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Riassunto di ESTETICA (di Paolo d'Angelo) + Schiller, Sintesi del corso di Estetica

Una panoramica sull'Estetica, disciplina che si occupa della riflessione critica sulla bellezza e sulla conoscenza sensibile. Si analizzano le origini del termine, la sua evoluzione storica e i dibattiti che hanno permesso alla disciplina di affermarsi come scienza. Si discute inoltre della differenza tra poesia e tecnica e si approfondisce il concetto di sublime.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

In vendita dal 11/04/2023

DiegoPolimeni
DiegoPolimeni 🇮🇹

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Scarica Riassunto di ESTETICA (di Paolo d'Angelo) + Schiller e più Sintesi del corso in PDF di Estetica solo su Docsity! ESTETICA (di Paolo d’Angelo) INTRODUZIONE 1) Il termine “Estetica”, di derivazione greca (platonica ed aristotelica), è stata utilizzata per la prima volta come sostantivo dal filosofo tedesco Alexander Gottlieb Baumgarten nelle sue “Riflessioni sulla Poesia” e indica la “Scienza della Conoscenza Sensibile”. Esso, pur essendo stato a lungo discusso, è comunque valido in quanto riassuntivo dei vari stadi dell'esistenza della disciplina: l’Estetica infatti era stata in precedenza definita come la Teoria delle Arti “Liberali” e “Non Meccaniche", ovvero quelle Arti volte a produrre un piacere Non Funzionale quanto più Sensibile (il termine greco “Tekne” non faceva una distinzione tra le due cose). La definizione di Baumgarten è quindi ottima per definire il carattere non unitario delle discipline studiate. Non si parla infatti di una Filosofia speciale, bensì di una Branca della Filosofia che si occupa di riflettere sul Ragionamento Critico e sulla Bellezza. Essa non è però un ragionamento esclusivamente sul Bello o sull’Arte: queste due piuttosto che essere il Fine dell’Indagine ne sono un Mezzo. Per quanto riguarda il lato Scientifico essa si occupa della Sensibilità e della Logica, analizzando in modo critico e fenomenologico. La consapevolezza teorica delle potenzialità della disciplina è stata ottenuta però solo nella modernità, più nello specifico a partire dal ‘700 (il "secolo dell'Estetica"). In questo secolo infatti sono state analizzate le tradizioni precedenti, raccogliendo gli elementi più significativi di ognuna di esse sotto il nome di “Estetica”. Si tratta però di una forma ancora primitiva dell’Estetica, anche il termine stesso indica ancora più specificità regionali degli studi. Kant, per esempio, accettava il termine baumgarteniano associandolo però alla sua “Critica del Gusto”. Egli reputava che il Giudizio Estetico fosse il primo dei passi di una Critica della facoltà di Giudicare. Quello tra la visione di Kant e quella di Baumgarten, pur essendo stato il più significativo, non è stato però l’unico contrasto nella storia dell’Estetica. Questa infatti è stata vista da punti di vista Oggettivi da alcuni, mentre altri la vedevano in modo più Empirico. Altro contrasto sull’Estetica vede la visione Metafisica opporsi a quella Fenomenologica. Oltre a questi conflitti “orizzontali" ve ne sono anche di “verticali” che riguardano il Genio, l’Espressione, il Sentimento, la Natura Umana, ecc… Per indicare l’Estetica, nonostante le varie dispute sul termine, si è finito per utilizzare e normalizzare il termine coniato da Baumgarten. Non si parla comunque di una disciplina totalmente razionale: compaiono anche discussioni in merito al “Senso Comune” e al “Sentimento”, campi non analizzabili in modo puramente scientifico. 2) Come già detto, l’Estetica è una disciplina moderna che si afferma a partire dal ‘700. Prima di questo secolo infatti non vi era neanche mai stata la necessità di associare la suddetta disciplina a termini quali “Filosofia dell’Arte” (Hegel) o “Critica del Gusto” (Kant). Ma si parla anche di una materia di studio che non ha la pretesa di inglobare tutto ciò che l’ha preceduta: alle conoscenze analoghe antecedenti al ‘700 si ci riferisce con “Estetica prima dell’Estetica” (o semplicemente “Pre-Estetica”). Anche la terminologia stessa utilizzata dall’Estetica è di derivazione greca: si parla di solide basi sulle quali la disciplina moderna si è costruita. Non si può nemmeno definire l'Estetica come disciplina puramente moderna, dal momento che essa nasce come scienza già formata, retaggio di tutta la tradizione precedente (digressioni in merito alla rappresentazione, al pensiero, alle immagini e ai concetti che partono da Platone, da Aristotele e dai Sofisti). Questa tradizione filosofica è quindi stata trascesa dai filosofi moderni, che per la prima volta hanno riscoperto la disciplina implementando una mediazione teorica. Questa storia della disciplina non esclude quindi l’esistenza di idee guida moderne della disciplina che si articolano pur sempre su tutta la tradizione antecedente. Ma i dibattiti che hanno permesso all'Estetica di affermarsi come disciplina sono lungi dall’essere tutti puramente filosofici, perché come già detto questa disciplina si dirama in tutti i campi spaziando dalla Scienza all’Arte. 3) Altri dibattiti dell’estetica riguardano la differenza tra Poesia e Tecnica. Platone ha dimostrato come le considerazioni sul Bello potessero venire fatte anche solo metafisicamente, senza la necessità di analizzare la Tekne. Aristotele invece aveva svolto i suoi studi desideroso di applicare le considerazioni pregresse sulla Mimesi artistica anche alla Poesia. L’Imitazione per lui smette di essere una diminuzione ontologica e diventa un'analisi della struttura del reale, emblema di ciò è la Tragedia con la sua capacità di rievocare emozioni. Egli intuisce che le rotture nell’ambito del sapere umano possono avvenire per motivazioni logiche oltre che ontologiche. Per Aristotele i “campi scientifici” erano quelli della Poetica e della Retorica, in quanto quelli irriducibili al sillogismo e alla dimostrazione. I restanti erano invece associati alla Bellezza e al Piacere. Il filosofo greco è quindi considerabile come progenitore dell’Estetica in quanto organizzatore di una Semiotica della Poesia e della Retorica. Ma quanto è vero che il confronto tra Platonismo ed Aristotelismo è quello più importante della Pre-Estetica, esso non si può dire che abbia generato l’Estetica stessa quanto più i suoi concetti basilari. Altro pre-estetico di particolare importanza è stato Plotino, il cui pensiero era sì di ispirazione platonica ma al contempo anche “più orientato”. Egli analizzò il problema della Bellezza e delle Costruzioni Metafisiche nelle quali questa si inseriva. La sua concezione di “Bellezza Ideale” è infatti un concetto che si svilupperà concretamente solo durante la modernità. Questa, che vede il Bello come Assoluto in quanto riesce ad evocare emozioni pur non avendo una finalità, non è infatti immediatamente associabile alla Metafisica. Importante nella storia dell’Estetica diventerà il concetto di “Sublime”. Questo non indica affatto uno stile retorico, bensì un vero e proprio “vigore espressivo”, il quale genera la creatività artistica e, in particolare, quella poetica. La "Teoria delle Arti" segue quindi un percorso slegato da quello della Filosofia, il quale la porterà a costruire la disciplina che solo nel ‘700 diverrà l' “Estetica” in senso stretto. Indubbiamente il pensiero medioevale è stato essenziale per la mediazione dei concetti dall’Antichità all’Età Moderna: autori quali Dionigi, Boezio, Agostino e Dante hanno trasmesso una tradizione propria, dal momento che i testi dell’antichità in merito all'Estetica sono stati riscoperti veramente solo durante il neoclassicismo rinascimentale. Proprio nel rinascimento nasce quindi un’altra concezione dell'Estetica, influenzata massicciamente dalla cultura medioevale. Importanti sono state anche le arti figurative, che con il loro rapporto con le culture orientali hanno stimolato il dibattito filosofico. Un'affermazione di Leonardo sosteneva che l’Arte “fosse la capacità manuale del soggetto di esprimere i caratteri qualitativi del mondo circostante, capacità possibile solo all’artista in quanto lavoro esteriore quanto interiore". Riscoperta la “Poetica” di Aristotele si è potuto dibattere meglio su questi concetti, dal momento che il testo in questione ha rappresentato, oltre che a delle normative, anche una sorta di moderatore del dibattito. 4) Si è quindi definito il momento nel quale l’Estetica “ha scoperto se stessa”, dopo varie età storiche e dopo i confronti tra le diverse realtà geografiche. In alcuni paesi quali la Francia e l'Inghilterra è infatti nata l’Estetica come disciplina, in altri quali la Germania e l’Italia si sono invece sviluppati temi collaterali importanti quali la Retorica. A Batteux va il merito di aver smesso di definire le arti come “Belle”, dal momento che il termine “Arte” diventa automaticamente in grado di esprimere una sottintesa bellezza. A Kant e al suo criticismo va invece il merito di aver interrotto ogni tentativo di riassunzione della disciplina in criteri generali. Con la concezione romantica dell’Arte come “simbolo dell’assoluto”, la disciplina Estetica ha perso i suoi nuclei tematici. Questo però ha permesso a tale disciplina di gettare le basi della Critica e della Storia dell’Arte. Hegel ha riscoperto i caratteri religiosi e mitici in relazione all’Arte, mentre in Nietzsche e in Schopenhauer essa, legandosi alla Musica e alla Tragedia, diventa un simbolo di Vita in relazione alla Natura. Con le sue mediazioni 26) La Percezione è un Argomento in quanto arricchisce la Ragione. Tra gli Argomenti che arricchiscono l'Estetica vengono richiesti quelli dotati di Eleganza, quali le Figure. Esistono tante Figure quanti Argomenti; 27) Se l'Estetica è la Bellezza della Conoscenza di chi pensa in modo Bello bisogna ricercare a priori le caratteristiche di questo "pensare bello” ovvero il carattere e le doti dell'estetico. Per trovare queste bisogna però partire dai caratteri universali prima di giungere ai particolari. 423) La Verità Estetica è ciò che è conoscibile in modo sensibile. Essa si costruisce sulla Verità Logica e sulla Verità Mentale, ovvero sull’Armonia tra l'Oggetto osservato e l’Animo del Soggetto osservante; 424) La Verità Metafisica Oggettiva potrebbe essere definita anche come Verità Soggettiva. Questa è Logica in quanto corrisponde all’Intelletto e in quanto è una Facoltà Conoscitiva Inferiore può dare origine alla Verità Estetica; 426) Sia le Riflessioni Logiche che quelle Estetiche ricercano la virtù. Ma se le prime ricercano una visione Distinta ed Intellettuale le seconde cercano di evincere le stesse cose attraverso i Sensi; 427) La Verità Estetico-Logica è quella Verità mentale e soggettiva che viene comunemente chiamata Logica. Questo perché le cose logicamente vere lo sono anche esteticamente; 428) L’Estetico non punta direttamente alla Verità Intellettuale bensì al Compiacimento. Le due cose potrebbero coincidere o meno; 429) Una Verità Logica in senso stretto sta al di sopra della Verità Estetica e va quindi tralasciata; 430) Certe Verità sono talmente piccole da rimanere sotto l'orizzonte estetico e pertanto l'Estetico non se ne cura; 431) La Verità Estetica richiede una Possibilità Fisica dai propri oggetti di indagine. Questa è assoluta in quanto Sensibile; 432) La Verità Estetica richiede una Possibilità Ipotetica dai propri oggetti di indagine la quale può essere Naturale in quanto non connessa ad una determinata libertà; 433) La Verità Estetica richiede una Possibilità Morale dai propri oggetti di indagine; 435) L’Estetica necessita di Moralità in colui che pensa ma anche negli oggetti di indagine. La Verità morale risiederebbe infatti in chi sa misurare sé stesso e ciò che lo circonda attraverso l’Accordo tra i Segni. Si può parlare altresì di “Sincerità”; 437) La Verità Estetica necessita della connessione tra gli oggetti d’indagine e le loro ragioni e conseguente al fine di risultare Sensibile; 439) La Verità Estetica richiede che gli oggetti d’indagine siano “veri” nelle loro possibilità assolute ed ipotetiche. Quando queste possibilità interne all’oggetto si concilieranno tra loro si avrà la Verità Estetica e Fenomenica dell’oggetto stesso. Vanno anche prese in considerazione le unità di tempo e luogo che fanno da contesto all'oggetto. 440) La verità Estetico-Logica è Universale. Questa nella sua forma generale è singolare e più una verità è di questo tipo e meno risulterà essere metafisica nell'oggetto. Per questo l’estetico preferisce le verità determinate e meno generali: esse permettono più utilizzo di pensiero per definire la Bellezza dell’oggetto; 441) La Verità Estetica è la percezione di una Metafisica Grande mentre la Verità Estetico-Logica è la percezione di una Metafisica Maggiore. La Verità Estetica dell’individuo è legata alla Metafisica nel suo Intero e quindi alla Massima Verità. Le verità Eterocosmiche sono legate alla Scienza e alla Ragione; 443) Delle Verità Estetico-Logiche sono Estetiche solo quelle rappresentabili dalla Ragione. Questa rappresentazione può avvenire in maniera Esplicita o Implicita, a patto di coglierne i principi, anche se astratti; 444) È Estetica la Verità delle cose vere e percepite in modo Sensibile. Le Verità Eterocosmiche sono invece quelle percepibili attraverso la Ragione. IMMANUEL KANT - La Critica del Giudizio Estetica Critica del Giudizio (1790) Kant scrive la sua “Critica del Giudizio" nel 1790, a complemento dei suoi due testi precedenti, ovvero la “Critica della Ragion Pura” (1981) e la “Critica della Ragion Pratica” (1988). Questo testo parla del dualismo tra la Conoscenza e la Libertà di Agire. La libertà assoluta sembra essere inconciliabile con il mondo e questo, secondo Kant, perché non esistono principi decisionali a priori ma solo principi decisionali adattabili alle varie situazioni. La Critica del Giudizio di Kant si divide in: ● Critica del Giudizio Teleologico, la quale si occupa delle Leggi Universali; ● Critica del Giudizio Riflettente, la quale si occupa dell'Arte. Questa oltre ad essere uno strumento per conciliare il dualismo Libertà/Azione è anche utile per determinare l'Esperienza. Il giudizio può essere Soggettivo, Oggettivo o Inter-Soggettivo. Questi ultimi dipendono dal fatto che i giudizi fatti da un determinato soggetto possono essere puri tuttavia riguardandolo. Kant fa poi una distinzione tra Bello, Piacevole e Buono. Secondo Kant il giudizio di qualcosa non è morale, questo diventa tale quando si definisce una persona. È quindi erroneo definire “Bella” una persona, dal momento che si sta compiendo un Giudizio Morale sulla stessa. Un Giudizio Morale richiede conoscenze a priori del giudicato, mentre un Giudizio di Gusto no. È quindi corretto parlare di persona “Buona”. ● Facoltà Conoscitiva (Intelletto) → Si applica alla Natura; ● Sentimento del Piacere → Si applica all'Arte, esso è Riflettente ● Facoltà di Perseguire (Moralità) → Si applica alla Libertà; Queste facoltà sono kantianamente intese come modalità di interazione con il mondo. La nostra relazione con il mondo può essere di tipo Conoscitivo (intelletto), Sensibile (arte) o Attivo (azioni). La Critica della Ragion Pura si occupa dell’Intelletto. Quest’ultimo per Kant è il modo di operare orientato alla conoscenza. Il Conoscibile, dal momento che deriva dalla Ragione, risulta essere una radice della Sensibilità che si emancipa. La Critica della Ragion Pratica si occupa della Ragione. L’azione deve avvenire in modo disinteressato e slegato dagli interessi. La Libertà è quindi il fine massimo da conseguire, ma si parla di un Libertà Oggettiva guidata dall’Imperativo Categorico. La Critica del Giudizio non parla della facoltà di giudicare bensì del Giudizio stesso. Il Giudizio secondo Kant consiste nel trovare un accordo tra un Particolare e l’Universale. Quest'ultimo può essere: ● Dato, si parla di Giudizio Determinato. La Scienza deve generare un Giudizio Determinato in quanto parte da delle basi note; ● Deducibile, si parla di Giudizio Riflettente, in quanto il soggetto deve riflettere per dedurlo attraverso l'Immaginazione Produttiva. L’Arte deve generare un Giudizio Riflettente nell’Osservatore, in quanto un Particolare che sollecita un Universale ci permette di sviluppare una malleabilità di giudizio altrimenti impossibile. L’obiettivo della Critica della Ragion Pratica e della Critica del Giudizio è la medesima, ovvero trovare una Finalità. Cambia tuttavia il tipo di Finalità ricercata: nel primo caso si ricerca una Finalità Univoca ed universale mentre nel secondo si cerca una Finalità Ossimorica, in quanto priva di un effettivo scopo. Il Giudizio Riflettente si divide a sua volta in due ulteriori classificazioni: ● Giudizio di Gusto: un giudizio non-conoscitivo che giudica il piacere o il dispiacere che la visione di un oggetto ci provoca. Questo può essere a sua volta Puro, quando esclude una conoscenza pregressa della funzione o delle qualità dell'oggetto oppure Empirico, quando invece questi dati si conoscono. In quest’ultimo caso il Giudizio di Gusto si dice Soggettivo e l’oggetto non può più venire indicato come “Bello”, al massimo come “Piacevole”. I Giudizi di Gusto Puri riguardano quindi Bellezze Assolute quali l’Arte e la Natura (quest’ultima può trascendere il concetto di “Bello” stesso ottenendo lo status di “Sublime”). Tipo peculiare di Giudizio di Gusto Soggettivo è invece la Perfezione; ● Giudizio Teleologico: un giudizio che ricerca un ordine unitario della natura non basandosi tuttavia su principi universali. I Giudizi di Gusto vengono dati secondo: ● Qualità: il Giudizio di Gusto è puro quando comporta un piacere disinteressato verso l’esistenza dell'Oggetto; ● Quantità: il termine “Bello” indica una Universalità Soggettiva e pertanto è a-concettuale; ● Relazione: il Giudizio di Gusto richiede come già detto una Finalità Ossimorica, in quanto il Fine è l’Assenza di Fine; ● Modalità: il Bello può emergere solamente da un Giudizio di Gusto Puro e senza Concetto. Kant definisce il Giudizio di Gusto come Estetico in quanto esso dipende dalle emozioni che ci suscita l’oggetto e non dalle conoscenze pregresse che noi possediamo di esso. Egli con “Estetico” non intende definire il “Bello” bensì un qualcosa in grado di generare in noi un Sentimento (l’oggetto osservato deve permettere all’osservatore di auto-percepirsi, non di percepire altro). Gadamer, pur esplicitamente anti-kantiano, elogia il suo maestro come Padre dell'Estetica dal momento che lui per primo ha deciso di scindere la Bellezza dalla Morale. Il Giudizio di Gusto si può articolare come: ● Piacere senza Interesse: il Giudizio di Gusto puro implica un Apprezzamento per l’oggetto anche Senza la Conoscenza dello stesso; ● Universalità senza Concetto: il Giudizio di Gusto è Universale pur non essendo legato a Concetti; ● Fine Senza Fine: il Giudizio di Gusto genera una Finalità Ossimorica in quanto il fine ricercato non esiste. Esso deve semplicemente generare un'armonia nel Soggetto Osservante; ● Necessità senza Concetto: la necessità di formulare un Giudizio di Gusto è puramente Estetica e Non-Logica. Il Giudizio Estetico non è un Giudizio che riguarda esplicitamente il Bello quanto piuttosto la Sensibilità. La Bellezza sta infatti nell’Armonia tra il Soggetto Osservante e l’Oggetto Osservato. Il Bello è ciò che può piacere a tutti, tuttavia questa definizione deriva prima di tutto da quella di Piacevole, il quale invece è soggettivo. Se sono indifferente all'Oggetto e come me chiunque altro allora il Giudizio di Gusto risulta essere Universale. Un Giudizio di Gusto Puro si può dire Pubblico (il Bello) o in caso contrario Privato (il Piacevole). Gadamer critica a Kant la possibilità universale del Giudizio di Gusto. nulla veicolando una qualche Energia Naturale. Si può dire che il genio crei regole dove non ve ne sono. Le sue prerogative sono: ● Originalità, in quanto la creazione genio è ex-novo e deriva dalla Natura; ● Esemplarità, in quanto i prodotti del Genio devono venire utilizzati dagli altri come criteri di valutazione; ● Inconsapevolezza, in quanto egli sta inconsciamente ad una regola che non ha creato in modo formale; ● Rottura con Scienza, in quanto a differenza dello Scienziato non può ricostruire i processi creativi utilizzati attraverso la Ragione. Come le Idee Razionali, le Idee Estetiche sono costrutti che si possono riempire tramite Esperienze Sensibili. La differenza nella base del costrutto in questione, Ragione per le prime e Immaginazione Produttiva per le seconde. Il Genio è in definitiva un soggetto con una Immaginazione Produttiva superiore rispetto a quella degli altri. ARTHUR SCHOPENHAUER - L’Arte e la Volontà La Filosofia di Schopenhauer, fortemente metafisica, riprende Kant e critica apertamente la filosofia di Hegel. La sua opera principale, “Mondo Come Volontà e Rappresentazione”, parla appunto della Volontà, il principio cardine della sua filosofia. Questa è una forza irrazionale che smuove il mondo dominando tutte le forme di vita, senzienti o meno. Nella Filosofia di Schopenhauer diventa possibile accostare l'idea di Kant di Fenomeno e Noumeno a quella delle Idee e del Sensibile di Platone. Entrambi, secondo Schopenhauer, avrebbero infatti valutato il Mondo Sensibile come un'Apparenza che ottiene un significato attraverso la propria espressione. La Rappresentazione, si costruisce tra il rapporto tra Soggetto ed Oggetto vincolato nelle forme Spazio-Temporali. I rapporti causali tra gli oggetti nel mondo della rappresentazione possono essere: ● Il Divenire; ● Il Conoscere; ● L’Essere; ● L'Agire. Al di sotto del mondo della Rappresentazione sta il fondamento della stessa ovvero la Volontà. Ciò che permette a questa di fluire è il Corpo, in grado di generare quell'impulso cieco identico per tutti gli esseri umani. La Volontà, secondo Schopenhauer, si oggettifica attraverso le Idee metafisiche, diventando la forza della Natura. Questa si suddivide in un ordine gerarchico di importanza: ai gradini più bassi stanno le Forze Fisiche Basilari della Natura(1), seguite dalla Forza Vitale di Piante ed Animali. Al gradino più alto vi è invece la Ragione Umana, la quale crea Lotta e Desiderio di Autoaffermazione (massima espressione della Volontà). All'uomo viene affidato il compito di liberarsi dall’influsso della Volontà e ciò diventa possibile attraverso l’Arte, la quale permette di vedere le Idee nella loro purezza. Una volta osservate in maniera pura, le Idee permettono al soggetto di cessare di essere Individualità divenendo Conoscenza. L’Arte è quindi la Conoscenza che rappresenta la vera Essenza del Mondo, in grado di sussistere al di fuori di ogni relazione. Essa è l'opera del Genio, che coglie e riproduce le idee in varie declinazioni. Il dono innato del Genio è quindi quello di trasformare l'Essenza delle Cose in Conoscenza. Il Disinteresse kantiano qui diventa una forma di emancipazione delle Idee dalla Volontà. Anche Schopenhauer ha la sua distinzione tra Bello e Sublime: ● Il Bello è ciò che spinge il Soggetto a diventare Soggetto Conoscente che contempla esteticamente senza l’influsso della Volontà; ● Il Sublime è quella contemplazione che viene fatta nei confronti di Oggetti Insopportabili alla Volontà. Riuscire a superare questo disgusto fino a provare piacere genera lo stato del Sublime. Schopenhauer ha definito una vera e propria gerarchia delle Arti che si costruisce sulla oggettivazione della Volontà. Al punto più basso vi è l'Architettura(1), in quanto è più vicina alla Volontà piuttosto che alla Conoscenza. Seguono poi le Arti Plastiche(2) e infine la Poesia(3), in grado di differenziarsi dalla Storia in quanto narra della Natura Umana e delle sue legittimazioni. La declinazione più influente della Poesia è la Tragedia (Poesia + Musica), ovvero il grado supremo di Rappresentazione della Conoscenza nonché massimo quietivo della Volontà. Vi è però una forma d’Arte ancora più alta della Poesia, la quale non si può classificare insieme alle altre in quanto totalmente isolata. Questa è la Musica, ovvero non una forma di Oggettivazione della Volontà bensì l'Oggettivazione della Volontà stessa. Essa parla della Volontà e del suo vitalismo nel mondo attraverso ogni nota. Questa forma d'Arte funge da somma consolazione, liberando dal dolore e dalla sofferenza anche quando si è privi della voglia di vivere. Il Mondo Come Volontà e Rappresentazione (1818) L’Architettura è l'Arte Bella più bassa in quanto è la più vicina alla Volontà, la quale è presente ovunque sotto forma di Impulso. L'Arte Bella più Sublime in quanto più distaccata dalle altre è la Musica. Essa non rappresenta un'Idea in quanto non necessita di farlo, essendo un linguaggio universale in grado di comunicare direttamente con il Soggetto. Essa è un qualcosa di più unico anche del Calcolo, dato che scaturisce dalla nostra stessa Interiorità. È l’Arte più legata con il mondo e per questo genera lo stesso effetto delle altre arti in maniera più rapida, efficace ed infallibile. Essa è rapportabile con il Mondo stesso secondo Principio di Imitazione, tuttavia questa ipotesi può risultare fallace dal momento che non esistono prove dimostrative di ciò in quanto la Musica è di per sé un modello e in quanto tale non è rappresentabile. La Consonanza o la Dissonanza con la musica stessa dipende inoltre dallo stesso ascoltatore e pertanto per dare un giudizio preciso è necessario ascoltare attentamente. L'Oggettivazione della Volontà è come le Idee Platoniche, le quali possono venire rappresentate tramite Oggetti mediante l'Arte. La Musica è l’unica Arte che non necessita di fare ciò in quanto non è un'immagine della Volontà bensì la Volontà stessa. Per questo l’effetto della Musica è più potente rispetto a quello delle altre Arti. Esiste un rapporto quindi tra l'Oggettivazione della Musica e delle Immagini, che ha un riscontro nel mondo visibile. I Suoni Bassi rappresentano la Natura Inorganica mentre quelli Acuti il Profondo, l'Armonia sta nell'accordo tra queste due tipologie di Suoni. Il Limite massimo del Suono tende al silenzio (concetto ripreso da John Cage) e ciò corrisponde all'Assenza di Materia percepibile. Tra il suono massimo e il suono minimo vi è una Scala infinita di Tonalità che rappresenta la Varietà delle Idee e la loro rispettiva Oggettificazione della Volontà. Al massimo grado della Musica corrisponde l’Uomo insieme alla sua vita e alla sua lotta quotidiana. Ogni singola componente della melodia rappresenta qualcosa e risulta quindi possibile ricostruire l'intera storia della Volontà insieme alle emozioni e alle riflessioni da essa generate. La Musica parla il linguaggio del Sentimento come la Parola quello della Ragione. La Musica rappresenta anche la Sofferenza umana: la ricerca di una Tonalità Definita è analoga alla ricerca di un Appagamento: entrambi questi ideali sono irraggiungibili o, in caso contrario, effimeri. La Musica però contiene sempre una Tonalità Fondamentale al quale tornare. Trovare questo Tono è opera del Genio, il quale deve lavorare senza riflessione o mediazione. Il Compositore è quindi l’uomo libero, artista distinto in grado di svelare l’Essenza del Mondo attraverso un Linguaggio speciale. Le Melodie Rapide tendono a generare Felicità mentre quelle Lente generano Tristezza, in quanto rallentano l'appagamento del desiderio dell’ascoltatore di udire quella Tonalità Fondamentale. L’Allegro si chiama così perché suscita Allegria con il suo ritmo vivace mentre l’Adagio genera un Languore, un lamento. La Musica tuttavia non esprime mai indirettamente un’emozione: questa espressione avviene sempre in maniera Diretta e Superlativa (ES: esprime “La Gioia”, non “Una Gioia”). Essendo la Musica così malleabile è facile ibridarla ad altre forme artistiche quali la Poesia e le sue parole. Essa non dovrebbe mai essere però strumento subordinato per coadiuvare ciò che la accompagna. Non si deve quindi sforzare la musica per renderla amalgamabile alla parola, in quanto la si snaturerebbe. La Musica è espressione del Mondo in quanto Linguaggio artistico Universale. Non si parla però di una universalità astratta quanto più concreta e determinata, analoga alla matematica e ai suoi numeri. E proprio come i numeri essa è malleabile e può esprimersi in infiniti modi e combinazioni, adattandosi per accompagnare e per rappresentare qualsiasi situazione. Ma essa è in grado di rappresentare qualsiasi cosa, soggetti metafisici quanto soggetti concreti. Si può parlare di “Musica Materiata” quanto di "Volontà Materiata”, essendo Musica e Volontà della stessa forma. La Musica è inoltre un concetto che, costruendosi nel Tempo piuttosto che nello Spazio, non necessita di intelletto per essere capito. Essa esemplifica perfettamente lo scopo dell’Arte: rappresentare il mondo che ci circonda nella maniera più vivida ed impattante per i nostri sensi e le nostre emozioni. Se il Mondo è la Volontà, l’Arte è la raffigurazione della Volontà più piacevole in quanto “Scena nella Scena” (Nietzsche). L’Arte può dare un compiacimento unico a chi la crea come a chi ne fruisce, facendo dimenticare le pene della vita sempre presenti ed in agguato. L'Artista utilizza il dolore provato in vita per Oggettificarsi come Volontà, diventando “Arte che crea Arte”. Questo Compiacimento è però solamente temporaneo: l’Artista creando si libera dalla Sofferenza per brevi istanti ma non dalla Vita, che è essa stessa Sofferenza. FRIEDRICH SCHILLER (non presente nel manuale) Schiller, di formazione drammaturgica, si è impegnato nell’analisi del problema della Bellezza relazionata all’Arte già da “Callia o Della Bellezza”, dove ha rievocato la problematicità della definizione Oggettiva e Soggettiva di Arte riprendendo Kant. Egli fu inoltre supportivo nei confronti della Rivoluzione Francese, vista come strumento potenziale per migliorare l’umanità. Tutto ciò è coerente con il suo pensiero, dal momento che egli riteneva che un'Educazione Estetica efficiente si sarebbe potuta ripercuotere anche sul Piano Politico. Nei suoi scritti parla di due tipi di ideali: ● Ideale di Comunità: L’Uomo Totale è colui che sviluppa tutte le sue facoltà in maniere equa ed armonica senza che nessuna spicchi sulle altre; ● Ideale di Umanità: L’Estetica, in modo antropologico, deve permettere un Cambiamento Politico. La Bellezza è quindi uno strumento utile per realizzare un ideale di umanità, non uno strumento passivo da utilizzare come una mera struttura del giudizio (come la intendeva da Kant). Lettere sull'Educazione Estetica (1795) L’Opera più importante di Schiller è la raccolta di “Lettere sull’Educazione Estetica”, scritte dal drammaturgo per il suo mecenate nel 1975.
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