pologia dell'eroe rappresentato era talmente esplicita da renderne possibile la comprensione anche soltanto dall'osservazione di una sole delle tappe del percorso encomias�co. Non era dunque necessaria la percezione dell'insieme, bastava solo quella di uno solo dei suoi elemen� sos�tu�vi, cioè di un arco, un palco o una piazza, ada� a rappresentare in sè l'icona dell'eroe. Fu nell'ambito cinquecentesco che la figura di Ercole divenne un'esplicita metafora poli�ca trovando nell'apparato stradale il suo più diffuso approdo. Il mito, so�ra�o alla propria irrappresentabile dramma�cità, era pronto a passare alla consacrazione dell'encomias�co urbano; tra gli spun� di iden�ficazione dinas�ca quello erculeo diventa sogge�o obbligato nel momento in cui la famiglia o il gruppo sociale che si propone per l'encomio presentano qualche pecca di legi�mità: il merito e il valore nell'agire, presenta� mai con il vivo confronto tra il mi�co ed il novello Ercole , me�ono in ombra eventuali discu�bili accessi al potere; Leone X fece il suo ingresso trionfale nel 1515 a Firenze, ci�à appena riconquistata dalla fazione filomedicea. Il suo ingresso ha quindi i cara�eri del trionfo, e si pone tra gli esempi fondan� del nuovo modello di marcata ispirazione classica. Perl'occasione , nel loggiato di PIazza della Signoria, fu ere�o un'immensa statua di Ercole, che fronteggiava il David di Michelangelo; David ed Ercole dunque si sfidavano e la vi�oria ideologica e simbolica sarà del colosso erculeo. Negli anni in cui si definisce la leggenda laurenziana, che vide nel Magnifico, padre di Leone X, il principe restauratore dell'Età dell'Oro, che si consoliderà negli anni del primo Cosimo grazie al defini�vo assestarsi della simbologia poli�ca erculea, il figlio, da pontefice, non poteva non assumere i connota� del con�nuatore di quest'opera. La renova�o imperii che è, e sarà sempre più, alla base dei programmi ideologici di tu�e le monarchie europee venne affidata a lui a causa della più alta delle virtù che contraddis�nguono un sovrano sia spirituale che temporale, la Ius��a. Ormai il topos dell'Ercole può essere assunto come esemplare non solo negli appara� di stre�a osservanza signorile, ma anche nelle ricadute di �po "Provinciale", nell'imitazione di corpi sociali meno dominan� o comunque tenden� al calco nobilitante; se l'iden�ficazione erculea spe�a di dire�a solo all'imperatore, il richiamo al merito dell'eroe può tu�avia provocare una ricaduta analogica ed estendere dunque ad essi le valenze autopromozionali dell'aggiornamento evemeris�co. La do�rina evemeris�ca arrivò al suo apogeo, e il merito come misura di valore resterà ancora a lungo nell'encomias�ca di corte, ma le a�ese del regno pacificato non sono tu�e comprese nel valore del nuovo Hercule. Tu�o ciò costuisce i prodromi di quel mutamento di concezione poli�ca, che vedrà, in opposizione all'evemerismo, diventare re non più gli uomini tempra� dalle loro imprese, ma i figli di ques� eroi, i quali non riconoscevano il valore ma la s�rpe, come diri�o primario di regno. La funzione europea dello spe�acolo inteso come instrumentum regni è stata illustrata in modo proficuo negli aspe� fondamentali di una metodologia unificatrice. La qualità di una civiltà si misura con la sua capacità di lasciare la memoria di sè, e così l'imperiosa raccolta degli archivi e delle opere granducali ha determinato un invitante percorso che ha messo in evidenza ciò che comportava il percorso trionfale. Lo spe�acolo granducale, così, guadagnò la sua perentorietà di fenomeno onnicomprensivo, e l'oculata efficienza medicea assorbì nella prospe�va storiografica ciò che molto probabilmente non era di sua competenza dire�a (infa� era considerato mediceo anche ciò che era semplicemente fioren�no). L'invezione di un ceto funzionariale efficiente (evidenziato dalla mole urbanis�ca, es: gli Uffizi), ha favorito un �po di aberrazione che colpì la storia dello spe�acolo. Così, mentre si arricchiva la conoscenza dei meccanismi funzionali della spe�acolarità medicea e un sempre maggiore numero di episodi assumeva dei connota� di esempio di un sistema, si inaridiva la ricerca e quindi la conoscenza vera e propria di quella rete di relazioni e di individuali operosità che era alla base della civiltà fioren�na e che con�nuò a cos�tuire il tessuto della vita culturale anche nel corso del 1500 e del 1600. Se dunque gli episodi eccezionali della vita dinas�ca, cara�erizza� da par�colari even� teatrali, erano quasi totalmente fru�o di dire�ve granducali efficien�, la normalità della vita fes�va si svolgeva invece con una rilevante autonomia; anche nell'ambito dire�o degli spe�acoli di corte, il professionismo degli artefici granducali conviveva con la presenza di giovani a cui era stato affidato il peso dell'interpretazione delle commedie. Ques� facevano le loro prove quo�diane all'ombra del governo granducale ma con ges�oni autonome sia delle loro vite, che del loro denaro e del loro tempo. Si tra�ava essenzialmente degli eredi delle confraternite, sia laiche che religiose, della tradizione repubblicana, che instauravano rappor� fru�uosi sia con le componen� is�tuzionali del funzionarato mediceo, che con i più tradizionali riferimen� della vita civile e religiosa della ci�à. Tu�o ciò assunse a Firenze degli aspe� molto par�colari che li videro spesso animare la vita civile o religiosa della ci�à, sia in forme totalmente autonome rispe�o alle esigenze della corte, sia in sintonia con essa e qualche volta anche in decisiva integrazione con l'a�vità dire�a della corte stessa. Dunque, se ben presto il teatro di corte ebbe bisogno dell'impiego di cantan�, musici e professionis� di ogni genere per garan�re il successo degli intermezzi, la parte propriamente dramma�ca, cioè il testo delle commedie, restò affidata ai giovani interpre� appartenen� alle compagnie di piacere e in seguito alle Accademie; se negli anni di Cosimo e Ferdinando questo terreno fu assestato all'ombra delle grandiose a�vità granducali, fu negli anni di Cosimo II che esso riacquisteràla sua energia propulsiva. Con la morte di Feridinando I, nel 1610, la fisionomia della vita cortese fioren�na mutò, cambiando anche quella propensione allo spe�acolo fastoso che aveva trovato nella potenza granducale le ragioni della sua nascita e del suo sviluppo. Durante il regno di Cosimo, si registrò quindi un'inversione di tendenza all'interno della fes�vità granducale, a scapito delle grandi produzioni o delle innovazioni anche e sopra�u�o tecnologiche; la nuova cifra dominante del teatro fioren�no era programmata dunque dalle inevitabili conseguenze di un controllo rido�o da parte del granduca; venendo a mancare, dunque, il controllo granducale che era comunque proposi�vo e costru�vo, maggior rilievo fu preso da coloro che già, sia per condizione sociale, sia per passione che per pra�ca, ruotavano intorno a coloro che possedevano una certa autonomia finanziaria che consen�va una certa libertà nell'invenzione fes�va e anche un certo pres�gio sociale sufficiente ad amme�erli ad una funzione vicaria. E quindi, ai fa�cosi alles�men� del macchinoso teatro degli Uffizi, si affiancarono le prove in case private, precisando i tra� di una vita civile che vide nelle accademie e nelle confraternite, uno dei fulcri della vita di relazione fioren�na. L'onnicomprensività del potere mediceo, allentò la sua pressione consentendo una più agevole le�ura di quel tessuto di relazioni quo�diane che si riferivano certamente alla corte, ma anche collegandosi indipendentemente da essa. Con
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