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Il ruolo della gratuità nell'economia e nella società, Sbobinature di Filosofia

Una riflessione sulle implicazioni della gratuità e del capitalismo nella società moderna. Esplorando la visione di luigino bruni, il testo discute del ruolo della gratuità nella vita umana, del suo significato nella religione protestante e del suo declino nella nostra società. Il testo inoltre analizza il rapporto tra la gratuità e la mafia, il capitalismo e la gratuità, l'educazione e la gratuità, e la necessità di riscoprire la gratuità come bene da tutelare. Una sintesi di diverse fonti, tra cui il libro di bruni 'arte della gratuità' e la registrazione radiofonica 'uomini e profeti'.

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 11/03/2024

ElisaPipponzi
ElisaPipponzi 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Il ruolo della gratuità nell'economia e nella società e più Sbobinature in PDF di Filosofia solo su Docsity! BERNARD HENRY LEVY - “SULLA STRADA DEGLI UOMINI SENZA NOME” →è un filosofo, giornalista, saggista francese (nato nel 1948,74 anni) l’autore ha studiato alla Sorbonne di Parigi e ha avuto maestri del calibro di Sartre, cosa che sicuramente ha prodotto in lui degli orientamenti caratteriali e scelte non indifferenti. Nel libro ci dice che dopo gli studi decide di partire per il Bangladesh; durante la sua vita ha visitato luoghi sperduti, come Etiopia, Bosnia o Afghanistan, vessati dalla sofferenza/dolore, in nome di valori universali come la fratellanza, il rispetto dei diritti umani. Ci dice che una delle sue più grandi illusioni è stata l’idea di rivoluzione, che il mondo si potesse davvero cambiare. Perché? → Lui cresce con i venti della rivoluzione del 68, nasce un filone di filosofia interculturale nel centro America, si iniziano a scoprire nuove culture (Beatlhes che vanno in India e scoprono e mettono in luce nuove culture); è anche un periodo di animazione di un credo e di una forza che è partito dai giovani per l’ottenimento di diritti (diritto di aborto ad esempio, il divorzio) e di libertà e autonomia. Levy ci dice→ quello che non è mai cambiato in sé è il suo impegno e la voglia di denunciare e porre attenzione su situazioni che non vogliono essere guardate e discusse. Con il suo documentario ci dice che mentre l’occidente si sta impegnando in questa lotta alla Pandemia, ci dice che dobbiamo pensare anche ad altro ed impegnarci anche su altri fronti, perchè tutti noi facciamo parte della stessa “razza umana” e dobbiamo per questo motivo sostenerci a vicenda. LIBRO: → saggio dove spiega cosa spinge un filosofo ad andare in capo al mondo a testimoniare di guerre dimenticate o ignorate; che cosa dei sogni internazionali dei suoi padri i sembra ancora valido e degno di essere tramandato. Il libro è diviso in due parti: - 1° parte→ si pone una serie di domande e riflessioni - 2° parte→ ci sono dei reportage/documentari che riguardano angoli di mondo dove l’autore è stato, che ha visitato. Nelle prime pagine→ ci racconta la sua formazione, “École normale supérieure di rue d’Ulm ”, di come sia stato difficile stare in quella formazione così rigida e rigorosa. (“Si impregnò talmente tanto di quei studi che il gesto successivo per gli studenti era quello di trasformare tutti questi sacrifici di studio e dare fuoco ai quaderni, fare delle loro stanze delle celle di rivoluzione”) Ricorda i suoi grandi maestri e ci parla poi della sua scelta di andare in Bangladesh appena finiti gli studi. “Io scelsi il Bangladesh e le “Indie rosse”, dove rimasi vari mesi, sforzandomi di accompagnare la nascita di una nazione.” Questo libro è una sorta di documentario provocatorio che fa durante il lock down, su angoli del mondo che vivono ancora di guerre e di privazioni, che vengono dimenticati. Provocatorio= perché sottolinea il fatto che durante la pandemia il mondo si è dimenticato di tutto il resto, ci siamo dimenticati di essere esseri umani in relazione con gli altri, la pandemia ci ha allontanati dagli altri. Documentario→ nasce come denuncia del fatto che durante la pandemia c’erano altri che venivano dilaniati per altro e nessuno se ne è accorto. “Non è possibile. Non è sopportabile. E ancora meno sopportabile, e anzi disgustosa, è la feroce indifferenza dei miei compatrioti europei.” IN MERITO ALLA FORMAZIONE DI Levy: “C’è un pensiero smontato dall’interno, le grandi battaglie che si fanno il nome delle oppressioni , non possono essere fatte dall’esterno, ma bisogna farle dall’interno, non si può distruggere un meccanismo rimanendo fuori ma bisogna entrare all’interno di lui.” “Dobbiamo smontare dall’interno” → all’università lui e i suoi colleghi erano stati quasi forzati a conoscere tutti gli ingranaggi della conoscenza e del sapere, dissimulando quella fatica messa in atto per rimanere al passo; si è ritenuto comunque opportuno ad un certo punto prendere coraggio e smontare questa forma di pensiero perché erano stanchi, erano armati di pensieri critici potentissimi e quindi erano pronti ad emanciparsi rispetto al sapere stesso. Questo è il livello più alto che l’educazione può raggiungere (Socrate infatti diceva che la forma più alta di sapere la sia ha quando l’allievo distrugge ciò che gli è stato trasferito dal maestro, perché lo ha fatto talmente suo che sente la necessità di andare oltre, lo studente arriva a pensare che ciò in cui ha costruito la sua forza e il suo sapere lo deve trasformare in altro e qui l’autore sceglie di trasformarlo in questa curiosità di andare in giro per il mondo, per la causa dei popoli e degli altri, senza combattere ma parlando, incontrando, vedendo, documentando. Questo è stato lo SCATTO che lo ha portato a muoversi. “Sulla strada degli uomini senza nome” si configura come una testimonianza che va nella direzione della responsabilità e dell’impegno, battaglia che va combattuta: battaglia di partire e andare a conoscere luoghi sperduti del mondo e mettersi vicino a chi ha bisogno e di empatizzare con loro. La sintesi che noi facciamo è che questo libro con il suo contributo, attraverso i suoi reportage sottolinea l’importanza di prospettive diverse per l’analisi del mondo. Levy ci ricorda che è fondamentale avere spirito di intraprendenza e mettersi in contatto con altre parti del mondo, l’importanza di esporsi. Ci dobbiamo rendere responsabili, dobbiamo assumere l’impegno di essere protagonisti, di entrare nel vero delle cose, metterci in gioco; questo impegno ha una ricaduta positiva su di me, io ho uno spazio che mi viene dato e ne sono responsabile; non siamo entità separate dal resto del mondo ma siamo inseriti in un contesto, contesto che dobbiamo considerare e capire come posso contribuire per apportare dei miglioramenti. Noi come educatori dobbiamo garantire ad altre persone gli strumenti più adatti per interfacciarsi con il nostro mondo, auspicando ad una trasmissione di questi per far sì che anche le generazioni LUIGINO BRUNI – ARTE DELLA GRATUITÀ La nascita del capitalismo è stato un allontanamento dallo spirito evangelico, un abbandono dalla sua principale eredità→la gratuità. L’arte non è entrata tra le competenze sviluppate dalla cultura capitalistica, che avendo intuito la natura sovversiva l’ha sostituita con la filantropia. Bruni→ recupera categorie di pensiero azioni che oggi potrebbero esserci utili; ci parla del capitalismo che ha portato alla fine della gratuità (dono, altruismo) Oggi, la gratuità→ sembra aver abbandonato la nostra società. Noi oggi operiamo le nostre scelte sempre su una base di remunerazione, un incentivo, se non c’è meccanismo di un “do ut des” non ci esponiamo. La gratuità→ vuol dire “dono”, altruismo; dare qualcosa senza voler nulla in cambio; è un gesto gratuito, è invece un gesto libero e disinteressato; è quella dimensione delle relazioni umane che fa sì che un dono sia un qualcosa di bello e non un veleno per manipolare le persone. La gratuità→ è una dimensione del dono, anche se non tutti i doni sono belli ma molti vengono fatti a fini manipolativi. La gratuità→ accompagna le azioni ma può anche non esserci, la gratuità è la dimensione delle cose che facciamo in maniera libera e genuina; è quella dimensione della vita che ci fa più grandi dei soldi, dei contratti. (esempio di gratuità→ il volontariato che è forse uno degli ultimi baluardi che rimangono) gratuità/dono vs mafia → la mafia inizia con i doni (ti faccio un dono poi ti dico quando mi devi restituire il tutto, non è gratuità). mafia→ in essa stabilire una relazione viene sempre offerto un qualcosa, che però rappresenta un vincolo, non è mai dato gratuitamente. (Il COVID è stata un’occasione, questo dolore assurdo che ci ha fatto riscoprire la morte collettiva, è un periodo in cui noi impariamo la gratuità, impariamo che siamo più grandi degli incentivi e dell’economia, il denaro perché c’è la vita che viene prima di tutto questo. Quindi davanti alla paura di morire che tutti abbiamo avuto, possiamo riscoprire il valore che hanno le cose prima di diventare merci, prima di diventare incentivo) Bruni→ si interroga sul come mai si sia persa questa gratuità e come mai questa degenerazione. E al capitalismo la gratuità non piace. Il capitalismo nasce dal cristianesimo e poi lo tradisce: questa è l’idea centrale del libro. Max Weber→ vede il capitalismo= frutto/figlio della religione protestante quindi cristianesimo, dunque individua la nascita del fenomeno del capitalismo proprio con il cristianesimo. Lui si domanda dove si trova questo spirito cristiano e dove possiamo rintracciarlo nel capitalismo. Se intendiamo il cristianesimo dei vangeli c’è ben poco se invece intendiamo quello del Medioevo c’è molto da rilevare, il capitalismo è frutto del medioevo. Walter Begnamyn→ legge invece il capitalismo= religione, quindi come parassita del cristianesimo, quindi non è un figlio ma il capitalismo→ si nutre, si è inserito nell’organismo e ha assorbito il suo succo (come se fosse un cuculo dice Bruni nell’intervista, il capitalismo si è innestato nell’alveo culturale, preparato dal cristianesimo, e ha buttato fuori le altre uova fino a sostituirsi. Per molti secoli il cristianesimo non si è accorto che quell’uovo che stava covando era di un altro uccello, lo ha considerato come un figlio, lo ha allevato e curato e poi ad un certo punto ha buttato fuori gli altri figli: noi ci stiamo rendendo conto che l’etica economica dei vangeli se c’è, è molto diversa da quello che è diventato poi il capitalismo, e ce ne siamo accorti un po’ tardi perché noi cristiani eravamo po’ troppo entusiasti della nascita del capitalismo da non accorgendoci che esso portava avanti dei principi, valori diversi e contraddittori dal modo di intendere l’economia e il denaro nel Vangelo). Il concetto di economia nei Vangeli viene citato una sola volta con la parabola del buon amministratore) Begnamyn→ vede il capitalismo come un imprevisto, come un qualcosa che non doveva accadere, il capitalismo è frutto di tanti imprevisti. L’autore ci dice di essere più vicino alla visione di Begnamyn. BENE-DIZIONE e MALEDIZIONE Benedizione→parola che nel libro viene scritta con il-rimanda a due contesti. 1. La bene-dizione : noi oggi avremo bisogno di parlare bene della sfera economica poiché ultimamente si è macchiata, si collega a brutte parole, dobbiamo parlare meglio degli imprenditori perché oggi li colleghiamo solo ad un qualcosa di negativo, al delinquente (ricordiamoci che il Covid li ha piegati); dietro l’imprenditore c’è una persona, una persona che può soffrire. L’imprenditore inoltre crea lavoro, muove l’economia, non bisogna legarlo solo ad accezioni negative. 2. Benedizione in rapporto alla maledizione →Ricchezza e povertà: queste hanno sempre avuto una natura religiosa (pensiamo al figlio ed il prodigo). la ricchezza promette: - una sorta di immortalità perché ci avvicina di più al regno dei cieli - è un qualcosa di potente, ci attrae perché ci sembra un elisir di lunga vita - esercita su di noi un fascino religioso, che somiglia quasi a Dio, sta in questa promessa di vita, quasi eterna - il ricco è meno esposto alle vulnerabilità dell’esistenza, ha accesso a cure migliori, scuole migliori e case più sicure. Il “bene” è ciò che fa la ricchezza, da qui anche il ricollegamento ricchezza=benedizione. Se con la moneta si compra tutto essa diventa tutto. (vedi la mafia, con il denaro si compra la lealtà, l’onestà, denaro come mezzo per manipolare e sedurre) Noi oggi pensiamo che se uno è ricco è benedetto, mentre il povero è maledetto. Nella misura in cui si sviluppa una cultura capitalista nel mondo, questa idea che il povero sia maledetto si sta diffondendo molto. Nel 900→ invece c’era una visione diversa, il povero era uno sfortunato e non maledetto, era sfortunato perché nato nel posto sbagliato e per questo motivo andava aiutato, perché non era una sua colpa l’essere povero. Oggi→ invece con il capitalismo si è diffusa l’idea di povero come colpevole e che è tale perché pigro e per tale motivo non viene aiutato. Pensiamo alla parabola del Buon samaritano, il quale aiuta l’altro in maniera incondizionata, non come gli altri prima di lui che, lungo la strada di Gerico incontrano un vecchio uomo a terra, e lo ignorano perché povero e malmesso.→Noi dobbiamo recuperare e coltivare la dimensione umana e considerare la persona e non i sui beni o mancanze, dobbiamo riscoprire la gratuità. Dobbiamo riscoprire la comunione e la condivisione delle piccole cose, di un qualcosa di più profondo e sottile, come un sorriso, ed è in ciò che deve investire l’educazione, sviluppare questa abilità nell’altro, facendo in modo che l’altro non guardi solo al suo utile ma all’umano, coltivare la gratuità. Riscoprire la fragilità, che è anche alla base dell’innamoramento, fragilità creata da un’emozione, la fragilità tira fuori una parte del nostro umano. Dobbiamo coltivare il rispetto per la fragilità, questa è umanità. E questo porta le persone a mettere sempre più ai margini i poveri, la meritocrazia diventa una scusa per scartare i poveri, diventa una legittimazione etica della disuguaglianza, perché io interpreto il talento come merito. Oggi non c’è una culturalizzazione delle economie, l’impianto eurocentrico è considerato quello forte e vincente, quindi quando io penso ad economie diverse da quella Europea, come quella dell’Africa ad esempio, che hanno economie più lente, che non sono influenzati da questa forma di produzione forte e selvaggia, la discrimino, la ricollego alla povertà. Oggi quando vogliamo offendere qualcuno diciamo che esso non vale niente (è un povero), ma questo valore non è quello morale ma economico, legato alla moneta. Pensiamo a tutti gli status simbol che si sono creati, noi oggi osserviamo come l’altro è vestito per capire se sia di successo. Oggi sentiamo il bisogno di esibire il nostro benessere. Si discrimina l’altro sulla base dello status sociale. Si sono creati stereotipi legati al capitalismo, come quello del povero che è un pigro, e pensandolo così non sono spinto ad aiutarlo. eguaglianza→ non la si ha quando abbiamo tutti la stessa cosa, ma essa vuol dire dare a tutti la possibilità di realizzarsi. Noi non siamo tutti uguali, ognuno di noi ha bisogno di cose diverse, bisogna considerare i contesti di appartenenza dell’altro, bisogna dare il giusto valore alle cose e non ergerle a feticci. Non è quell’oggetto di lusso a fare la persona. Oggi ci confrontiamo con l’altro attraverso gli oggetti, è un confronto materiale, un confronto che non si concentra sull’interiorità della persona. Bruni→ riprende il pensiero di Smith il quale ci dice che poveri e ricchi non sono poi così diversi, ci sono gioie che i ricchi provano che i poveri non possono raggiungere ma ci sono anche dolori che i ricchi sperimentano che i poveri non toccano e viceversa. Ci sono gioie del povero che il ricco invidia. Quindi essi sono molto simili. Questa somiglianza tra ricchi e poveri è nota solo ai filosofi, il lavoro→ è uno strumento che permette di realizzarsi; permette la realizzazione di sé stessi; mentre per noi si associa spesso alla possibilità di cambiare status, in altri contesti come in India, dove c’è ancora la dimensione castale (abolita de iure ma de facto ancora presente), quando si nasce in una casta da essa non si esce, di generazione in generazione si rimarrà sempre lì. Tornando al cristianesimo: L’idea biblica della creazione comporta alcune conseguenze essenziali→ l’uomo è libero, tutti gli uomini hanno la stessa dignità, l’uomo essendo ad immagine e somiglianza di Dio è chiamato a collaborare ogni giorno alla creazione. Quindi, il lavoro è: - una maledizione, deriva dal peccato originale (Dio condanna l’uomo al lavoro in seguito al peccato originale) - è una benedizione, un mezzo per la purificazione e redenzione. Partendo a livello cronologico, dalla Roma imperiale, gli ideali della chiesa erano opposti a tutte le principali connotazioni della società imperiale più antica (il lusso dei ricchi, la pigrizia e la dissolutezza dei poveri e lo pressione degli schiavi), allora la chiesa fece tutto ciò in suo potere per sostituire il dovere e onore del lavoro al classico dispergessi del lavoro manuale e delle vili arti meccaniche. Quindi il lavoro→ che doveva essere fatto solo dagli schiavi, viene nobilitato dal pensiero Cristiano (pensiamo al fatto che Gesù è figlio di un falegname), allora mediante il lavoro ci allontaniamo dai cattivi pensieri del cuore ed aiutiamo gli altri. La dimensione dei poveri è importante. Essi ci sono sempre stati. C’è una duplice valenza nel loro trattamento: - da una parte erano cacciati e considerati malvagi - dall’altra erano un modo per redimersi. Veniva emarginato dalla società ma riceveva allo stesso tempo aiuti dagli ospedali . I mercanti istituirono il conto di Messer Domini Dio, era un conto di beneficienza che raccoglieva l’elemosina per i poveri, spesso si lasciavano le eredità ai poveri. La categoria dei mercanti, sente il peso del fatto che esista una vita ultraterrena, allora istituiscono questo conto, che quando morivano lasciavano in eredità ai poveri perché ritenevano che questi fossero i migliori metodi per ottenere il perdono dei peccati. Oggi→ Bruni dice che probabilmente noi ancora abbiamo un atteggiamento di pregiudizio nei confronti dei poveri. Quindi se nel 300 essi erano sofferenti e dovevano essere aiutati per la salvezza dell’anima, ora non è più così. L’ultimo medioevo→ che rappresenta il ponte tra l’antico e la modernità, generò anche il grande codice dell’economia del mercato e generò un capitalismo meridiano, figlio dei Mercatores toscani e San Francesco. Il cristianesimo e la Bibbia devono essere presi in considerazione per comprendere il capitalismo. Grazie ai mercanti e ai frati nasce una terza forma di mobilità dei beni: il mercato. Nasce la civile mercatura grazie al lavoro dei mercanti civili e dei frati, senza l’alleanza tra ricchezza dei mercanti e la povertà dei frati francescani non avremmo avuto i miracoli economici, artistici e civili del Medioevo, umanesimo e rinascimento. Se non si prende sul serio il ruolo dei francescani non si comprende la genesi dell’economia del tardo medioevo/ mercato. Il mercato→ è una forma di reciprocità, è di tutti, inclusi i poveri, è una forma di benevolenza civile; non è più il dover rubare o ricevere donazioni per il povero, ma con il mercato si dà a tutti la possibilità di ottenere cose comprandole. I francescani→ scesero nelle città, costruirono i loro conventi in mezzo alla città e strinsero legami con i mercanti. I frati francescani si rendono conto che la società sta cambiando, nascono nuove figure come quella del mercante e capiscono che devono relazionarsi con lui. questa gratuità→ che viene dal cristianesimo in qualche modo si lega al momento di nascita di una forma di capitalismo dovuta all’affermazione della mercatura (nel 300). GRATUITA’ NEL LAVORO. La gratuità→ passa anche attraverso posture sociali come la correttezza ed il rigore. A volte ci capita di apprezzare il lavoro di qualcuno, quando c’è un suo modo di comportarsi che esula dal suo lavoro, fare le cose per bene indipendentemente da, questo è un rigore verso se stessi che il lavoratore mette in atto, e anche questa è gratuità;→ impegno è una forma di gratuità. (Primo Levi ci parla di un evento avvenuto in un campo di concentramento dove un deportato si impegnava tantissimo nella costruzione del muro che gli era stata imposta dai nazisti, alla domanda di come mai si impegnasse tanto esso rispose che non lo faceva per gli altri, lo faceva per sé). ASCOLTO REGISTRAZIONE RADIOFONICA “UOMINI E PROFETI” (di Luigino Bruni) OIKONOMIA (parola greca che fa riferimento all’economia della casa) → MEDITAZIONE SUL CAPITALISMO ED IL SACRO L’economia→ si deve o riappropriare o includere delle competenze transdisciplinari altrimenti l’economia diventa asettica nei confronti della vita degli individui. Più attenzione alla dimensione di cura del soggetto, che poi non sono altro che tematiche care alla nostra professione. Per capire l’economia di oggi dovremmo studiare più antropologia. Dovremmo formare gli economisti più sulle scienze umane che le tecniche. Lo sguardo sul mondo tipico dell’economia, sta diventando uno sguardo universale. La logica sacrificale→ che è alla base di molte religioni, non è altro che una moneta utilizzata dall’uomo per relazionarsi con Dio, quindi l’uomo preistorico è stato il primo mercante e Dio il primo creditore. Il sacrificio→ è la prima forma di moneta, di scambio, lo utilizzava per chiedere un qualcosa a Dio. (Sacrificio per chiedere la pioggia ad esempio) L’origine delle parole credito, mercato hanno una radice teologica. Nel 1930→ un economista torinese, Emanuele Sella, allievo di Luigi Enaudi, scrisse un libro “dottrina dei tre principi” per spiegare il dialogo tra economia, teologia e trinità. Lui si chiedeva: come mai questo dialogo fosse inesistente? C’è sempre meno dialogo tra questi due ambito, economia e teologia, poiché la formazione degli economisti è sempre meno umanistica e i teologi non si interessano di questo settore. C’è un’esigenza invece di interdisciplinarietà, è importante una contaminazione di prospettive. La Bibbia e i Vangeli citano spesso mercanti, il commercio, ci sono molte storie di scambio, Gesù incontra mercanti, pescatori, lui stesso era figlio di un artigiano. L’intera Bibbia è un luogo in cui l’economia è molto presente. Più tardi anche i monaci scrissero dei veri e propri trattati di economia (trattano tematiche come quelle di a che prezzo vendere il grano, ecc). C’è uno spirito religioso nel capitalismo. La dimensione religiosa del capitalismo non è cosa nuova. Prima che Max Weber o Carl Marx ce lo dicessero chiaramente, e ciascuno a modo suo, all’inizio dell’800 il francese Claude-Henri de Saint-Simon immaginò e realizzò una vera e propria religione degli imprenditori, dei capitalisti e della scienza, che ebbe un notevole successo e adepti in tutta Europa. Saint-Simon→ fondò una vera e propria nuova religione universale e laica, nella quale i sommi sacerdoti erano gli scienziati, gli ingegneri, gli industriali. Ma, in realtà, se leggiamo bene le sue idee e il suo movimento, dovremmo dire che più che di utopia si trattava di una sorta di profezia, se pensiamo a cosa è diventato oggi quel capitalismo che il filosofo francese osservava nella prima fase del suo sviluppo. Con alcune differenze però: l’alleanza tra tecnica e capitale, al tempo di Saint-Simon ancora incipiente, oggi si è potenziata e radicalizzata, ma non sono stati gli ingegneri e i produttori a diventarne i sacerdoti. Il loro posto lo hanno preso i finanzieri e soprattutto i manager, e al centro del tempio non c’è il dio-produttore ma il dio- consumatore. Niente più dell’ideologia del business sta dominando il nostro tempo. Una ideologia prodotta e generata nelle business school di tutto il mondo, che conosce un enorme successo perché non si presenta come una ideologia o religione (quale è), ma come una tecnica, e quindi di portata universale. E così, sotto l’universalismo della tecnica, si veicola una visione del mondo, della persona (individuo), delle relazioni sociali. Una visione che, come tutte le religioni, ha i suoi dogmi. I principali si chiamano meritocrazia e incentivi. Con la meritocrazia si legittima la diseguaglianza, perché i talenti non sono interpretati come dono ma come merito individuale. Un dogma da cui deriva la sempre più pervasiva idea che i poveri sono demeritevoli e quindi colpevoli, e in quanto tali non abbiamo nessun obbligo morale di soccorrerli – al massimo possiamo pagare qualche Ong per occuparsene in modo che non ci diano fastidio. Il dogma dell’incentivo, poi, parte dall’assunto che gli esseri umani si impegnano solo se adeguatamente incentivati con contratti e denaro, perché incapaci di lavorare bene solo per virtù o dovere etico. In nome della tecnica questa ideologia-religione-idolatria sta entrando nella politica, nella scuola, nella sanità, nelle chiese. E con essa sta avanzando una visione striminzita e rimpicciolita della persona, depotenziata di virtù e motivazioni intrinseche. Gli esseri umani hanno molti meriti, molti più di quelli che vedono e ricompensano le imprese. Rispondono agli incentivi, ma prima rispondono alla propria coscienza, all’onore, al rispetto, alla dignità, anche nel mondo del lavoro. Finché continueremo a produrre visioni riduttive degli uomini e delle donne, continueremo a generare luoghi del lavoro e del vivere troppo piccoli per quell’animale malato di infinito che si chiama homo sapiens. Il matrimonio tra economia e sacro è all’alba della civiltà. C’è sempre stata questa unione.
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