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Riassunto di "Francis Ford Coppola. Un sogno lungo il cinema" di Vito Zagarrio, Sintesi del corso di Teoria Del Cinema

Ecco una sintesi dettagliata del libro "Francis Ford Coppola. Un sogno lungo il cinema" di Vito Zagarrio.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 26/10/2020

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Scarica Riassunto di "Francis Ford Coppola. Un sogno lungo il cinema" di Vito Zagarrio e più Sintesi del corso in PDF di Teoria Del Cinema solo su Docsity! “Un sogno lungo il cinema” Vito Zagarrio Riassunto Introduzione L’ambizione di Coppola è quella di rifondare lo spazio schermico con la multidimensionalità delle immagini e degli effetti sonori, rimettendo in discussione non solo il rapporto con il pubblico, ma soprattutto l’organizzazione classica del lavoro cinematografico. La storia di Coppola è l’esempio più lampante di un sogno americano realizzato, o piuttosto di un sogno europeo irrealizzabile, quello del giovane cinefilo, che da adolescente diventa moviegoer, da giovane frequenta le scuole di cinema e da adulto riesce non solo a fare del cinema un mestiere, ma anche a sfondare. Coppola, uno dei Movie Brats, riesce a vendersi quanto basta per realizzare i prodotti che meglio riflettono la propria vocazione espressiva, l’accettate la committente commerciale per avere la possibilità di dire quello che veramente sta a cuore e di dirlo come si vuole. Questa oscillazione, questa forma “ibrida” la ritroviamo peraltro anche nei generi che Coppola usa per le sue opere. Questa Nuova Hollywood, di cui Coppola fa parte, si ripiega sui suoi miti, la giovane generazione di cineasti americani, di cinefili ed aspiranti autori si misura sulle ceneri della vecchia, grande Hollywood e riscopre l’Europa. I giovani studenti di NYU o di UCLA si formano sui testi dei maestri europei guardando a Renoir, Pasolini, Rossellini. Viene così a ribaltarsi il rapporto maestri-allievi. I registi produttori si possono permettere di giocare su una autonomia finanziaria e dunque espressiva, è una “politique des auteurs”. A partire dall’avvento di Easy Rider, col soggetto irrompe nel cinema il sociale. A Hollywood i generi sono saltati per ricomporsi ad un livello più alto e nella direzione di un metagenere onnicomprensivo: lo stesso cinema citato e rivisitato, viene a cadere la contrapposizione fra i due mondi: i generi/USA e l’autore/ Europa. Cinema e televisione, vengono a convergere nella commistione di generi e mezzi, si nota infatti come tutti i registi emergenti della nuova Hollywood abbiano avuto come sorta di apprendistato la partecipazione, l’organizzazione o la direzione di una serie televisiva, proprio grazie alla sua rigorosa organizzazione del lavoro, garantendo un basso margine di rischio e offre dunque spazio ai giovani usciti dalle università, spazi espressivi. La sentenza Paramount del ’48 mette fine all’ “integrazione verticale" delle grandi case produttrici che avevano in mano produzione, distribuzione ed esercizio dei film contemporaneamente, da qui in poi non gestiscono più l’esercizio nelle sale. Ma cambia anche il pubblico degli anni 50, si ha una libertà maggiore e quindi le sale non sono più lo spazio elle famiglie, ma soprattutto dei giovani, quindi anche le tematiche cambiano. Inoltre decade anche il Codice Hays, il codice di autocensura da parte delle grandi case che evitavano una serie di tematiche sessuali, violenza, droghe all’interno dei film. Negli anni 50 a partire dalla distribuzione de “L’amore” di Rosselini il cinema si afferma come forma d’arte e quindi è necessario stabilire che non è più possibile imporre una forma censoria così severa e prepotente. Così si aprono nuove possibilità di espressione per i registi e per le case di produzione. Nascono i film di exploitation, film a basso costo ma di ampio consumo, come quelli di Corman. I temi trattati dalle nuove generazioni sono il Vietnam, la contestazione giovanile , femminismo, ecologia, discriminazione razziale, sfruttamento operaio, massificazione delle società, battaglia del cittadino contro il sistema. Il quindicennio 1970-1985 identifica l’affermazione della Nuova Hollywood, che ha visto il cinema americano scrollarsi di dosso le proprie crisi, civettare con il cinema europeo, proporsi come scuola giovane nell’immaginario e rivoluzionaria nei metodi e nelle tecnologie, imporre al mondo la sua forza ed il suo riassestato potere finanziario ed economico. Potremmo dividere questo quindicennio in 2 fasi: - gli anni ’70, che si aprono con Easy Rider del ’69 fino ad Apocalypse Now (79) - prima metà degli anni ’80, che possiamo far terminare con Gardens of Stones di Coppola, dell’87. La nuova catena di montaggio hollywoodiana sforna prodotti a ripetizione, a volte senza nemmeno un rischio economico o culturale (catena dei Rocky o dei Superman). La televisione non può che influire sul cinema, da un lato al massimo, convergendo con esso, dall’altro lato creando dei prodotti ibridi, come le micronarrazioni della videomusic e dei commerciali d’autore, basti pensare a John Landis ed al suo The Blues Brother, oppure al corto musicale Thriller, opera che sembra identificarsi come una sintesi di radio, televisione e cinema. Emergono casi anche di cross genre (basti pensare al western stellare di Lucas con Star Wars). Peraltro questo rapporto con la tv fa da culla alla nascita di prodotti come quelli dei B-movie, realizzati a basso costo, di cui il più noto teorizzatore e praticante fu Roger Corman, maestro delle due generazioni che rivoluzionarono Hollywood (Coppola, Bogdanovich, Hellman, Scorsese; Armitage e Demme) La lezione di Corman riguarda una pratica umile ma perfetta di sceneggiatura, set e montaggio. Corman riduce anche il gusto giovanile con la Hollywood classica: il western, l’horror, la fantascienza, il crime film sono generi che Corman sperimenta continuamente. Intanto però, la produzione cinematografica è solo una parte minore del volume di affari che hanno in mano gli studios, che iniziano ad occuparsi anche di altro. Il cinema americano così rinasce grazie a due condizioni: da un lato la rifondazione dei mass media, dall’altro quel quadrilatero composto dalla cultura dei college, dalla riscoperta dell’Europa, dalle factories alla Corman e dalla serialità televisiva. Welles sugli anni ’60 dirà una frase: “ Roma può forse bruciare, ma l’orchestra di Nerone sta suonando magnificamente”, frase che possiamo prendere e guadagnati con un’altra delle sue operazioni destinate ad essere vincenti: la Fox gli ha commissionato una sceneggiatura sulla vita del generale Patton che gli frutta 50.000 dollari, con essa avrà il primo contatto con gli Oscar. Tornando al film, si cimenta in un racconto che esula dai generi classici a cui era abituato, si basa sul romanzo di David Benedictus, peraltro il tema dell’opera diventerà poi un luogo tipico soprattutto attraverso il film Il laureato di Nichols. Il plot racconta di: Nei sotterranei della New York Public Library lavorano allegramente gli impiegati, fra cui Bernard Chanticleer , diciannovenne miope e timido, vittima della sua famiglia, con un padre serioso ed arcigno, che vuole vedere il figlio mettere la testa a posto, farsi uomo e con una madre ossessiva che lo vizia e lo soffoca, in più c’è il cane, Rover, che Bernard chiama “dog”. Ad un tratto si decide che Bernard dovrà andar a vivere da solo, ciò fa felice Bernard che può finalmente godersi la sua vita come vuole, ma invece non sarà così, perché la sua vita sarà piena di personaggi ingombranti, come Miss Thing, la vedova affittacamere che controlla i movimenti del protagonista, il poliziotto maniaco, il gallo anti-femmina messo a guardia della pensione… Bernard si decide a voler perdere la verginità e si affida al suo mentore, il suo amico Raef, la prima donna che is profila nella sua vita sarà Amy, collega di lavoro tenera e gentile che lo corteggia, ma il protagonista è travolto dalla passione con Barbara, soubrette di un locale, a cui scrive una lettera, a cui peraltro riceve risposta, si organizzerà un incontro fra i due ma Barbara si rivelerà una vera e propria misantropa a causa di un trauma giovanile, di una violenza. Dopo varie provocazioni da parte di lei, lui fallisce nell’amplesso sessuale, Bernard in seguito cercherà ancora lei ma la troverà in compagnia di Raef. Come gesto di protesta contro tutto e tutti ruba l’originale della Bibbia di Gutenberg, cominciano così una serie di gag comiche, alla fine viene preso in un grande magazzino e arrestato. Amy paga la cauzione per farlo riuscire, lo aspetta infatti insieme all’amico Dog fuori dal carcere, da qui partirà poi la loro storia d’amore. Importante è l’uso della mdp e del montaggio che sconvolge tutte le regole con arditissimi e invenzioni tecniche all’avanguardia. Il regista interviene continuamente sul fotogramma. C’è una forte presenza di gag nel film, battute comiche o grottesche, coppola unisce così all’interno dell’opera il puro divertissement con l’ammiccamento colto. Da un lato guarda alla Nouvelle Vague, le bellissime sequenze con la mdp a mano, i camera car “poveri” per le strade di una New York anticonvenzionale e i piani sequenza circolari. Il film ricorda molto il film Hi Mom! Di Brian de Palma Finian’s Rainbow (Sulle ali dell’arcobaleno) (’68) Dopo il buon risultato di quest’ultimo film Francis rientra nelle grazie della Warner, che gli propone la regia di Finian’s Rainbow, il remake di una commedia musicale di Lane e Harburg da cui il film è tratto, un successo di Broadway famoso sia per le musiche sia per le tematiche sociali allora avanzate. Francis anche se si tratta di una commediola di cassetta accetta l’incarico, Francis peraltro riesce da un lato ad occuparsi della regia di questo progetto e dall’altro a scrivere la sceneggiatura della Conversazione. Lui peraltro riesce a dare a questa commediola stucchevole un certo tono asprigno che lo distingue dalle altre mielose commedie degli anni ’40. Il plot racconta di: Finian McLonergan, vecchio furfante irlandese e sua figlia Sharon arrivano alla valle dell’arcobaleno nel Missitucky, un fantomatico luogo vicino Fort Knox, Finian ha con se un vaso d’oro rubato ai folletti della sua terra natale e spera di poter moltiplicare quella ricchezza sotterrandola, il malvagio senatore Billoboard vuole sfrattare la comunità agricola di cui è a capo l’aitante Woody Mahoney, il quale arriva in ritardo, nel frattempo la gente della comunità organizza un pericoloso sit-in contro le autorità. Giunto Woody però, i soldi non bastano, e qui spunta Finian che risolve la situazione con il denaro rubato, diventando peraltro anche socio di Woody all’interno della comunità agricola, che pian piano inizia a svecchiarsi. Qui si intreccia il matrimonio fra Sharon e Woody, qui emerge anche Susan, sorella sordomuta dello sposo. I geologi segnalano le tracce dell’oro nella zona, così che il senatore si convince sempre di più di voler scacciare quella gente del posto, da sfogo ai suoi impeti razzisti insultando gli afroamericani. Sharon maledice così il senatore, augurandogli di diventare esso stesso un nero, ecco che il desiderio diventa realtà, a causa del vaso d’oro magico, che può esaudire 3 desideri, e il senatore si dilegua per la vergogna. Sharon, accusata di stregoneria è minacciata di arresto. Il carattere del senatore viene modificato da un folletto irlandese, Og, che ha rincorso Finian dall’Irlanda per riappropriarsi del vaso e dei suoi poteri, dato che stanno scemando. Il vaso intanto è stato dissotterrato da Susan, all’insaputa di Finian. Il senatore miracolosamente non si vergogna più di essere nero e si aggrega ad un trio gospel che sta andando a cantare ad un matrimonio, proprio quello fra Woody e Sharon, la cerimonia però è disturbata dalle autorità, che arrestano Sharon e Woody e minacciano di bruciarli vivi entrambi se il senatore non sarà ritrovato e non tornerà bianco. Il senatore, subito si fa riconoscere e intercede per i due sposi. Così inizia una brutta notte per Finian e per Og, che non riescono a ritrovare il vaso magico, solo Susan sa dov’è, ma elle è muta, fino a quando Og stesso non ridà per sbaglio la parola ad ella, intuendo quindi che l’oggetto si trova vicino, il terzo desiderio viene espresso, così il senatore torna bianco e tutti sono salvi, così Sharon e Woody si sposano, Og (ormai diventato un umano) e Susan lo faranno presto e Finian se ne va, alla ricerca di altre avventure. Il film ebbe successo, ma non fu amato dalla critica che lo ritenne troppo ibrido per l’amante del genere hollywoodiano e non accontentava nemmeno chi voleva rivoluzionare Hollywood. Si ha più che altro anche una sottile critica al mondo delle merci e allo stesso sistema hollywoodiano che vede il divo Fred Astaire, simbolo della Hollywood tradizionale, aver compiuto il suo ruolo nella storia e partire, andarsene, come peraltro sta svanendo la Vecchia Hollywood. The Rain People (Non torno a casa stasera) (’69) Coppola prende tutti i proventi del film precedente ed investe 80.000 dollari per acquistare una attrezzatura completa per una troupe mobile. Convince Shirley Knight, James Caan e Robert Duvall a partecipare al progetto, e così per cinque mesi, il regista, i pochi attori e la troupe ridotta al minimo gireranno in esterni trasferendosi da New York al Wyoming su di un camioncino. Coppola presenta il progetto del film alla Warner a cose fatte e riesce a farsi finanziare l’opera per 750.000 dollari, nasce così Non torno a casa stasera, uno dei film cult della N.H. Natalie lascia un messaggio al marito che ancora dorme, fa una breve visita ai genitori e poi si mette in macchina e parte, senza meta, comincia così il viaggio lungo l’America di una giovane donna che ha scoperto riessere incinta e che fugge dal suo ruolo di madre, telefonando di tanto in tanto al marito senza mai dirgli dove si trova. Lungo l’autostrada la donna incontra un autostoppista, Jimmie Kilgannon, detto Killer, ex giocatore di football americano, che per una botta presa durante una partita ha dovuto subire un intervento alla testa, da quel momento esso è diventato un relitto umano, tornando peraltro anche ad uno stadio mentale infantile. Il padre della sua ex ragazza ha promesso a suo tempo a Killer un lavoro nella sua fattoria, è quella dunque la prima tappa della coppia Natalie-Killer, ma ovviamente loro non vogliono più saperne niente di lui. Natalie riesce ad impiegare Killer come tuttofare in uno squallido posto a metà fra uno zoo ed un pollaio, di cui il padrone è il cinico Alfred, Natalie fugge lungo l’autostrada, il poliziotto Gordon la ferma per una multa e la riporta indietro nell’ufficio del giudice, che è poi lo stesso Alfred, Natalie quindi ritrova Killer che nel frattempo ha combinato un guaio, ha aperto le gabbie ad alcuni animali imprigionati e Alfred pretende quindi i danni. Natalie accetta la corte di Gordon il poliziotto, così lei e lui vanno nella sua roulotte per fare l’amore, roulotte dove vive peraltro anche la figlia, Rosalie che viene messa alla porta dal padre insieme all’altro bambinone, Killer. Natalie si rifiuta a Gordon sul più bello, quindi lui cerca di possederla con la violenza, Killer quindi sfonda la porta e scarica tutta la sua violenza sul poliziotto, interviene Rosalie che per salvare il padre, uccide Killer. Anche la presa, la costruzione dell’identità è difficile nel film, la protagonista non è alla ricerca di questo, sembra che neanche lei sappia cosa vuole in un certo senso, particolare che caratterizza il cinema europeo con la figura della ballade, con la dispersione del protagonista nell’ambiente, quell’andare a zonzo, anche se poi nel finale si ritorna alla necessità di una azione trasformata e risolutiva. Si tratta di una storia che mette in scena una serie di traumi personali e sociali: Natalie ha il trauma di scoprirsi madre e quello del suo ruolo di donna, Killer ha il trauma fisico e psichico del suo incidente, che ha fermato la sua vita, Gordon rivive con Natalie il trauma della morte della moglie e dell’incendio della casa. Il flashback si identifica come un segno distintivo e ricorrente nell’opera. In macchina sul tergicristallo bagnato di pioggia le immagini sfocano in scene da un matrimonio, gli esterni del presente si alternano agli interni del passato, e la realtà già vissuta appare come in un acquario, in un clima umido che sarà poi lo stile del film. Il titolo originale significa del resto “La gente della pioggia” (esso è l’oggetto di uno dei dialoghi fra Killer e Natalie), a indicare uno stato d’animo sfuggente, instabile, un’esistenza senza senso. Visione sequenza iniziale del film 🎥 Abbiamo un inizio alquanto inusuale, c’è una estrema frammentazione dei suoi gesti, la relazione ambiente personaggio è totalmente frammentata e complessa, anche sul piano narrativo, abbiamo per 5 minuti una assenza di dialoghi. Nel dialogo madre-figlia vediamo il rifiuto del campo/cc. Si ha una violenta sterzata con un primo piano sulla figlia con l’entrata del padre, ora la protagonista è incerta, peraltro con l’arrivo del padre vediamo un campo medio, una disposizione a tre in cui il padre ha una disposizione di dominio, quindi elementi del classico, elementi che si rompono con altre inquadrature anticonvenzionali quando la figlia dice al padre che il marito non c’è. In seguito abbiamo uno stacco molto evidente sia a livello sonoro che visivo con il flashback del matrimonio, tipologia di flashback che arricchirà tutto il film. Peraltro è interessante quanto il sonoro del flashback continui anche nell’inquadratura successiva che ritorna al presente. 🎞 Visione della scena di una telefonata della donna al marito, donna con cui noi non riusciamo mai a metterci nei suoi panni, perché agisce spesso in modo straniante, allentandoci così da lei. Dettaglio stilistico: introdurre con zoommata in avanti il personaggio, zoommata che ha il compito di arrivare ad un pp stretto della donna che tiene fuori fuoco lo sfondo e che ci porta in una situazione intima profonda, tant’è che si ha un richiamo forte a Monica Vitti e allo sfondo sfocato di Antonioni, nella scena non La chiave stilistica del film si rifà all'uso del chiaroscuro, la contrapposizione tra interno ed esterno, tra giorno e notte. Le varie sequenze sono montate, con una calcolata alternanza, ad esempio l'esterno tragico il muto dell'attimo successivo alla morte di Sonny- poi lo scuro interno di casa Corleone, la cupa camera da letto del padrino - la luce abbacinante della Sicilia. Lo stile del film è quindi classico, non vi si trovano movimenti di macchina complicati e nemmeno zoom, si lascia maggiore libertà di espressione agli attori. La lenta carrellata all’indietro di Buonasera che poi porta a farci vedere Al Pacino di quinta è un esempio del registro stilistico del regista che immette in questo film alquanto classico. La prima battuta è “I Believe in America” è la battuta simbolo del sogno americano, che poi viene negato dal fatto, dallo stupro o quello che è stato, della figlia, che non è stata protetta dalle istituzioni. 🎞 Visione scena della testa di cavallo nel letto del produttore. Quando passiamo alla scena notturna abbiamo delle dissolvenze incrociate che ci fanno capire il passaggio del tempo dalla scena precedente, si hanno quindi delle ellissi temporali, quelle dissolvenze seguenti, hanno lo scopo di farci capire il passaggio di tempo, suggeriscono probabilmente, segnalano l’omissione di qualcosa che rimarca il processo filmico, è come se ci dicesse che mancano dei pezzetti in ciò che ci farà vedere dopo, ovvero il fatto che qualcuno ha messo una testa di cavallo insanguinata all’interno del letto del produttore senza che lui se ne accorgesse, ci ricorda insomma un pò la natura fantastica del film. La dissolvenza incrociata che sovrappone l’immagine del viso del padrino sulla villa è sicuramente significativa dato che sta a rappresentare la sua potenza. Nella sequenza dello sventato omicidio di Don Vito, Micheal, che è ancora il ragazzo che ha scelto di non appartenere alla famiglia famosa, capisce che qualcosa sta succedendo e la scelta dei campi di Coppola ci porta ad essere allo stesso livello di conoscenza della situazione del personaggio. Si ha una determinata relazione personaggio-ambiente circostante, il personaggio si muove in un ambiente che comprende mano a mano con noi, per poi muoversi nello spazio e capire quello che sta per succedere e riesce a evitare ciò, il personaggio si attiva per modificare quello che succederà. Coppola mette in scena Michael come padrino per la prima volta nella scena in cui Michael si propone di sparare al poliziotto e al mandante dell’agguato del padre, il tutto viene enfatizzato con una carrellata che parte da un campo medio fino ad arrivare ad un PP su di lui, carrellata che si abbassa alla sua altezza, è un movimento in cui la mdp si sente, non è un movimento neutrale o che mi aspetto, Michael è seduto peraltro in una determinata postura, postura che ritroveremo in tutte le altre volte che Coppola ci mostra Michael come vero e proprio padrino, inoltre vediamo che questa proposta da parte di Michael scatena una serie di risate all’interno dei componenti della famiglia, che lo vedono ancora come il ragazzo che ha preso le distanze dalla famiglia. Vediamo come Michael, dopo le botte ricevute, ha anche gli zigomi gonfi e ciò fa si che ci sia una comparazione fra il figlio ed il padre. Vediamo inoltre una contrapposizione fra il consigliere Duval ed Sonny. La disposizione spaziale dei personaggi all’interno del film è molto importante, è marcata dal loro ruolo. Nella scena del meeting fra i vari capi per mettere fine alla guerra con i Tartaglia possiamo vedere come la configurazione visiva ci da informazioni importanti. Possiamo vedere anche che la battuta finale di Don Vito, ma anche la disposizione fra don Vito e Tartaglia e Don Barresi che interviene, quasi presenza ingombrante, trova nel piano narrativo la battuta che dice Marlon Brando che dice quanto il problema non sia tanto Tartaglia, ma proprio Don Barresi. Se coppola gli avesse dato un primo piano, non si avrebbe avuto la stessa sensazione di presenza ingombrante, di terzo incomodo insomma. Coppola in un certo senso rifonda economicamente anche la Paramount, con cui peraltro fonderà la Directors Company, società fondata da Coppola, Friedkin e Bogdanovich, ma la coalizione non dura a lungo, essa produrrà solo due film di Bogdanovich, uno di Friedkin e La Conversazione di Coppola. The conversation (La Conversazione) del ’74 Il film allude agli avvenimenti reali del Watergate, in cui alcuni parlamentari democratici furono intercettati da parte dei repubblicani, se è vero, come afferma Coppola, che la sceneggiatura risale al periodo del 66-69, si deve notare una sconcertante somiglianza dei casi narrati nel film con lo scandalo vero delle intercettazioni. Il film uscirà nello stesso anno de Il Padrino II. La conversazione sarà premiato a Cannes con la Palma d’oro. Henry Caul è una spia, un professionista dell'intercettazione sonora, il film si apre su una sua impresa, Sta catturando la conversazione di una copia nella centralissima ed affollata Union Square di San Francisco, mentre mette appunto la copia finale della registrazione nella conversazione i due si rivelano come una coppia di amanti ed accennano a qualcuno che può ucciderli, la conversazione ha fatto scattare in Harry un meccanismo che fa emergere il suo moralismo, i suoi problemi affettivi, compaiono incubi che riportano a galla l'episodio accaduto gli durante un suo lavoro, che aveva causato la morte di tre persone, lui non vuole che ciò si ripeta, per questo rimanda la consegna dei nastri. Harry incontra la coppia e preso dagli scrupoli e finisce col tenersi i nostri. L'intercettatore ora è pedinato, Harry è un solitario, ha pochi amici: Stan l'aiutante fidato ma immaturo, ed Amy, l'amante nascosta e maltrattata. In un convegno di intercettatori Harry incontra un collega, il più bravo della East Cost, Bernie Morgan, e si lascia coinvolgere in una festicciola, durante il party Harry e Bernie fanno a gara nell'esibire la loro abilità tecnica, il tutto degenera quando Bernie riesce a registrare un momento di debolezza di Harry, quando con Meredith, una modella, Harry si lascia andare e parla della sua solitudine. Quando si risveglia non trova più né i nastri famosi, che portava ossessivamente ormai sempre con lui, né Meredith. Andato a ritirare la ricompensa intravede il capo, capisce che Ann è sua moglie, sente quei nastri che conosce a memoria e si aspetta il peggio, una frase fatidica della conversazione rivela infatti il luogo dell'appuntamento fra i due, una stanza d’albergo, una informazione ideale per una possibile vendetta del marito e presa una camera accanto a quella dove teme avverrà un omicidio, usa i suoi strumenti per capire cosa succede dall'altra parte. Le voci però si accavallano, Harry non riesce a distinguere più fra realtà e autosuggestione e si agita furioso, poi si addormenta. Al risveglio penetra nella camera adiacente, tutto pare tranquillo, ma una traccia di sangue gli rivela il delitto. La coppia è viva e vegeta, il morto è il capo dell'azienda, i giornali lo danno morto in un incidente automobilistico, ma Harry sa che non è così. Sconfitto, consapevole ma impotente, torna a casa. Mentre suona il sax, una voce al telefono lo ricatta: gli impone il silenzio e gli fa capire che è sotto controllo. L'intercettatore è alla fine intercettato, Harry cerca inutilmente il microfono nascosto, dissezione tutto il suo appartamento. Come il fotografo londinese sviluppa ed ingrandisce un particolare per ricavare la realtà o una prospettiva di essa, così il detective di San Francisco filtra e amplifica i suoni per interpretare la realtà da una certa angolazione. Coppola gioca con questa ambiguità, non rivela se le tracce del delitto sono reali o solo immaginate dal protagonista. Anche il linguaggio, a volte ha respiro europeo, pensiamo alla sequenza in cui il protagonista ispeziona la camera del delitto, la macchina si muove in piano sequenza e Hackman passa dietro di essa o la bellissima panoramica circolare a 180° da sinistra a destra e viceversa, della scena finale. Gene Hackman è l'America media, anonima, quotidiana era ideale per quel ruolo, per la banalità del suo fisico, è l'uomo invisibile per eccellenza. Durante il montaggio della conversazione incisa, il sofisticato registratore diventa personaggio, con tanto di campo-controcampo alternato tra l'attore e la macchina, come se si trattasse di un dialogo. La battuta “ci ucciderebbe se ne avrebbe l’occasione” nell’ultima volta che viene ripetuta notiamo una accentazione diversa, diversa da tutte le altre volte che era stata pronunciata, che non è più su “kill”, ma “us”. Zagarrio la chiama indelebilità fra soggettività e oggettività, tanto che tutte le volte che ascoltiamo la battuta, essa è sempre quella del nastro magnetico registrato, l’ultima volta che la ascoltiamo invece è pensata da Harry come se solo in quel momento avesse capito realmente cosa significava quella battuta accentata in quel modo. In questa sequenza che vedremo sentiamo la presenza della mdp, nel momento in cui il personaggio sfugge dalla visione e la mdp non lo riprende fin da subito, capiamo che c’è uno stile comunque diverso da quello classico. Nella scena notiamo che nel momento in cui Harry rientra in casa la mdp riprende solo una porzione dello spazio, essa non è vincolata all’azione del personaggio e poi abbiamo una panoramica a sinistra che ci ricongiunge con lui, per poi vedere Harry che si alza e se ne va, la mdp rimane sul divano e poi il personaggio torna sul divano ancora. Questo carattere si potrebbe anche comprendere anche come manifestazione della paura di Harry di essere costantemente visibile, per questo lui appunto si muove più volte, quasi per cercare di sfuggire a qualcosa. La scena si definisce come un longtake, non come piano sequenza dato che si ha uno stacco sul biglietto di auguri (dato che il piano sequenza non si risolve in una sola inquadratura). Si ha una sequenza onirica, con la visione di un sogno di Harry, definita da Zagarrio come nota stonata all’interno del film, come se Coppola volesse marcare eccessivamente questa sequenza onirica troppo europea tramite una grande quantità di fumo, un viraggio sul blu. The Godfather Part II (Il Padrino Parte II) (’74) Il film inaugura la serializzazione del prodotto di successo, solo che tale piano finisce con lo stritolare gli spazi personali, le ambizioni dell'autore, non importa chi sia il regista di un prodotto confezionato con la stessa ricetta già di successo. risalire il fiume Lung, sconfinare in Cambogia, mettersi in contatto con il colonnello Kurtz, un ufficiale impazzito e ucciderlo. Willard parte per il viaggio che pian piano si identificherà anche come un progressivo processo di conoscenza del personaggio Kurtz, eroe della guerra di Corea, pluridecorato, carriera brillante, nel ’64 fa un rapporto scomodo al presidente e ai capi militari, chiede di essere trasferito nei parà e nel ’66 si arruola nelle truppe speciali, nel ’68 elimina senza autorizzazione alcuni agenti che fanno il doppio gioco, è accusato così di omicidio. Taglia i ponti con il comando, le ultime notizie lo danno come completamente folle, alla guida di un gruppo di Marines e di guerrieri locali. Willard parte alla ricerca di Kurtz con un gruppo di uomini, Chief, il capo, Clean, un afro-americano diciassettenne, Lance, un campione di surf, Chef, un cuoco specialista in salse. Il viaggio ha numerose tappe, l’incontro con la cavalleria dell’aria (si cavalcano elicotteri) comandata dal fanatico colonnello Kilgore, innamorato dell’odore del napalm e del surf. Poi Willard e il gruppo sosterà in una base militare dove si ha in cartellone una esibizione delle conigliere di Playboy. Un’altra tappa sarà l’incontro con un battello fluviale vietnamita che finisce in un bagno di sangue, si avrà anche un incontro con una tigre. Un’altra tappa sarà quella del ponte di Do-Lung, distrutto dai viet e ricostruito tutte le notti dai marines, varcato il ponte si è in Cambogia e l’imbarcazione, ormai malridotta inizia a perdere alcuni componenti. Poi si ha l’arrivo di Willard al villaggio di Kurtz, Willard era atteso, appena arrivato è accolto da un fotografo di guerra completamente subordinato a Kurtz, che accoglie Willard dopo averlo costretto ad un rito tribale e lo informa di essere a conoscenza della sua missione e lentamente lo avvolge con il suo fascino. Il giovane capitano si identifica sempre di più con l’ex colonnello. Infine Willard riesce ad uccidere Kurtz mentre la comunità festeggia un suo rito sacrificando contemporaneamente un animale. Willard esce dal santuario come e si mostra alla gente del villaggio. Da qui, all’interno della prima versione partiranno due finali, il primo vede Willard discendere le scale del tempio e abbandonare il villaggio, mentre il secondo vede Willard abbandonare il villaggio, chiamare l’aviazione e far bombardare il villaggio. Il fiume Lung si identifica come la barriera estrema tra l’America e l’Europa, lo spartiacque fra due modi di produzione fondati l’uno sui generi, l’altro sull’autore. Sorprese interessanti si possono avere leggendo Le radici storiche dei racconti di fate di Propp, dove si ritrovano alcuni luoghi comuni del film, tipici anche della struttura narrativa classica della fiaba: l’isolamento del re, l’equipaggiamento dell’eroe, il rito dell’iniziazione, la foresta, i cacciatori, il combattimento, l’uccisione del re. Il passaggio da Curtz a Willard è dato dal sacrificio, dal rituale, rituale che peraltro ritroviamo con il rituale dell’uccisione della mucca. Coppola si rifà, con questa violenza collettiva di rituale, a Ejzenstejn che in “Sciopero” mostra un qualcosa di molto simile, ma con una differenza, l’immagine del toro è completamente estranea, essa veniva accostata ad un significato prima, che dava vita ad un significato terzo. Ejzenstejn deve prendere l’immagine del macello del toro al di fuori del film, mentre l’immagine del rituale del toro Coppola ce lo da direttamente all’interno del film, non è quindi esterno al film, ma è diegetico, però persiste comunque ancora la forma metaforica. Visione scena incendio con “The end” dei Doors, scena in cui vediamo un primissimo piano di Willard sotto sopra, con una sovrimpressione della ventola a muro che gira, si ha quindi la fusione di 3 immagini, in parte attribuibili al personaggio, al suo passato, e dall’altra parte quasi una premonizione di ciò che accadrà al personaggio con le immagini dell’incendio, si crea quindi una confusione, sovrapposizione, comparazioni. Finito questo momento abbiamo un movimento di mdp che ci mostra un cucchiaio con cui avrebbe potuto scogliere dell’eroina e inoltre vediamo bottiglie di alcolici. Peraltro vediamo anche in una scena la presenza di Coppola proprio come regista che riprende le gesta dei soldati. Dopo il grande spettacolo coppola ci fa vedere cosa c’è dietro l’orrore di quello spettacolo, riportato quasi come fosse un documentario del dolore. Coppola si identifica con Kurtz, con Don Vito, anche quest’ultimo peraltro è stato un dio incarnato da Marlon Brando, però il regista si identifica anche con Willard, alle prese con un viaggio, con un sentiero da seguire, tortuoso e difficile, come lui stesso. Anche se il film è chiaramente collegato al romanzo di Corman, si avverte la libertà dell’adattamento. In Apocalypse Now, al contrario de ne Il Padrino la mdp è scoperta, basta far attenzione alle dissolvenze incrociate e agli sguardi in macchina. Apocalypse Now Redux (2001) In questa versione sembra che venga accentuata la sensazione di un viaggio psichedelico, il Vietnam è vissuto come una esperienza allucinogena, di fatto ciò che gli occhi dei protagonisti vedono è lo specchio della realtà ma filtrato attraverso le sostanze stupefacenti. Questo film non cambia solo nella lunghezza (si prolunga di 50 minuti), ci sono intere sequenze che colorano di mistero e di significati allegorici più estremi della versione precedente, altre sequenze che invece riportano eventi tragicomici o grotteschi. Ad esempio possiamo notare l’aggiunta della scena in cui una donna vietnamita corre disperata verso il colonnello Kilgore con suo figlio in braccio ferito, il colonnello la rassicura e la invita a salire sull’elicottero, come se a Coppola non bastassero le immagini precedenti per mostrare morte e devastazione, Kilgore così viene descritto nella sua doppiezza, aiuta la donna vietnamita, da da bere al vietcong morente per poi ignorarlo successivamente quando sente che il campione di surf Lance Johnson è arrivato nelle vicinanze. Oppure si pensi anche a quando il colonnello Kilgore va su tutte le furie perché il bombardamento ha provocato con il napalm l’appiattimento delle onde, intralciando il piano per l’esibizione di Lance, è in quel momento che Willard ruba la tavola preferita da surf di Kilgore e si da alla fuga con i suoi uomini quasi giocando a nascondino, questo siparietto comico rende tutta la situazione ancora più surreale. Una scena tagliata precedentemente fu quella del ritrovamento di un cadavere nascosto dentro un frigo contro cui una coniglietta Playboy urta, essa era una scena dal gusto decadente con accenti horror, le conigliette perdono la loro dimensione umana e divenendo oggetto, sono l’incarnazione dei desideri sessuali dei protagonisti che le plasmano a seconda delle loro fantasie erotiche. La parte più lunga fra le scene immesse solo in questa versione c’è quella in cui l’equipaggio raggiunge una piantagione francese in Cambogia dove da generazioni vive nella villa la famiglia De Marais, che ospita i soldati e li sfama, dopo la cena vediamo che Willard sarà impegnato in un rapporto sessuale con la vedova Roxanne Serrault De Marais, qui con questa scena Coppola aggiunge un piccolo tocco di romance alla storia. Un’altra scena aggiunta è quella in cui Kurtz fa visita a Willard per commentare alcuni articoli del Time sulla guerra in Vietnam e poi gli concede una specie di libertà condizionata, durante la quale Willard lo ucciderà. In questa scena la figura di Kurtz si umanizza maggiormente, non appare più attorniato da sulfuree sfumature giallo/arancio, che Storaro e Coppola colorano al massimo, ma ci viene presentato dall’alone di luce del giorno, il lavoro sul colore sarà una impresa mastodontica che varrà per Storaro un Oscar. Nella scena finale Willard uccide Kurtz mentre è in atto una cerimonia sacrificale, Coppola crea un parallelismo fra il bue che viene sacrificato e Sheen che uccide Brando, moderno messia che muore in remissione dei peccati altrui. Nel finalissimo per questa versione Francis sceglie l versione in cui Willard decide di non fornire le coordinate, il film si conclude con l’immagine allegorica che sovrappone il volto di Martin Sheen a quello di una statua di una divinità indigena, mentre in sottofondo la voce di Marlon Brando continua a ripetere <<L’orrore, l’orrore>>, qui lo spettatore si ricorda di aver già visto quella statua, all’inizio, perciò il film si chiude ciclicamente da dove era iniziato. Le nebbie, il fumo, i fumogeni colorati scandiscono tutto il film, quasi sempre la barca di Willard per passare da un episodio all’altro ne oltrepassa una coltre. Peraltro la nebbia è un elemento costante nella sua filmografia, dalla nebbia verde di Dracula a quella che infesta le strade di Rumble Fish o a quella presente in Cotton club o nei Padrini. Apocalypse Now Final Cut (2019) Nel 2019, in occasione dei 40 anni dal film, Coppola sente il bisogno di rimetter mano al suo lavoro più grande, il regista mantiene il finale di Redux, lascia il lungo episodio dei francesi, taglia invece l’episodio in cui l’equipaggio ritrova le conigliette. Il risultato forse è l’accentuazione del dell’ “effetto Disneyland” o di una realtà vista come dopo aver fatto un acido, emergono di più i fumi, le nebbie, le atmosfere misteriose. I lavori successivi, Un sogno lungo un giorno, The Outsiders, Rumble Fish e Cotton Club possono essere identificati come un unico grande testo che punta alla rifondazione di una nuova realtà filmica. Una rifondazione del mezzo a partire dai suoi fattori costitutivi, l’immagine (Un sogno lungo un giorno), il sonoro (Rumble Fish), il rapporto con il pubblico (Cotton Club), la visione filmica, lo schermo (tutti e 4 i film e Napoleon di Abel Gance). Coppola mentre inventava nuovi modi di produzione e nuove tecniche contemporaneamente resuscitava il cinema classico, rispolverava i suoi miti, rendeva al tempo stesso omaggio al cinema d’autore. Nel primo film il punto di vista generale appartiene al pubblico, mentre nel secondo esso appartiene all’autore e si esprime attraverso i punti di vista di Motorcycle boy (che è daltonico e la visione in bianco e nero del film si lega a questa caratteristica) di Rusty (che viene ferito più volte, quindi il suo punto di vista è delirante e febbricitante, pensiamo anche a quando lui si “scorpora” e si guarda dall’esterno, come se fosse morto ) e di Steve, che appunta continuamente il resoconto dei fatti (l’intero film potrebbe essere in funzione della sua prospettiva). Rumble Fish è caratterizzato da un uso delle ombre caratteristico in più scene, come quella del gatto, quella della costruzione attaccata alle pareti dell’edificio che con il muoversi della luce si muove anch’essa, poi anche dall’ombra della moto su cui Rusty sfreccia verso l’oceano sul finale e anche nella scena del rientro a casa del padre, con la sua ombra e quella del cane che giocano sul pianerottolo. Caratteristico è anche il riflesso delle vetrine, sfruttato e presente in molte scene. È come se Francis dicesse: eccovi due prodotti, uno è come lo vuole il mercato, l’altro è come lo voglio io e come potrei fare cinema se fossi libero dal mercato. Il primo è un film completamente convenzionale, la mdp scompare totalmente. Cotton Club (’84) Anche questo film non ha una trama molto complessa, ha avuto piuttosto un iter produttivo alquanto ostacolato. Bob Evans comincia a metter su una produzione da 20 milioni di dollari sul proibizionismo attraverso il leggendario jazz club di Harlem, appunto il Cotton Club. La sceneggiatura è di Mario Puzo, Evans tenta di avere il controllo economico totale dell’operazione, regia compresa, fin quando si arriva all’83, già con dei debiti, senza una sceneggiatura che funzioni e senza un regista. Qui entra in scena Coppola che eredita Richard Gere e Gregory Hines come protagonisti, riscrive la sceneggiatura e costruisce il set nei vecchi Astoria Studios a Queens. Le riprese durano un anno, il film costerà 47 milioni di dollari. Melodramma e gangster film si saldano attorno al Cotton club, uno dei locali più famosi durante il proibizionismo, il protagonista è il trombettista Dixie, che passa dall’essere un jazzista all’essere la prima guardia del corpo della donna di un boss, a cui egli salva la vita e poi star del cinema muto. Dixie pian piano si innamora della moglie del boss. Un’altra storia d’amore nasce, quella fra Sandman e Lila, un nero ed una mulatta. Owney Madden, proprietario del Cotton è un gangster e nel suo locale capita persino Al Capone; nella guerra fra bande morirà il fratello di Dixie, Vincent. Dopo molto sangue e dopo molti numeri di spettacolo entrambe le coppie potranno star insieme. Purtroppo qui i soldi investiti non sono visibili come in One from the Heart, il modo di produzione del film ci fa pensare che Coppola non sia stato totalmente libero sul controllo della sua opera. Il film si identifica come un prodotto ottenuto nel far convergere il musical e il ganster-film, un omaggio allo spettacolo di Hollywood e di Broadway, e contemporaneamente il film propone un rimescolamento fra due film precedenti del regista, come Il Padrino e One from the heart, vediamo come ad esempio gli stereotipi del gangster film tradizionale siano messi in crisi ed in discussione continuamente, l’esempio lampante è il segmento in cui i due boss del locale si trasformano in due clown, lo spettatore resta spiazzato da questo cuneo comico in una situazione di dramma e suspense. Due sono le chiavi del discorso del film, uno è l’uso dei montage sequences, l'altra è il gran finale del film. Le sequenze di montaggio sono un espediente narrativo classico per giustificare logicamente un passaggio temporale o geografico, basate su una serie di frammenti di realtà fittizia intersecati tra loro attraverso la tecnica della dissolvenza incrociata. Nella lunga sequenza conclusiva, infatti si incrociano e vengono al pettine tutti i nodi narrativi, tutte le linee intersecatesi nel processo del film. Mentre le varie storie d'amore vanno verso l'happy ending e i vari personaggi partono, al Cotton Club la coreografia prevede un maledetto ferroviario, ambientato in una stazione. Al locale piroettano dunque dei ballerini/ ferrovieri, capistazione, alla vera stazione si incrociano i saluti dei gangster a Owney e di Diana e Dixie al vecchio mondo del jazz. Il balletto del Cotton club comincia a diventare sempre più realistico, mentre la stazione è vera, (ma fittizia) si astrae sempre più nel suo essere set, ingloba la realtà narrata. I due piani, stazione e jazz club si confondono. Peggy Sue got married (Peggy Sue si è sposata) (1986) La scelta produttiva sembra voler competere con la moda dei film sui viaggi nel tempo lanciata globalmente da Robert Zemeckis con Back to the Future. Peggy è una donna dei nostri tempi, in crisi col marito, intenzionata a chiedere il divorzio. A una festa di ex compagni di scuola Peggy viene proiettata, per qualche meccanismo tra sogno e realtà, proiettata negli anni della sua adolescenza, qui può riscoprire la madre, la sorella, le amiche, lo stesso futuro marito; decide dunque di accettare il presente, riesca a tornare poi ai nostri giorni. Qui trova il marito Charlie, cui saprà rapportarsi in maniera nuova. Il film pare compreso fra due scene speculari, una all’inizio e l’altra alla fine di esso, quasi come se tutto si rivelasse una parentesi fra questi due elementi, messi in comune dall’essere inquadrature che si rivelano essere mediate dalla presenza di uno specchio. Coppola usa grammatica classica, si interessa soprattutto alla recitazione degli attori, però usa il carrello e i movimenti di macchina per sottolineare momenti di grande forza, oppure in un frammento del film ad esempio usa una soggettiva libera indiretta per la scena in cui la protagonista rivede la sua casa e la sua camerata da adolescente. Gardens of Stones (Giorni di pietra) (1987) Clell Hazard, sergente di ferro dei marines, pur essendo un veterano della guerra di Correa, è perplesso rispetto alla guerra del Vietnam e gli tocca seppellire i morti nel “giardino di pietra”, nel cimitero militare, così gli tocca accompagnare alla cerimonia funebre anche Jackie, un giovane marine morto nel Vietnam. Clell, addolorato ne ricorda l’entusiasmo e la convinzione patriottica, patriottismo che invece lui ha sempre meno e che finisce per crollare a causa del rapporto con Samantha, giornalista al Washington Post. Come il kabuki, Giardini di pietra è un teatro di maschere, palcoscenico, dove i protagonisti indossano dei travestimenti ed interpretano dei ruoli fissi, l’accattivante ma cinico sergente Hazard, il bonario sergente maggiore Goody Nelson, l’eroe Willow, la contestataria Samantha, ognuno incarna un personaggio preimpostato. Il film ripropone valori che la generazione di Coppola, e il regista stesso hanno contribuito ad affossare come la famiglia, l’esercito, la nazione. L’esercito è la vera famiglia per il soldato villo, che perde il padre e ne acquista uno nuovo, il sergente Hazard, che lo adotta in nome del paese, mentre invece la famiglia e la nazione trionfano nell’inquadratura iniziale e finale del film, dove le mani della moglie e della suocera dell’eroe morto si stringono sulla bandiera americana. Qui inoltre possiamo vedere che la giungla vietnamita mostrata è finta, ricostruita in studio. Il pubblico diserta le sale. Coppola rende la mdp invisibile , non ci sono movimenti di macchina speciali, effetti speciali. Coppola ha perso il figlio Gian Carlo proprio durante le riprese di questo film, è chiaro che questo dolore non può non influire sulla visione del mondo in Giardini di Pietra, tant’è che, è il morto che racconta la propria storia, dando sin dall’inizio questa chiave sepolcrale. Tucker : The man and his dream (Tucker: un uomo ed il suo sogno) (’88) Coppola in questo film attinge ai grandi temi di Frank Capra, si identifica con lui e con i suoi eroi, Coppola arricchisce l’universo narrativo ed utopico di Capra con quella carica stilistica, che il vecchio maestro non ha mai avuto. Preston Tucker rievoca infatti le epopee dei Jefferson Smith e dei George Bailey, dei piccoli eroi in lotta con un mondo corrotto, in nome di un sogno americano. Come Tucker, battuto dalle grandi compagnie dell’industria automobilistica americana, anche Coppola viene ridimensionato dalle major di Hollywood, lui cerca di rispondere con il ritorno a uno studio System ripensato in modo originale e democratico (progetto Zoetrope). Il risultato è un buco di 6 milioni di dollari, il ritorno al contratto con le major e la prospettiva di dover fare la terza parte del padrino per potersi risollevare. Orchestrata da Carmine Coppola e Vittorio Storaro si svolge così la fiaba di Tucker: Preston tucker è l’inventore di un nuovo tipo di automobile, un sognatore ribelle con cui Coppola si identifica molto, che sfida le case automobilistiche americane e si trova a confrontarsi con magnati del calibro di Howard Hughes. Il vero Tucker sarà sopraffatto dai debiti e dovrà rinunciare alla sua grande sfida, nel film invece c’è una sorta di seppure problematico, lieto fine. Coppola si interessa alla riproducibilità tecnica, Tucker lancia l’immagine futuribile della sua auto, riproduce un segno, una idea e ciò lo possiamo vedere quando la mdp inquadra una sagoma di cartone che raffigura Tucker, poi panoramica su Jeff Bridges che regge la sagoma e che ne ricalca l’espressione, riproduce la riproduzione. Un altro esempio è ovviamente la costruzione del prototipo, narrativamente realizzata a mano, perché la fabbrica era stata chiusa, e anche simbolicamente se vogliamo, dato che l’arte non può essere realizzata attraverso la catena di montaggio. Il film ha un elemento ossessivo, l’inquadratura in grandangolo dal basso, c’è una sorta di estetica dal basso che enfatizza i personaggi, dal basso è girato tutto il processo, nel film la mdp avvolge i personaggi, parte dal basso e poi improvvisamente si alza in dolly a suggerire voli della fantasia. La mdp è a terra come Ozu, ma l’obiettivo è grandangolare ed un panfocus come in Welles. La regia riattiva peraltro alcune invenzione dello studio system, come la ripresa divisa in due per le scene al telefono, Coppola quindi riorganizza anche lo spazio. Il regista cita anche in due scene due generi cinematografici esterni, come l’horror e la fantascienza. La figura di Hughes sarà una figura positiva e negativa insieme, cronologica, incentrata sulla distinzione fra presente e passato e futuro cede il passo ad una concezione postmoderna della temporalità frammentata e confusa, ma essa sta anche in quelle opere che testimoniano l’influenza delle nuove tecnologie sul linguaggio cinematografico, ormai ibridato con forme espressive dell’universo iconico come la videoarte, il videoclip, il videogioco o gli audiovisivi. Figlio di questa concezione, nasce il mind-game film o puzzle film, che rifiutano la struttura classica del racconto e la rimpiazzano con uno schema più complesso. Youth without youth (Un’altra giovinezza) (2007) Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Mircea Eliade. Il film si inserisce nella tendenza del puzzle film, costruisce un suo universo citatorio, riflette sulle stesse origini del linguaggio. Il film permette di riflettere anche su una ossessione tipica di Coppola, nonché tema ricorrente della Hollywood contemporanea: il tema di una atipica giovinezza, o di un ritorno alla giovinezza, o all’opposto, un ritorno al futuro, un percorso a ritroso, dalla giovinezza alla vecchiaia o viceversa. Si pensi nella sua filmografia a Jack o a Peggy Sue si è sposata, storia di una donna precipitata in un’altra epoca storica, o più in generale, pensiamo a Lo strano caso di Benjamin Button di David Fincher. Dominic Matei, vecchio linguista rumeno, all’epoca dell’occupazione nazista, ossessionato dallo studio del linguaggio e dal ricordo della sua amata e defunta Laura, che viene colpito da un fulmine e sopravvive, grazie alla scossa col passare dei giorni inizia a ringiovanire di alcune decine di anni, acquistando misteriosi poteri paranormali. Spiato dai nazisti, che sperano nella scoperta e creazione di un super-uomo. Qui inizia la fuga del protagonista in altri paesi europei, dove approfondisce i suoi studi e dove riesce a conoscere fatti e lingue che nessuno conosce. Dominic rifugiatosi in Svizzera, incontra Veronica in cui egli crede di riconoscere l’incarnazione di Laura. La donna, anch’essa colpita d aut fulmine e rimasta illesa inizia a regredire ad esistenze passate e svela conoscenze e lingue ormai sconosciute. Gli studiosi si convincono di essere di fronte ad un caso di reincarnazione, il loro incontro quindi non è stato casuale. I due sono talmente simbiotici che, mentre lui, ex vecchio, continua a restare giovane, lei comincia ad invecchiare per ogni sua tappa di regressione verso il passato. Cominci deve quindi a malincuore separarsi da lei per evitare che ella muoia di vecchiaia precocemente , ma tornato nel paese delle sue origini, ritornerà vecchio e morirà con l’età del personaggio di partenza. Dominic ha a che fare con un suo misterioso doppio, che appare per la prima volta in ospedale, dopo che il protagonista è stato colpito. Il film è diviso in 5 capitoli, piuttosto identificabili diegeticamente, peraltro il lungo viaggio inizia e finisce circolarmente nello stesso luogo, in un caffè rumeno. C’è un richiamo all’atmosfera onirica di Apocalypse con dissolvenze incrociate, suggestioni audiovisive sul concetto di tempo (ticchettio di un orologio dai meccanismi orrorifici), il volto di una donna che si mescola all’immagine di un teschio, le inquadrature che ondeggiano oppure inquadrature capovolte (citazione de Il conformista di Bertolucci). La dimensione è quella di una twilight zone, zona fantascientifica, ai confini della realtà. Il film si basa molto sulla volontà di Dominic di trovare le origini del linguaggio e la nascita della coscienza, inventa addirittura una lingua artificiale di sua invenzione. Irrompe anche il metalinguaggio nel film, fra pellicole di repertorio, una sala cinematografica, un registratore, televisioni e altri mass media. Coppola dichiara che la storia lo riguardava da vicino, a 66 anni cominciava a sentirsi finito, era frustato per non essere capace di ultimare la sceneggiatura di Megalopolis, siccome il copione esplorava i concetti filosofici di tempo e coscienza, l’ho spedito ad una persona che speravo potesse avere qualcosa da dirmi, e qui arriva il contatto con Wendy Doniger, vecchia compagna di liceo che insegnava mitologia all’Università di Chicago e che gli suggerisce il libro di Eliade. Il film avrà budget ridotto, effettuerà le riprese lontano da Hollywood, in Romania, con una troupe tecnica rumena. Quest’opera si identifica come un pastiche postmoderno, caratterizzato dalla presenza di strumenti della modernità, come sperimentazione visiva, grammatica anti classica, esplicitazione dell’apparato, riflessione metalinguistica, autocitazionsimo. Jack (’96) Due film precedent a Youth without youth, fatti per rientrare in un certo mercato hollywoodiano sono Jack e The Rainmaker, film in cui Coppola riesce a riversare le problematiche della sua vita, personalizzandoli e identificandosi con i suoi protagonisti. Kack ci riporta a quell’ossessione di Coppola per l’età, per il senso del tempo, l’attesa della morte. Jack nasce solo due mesi dopo l’inizio della gravidanza, cresce quattro volte più velocemente del normale. A 10 anni Jack ha l’aspetto di un quarantenne, vive isolato dal mondo. I genitori decidono di mandarlo per la prima volta a scuola e dopo alcune iniziali difficoltà Jack riesce ad integrarsi e a crearsi un gruppo di amici. Sette anni dopo, con l’aspetto ormai di un vecchio, Jack legge un discorso come studente oratore alla cerimonia di consegna dei diplomi. Il film è distribuito dalla Buena Vista, comprodotto dalla Zoetrope insieme ad una divisione della Disney. È un film per ragazzi, un mainstream, non a caso affidato al volto di una star come Robin Williams. Una volta che si crede al paradosso di fondo, è facile giocare sulle gag: Jack imbranato, che si esibisce in puzzolenti peti da adulto, che aiuta la squadra di basket a vincere grazie alla sua altezza, Jack che fa la parte del preside di Louis e finisce a flirtare con sua madre. Pian piano però il film perde i codici della commedia e si rivela per un dramma esistenziale, diventa sempre più una riflessione amara sulla vita. The Rainmaker (L’uomo della pioggia) (’97) Tratto da un romanzo di John Grisham. Anche in questo film Coppola proietta se stesso, tant’è che essa si identifica come una favola sull’individuo che affronta da solo il sistema, una metafora della lotta dell’autore che ha combattuto contro il sistema produttivo hollywoodiano. Ma al tempo stesso esso si identifica però come un film su commissione, con una doppia trama che si intreccia: da un lato il trial movie, il tipico genere americano sul processo ed il tribunale, dall’altro una romance con accenti di azione. Coppola punta anche qui su un cast attraente per il grande pubblico, composto dal divo emergente Matt Damon, ma anche Danny De Vito e Mickey Rourke. Il termine “rainmaker” viene utilizzato negli studi legali per indicare l’avvocato che porta più soldi nella stagione. É una storia sull’assistenza sanitaria americana per quanto riguarda le compagnie assicurative. È la storia di un giovane avvocato, Rudy Bailor che prende in carico il caso di un ragazzo malato terminale a cui la compagnia assicurativa nega il sussidio per le spese mediche. A spalleggiare il neolaureato c’è l’avvocato senza licenza Deck Shifflet. L causa viene vinta dai due quando è troppo tardi per la vita del ragazzo. A questa trama si aggiunge quella romanticafra Rudy e Kelly, ragazza che il giovane conosce in ospedale, vittima delle violenze del marito, lui la difenderà dalla angherie del marito fino ad arrivare a ucciderlo, la donna si prenderà la responsabilità, evitando di mettere nei guai il ragazzo. Coppola, che in questo film si esercita anche come sceneggiatore, da importanza nella storia alle due figure femminili forti che ritroviamo, quella della madre coraggiosa che sfida la compagnia di assicurazioni e quella della giovane moglie che sfida la violenza del marito. Coppola sarà uno dei primi ad affrontare il tema della violenza sulle donne. Prevale intanto alla fine del film il genere “trial movie” o “courtroom drama”, ovvero il genere dei film che si basa sulla ricostruzione di un processo, un genere che ha lunga tradizione nel cinema americano. Il film ha un forte impianto metalinguistico pensiamo a quando Rudy e Kelly si danno appuntamento al cinema, oppure quando i due avvocati usano i media audiovisivi, riprendono il ragazzo e ne proiettano il j’’accuse al processo, controllano le cimici spia messe per spiarli. Ci sono anche alcune auto-citazioni, ma quella più interessante e potente è quella in cui nella prima scena Mickey Rourke guarda con attenzione i pesci di un acquario, il pensiero corre subito alla famosa scena di Rumble Fish. Nel momento in cui Rudy si presenta al giudice vediamo il campo controcampo e l’angolo di ripresa che è dal basso, appunto per mostrare la sua inquetitudine, la sua paura, e questo sguardo viene alternato ad una inquadratura dall’alto, più in alto dell’altezza del giudice stesso. Vediamo appena dopo che un movimento di macchina passa in rassegna tutti gli avvocati della controparte e la presa di potere di Leo Drummond che da a lui la garanzia di poter prendere parte al processo, e vediamo come cambia proprio il tipo di inquadratura che Coppola ci propone, inquadratura che è rialzata rispetto a prima, anche in seguito l’inquadratura rivolta sul giudice, non è ancora così angolata dal basso, ma è più a misura d’uomo, quindi i rapporti si sono riequilibrati normalmente. Tetro (Segreti di famiglia) (2009) Coppola con questo film continua il suo percorso verso un cinema totalmente indipendente, il film deve il suo fascino alla profonda carica autoriflessiva, al modo doloroso in cui il regista si mette a nudo e ciò lo capiamo anche grazie alla dimensione metalinguistica del film (il teatro, il copione nel cassetto, il festival cinematografico, la televisione, i media) che ci riporta molto a lui. Nel film lui riporta e affronta il burrascoso rapporto con il padre e con il fratello, la morte tragica di un familiare. Il film apre la sezione Quinzaine des realisateurs a Cannes, ma non va in concorso. Il film ha un buon successo in terra francese, ma i risultati complessivi al box office non sono soddisfacenti, però rispetto al passato è cambiata anche la cifra del budget del film che è di 5 milioni di dollari, un film low budget. Se la linea Jack-The Rainmaker aveva avuto l’obiettivo di recupero di una fetta del mercato, la linea Youth without youth-Tetro è invece quella di perseguire il progetto autoriale. Il sesso. Anch’esso, come la donna, non è molto presente nelle sue opere, esso fa molte volte paura all’uomo, pensiamo a Harry Caul o a Bernardo. Nella fase più tarda vediamo un avanzare da parte del regista sotto questo aspetto, ad esempio in Peggy Sue si è sposata o anche in Dracula, dove l’idea di sesso equivale all’idea di morte. La famiglia. Essa è centrale nella maggior parte dei suoi film. Il riferimento che subito viene in mente è quello alla famiglia Corleone, in cui con il termine “famiglia” non ci riferiamo solo al nucleo familiare ma anche alla associazione a delinquere legata ai Corleone. Anche il tema del razzismo è trattato, come ad esempio in Finian’s Rainbow o In Apocalypse Now, con la figura dei Charlie, anche l’emarginato è spesso presente nei film di Coppola. L’italiano ed il siciliano. Coppola va alla scoperta delle sue radici e mette sempre un pò di se nei suoi film, appunto per questo la sua italianità è sempre palese, sia nel contesto familiare, che nel contesto metacinematografico, con le sue citazioni e rimandi agli autori europei e soprattutto italiani. Rota e Storaro rappresentano al massimo questo aspetto di Francis. Coppola, come Puzo, ha un atteggiamento ambiguo verso i suoi simili, verso gli italiani, incerto fra l’assoluzione e la condanna Riti, feste e cerimonie. Essi sono essenziali nella narrazione ne Il padrino, sempre collegato ad un rito religioso è un omicidio importante, ma anche nei suoi altri film, vediamo che le feste sono sempre se non il punto di partenza delle narrazioni, ma comunque dei momenti chiave. La musica. Da quella del padrino alla Cavalcata delle valchirie, a Jim Morrison, a Hendrix di Apocalypse. La musica è sempre un elemento contare dei suoi grandi film, tanto più se poi ci rifacciamo ai suoi film in cui il genere del musical si innesta nella narrazione. Il viaggio. Anch’esso è quasi sempre presente in tutti i suoi film, partendo da Non torno a casa stasera ,che si identifica come forse massimo apogeo di esso, agli altri film dove comunque la condizione del viaggio è immancabile. Il metalinguaggio. I riferimenti cinematografici, audiovisivi, mediali nei suoi film sono continui e costanti, le citazioni, le autocitazioni. L’autobiografia. Essa è la base a cui molte trame prendono spunto, pensiamo a Gardens of Stone e Twixt con la figura del figlio, a Tetro, ai vari Padrini, ad Apocalypse Now per quanto riguarda la figura del padre. La sua vita è sempre presente nelle sue opere. Il tempo. Abbiamo già visto quante volte ed in quanti film coppola gioca con il tempo, con vite accelerate, altre rallentate e che vanno a ritroso (Peggy sue, Jack, Dracula, Un’altra giovinezza…). Gli attori. Indubbiamente ci sono attori che Coppola preferisce, che usa e riusa in molti film, a partire da Marlon Brando, James Caan, Robert Duvall, sua sorella Talia Shire, sua figlia, Al Pacino. I generi. Coppola omaggia i generi classici hollywoodiani, li usa, li mischia. Musical (Finian’s Rainbow e Cotton Club), Horror (Dementia 13, Twixt, Dracula), Film di guerra (Gardens of Stone, Apocalypse Now) Gangster (Il padrino e Cotton Club), Melodramma (Tetro), Commedia romantica (One from the hearth, Peggy sue si è sposata), Crime-Trial Movie (The Rainmaker), Noir (Rumble Fish), Fantasy (Jack e Youth without youth)… Confronti Gli Italo-americani si definiscono “ifenati” riferendosi così all’ hyphen (-) che rimarca la doppia nazionalità. L’identità italo-americana è da indagare in Brian de Palma, Scorsese, Cimino, Tarantino, Abel Ferrara, Coppola appunto. C’è una prima generazione che è stata la generazione di chi era fuggito dall’Italia e andava a scontrarsi con il sogno americano, mentre poi abbiamo la seconda generazione, che invece ha sperimentato il sogno americano sulla propria pelle. Francis Coppola e Frank Capra, sotto questo punto di vista hanno storie opposte. Negli anni ‘30Franco Capra era uno degli italiani più grandi, più esaltati, anche dal fascismo, ma Capra invece sradica le sue radici italiane, ormai la sua madrepatria è l’America, nella lunga carriera e nei film di Capra l’Italia non esiste, c’è qualche eccezione, un film giovanile The Italian Warship Libia, documentario del ’21 che si identifica anche come un buon affresco della comunità italo-americana. Un’altra eccezione è un film in cui il protagonista diegeticamente è italo-americano, ma anche chi interpreta quel ruolo è il simbolo dell’italoamericano, Frank Sinatra. Capra insomma incarna il bisogno di integrarsi, senza apparente nostalgia, mentre Coppola mostra sempre un recupero della propria identità. Coppola riprende molto da Capra in un suo film, Tucker, una prima citazione a Capra arriva già nelle prime sequenze, nel modo in cui Vera, la moglie di Preston Tucker, fa in maniera spiritosa l’autostop riprendendo i gesti di Clark Gable e Claudette Colbert in Accadde una notte, di Capra. Un cineasta che riesce a mettere così tanto di sé, come fa Coppola, in un suo film è Bertolucci, il loro cinema è un cinema sul soggetto. L’ammirazione di Coppola per Bertolucci è stata dichiarata molte volte, durante la lavorazione de Il padrino faceva proiettare Il conformista, e il direttore della fotografia di quel film, ma in generale di Bertolucci è Vittorio Storaro, scelto non a caso da Coppola per Apocalypse e gli altri film. Entrambi hanno rappresentato nelle loro filmografia una saga familiare, l’uno con i Corleone, l’altro con i Dalcò e i Berlinghieri di Novecento. Anche in Bertolucci ritroviamo la figura chiave e le relazioni che si instaurano fra padre e figlio, lo possiamo vedere ad esempio in Tragedia di un uomo ridicolo, dove c’è un ricco proprietario di Parma, che vede il figlio esser rapito da alcuni banditi sotto i suoi stessi occhi. Comincia così la tragicommedia, perché il padre capisce che deve vendere tutto ciò che ha per salvare il figlio, ma che forse è stato proprio il figlio ad organizzare la rapina. Stavolta tocca al padre mettersi in cerca del figlio, al contrario di Strategia del ragno, dove è il figlio che cerca le tracce paterne. In Novecento il rapporto padri-figli, vecchie e nuove generazioni è più esplicito in una chiave metacinematografica, perché vediamo come Burt Lancaster e Sterlyng Hayden, padri e nonni rappresentano la paterna immagine del sistema hollywoodiano, opposta ad esempio a De Niro, attore della Nuova Hollywood, della nuova generazione. Entrambi peraltro pongono attenzione alla storia e alla musica nelle loro opere, Bertolucci preferisce il tango, Coppola invece le tarantelle, le canzoni folcloristiche siciliane. Bertolucci intona l’Internazionale in Prima della rivoluzione e le canzoni del movimento operaio e contadino, Bertolucci ama Verdi, Coppola sceglie Wagner. Anche la festa è un topos ricorrente in entrambi, pensiamo alla festa dell’Unità e al matrimonio di Alfredo in Novecento. Nonostante entrambi sognassero un rinnovamento cinematografico Bertolucci si diceva forse troppo vecchio per amare il digitale, a dispetto del suo amico Coppola, che invece aveva da sempre scommesso sulla tecnologia. Coppola nell’80 con la Zoetrope distribuisce negli Usa un film sperimentale di 7 ore diretto e prodotto da Syberberg, uno dei massimi autori europei, con il titolo di Our Hitler, ed esso racconta con vari mezzi, la cultura tedesca da Wagner a Hitler. Coppola sà già che non farà soldi con questo film, ma crede nel progetto autoriale. L’idea sottesa dal film ha provocato non pochi scandali e interrogativi, la tesi cioè di un nazismo partorito dal popolo tedesco e, ancor più, di un Hitler che si cela dentro ognuno di noi, non è affatto nuova. Il Giappone sembra essere l’unico posto, dove il mondo materiale e quello spirituale, lo yin e lo yang, la parte sinistra e la parte destra del cervello, il maschile ed il femminile si mescolano insieme, essa viene definita non una diversità, ma una singolarità. Coppola legge Mishima mentre finanzia Kurosawa. L’operazione Kagemusha non è solo l’omaggio al vecchio e onorato regista, rientra in una politica culturale precisa. Coppola e Lucas devono molto a Kurosawa, Lucas lo legittima e conferma lui stesso di aver preso spunto da Fortezza nascosta per l’idea dei due buffi robot di Star Wars, anche il look, le corazze, l’elmo, le spade luminose, la contrapposizione dei bianchi e dei neri, sono tutti elementi di chiara origine orientale. Coppola e Kubrik sono due autori in eterno conflitto con l’Istituzione e le Nazioni americane: Kubrik si trasferisce in Inghilterra e non si inserisce mai nel modo di produzione hollywoodiano, Coppola rivendica continuamente le sue origini italiane. Entrambi hanno affrontato il tema della guerra in Vietnam (Apo. e Full Metal Jacket) Full metal jacket è un film schizofrenico, diviso in due parti, la prima lontano dal Vietnam, basata sul tragico addestramento di un gruppo di giovani reclute da parte di un ufficiale crudele e maniaco; la seconda, messa in scena in un modo magistrale in un Vietnam ironico ed incubico, dove si mescolano mezzo caldo (cinema) e mezzo freddo (televisione), war film e news. Coppola e Kubrik convergono nella visione comune del Vietnam di un seppur tragico, Disneyland.
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