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Riassunto di Della Tirannide di Vittorio Alfieri, Sintesi del corso di Filosofia Politica

Riassunto di Della Tirannide di Vittorio Alfieri

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 17/01/2023

Kritias
Kritias 🇮🇹

3.6

(8)

22 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto di Della Tirannide di Vittorio Alfieri e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia Politica solo su Docsity! Della Tirannide Vittorio Alfieri Libro Primo Proemio invocativo alla libertà, dall’autore invocata quale destinataria dell’opera, premesso che preferirebbe combattere per essa più che scrivere per essa. Alfieri inizia chiedendosi cosa sia il tiranno, partendo dall’etimologia e dal significato originali con cui i greci (VERI UOMINI) chiamavano coloro i quali comandavano con potere assoluto e illimitato. Col tempo questo termine finì per assumere connotati dispregiativi con cui etichettare un re che esercitasse malvagiamente il proprio potere, mentre Re diventa la parola con cui definire i prìncipi al solo capo dell’esecutivo, ma sottoposti alla legislazione e all’esecutivo. Tirannide invece è un qualsiasi governo che anziché limitarsi all’esecuzione della legge, la stravolge, sospende, impedisce a proprio piacere o interesse. Che sia uno o molti, che siano legittimi o usurpatori. In alcune repubbliche come quella di Venezia, per il sol fatto che la tirannide sia esercita da molti si crede non vi sia oppressione, ma è falso, anche quella è tirannide. La tirannide di uno solo può essere elettiva o ereditaria: quella elettiva vige per esempio nello stato pontificio, in cui pochi elettori eleggono di volta in volta diversi tiranni; l’ereditaria invece vige nella maggior parte degli stati europei. Monarchia è il nome dolce che la ignoranza ed il timore davano a questi governi, tentando di addolcirli. Ma monarchia altro non vuol dire in greco che governo di uno solo, quindi è sinonimo di tirannide. L’unica differenza non è che formale: il monarca è teoricamente limitato dalle leggi, ma praticamente non si può affatto opporsi al tiranno, giacché costui armato e potentissimo se ne infischia delle carte. I popoli si lasciano ingannare e aborriscono solo la tirannide non comprendendo come la dolce monarchia cui sono sottomessi sia la stessa cosa. Monarchia limitata è un ossimoro, monarchia illimitata è tirannide. La modernità secondo Alfieri vive di contraddizioni. Base e molla della tirannide è la Paura afferma Alfieri: teme l’oppresso, perché sa che il tiranno ovunque e in qualunque momento potrebbe esercitare la propria forza; ma teme anche l’oppressore, perché sa che se il popolo si coalizzasse lo rovescerebbe. Tuttavia, questo può rendere l’oppressore paranoico, pronto a vedere complotti ovunque, e quantunque sia mite e moderato per natura, diventa repressivo e intollerante per timore. L’unico legame che tiene uniti sudditi al tiranno è la paura: temono il tiranno i buoni, i cattivi, gli ignoranti ed i dotti. Teme però anche l’oppressore perché vede ovunque come il suo potere sconfinato distrugge, rapina, compie ingiustizie, opprime… vede inoltre che i magistrati e gli uffizi sono corrotti, ingiusti, iniqui, che cedono il giusto a conveniente. E perché non si ribella? Perché lui per primo sa che se ci fosse giustizia la prima cosa che verrebbe colpita è il suo potere. E allora per tenerselo stretto, essendo per natura il suo potere ingiusto, è costretto a lasciar fare ingiustizia a chiunque la compia negli uffici magistratuali. Per Alfieri non può esistere il buon principe, semplicemente perché il concetto stesso di “uno super partes” è ingiusto. E non gli si parli di Tito, Traiano, Antonino o Marco Aurelio: per quanti optimi principes, costoro comunque si sognavano di riconoscere autorità superiore alla propria o di sciogliere gli eserciti dalla propria autorità, sentendosi nudi senz’essi. Se costoro si ritenessero buoni, tenterebbero almeno di spogliare i successori da tale sconfinata autorità. Inoltre, il timore degli oppressi non cessava sotto i prìncipi sopra detti, giacché nessun suddito s’è mai sognato di proporre a loro di restituire la repubblica. Perché gli eserciti allora non disertano nelle guerre? Per onore dirà qualcuno, ma Alfieri risponde, no è sempre per paura: disertare è disonorevole e punito con la morte. Combattere e morire, almeno, è più onorevole. Dalla paura nasce la VILTÀ: alcuni uomini non potendo combattere il tiranno, si accordano con esso e lo adulano in ogni circostanza, cercando di aggraziarselo. Dalla paura nasce anche l’AMBIZIONE: quanti uomini, sapendo di non essere liberi, ma essendo ambiziosi d’animo, sognano di poter usurpare il trono del tiranno? Si pensi a Mario con Silla, a Sully con Enrico IV. Nelle repubbliche, i mezzi per ottenere l’autorità sono difendere dagli errori, correggerle, esibire virtù. Dai tiranni, i mezzi per ottenere l’autorità sono l’adulazione, il lacchè, i servigi, il difenderlo sempre anche negli errori. Ammesso un buon tiranno che non abusi del proprio potere, costui sarà comunque circondato da persone vili, poiché queste soltanto fingendosi sempre concordi ed essendo invero tramanti possono tentare di usurparlo. Nelle repubbliche, individui ambiziosi acquisiscono l’autorità facendo il bene comune, essendo sempre soggetti alla virtù; nelle tirannidi, gli ambiziosi si comportano vilmente e ancor più subdolamente dello stesso tiranno, cercando di usurparlo. Inoltre, l’ambizioso in repubblica sa che è limitato da eguali e che la sua autorità è sottoposta a mandato. L’ambizioso in tirannide ambisce ad un potere illimitato ed usurpatorio. Gli onori, invece, cui ambiscono i semi-ambiziosi (gli ambiziosi ambiscono all’autorità), in repubblica sono distribuiti per meriti, in tirannide per sangue o per favoritismi. L’ambizione di arricchirsi, che è sempre negativa e che si chiama cupidigia, nelle repubbliche non si ha mai fintanto che non sono corrotte, mentre nelle tirannidi sono ricorrenti. E fra le più atroci calamità pubbliche finché vale il regime tirannico vi è quella del PRIMO MINISTRO: maggior è l’incapacità del tiranno, peggiore può essere l’uso che se ne può fare di questa carica. Ed è altamente probabile che un pessimo tiranno designi a primo ministro un uomo altrettanto pessimo, in cui si rassomigli. Tale malvagio primo ministro, potrebbe commettere le più assurde nefandezze ed i più pericolosi crimini, per proprio interesse e per proprio tornaconto, convincendo poi il tiranno che fosse opportuno per il suo bene. Quando poi accade che il tiranno sollevi dall’incarico un primo ministro, magari perché uno più furbo è riuscito ad aggraziarselo maggiormente, il popolo subisce una doppia batosta: furti, rapine ed altri illegali accumuli di ricchezze dell’ex primo ministro, restano comunque di proprietà dell’uomo, benché sia sollevato dall’incarico; ed il successore, volendosi mostrare meglio di lui, sarà costretto a ricompiere le stesse scelleratezze ed in quantità maggiore per rendersi più illustre. Tra l’altro, questi ex vice tiranni fanno ridere i polli, perché poi non avendo che fare si spacciano spesso per filosofi, quando i savi sanno che filosofi non sono. Un primo ministro di un tiranno non è mai un uomo onesto: se il tiranno buono è già un ossimoro, poiché se esistesse mai per prima cosa rinuncerebbe al proprio potere, potrebbe mai esistere un vice-tiranno buono? Assolutamente no. Il ministro è un tiranno ancor più prepotente del tiranno stesso: il tiranno infatti teme piuttosto la moltitudine degli uomini, ma non gli uomini stessi, poiché mai con nessuno ha avuto a che fare. Il ministro invece, essendo partito dal basso, si vede interposto tra il sommo e l’infimo, e coltiva pessimi sentimenti sia verso il sommo che verso i singoli sudditi. Altra piaga che incentiva il giogo delle tirannidi è il LUSSO: il benessere e la disparità di beni privati tra cittadini, allontana le preoccupazioni dalla tirannide e incrementa piuttosto gli screzi tra ricchi e poveri. Certamente la ricchezza allontana dalla libertà, ma per Alfieri il problema non è tanto la ricchezza del commercio o dell’industria ma quella ereditaria, la soluzione è che leggi intervengano per limitare l’accumulo di ricchezze ereditarie. Il lusso corrompe tutti i ceti e allontana dalla libertà: il popolo, perché ammira sfarzi e costumi dei ricchi, anziché ripugnarli e combatterli. La nobiltà, che col lusso addolcisce tutti i vizi e li rende pregi. Il tiranno, che tra ricchezze si crogiola e tiene a bada il popolo. In uno stato così brutale e di infelicità, di odio e scetticismo reciproco tra tiranni, nobili e popolo, vivere sembrerebbe un peso più che un privilegio. AMMOGLIARSI e procreare, una scelleratezza. Eppure, Alfieri si spiega che ci si continui ad ammogliare ed a procreare perché la natura con i suoi istinti e infinitamente più potente di qualsiasi tirannide. Pertanto, i nobili si ammogliano e procreano credendo che i propri figli possano giovare alla società o accrescere il prestigio del casato, benché in realtà siano piuttosto dannosi ed inutili. Il popolo procrea e si ammoglia perché nulla sa, nulla pensa e vivono d’inerzia. Dei poveri si è detto, questi non pensano e agiscono per inerzia. Ma i ricchi, che possiedono gli strumenti per riflettere e per comprendere la realtà triste delle tirannidi: come possono sposarsi e non sentirsi in colpa nel generare una nuova prole destinata all’insofferenza e alla schiavitù? La tirannide degenera l’uomo: lo rende scettico, misantropo, diffidente del prossimo, incurante di ogni idea di Patria. Nelle repubbliche antiche, felicità, amore di Patria, amicizia, benevolenza. Ormai di ciò non v’è che il ricordo. Si può AMARE IL TIRANNO? Per Alfieri soltanto gli ignoranti, per una sorta di perversione, possono scambiare il tiranno col benefattore. Ma gli scaltri, seppur fingessero di amarlo, mai l’ameranno. Seiano e Tiberio ne sono un esempio palese: Seiano salvò la vita a Tiberio evitando che gli crollasse addosso una grotta. Ma poi congiurò contro e lo spinse ad abdicare. Chi ama il tiranno, finge di amarlo e asseconda le proprie ambizioni. Amare è volersi bene, in amicizia come in amore, tra eguali e pari. In condizioni di subalternanza, non può esserci amicizia, ne dal sottoposto al signore, né viceversa. Così, NEMMENO IL TIRANNO AMERÀ MAI I SUOI SUDDITI. E se mai amasse qualcuno, lo farà come gli uomini amano i propri cani: per obbedienza, servitù e docilità. Inoltre le TIRANNIDI AMPIE sono di gran lunga più aggressive delle TIRANNIDI RISTRETTE: difatti nelle piccole, il tiranno conoscendo bene “i suoi vicini”, dovrà cercare di tenerseli buoni e deve tenersi più guardingo. Nelle ampie invece egli può benissimo, alieno dall’alto della sua posizione, agire come meglio crede. Per quanto riguarda il popolo, udire un francese o uno spagnolo sminuire un napoletano o un portoghese, per Alfieri è come una pecora che si vanta di pascere in un gregge più numeroso ché un’altra. Libro Secondo In una tirannide non si può VIVERE, ma al massimo vegetare: il modo per riuscirci, è essere quanto più vili e meschini possibili. L’unico modo per vivere sarebbe star lontano, ripudiare ogni cosa che abbia a che fare col tiranno: onori, cariche pubbliche, lusinghe. Questo l’unico modo per vivere liberi e ancor più meritevoli e degni che se si fosse nati in libera repubblica. Ma si badi bene: questo modo di fare alla lunga attirerà l’attenzione del tiranno e dell’inquisizione. Si deve essere disposti a morire per la libertà. Uomini veri, nuovi Bruti, dovrebbero trovare il coraggio di cacciare i nuovi Tarquini: ma con ciò abbisogna correre nel rischio di rovesciare il tiranno senza demolire la tirannide. Chi vive in tirannide può spesso non rendersi conto di esser schiavo: costoro secondo Alfieri non hanno alcuna colpa se non quella di esser nati schiavi e soggiogati da quei pochi che schiavi li vogliono. Quindi più che biasimare chi non si rende conto di esser schiavo, Alfieri polemizza con chi se ne rende conto e non fa nulla, ovvero intellettuali e nobili codardi. Il modo più efficace di rovesciare la tirannide, ammette sconfortato Alfieri, è sperare che ne nasca uno quanto meno clemente, a modo, moderato. Perché soltanto sotto un Caligola o un Eliogabalo riuscirà la moltitudine, sentendosi fortemente oppressa e violentata, a trovar la forza per rovesciar un così scellerato tiranno. Nel secolo in cui vive, Alfieri ammette che la tirannide s’è così addolcita che sarà sempre più difficile rovesciarla. Il governo con cui si dovrebbe SUPPLIRE ALLA TIRANNIDE DEMOLITA è la REPUBBLICA: perché soltanto in essa, come da Platone sino a Machiavelli s’è detto, gli uomini possono trovare libertà e condizioni degne di essere appunto uomini.
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